#Pane e acqua di rose
Explore tagged Tumblr posts
princessofmistake · 1 year ago
Text
Forse ci sono cose che non puoi dire nemmeno a te stessa, pensò. In fondo, che cos’è l’io se non un mistero?
4 notes · View notes
maxeuterpe · 3 years ago
Text
Grido a Roma
Canzone di Angelo Branudardi tratta dall'album Poetas en Nueva York, disco tributo a Federico García Lorca. Si tratta di una straordinaria ode-imprecazione in musica. Un grido disperato - lanciato dal Grattacielo Chrysler - contro il Vaticano per denunciare l'alleanza con il regime fascista, la cecità; della Chiesa di fronte alla fame delle moltitudini, la repressione morale.
La poesia. Grido a Roma, Federico Garcia Lorca, 1929
Grido a Roma (dalla torre del Chrysler Building)
Mele leggermente ferite da sottili spadini d'argento, nuvole lacerate da una mano di corallo che porta sul dorso una mandorla di fuoco, pesci d'arsenico come pescecani, pescecani come gocce di pianto per accecare la folla, rose che feriscono, e aghi installati nei tubi del sangue, mondi nemici e amori coperti di vermi cadranno su di te. Cadranno sulla gran cupola che ungono d'olio le lingue militari dove un uomo orina in una splendente colomba e sputa carbone masticato circondato da mille campanelli. Perché non v'è più chi divida il pane e il vino né chi coltivi erbe in bocca al morto né chi apra i lini del riposo né chi pianga per le ferite degli elefanti. Non c'è che un milione di fabbri che fabbricano catene per i bambini del futuro. Non c'è che un milione di carpentieri che fanno bare senza croce. Non c'è che una folla di lamenti che aprono le vesti in attesa della pallottola. L'uomo che disprezza la colomba doveva parlare, doveva gridare nudo fra le colonne e farsi un'iniezione per prendere la lebbra e piangere un pianto così terribile da fondere i suoi anelli e i telefoni di diamante. Ma l'uomo vestito di bianco ignora il mistero della spiga, ignora il gemito della partoriente, ignora che Cristo può dare ancora acqua, ignora che la moneta brucia il bacio prodigioso e dà il sangue dell'agnello al becco idiota del fagiano. I maestri mostrano ai bambini una luce meravigliosa che viene dal monte; ma ciò che giunge è un insieme di cloache dove gridano le oscure ninfe del colera. I maestri indicano con devozione le enormi cupole profumate ma sotto le statue non c'è amore, non c'è amore sotto gli occhi di cristallo definitivo. L'amore vive nelle carni lacerate dalla sete, nella minuscola capanna che lotta con l'inondazione; l'amore vive nei fossi dove lottano le serpi della fame nel triste mare che dondola i cadaveri dei gabbiani e nell'oscurissimo bacio pungente sotto i guanciali. Ma il vecchio dalle mani trasparenti dirà: amore, amore, amore, acclamato da milioni di moribondi; dirà: amore, amore, amore, nel tessuto tremante di tenerezza; dirà: pace, pace, pace, fra brividi di coltelli e meloni di dinamite; dirà: amore, amore, amore, finché le labbra non gli diventeranno d'argento. Intanto, intanto, ahi! intanto i negri che portano via le sputacchiere, i bambini che tremano sotto il pallido terrore dei direttori, le donne affogate in olii minerali, la folla di martello, di violino o di nube, deve gridare finché le rompano la testa nel muro, deve gridare di fronte alle cupole, deve gridare pazza di fuoco, deve gridare pazza di neve, deve gridare con la testa piena di escremento, deve gridare come tutte le notti insieme, deve gridare con voce così lacerata finché le città non tremino come bambine e rompano le prigioni dell'olio e della musica, perché vogliamo il nostro pane quotidiano, fiore d'ontano e perenne tenerezza sgranata, perché vogliamo che si compia la volontà della Terra che dà i suoi frutti per tutti.
Grito hacia Roma (desde la torre del Chrysler Building)
Manzanas levemente heridas por finos espadines de plata, nubes rasgadas por una mano de coral que lleva en el dorso una almendra de fuego, peces de arsénico como tiburones, tiburones como gotas de llanto para cegar una multitud, rosas que hieren y agujas instaladas en los caños de la sangre, mundos enemigos y amores cubiertos de gusanos caerán sobre ti. Caerán sobre la gran cúpula que untan de aceite las lenguas militares donde un hombre se orina en una deslumbrante paloma y escupe carbón machacado rodeado de miles de campanillas. Porque ya no hay quien reparta el pan ni el vino, ni quien cultive hierbas en la boca del muerto, ni quien abra los linos del reposo, ni quien llore por las heridas de los elefantes. No hay más que un millón de herreros forjando cadenas para los niños que han de venir. No hay más que un millón de carpinteros que hacen ataúdes sin cruz. No hay más que un gentío de lamentos que se abren las ropas en espera de la bala. El hombre que desprecia la paloma debía hablar, debía gritar desnudo entre las columnas, y ponerse una inyección para adquirir la lepra y llorar un llanto tan terrible que disolviera sus anillos y sus teléfonos de diamante. Pero el hombre vestido de blanco ignora el misterio de la espiga, ignora el gemido de la parturienta, ignora que Cristo puede dar agua todavía, ignora que la moneda quema el beso de prodigio y da la sangre del cordero al pico idiota del faisán. Los maestros enseñan a los niños una luz maravillosa que viene del monte; pero lo que llega es una reunión de cloacas donde gritan las oscuras ninfas del cólera. Los maestros señalan con devoción las enormes cúpulas sahumadas; pero debajo de las estatuas no hay amor, no hay amor bajo los ojos de cristal definitivo. El amor está en las carnes desgarradas por la sed, en la choza diminuta que lucha con la inundación; el amor está en los fosos donde luchan las sierpes del hambre, en el triste mar que mece los cadáveres de las gaviotas y en el oscurísimo beso punzante debajo de las almohadas. Pero el viejo de las manos traslúcidas dirá: Amor, amor, amor, aclamado por millones de moribundos; dirá: amor, amor, amor, entre el tisú estremecido de ternura; dirá: paz, paz, paz, entre el tirite de cuchillos y melones de dinamita; dirá: amor, amor, amor, hasta que se le pongan de plata los labios. Mientras tanto, mientras tanto ¡ay!, mientras tanto, los negros que sacan las escupideras, los muchachos que tiemblan bajo el terror pálido de los directores, las mujeres ahogadas en aceites minerales, la muchedumbre de martillo, de violín o de nube, ha de gritar aunque le estrellen los sesos en el muro, ha de gritar frente a las cúpulas, ha de gritar loca de fuego, ha de gritar loca de nieve, ha de gritar con la cabeza llena de excremento, ha de gritar como todas las noches juntas, ha de gritar con voz tan desgarrada hasta que las ciudades tiemblen como niñas y rompan las prisiones del aceite y la música, porque queremos el pan nuestro de cada día, flor de aliso y perenne ternura desgranada, porque queremos que se cumpla la voluntad de la Tierra que da sus frutos para todos.
La canzone. Grido a Roma, Angelo Branduardi, 1986
2 notes · View notes
corallorosso · 5 years ago
Photo
Tumblr media
Il pane e le rose, ossia il bengalese gettato nei Navigli come un appestato di Onofrio Dispenza Il titolo potrebbe essere "Il pane e le rose". Anche per citare la protesta del lontano 1912, a Lawrence, negli Stati Uniti, quando i lavoratori del tessile in sciopero, coniando questo slogan disegnavano orizzonti più ampi alla richiesta proletaria. Quello sciopero, tutto al femminile, si ricorda soprattutto per aver superato i confini nazionali e le barriere linguistiche. Evento di svolta dell'organizzazione operaia, allora capace di abbattere distinzioni di genere, di lingua e di etnia. Protagoniste le donne. Per questo mi piace che il piccolo ma squallido, meschino e vigliacco episodio di cronaca ..., prenda il nome de "Il pane e le rose". Il fatto lo sapete. Milano, zona Navigli, nella movida in parte irresponsabile del fine settimana, un uomo si fa strada con un mazzo di rose in mano. Le vende per provare a viverci, per tirarci il pane da portare a casa. Come tanti altri, venuti da lontano, con una pelle di diverso colore, con una lingua diversa. L'uomo si fa strada tra il popolo dello spritz e del moscow mule, quando due ragazzi lo spingono in acqua. Pensabile che i gli italianissimi giovani, magari alticci, e chissà cos'altro, abbiano riso a lungo per l'uomo in acqua che cercava di salvare le sue rose. E, chissà, si saranno pure vantati di quel che avevano fatto. Immigrato, e pure del Bangladesh. Uno di quegli appestati, avranno pensato. Anche oggi, come ieri e come tanti altri giorni prima, da Nord a Sud la cronaca del nostro Paese è piena di episodi di cattiveria contro i più deboli, indicati - vigliaccamente - come il principio dei nostri mali. La china appare a volte irreversibile. Violenza e cattiveria si muovono quasi in automatico, senza spazio alcuno al pensiero, di cuore non se ne parla neanche. La nostra bontà, la nostra solidarietà e la nostra partecipazione accorata sono tutte per i peggiori italiani, quelli che si prendono beffa della legge e delle regole, quelli che ci appestano, impuniti, facendo soldi in giro per il mondo sfruttando uomini, donne ed anche bambini. Per quelli che evadono le tasse e hanno reso fragile e povero il nostro sistema sanitario quando è stato chiamato a fronteggiare una pandemia con dimensioni riconducibili a quella terribile spagnola che era nei racconti dei nostri nonni. Applausi e leccate agli italiani ricchi, prepotenti e potenti, spallate e calci a chi con le rose pensa di potersi comprare il pane.
7 notes · View notes
ma-pi-ma · 7 years ago
Photo
Tumblr media
Al vento, lascio i miei capelli quando il caldo è massacrante e ne ascolto le carezze, mentre sarchio il terreno delle mie piante,rose,gelsomini aloe vera,margherite selvatiche.
Di selvatiche margherite ne ho una bella brace poco sotto la porta di questa semplice casa.
Se fossi foco se fossi acqua se fossi pane se fossi ...
Sono solo una donna che ama e se lascio al vento i miei capelli è solo quando Tu non ci sei, lui sa accarezzarli come Te.
Patrizia Manenti
22 notes · View notes
in-marocco-con-laura · 4 years ago
Photo
Tumblr media
Affascinante, colorato, magico e allegro, il Marocco è una meta che attira sempre. soprattutto in autunno. L'atmosfera da mille e una notte è la sua caratteristica inconfondibile e in questo gioiello del Nord Africa convivono forti elementi della tradizione ma anche fattori di moderna contemporaneità. Quando si parla di Marocco, ovviamente, si intendono tantissime città mitiche cariche di architettura tradizionale e di un passato che sembra ancora riecheggiare intorno. Tuttavia, uno dei primi stop, anche per i souvenir culinari è proprio Marrakech, un tempo città imperiale dell’area occidentale del Paese e tutt’oggi molto evocativa. Basta pronunciarne il nome per trovarsi sospesi tra leggende e incanto, case colorate, lussuosi riad, tè alla menta e acqua di rose, passando dall’immancabile piazza Jemaa El Fna. Marrakech é anche il punto di partenza per scoprire il resto del Paese .. il magico Deserto del Sahara, la perla dell Oceano Atlantico Essaouira, le spettacolari cascate di Ouzoud , le maestose montagne della catena dell Atlas, ma anche le altre città imperiali come Fes Meknes e Rabat e la blu chefchouen .. Una vacanza indimenticabile. Il Marocco è un Paese dove le influenze di diverse popolazioni si ritrovano anche e soprattutto tra i fornelli. L’incontro di differenti culture come quella araba, mediterranea e berbera, ne hanno fatto la storia tra contaminazioni e nuovi esperimenti a tavola. Nella cucina magrebina, le spezie la fanno da padrone e vengono utilizzate in diversi modi sia nei piatti principali che nei contorni e nella pasticceria. Persino le bevande le contengono, elevandole ad alimento onnipresente in tutto ciò che è commestibile: un caso su tutti è, ad esempio, il tè alla menta che viene consumato anche più volte al giuorno. Le ricette più popolari puntano su pollo, coniglio, manzo, agnello e pesce e poi c’è il pane che, come una vera posata, accompagna il pasto non di rado consumato con le mani. Vi aspetto a Marrakech 💖 #inmaroccoconlaura #viaggiatori #viaggi #raccontidiviaggio #raccontidalmondo #viaggiaresempre #Marrakech #nonsmetterediviaggiare #viaggiaresempre Inmaroccoconlaura.com https://www.instagram.com/p/CTWiOiporCJ/?utm_medium=tumblr
0 notes
gesau-it · 4 years ago
Photo
Tumblr media
Vi chiedo di iniziare adesso la Novena della Salvezza... fino alla fine dei tempi September 10, 2020 at 04:00AM
Tumblr media Tumblr media
  Ora faccio a tutti voi un Dono speciale, benedetto da mio Figlio, affinché tutte le anime ricevano l’immunità dal fuoco dell’Inferno e ottengano la salvezza. Mio Figlio vuole che ogni anima sia salvata, per quanto grave sia il suo peccato. Vi chiedo di iniziare adesso la Novena della Salvezza. Dovete cominciarla subito e continuarla, come vi insegno, fino alla fine dei tempi. Dovete recitare questa Preghiera per sette giorni consecutivi nel corso di ogni mese del calendario, cominciando dal lunedì mattina. Dovete recitarla tre volte durante ognuno dei sette giorni e in uno di questi giorni dovete digiunare. Come digiuno vi chiedo di mangiare un solo pasto principale durante il giorno e poi solo pane e acqua negli altri due pasti.
Questa è la preghiera si deve recitare ognuno dei sette giorni.
Crociata di Preghiera (130), Crociata di Preghiera per la Novena della Salvezza:
Mia amata Madre della Salvezza, ti prego di ottenere per tutte le anime il dono della salvezza eterna attraverso la Misericordia di tuo Figlio, Gesù Cristo.
Mediante la tua intercessione ti supplico di pregare per liberare tutte le anime dalla schiavitù di Satana.
Prega tuo Figlio di mostrare Misericordia e perdono a quelle anime che Lo respingono, che Lo feriscono con la loro indifferenza e che adorano una falsa dottrina e falsi dei.
Ti supplichiamo, cara Madre, di implorare le grazie per aprire i cuori di quelle anime che hanno più bisogno del tuo aiuto. 
Amen. (Madre della Salvezza, Libro della Verità, 1 Dicembre 2013,  Chiedo che voi iniziate adesso la Novena della Salvezza)
Messaggi da meditare nei prossimi giorni (dal 29 luglio)
- 14 Agosto 2013 – Quando onorate Mia Madre, è necessario che visitiate i suoi Santuari e le rendiate omaggio in quei luoghi.
- 14 settembre 2013 – La Madre della Salvezza: queste medaglie convertiranno tutte le anime che sono aperte alla Misericordia di mio Figlio Gesù Cristo.
- 1 Dicembre 2013 – La Madre della Salvezza: chiedo che voi iniziate adesso la Novena della Salvezza.
http://messaggidivinamisericordia.blogspot.com/2020/08/messaggi-da-meditare-nei-prossimi_25.html
Libro della Verità- Mini webcast parte 6- La Medaglia della Salvezza e il Sigillo del Dio Vivente, qua  Libro della Verità- Mini webcast parte 1- L'Avvertimento e la Seconda Venuta di Gesù, qua
Libro della Verità- Mini webcast parte 3- Preparazione spirituale e fisica, qua 
Tutti i video esplicativi si trovano qua
╔══════════ ೋღ❤ღೋ ═════════╗
║*˛˚ღ •˚ ˚˚ ✰* ★
║✰Informazioni da non dimenticare ✰
║˚. ★ *˛ ˚♥* ✰
╚══════════ ೋღ❤ღೋ ═════════╝
- 🌹🌹 NOVENA DELLE ROSE in onore di Santa Teresa di Gesù Bambino, patrona di questo gruppo, dal 9 al 17 settembre, qua 
- Quarto giorno Novena della Salvezza, qua 
- Giornata mensile di preghiera dei gruppi JTM (di tutto il mondo), 7 Settembre, qua
-  🔴 ► Tre giorni di preghiera per l'Esercito Rimanente, Benedetto XVI e MDM, (Venerdì, Sabato e Domenica), qua 
Tumblr media
 ♦ IN EVIDENZA, le informazioni da non perdere. GIORNATE DI PREGHIERA, •♥ Settembre ♥•• MESE  della Salvezza delle anime  qua
- -  ● ☆● ☆●  Il  potere della Preghiera.  Nuovo Appuntamento   Invocheremo lo Spirito Santo con la Crociata 51 e pregheremo con una Crociata scelta ogni giorno e la lettura del Messaggio del Libro della Verità che lo contiene. Trasmesso in diretta sulla nostra pagina di facebook. Questo appuntamento sarà tutti giorni alle 6,15,  qua 
-  ✝✝  Abbiamo ricevuto nuove richieste di preghiera.INTENZIONI DI PREGHIERA.  Rispondiamo  pregando di cuore per esse!, qua
- ❤¯`•.¸☆•"Sono i più importanti messaggi per l’umanità oggi. Sono stati dati per istruire l’umanità sul vero cammino che porta a Me ancora una volta" (Gesù, Libro della Verità, 6 Aprile 2011 – Non giudicate mai le altre religioni, i credi o le preferenze sessuali), qua 
- ► ► Questo cambiamento sta per trascinare l’umanità in un’oscurità che la avvolgerà completamente e che offuscherà il suo amore per Me. Avvertimento al clero " (brano evidenziato ieri nel blog di lingua inglese) (Estratto dal Messaggio del Libro della Verità, 16 Novembre 2010 - Avvertimento al clero), qua
 - Abbiamo aggiornato la nostra Rassegna Stampa, qua 
Tumblr media
  I video si trovano qua
- ●●.·˙˙·.●  Dio Padre: Colpirò ogni nazione a seconda dell’entità d’innocenti che ha assassinato, qua 
- ✞ ✞ OGNI GIORNO VI DOVRESTE CHIEDERE: DIO AVREBBE APPROVATO LE MIE AZIONI DI OGGI?,  qua 
- Vergine Maria: Il mio Rosario può salvare le Nazioni, qua 
-☼ ☀  La Mano di Dio si servirà del sole per avvisare il mondo, qua
- *► Lo scudo del Sacro Cuore di Gesù potente protezione, salvò Marsiglia dalla peste, qua
-  ☆•.¸❤  “Questo è uno degli ultimi e il più grande Sigillo di Protezione inviato dal Cielo, di tutte le preghiere date all’umanità”. Dobbiamo custodirlo nella nostra casa, portarlo con noi, e recitare questa preghiera tutti i giorni, così noi e i nostri cari saremo protetti da tutti i mali fisici e spirituali, qua 
- VACCINAZIONE GLOBALE VI UCCIDERÀ SE LA ACCETTERETE  - Libro della Verità (Messaggi per argomento), qua 
-  ➽✒ MONS. SCHNEIDER E DON MORSELLI E LA COMUNIONE ALLA MANO MA SOLO A DETERMINATE CONDIZIONI… ▆  ⌨ Abbiamo aggiornato la nostra Rassegna Stampa, qua
-  🔴 🔴 Nella nostra Rassegna Stampa abbiamo pubblicato l'audio di un sacerdote con consigli per sconfiggere il virus e l'epidemia, qua 
- ☆•.¸❤ VI PREGO DI DIFFONDERE IL SIGILLO DEL DIO VIVENTE DAPPERTUTTO, qua 
-   ▆ ATTENZIONE utilizzate solo le immagini della Madre della Salvezza autorizzate, stanno circolando immagini alterate dal male. Le medaglie della Salvezza autorizzate e quindi vere, sono solo quelle che si acquistano sul sito christogifts, qua 
-✿*✿ IMPORTANTE: è necessario pregare ogni giorno per questa Missione perché è sotto attacco forte del nemico. Vi invitiamo a non mancare all'apputamento di preghiera delle ore 20,30, qua e qua 
- IMPORTANTE: La Madre della Salvezza: Chiedo a coloro che seguono questi Messaggi di pregare per questa Missione, qua  - Sette angeli caduti attaccheranno questa Missione"Mia cara figlia, sette angeli caduti attaccheranno questa Missione e cercheranno di ingannare i figli di Dio perché non rimangano fedeli al suo Esercito Rimanente. Essi appariranno a coloro che ingannano dicendo di essere angeli della Luce, quando, in realtà, sono tutt’altro" (Madre della Salvezza,11 Aprile 2014, Gesù era come voi in ogni cosa, eccetto che nel peccato, perché questo sarebbe stato impossibile),  qua
Tumblr media
-  •●●.·˙˙·. Cerchiamo persone che possano dedicare un’ora al giorno per diffondere il Libro della Verità inviando email ai sacerdoti, qua 
- ≻✿≺ Lettera per i membri di Gesù all'umanità: Vi lasciamo meditando questo, ci facciamo tutti queste domande: con quanta serietà abbiamo assunto questo compito di essere soldati dell’esercito di Gesù? Cosa ci sta chiedendo Gesù in questo momento? ascoltiamo la Sua risposta nel nostro cuore, qua 
- ▅ •♥• ISCRIVETEVI!! •♥• per ricevere ogni sera una SINTESI DELLA GIORNATA del nostro gruppo tramite email •♥• ▅ ►  Per favore avvisate tutti i membri del gruppo Gesù all’umanità! , qua. Trovate il post che la contiene  (pubblicato ogni sera), qua
- ▅ ▆  ► UMANESIMO - Libro della Verità (Messaggi per argomento). "Fate attenzione quando accettate l’umanesimo, poiché quando lo fate, voi troncate ogni legame con Me", Gesù, Libro della Verità, 27 Luglio 2013, qua 
-- ❤¯`•.¸☆ UN PICCOLO SUGGERIMENTO: Per seguire il nostro gruppo ogni giorno senza perdere niente , raccomandiamo di leggere il post del giorno con le informazioni da non dimenticare qua, qua o qua e poi leggere tutti gli altri aggiornamenti su twitter qua 
- (¯♥♥¯) ¯¯-:¦:-¯¯¯¯-:¦:-¯¯(¯♥♥¯) Cerchiamo 100 persone che recitino 3 Rosari ogni giorno per salvare l'Italia,qua Vorremmo sapere il numero effettivo delle persone che lo stanno  realmente ancora facendo, perciò se vi siete inscritti in precedenza vi preghiamo di confermare la vostra adesione,  in modo da capire quanti siamo  al giorno d'oggi. Se ancora non vi siete decisi, vi invitiamo calorosamente ad iscrivervi,  per il bene dell'Italia. Fino ad oggi 21 settembre 2019 hanno aderito,  confermando le iscrizioni precedenti ed includendo nuovi iscritti, 40 persone.
- ┊☆┊★ “Figlia Mia amatissima, Il tempo si sta muovendo velocemente ora. Ho preparato tutti voi ormai da tempo. Voi, Miei seguaci, sapete cosa dovete fare. La vostra propria confessione è importante e dovete cercare di farla una volta ogni settimana d’ora in poi..” (Gesù, Libro della Verità, 17 Luglio 2012,  qua )
- Gruppi della crociata di preghiera Cari fratelli queste parole sono rivolte proprio a noi, forza ci impegniamo a costituire i gruppi Gesù all’umanità, accogliamo questo appello urgente del nostro Signore Gesù, raddoppiamo gli sforzi che ognuno si metta in contatto con le persone della sua Diocesi: "MOLTO PRESTO UNA DIVISIONE SI VERIFICHERÀ IN EUROPA, OGNUNA DELLE QUALI È COLLEGATA ALL’UNIONE EUROPEA E AL PAESE IN CUI SI TROVA LA CATTEDRA DI PIETRO. CIÒ SI TRADURRÀ IN UNA GUERRA, CHE SARÀ DI TIPO DIVERSO DALLE ALTRE GUERRE. MA SARÀ VIOLENTA. LA GENTE SI LEVERÀ L’UNO CONTRO L’ALTRO IN GERMANIA, ITALIA E FRANCIA. DOVETE PREGARE CHE I MIEI SEGUACI RIMANGANO FORTI E GARANTISCANO CHE I GRUPPI DI PREGHIERA DI GESÙ PER L’UMANITÀ SIANO COSTITUITI RAPIDAMENTE IN QUESTI PAESI ( Gesù, Libro della Verità, 26 febbraio 2013)",   qua  e  qua .
- ♥♫ Cerchiamo di formare il nostro gruppo della crociata di preghiera, anche solo di due persone FIDATE ( per ragioni di sicurezza le persone devono essere FIDATE),  qua
-  ▀ Linee Guida per i Gruppi della Crociata di Preghiera   qua e qua 
-   ▀ ●̮̑ Importanza dei Gruppi della Crociata di preghiera e come crearne uno,  qua
-☆•.¸❤  Siete tutti calorosamente invitati a  seguire questo programma di preghiera ☆•.¸❤   qua e  qua 
GESÙ ALL’UMANITÀ, Gruppo di preghiera, Italia: http://messaggidivinamisericordia.blogspot.com https://messaggidivinamisericordia.wordpress.com/ https://messaggidivinamisericordia.tumblr.com/
Contatto Mail:  [email protected]
GESÙ ALL’UMANITÀ, It, tutti i nostri posts: https://gesau-it.tumblr.com/ https://gesuallumanitaitalia.home.blog/
Programma di preghiera: https://programmadipreghierages.tumblr.com https://programmadipreghierages.wordpress.com/
Libro della Verità, messaggi per argomento: https://librodellaveritaargomenti.wordpress.com/ https://librodellaveritaargomenti.tumblr.com/
Video esplicativi:  http://bit.do/videoesplicativi
►►PER TUTTE LE INFORMAZIONI LEGGERE  qua 
http://messaggidivinamisericordia.blogspot.com/2020/09/vi-chiedo-di-iniziare-adesso-la-novena.html
0 notes
Text
Vi chiedo di iniziare adesso la Novena della Salvezza... fino alla fine dei tempi
  Ora faccio a tutti voi un Dono speciale, benedetto da mio Figlio, affinché tutte le anime ricevano l’immunità dal fuoco dell’Inferno e ottengano la salvezza. Mio Figlio vuole che ogni anima sia salvata, per quanto grave sia il suo peccato. Vi chiedo di iniziare adesso la Novena della Salvezza. Dovete cominciarla subito e continuarla, come vi insegno, fino alla fine dei tempi. Dovete recitare questa Preghiera per sette giorni consecutivi nel corso di ogni mese del calendario, cominciando dal lunedì mattina. Dovete recitarla tre volte durante ognuno dei sette giorni e in uno di questi giorni dovete digiunare. Come digiuno vi chiedo di mangiare un solo pasto principale durante il giorno e poi solo pane e acqua negli altri due pasti.
Questa è la preghiera si deve recitare ognuno dei sette giorni.
Crociata di Preghiera (130), Crociata di Preghiera per la Novena della Salvezza:
Mia amata Madre della Salvezza, ti prego di ottenere per tutte le anime il dono della salvezza eterna attraverso la Misericordia di tuo Figlio, Gesù Cristo.
Mediante la tua intercessione ti supplico di pregare per liberare tutte le anime dalla schiavitù di Satana.
Prega tuo Figlio di mostrare Misericordia e perdono a quelle anime che Lo respingono, che Lo feriscono con la loro indifferenza e che adorano una falsa dottrina e falsi dei.
Ti supplichiamo, cara Madre, di implorare le grazie per aprire i cuori di quelle anime che hanno più bisogno del tuo aiuto. 
Amen. 
(Madre della Salvezza, Libro della Verità, 1 Dicembre 2013,  Chiedo che voi iniziate adesso la Novena della Salvezza)
Messaggi da meditare nei prossimi giorni (dal 29 luglio)
- 14 Agosto 2013 – Quando onorate Mia Madre, è necessario che visitiate i suoi Santuari e le rendiate omaggio in quei luoghi.
- 14 settembre 2013 – La Madre della Salvezza: queste medaglie convertiranno tutte le anime che sono aperte alla Misericordia di mio Figlio Gesù Cristo.
- 1 Dicembre 2013 – La Madre della Salvezza: chiedo che voi iniziate adesso la Novena della Salvezza.
http://messaggidivinamisericordia.blogspot.com/2020/08/messaggi-da-meditare-nei-prossimi_25.html
Libro della Verità- Mini webcast parte 6- La Medaglia della Salvezza e il Sigillo del Dio Vivente, qua  Libro della Verità- Mini webcast parte 1- L'Avvertimento e la Seconda Venuta di Gesù, qua
Libro della Verità- Mini webcast parte 3- Preparazione spirituale e fisica, qua 
Tutti i video esplicativi si trovano qua
╔══════════ ೋღ❤ღೋ ═════════╗
║*˛˚ღ •˚ ˚˚ ✰* ★
║✰Informazioni da non dimenticare ✰
║˚. ★ *˛ ˚♥* ✰
╚══════════ ೋღ❤ღೋ ═════════╝
- 🌹🌹 NOVENA DELLE ROSE in onore di Santa Teresa di Gesù Bambino, patrona di questo gruppo, dal 9 al 17 settembre, qua 
- Quarto giorno Novena della Salvezza, qua 
- Giornata mensile di preghiera dei gruppi JTM (di tutto il mondo), 7 Settembre, qua
-  🔴 ► Tre giorni di preghiera per l'Esercito Rimanente, Benedetto XVI e MDM, (Venerdì, Sabato e Domenica), qua 
 ♦ IN EVIDENZA, le informazioni da non perdere. GIORNATE DI PREGHIERA, •♥ Settembre ♥•• MESE  della Salvezza delle anime  qua
- -  ● ☆● ☆●  Il  potere della Preghiera.  Nuovo Appuntamento   Invocheremo lo Spirito Santo con la Crociata 51 e pregheremo con una Crociata scelta ogni giorno e la lettura del Messaggio del Libro della Verità che lo contiene. Trasmesso in diretta sulla nostra pagina di facebook. Questo appuntamento sarà tutti giorni alle 6,15,  qua 
-  ✝✝  Abbiamo ricevuto nuove richieste di preghiera.INTENZIONI DI PREGHIERA.  Rispondiamo  pregando di cuore per esse!, qua
- ❤¯`•.¸☆•"Sono i più importanti messaggi per l’umanità oggi. Sono stati dati per istruire l’umanità sul vero cammino che porta a Me ancora una volta" (Gesù, Libro della Verità, 6 Aprile 2011 – Non giudicate mai le altre religioni, i credi o le preferenze sessuali), qua 
- ► ► Questo cambiamento sta per trascinare l’umanità in un’oscurità che la avvolgerà completamente e che offuscherà il suo amore per Me. Avvertimento al clero " (brano evidenziato ieri nel blog di lingua inglese) (Estratto dal Messaggio del Libro della Verità, 16 Novembre 2010 - Avvertimento al clero), qua
 - Abbiamo aggiornato la nostra Rassegna Stampa, qua 
  I video si trovano qua
- ●●.·˙˙·.●  Dio Padre: Colpirò ogni nazione a seconda dell’entità d’innocenti che ha assassinato, qua 
- ✞ ✞ OGNI GIORNO VI DOVRESTE CHIEDERE: DIO AVREBBE APPROVATO LE MIE AZIONI DI OGGI?,  qua 
- Vergine Maria: Il mio Rosario può salvare le Nazioni, qua 
-☼ ☀  La Mano di Dio si servirà del sole per avvisare il mondo, qua
- *► Lo scudo del Sacro Cuore di Gesù potente protezione, salvò Marsiglia dalla peste, qua
-  ☆•.¸❤  “Questo è uno degli ultimi e il più grande Sigillo di Protezione inviato dal Cielo, di tutte le preghiere date all’umanità”. Dobbiamo custodirlo nella nostra casa, portarlo con noi, e recitare questa preghiera tutti i giorni, così noi e i nostri cari saremo protetti da tutti i mali fisici e spirituali, qua 
- VACCINAZIONE GLOBALE VI UCCIDERÀ SE LA ACCETTERETE  - Libro della Verità (Messaggi per argomento), qua 
-  ➽✒ MONS. SCHNEIDER E DON MORSELLI E LA COMUNIONE ALLA MANO MA SOLO A DETERMINATE CONDIZIONI… ▆  ⌨ Abbiamo aggiornato la nostra Rassegna Stampa, qua
-  🔴 🔴 Nella nostra Rassegna Stampa abbiamo pubblicato l'audio di un sacerdote con consigli per sconfiggere il virus e l'epidemia, qua 
- ☆•.¸❤ VI PREGO DI DIFFONDERE IL SIGILLO DEL DIO VIVENTE DAPPERTUTTO, qua 
-   ▆ ATTENZIONE utilizzate solo le immagini della Madre della Salvezza autorizzate, stanno circolando immagini alterate dal male. Le medaglie della Salvezza autorizzate e quindi vere, sono solo quelle che si acquistano sul sito christogifts, qua 
-✿*✿ IMPORTANTE: è necessario pregare ogni giorno per questa Missione perché è sotto attacco forte del nemico. Vi invitiamo a non mancare all'apputamento di preghiera delle ore 20,30, qua e qua 
- IMPORTANTE: La Madre della Salvezza: Chiedo a coloro che seguono questi Messaggi di pregare per questa Missione, qua  - Sette angeli caduti attaccheranno questa Missione"Mia cara figlia, sette angeli caduti attaccheranno questa Missione e cercheranno di ingannare i figli di Dio perché non rimangano fedeli al suo Esercito Rimanente. Essi appariranno a coloro che ingannano dicendo di essere angeli della Luce, quando, in realtà, sono tutt’altro" (Madre della Salvezza,11 Aprile 2014, Gesù era come voi in ogni cosa, eccetto che nel peccato, perché questo sarebbe stato impossibile),  qua
-  •●●.·˙˙·. Cerchiamo persone che possano dedicare un’ora al giorno per diffondere il Libro della Verità inviando email ai sacerdoti, qua 
- ≻✿≺ Lettera per i membri di Gesù all'umanità: Vi lasciamo meditando questo, ci facciamo tutti queste domande: con quanta serietà abbiamo assunto questo compito di essere soldati dell’esercito di Gesù? Cosa ci sta chiedendo Gesù in questo momento? ascoltiamo la Sua risposta nel nostro cuore, qua 
- ▅ •♥• ISCRIVETEVI!! •♥• per ricevere ogni sera una SINTESI DELLA GIORNATA del nostro gruppo tramite email •♥• ▅ ►  Per favore avvisate tutti i membri del gruppo Gesù all’umanità! , qua. Trovate il post che la contiene  (pubblicato ogni sera), qua
- ▅ ▆  ► UMANESIMO - Libro della Verità (Messaggi per argomento). "Fate attenzione quando accettate l’umanesimo, poiché quando lo fate, voi troncate ogni legame con Me", Gesù, Libro della Verità, 27 Luglio 2013, qua 
-- ❤¯`•.¸☆ UN PICCOLO SUGGERIMENTO: Per seguire il nostro gruppo ogni giorno senza perdere niente , raccomandiamo di leggere il post del giorno con le informazioni da non dimenticare qua, qua o qua e poi leggere tutti gli altri aggiornamenti su twitter qua 
- (¯♥♥¯) ¯¯-:¦:-¯¯¯¯-:¦:-¯¯(¯♥♥¯) Cerchiamo 100 persone che recitino 3 Rosari ogni giorno per salvare l'Italia,qua Vorremmo sapere il numero effettivo delle persone che lo stanno  realmente ancora facendo, perciò se vi siete inscritti in precedenza vi preghiamo di confermare la vostra adesione,  in modo da capire quanti siamo  al giorno d'oggi. Se ancora non vi siete decisi, vi invitiamo calorosamente ad iscrivervi,  per il bene dell'Italia. Fino ad oggi 21 settembre 2019 hanno aderito,  confermando le iscrizioni precedenti ed includendo nuovi iscritti, 40 persone.
- ┊☆┊★ “Figlia Mia amatissima, Il tempo si sta muovendo velocemente ora. Ho preparato tutti voi ormai da tempo. Voi, Miei seguaci, sapete cosa dovete fare. La vostra propria confessione è importante e dovete cercare di farla una volta ogni settimana d’ora in poi..” (Gesù, Libro della Verità, 17 Luglio 2012,  qua )
- Gruppi della crociata di preghiera Cari fratelli queste parole sono rivolte proprio a noi, forza ci impegniamo a costituire i gruppi Gesù all’umanità, accogliamo questo appello urgente del nostro Signore Gesù, raddoppiamo gli sforzi che ognuno si metta in contatto con le persone della sua Diocesi: "MOLTO PRESTO UNA DIVISIONE SI VERIFICHERÀ IN EUROPA, OGNUNA DELLE QUALI È COLLEGATA ALL’UNIONE EUROPEA E AL PAESE IN CUI SI TROVA LA CATTEDRA DI PIETRO. CIÒ SI TRADURRÀ IN UNA GUERRA, CHE SARÀ DI TIPO DIVERSO DALLE ALTRE GUERRE. MA SARÀ VIOLENTA. LA GENTE SI LEVERÀ L’UNO CONTRO L’ALTRO IN GERMANIA, ITALIA E FRANCIA. DOVETE PREGARE CHE I MIEI SEGUACI RIMANGANO FORTI E GARANTISCANO CHE I GRUPPI DI PREGHIERA DI GESÙ PER L’UMANITÀ SIANO COSTITUITI RAPIDAMENTE IN QUESTI PAESI ( Gesù, Libro della Verità, 26 febbraio 2013)",   qua  e  qua .
- ♥♫ Cerchiamo di formare il nostro gruppo della crociata di preghiera, anche solo di due persone FIDATE ( per ragioni di sicurezza le persone devono essere FIDATE),  qua
-  ▀ Linee Guida per i Gruppi della Crociata di Preghiera   qua e qua 
-   ▀ ●̮̑ Importanza dei Gruppi della Crociata di preghiera e come crearne uno,  qua
-☆•.¸❤  Siete tutti calorosamente invitati a  seguire questo programma di preghiera ☆•.¸❤   qua e  qua 
GESÙ ALL’UMANITÀ, Gruppo di preghiera, Italia: http://messaggidivinamisericordia.blogspot.com https://messaggidivinamisericordia.wordpress.com/ https://messaggidivinamisericordia.tumblr.com/
Contatto Mail:  [email protected]
GESÙ ALL’UMANITÀ, It, tutti i nostri posts: https://gesau-it.tumblr.com/ https://gesuallumanitaitalia.home.blog/
Programma di preghiera: https://programmadipreghierages.tumblr.com https://programmadipreghierages.wordpress.com/
Libro della Verità, messaggi per argomento: https://librodellaveritaargomenti.wordpress.com/ https://librodellaveritaargomenti.tumblr.com/
Video esplicativi:  http://bit.do/videoesplicativi
►►PER TUTTE LE INFORMAZIONI LEGGERE  qua 
via Blogger http://messaggidivinamisericordia.blogspot.com/2020/09/vi-chiedo-di-iniziare-adesso-la-novena.html
0 notes
giancarlonicoli · 5 years ago
Link
10 giu 2020 17:06
CESARE PAVESE ERA MIO ZIO – ‘’LE SCEGLIEVA UNA PEGGIO DELL'ALTRA, A PARTE LA PIVANO CHE NON VOLLE SPOSARLO. C'ERA LA DONNA CON LA VOCE ROCA, PER LA QUALE DI FATTO SI FECE MANDARE AL CONFINO: QUANDO TORNÒ, E SEPPE CHE LEI NEL FRATTEMPO SI ERA SPOSATA, CADDE SVENUTO. E POI QUELL'AMERICANA, L'ATTRICE, L'ULTIMA” – ‘’IL MONDO DELLA CULTURA, PIENO DI INVIDIE E GELOSIE, GLI AVEVA FATTO PESARE DI NON AVERE COMBATTUTO, DI NON ESSERE STATO PARTIGIANO, I COMUNISTI SPECIALMENTE. MA LO ZIO AVEVA L'ASMA…”
-
Maurizio Crosetti per “il Venerdì - la Repubblica”
Questo tesoro l' abbiamo tenuto sulla scrivania per quattro giorni, sfogliandolo come il più fragile oggetto del creato. Era rimasto chiuso in una valigia per novant' anni, poi la nipote di Cesare Pavese, una signora di 92 anni di nome Maria Luisa Sini, ce l' ha affidato perché potessimo cercarvi una presenza, un segno. È un dattiloscritto di 304 pagine corrette a penna stilografica con inchiostro nero, la carta quasi una velina, la grafia elegante e nitida.
Il testo è rilegato con due graffe arrugginite e sulla copertina reca, in alto a destra, una serie di monogrammi «CP» vergati dall' autore ventiduenne: per la precisione undici, più uno cancellato. In azzurro chiaro, probabilmente incise con una matita a pastello, due scritte: «Walt Whitman», al centro, e in basso a destra la firma: «Pavese».
Si tratta della prima stesura della sua tesi di laurea, Interpretazione della poesia di Walt Whitman. L' anno era il 1930.
Il mese, agosto. Un documento emozionante e prezioso, pieno di cancellature, correzioni, aggiunte e annotazioni che Pavese inserì nella sua tormentata tesi dapprima rifiutata dal relatore, professor Federico Olivero, perché "troppo scabrosa", poi accettata dal docente di letteratura francese, professor Ferdinando Neri. Un evidente compromesso: in realtà, le ragioni del contrasto erano politiche.
Whitman è un poeta della libertà, e il nascente fascismo non poteva accettarlo. Gli interventi di Pavese nella redazione finale furono molteplici. Eliminò molte parti scritte in inglese, e soprattutto le sue traduzioni di Whitman, rimaste inedite per quasi un secolo. Il Venerdì è in grado di proporne uno stralcio.
Il futuro traduttore di Moby Dick, appena due anni più tardi (1932 per Frassinelli), autore di romanzi fondamentali e ancora ricchissimi di potenza espressiva e poesia, si sarebbe tolto la vita esattamente vent' anni dopo, il 27 agosto 1950.
Nel settantesimo anniversario della morte, l' editore Einaudi, di cui Cesare Pavese fu non solo un grande autore ma un fondamentale e infaticabile redattore, manda alle stampe nei tascabili una riedizione completa di questi classici della letteratura italiana, con nuove prefazioni di alcuni tra i principali scrittori contemporanei della scuderia di via Biancamano (dal 26 maggio in libreria).
L' inedita prima versione della tesi di laurea mostra un Pavese già assai convinto di sé, ai limiti della supponenza. Era solo un ragazzo, ma con il piglio di un critico navigato. È tutta scritta in prima persona ed è, come dire?, parecchio autoriale, in alcuni passaggi decisamente polemica.
La si potrebbe quasi definire «un luogo pavesiano», non dissimile in fondo dalla casa paterna a Santo Stefano Belbo, dalla dimora torinese di via Lamarmora 35, oppure dalla vera casa in collina del celebre romanzo del 1948: non è a Torino, come nella finzione narrativa, e neppure in Langa, ma nel Monferrato Casalese, a Serralunga di Crea, ai piedi del santuario.
Qui Pavese visse da sfollato dall' 8 settembre 1943 fino alla conclusione della Seconda guerra mondiale, abitando insieme alla sorella Maria, al cognato Guglielmo e alle loro figlie Cesarina e Maria Luisa, proprio lei, la signora che ci ha prestato il manoscritto dalla copertina color carta di pane.
La casa di Serralunga è disabitata da vent' anni, ma la famiglia non ha mai voluto venderla. Nel romanzo, il protagonista Corrado passeggia nei dintorni e tra i boschi con il ragazzino Dino, figlio di Cate, che forse è anche figlio suo. Quasi nulla è cambiato. Gli arbusti, il pozzo e il gazebo lasciano immaginare lo scrittore al lavoro, lui che in quegli anni successivi al confino di Brancaleone Calabro insegnò lettere sotto falso nome al collegio Trevisio di Casale Monferrato, dove si presentava come il professor Carlo De Ambrogio.
La scuola era gestita dai padri Somaschi, e in quel periodo Pavese si avvicinò un poco alla religione. Qui a Serralunga iniziò a cercare le radici del mito che tanta parte avrebbe avuto nella sua produzione letteraria. Scriveva seduto al tavolo della cucina, unico locale della casa riscaldato da una stufa. Ma Cesare, ricorda la nipote, «non era mica un freddoloso, si lavava con l' acqua gelata e nel letto non voleva lo scaldino, che a quel tempo si chiamava "il prete". Scriveva e traduceva, e una volta fece per me un tema su Dante: ebbene, la professoressa mi mise un 3, però allo zio non ebbi mai il coraggio di dirlo».
Dentro questa casa grigia, Pavese mangiava pane e salame e raccoglieva in giardino le mele cotogne che divorava senza attendere che ne facessero marmellata. Ora si sentono latrare cani in lontananza, e ogni tanto sfreccia qualche ciclista. La casa è addossata alla strada, tra frassini e castagni.
Si chiama Villa Mario, il nome di un fratello del cognato dello scrittore che morì giovane, combattendo nella Grande guerra. Tra i sentieri che portano al Sacro Monte di Crea, Pavese ebbe la prima ispirazione dei Dialoghi con Leucò, «forse, tra i libri che aveva scritto, quello che lui preferiva», dice la nipote, e l' idea germinale per Il diavolo sulle colline.
Gli abitanti del luogo ne parlavano come di un uomo vestito di nero che fumava la pipa, quando lo vedevano scendere dalla scalinata a colonnine per avviarsi nel bosco. Un solitario, un po' un orso. Uno che non dava confidenza, molto timido e sensibile.
Nei mesi da sfollato fece amicizia con padre Giovanni Baravalle, insieme parlavano di Dio. «Ma una volta tornati a Torino, credo che in chiesa non sia mai più entrato», ricorda Maria Luisa.
La signora ci riceve nel suo appartamento nel quartiere torinese della Crocetta, non lontano da via Lamarmora dove la famiglia della madre e lo scrittore vissero per oltre vent' anni, e dove lei crebbe accanto a Pavese. Maria Luisa Sini è una donna lucidissima e gentile, ex professoressa di italiano.
Ha il viso allungato e serio che un poco ricorda quello dello zio, appeso sul muro in una celebre fotografia. Qui c' è anche la vecchia libreria di Pavese, in legnaccio scuro. Un paio di scaffali contengono dei vecchi volumi appartenuti allo scrittore. «Lì sotto c' erano le scatole con i suoi manoscritti, da bambine ci giocavamo attorno, una volta un coperchio se lo mangiucchiò un cane. In quanto alla tesi di laurea, quasi non ricordavamo nemmeno di averla».
La signora Maria Luisa parla seduta sulla poltrona, nella penombra del pomeriggio, le mani in grembo. È l' ultima testimone diretta dello scrittore grande e tormentato. «Lui era del 1908, io del '28. In casa non avevamo alcuna percezione che lo zio fosse un genio.
Prima che morisse, i suoi libri non mi avevano mai interessato, poi però mi laureai con una tesi su Il mestiere di vivere, il diario in quei giorni ancora inedito, il testo che lo zio aveva sulla scrivania quando si suicidò. Due mesi prima, quando vinse lo Strega (per La bella estate, ndr) gli dicemmo solo "oh bravo, complimenti", ma ricordo che in casa non si fece neppure un brindisi, neanche una piccola cena per festeggiarlo.
Siamo sempre state persone di poche cerimonie, non proprio gente da abbracci. Infatti questi mesi di clausura per il coronavirus non li ho patiti per nulla, anche se per certi aspetti è stato peggio che in guerra: allora dopo il bombardamento era tutto finito, e se eri rimasto vivo continuavi la tua giornata. Qui, invece, quando finirà?».
La nipote ricorda uno zio introverso, solitario e appartato. «Ma molto sensibile, troppo. Non ci parlava mai dei suoi libri: forse non ci riteneva degni. Mia madre lo venerava, e a me e a mia sorella ripeteva sempre di non entrare nella stanza dello zio, di non mettere disordine, di non disturbarlo. In famiglia avevamo per lui una sorta di ossequio reverenziale.
Ogni tanto ci faceva dei regalini, ci dava delle monete, "ecco, compratevi i nastri per le trecce", diceva. Oppure ci portava al cinema. Quando stava scrivendo Tra donne sole, volle sapere da me come sono fatti gli abiti di taffetà, mi chiedeva cose di femmine.
In quel campo, lui, beh, lasciamo perdere... Le sceglieva una peggio dell' altra, oh signùr, a parte la Pivano che non volle sposarlo. C' era la donna con la voce roca, per la quale di fatto si fece mandare al confino: quando tornò, e alla stazione di Porta Nuova seppe che lei nel frattempo si era sposata, cadde svenuto.
E poi quell' americana, l' attrice, l' ultima. Eppure lo zio era un bell' uomo, era alto e non privo di fascino: alle donne piaceva. Ricordo che una sua allieva gli mandava ogni settimana un mazzo di rose rosse, soltanto che lei era brutta, poverina».
Il pensiero va alle ultime settimane della vita di Pavese, agli ultimi giorni.
Il racconto di Maria Luisa è un sussurro. «Si vedeva che non stava bene, altroché. Era deluso anche dopo avere vinto il Premio Strega, stremato dopo avere scritto in due mesi La luna e i falò quasi di getto. Diceva di sentirsi come un fucile sparato. Era nauseato, vittima di maldicenze. Il mondo della cultura è sempre stato pieno di invidie e gelosie.
Gli avevano fatto pesare di non avere combattuto, di non essere stato partigiano, i comunisti specialmente. Ma lo zio aveva l' asma, ogni sera faceva i suffumigi nel bacile: come partigiano sarebbe morto in tre giorni, non era mica Fenoglio! Visse riparato e solo, lavorando sempre».
Fino a quel temporale d' agosto, pochi giorni prima del suicidio: «Si scatenò il finimondo e il vento spalancò le finestre, anche quella della camera di mio zio. I fogli del diario andarono all' aria. Noi entrammo con mille cautele, rimettemmo in ordine ma senza leggere neppure un rigo. Se l' avessimo fatto, forse avremmo capito, forse saremmo riusciti a mandare lo zio da un medico per farlo aiutare».
Sono le celebri pagine finali de Il mestiere di vivere. Sedici agosto 1950: «Chiodo scaccia chiodo. Ma quattro chiodi fanno una croce». Diciassette agosto: «Nel mio mestiere dunque sono re (...) Nella mia vita sono più disperato e perduto di allora. Che cosa ho messo insieme? Niente. Questo il consuntivo dell' anno finito, che non finirò».
Diciotto agosto, ultime righe, nove giorni prima della morte: «Sembrava facile, a pensarci. Eppure donnette l' hanno fatto. Ci vuole umiltà, non orgoglio. Tutto questo fa schifo. Non parole. Un gesto. Non scriverò più».
Non compresero il dramma Maria Luisa e la sorella Cesarina, non il cognato e la moglie Maria. «Però la mamma devo dire che si stupì poco: suo fratello già a quindici anni parlava di suicidio, il vizio assurdo, come scrisse Davide Lajolo. Ma a quel tempo c' era meno attenzione al prossimo, eravamo usciti dalla guerra, si viveva in modo più aspro.
Mio papà faceva l' impiegato, e gli scrittori non erano delle star, guadagnavano anche pochino. Lo zio fu sempre vestito dalla sorella, che non spendeva poi chissà quanto per gli abiti o le scarpe di Cesare: il quale, devo ammetterlo, non era un elegantone. La sua sciarpetta bianca, dopo la morte la regalarono a un contadino.
Abbiamo vissuto per due decenni con Cesare Pavese, eppure lo consideravamo un poco un perditempo, un fafiochè come si dice qui in Piemonte, non proprio un gigante delle lettere. Tra noi e lui c' era una sorta di paratia, non per cattiveria: eravamo fatti così. Dopo la sua morte, a casa vennero Calvino e la Ginzburg per prendere il diario, e nella prima edizione furono tolte alcune parti troppo personali. Così aveva chiesto mia madre, e all' Einaudi si dissero d' accordo. Mi viene ancora in mente lo zio che si riferisce ai fogli del diario sul suo tavolo, e ci ripete: "Questa è una cosa molto importante, non dovete toccare per nessun motivo", e noi purtroppo abbiamo ubbidito».
La signora Maria Luisa fa una pausa. Ha parlato molto. Forse, anche a sé stessa. Ci mostra uno sgabello a righe bianche e rosse: «Lo ricavammo da una poltrona di mio zio». Quando Cesare morì era così giovane, e lei adesso ha superato i novant' anni, due in più del manoscritto che pare fatto d' aria. La signora lo porge dentro un sacchetto di carta, solo a guardarlo si ha paura che si rovini.
«Una cosa che vorrei indietro è la voce di mio zio. Naturalmente ricordo come parlava e non era per niente forbito, usava un italiano normale, lineare, con qualche vocabolo in dialetto. Discorrendo con noi in famiglia, non faceva mai l' intellettuale. Peccato che la sua voce non sia presente in nessun archivio, non sia rimasta incisa su nessun nastro. Ora che sono tanto vecchia sarebbe bello riascoltarla».
1 note · View note
cirifletto · 5 years ago
Text
7 Cibi Di Star Wars Che Solleticano I Nostri Appetiti
Tumblr media
Rane fresche, frutti che fluttuano e altre prelibatezze galattiche. Sono i cibi di Star Wars, strani e affascinanti che potrebbero solleticare gli appetiti di qualcuno. Star Wars ci delizia con molte cose: gioia, speranza e anche tristezza. Ma chi lo avrebbe mai detto che avrebbero, un giorno, potuto deliziare anche i nostri palati? Dal latte nutriente di Thala-Siren, alla porzione di pane in espansione di Rey, il cibo e le bevande appaiono più spesso di quanto si pensi.
Tumblr media
Quindi, senza ulteriori indugi, ecco alcuni dei miei preferiti: IL CAVIALE DEL COLO CLAW FISH Dryden Vos offre, nel suo lussuoso rifugio, un qualcosa a forma di uovo, accompagnato da una specie di caviale galattico a Han Solo e Q'ira in "Solo: Una storia di Star Wars". Quello è il caviale dell'universo di Star Wars. Caviale di Colo Claw Fish (o Pesce Artiglio), un potente carnivoro acquatico di Naboo. L'animale mostruoso ha mascelle lunghe, piene di denti appuntiti, le cui zampe anteriori finiscono in artigli malvagi e con una lunga coda luminescente. Il pesce artiglio si nasconde nei tunnel sottomarini, dove rimane immobile per ore finché non passa una preda adatta. E' assai difficile catturarlo perciò il suo caviale è ancora più raro e prelibato. LATTE DI THALA-SIREN In "The Last Jedi", Luke Skywalker si ferma a mungere una Thala-Siren, si accovaccia tra le gambe dell'animale marino e inizia a tirar fuori da esse getti di latte blu-verde. La sensazione è che questo latte sia assai energizzante e che deve essere caricato con molte sostanze nutritive. Non come l'altrettanto famoso latte più di kubrikkiana memoria. Personalmente sembra che la verde bevanda sia deliziosa da degustare e non disgustosa, come apparsa ai più.
Tumblr media
HOTH CHOCOLATE La hoth chocolate è una delle bevande preferite dai Wookie, Chewbecca in primis. Hoth chocolate è una variante di cioccolata, contenente un certo numero di diverse spezie mescolate al cacao e all'acqua bollente e latte di Tauntaun, una specie di lucertola della neve che viveva sul pianeta Hoth. TORTE COLORATE A CANTO BIGHT La scena in cui Finn e Rose conducono una fuga precipitosa attraverso la sala da gioco è così vorticosa che nel suo svolgimento è facile perdere alcuni piccoli dettagli. Gli occhi più acuti avranno notato tutte le tortine colorate che rivestono i tavoli laccati. Confesso che ho adorato che Finn e Rose abbiano distrutto quel posto ignobile, ma altrettanto avrei desiderato gustare uno di quei pasticcini. PANE IN PORZIONI https://www.youtube.com/watch?v=g89Dg_1HcfQ La porzione di pane in espansione di Rey in "The Force Awakens" è uno dei migliori oggetti di scena del cinema che abbia mai visto. Basta aggiungere acqua e, per magia, compare una bella pagnotta gustosa. Non solo sembra un pane soffice e delizioso, ma guardarlo espandersi è davvero divertente e soddisfacente. Anche se ho la sensazione che non sia molto nutriente, scommetto che è davvero buono. Inoltre, sembra la nave ideale per marmellata o burro. LA PERA FLUTTUANTE A NABOO Ah, una pera che fluttua sotto il potere Jedi. Parlando di cibi di Star Wars, come si può dimenticare un momento così? In "Star Wars: Attack of the Clones", Anakin prova a corteggiare e meravigliare Padme usando la Forza … spingendo una pera verso di lei. Lei è divertita? Lei è a disagio? Non saprei. Visto come è andata, secondo me lei apprezzava. Se c'è una cosa, però, di cui sono sicuro è che quella pera mi appariva davvero buona.
Tumblr media
GLI SPUNTINI DI PADDY FROG DI JABBA THE HUTT E' un po' schifoso. Ok, è veramente schifoso. Più del grande e strano Jabba The Hutt, mi hanno sempre intrigato le sue rane spuntino. La loro apparizione in "Star Wars: Return of the Jedi" merita una menzione d'onore. Conservate in un piccolo acquario accanto al suo gigantesco trono, queste rane sono vive fino al momento del consumo. Non appaiono così appetitose, ma, guardate Jabba, se sfamano lui, dovrebbero essere alquanto nutrienti! https://www.youtube.com/watch?v=mXt3svfz-pE Chiuso il capitolo 'cibi di Star Wars', nei prossimi giorni ci aspettano altri articoli dedicati a questa meravigliosa saga cinematografica. Stay tuned. Ciao da Tommaso! Vieni a visitarci sulla nostra pagina Facebook e Metti il tuo MiPiace! Condividi il nostro articolo sui tuoi social >> Read the full article
0 notes
freedomtripitaly · 6 years ago
Photo
Tumblr media
Allo stesso tempo cosmopolita e tradizionale, senza tempo e moderna, semplice e spettacolare - Rodi è l'ideale per le vacanze al mare e molto altro ancora. Il centro storico medievale, il porto di Mandraki, l'Acropoli di Lindos, le antiche città di Kamiros e Ialysos, la Valle delle farfalle. Un paesaggio con accattivante, generosa bellezza naturale, una ricca storia e infinite attrazioni fanno di Rodi una delle destinazioni turistiche più popolari in Grecia. Vaste spiagge sabbiose, acque cristalline, castelli e antiche civiltà, ristoranti gourmet e taverne tradizionali che servono specialità locali. Resort di lusso e villaggi dove le donne cucinano ancora il pane nei forni a legna all'aperto. Un bellissimo mosaico di culture. Una destinazione senza tempo nel Dodecaneso, popolare sin dai tempi dei Romani. Viaggia verso l'isola dei cavalieri, l'isola del mitico colosso di Rodi, l'isola in cui Bizantini, Greci, Veneziani e Turchi rasciarono qualcosa per essere ricordati. Qui l'Egeo incontra il Medio Oriente, una delle mete turistiche più famose e ambite in Europa. Cose da fare a Rodi Centro storico: inestimabile patrimonio mondiale Uno degli insediamenti medievali meglio conservati al mondo, il centro storico è stato dichiarato patrimonio mondiale dell'UNESCO ed è uno dei tanti motivi per scegliere Rodi come destinazione per le vacanze. Protetto all'interno delle sue imponenti mura - un confine tra passato e presente - è lo stemma dell'isola. Nella Città Vecchia ogni pietra racconta una storia, una storia di 2.400 anni. Statue antiche, stemmi marmorei, fontane, la Via dei Cavalieri, il Palazzo dei Grandi Maestri, moschee e hammam, la Torre dell'Orologio con la sua vista mozzafiato sull'Egeo, un ricco patrimonio lasciato alle spalle da civiltà passate. Dai grandi maestri alla via dei cavalieri La strada più famosa della Città Vecchia di Rodi è la Via dei Cavalieri, restaurata proprio come era nel Medioevo. Qui troverai le locande delle Nazioni o delle lingue, o guardie nazionali, che formavano l'Ordine dei Cavalieri. Nel punto più alto della strada c'è un'attrazione significativa: il grandioso castello, il Palazzo dei Grandi Maestri, con le sue enormi torri, ora un meraviglioso museo. Mandraki cosmopolita Una città moderna, con un centro commerciale, grandi alberghi e resort, numerosi caffè, ristoranti, club, luoghi e attrazioni di grande effetto, ma anche ville tradizionali chiamate marassiotika (di Marassia). A custodire il porto turistico di Mandraki, dalle sommità di due alte colonne calcaree, sono gli emblemi dell'isola: un cervo e una cerva. Ai margini del molo si trova il piccolo forte di Aghios Nikolaos, costruito tra il 1464 e il 1467. Lungo la strada costiera, gli edifici pubblici costruiti dagli italiani ti sorprenderanno sicuramente; il Nuovo Mercato, la Banca Nazionale di Grecia, il Palazzo del Governo, il Teatro Nazionale, la Residenza dell'Arcivescovado, il Municipio e il famoso Grande Albergo delle Rose, uno degli hotel più lussuosi d'Europa negli anni '30 che oggi ospita il famosissimo Rodi Casinò in una delle sue ali. Di fronte all'acquario troverai una delle spiagge più cosmopolite dell'isola, un posto da vedere e da farsi vedere! Il Colosso di Rodi Anche se non rimangono tracce della statua, si dice che il Colosso di Rodi (una delle Sette Meraviglie del Mondo Antico) un tempo si trovava al posto delle statue dei cervi nel porto. Secondo le leggende, le navi navigavano sotto le sue gambe giganti e ogni notte il passaggio veniva chiuso con un'enorme catena. Lindos adorabile L'antica acropoli di Lindos è uno dei santuari più famosi dell'antichità, circondato da mura costruite dai cavalieri, che si ergono a 116 metri sul livello del mare. Qui ammirerai l'imponente tempio dorico di Athena Lindia, costruito nel 4o secolo a.C. Il villaggio di Lindos, costruito su un pendio, è il più attraente e popolare dell'isola. In estate le sue stradine si riempiono di visitatori che balzano da una vetrina all'altra per fare shopping o acquisti di regali, come i famosi piatti decorativi dell'isola. Questa pittoresca destinazione dovrebbe essere sicuramente nella tua lista di cose da fare a Rodi. Divertimento a Faliraki Faliraki è una destinazione popolare a Rodi per i giovani turisti britannici. Assapora la sua atmosfera super carica di musica ad alto volume e sferzate di alcol. Un paradiso per i drogati di adrenalina, di sport acquatici, di go-kart e di bungee jumping. La Valle delle farfalle In un canyon verde e lussureggiante, largo circa 1 km, c'è una foresta unica con Liquidambar orientalis, alberi simili a platano, che sembrano aerei. L'odore del nettare che secernono attrae milioni di farfalle della specie Panaxia guadripunctaria, con il loro caratteristico segno di quattro punti arancioni su ogni ala. Cammina con cura per non spaventare questi piccoli angeli miracolosi! Fare shopping fino allo sfinimento All'interno della vecchia città di Rodi, e anche a Mandraki, ci sono tutti i tipi di negozi – da quelli turistici alle boutique di moda con abbigliamento e accessori firmati. Un soggiorno per tutti i gusti Rodi è una delle destinazioni più popolari e lussuose della Grecia. A Rodi troverai sistemazioni per tutti i gusti. Ciò include grandi catene alberghiere, lussuosi resort tutto compreso, boutique hotel nel centro storico - non importa il tuo stile, il tuo soggiorno in quest’ isola dell'Egeo sarà un'esperienza piacevole. Spiagge infinite Se sei un amante della spiaggia, Rodi è la destinazione che fa per te: spiagge infinite di eccezionale bellezza e attività di ogni genere. In cima alla lista ci sono Kiotari, Kallithea, Agathi, Apolakkia, Kolymbia, la spiaggia Anthony Quinn, Lardos, Afandou con il suo campo da golf, Traganou con i suoi circuiti di motocross, Trianda Tsabika ... tutte meravigliose, con sabbia, acqua cristallina e sport acquatici. I windsurfisti affollano Prassonissi, un'isola verde a sud di Rodi. Le gemme nascoste di Rodi Cerca la tradizione: i villaggi di Rodi Apri una mappa e scopri i numerosi villaggi tradizionali dell'isola. I tesori che nascondono sono inestimabili! E ci sono così tanti tra cui scegliere, come Emponas con il suo famoso vino e costumi tradizionali, Aghios Issidoros esistente ancora negli anni '60, Apollona con il suo Museo del Folklore, Archanghelos con la sua lunga tradizione di ceramica e musica, Afandou con i suoi abili tessitori, Trianda con il suo Museo di Mineralogia e Paleontologia, Kritinia con il Castello ‘’Càstellos’’, Lardos con il suo castello bizantino, Salakos con i suoi pozzi, Psinthos con una delle più grandi piazze del Dodecaneso, Asklipiò con la sua bella chiesa bizantina, ed Eleoussa con i suoi edifici veneziani e le taverne pittoresche. Vino di età È stato detto che Rodi fu la prima isola dell'Egeo a coltivare un vigneto e a produrre vino. Non è un caso che nei tempi antichi i Rodi fossero considerati i maggiori mercanti di vino del Mediterraneo. Anche i vini di oggi sono eccellenti. Monolithos: il castello delle aquile Qui troverai uno dei castelli più impressionanti di Rodi. Fu costruito dal Maestro di Aubusson nel 1476 su una ripida scogliera che si affaccia sull'Egeo. https://ift.tt/2Nuedau https://ift.tt/2Nuedau RODI: L’ ISOLA DEI CAVALIERI Allo stesso tempo cosmopolita e tradizionale, senza tempo e moderna, semplice e spettacolare - Rodi è l'ideale per le vacanze al mare e molto altro ancora. Il centro storico medievale, il porto di Mandraki, l'Acropoli di Lindos, le antiche città di Kamiros e Ialysos, la Valle delle farfalle. Un paesaggio con accattivante, generosa bellezza naturale, una ricca storia e infinite attrazioni fanno di Rodi una delle destinazioni turistiche più popolari in Grecia. Vaste spiagge sabbiose, acque cristalline, castelli e antiche civiltà, ristoranti gourmet e taverne tradizionali che servono specialità locali. Resort di lusso e villaggi dove le donne cucinano ancora il pane nei forni a legna all'aperto. Un bellissimo mosaico di culture. Una destinazione senza tempo nel Dodecaneso, popolare sin dai tempi dei Romani. Viaggia verso l'isola dei cavalieri, l'isola del mitico colosso di Rodi, l'isola in cui Bizantini, Greci, Veneziani e Turchi rasciarono qualcosa per essere ricordati. Qui l'Egeo incontra il Medio Oriente, una delle mete turistiche più famose e ambite in Europa. Cose da fare a Rodi Centro storico: inestimabile patrimonio mondiale Uno degli insediamenti medievali meglio conservati al mondo, il centro storico è stato dichiarato patrimonio mondiale dell'UNESCO ed è uno dei tanti motivi per scegliere Rodi come destinazione per le vacanze. Protetto all'interno delle sue imponenti mura - un confine tra passato e presente - è lo stemma dell'isola. Nella Città Vecchia ogni pietra racconta una storia, una storia di 2.400 anni. Statue antiche, stemmi marmorei, fontane, la Via dei Cavalieri, il Palazzo dei Grandi Maestri, moschee e hammam, la Torre dell'Orologio con la sua vista mozzafiato sull'Egeo, un ricco patrimonio lasciato alle spalle da civiltà passate. Dai grandi maestri alla via dei cavalieri La strada più famosa della Città Vecchia di Rodi è la Via dei Cavalieri, restaurata proprio come era nel Medioevo. Qui troverai le locande delle Nazioni o delle lingue, o guardie nazionali, che formavano l'Ordine dei Cavalieri. Nel punto più alto della strada c'è un'attrazione significativa: il grandioso castello, il Palazzo dei Grandi Maestri, con le sue enormi torri, ora un meraviglioso museo. Mandraki cosmopolita Una città moderna, con un centro commerciale, grandi alberghi e resort, numerosi caffè, ristoranti, club, luoghi e attrazioni di grande effetto, ma anche ville tradizionali chiamate marassiotika (di Marassia). A custodire il porto turistico di Mandraki, dalle sommità di due alte colonne calcaree, sono gli emblemi dell'isola: un cervo e una cerva. Ai margini del molo si trova il piccolo forte di Aghios Nikolaos, costruito tra il 1464 e il 1467. Lungo la strada costiera, gli edifici pubblici costruiti dagli italiani ti sorprenderanno sicuramente; il Nuovo Mercato, la Banca Nazionale di Grecia, il Palazzo del Governo, il Teatro Nazionale, la Residenza dell'Arcivescovado, il Municipio e il famoso Grande Albergo delle Rose, uno degli hotel più lussuosi d'Europa negli anni '30 che oggi ospita il famosissimo Rodi Casinò in una delle sue ali. Di fronte all'acquario troverai una delle spiagge più cosmopolite dell'isola, un posto da vedere e da farsi vedere! Il Colosso di Rodi Anche se non rimangono tracce della statua, si dice che il Colosso di Rodi (una delle Sette Meraviglie del Mondo Antico) un tempo si trovava al posto delle statue dei cervi nel porto. Secondo le leggende, le navi navigavano sotto le sue gambe giganti e ogni notte il passaggio veniva chiuso con un'enorme catena. Lindos adorabile L'antica acropoli di Lindos è uno dei santuari più famosi dell'antichità, circondato da mura costruite dai cavalieri, che si ergono a 116 metri sul livello del mare. Qui ammirerai l'imponente tempio dorico di Athena Lindia, costruito nel 4o secolo a.C. Il villaggio di Lindos, costruito su un pendio, è il più attraente e popolare dell'isola. In estate le sue stradine si riempiono di visitatori che balzano da una vetrina all'altra per fare shopping o acquisti di regali, come i famosi piatti decorativi dell'isola. Questa pittoresca destinazione dovrebbe essere sicuramente nella tua lista di cose da fare a Rodi. Divertimento a Faliraki Faliraki è una destinazione popolare a Rodi per i giovani turisti britannici. Assapora la sua atmosfera super carica di musica ad alto volume e sferzate di alcol. Un paradiso per i drogati di adrenalina, di sport acquatici, di go-kart e di bungee jumping. La Valle delle farfalle In un canyon verde e lussureggiante, largo circa 1 km, c'è una foresta unica con Liquidambar orientalis, alberi simili a platano, che sembrano aerei. L'odore del nettare che secernono attrae milioni di farfalle della specie Panaxia guadripunctaria, con il loro caratteristico segno di quattro punti arancioni su ogni ala. Cammina con cura per non spaventare questi piccoli angeli miracolosi! Fare shopping fino allo sfinimento All'interno della vecchia città di Rodi, e anche a Mandraki, ci sono tutti i tipi di negozi – da quelli turistici alle boutique di moda con abbigliamento e accessori firmati. Un soggiorno per tutti i gusti Rodi è una delle destinazioni più popolari e lussuose della Grecia. A Rodi troverai sistemazioni per tutti i gusti. Ciò include grandi catene alberghiere, lussuosi resort tutto compreso, boutique hotel nel centro storico - non importa il tuo stile, il tuo soggiorno in quest’ isola dell'Egeo sarà un'esperienza piacevole. Spiagge infinite Se sei un amante della spiaggia, Rodi è la destinazione che fa per te: spiagge infinite di eccezionale bellezza e attività di ogni genere. In cima alla lista ci sono Kiotari, Kallithea, Agathi, Apolakkia, Kolymbia, la spiaggia Anthony Quinn, Lardos, Afandou con il suo campo da golf, Traganou con i suoi circuiti di motocross, Trianda Tsabika ... tutte meravigliose, con sabbia, acqua cristallina e sport acquatici. I windsurfisti affollano Prassonissi, un'isola verde a sud di Rodi. Le gemme nascoste di Rodi Cerca la tradizione: i villaggi di Rodi Apri una mappa e scopri i numerosi villaggi tradizionali dell'isola. I tesori che nascondono sono inestimabili! E ci sono così tanti tra cui scegliere, come Emponas con il suo famoso vino e costumi tradizionali, Aghios Issidoros esistente ancora negli anni '60, Apollona con il suo Museo del Folklore, Archanghelos con la sua lunga tradizione di ceramica e musica, Afandou con i suoi abili tessitori, Trianda con il suo Museo di Mineralogia e Paleontologia, Kritinia con il Castello ‘’Càstellos’’, Lardos con il suo castello bizantino, Salakos con i suoi pozzi, Psinthos con una delle più grandi piazze del Dodecaneso, Asklipiò con la sua bella chiesa bizantina, ed Eleoussa con i suoi edifici veneziani e le taverne pittoresche. Vino di età È stato detto che Rodi fu la prima isola dell'Egeo a coltivare un vigneto e a produrre vino. Non è un caso che nei tempi antichi i Rodi fossero considerati i maggiori mercanti di vino del Mediterraneo. Anche i vini di oggi sono eccellenti. Monolithos: il castello delle aquile Qui troverai uno dei castelli più impressionanti di Rodi. Fu costruito dal Maestro di Aubusson nel 1476 su una ripida scogliera che si affaccia sull'Egeo. https://ift.tt/2Nuedau Allo stesso tempo cosmopolita e tradizionale, senza tempo e moderna, semplice e spettacolare - Rodi è l'ideale per le vacanze al mare e molto altro ancora.
0 notes
paoloxl · 8 years ago
Link
Sullo ius soli tutti parlano, ma pochi conoscono. È uno di quegli argomenti apparentemente semplici, su cui ognuno si sente autorizzato a rigurgitare un giudizio sommario senza aver mai letto nulla. E così, da destra, arriva il solito tsunami di sciocchezze figlie dell’ignoranza.  A ingenerare l’equivoco sono stati soprattutto Giorgia Meloni e Matteo Salvini, che a più riprese hanno parlato di “cittadinanza automatica agli immigrati”, nel tentativo di fomentare la paura degli elettori. Il ragionamento è elementare: se facciamo diventare immediatamente italiano chiunque nasca in Italia spalanchiamo le porte agli immigrati di mezzo mondo, che non vedranno l’ora di portare le proprie donne a partorire nei nostri confini per assicurarsi un lasciapassare valido in tutta l’Unione europea. Non fa una piega, vero? Sbagliato: è una colossale falsità.  Chi sostiene questo punto di vista può appartenere solo a tre categorie: 1) quelli che parlano in mala fede, per portare acqua al proprio mulino elettorale; 2) quelli che parlano senza nemmeno aver letto la legge; 3) quelli che parlano dopo aver letto la legge, ma senza averla capita.  Il testo in discussione al Senato, infatti, non prevede di distribuire passaporti a casaccio, ma introduce due nuovi modi per diventare italiani. Entrambi, peraltro, più ragionevoli di quello attualmente in vigore, che concede la cittadinanza ai bambini nati in Italia da genitori stranieri solo al compimento dei 18 anni.  Il primo è lo ius soli temperato. L’aggettivo è cruciale: significa che per far diventare italiani i propri bambini agli stranieri non basta farli nascere in Italia, magari “appena sbarcati”, come recita la vulgata fascistoide. Tutt’altro: almeno uno dei genitori deve avere un permesso di soggiorno Ue di lungo periodo. Si tratta di un documento dalla durata illimitata, che non dev’essere rinnovato e che viene rilasciato solo ad alcune condizioni: lo straniero dev’essere residente legalmente in Italia da almeno cinque anni (senza interruzioni significative), deve superare un test di conoscenza della lingua italiana, avere un’abitazione idonea in base a requisiti previsti dalla legge e un reddito annuo non inferiore all’importo dell’assegno sociale Inps (che nel 2017 ammonta a 5.824,91 euro).  Quindi i figli degli immigrati irregolari (a proposito: non si dice “clandestini”) non diventeranno affatto italiani automaticamente. E nemmeno i bambini degli immigrati regolari ma con un permesso di soggiorno temporaneo. E neanche quelli con un permesso di soggiorno illimitato ma che si sono stabiliti in Italia da meno di cinque anni. Quindi chi usa toni da crociato per scagliarsi contro l’invasione dei saraceni racconta un mucchio di balle.  La seconda novità è invece lo ius culturae. In questo caso il minore straniero nato in Italia – o che vi ha fatto ingresso entro il 12esimo anno di età – diventa italiano se ha frequentato regolarmente uno o più cicli scolastici o di formazione professionale nel territorio nazionale e per almeno cinque anni.  Ius soli e ius culturae, inoltre, non prevedono nulla di automatico: per ottenere la cittadinanza servirà una dichiarazione di volontà in tal senso espressa da uno dei genitori entro il 18esimo compleanno del figlio. In alternativa, è il diretto interessato a poter chiedere la cittadinanza entro due anni dal momento in cui diventa maggiorenne.  Infine, un’altra variante dello ius culturae prevede che possa diventare italiano lo straniero che soddisfi alcuni requisiti: aver fatto ingresso nel territorio nazionale prima di aver compiuto 18 anni, essere legalmente residente in Italia da almeno sei anni e aver frequentato un ciclo scolastico o di formazione professionale con il conseguimento del titolo conclusivo.  Insomma, affermare che l’Italia stia per adottare lo ius soli puro, sul modello di quello in vigore negli Stati Uniti, è gravemente scorretto. Antonio Rei - altrenotizie
1 note · View note
carmenvicinanza · 6 years ago
Text
“Quannu te cunta ‘u core”, puoi fare tutto: trattenere il vento e la pioggia, prendere fuoco, oleandri e viole, profumi di rose e gelsomini, una stella, acqua di mare, occhi di un bambino, pane, ricordi, cristalli di colori, raggi di sole per dipingere il mondo.
Ada Garofalo 
#unadonnalgiorno
Tumblr media
0 notes
tmnotizie · 7 years ago
Link
PESARO – A maggio torna a Pesaro il Festival del Gelato Artigianale, giunto  alla sesta edizione. Sarà in piazza del Popolo, dal 18 al 20 maggio. Un evento di successo che conferma anche quest’anno il suo punto di forza, che lo rende unico nel panorama nazionale. E’ pensato per i giovani maestri gelatieri che grazie al concorso potranno realizzare il loro sogno.
Così è successo a Rosario Nicodemo che ora gestisce la sua gelateria a Roma, dopo aver vinto nel 2017. La sesta  edizione, ripropone lo stesso format. Tra i 15 giovani talentuosi maestri, tre stranieri da Francia, Brasile e Filippine, sarà decretato anche quest’anno il più bravo. Propongono ciascuno due gusti, uno classico e uno che utilizza prodotti del territorio di provenienza.
Tra le ricette più curiose: crème brûlée alla lavanda, il risino di Giulietta, ricotta con pistacchio alle rose e pasticiotto leccese. Ma ci sarà anche il gelato gastronomico, bruschetta con fior di latte (mozzarella) e gelato al pomodoro, gelato kiwi e spinaci con salmone, yogurt e pepe nero. Piazza del Popolo dunque per tre giorni sarà tutta per il dolce più amato dell’estate. L’evento propone gelato rigorosamente fatto secondo la ricetta tradizionale.
Gli stand aprono alle 16 di venerdì 18 maggio fino alle 24;  sabato 19 maggio, dalle 19 alle 23, e infine domenica 20 maggio, dalle 9 alle 23. E ci sarà davvero l’imbarazzo della scelta perché le ricette sono ben 30. Sarà allestito anche uno stand con prodotti marchigiani e ogni concorrente si esibirà in uno show cooking con ricette sua scelta che appunto utilizzano ingredienti del nostro territorio.
Con la gelato card, per cinque euro si  degustano cinque gelati di due gusti ciascuno. Il festival è organizzato da Simona della Martera con gli sponsor: IFI S.p.A. Valmar, Granarolo S.P.A., GLS e Biesse Group, Tomasucci Italian Style.
Tanti sono gli appuntamenti da non perdere. Venerdì 18 maggio alle ore 20.30 ci sarà il  concorso “Gelato al Bianchello d’autore” Nove storiche Cantine – Nove Maestri Gelatieri. Verranno realizzati nove diversi gelati al Bianchello d’autore e sarà compito di una giuria tecnica decretare il gelatiere che meglio avrà rappresentato questo prodotto tipico del pesarese.
Sempre venerdì ma alle 2130 l’evento dedicato al 150° Rossini, uno  show  cooking con la scuola italiana di gelateria e i maestri della gelateria italiana accompagnato da musica rossiniana. Sarà proposta una rivisitazione del dolce a base di mele “tortino morbido alle mele Guglielmo Tell” prediletto da Rossini, con gelato alla crema variegato con composta di “mele conventine” e fiori. La colonna sonora è tratta dall’opera “Il Barbiere di Siviglia”.  Un artigiano, così come lo sono i gelatieri.
Non mancheranno momenti di riflessione quali “Il gelato come nutriente terapeutico” che ne illustreranno le proprietà nutritive grazie alla selezione delle materie prime nobili,  consigliato nel caso di malattie degenerative come Alzheimer e nelle disfagie. In programma domenica 20 maggio alle 15. Nell’ambito del Festival del Gelato artigianale si svolgerà il tour della bandiera azzurra, sabato 19 e domenica 20 maggio.
Sabato 19 maggio, alle ore 16, si svolgerà in piazza un convegno Gelato prodotto buono, sano, per tutti…anche per il podista” con la partecipazione di Maurizio Damilano marciatore italiano campione olimpico e mondiale FIDAL si svolge invece sabato 19 maggio alle ore 16 . Domenica 20 maggio verrà  consegnata alla città di Pesaro la “Bandiera azzurra” di ‘città della corsa e del cammino’. La cerimonia avverrà alle 9.15 in piazza del Popolo, mentre alle ore 9.30 è prevista la partenza della corsa podistica di 10 km non competitiva – primo Trofeo Banca di Pesaro – e alle 9.40 ci sarà la partenza della camminata di 3 km.
Si parlerà anche della “Granita siciliana” (sabato 19 maggio alle ore 21) con Luigi De Luca ambasciatore della granita siciliana nel mondo. Dolce freddo al cucchiaio”, preparato con acqua, zucchero e succo di agrumi, frutta o altro ingrediente, spesso confusa con il sorbetto, insieme al quale può essere considerata uno dei progenitori del gelato e dal quale si differenzia per la consistenza più granulosa e cremosa allo stesso tempo.
Per la sesta edizione, gli allievi del corso di pasticceria dell’istituto alberghiero Santa Marta, coordinati dal loro docente Claudio Rossini e da Claudia Urbinati hanno preparato i gusti “pane, burro e marmellata” e “variegato alle amarene di Cantiano”.
Nel 2017 sono stati serviti 20.000 gelati, tra coppette e coni, e degustati 1.800 chili di gelato. In totale nelle cinque edizioni, il festival ha offerto 6.300 chili in 70.000 gelati. Il programma dettagliato dei tre giorni di festival è consultabile al sito: www.festivaldelgelatoartigianalepesaro.it pagina fb: festivaldelgelatoartigianale-Pesaro / Instagram: festivalgelatopesaro
0 notes
diana-mars22 · 7 years ago
Text
Capitolo 7 (Water Stars)
La maledizione del lago di Toblino
Col tempo ebbe anche modo di conoscere il resto della servitù e della sua famiglia. Come promesso dalla zia, i cinque cuginetti che un giorno incontrò in cucina a pranzo, lo tartassarono. Ricordava che stava mangiando il proprio panunto con provatura fresca quando si ritrovò circondato. Il panunto si otteneva facendo rosolare nel burro già caldo le fette di pane, precedentemente arrostito. Poi messo su ognuna una fetta di mozzarella e grigliate. Quando il formaggio era fuso e dorato, veniva spolverato sui crostini con una miscela di zucchero e cannella tritata, spruzzati di acqua di rose e serviti ben caldi. Non che amasse particolarmente quel cibo. Però ritrovarsi quei cinque bambini allegri che a tratti somigliavano alla zia e altri lo zio, lo sconcertò. Anche perché gli erano arrivati alle spalle senza che se ne fosse minimamente accorto.
Se si accorse di loro fu solo perché li sentì ridacchiare. Perciò, quando si volse e li vide, sobbalzò scatenando le loro aperte risa. I bambini in questione non erano più grandi di lui. Il maggiore avrà avuto al massimo dieci anni, mentre il più piccolo sei. Erano tutti maschi. Ma portavano la chioma lunga ed erano vestiti tutti allo stesso modo. E alcuni di loro avevano la boccuccia sdentata tipica dei bambini di quell’età. Poi il più grande prese l’iniziativa e disse, con la sua vocetta stridula: «Tu sei il cugino Agostino!» E subito gli balzò in grembo per abbracciarlo, seguito dagli altri fratellini, che fecero quasi a gara per accaparrarsi una parte del ragazzo, neanche fosse stato una fetta di pane col formaggio. Suo malgrado il ragazzo non si mosse nel timore di far loro del male. I bambini cominciarono a stropicciarlo tutto. Agostino sentì delle manine pizzicare e giocare con le sue guance, altre che gli tirarono le orecchie. Gli facevano domande cui al momento non era importante rispondere. Perché poi uno di loro cominciò a dire: «Giochi con noi?» E tutti gli altri fecero subito eco. Il poveraccio fu costretto a dire di sì.
Il resto della servitù guardava quella scena divertita.
Quelle piccole pesti avevano trovato un nuovo giocattolo da vessare.  
Addirittura, il più audace della nidiata si era arrampicato sullo schienale e adesso aveva sottratto il cappello al cugino, scoprendo la sua chiazza bianca. Suscitando stupore e meraviglia nei bambini. I quali presero a tempestarlo di domande fino a rintronarlo. Finché poi il capobanda non si era separato dal gruppo con un balzo, si era girato verso di loro e aveva urlato: «Nascondino!» I piccoli avevano urlato il loro assenso e avevano coinvolto anche il cugino. Fecero contare proprio lui. Non gli dettero nemmeno il tempo di finire la colazione che lo trascinarono subito nel gioco. Il poveretto provò a cercare di svincolarsi ma non ce la fece proprio. Quelle piccole pesti l’avevano messo con le spalle al muro. «Ma non so neanche come vi chiamate! Come faccio a riconoscervi?» Doveva ammettere che, nonostante le differenti età ed altezze, tra quei cinque non c’erano moltissime differenze. Il secondogenito li presentò tutti: «Io sono Basilio, questo è Antonino, questo è Gregorio, questo è Gervasio e lui è Alcibiade. Ora ci riconosci. Giochiamo!» Dichiarò a gran voce con lo stesso tono che se avesse detto: «Facciamo festa!»
Due pesti si misero a saltellare mentre Agostino roteava gli occhi e si volgeva verso il muro e cominciava a contare. «Fino a quanto?» Domandò, interrompendo il conto.
«Trenta!» Sentì esclamare in risposta.
Roteò gli occhi, scosse il capo e tornò a contare. Il problema era che sapeva contare a malapena fino a venti. Perciò, una volta che ci arrivò riprese il conto e finì per contare fino a quaranta.
 Proprio in quel momento arrivò in cucina lo zio con in mano il libricino di tutti i suoi conti. Al suo fianco stava il fido Armando. Stavano discutendo degli affari di palazzo quando videro quella scena: il povero Agostino costretto dai cinque a giocare a nascondino. Uno si nascose sotto al tavolo. Uno sgattaiolò dietro Armando e gli fece cenno di stare zitto. Un altro ancora uscì dalla cucina e si nascose di fianco alla porta. Uno si nascose dietro la catasta di legno e il più piccolo di loro sotto le sottane dell’anziana Tea, che ridacchiò sotto ai baffi, indecisa se essere divertita o imbarazzata, ma stette al gioco.  
Lo zio restò di stucco quando sentì il nipote contare due volte venti invece che fermarsi a trenta.
Ma si sedette al tavolo e uno dei figli approfittò della situazione per nascondersi tra le gambe del padre, infilate sotto al massiccio tavolo. Armando si accomodò davanti a lui e osservò a sua volta il nipote del maggiordomo senza dire niente, mentre i cuochi e qualche domestico servivano loro la colazione.
 Agostino finì di contare e poi, quando si volse, trovò la cucina come prima che arrivassero i masnadieri. La differenza erano le occhiatine e i sorrisetti divertiti dei cuochi e dei servitori. Il giovane li cercò vagamente con gli occhi, nel vago tentativo di individuarli. Ma non ci riuscì. Perciò si arrese e cominciò a cercarli. In realtà non aveva molta voglia di giocare. Doveva ambientarsi ed era sicuro di aver appena dimostrato alla servitù la sua scarsissima cultura scolastica. Non sapeva neanche scrivere il proprio nome. Il massimo che poteva fare era tracciare una X su un foglio. E anche lui lo sapeva. E, a causa di questo pensiero, non si accorse che le pesti gli sgattaiolavano alle spalle e gli facevano degli scherzi. Uno, addirittura, osò nascondersi sotto le sottane di una delle anziane cuoche. Ma si vedeva benissimo che era lì, nonostante le precauzioni. E la signora guardava il poveraccio come se lo sfidasse a sollevarle l’abito per verificare l’esattezza della sua teoria. Agostino non provò mai un imbarazzo più grande di quello che provò in quel momento. Molte cose da piccolo avrebbe potuto fare un’anziana, tirarle i capelli o scioglierle il grembiule di nascosto per il semplice gusto di farglielo cadere. Ma arrivare a sollevarle la gonna così, mai.
A salvarlo fu proprio lo zio. «Quando hai finito di importunare la povera Tea, vieni qui, per favore».          
Il ragazzo sussultò. E lo zio quando era entrato? «Da quanto siete lì?» Domandò, colto alla sprovvista. «Abbastanza per vedere quello che combini».
«Non è colpa mia, i miei cugini mi hanno chiesto di giocare a nascondino.» Disgraziatamente si era già dimenticato come si chiamavano. Altrimenti li avrebbe nominati.  
«Bè, allora finisci in cinque secondi di cercare e poi vieni qui».
«In cinque secondi? Ma è impossibile».
«Davvero? Basilio e Antonino, tornate qui, Gervasio, esci da sotto al tavolo,» ciò detto mollò un calcetto al figlioletto che era proprio sui suoi piedi. Il poveretto batté la testa contro il tavolo e lanciò un versetto di dolore. «Gregorio, per amor del cielo, dimmi che non ti sei nascosto dietro la catasta di legno e Alcibiade, per favore, non mettere in imbarazzo tuo cugino. Esci fuori dalle sottane di Tea!» E un coro di cinque bambini al quale era appena stato rovinato il gioco si fece sentire mentre la masnada si radunava protestando scontenta contro il genitore. Il piccolo che aveva battuto la testa uscì da sotto al tavolo massaggiandosela. Gli occhi lucidi di lacrime trattenute. Il genitore lo prese in braccio e il bambino si ritrovò a guardare male il genitore. Ma non disse niente.
«Ci hai rovinato il gioco.» Fece Antonino incrociando le braccia con una smorfia infantile buffissima. «Perché, padre?» Fece un altro dei cuginetti. Alcibiade si ficcò il pollice in bocca. E a seguito di un piccolo gesto del maggiore, tutti e cinque si accanirono contro il genitore. Il quale però non si lasciò intimidire e li rimise in riga alzando di un’ottava la voce.    
Agostino osservò sbigottito i ragazzini tacere immediatamente. Improvvisamente attenti. «State tranquilli. Per oggi devo parlare con lui e basta, solo cinque minuti. Poi ve lo restituisco.» Ciò detto si rivolse al nipote: «Perché hai contato due volte fino a venti?» Il ragazzo non capì bene la domanda. «Come, scusate?» Fece battendo le palpebre.
«Non è una domanda così difficile, ti ho chiesto perché non hai contato fino a venti. Che c’è?»
Agostino si aggrappò al legno e abbassò lo sguardo, arrossendo. E ora come glielo diceva? «Avanti, rispondi.» Lo incoraggiò lo zio, guardandolo incuriosito.
«E’ che, che io…Ehm…» L’uomo lo guardò aggiustando meglio la presa sul bambino che teneva sulle ginocchia. Il quale si volse a guardare prima il cugino e poi il genitore. Incuriosito. I fratellini sembravano non nutrire molto interesse per lui. «Io…Io non so scrivere».
«Però sai contare».
«Solo fino a venti.» Ammise con un certo sforzo. Il viso in fiamme. Temeva che qualcuno scoppiasse a ridere. Ma soltanto i cinque sogghignarono sotto ai baffi. Era umiliante essere superato così persino da dei ragazzini. Anche se quei ragazzini erano i suoi cuginetti.
«Ma con il tuo conto ho visto che sei riuscito ad arrivare fino a quaranta».
«Un mio vecchio amico mi insegnò questo trucco, quando avevo sei anni. Suo padre spostava i sacchi di grano che coltivavamo e aveva incaricato lui, che frequentava la scuola dei frati, di tenere il conto.» Raccontò.    
Ciò detto il silenzio cadde su di loro come una cappa. Silenzio rotto soltanto dal lavoro nella cucina.
«Sai leggere, almeno?» Domandò a un certo punto Etienne, che con l’altra mano non aveva fatto altro che carezzarsi il mento col pizzetto tutto il tempo. Si vedeva che stava riflettendo.
«No, signore».
«Però hai buona memoria. Per esserti ricordato una cosa del genere dalla tenera età di sei anni».
«Sì, credo, suppongo di sì. Se lo dite voi».
«Padre.» Intervenne a quel punto il bambino seduto sulle sue ginocchia. Il genitore, il cugino, i fratelli e il cocchiere lo guardarono. Il piccolo disse, con una vocina supplicante: «Adesso possiamo tornare a giocare?»
«Certo. Andate pure.» E ciò detto fece scendere il bambino dalle sue ginocchia mentre gli altri quattro cominciavano ad esultare. E due di loro si tuffarono sotto al tavolo per sbucare dall’altra parte, dove era accomodato Agostino. E cominciarono a tirarlo per le maniche della camicia, incitandolo ad alzarsi. Il quale guardò spaesato i cuginetti e cercò con gli occhi l’approvazione dello zio, che alla fine gliela concesse: «Vai anche tu, Agostino. Per oggi non ti darò niente da fare. Pensa a divertirti ed esplorare il castello. E non vi preoccupate, avete il mio permesso per farlo.» I bambini esultarono. Il ragazzo ringraziò, incredulo. Non ricordava più quando era stata l’ultima volta che aveva avuto una giornata libera. «Io… Grazie.» Riuscì a sorridere alzandosi. I cuginetti con l’argento vivo addosso, lo trascinarono via immediatamente, reclamando subito la sua attenzione.  
«E vedete di non rompermelo troppo. Quando si sarà ambientato un po’ lo metterò subito al lavoro.» Si raccomandò lo zio prima che la masnada uscisse dalle cucine.
Agostino non ebbe neanche il tempo di domandare cosa intendesse che si ritrovò a far da balia a quei piccoli scalmanati.
Cambiavano gioco ogni cinque minuti e lo costrinsero a giochi che non aveva mai visto. Completamente inventati di sana pianta. Non gli davano il tempo di abituarsi alle regole che eccoli cambiare di nuovo. Non capiva neanche più a che stessero giocando. Il peggio arrivò quando giocarono a palle di neve tra i frutteti. Ed erano sleali, e molto. Più di una volta riuscirono a farlo inciampare, non gli dissero dove erano le buche, non lo aiutarono quando scivolò, e non gli dettero neanche il tempo di aggiustarsi i vestiti pesanti addosso. Che aveva indossato alla bell’e meglio uscendo, sotto quelli di foggia elegante che la zia gli aveva fatto trovare quella mattina appena alzato. Ormai irrimediabilmente fradici di neve. Persino sulla schiena, visto che gli infilarono una palla di neve nel colletto a sua insaputa, facendolo saltellare per il freddo come un pesce fuor d’acqua. Boccheggiava persino come un pesce fuor d’acqua. Poi i piccoli gli si gettarono addosso e lo seppellirono sotto al peso dei loro corpi, facendolo affondare ancor più nella neve.
Ma proprio allora gli tornò in mente un gioco simile che aveva fatto anche lui, molto tempo prima. Per un attimo fu come se il tempo si fosse riavvolto su se stesso. E si ritrovò per le colline della sua infanzia coi suoi amici, in inverno, che giocavano con le prime nevicate della stagione. Così secche e farinose da somigliare più a brina che a neve vera e propria. E poi sentì le voci dei suoi genitori chiamarlo. Il ragazzo si rizzò a sedere di scatto facendo cadere i cuginetti che lo guardarono spaesati. Il cuore che gli batteva forte in petto. Si guardò attorno cercandoli con gli occhi. Ma il paesaggio era diverso e quella non era casa sua.  
E il rimpianto e il dolore si fecero sentire più che mai proprio allora.
 Agostino però restò chiuso nel suo mutismo. I cuginetti non capivano che cosa avesse e cercavano di parlargli e di coinvolgerlo ancora nei loro giochi. Il piccolo Alcibiade era quello che esternava la sua preoccupazione più degli altri: infatti piangeva a dirotto e domandava: «Che cosa abbiamo fatto? Perché Agottino» non riusciva ancora a dire bene alcune parole «non gioca più con noi?»
E la madre non sapeva che cosa rispondergli. Si limitava a guardare il marito in una muta supplica ma neanche lui sapeva che cosa fare. Per questo di solito rispondeva: «Abbiate pazienza, vedrete che è solo un brutto periodo. Si riprenderà».
«Ma quanto dura un periodo?» Chiese Antonino.
Maria Patrizia prese in braccio il più piccolo della nidiata. Il quale la guardò succhiandosi il pollice. E la madre gli dette uno schiaffetto. Intimandogli di smetterla a mezza voce. Il piccolo obbedì.
«Non lo so; dipende da persona a persona.» Rispose il genitore intingendo il pane nel vino.
«E il suo?»
«Non lo so.» Ripeté laconico il genitore. Poi non aggiunse più nulla e si concentrò sulla masticazione. E il piccolo domandò alla cuoca se per caso fosse rimasto un po’di panettone. Visto che lei ne preparava sempre uno in più.
Il panettone, per chi non lo sapesse, affondava le sue radici nel 1200 - 1300 circa. Non era così raro che qualcuno ne conoscesse la ricetta anche allora. E Tea era la migliore cuoca della regione. «Non a pranzo, Alcibiade!» Esclamò la madre.
Il bambino emise un piccolo lamento.  
Etienne inghiottì, cercando di estraniarsi dalla vita famigliare. Di solito gli riusciva abbastanza bene. Ma non quel giorno. Non sapeva da dove venisse quel dolore che avvolgeva il nipote come la nuvola di fumo il suo vulcano. Poteva solo immaginarlo, anche se non poteva averne la certezza. Non era mai stato molto affettuoso. Da che ricordava non lo era stato più di tanto neanche con suo fratello. Era sempre stato un tipo più pragmatico che sentimentale. Ci aveva messo tantissimo per affezionarsi ai propri figli, ma solo perché i primi mesi e i primi anni di vita erano molto incerti per dei bambini. Adesso si pentiva di non essersi concesso prima il lusso di amarli fin da subito. Ma persino lui arrivava a capire che se l’avesse lasciato sprofondare ancor più di così avrebbe dovuto presagire il peggio. E sinceramente non desiderava la morte di un altro membro della sua famiglia. E doveva salvarlo. Capiva che farlo partecipare alla vita famigliare non sarebbe bastato. Anche metterlo al lavoro nel castello non sarebbe bastato. Doveva approfittare di quei momenti per dargli un’istruzione. Il confronto con un’altra persona poteva essergli utile. D’altronde anche lui era stato molto affezionato al suo vecchio maestro.
Bevve un sorso di vino dal suo calice, si alzò, baciò la moglie e i figli e andò al lavoro.
Fortunatamente che aveva già mandato un messaggio a un suo vecchio amico che viveva a Bologna.  
Era un professore universitario e gli aveva chiesto di venire.
Si sistemò alla scrivania e cominciò a sfogliare le varie scartoffie che ingombravano la sua scrivania. Il fido Armando sempre accanto a lui. Era il suo migliore amico e l’unica persona di cui davvero si fidasse. E poi, mentre lavoravano, un servo bussò alla porta. I due uomini dissero «Avanti» all’unisono e si guardarono divertiti, mentre il giovane entrava. Si chiamava Uberto ed era stato assunto da poco come sguattero. «E’giunto questo messaggio per voi, mio signore.» Annunciò.
L’uomo seduto alla scrivania si alzò, fece il giro del tavolo e si appoggiò di fronte al medesimo, incrociando le braccia e le caviglie. Era una posa che aveva appreso tempo prima dal suo vecchio maestro. Funzionava sempre per intimidire i giovanotti di primo pelo. E lui amava scherzare a quel modo. Il giovane, non sapendolo, sussultò e lo guardò incerto, torcendosi la berretta direttamente sulla chioma riccia.
Lo fissò a lungo e poi disse: «Grazie, Uberto, e, per favore, non chiamarmi mai più mio signore. Non son degno di lucidare gli stivali alla famiglia Da Campo neanche se mi mettessi in ginocchio e baciassi la terra dove camminano».
Il giovane si tolse la berretta e cominciò a stropicciarsela tra le mani: «Sì, signore, cioè, scusatemi, Mastro Etienne».
«Così va meglio. Puoi andare».    
Il giovane, incerto, fece un piccolo cenno col capo che doveva essere un inchino, e se ne andò.
«Ci provi proprio gusto a terrorizzarli così.» Commentò l’amico quando la porta fu chiusa.
L’altro curvò le labbra in un sorriso beffardo.
Etienne aprì il messaggio e lo lesse: era la risposta che attendeva dal suo amico professore. Con suo sommo dispiacere non sarebbe potuto recarsi da lui. Non era più uno studentello come tutti gli altri. Adesso era un docente e non poteva insegnare a qualcuno fuori dell’università. Però, aggiungeva anche, che gli avrebbe mandato il suo assistente: Lucenzio Fosari. E che quest’ultimo era già in viaggio e sarebbe giunto a castel Toblino in poco tempo.
Etienne alzò le spalle.
«Qualcosa non va, Etienne?» Chiese Armando avvicinandosi, che non si era perso nessuna espressione dell’amico. Era raro, infatti, che lo zio di Agostino leggesse a voce alta i messaggi che riceveva e che si consultasse con lui. E di solito accadeva solo per i fatti più gravi. Ma evidentemente quello non doveva essere uno di questi.
«Niente, soltanto una fastidiosa bega con un mio vecchio amico. L’avevo invitato a insegnare ad Agostino ma dice che non può venire. Invece sua ci manda il suo assistente, Lucenzio Fosari.»
«Mai sentito».
«Ad ogni modo sta arrivando. Penso che sia il caso di preparare un’altra stanza anche per lui. Non credi?» E lo guardò con una lunga occhiata obliqua. La voce carica di sottintesi che l’altro non afferrò: «Certo.» Poi, accorgendosi del modo in cui lo guardava fece: «Oh, intendevi dire che me ne devo occupare io?»
«Ne sarei lieto, sì. E anche mio nipote».
L’amico lo guardò stupefatto: «Ma, scusami, che importanza ha occuparsi della stanza di un maestro che oltretutto non verrà mai a sapere chi l’ha sistemata?»
«Nessuna, per te. Ma penso che sia un buon modo per cominciare a far fare qualcosa in concreto ad Agostino».
«E lo stai mettendo sotto le mie direttive?»
«Precisamente».
«Ho capito.» Sospirò l’altro, infastidito. Ma dallo sguardo che gli rifilava si capiva che era offeso e che non avrebbe chiesto niente di meglio che sferrargli un pugno sul naso. Tanto gliel’aveva già rotto una volta. Parecchi anni prima ed Etienne aveva dovuto farselo raddrizzare. Che differenza avrebbe fatto se glielo rompeva un’altra volta? Ed Etienne, che non aveva smesso di guardarlo, lo sapeva, ma non ne tremava.
«Vuoi che gli faccia fare anche qualcos’altro, dopo che avrà sistemato?» Domandò.
«Vedi te se ti sembra necessario».
«D’accordo, allora vado.» Disse lasciando il suo fianco.
«Buon lavoro».
L’altro uscì dalla stanza salutandolo sarcastico e il maggiordomo rispose alzando il dito medio, poi tornò a occuparsi delle proprie faccende. Appuntandosi come promemoria di scrivere una lettera di ringraziamento all’amico, quando avrebbe finito.
 Il giovane stava pranzando quel giorno, quando a un certo punto Armando venne da lui e gli disse che quel giorno lo avrebbe aiutato nei lavori domestici. Il giovane lo aveva guardato perplesso ma, alle parole: «Ordini di tuo zio» non aveva fiatato. Aveva smesso di mangiare, si era pulito le mani alla casacca e aveva domandato, quasi sospirando: «Ditemi cosa devo fare».
«Ora finisci di mangiare, e quando hai finito raggiungimi nel mastio. Lì ti spiegherò tutto».
Quando finì lo raggiunse e rimase stupito di sapere cosa avrebbe dovuto fare. «Ma io non so come si tiene una casa!» Protestò quasi indignato. Soprattutto quando gli venne ficcato in mano un secchio pieno d’acqua con uno straccio per pulire e una scopa. A malapena era riuscito a tenere la sua prima che intervenisse lo zio e lo portasse via da lì.
Armando alzò le spalle e gli disse: «Imparerai. Qui c’è tanta gente disposta a insegnarti».
Gli spiegò brevemente quello che avrebbe dovuto fare e poi lo lasciò lavorare. I servi attorno a lui che lavoravano alacremente per arredare la nuova stanza. «Ma chi deve alloggiarci, qui?» Domandò il ragazzo. Ma nessuno gli rispose e quei pochi che si volsero a guardarlo alzarono le spalle: «Non lo sappiamo. Ci hanno solo detto di pulire quest’ala».    
Il giovane lavorò di buona lena. Alla fine della giornata aveva le mani arrossate. Fortuna che era abituato al lavoro. Anche se a un lavoro di tutt’altro genere. E si compiacque nel vedere gli altri servitori stupirsi della sua mancanza di fatica a quelle nuove faccende. Sapeva anche lui delle malelingue che avevano cominciato a girare nel castello da quando era arrivato.  «Il nipote del maggiordomo», «chissà quali privilegi.» Dicevano. Per quel che gli riguardava non ne aveva visto neanche mezzo. A volte rimpiangeva la sua vita come floricoltore e giardiniere. A volte gli capitava di sognare di occuparsi di nuovo dei suoi amati giardini.        
Una volta finito svuotò il secchio dalla finestra, rischiando di bagnare le guardie, le quali, per lo spavento, si girarono e gliene urlarono di tutti i colori. «Ma che diavolo!», «E sta un po’più attento!», «Razza di idiota!», «Guarda quello che fai!», «Che schifo!»
Ma anche; «Ma guarda qui, non bastavano l’umidità e la neve, adesso ci mancava anche il freddo». Il ragazzo urlò, di rimando, imbarazzato: «Scusatemi!» E si affrettò a richiudere la finestra e con essa gli strepiti delle guardie centrate in pieno: «Belle scuse!», «Ma guarda qui…»
Sperò che poi le suddette non cercassero vendetta. Sospirò.
«Ehi, ragazzo!» Si sentì chiamare e sobbalzò. Era Armando: «Quando hai finito vieni qui che abbiamo ancora molto da fare».  
Lo fece sgobbare tutto il giorno. A fine giornata il ragazzo aveva la schiena  e le mani a pezzi. E la lingua piena di bestemmie che indirizzava tutte contro l’amico dello zio. Il quale, dal canto suo, ignaro, l’aveva incoraggiato a pregare per allietare le proprie fatiche. «Proprio come i monaci.» Aveva scherzato. Forse scherzava a questo modo con le fantesche. Ma lui non era né una fantesca né una donna. A dir la verità non era neanche un fedele eccellente. Gli mancava proprio il dono della fede così come la maggior parte delle persone intendeva.
Peccato solo che ad Agostino venissero più facilmente in mente tutti i coloriti improperi appresi durante quel suo breve arco di vita che le preghiere. Si domandò persino se suo zio sapesse della vena tirannica del suo amico - e forse braccio destro.  
A fine giornata, mentre accendevano le candele, il suddetto ispezionò il suo lavoro e gli sorrise compiaciuto: «Dovremmo farti pulire più spesso: non ho mai visto questa zona risplendere così tanto».
Il ragazzo si morse la lingua per evitare di rispondere. Ma lo fissò malissimo. Poi Armando scoppiò a ridere, scosse il capo e se ne andò, scendendo le scale. Dritto verso le cucine.
 Un giorno, per la precisione una domenica sul finire di febbraio giunse al castello il precettore. Il suo arrivo gettò il castello nella curiosità. Quella mattina Agostino si era appena svegliato. Era stato trasferito dalla stanza che l’aveva ospitato la prima notte a un’altra, che divideva con altri servitori.
Molti di quegli uomini erano giovani, ma più grandi. E a volte capitava che qualcuno proprio non venisse a dormire. Se non dopo parecchie ore.
Agostino se ne chiese spesso il motivo. Finché quella mattina, prima dell’arrivo del maestro di scuola, non ne parlò con Santiago, lo spagnolo vicino di letto. Era un ragazzo di diciotto anni coi capelli neri, ricci che gli coprivano le orecchie, il naso adunco e gli occhi color ambra sulla pelle brunita dal sole. L’uomo rise: «Si è fatto una bella scopata.» Il ragazzo arrossì confuso. Ma la sua espressione spaesata non sfuggì al ragazzo che cominciò a sbeffeggiarlo: «Come, non hai mai fatto una scopata?»
«No».
«Ma ti sei masturbato qualche volta?» Il ragazzino arrossì di brutto. Ma che glielo andava a dire fare? Sembrava che quegli occhi della stessa luce del caminetto gli stessero leggendo dentro. Oh, come si stava pentendo di aver posto quelle domande. Il suo interlocutore, sembrava deciso a carpirgli ancora più segreti per farsi beffe di lui alle sue spalle. Perfetto. Così in breve tempo tutta la Valle dei Laghi avrebbe scoperto che era ancora vergine e, soprattutto, inesperto.
E sicuramente sarebbe riuscito a fare di meglio di così, se poi non fosse arrivato il trambusto. I due ragazzi si voltarono cercando di capirci qualcosa. «Che sta succedendo?» Chiese Santiago. Una serva gli rispose: «E’ arrivato il precettore.» Rispose la donna e poi andò verso l’uscio. I due ragazzi invece andarono alla finestra e da lì lo videro entrare.  
«Il precettore?» Chiese Santiago mentre Agostino, mezzo arrampicato sulla sua spalla, cercava di intravedere l’uomo che stava scendendo da cavallo, avvolto nel mantello pesante da viaggio e lo zio che gli andava incontro e che cominciava a confabulare con lui.
«Sarà sicuramente per uno dei suoi figli.» Sputò Santiago dopo aver buttato lì una mezza imprecazione nella sua lingua natia. «Sei spagnolo?» Domandò il giovane per cambiare discorso, guardandolo. Ne aveva incontrati quattro o cinque nella sua vita, fino ad ora. L’altro sporse indietro il collo e, senza staccare gli occhi dalla sua postazione annuì: «Di Santiago de Compostela. Guardalo là, il maggiordomo» sputò con livore la parola «Come parla con il maestro. L’avrà chiamato sicuramente per uno dei suoi figli, ah, come se sperasse che uno di loro possa prendere il suo posto».
«Che hai contro i suoi figli?» Chiese tra l’incuriosito e l’arrabbiato. Non gli piaceva sentir parlare male della sua famiglia.
«Niente. E’solo che quell’uomo non ha una sola goccia di sangue nobile nelle vene e si atteggia a nobile quale non è. Posso sopportare di servire e lavorare alle dipendenze di una famiglia nobile. Ma lui ha i pasti migliori e sta in cima alla catena alimentare. Non sopporto che usi il denaro per arricchirsi così».
Agostino si arrabbiò con quel ragazzo. E lo fulminò con gli occhi, stringendo le dita sulla spalla di lui. Ma il giovane non se ne accorse. «Dimmelo se cadi, non appigliarti alla mia camicia, me la strappi.» Disse invece. In effetti lo spagnolo era molto più alto di lui. «Che ti prende? Sembra quasi che ti abbia offeso.» Aggiunse quando lo guardò. Agostino continuò a fissarlo, irato. L’altro gli domandò: «Che ti prende? Il gatto ti ha mangiato la lingua?» Domandò, perplesso. Il ragazzino si staccò da lui.    
«Stai zitto e non ti azzardare mai più a parlare della mia famiglia a quel modo».  
Lo spagnolo sgranò gli occhi: «La tua famiglia? Aspetta…Ma tu…»
«Io sono nipote di Etienne da Monselice. Mi chiamo Agostino da Monselice!» Urlò e molte persone si volsero verso di lui. Molte con sguardo smarrito e altre che cominciarono a ridacchiare per quella scena. Doveva sembrare assolutamente ridicolo. Ma in quel momento non gli importò. Santiago aveva la faccia di chi cade tra le nubi. Però era completamente pallido, slavato come un cencio.
Il ragazzino non trovò altro da dire e gli volse le spalle, andandosene.
Poteva soprassiedere su un mucchio di cose. Per esempio sul suo soggiorno lì. Poteva anche capire che lo zio avrebbe favorito i figlioletti invece sua. Ma sentire un perfetto idiota offendere la sua famiglia no, questo no. Ma non era solo questo. Avrebbe voluto, per un attimo, che quel maestro fosse per lui. Che fosse lui a imparare a leggere e scrivere. E di questo, almeno di questo, era geloso.    
Proprio in quel momento passò di lì lo zio con il precettore al seguito: «Oh, Agostino. Giusto te cercavo.» Il ragazzo si fermò sulle scale e al cenno d’invito e le parole dello zio: «Vieni, vieni qui»; si avvicinò. Il precettore aveva i capelli biondi e gli occhi verdi. Era poco più alto dello zio, aveva all’incirca una trentina d’anni e un bel sorriso sulle labbra. «E’questo il ragazzo?» Chiese con cortesia e curiosità.
«Sì.» Confermò lo zio. Il tredicenne dal canto suo si limitò a guardare prima l’uno e poi l’altro battendo le palpebre, perplesso. Il giovane maestro gli strinse la mano mentre lo zio continuava. «Agostino, questo è il tuo nuovo precettore, Lucenzio Fosari. Lucenzio, questo è mio nipote Agostino da Monselice. Agostino, Lucenzio è venuto qui da Bologna per insegnarti le arti del quadrivio e le nuove correnti umanistiche e filosofiche. E’ quadrivio, giusto?» Chiese poi all’uomo che confermò, divertito.
Il ragazzino fissava lo zio sgranando gli occhi. «Non guardarmi così o gli occhi ti schizzeranno fuori delle orbite. Comincerete tra tre giorni, il tempo che ci vuole affinché il nostro ospite riposi. Ora saluta e va da Armando, ti affiderà le commissioni per oggi».  
Il nipote parve riscuotersi, salutò il suo maestro e lo zio e poi andò a cercare Armando mentre la sorpresa si agitava ancora in lui come le fiamme di un caminetto.
Lucenzio fu una gradita sorpresa per il giovane. Almeno finché non cominciò la prima lezione. Agostino non era mai stato a scuola prima di allora e non sapeva come comportarsi. Anzi, addirittura, quando si presentò senza pergamene o penne e calamaio, il maestro lo guardò stupefatto e mancò poco che lo schernisse per la sua stupidità. Perciò lo spedì a cercare qualcosa con cui scrivere. Il ragazzo tornò due ore dopo e, quando si sedette, e il maestro gli domandò di vedere i palmi, si beccò una canna sulle mani: «Ahio! E questo per cos’era?»
«Per ricordarvi di essere puntuale».
Poi gliene mollò un altro: «E ora che ho fatto?»
«Per ricordarvi di portare tutti gli strumenti.» Poi si pose seduto sulla sedia posta accanto alla sua e cominciarono la lezione. Purtroppo però si accorse un po’in ritardo che il ragazzo non aveva la più pallida idea di quello che stava dicendo: era, infatti, partito dalla filosofia, volendo essere ancora più precisi dall’humanitas. Solo allora l’aveva guardato in faccia e si era accorto di quella smorfia di stupore e confusione che aveva dipinta in viso.
«Aspetta, ma voi sapete leggere?» Agostino scosse il capo quasi meccanicamente e le vertebre gli scricchiolarono.
«Sapete almeno scrivere?»
Ancora una volta il ragazzino scosse il capo, mortificato.
Lucenzio si alzò in piedi: «Con permesso. Torno subito.» Ciò detto uscì dalla porta. Non tornò esattamente subito. Ci mise un’ora. E quando tornò aveva un’espressione infastidita dipinta in volto.
Evidentemente nessuno gli aveva mai detto che sarebbe dovuto partire dalle basi. «Va bene, facciamo finta che questo tempo non ci sia mai stato, anche se mi sembra uno spreco. E partiamo dall ABC».
Ciò detto cominciò a insegnargli tutto a partire dalle basi.    
In un certo senso Agostino trovava quasi rilassanti quelle lezioni, nonostante la severità del maestro. Il quale, dal canto suo, non si sentiva pagato abbastanza, a giudicare dal fastidio che tutto ciò gli provocava. Ma il tredicenne non se ne curava. Ormai si era abituato a piacere a poche persone.  
Solo molto tempo dopo, ad aprile inoltrato, decise di uscire dalla sua tristezza. Pensò fosse il caso di provare a fare qualcosa di diverso e, per un po’aiutò questo zio, ancora per molti versi sconosciuto, nella gestione del castello. Dopotutto ormai aveva capito come si scriveva e riusciva a compitare le parole. Anche se ogni giorno si allenava a leggere per un’ora con una foga che spaventava chiunque. Fortunatamente esisteva la biblioteca dentro al castello. Non era una delle più grandi, e neanche una delle più fornite. Ma grazie a quella biblioteca poté fare pratica di scrittura e lettura. I suoi romanzi preferiti erano quelli medievali. Come La leggenda di Tristano e Isotta, il Ciclo Bretone. Un po’meno quello Carolingio e le Chanson de geste. Ma l’opera che proprio in quel momento stava leggendo, era quella del Tristano e Isotta.
Aveva cominciato a leggerla con Lucenzio. Dopo l’ennesimo, infruttuoso tentativo di fargli leggere l’Africa di Francesco Petrarca e la Vita Nova di Dante Alighieri. «E’incredibile, non capisce un accidente dello Stil novo e pretende di imparare a leggere sulla traduzione di una leggenda medievale.» Borbottava l’uomo, sconfitto.
Lo zio, invece, trovò molto bello che il nipote volesse aiutarlo. Ma alla prima difficoltà lo rispedì immediatamente a studiare. Non era ancora pronto per aiutarlo. Non prima però di avergli chiesto di contare fino a trenta prima, e quarantacinque poi. Il ragazzo, un po’imbarazzato eseguì senza errori e lo zio lo congedò.
Armando commentò: «E’migliorato molto dall’inizio, però, non ti sembra?»
«Sì. Ho idea che se va avanti di questo passo diventerà un perfetto scolaro in poco tempo».
«Credi che un giorno ti sostituirà come maggiordomo?» Chiese Armando succhiandosi il dito. Quel giorno si era tagliato con un coltello e non la smetteva di sanguinare.
«No. Non credo. Vai a medicarti, Armando, non vorrei che tu mi sporchi di sangue i documenti.» Disse poi, scherzoso.
«Come no, tanto a te non da fastidio, no?»
Agostino covò ancora per un po’il sogno di aiutarlo e mostrargli i suoi progressi. E poi smise. A dir la verità smise abbastanza presto, quando giunse la bella stagione. E, come una rondine che fa ritorno al proprio nido in primavera, anche lui fece ritorno alla sua vera, antica vocazione: venne attratto dal giardino.
Il giorno che lo scoprì si era perso dopo aver bevuto un po’troppo vino e aveva sbagliato strada. Invece che dei soliti corridoi aveva imboccato uno diverso e si era ritrovato in quella selva.  
Era quasi in rovina, tant’è che credette di sognare di essere dentro una foresta.
«Ma dove…» Si chiese guardandosi intorno. Girò lentamente su se stesso, come a controllare che la porta fosse ancora lì.  
Un giorno, mentre rassettavano una delle stanze reali lo scorse di nuovo. Allora non se lo era immaginato. Ma faceva uno strano effetto osservarlo da una prospettiva completamente diversa. Allora era quello che vedevano gli uccelli, dall’alto dei loro voli. Si disse e, incuriosito, aprì la finestra. Il giardino era quasi una giungla. E forse solo un miracolo avrebbe potuto rimetterlo in sesto.
«Cos’è quell’appezzamento di terra incolta?» Chiese incuriosito alla serva che stava lavorando con lui.
«Oh, quello?» Chiese l’anziana donna ripiegando una coperta. «Una volta era il giardino principale. Ci venivano date molte feste, poi lentamente è stato abbandonato a se stesso».
«Perché?» Domandò il giovane voltandosi verso la donna che ora stava lisciando le lenzuola e le coperte e spolverando le tende del baldacchino. Lei rispose senza guardarlo: «Una principessa ci annegò».  
Il giovane intuì che non gli stava dicendo tutto. E che dalla gravità del tono con cui proferì quelle parole capì che si stava avventurando in un territorio pericoloso. Il territorio dei tabù. Ma non riuscì comunque a trattenersi. «Perché annegò?»
«Chiudi le finestre. È circolata anche troppa aria».
«Voglio sapere perché.» Ripeté.
«Chiudi le finestre. Fa freddo, ci farai ammalare tutti.» Rifece invece la vecchia.
«Io chiudo le finestre se tu mi dirai che cosa è successo a quel giardino.» Negoziò il giovane. La donna sospirò e poggiò le mani sulle coperte di velluto rosso. Capì che la donna non poteva rischiare: le finestre erano di vetro e il vetro era molto costoso e raro. Ed era stato fatto istallare solo trent’anni prima, quando era una giovinetta. Perciò si piegò alla sua volontà: «Accadde nel giugno di trentaquattro anni orsono. Lo ricordo come se fosse ieri. Il castello allora apparteneva a un visconte e non ai Da Campi come ora. Il giovane rampollo del visconte venne a passare l’estate qui, per via della sua salute cagionevole. Qui indisse feste ove invitò la nobiltà locale. E tra le gentildame che si presentarono rispose anche una castellana. Fui io a occuparmi di lei. Era giovane, con le chiome bionde come il sole quando tramonta e gli occhi azzurri. Era molto graziosa e pareva come immaginavo essere le principesse delle favole, per questo per me lei sarà sempre una principessa. In breve tempo lei e il padrone divennero amanti.» La sua voce si spezzò e i suoi occhi si riempirono di lacrime. Agostino si pentì istantaneamente di averle ordinato di raccontarglielo. «Poi che successe?» Mormorò, cingendosi il busto con le braccia.
«Lei restò incinta. Ma il padrone non volle prendersi la responsabilità della madre e della creatura. Ben altro matrimonio aveva in mente, ed era già stato concordato dalla nascita con una famiglia di baroni. Lei si suicidò per la disperazione e il disonore proprio l’ultima notte d’estate. Durante l’ultima festa che il padrone indisse, prima di tornarsene a casa propria. Lei fece in modo che tutti la vedessero e si gettò nelle profonde e fredde acque del lago. Non prima di aver maledetto il giovane e il giardino che li aveva fatti incontrare. Il cadavere non fu mai ritrovato».
Agostino era sbiancato. Ma la vecchia continuò ancora, implacabile: «Da allora nessuno rimise mai più piede in quel giardino. E’rimasto tutto come allora, anche se le torce sono spente, il cibo è scomparso, divorato dagli animali o saccheggiato dai servi e le tovaglie muffite. Adesso chiudi le finestre.» Fece con occhi lampeggianti di odio e tristezza.
Agostino obbedì celermente.
Mai come allora aveva sentito aleggiare attorno a sé la presenza della morte.
Lanciò un’occhiata alla finestra alle sue spalle. Ora che si era spostato non poteva vedere ciò che c’era oltre, però era un peccato. Un parco così grande, un giardino incolto che un tempo doveva essere stato bellissimo…
«Che hai, Agostino?» Domandò uno dei suoi colleghi di lavoro quella sera a cena.
Il ragazzo si riscosse dai suoi pensieri. Non aveva fatto altro che masticare un pezzo di pane tutto il tempo, e, a lungo andare, era divenuto una poltiglia nella sua bocca. La inghiottì e si scusò con l’uomo: «Scusa, Donato, è che sono soprappensiero.» L’uomo annuì, rassicurato. Quel servo in particolare aveva una paura terribile delle malattie. Al punto che non riusciva a restare nella stessa stanza di una persona malata neanche se fosse stato malato lui stesso. La cosa strana era che se era lui il malato, allora non aveva paura della sua condizione. Dieci a uno che aveva creduto di averne fiutata una proprio in lui in quel momento, prima di rivolgergli la parola. Il tredicenne roteò gli occhi. Proprio allora si accorse dello sguardo che gli stava rifilando Santiago, quasi dall’altro capo della tavola. Il ragazzo si accigliò, ricambiandolo e il diciottenne distolse il proprio, tuffandosi nel suo pasticcio di pollo e frattaglie. Anche l’altro volse la sua attenzione altrove. Infatti, Donato lo stava ancora fissando: «Non preoccuparti, Donato, sono sano come un pesce. È che stavo pensando».
«A cosa, di grazia?» Fece interessato l’uomo, inclinando la testa di lato.  
«Al giardino».
«Quale?»
«Quello principale».
«Il giardino maledetto?» Fece l’altro sgranando gli occhi. Poi si sporse verso di lui e gli domandò, con aria confidenziale: «Ma non le hai sentite le storie?» In realtà Agostino stava guardando i lacci della camicia dell’uomo che strusciavano sul cibo posto in mezzo a loro. E alla zaffata di birra che gli arrivò. «Certo. Però…»
«Però?»
«Però io sono un giardiniere.» Concluse, come se con quella frase avesse potuto spiegare tutto di sé e della sua natura.
«Un giardiniere? Sul serio?» Fece quello sgranando nuovamente gli occhi per lo stupore. Poi si profuse in una risata che fece voltare verso di loro i vicini. Agostino non si unì a lui. «Un giardiniere, sul serio? L’augusto nipote di Etienne da Monselice, un umile giardiniere? Non stai scherzando, spero».
«Da tutta una vita.» Ribatté l’altro con serietà.
Il sorriso dell’altro si affievolì per essere sostituito da una smorfia di stupore. Poi tornò serio e bevve un sorso della propria birra: «Uao.» Fece quando rimise giù il boccale: «Non ti facevo un giardiniere. Non ne avevi la faccia».
«Neanche io ammetterei mai che tu sei il terzo in ordine d’importanza qui dentro. Ma non te lo vengo certo a dire.» Ammise il ragazzo ad alta voce con nonchalance. Il suo interlocutore parve trovare la sua frecciata molto spiritosa perché disse: «Un giardiniere. Ma dai, sei sicuro?»
«Sì, mio padre e mia madre mi hanno insegnato tutto quello che so e ho lavorato presso…»
«No, io intendevo, vuoi sul serio occuparti di quel giardino?»
«Sì».
«Bè, allora perché lo stai dicendo a me? Non dovresti andarlo a chiedere a tuo zio?»
«Lo farò. E’ solo che…» Il ragazzo roteò il bicchiere.
«Che?»
«Non ho…Cioè, non so come dirglielo».
«Bè, trovale in fretta, ragazzo. Non sarò certo io a farlo per te».
Il giovane annuì. Ma non era facile. Suo zio gli aveva concesso molte cose da quando era giunto lì. Dubitava fortemente che gli avrebbe concesso anche questo. Però era anche vero che amava prendersi cura dei giardini. E che in quel momento udiva la voce del giardino chiamarlo. E non sapeva per quanto ancora avrebbe potuto resistere. O meglio, avrebbe voluto resistere. Sapeva che per lo zio era importante la sua educazione, ma era anche vero che lui aveva delle passioni. E non vedeva l’ora di fare qualcosa di davvero utile e dilettevole al tempo stesso.
«Vorresti occuparti del giardino?» Domandò lo zio guardandolo stupito. Era seduto alla scrivania e si lambiccava sui conti e le spese del castello, quando lo aveva raggiunto e gli aveva esposto il suo desiderio. Agostino sapeva che i signori del castello stavano attraversando un momento di crisi. Momento che li aveva già costretti a vendere alcune proprietà. E temevano che la prossima sarebbe stata quella.
«Non abbiamo denaro per pagare un giardiniere…» Cominciò ma il nipote lo interruppe:
«Ma non dovrete ingaggiare un giardiniere, posso pensarci io».
«Tu?»
«Io. Mamma e papà - che Dio li abbia in gloria - mi hanno insegnato tutto quello che so sulle piante e sulla cura dei giardini. Prima che arrivassi a casa mia, lavoravo come floricoltore per Montino da Tripoli.» Ce la fece un po’di più di prima a non sputare quel nome. Il tradimento dell’amico di famiglia gli sarebbe bruciato ancora per molto.
«Ma è un pezzo di terra molto grande e d’estate pullula di zanzare, ci sono le nutrie, i topi e altre bestie come vipere e bisce d’acqua tra quelle piante ed erbacce incolte.» Il giovane si spostò di fronte alla scrivania. Lo zio lo seguì con gli occhi.
«Non mi spaventano due animaletti.» Dichiarò il ragazzo.
«Ma non abbiamo gli attrezzi e i servi non sanno niente di giardinaggio.» Gli fece notare l’uomo con l’occhio cieco.
«E i frutteti e i giardini circostanti la tenuta?»
«Sono i contadini che se ne occupano. Noi ci limitiamo ad amministrare loro».
«Perfetto. Chiamate loro, metteteli sotto al mio comando e riporterò il giardino alla sua gloria passata, se non di più».
«Ma le piante sono lì da anni. Non puoi sradicarle e portarle via per piantarne altre. La stagione della semina è già passata da un pezzo».
«Coltivare i campi e aver cura di un giardino sono due cose completamente diverse, zio. Fidatevi di me, vedrete che ci riuscirò».
L’uomo si sporse verso di lui, sulla scrivania. Lo guardò a lungo negli occhi verdi scuri, prima di dire: «Ne sei certo?»
«Sì».
«E come pensi di giostrarteli, sentiamo.» Fece mettendosi di nuovo a sedere. Le mani intrecciate sotto al mento.
«Giostrarmeli?» Domandò il nipote accigliandosi. Non aveva mai sentito quella parola prima di allora. E le uniche giostre che gli venivano in mente erano quelle di alcuni tornei che si tenevano ancora ogni tanto a Trento durante le occasioni di festa.
«Sì, gestirteli. Vorranno essere pagati per i loro servigi, non credi?» Il ragazzo restò senza parole e senza idee. In effetti quello era un problema che non aveva considerato. Non aveva affatto pensato che i contadini avrebbero lavorato per denaro invece che per amore delle piante. Come non avrebbe neanche saputo come pagarli. Era un bel problema. Incrociò le braccia e cominciò a riflettere, distogliendo lo sguardo dal parente. Il quale, dal canto suo lo fissò a lungo prima di venire in suo soccorso: «Non riesci a pensare a niente se non a quel giardino, vero? Oh, e io che speravo di affidare a te la gestione di questa magione. Che sciocco illuso che sono. Tale e quale a tuo padre. Va bene. Manderò una lettera al marchese dove gli esporrò la tua richiesta.» Ciò detto aprì un cassetto dal quale estrasse un foglio di pergamena e intinse la penna nella boccetta d’inchiostro.
«Marchese?» Ripeté Agostino, aggrottando nuovamente la fronte.
«Sì.» Fece lo zio, guardandolo come a dire: non dirmi che non lo sapevi, «Questo castello è stato acquistato da un ricco marchese veneziano dieci anni fa. Io lo servo da quindici. Non rifiuterà la tua richiesta se formulata in modo diverso».
La stretta delle braccia di lui si sciolse e l’espressione sul suo viso divenne di puro stupore.
«Grazie, zio!» Esclamò il giovane, sorridendo.
«Aspetta a dirlo. Non ho ancora scritto niente.» Lo redarguì bonario lo zio prima di cominciare a cercare una pergamena pulita in mezzo al mucchio di fogli che ingombravano la sua scrivania.
0 notes
emilyjenkinspennydredful · 8 years ago
Photo
Tumblr media
1860 - II. Un caso non come tutti gli altri: I Conford. Qualche giorno fa Padre McKenzie si è recato a casa nostra, con un ospite inatteso. Una donna sulla sessantina, con i capelli raccolti e dall’aria piuttosto agitata che si è presentata a noi come Madame Beth Conford. Voleva il nostro aiuto, dopo aver risolto il caso dello Squartatore, ci siamo farti una certa nomea in città, per cui è venuta a chiedere la nostra collaborazione sotto lauto compenso. Suo marito Andrew era scomparso da uno o due giorni circa, era andato alla Sala da gioco e non aveva più fatto ritorno. Le abbiamo posto qualche domanda riguardo suo marito, sui posti che frequentava generalmente, sulle compagnie e così via. Ogni più piccolo dettaglio poteva tornarci utili, così ci siamo mossi piuttosto in fretta. Dopo aver discorso tra di noi per qualche tempo e non senza i soliti problemi legati alle nostre diversità la Sala da Gioco era il posto ideale dalla quale cominciare. Ma, prima di muoverci veramente, siamo stati invitati a Casa Conford, su Fleet Street. Tra gli ospiti, certamente quella che catturava maggiormente l’attenzione era Madama Alexandra una signora con l’abilità di leggere le carte. Fatto piuttosto curioso ma credo fortemente che Madame Conford abbia cercato il sostegno nel sovrannaturale per ricercare il suo povero marito. In breve, ci siamo ritrovati coinvolti in una seduta spiritica, la prima alla quale partecipavo ma chiaramente mi sono guardata bene intorno, non ho mai pensato neppure per un minuto che questa donna avesse delle vere doti da medium. Ho controllato sotto il tavolo con blande scuse, un fazzoletto che cade, e cose di questo genere. Conosco benissimo il modus operandi dei ciarlatani e perciò mi sono concessa a questo genere di messa in scena assieme ai miei compagni. Le luci sono state spente, i nostri volti pallidi hanno vibrato della tenue luce delle candele. Abbiamo chiuso gli occhi, abbiamo messo le mani sul piccolo tavolo tondo. Potevo udire chiaramente i respiri di chi mi stava attorno e ho fatto in modo di tendere le orecchie il più possibile. Inizialmente, tutto sembrava come al solito, nulla di strano ma bizzarri rumori proveniente da lontano, hanno fatto intuire una presenza che si stava avvicinando poco alla volta. Rumori inquietanti, ammetto, se non avessi saputo che tutto era frutto di un elaborato gioco di collaboratori, sarei rimasta sconvolta. Ma chi saranno stati questi collaboratori: la servitù? La stessa Madama Alexandra? Improvvisamente, mi sentì sfiorare, leggeri tocchi, la mano, le spalle, i capelli soprattutto oltre a percepire un forte respiro alle mie spalle che – ahimè – mi fecero rizzare la pelle. Questo tipo di approccio era più veritiero di ogni altro e tra i respiri e gli affanni, una voce sussurrò qualcosa alle mie orecchie.
“Ucciso. Ucciso. Canon Street. E’ lì”. Poi tutto terminò, tanto che Beth svenne e la stessa Madama Alexandra parve spaventata. Mi concessi il dubbio, era stato tutto molto realistico, forse anche troppo ma avevamo un indirizzo. Un indizio forse. Questo fatto ci ha portato a parlare per molto tempo, Mr. Warren è piuttosto scettico sulla faccenda, così come Quentin ma Padre McKenzie pare avere i miei stessi dubbi a riguardo. Comunque, per il resto della giornata abbiamo raccolto più informazioni possibili. Abbiamo parlato con il signor Nicholas Blant, che era presente la sera della sua scomparsa. Pare che il Mr. Conford amasse giocare ai giochi d’azzardo e anche circondarsi di ragazze piuttosto giovani. Quella sera infatti, Mr. Blant lo aveva visto andare via con una di queste fantomatiche ragazze, Ellie. Invero, vicino alla Sala da Gioco, abbiamo scoperto esserci un bordello chiamato “Da Rose”. Ci siamo diretti subito al postribolo, certamente non il posto adatto ad una signorina ma non è un luogo che purtroppo mi è oscuro. Una volta entrati lì dentro, ci siamo separati per indagare, io ho pagato per poter parlare con una ragazza di nome Ellie. Ci siamo appartate e in breve abbiamo iniziato subito a discorrere. Mi ha riconosciuto, sa chi sono e questo all’inizio mi ha spaventato ma mi ha fatto intendere che non voleva in alcuna maniera rivelarlo a nessuno e che sarebbe stata ben disposta a parlare con me, per complicità credo. La fanciulla ha confutato ciò che già sapevamo, perciò ci siamo diretti all’indirizzo fornito durante la seduta spiritica. Non avendo nulla da perdere, avevamo deciso di seguire tutte le piste possibili. Siamo giunti fino ad un incrocio vicino al ponte, solo un barbone coperto di stracci pareva essere l’unico a cui poter chiedere qualcosa. Era ancora vagamente alticcio dalla notte precedente, gli ho comprato del pane caldo e ho fatto qualche domanda a riguardo di un possibile rapimento, di un uomo scomparso e così via. Ci ha fornito dettagli ben poco rassicuranti. La notte precedente intorno alle undici e mezzo, sitava da solo presso il ponte. Ha visto Andrew che veniva portato via in carrozza, verso l’unica strada che portava dritta fino al fiume. Una zona piuttosto famosa, c’erano numerose capanne sul fiume, ci abitavano pescatori o altri barboni. Ci siamo diretti fino a lì, abbiamo preso una barca e ci siamo diretti verso la zona interessata, perlustrando con calma i margini. Arthur – il cane di Quentin – ad un certo punto è apparso terrorizzato e si lanciato in acqua per raggiungere la sponda dalla quale eravamo giunti. Continuava ad abbaiare, era come se ci stesse mettendo in guardia, ma sapendo ciò che avvenne, è chiaro come il sole che l’animale aveva già capito tutto quanto. Giunti dall’altra parte, trovammo una casetta apparentemente vuota. Non vi era nessuno intorno. Ci abbiamo messo poco ad entrare, ma quello che ci è apparso davanti agli occhi non è una di quelle cose che si vedono tutti i giorni. La stanza era piccola e fatiscente e sul pavimento, un uomo seduto a terra, nudo, legato con i polsi distesi quasi a richiamare una scena biblica, giaceva. Era morto ed era Andrew Conford. Lo avevamo trovato e con quello noi adempivamo al caso: infatti, il nostro obiettivo era quello di ritrovarlo. Vi era un lezzo terribile, ho portato sul volto un fazzoletto ricamato pur di non sentire tale fetore ma era un odore che io conoscevo già. Analizzando il corpo, è parso chiaro che fosse stato completamente dissanguato e che quindi questa fosse la causa della sua morte così come era abbastanza palese che fosse morto altrove e che fosse stato portato lì in un secondo momento dato che non vi era traccia di sangue da nessuna parte. C’è un forte richiamo al Cristo in Croce. Quentin e Mr. Warren poco dopo sono andati a chiamare Mr. Vincent Howard, il capo di Scotland Yard mentre io e Padre Mckenzie siamo rimasti lì a perlustrare la zona e a cercare qualche altro possibile indizio. Non ci misero poi troppo tempo, Mr. Howard giunse in compagnia del medico legale, tale Thomas Bond che non avevo mai avuto l’onore di conoscere. Dopo aver scambiato qualche parola con loro, e dopo che il medico legale, confutò ciò che Quentin aveva già scoperto, ci siamo congedati da loro. Abbiamo cercato persino di avvertire la vedova, ma la polizia è arrivata prima di noi. Per il resto, è uno di quei casi che al momento non posso definire davvero chiusi. Un omicidio come questo, così particolare, con questo rituale, non può che essere la punta dell’iceberg di qualcosa di ancora più grande. Perciò mi chiedo: quale la vera causa della morte di Andrew Conford? Chi sono gli assassini? Perché mi pare abbastanza chiaro che una sola persona non possa fare tutto questo, a meno che non sia infinitamente ricca e con numerose braccia pagate con i propri soldi.
0 notes
paoloxl · 8 years ago
Link
Ok Ok è morto, acciaccato da un motorino dei “vigilantes urbani”, ma se l'è pure andata a cercare. Ma non lo sanno, 'st'ambulanti, che vendere per strada è contro la legge, e contro i commercianti, e contro gli affari puliti, il profitto legale? Ma non lo sanno, 'sti negri, che questo è degrado, come quegli altri criminali di turisti poveri che osano mangiare sulle scale di un monumento e lavarsi le mani ad un nasone, o quei cenciosi di mendicanti che oltrepassano i quartieri loro destinati e si “allargano” al centro, al fianco di qualche vetrina vip o di qualche basilica? E no, non si può andare avanti così. Ci vuole un po' d'ordine, di pulizia ( chiudendo un occhio su qualche corruttela!). Pure a Milano l'hanno capito: le città devono tornare a splendere di vetrine e lussi, spianando o deportando tutte le povertà, le diversità, le difficoltà. In modo da acchiappare due piccioncini con una fava: mangiano i bottegai e godono i turisti ricchi. Certo, resta qualche buca, un po' di traffico e d'inquinamento......ma sapete, le metropoli sono tutte cosi'. E andiamo, non se ne può più! Non riesci a camminare co' tutti sti lenzuoli pieni di borse ai margini delle strade, vendute ad un decimo del loro prezzo vero. Pensate, borse firmate da 400-500 euro vendute, al nero (un po' come gli ambulanti) a 20-30 euro. Uguali! Magari costruite sempre da loro, negri, asiatici, cinesi e cinesini......sapete com'è per via delle manine piccole che assemblano meglio. Uguali ma vendute a prezzo diversissimo, ma soprattutto, fuorilegge! E dai, le regole vanno rispettate! E poi, bisogna pure accontentarsi! Questi già vengono in Italia in tanti, in troppi. Mo' vogliono pure vendere sottobanco, e guadagnare! Vuoi vedere che pretendono di vivere? Certo, qualcuno si perde nel “mare mortum”, affogando, pure donne e bambini. Spiace per i bambini, ma il troppo è troppo, e se qualcuno si perde per strada, o in acqua.......... Adesso pure 'sto Mia, Miam, Niang, come si chiamava? Questi si chiamano tutti uguali! S'è sentito male, i suoi amici dicono che è stato investito..... ..........va be', è morto d'infarto. Certo, tutte le morti dispiacciono, però.......se non fosse stato li........ 'Nzomma, quando te la vai a cercare........ ........trovi la legge, e la morte! ONORE A NIANG, LAVORATORE SENEGALESE MORTO PERCHE VOLEVA, SENZA RIUSCIRCI, SOPRAVVIVERE.
Pino ferroviere
6 notes · View notes