#Oggetti crudeli
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oggi, 29 novembre, a roma: "oggetti crudeli", incontro @ spazio pagliarani
cliccare per ingrandire chi fosse impossibilitato a venire in biblioteca può assistere tramite questo link : http://meet.google.com/zgd-upmg-nze _
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#Biblioteca Pagliarani#Cetta Petrollo#Cinzia Marulli#Elisa Davoglio#Florinda Fusco#Gabriella Musetti#incontro#Laura Accerboni#Lia Pagliarani#Loredana Magazzeni#Oggetti crudeli#Sara Ventroni#seminario#Spazio Pagliarani
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Conoscevate la storia di Medusa? L’eroina greca punita per essere nata donna! Medusa ci viene sempre descritta come un orribile mostro capace con un solo sguardo di trasformare gli uomini in pietra. Ma c'è una parte della sua storia che non è mai stata raccontata.
Medusa era una giovane che aveva un’unica colpa: essere nata donna ed essere bella. Il dio Poseidone si innamora di lei, vuole possederla a tutti i costi, vuole farla sua. È convinto che amare significhi «possedere». E che l’amore possa essere imposto. Disperata, Medusa fugge nel tempio di Atena in cerca di protezione, ma non basta a salvarla. Poseidone la prende contro la sua forza. E in quel momento accade una cosa. Atena invece di punire Poseidone, punisce Medusa. Perché la «colpa» è sempre della donna. La trasforma in un mostro.
Così Medusa fu esiliata e condannata a vivere sola, odiata e temuta da tutti. Allontanata come simbolo vivente della sua eterna vergogna. Ma la storia di Medusa non finisce qui. Era rimasta incinta di Poseidone, così Atena ordinò al giovane Perseo di ucciderla. Ed è questo che fece l’eroe: le tagliò la testa, decapitandola. E poi offrì la sua testa in omaggio ad Atena, che la usò come ornamento del suo scudo. E lei, Medusa, la vittima di tutti, di uomini prepotenti e di donne crudeli, fu sempre descritta come un mostro.
Il destino di Medusa è il destino di quelle donne che non hanno voluto piegarsi e per questo sono state oppresse e tormentate da una società che ha visto nelle donne soltanto degli oggetti. Delle cose. Ma Medusa è anche vittima di quella cosa che si chiama «perbenismo» o «indifferenza», e di quell’altra cosa che ha la pretesa di chiamarsi «amore» senza sapere nulla dell’amore. Perché l’amore significa avere cura. L'amore non bisogna implorarlo e nemmeno pretenderlo. Un giorno si capirà che una donna che dice «no» non è frigida e una donna che dice «sì» non è «una poco di buono.» Che lasciare ed essere lasciati non sono cose che dovrebbero fare paura.
E allora ricordiamo Medusa, e rendiamole giustizia, a lei e a tutte le donne messe a tacere dalla prepotenza di oggi e di ieri.
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Conoscevate la storia di Medusa? L’eroina greca punita per essere nata donna! Medusa ci viene sempre descritta come un orribile mostro capace con un solo sguardo di trasformare gli uomini in pietra. Ma c'è una parte della sua storia che non è mai stata raccontata.
Medusa era una giovane che aveva un’unica colpa: essere nata donna ed essere bella. Il dio Poseidone si innamora di lei, vuole possederla a tutti i costi, vuole farla sua. È convinto che amare significhi «possedere». E che l’amore possa essere imposto. Disperata, Medusa fugge nel tempio di Atena in cerca di protezione, ma non basta a salvarla. Poseidone la prende contro la sua forza. E in quel momento accade una cosa. Atena invece di punire Poseidone, punisce Medusa. Perché la «colpa» è sempre della donna. La trasforma in un mostro.
Così Medusa fu esiliata e condannata a vivere sola, odiata e temuta da tutti. Allontanata come simbolo vivente della sua eterna vergogna. Ma la storia di Medusa non finisce qui. Era rimasta incinta di Poseidone, così Atena ordinò al giovane Perseo di ucciderla. Ed è questo che fece l’eroe: le tagliò la testa, decapitandola. E poi offrì la sua testa in omaggio ad Atena, che la usò come ornamento del suo scudo. E lei, Medusa, la vittima di tutti, di uomini prepotenti e di donne crudeli, fu sempre descritta come un mostro.
Il destino di Medusa è il destino di quelle donne che non hanno voluto piegarsi e per questo sono state oppresse e tormentate da una società che ha visto nelle donne soltanto degli oggetti. Delle cose. Ma Medusa è anche vittima di quella cosa che si chiama «perbenismo» o «indifferenza», e di quell’altra cosa che ha la pretesa di chiamarsi «amore» senza sapere nulla dell’amore. Perché l’amore significa avere cura. L'amore non bisogna implorarlo e nemmeno pretenderlo. Un giorno si capirà che una donna che dice «no» non è frigida e una donna che dice «sì» non è «una poco di buono.» Che lasciare ed essere lasciati non sono cose che dovrebbero fare paura.
E allora ricordiamo Medusa, e rendiamole giustizia, a lei e a tutte le donne messe a tacere dalla prepotenza di oggi e di ieri.
Guendalina Middei, anche se voi mi conoscete come Professor X (➡️ Ai nuovi lettori: se vi piace ciò che scrivo, è uscito «Innamorarsi di Anna Karenina il sabato sera» che ho scritto per farvi innamorare della letteratura cosi come me ne sono innamorata io. Potete leggerne un estratto gratuito qui: https://www.amazon.it/innamorarsi-Karenina-leggere-classici-lezioni/dp/8807174359
#donne #vita #mitologia
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Le case perfette sono solo quelle vuote. Aria, luce, spazio; niente che cadendo possa far rumore o andare in frantumi, l'eco lieve dei propri passi o di una parola pronunciata, ata. Sedersi per terra a leggere un libro, l'odore dei muri, nessun nascondiglio per gli insetti, pochi appigli per gli acari della polvere e per la marcescenza che affligge le cose. Solo un letto per dormire, forse un apparecchio per la musica, il fuoco utile a metter su la moka per il caffè. Avete mai letto un romanzo dove la gente perde il suo tempo a lavare i piatti e riordinare la cucina? Io sì, ma non erano romanzi memorabili. Andiamo a mangiare fuori, la sera, di giorno trangugiamo frutta oleosa e verdure crude. «Andiamo!», penso, al plurale: e lo dico a me stesso. Ma questa è già una fuga verso il prossimo post, che non è questo. Volevo solo mandare a fanculo i mobili, gli oggetti, l'accumulo consumistico e altre cose che occupano abusivamente il suolo domestico, in questo spazio, inteso come testo, stanza per contenere le parole.
Un raggio di sole entra dalla finestra senza tende e si spande sul pavimento, libero, senza trovare ostacoli o altre modifiche di percorso. «Andiamo!», dice nelle retrovie un altro raggio di sole, il più temerario al suo compagno più timido. Poi entrano, anche loro, nella stanza vuota, ota.
Vilhelm Hammershøi Sunbeams; Dust Motes Dancing in the Sunbeams 1900 oil on canvas
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Scheletri di 2.500 anni con le gambe mozzate potrebbero appartenere alle élite che ricevettero punizioni "crudeli" nell'antica Cina Scheletri antichi con gambe mozzate in Cina Due antichi scheletri con le gambe amputate appartenenti a élite secolari potrebbero svelare metodi punitivi brutali nell’antica Cina, secondo uno studio recente. Metodo di punizione “yue” La scoperta di scheletri con gambe mozzate fornisce dettagli sul metodo di punizione chiamato “yue” nell’antica Cina, evidenziando la crudele realtà del sistema penale di allora, secondo i ricercatori. Disaccordi sul motivo dell’amputazione Alcuni esperti ritengono che le amputazioni potrebbero aver avuto motivazioni diverse dalla punizione con lo “yue” e non tutti concordano su questa interpretazione. Scoperte nel cimitero antico Gli scheletri, ritrovati con oggetti di epoca
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Nel novembre del 1972, Nathan Lerner, un fotografo e designer che viveva a Chicago, aprì la porta della camera in 851 Webster Avenue in cui era vissuto per quarant’anni il suo inquilino Henry Darger. […] Non era stato facile farsi strada fra i mucchi di oggetti di ogni genere (gomitoli di spago, bottigliette vuote di bismuto, ritagli di giornale); ma, accatastati in un angolo su un vecchio baule, vi erano una quindicina di volumi dattiloscritti rilegati a mano che contenevano una sorta di romance di quasi trentamila pagine, dal titolo eloquente In the Realms of the Unreal. Come spiega il frontespizio, si tratta della storia di sette bambine (le Vivian girls), che guidano la rivolta contro i crudeli adulti Glandolinians, che schiavizzano, torturano, strangolano e sventrano le fanciulle. Più sorprendente ancora, fu rendersi conto che il solitario inquilino era anche un pittore, che per quarant’anni aveva pazientemente illustrato in decine e decine di acquarelli e pannelli cartacei lunghi a volte fino a tre metri il suo romanzo. […]
Quel che ci interessa in modo particolare è il geniale procedimento compositivo di Darger. Poiché non sapeva dipingere né tanto meno disegnare, egli ritaglia immagini di bambine da album di fumetti o da giornali e le ricalca con una velina. Se l’immagine è troppo piccola, la fotografa e la fa ingrandire secondo i suoi bisogni. L’artista viene così a disporre alla fine di un repertorio formulare e gestuale (variazioni seriali di una Pathosformel che possiamo chiamare nympha dargeriana) che può combinare come vuole (attraverso collage o ricalco) nei suoi grandi pannelli. Darger rappresenta, cioè, il caso estremo di una composizione artistica unicamente per Pathosformeln, che produce un effetto di straordinaria modernità. […]
Come ogni vero artista, egli non voleva però semplicemente costruire l’immagine di un corpo, ma un corpo per l’immagine.
La sua opera, come la sua vita, è un campo di battaglia il cui oggetto è la Pathosformel “ninfa dargeriana”. Essa è stata ridotta in schiavitù dai malvagi adulti (spesso rappresentati in veste di professori, con toga e berretto). Le immagini di chi è fatta la nostra memoria tendono, cioè, nel corso della loro trasmissione storica (collettiva o individuale), incessantemente a irrigidirsi in spettri e si tratta appunto di restituirle alla vita. Le immagini sono vive, ma, essendo fatte di tempo e di memoria, la loro vita è sempre già Nachleben, sopravvivenza, è sempre già minacciata e in atto di assumere una forma spettrale. Liberare le immagini dal loro destino spettrale è il compito che tanto Darger che Warburg - al limite di un essenziale rischio psichico - affidano l’uno al suo interminabile romanzo, l’altro alla sua scienza senza nome.
Giorgio Agamben
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Quando gli oggetti del pensiero svaniscono, il soggetto pensante svanisce, poiché quando la mente sparisce, gli oggetti svaniscono. Le cose sono oggetti a causa del soggetto; la mente è tale a causa delle cose. Comprendi la relatività di questi due e la realtà basilare: l'unità della vacuità. In questo Vuoto i due sono indistinguibili e ognuno di essi contiene in sé il mondo intero. Se non fai differenza tra il grezzo e il fine non sarai tentato al pregiudizio e all'opinione.
Sosan Hsin Hsin Ming
art by Christian Schloe -
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When the objects of thought vanish, the thinking subject vanishes, for when the mind disappears, the objects vanish. Things are objects because of the subject; mind is mind because of things. Understand the relativity of these two and the basic reality: the unity of emptiness. In this Void the two are indistinguishable and each of them contains within itself the whole world. If you do not differentiate between the crude and the end you will not be tempted to prejudice and opinion.
Sosan Hsin Hsin Ming
art by Christian Schloe -
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The Mercy Seat
LA SEDIA DELLA MISERICORDIA
Cominciò quando vennero a prendermi a casa
E mi portarono al braccio della morte
Eppure sono quasi completamente innocente, sai
E lo voglio ripetere ancora
Non… ho… paura… di… morire
Ho cominciato a provare caldo e freddo
Davanti agli oggetti e ai loro contorni
Una tazza sbreccata, un panno attorcigliato
Il volto di Gesù nella zuppa
Quelle cene sinistre
Le crudeli ruote del carrello dei pasti
Un osso curvo che spunta dal cibo
Ogni cosa buona o cattiva
E il trono della misericordia attende
E credo che la mia testa bruci
E in un certo senso ho una gran voglia
Di farla finita con questa prova della verità
Occhio per occhio
Dente per dente
E comunque ho detto la verità
E non ho paura di morire
Interpreto i segni e li classifico
Un dente annerito, una nebbia scarlatta
I muri sono spaventosi. Neri. Degni di un tugurio
Sono il respiro malato dietro di me
Sono il respiro malato dietro di me
Sono il respiro malato dietro di me
Sono il respiro malato che cresce dietro di me
Dalla sala giungono racconti
Dicono che Cristo sia nato in una mangiatoia
E che, come un pezzente senza nome
Sia morto sulla croce
E vorrei dire che in un certo senso fu inevitabile
Di mestiere faceva il falegname
O almeno così mi è stato detto
Una delle mie mani è buona
Ho tatuato M.A.L.E. sul pugno di suo fratello
Quelle cinque dita schifose!
Non han fatto nulla per lottare o resistere
Nei cieli il Suo trono è fatto d'oro
E l'arca del Suo testamento è ben custodita
Da quel trono, mi è stato detto
Discende tutta la storia
Quaggiù ci sono soltanto legno e cavi
E il mio corpo va a fuoco
E Dio non è mai lontano
Al trono di misericordia io ascendo
La testa è rasata, la testa è piena di fili
E come una falena che cerca di penetrare
L'occhio luminoso
Esco dibattendomi dalla vita
Solo per nascondermi un poco nella morte
E comunque non ho mai mentito
La mia mano assassina si chiama M.A.L.E.
Porta una fascia nuziale che è B.E.N.E.
Sono i ceppi dell'eterna sofferenza
Che incatenano tutto quel sangue ribelle
E il trono della misericordia attende
E credo che la mia testa bruci
E in un certo senso ho una gran voglia
Di farla finita con questa prova della verità
Occhio per occhio
Dente per dente
E comunque ho detto la verità
E non ho paura di morire
E il trono della misericordia attende
E credo che la mia testa sia incandescente
E in un certo senso spero
Di farla finita con questo esame della verità
Occhio per occhio
Dente per dente
E non ho più niente da perdere
E non ho paura di morire
E il trono di misericordia è incandescente
E credo che la mia testa fumi
E in un certo senso spero
Di farla finita con questi sguardi stupiti
Occhio per occhio
Dente per dente
E comunque non c'erano prove
E nemmeno un movente
E il trono di misericordia fuma
E credo che la mia testa si stia sciogliendo
E in certo senso contribuisco
A farla finita con questa distorsione della verità
Menzogna per menzogna
Verità per verità
E non ho più niente da perdere
E non ho paura di morire
E il trono di misericordia si sta sciogliendo
E credo che la mia testa stia bollendo
E in un certo senso sto rovinando
Tutto il piacere di questa verità e tutto il resto
Occhio per occhio
Dente per dente
E comunque ho detto la verità
E non ho paura di morire
E il trono di misericordia attende
E credo che la mia testa bruci
E in un certo senso ho una gran voglia
Di farla finita con questa prova della verità
Vita per vita
Verità per verità
E comunque non c'erano prove
Ma non ho paura di mentire
E il trono di misericordia attende
E credo che la mia testa bruci
E in un certo senso ho una gran voglia
Di farla finita con questa prova della verità
Occhio per occhio
Dente per dente
E comunque ho detto la verità
Ma ho paura di avere mentito
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Minacce di morte, dunque. Ed è interessante notare come queste minacce si accompagnino alla negazione dell’identità dei prigionieri. In verità tutto ciò potrebbe avere una spiegazione scientifica: questi uomini crudeli sembrano incapaci di empatia, paiono cioè incapaci di identificare ciò che qualcun altro sta pensando o provando, sono incapaci di riconoscimento e di risposta a quei pensieri e sentimenti con un’emozione corrispondente (che è la risposta empatica). Si pensi infatti ai funzionari in posizione apicale e a quelli cosiddetti «intermedi», che assistono alle torture senza intervenire, senza far nulla per farle cessare, senza dare conforto alle vittime.
Molti di loro, inoltre, quelli che agirono attivamente sulle vittime, paiono in preda alla cosiddetta Schadenfreunde, parola tedesca che indica la capacità di provare soddisfazione per il dolore altrui.
Ora, sebbene esista in letteratura un’apprezzabile quantità di studi che ha affrontato il problema (si pensi a L’io e il tu di Martin Buber, per il quale gli esseri umani si mettono in relazione con gli altri per usarli come oggetti, svalutandoli appunto, e trattandoli come cose; alla Banalità del male di Hannah Arendt, che cercò di indagare la natura della mente del criminale nazista), sembra davvero improbabile che gli uomini in divisa che operarono a Bolzaneto fossero affetti da sindromi psichiatriche psicopatologiche. Tuttavia, per fare quel che fecero, in loro dovette necessariamente spegnersi il circuito cerebrale dell’empatia.
Ora, poiché questo spegnimento, secondo studi recenti, dipende dagli effetti che l’ambiente determina nel funzionamento dell’amigdala, cioè una delle regioni cerebrali che reagiscono a situazioni estreme di stress e minacce con una sorta di assuefazione, si aprono interrogativi inquietanti sull’ambiente di formazione degli uomini dello Stato, cioè su cosa accada nelle scuole di polizia, su come questi uomini siano istruiti, su quali siano le modalità e i meccanismi di formazione dei percorsi mentali di giovani uomini addestrati a difendere le istituzioni. Man mano che esaminiamo gli eventi, e la molteplicità delle condotte di crudeltà gratuita e di inflizione delle umiliazioni e delle mortificazioni della dignità delle vittime, questi interrogativi aumentano.
Roberto Settembre - Gridavano e piangevano. La tortura in Italia: ciò che ci insegna Bolzaneto
mega.nz/file/cSpi1I4L#bnduL4O5fboKYQkelZ1yV6s77BsotKprmyEsmRYUgoY
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I paesi e i tempi dei più atroci supplicii furon sempre quelli delle più sanguinose ed inumane azioni, poiché il medesimo spirito di ferocia che guidava la mano del legislatore, reggeva quella del parricida e del sicario. Sul trono dettava leggi di ferro ad anime atroci di schiavi, che ubbidivano. Nella privata oscurità stimolava ad immolare i tiranni per crearne di nuovi. A misura che i supplicii diventano più crudeli, gli animi umani, che come i fluidi si mettono sempre a livello cogli oggetti che li circondano, s’incalliscono, e la forza sempre viva delle passioni fa che, dopo cent’anni di crudeli supplicii, la ruota spaventi tanto quanto prima la prigionia. […] Tutto il di più è dunque superfluo e perciò tirannico”
-CESARE BECCARIA, Dei Delitti e delle Pene–
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“Che m’aspetti il futuro!”. Per i 90 anni di Amelia Rosselli
Amelia Rosselli ha compiuto ieri, 28 marzo, 90 anni nel, silenzio. La più grande poetessa italiana del Novecento, come viene ormai riconosciuta e come è stata definita da Pasolini, che l’ha scoperta. Forse non tutti sanno che la Rosselli è stata concepita alle Isole Eolie, a Lipari, durante il confino politico del padre antifascista Carlo, recluso nell’isola insieme al fratello Nello, per aver organizzato, con Ferruccio Parri e altri attivisti, l’espatrio degli antifascisti Turati e Pertini in Francia.
La madre di Amelia, l’inglese Marion Cave, aveva raggiunto l’isola col figlio più grande, John, per stare accanto al suo Carlo. È nei giorni di confino a Lipari, dunque, che ha avuto inizio la tormentata storia di Amelia Rosselli, che alla tenera età di sette anni perderà il padre e lo zio, a causa dell’assassinio ordinato da Mussolini; a 19 anni perderà la madre e anni dopo l’amato Rocco Scotellaro. La Rosselli si porterà dietro per tutta la vita queste ferite, fino a farne bandiere della sua poesia. Le verrà diagnosticata una schizofrenia paranoide che non vorrà mai accettare. Vivrà divisa tra le ossessioni, gli smarrimenti, le voci, le fascinazioni per le sedute spiritiche e l’I-Ching, la paura di essere spiata dalla CIA, fino al suo suicidio a Roma nel 1996, l’11 febbraio, proprio come Sylvia Plath, amata poetessa che aveva tradotto. Si gettò dalla finestra del suo appartamento romano, dal quinto piano di un palazzo in via del Corallo, nei pressi di Piazza Navona.
Mi auguro che questo virus non silenzi i poeti, ma li renda megafoni dei nostri cuori. Ricordiamo Amelia con alcuni dei suoi canti, lei che era così intonata ai colori e non agli anniversari. (Luca Gaviani)
* Tutto il mondo è vedovo
Tutto il mondo è vedovo se è vero che tu cammini ancora tutto il mondo è vedovo se è vero! Tutto il mondo è vero se è vero che tu cammini ancora, tutto il mondo è vedovo se tu non muori! Tutto il mondo è mio se è vero che tu non sei vivo ma solo una lanterna per i miei occhi obliqui. Cieca rimasi dalla tua nascita e l’importanza del nuovo giorno non è che notte per la tua distanza. Cieca sono chè tu cammini ancora! Cieca sono che tu cammini e il mondo è vedovo e il mondo è cieco se tu cammini ancora aggrappato ai miei occhi celestiali.
(da Variazioni belliche, 1964) * Di sollievo in sollievo
Di sollievo in sollievo, le strisce bianche le carte bianche un sollievo, di passaggio in passaggio una bicicletta nuova con la candeggina che spruzza il cimitero.
Di sollievo in sollievo on la giacca bianca che sporge marroncino sull’abisso, credenza tatuaggi e telefoni in fila, mentre aspettando l’onorevole Rivulini mi sbottonavo. Di casa in casa
telegrafo, una bicicletta in più per favore se potete in qualche modo spingere. Di sollievo in sollievo spingete la mia bicicletta gialla, il mio fumare transitivi. Di sollievo in sollievo tutte
le carte sparse per terra o sul tavolo, lisce per credere che il futuro m’aspetta.
Che m’aspetti il futuro! Che m’aspetti che m’aspetti il futuro biblico nella sua grandezza, una sorte contorta non l’ho trovata facendo il giro delle macellerie.
(da Serie Ospedaliera, 1969)
* C’è come un dolore nella stanza
C’è come un dolore nella stanza, ed è superato in parte: ma vince il peso degli oggetti, il loro significare peso e perdita.
C’è come un rosso nell’albero, ma è l’arancione della base della lampada comprata in luoghi che non voglio ricordare perché anch’essi pesano.
Come nulla posso sapere della tua fame precise nel volere sono le stilizzate fontane può ben situarsi un rovescio d’un destino di uomini separati per obliquo rumore.
(da Documento. 1966-1973, 1976)
* I fiori vengono in dono e poi si dilatano una sorveglianza acuta li silenzia non stancarsi mai dei doni. Il mondo è un dente strappato non chiedetemi perché io oggi abbia tanti anni la pioggia è sterile. Puntando ai semi distrutti eri l’unione appassita che cercavo rubare il cuore d’un altro per poi servirsene. La speranza è un danno forse definitivo le monete risuonano crude nel marmo della mano. Convincevo il mostro ad appartarsi nelle stanze pulite d’un albergo immaginario v’erano nei boschi piccole vipere imbalsamate. Mi truccai a prete della poesia ma ero morta alla vita le viscere che si perdono in un tafferuglio ne muori spazzato via dalla scienza. Il mondo è sottile e piano: pochi elefanti vi girano, ottusi.
(da Documento. 1966-1973, 1976)
*In copertina: Amelia Rosselli in un ritratto di Dino Ignani
L'articolo “Che m’aspetti il futuro!”. Per i 90 anni di Amelia Rosselli proviene da Pangea.
from pangea.news https://ift.tt/2wLQRW7
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#Repost @principessa_lettrice (grazie!) ・・・ "Carnaio" di Giulio Cavalli, edito @fandangolibri . Cos'è? È un pugno nello stomaco, l'agghiacciante ritratto di una società che osserva i corpi di esseri umani disperati e vede oggetti, patate da gettare a mollo, un problema di cui non ci si vuole far carico. "Non è gente nostra, sono stranieri". Non è un libro che parla di immigrazione, è un racconto denso dell'indifferenza di chi ha perso l'umanità. Suona familiare? Sì. Basterebbe farsi un giro per i social e assistere alla stessa disgustosa farsa da guitti che mettiamo in scena ogni giorno. Proseguendo con la narrazione, si raggiunge l'assurdo, quasi, il grottesco. Pagina dopo pagina, immagini crude e violente ti vengono sbattute in faccia con la veemenza di uno schiaffo. Verso la fine, ho avuto qualche cedimento. È un libro necessario, vero, che tutti dovremmo leggere. Una scoperta, per me. ~ ~ ~ #fandango #fandangolibri #carnaio #giuliocavalli #bookblogger #bookstagrammer #booksofinstagram #instabooks #reader #writer #Palermo #siciliangirl #sicilia #italiangirl #italy #sicily #girlwithabook #breakfast #healthyfood #healthybreakfast #blueberry #matcha #matchatea #greentea https://www.instagram.com/p/B0fxcvNCwH5/?igshid=11fl4ih0eydno
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Intervista a Marie-France Hirigoyen – Il perverso distrugge con il sorriso
Molti anni di colloqui con persone psicologicamente disturbate la portarono a capire l’errore: “lo psicoanalista considera solo cosa accade nella testa di un individuo e se questo si lascia aggredire mentalmente è un complice masochista. Ma non è certo, c’è un aggressore reale che lo ha fatto a pezzi.” E avvisa: “Attenzione! con il pretesto della tolleranza diventiamo indulgenti“.
Di questi tempi in cui il più ammirato è colui che sa sfruttare di più e soffrire meno proliferano i perversi, persone senza scrupoli che si fanno grandi distruggendo gli altri. Individui avidi di approvazione e ammirazione, manipolatori nati che prima seducono e poi vampirizzano.”seguite il mio consiglio: allontanatelo dalla vostra vista. Non c’è altra soluzione“.
E’ possibile distruggere qualcuno solo con le parole?
Si, con sarcasmo, sguardi, insinuazioni, dicerie e derisione; è questo ciò che si chiama molestia morale e si ha in famiglia, sul lavoro e nella coppia.
Chi sono i manipolatori?
I manipolatori sono persone che vogliono il controllo e che non hanno scrupoli ad utilizzare gli altri, che per loro non sono che oggetti.
E come sono le vittime?
Sono persone che provano compassione per gli altri e che sono molto dinamiche. Poco a poco perdono il proprio dinamismo e entrano in confusione e destabilizzazione non capendo il comportamento del perverso.
I manipolatori usano i deboli?
No, le loro vittime hanno spesso una forte personalità e sono intelligenti; per questo restano intrappolate nella rete del gioco del perverso che gode nel distruggere moralmente.
Perverso si nasce o si diventa?
Spesso sono persone che durante l’infanzia sono state trattare come oggetti: o molto maltrattati o molto idolatrati dalla loro madre.
Sono malati?
No, quando hanno una vittima su cui scaricare la propria perversione sono perfettamente equilibrati.
Sono felici?
Sono crudeli, non hanno emozioni, gli interessa solo l’apparenza e dentro non hanno niente. Hanno bisogno degli altri.
Come vampiri?
Esatto, prendono la vita, la forza e l’allegria degli altri perchè loro stessi non sono felici, né capaci di cavarsela.
Come procede un manipolatore?
Con la diistruzione sistematica dell’altra persona per un lungo periodo attraverso fraintendimenti, allusioni, disprezzo, discredito..una sottile strategia per confondere gli altri e se l’altro si lamenta il manipolatore lo accusa di essere suscettibile. Negano sempre il conflitto. Se non c’è colpa non c’è sofferenza.
Perché si cade nella loro rete?
Oltre ad essere molto seduttivi, si mostrano deboli, sensibili e bisognosi e noi ci sacrifichiamo per aiutarli. Utilizzano abilmente il linguaggio per confondere l’altro. Come? Danno messaggi contraddittori, pieni di insinuazioni e non finiscono le frasi, in modo che l’altro non è mai sicuro di quello che provano. Spesso mentono.
Sono coscienti?
No, fanno così per sopravvivere, perchè hanno l’impressione di essere in pericolo. Ma sanno quando superano il limite. Non usano mai un comportamento violento se si sentono osservati.
Sono invidiosi?
Molto, questo sentimento li fa andare avanti: la sensazione che l’altro possegga quello che loro non hanno. La loro intelligenza è strategica e distruggono col sorriso.
Hanno il senso dell’humor?
Sono molto sarcastici e possono essere molto acidi. Hanno paura del compromesso, di tutto ciò che può vincolarli ad altro: matrimonio, figli.. Temono di essere invasi.
Poveri, c’è una cura?
No, quando hanno una vittima non si deprimono e non hanno problemi di coscienza, così non vanno mai da uno psicoterapeuta.
Sono tenaci con le vittime?
Molto tenaci, gli interessa che la vittima resti vicino a loro perchè ne hanno bisogno. Se li lascia si sentono male, ma ne cercano subito un’altra.
Com’è la visione del mondo del manipolatore?
Gli interessa solo il controllo e il riconoscimento sociale, ma non lo fa notare, si lamenta spesso della vita e è molto negativo.
Se leggessero questa intervista si riconoscerebbero?
No, vedrebbero riflessi gli altri. Ma le persone che hanno intorno si li riconoscerebbero. Come si può sbarazzarsi di loro?
E’ molto difficile perché non abbandonano mai la loro vittima e quando se ne va la colpevolizzano.
Se è un inevitabile collega di lavoro, come conviverci?
Capendo che il suo comportamento è patologico e che non cambierà. Se non puoi evitarlo fai che tutti gli insulti e umiliazioni scivolino via. Non bisogna mai stare al loro gioco: aumenta la violenza. Il perverso pretende che la sua vittima diventi l’aggressore. Vuole invertire apparentemente la situazione e dimostrare che è l’altro il violento. Molto male! Altro piacere dei perversi è fare perdere alla vittima il senso morale.
Come si cura la vittima?
Normalmente c’è bisogno che un’altra persona le faccia vedere che tipo di relazione ha; che si liberi dal senso di colpa e recuperi la fiducia in se stessa. Il manipolatore le ha fatto sentire che non è nessuno, che è un’incompetente e le persone restano molto ferite nel loro amor proprio. Quindi se percepite azioni perverse denunciatele.
C’è bisogno di uno specialista?
Si, perché è molto importante mostrare alla vittima qual è il suo punto debole, quello che l’ha fatta cadere in mano al manipolatore.
Qual è di solito il punto debole?
Una mancanza di fiducia in se stesse per una ferita infantile. Il manipolatore è molto abile a percepire la fragilità dell’altro.
Come difendersi legalmente?
La cosa più importante è imparare a dire no e formare esperti che possano intervenire. Nel mondo lavorativo si deve creare una legge contro le molestie morali. IMA SANCHIS, La Vanguardia (traduzione dallo spagnolo a cura di Francesca)
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Bio
Thomas Sharpe è nato in crudeltà. Il matrimonio senza amore tra suo padre, James William Sharpe, e sua madre, Beatrice, era un matrimonio combinato, solo per affari. Le miniere della famiglia Sharpe sono operative dal momento in cui i Tudor sono saliti al trono e hanno reso gli Sharpe fornitori per la famiglia reale nel 1600. Le loro cave di argilla sono stati estratte in Cumbria e la piastrelle che ne sono state prodotte, sono le favorite in ogni casa ricca nel Regno. Nel 1863, un grande deposito di argilla più pura fu trovato in un pezzo di terra desolata. Un accordo è stato firmato che includeva la promessa di matrimonio tra JW, secondogenito della famiglia Sharpe, e la figlia maggiore della famiglia Chetwynde: Beatrice Alexandra. La sposa era di parecchi anni più vecchia di suo marito e oggetto di molti abusi. All'età di 30 anni, era considerata troppo vecchia per formare una famiglia e così parte della terra veniva con lei come dote. La nuova terra ha prodotto l'argilla più pregiata che la famiglia Sharpe abbia conosciuto e il prestigio della produzione di piastrelle è aumentato notevolmente. James Sharpe ha usato la fortuna della famiglia per espandere l'impero e costruire un'enorme linea di raccolta sotto la casa di famiglia, Crimson Peak - un mostro gotico che impiegò 15 anni per essere costruita intorno al 1783. Sharpe rese le miniere fertili, ma mantenne una vita sterile a casa. Ha abusato brutalmente di Beatrice e l'ha picchiata frequentemente. Tali colpi furono così violenti da romperle la tibia in due, cosa che l'ha costretta a camminare con un bastone e all'impegno di fare viaggi regolari per l'ospedale di riabilitazione a Londra per il resto dei suoi giorni. James e Beatrice hanno fatto l'amore solo due volte - ogni volta in modo brutale e risentito, al solo scopo di adempiere all'obbligo del lignaggio. La prima volta ha prodotto Lucille Sharpe. Thomas nacque pochi anni dopo, come prodotto del dovere genealogico. Sua madre partì per Londra non appena si fu svegliata di nuovo. Il suo compagno più vicino in questo mondo era sua sorella, Lucille, che sosteneva l'infanzia con lui. Ha protetto Thomas - ma i suoi affetti sono presto diventati malsani. Un'infermiera, Theresa, fu assunta per allevarla e prendersi cura dei bambini Sharpe durante l'assenza della madre. Segretamente, Lucille spesso dava da mangiare a suo fratello. Theresa rimase con la famiglia Sharpe per tre anni. Thomas è cresciuto protetto da entrambe le donne e spaventato mortalmente da un'altra, sua madre. Suo padre era un'ombra, un rumore; un uomo brutale, terrificante sia in sua presenza che in sua assenza. S opo una serie di punizioni crudeli, James finalmente strangolare Thomas fino alla sua morte, dicendo: "Tu sei morto La mia delusione è finita .." Thomas poi si è svegliato sempre con dolore e mal di testa. Tragicamente, il ragazzo amava profondamente suo padre e quando, raramente, veniva elogiato o accarezzato, era pieno di gioia. Lucille sopportò le punizioni di Lady Beatrice, una o due rapide con il bastone che le serviva per sostenere la gamba ferita, ma non poteva fare nulla per salvare Thomas dalla rabbia di suo padre. È stato anche assunto un tutor e una piccola aula è stata organizzata in soffitta sopra la biblioteca. Solo Thomas poteva essere ufficialmente istruito e alla Lucille fu permesso di osservare, ma dovette rimanere in silenzio. Thomas era piuttosto brillante e mostrava un grande talento artistico, specialmente per la scultura. Fabbricò giocattoli di legno per sua sorella: tagliò cavalli e pecore in legno scartato e usò cera di paraffina e cera per candele per scolpire volti di bambole preziose per lei. Hanno fatto giocattoli con tutto ciò che possedevano nelle vicinanze. La loro proprietà di famiglia, Allerdale Hall, era un posto intimidatorio: metà museo e metà palazzo. Danneggiare qualsiasi oggetto era peccato mortale, e Thomas, un giovane ragazzo, ha danneggiato alcuni oggetti. Ma la punizione cadde ancora su Lucille. Si è sempre presa la responsabilità e, col tempo, Thomas si è abituato. Ogni volta che Lucille era stata punita, lui la consolava automaticamente. Il contatto fisico era così forte e così desiderato che la punizione divenne parte di un ciclo di piacere. Tuttavia, si pentiva sempre delle lacrime di sua sorella, anche se lo svegliavano. Thomas era un ragazzo timido e introverso a cui non piacevano le attività degli uomini fisici. Il suo brutale padre lo ha visto effeminato e come una delusione per un figlio - cosa che ha reso Thomas tanto più esitante nel conquistare il suo favore. Con riluttanza accompagnò suo padre in battute di caccia per dimostrare il suo valore. Una notte, James fu distratto da una mandria di baccelli e lasciò Thomas nel campo di caccia nella foresta. Da solo, in mezzo alle paludi, Thomas era spaventato. Dopo che il fuoco si spense, provò paura e iniziò a camminare nella direzione in cui era andato suo padre. Camminava durante la parte migliore della notte, ma i suoi stivali non erano fatti per la vita all'aria aperta, e l'acqua torbida penetrava all'interno, sbucciava la pelle delicata del bambino. Thomas si tolse le scarpe e camminò scalzo, urlando di dolore mentre una spazzola spinosa gli strappava i piedi. Un gruppo di uomini finalmente lo trovò il giorno dopo a mezzogiorno, incosciente e assetato. Per una settimana, fu costretto a letto da una febbre alta. In quel momento, Lucille decise di tenere in custodia suo padre.
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Samuele Di Nicolò, Un altro fine settimana
E’ in radio dal 6 Maggio il nuovo singolo del cantautore Si riaffaccia sulla scena musicale con un nuovo progetto il cantautore marchigiano Samuele Di Nicolò, che presenta il nuovo singolo “Un altro fine settimana”, in radio da venerdì 6 Maggio. È un brano dalle sonorità rock - pop, con dei chiaroscuri che esaltano lo stato d'animo che ha generato la canzone stessa. La scrittura sincera e diretta, rispecchia lo stile dell’artista e trae ispirazione dalla vita vissuta: il testo descrive la fine di una relazione vista attraverso gli occhi di chi non ne ha ancora accettato del tutto l'epilogo; vengono citati oggetti e sensazioni destinate a svanire, mentre il sentimento, ancora vivo e concreto, porta l'artista alla ricerca ossessiva della “sua lei” in un sabato sera, durante il lockdown. Il brano affronta dunque l'ostinazione di un sentimento che fa fatica a morire e che ritrae quasi come un “fuorilegge” Samuele, che si ritrova a vagare solitario, durante il coprifuoco, pur di poter incrociare ancora una volta lo sguardo di lei.
Le sonorità crude e dirette hanno una matrice “rock cantautorale”, che preferisce una musica organica strumentale a dispetto di quella elettronica, scelte per rappresentare questo tormentato viaggio interiore. Gli arrangiamenti si prestano all’esecuzione “live”, tenendo però conto delle logiche radiofoniche e di struttura della tipica canzone pop moderna. “Un altro fine settimana”, scritto a quattro mani con Daniele Incicco, fa parte di un progetto più ampio, un intero nuovo disco/EP propedeutico al live tour in programma la prossima estate. Il videoclip scritto e diretto da Ivano Colombo, vede come protagonista Sara Cicolini sotto la direzione artistica di Daniele Incicco.
Samuele seppur giovanissimo, è considerato un cantautore versatile ed originale: il pensiero dell’artista è che bisogna essere veri e sinceri ed avere qualcosa da “comunicare”. Classe 1998, di Altidona (Comune di Fermo nelle Marche) nel 2013/14 e 2014/15 partecipa alla 56^ e 57^ edizione del “Festival di Castrocaro” arrivando in semifinale in entrambi gli anni. Nel 2014 pubblica il suo primo singolo e video “L’uomo del mondo” e a marzo 2015 arriva in finale al concorso canoro “Incanto Morciano”. Nello stesso anno esce il suo secondo singolo "Vuoi farti un giro con me", trasmesso su Radio 105 e Radio Montecarlo. Nel 2016 è tra i 60 finalisti nelle selezioni "Nuove Proposte" a “Sanremo Giovani” e arriva finalista anche nel 2018 al Premio “Pigro” Ivan Graziani. Partecipa alla prima edizione di “All Together Now” (2019) arrivando in semifinale e nello stesso anno pubblica il suo terzo singolo " Nella mia testa c'è una tempesta". Nel Luglio 2021 si classifica al primo posto nella categoria "Nuove Proposte" nel contest “Italian Stage Tour - Premio Fiuggi Sound” aggiudicandosi anche l’importante “Premio della Critica” ed infine a Novembre viene chiamato in qualità di ospite e si esibisce alla Milano Music Week. Il prossimo balzo on stage è in arrivo stay tuned!
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promemoria per il futuro: smettila di fasciarti la testa e dirti che nessuno ti ama e ti cerca, perché non è vero!
gli esseri umani commettono errori, a volte si interrompono l'un l'altro quando parlano a volte non ascoltano e si parlano sopra, ma non sempre per malizia e cattiveria!
devi smettere amica mia di pensare che siamo tutti inevitabilmente crudeli, gli esseri umani sono tutti uguali nel cercare di raccapezzarsi in questo mondo confuso e di sopravvivere e di vivere in un modo che dia loro senso e amano le cose belle e gli animaletti pelosi e carini e anche quelli meno carini e danno nomi alle cose, alle piante, agli oggetti, e si tengono per mano e hanno tantissimi modi per dire "ti amo" e la maggior parte di questi non sono neanche vocali.
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