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#OSCILLANTE
sarnisworld-blog · 1 year
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coolvieilledentelle · 8 months
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Un bon feu de cheminée....
Dans l’âtre de la maison, le bois se consume lentement, Éclatant dans la fleur rouge en gerbes ardentes, crépitant, Enfumant la cheminée, quand le frimas, de sa poudre glacée, Magnifie la nature de ses éclats éphémères d’épines gelées. Peu à peu les bûches deviennent des braises incandescentes, Alors que les flammes continuent de danser, effervescentes, Flammèches ondulées aux couleurs oscillantes, souffle chaud, Le feu, brûlant baiser, nous enveloppe de son doux manteau, Embrasant les rondins qu’il inonde de larmes jaunes bleutées, Les faisant rougir jusqu’à les rendre poussières grises cendrées, Présage de son dernier soupir, le foyer s’essouffle doucement, Finissant par mourir, emportant avec lui l’apaisant scintillement.​
Souricette
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autolesionistra · 1 year
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Se anagraficamente parlando siete nati dalle mie parti, c’è un’altissima probabilità che i vostri genitori tenessero stabilmente nel bagagliaio della macchina un plaid.
Plaid che tipicamente aveva lo spessore di una fetta di pane da toast e una palette di colori oscillante fra il beige sporco e il marrone spento con qualche rara concessione all’arancione, quel tipico range cromatico che applicato ai tessuti trasmette istantaneamente l’assenza di gioia di vivere.
Ravanando fra i ricordi della mia infanzia ho, sì, memorie di giocosi pic-nic o di svaccamenti al sole, ma non in numero tale da giustificare la presenza permanente di un plaid in baule (che fra l’altro impegna circa ¼ della capienza del bagagliaio di un’utilitaria media).
Fra i 16 e i 20 anni (o secondo mia madre, dagli 8 ai 25) ho criticato vivacemente ogni aspetto dei miei genitori, ma il plaid no. Anzi, ricordo chiaramente all’arrivo della mia prima autovettura di proprietà di aver schiaffato in maniera felicemente acritica un plaid nel baule, recuperando credo da mia suocera un esemplare che rispettasse la corretta armocromia seventies.
Oggi che ho due figli e il baule della macchina è per metà un livello hardcore di tetris e per metà un generatore casuale di bestemmie ho iniziato a interrogarmi lungamente sul senso profondo del plaid in bagagliaio. Ogni tanto lo tiro fuori, lo scuoto liberando nuvole di sedimenti che farebbero felici un paio di geologi, lo guardo un po’, poi lo ripiego e lo rimetto dentro (perché come già detto se esistessero dei campionati sportivi di tirare fuori le cose per sgombrare, guardarle per un po’, ripensarci, e rimettere tutto a posto sarei a livello agonistico).
Non so se alla fonte di tutto ci sia stata la decisione di un trisavolo di mettere un panno su un qualche carretto a cavalli, ma mi piace pensare che fra una ventina d’anni i figliuoli si ritroveranno anche loro con un plaid nella loro macchina senza sapere bene perché.
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alle00 · 10 months
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E adesso siamo veramente adulti, pensiamo, e ci sentiamo stupiti che essere adulti sia questo, non davvero tutto quello che da ragazzi avevamo creduto, non davvero la sicurezza di sé, non davvero un sereno possesso su tutte le cose della Terra. Siamo adulti perché abbiamo alle spalle la presenza muta delle persone morte, a cui chiediamo un giudizio sul nostro comportamento attuale, a cui chiediamo perdono delle passate offese: vorremmo strappare dal nostro passato tante nostre parole crudeli, tanti gesti crudeli che abbiamo compiuto quando pure temevamo la morte ma non sapevamo, non avevamo capito com'era irreparabile, senza rimedio la morte: siamo adulti per tutte le mute risposte, per tutto il muto perdono dei morti che portiamo dentro di noi. Siamo adulti per quel breve momento che un giorno ci è toccato di vivere, quando abbiamo guardato come per l'ultima volta tutte le cose della Terra, e abbiamo rinunciato a possederle, le abbiamo restituite alla volontà di Dio: e d'un tratto le cose della Terra ci sono apparse al loro giusto posto sotto il cielo, e cosí anche gli esseri umani, e noi stessi sospesi a guardare dall'unico posto giusto che ci sia dato: esseri umani, cose e memorie, tutto ci è apparso al suo posto giusto sotto il cielo. In quel breve momento abbiamo trovato un equilibrio alla nostra vita oscillante: e ci sembra che potremo sempre ritrovare quel momento segreto, ricercare là le parole per il nostro mestiere, le nostre parole per il prossimo; guardare il prossimo con uno sguardo sempre giusto e libero, non lo sguardo timoroso o sprezzante di chi sempre si chiede, in presenza del prossimo, se sarà suo padrone o suo servo. Noi tutta la vita non abbiamo saputo essere che padroni o servi: ma in quel nostro momento segreto, in quel momento di pieno equilibrio, abbiamo saputo che non c'è vera padronanza né vera servitú sulla Terra. Cosí adesso, tornando a quel nostro momento segreto, cercheremo negli altri se già è toccato loro di vivere un momento identico, o se ancora ne sono lontani: è questo che importa sapere. Nella vita d'un essere umano, è il momento piú alto: ed è necessario che stiamo con gli altri tenendo gli occhi al momento più alto del loro destino. Con meraviglia, ci accorgiamo che adulti non abbiamo perduto la nostra antica timidezza di fronte al prossimo: la vita non ci ha per niente aiutato a liberarci della timidezza. Siamo ancora timidi. Soltanto, non ce ne importa: ci sembra d'esserci conquistato il diritto d'essere timidi: siamo timidi senza timidezza: arditamente timidi. Timidamente cerchiamo le parole giuste in noi. Ci rallegriamo tanto di trovarle, di trovarle con timidezza ma quasi senza fatica, ci rallegriamo d'avere cosí tante parole in noi, cosí tante parole per il prossimo, che siamo come ubriacati di facilità, di naturalezza. E la storia dei rapporti umani non è mai finita in noi: perché a poco a poco succede che ci diventano fin troppo facili, fin troppo naturali e spontanei i rapporti umani: cosí spontanei, cosí senza fatica che non sono piú ricchezza, né scoperta, né scelta: sono solo abitudine e compiacimento, ubriacamento di naturalezza. Noi crediamo sempre di poter tornare a quel nostro momento segreto, di poter sempre attingerci giuste parole: ma non è vero che ci possiamo sempre tornare, tante volte i nostri sono falsi ritorni: accendiamo di falsa luce i nostri occhi, simuliamo sollecitudine e calore al prossimo e siamo in realtà di nuovo contratti, rannicchiati e gelati sul buio del nostro cuore. I rapporti umani si devono riscoprire e rinventare ogni giorno. Ci dobbiamo sempre ricordare che ogni specie d'incontro col prossimo, è un'azione umana e dunque è sempre male o bene, verità o menzogna, carità o peccato.
Natalia Ginzburg, I rapporti umani (da “Le piccole virtù)
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vento-del-nord · 25 days
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Estate
e tutto ciò che uno desidera
fare
è sedere e fissare
(finché veloce
esce dal miele verde scuro
un'ombra oscillante) –
sedere e fissare (pomeriggi
troppo caldi
spesso
per qualsiasi altra cosa) –
sedere e fissare – finché
improvvisamente
un volteggio, piroettando
nell'aria azzurra striata d'oro
– ali punteggiate a pallini bianchi neri
gialli arancione rossorosse fiammeggianti –
una farfalla monarca
danza due passi di tip tap,
gaia, graziosa
ballerineggiante nell'aria
azzurra striata di lustrini d'oro...
sedere e fissare,
soltanto per ricordare
che il Prodigio
esiste sempre!
Irving Stettner
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winckler · 1 year
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Amore, oggi il tuo nome al mio labbro è sfuggito come al piede l'ultimo gradino… Ora è sparsa l'acqua della vita e tutta la lunga scala è da ricominciare. T'ho barattato, amore, con parole. ti riconoscerò dall'immortale silenzio.
Moriremo lontani. Sarà molto se poserò la guancia nel tuo palmo a Capodanno; se nel mio la traccia contemplerai di un’altra migrazione. Dell’anima ben poco sappiamo. Berrà forse dai bacini delle concave notti senza passi, poserà sotto aeree piantagioni germinate di sassi… O signore e fratello! ma di noi sopra una sola teca di cristallo popoli studiosi scriveranno forse, tra mille inverni: “Nessun vincolo univa questi morti nella necropoli deserta”.
Ora che capovolta è la clessidra, che l’avvenire, questo caldo sole, già mi sorge alle spalle, con gli uccelli ritornerò senza dolore a Bellosguardo: là posai la gola su verdi ghigliottine di cancelli e di un eterno rosa vibravano le mani, denudate di fiori. Oscillante tra il fuoco degli uliveti, brillava Ottobre antico, nuovo amore. Muta, affilavo il cuore al taglio di impensabili aquiloni (già prossimi, già nostri, già lontani): aeree bare, tumuli nevosi del mio domani giovane, del sole.
È rimasta laggiù, calda, la vita, l’aria colore dei miei occhi, il tempo che bruciavano in fondo ad ogni vento mani vive, cercandomi… Rimasta è la carezza che non trovo più se non tra due sonni, l’infinita mia sapienza in frantumi. E tu parola che tramutavi il sangue in lacrime. Nemmeno porto un viso con me, già trapassato in altro viso come spera nel vino e consumato negli accesi silenzi… Torno sola… tra due sonni laggiù, vedo l’ulivo roseo sugli orci colmi d’acqua e luna del lungo inverno. Torno a te che geli nella mia lieve tunica di fuoco.
Ahi che la Tigre, la Tigre Assenza, o amati, ha tutto divorato di questo volto rivolto a voi! La bocca sola pura prega ancora voi: di pregare ancora perché la Tigre, la Tigre Assenza, o amati, non divori la bocca e la preghiera…
— Cristina Campo, da La tigre assenza
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Da: L’INEDITO CARAVAGGIO - di Gianpiero Menniti 
IL DESTINO DELL'UOMO
«…Ricordi “L’incredulità di San Tommaso”, quel dito infisso nella carne di Gesù? La scena rivela lo spirito dell’uomo, diviso tra la percezione razionale e la fede nell’invisibile.  L’alea, oscillante tra la ricerca esigente del vero e la speranza salvifica, rimane uno spazio insopprimibile.  È il dramma dell’essere umano, è il buio che si staglia sullo sfondo della vita: il dubbio, anche nel credente più fervido, non si può scacciare.  Nel tempo fa la sua comparsa, s’insinua, permane, fino all’ultimo istante, fino all’attimo estremo, quando il senso e il nulla sono di fronte e nessuna domanda può essere posta e nessuna risposta può essere invocata.  Questo è il destino: attesa di giungere sulla soglia che è necessario attraversare.  Nessuna esitazione.  Nessuna certezza.  Questo fato è la realtà. Poiché l’esistenza, qualunque sia la vicenda di ciascun essere cosciente, è un cammino segnato da un’attesa. Si vive per la morte. Per quanto la speranza possa essere forte, la morte è uno scandalo, il “perché” rimasto strozzato in gola: perché vivere per essere salvati?  O essere nati per diventare nulla? Il buio è il nostro vero destino.»
- Caravaggio (1571 - 1610): "Incredulità di san Tommaso", 1601 - 1602, Bildergalerie, Potsdam
- In copertina: Maria Casalanguida, "Bottiglie e cubetto", 1975, collezione privata
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levysoft · 5 months
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[…]
Il paradosso di Schrödinger
Il fisico austriaco Erwin Schrödinger si è servito di un esempio diventato poi famosissimo per illustrare questo paradosso, paragonando un sistema quantistico a un gatto chiuso in una scatola a cui è collegato un dispositivo potenzialmente letale: se una certa sostanza esegue un decadimento radioattivo, questo fenomeno rompe una boccetta di veleno che provoca la morte del gatto. Dal momento che il decadimento radioattivo è un fenomeno quantistico, in virtù di quanto dicevamo sopra il gatto si può considerare (paradossalmente) vivo e morto allo stesso tempo finché qualcuno non guarda dentro la scatola, ossia compie una misura sul sistema.
Ora, tutto questo è stato in realtà già riprodotto su scala macroscopica: lo scorso anno, un'équipe di ricercatori dell'Eth di Zurigo ha ricreato una versione dell'esperimento in cui il gatto è sostituito da un cristallo oscillante, la sostanza radioattiva è sostituita da un circuito superconduttore e il marchingegno che collega il gatto alla sostanza radioattiva è uno strato di materiale piezoelettrico in grado di generare un campo elettrico quando il cristallo cambia forma mentre oscilla. Con questo setting, i ricercatori hanno osservato che effettivamente il cristallo oscilla in due diverse direzioni contemporaneamente (ossia è in una sovrapposizione di stati, ossia è allo stesso tempo vivo e morto) finché non si compie una misura, facendo collassare il sistema su uno dei due stati.
[…]
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canesenzafissadimora · 7 months
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(...)
Io non prego mai per i morti, io prego i morti. L'infinita sapienza e clemenza dei loro volti – come si può pensare che abbiano ancora bisogno di noi? – Ad ogni amico che se ne va io racconto di un amico che resta; a quella infinita cortesia senza rughe ricordo un volto di quaggiù, torturato, oscillante.
Cristina Campo,"Diario bizantino e Lettere"
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Due mondi – e io vengo dall’altro.
Dietro e dentro
le strade inzuppate
dietro e dentro
nebbia e lacerazione
oltre caos e ragione
porte minuscole e dure tende di cuoio,
mondo celato al mondo, compenetrato nel mondo,
inenarrabilmente ignoto al mondo,
dal soffio divino
un attimo suscitato,
dal soffio divino
subito cancellato…
Io non prego mai per i morti, io prego i morti. L'infinita sapienza e clemenza dei loro volti – come si può pensare che abbiano ancora bisogno di noi? – Ad ogni amico che se ne va io racconto di un amico che resta; a quella infinita cortesia senza rughe ricordo un volto di quaggiù, torturato, oscillante.
Cristina Campo, da Diario bizantino e Lettere 1955-1976
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instabileatrofia · 8 months
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Nelle partiture abbandonate delle parole, ritrovo la musica che conservo racchiusa in una bolla del silenzio.
In questo mondo dei contrari, dove spesso la forza si articola sulla debolezza e la debolezza ti fa ritrovare la forza, sono ago oscillante, non più di tanto, per questioni di equilibri di castelli di carte pre-110%.
Intanto, quel che sento intorno è il procedere della guerra attraverso le parole, parole confezionate o snaturate per obiettivi precisi, da ripetere in monodose, fino ad avere la convinzione del pensiero in proprio.
Allora uno non dice più, si limita ad osservare con una nota amara in gola, come uno straniero che ritiene opportuno celare il livello di conoscenza della lingua parlata.
In fondo, tutto questo dire che è ormai coro, c'è qualcosa di fenomenale.
Generazioni di fenomeni.
I.S.A.
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metmuseum · 1 year
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Clock in the form of an oscillating pendulum (pendule oscillante). ca. 1815–30. Credit line: Bequest of James Alexander Scrymser, 1926 https://www.metmuseum.org/art/collection/search/209245
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coolvieilledentelle · 11 months
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Dans l’âtre de la maison, le bois se consume lentement, Éclatant dans la fleur rouge en gerbes ardentes, crépitant, Enfumant la cheminée, quand le frimas, de sa poudre glacée, Magnifie la nature de ses éclats éphémères d’épines gelées. Peu à peu les bûches deviennent des braises incandescentes, Alors que les flammes continuent de danser, effervescentes, Flammèches ondulées aux couleurs oscillantes, souffle chaud, Le feu, brûlant baiser, nous enveloppe de son doux manteau, Embrasant les rondins qu’il inonde de larmes jaunes bleutées, Les faisant rougir jusqu’à les rendre poussières grises cendrées, Présage de son dernier soupir, le foyer s’essouffle doucement, Finissant par mourir, emportant avec lui l’apaisant scintillement.​
Souricette
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cafes-et-friandises · 2 years
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┃ Espèce d'idiot
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✉ - Demande faite pour le Horroctober 2022, Prompt n°3 : « Je peux te sucer ? » // « Le sang ! LE SANG ! Je suis déguisé en vampire !»
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「 𝙲𝙷𝙰𝚁𝙰𝙲𝚃𝙴𝚁 」 ▹ Heizou SHIKANOIN
─ ­ ­ 𝚃𝚈𝙿𝙴 ▹ One-Shot
─ ­ ­ 𝚁𝙴𝙰𝙳𝙴𝚁 ▹ ♀ Féminin
─ ­ ­ 𝙶𝙴𝙽𝚁𝙴 ▹ ☆ Happy Ending | ♥ Angst ⇢ Fluffy | Taquineries
─ ­ ­ 𝚃𝚁𝙸𝙶𝙶𝙴𝚁 & 𝚆𝙰𝚁𝙽𝙸𝙽𝙶 ▹ Agression par un méchant pas gentil.
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Note ­ ­ ▹ Je sais qu'avec le titre on pourrait penser à un Tartaglia ou à un Itto, mais non, c'est un autre gamin, soit Heizou pour cette fois-ci. Sachez que ce One-shot ne ressemble pas du tout à mon idée de base, entre le brouillon et l'écriture, j'ai vu la Nonne donc...
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La nuit était tombée, les feuilles des arbres se balançaient tranquillement à la brise fraîche de l'automne. Les rires d'enfants s'étaient tu, seuls dans la nuit raisonnait les voix portantes d'adulte un peu trop ivre, dans une cacophonie déroutante quelques fois accompagnée par le fracas récurent de quelques verres s'entrechoquant. Les bars-restaurant, au cœur d'Inazuma décorée pour l'occasion, encore bien plein à cette heure de la nuit alors que lentement, Halloween mourrait, les lanternes oscillantes bientôt arrivées à leur terme. Les fantômes étaient désormais cessés d'errer, retournant dans leur lieu de repos, laissant les vivants vivres en paix. Enfin logiquement... Si la capitale était encore débordante de vie et de couleurs, le sanctuaire de Narukami, quant à lui, se trouvait complètement vide, dépourvue de ses prêtresses et de ses visiteurs.
Seule dans ce froid glacial, un habit traditionnel de prêtresse sur le dos, de courtes et fausses oreilles de renarde sur le haut de la tête, tu t'apparaîtrais à rentrer. Il était si tard et il faisait si sombre, mais tu n'avais pas eu le choix... Kidnappée plutôt dans la journée par Yae, n'ayant presque pas pu participer aux festivités, la jeune femme à la longue chevelure rosée t'avait fait travailler pour elle. N'aurait-elle pas pu le faire elle-même ? Non. Bien sûr que non, voyons... C'était à toi de tirer et lire les cartes aux jeunes couples en quête de réponses sur leur futur ensemble, disant la bonne aventure à des touristes venus à Inazuma pour les fêtes. Tu n'avais pas eu le choix ! La renarde n'ayant jamais été une personne à qui tu pouvais dire : « Non ». Qui pourrait lui dire : « Non. », sans voir peur des horribles représailles de la kitsune ? Tu tenais encore à la vie et à la tranquillité de ton sommeil...
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─ ­ ­ ­ « La journée a été longue... » Soupiras-tu en t'étirant le dos, craquant légèrement sous l'effort, mais tu étais tout de même contente de ton attraction ayant eu la chance de croiser Gorou, bien que très craintif bien que très craintif pour une quelconque raison, accompagné de Kokomi, ou encore Beidou accompagnée de Kazuha. « J'espère qu'il s'est amusé lui au moins. Hier soir, il ressemblait à un petit gamin guettant la veille de nöel... »
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La fatigue jouant doucement sur tes nerfs et peut-être aussi cette atmosphère lourde remplie de silence, tu te sentis obligé de parler à voix haute comme pour te calmer. Ton sac en bandoulière sur ton épaule, la nuit pouvait être effrayante seulement éclairée par la lueur de la lune, les arbres quant à eux, s'agitaient avec la brise, créant des ombres fantomatiques sur les murs et le sol du sanctuaire. Il te fallu tout ton sang-froid pour ne pas laisser sortir un hurlement de peur en apercevant sur ta gauche une ombre bouger, n'étant que celle d'une branche d'arbre. Pourquoi devais-tu rentrer seule ? Pourquoi cet idiot de Sherlock Holmes en carton n'était pas foutu de venir te chercher ? 
Le maudissant de long en large, tu ne pus rester en colère trop longtemps contre lui, attendrit par tes souvenirs de la veille, le voyant encore avec son sourire de chat malicieux sur les lèvres. Il était comme un poisson dans l'eau, sûrement accompagné d'Itto pour ce festival, tout aussi gamin que lui à cette période de l'année. Tu avais de la peine pour Shinobu forcée de surveiller ces deux enfants. Enfin, Heizou avait ce don d'être trop intelligent et peut-être aussi un poil trop taquin, heureusement qu'un bon fond coulait à l'intérieur de ses veines... Sinon Inazuma aurait du souci à se faire. Tes pensées tournantes autour de ton amant, tu te sentais plus sereine en traversant le sanctuaire, faisant craquer les lattes en bois à chacun de tes pas. 
Non pas que les passerelles soient mal entretenues ou en mauvais état, mais d'après Yae : « Ce bruit rendrait la fête d'Halloween plus palpitante ». La raison était non pour ton cœur et oui pour son amusement mesquin. En l'écoutant, tu avais décidé de ne pas chercher plus loin, ne voulant pas empiler plus de conspirations sur ton dos, tu en avais déjà assez avec le détective. Alors que tu descendais enfin de la passerelle, ton regard fut attiré par un objet brillant sur le sol, juste à côté d'une des boîtes à offrandes du sanctuaire.
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─ ­ ­ ­ « Est-ce que quelqu'un l'a perdu ? »
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Intriguée, pour ne pas dire curieuse jusqu'au bout des ongles, Heizou déteignant légèrement sur toi au fils des années de vie commune, tu t'approchas de l'objet. Un mauvais pressentiment se réveilla au plus profond de toi, te prenant aux tripes, amenant une boule d'angoisse au fond de ton estomac. Ta respiration accéléra, mais ton regard [C/Y], lui, ne put se détacher de l'objet pitoyablement posé sur le sol. C'était si calme, pourtant l'atmosphère te semblait si lourde, presque à deux doigts t'emprisonner de sa densité, de te noyer sous son épaisseur. C'était beaucoup trop calme, aucun feulement d'hibou, aucun glapissement de renard, la nuit te semblait tout d'un coup beaucoup plus oppressante. La chair de poule te collant à la peau, le cœur battant, ton corps te criait de t'enfuir, mais tu étais comme figée, tes yeux ne pouvant quitter la brillance du bracelet. 
Était-ce à cause de lui ? Tu déglutis sans t'en rendre compte, la gorge sèche, presque pâteuse. Était-ce ton imagination ? Peut-être à cause des histoires d'horreur de Yae durant ta matinée t'ayant rendu parano ? Tant bien que mal, tu te rassurais... C'était vain.
Ton corps se tendit comme un arc quand le bruit d'une branche écrasée raisonna juste derrière toi, complété par des feuilles mortes piétinées avec lenteur. Le vent, n'est-ce pas ? Ou peut-être un animal ? Ou une branche d'arbre chutant vers le sol et rebondissantes plusieurs fois ? Non. Tu te mentais à toi-même. Au plus profond de toi, tu savais ce que c'était et surtout, tu savais qu'il n'avait pas de bonnes intentions. Tes poings se serrèrent avec force, tes phalanges presque blanches sous ta fermeté, l'adrénaline pulsant dans tes veines. Il te fallu toute la volonté du monde pour fermer tes yeux, te détacher de l'emprise maladive qu'avait ce bracelet sur toi. Un artefact spécialement laissé par l'être se rapprochant derrière toi.
« Si mignonne. », ne put s'empêcher de penser la créature, se léchant les lèvres à ta vue. Tes cheveux [C/C] tombant derrière toi attrapèrent son regard. Devrait-il t'attraper par ici avant de te tirer en arrière pour voir ton visage tordu par la terreur ? Sa bouche se coupa d'un sourire de fou-allier, torturer par le plaisir divin que lui procurait la chose. Sa respiration rapide, excitée par ses propres envies et pensées, l'ex-détenu jubilait de passion, s'approchant avec lenteur de toi. Son regard or luisait dans la nuit, ses bras étaient sales, tuméfier de blessures purulentes et d'ecchymoses verdâtres. Plus il s'approchait plus ses mains le démangeaient, tremblaient, prêtent à te sauter à la gorge. 
Pourtant, il s'arrêta un instant, son regard fixer sur ta main dont l'un de tes doigts était serti d'un anneau d'or bien rare. Quelle chance avait-il ! Les Archons semblaient lui sourire ! Il t'avait reconnu, toi, la merveilleuse compagne de son bourreau, celui qui lui avait brisé tous ses plans, qui lui avait volé sa merveilleuse collection de poupée. Se grattant la peau du cou jusqu'au sang, c'était un détraqué, tenant sous ses yeux fous sa vengeance. Un rire sinistre s'éleva derrière toi, la peur te glaça le sang tandis qu'une main à l'odeur nauséabonde se posa sur ton épaule, la comprimant avec force. Un souffle chaud se répercuta contre ta nuque, imprimant un frisson de dégoût dans tout ton corps, alors que sa voix grasse se mit à glisser au creux de ton oreille.
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─ ­ ­ ­ « Tu ne pourras que t'en prendre à ce cher détective... » Grinça-t-il, serrant de toutes ses forces ton épaule amenant une grimace de douleur à ton visage. « Que devrais-je te faire pour qu'il devienne fou ? Qu'il soit si pitoyable ? Qu'il soit rempli de désespoir et de haine ? » Demanda-t-il d'une voix railleuse alors que sa main glissa sur ton bras couvert du kimono que tu devais rendre à la kitsune une fois propre. « Et si je commençais par déchirer tout ça ? »
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Ton sang ne fit qu'un tour. Sa prise moins ferme sur ton corps, l'adrénaline courant dans tes veines, tu t'éloignas de lui avec rapidité. Ton poing partit tout seul accompagnée du poids de tout ton corps. Tu te sentis comme flotter devant la scène tandis que trop surprit par ton geste, que tu te sois défait de l'envoûtement, le repris de justice ne put esquiver ton poing s'écrasant sur ton nez. Tu ne perdis pas plus de temps, enchaînant un autre coup s'abattant sous son menton alors qu'il était complètement désorienté, finissant de l'achever d'un crochet contre sa tempe. Son corps tomba dans un bruit sourd sur le sol, tes mains tremblèrent, regardant avec horreur le couteau tomber à ses côtés dans un bruit métallique. 
Que venait-il de se passer ? Qu'avais-tu fait ? Que se passait-il ? 
La panique prenant le dessus, la respiration irrégulière et le cœur tremblant, ton adrénaline retombait violemment devant le tableau sous tes yeux. Ton poing te faisait mal, ta tête te faisait mal, ton corps te faisait mal et tu tremblais de la tête au pied. Où était Heizou ? Il fallait que tu partes et le plus vite possible. Reculant avec précautions, tes jambes menaçant de te lâcher à chacun pas, tes deux mains s'enroulèrent autour de l'anse de ton sac. Ne lâchant pas ton agresseur des yeux, de peur qu'il se relève dès que tu lui tournerais le dos, tu fis des petits pas, un par un, en reculant. Prenant tout doucement, le chemin pour redescendre du sanctuaire complètement vide. 
Ton self-control t'empêchant de t'effondrer, ta volonté faisant le reste, sa silhouette disparu petit à petit de ta vision. Quand il n'apparut plus à l'horion, ni une, ni deux, tu te retournas hâtivement, descendant aussi rapidement que le permettait ton corps de la montagne. Tes jambes tremblèrent, te forçant à t'appuyer contre la roche et tes poumons te firent mal, mais il était enfin là. Tout sourire, ses cheveux bordeaux en désordre, son magnifique regard brillant de vie, il gravissait les marches en face de toi. Aussitôt ses yeux émeraude rencontrèrent les tiens, que tout le stresse noyant ton corps s'évacua comme il put. Tes jambes cédèrent, de chaudes larmes roulèrent le long de tes joues alors qu'en panique, le jeune homme courut pour te soutenir.
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─ ­ ­ ­ « [T/P] ! »
─ ­ ­ ­ « Tu es là. » Pleurnichas-tu, la tête nichée contre le haut noir de son déguisement, tes bras entourant son tronc. « J'ai eu si peur. Pourquoi tu n'étais pas là !? J'étais toute seule. » Sanglotas-tu, tremblante dans l'étreinte de ton homme décontenancé, faisant de son mieux pour te rassurer, en te caressant les cheveux, te serrant d'une façon protectrice contre lui. « Il m'a touché. Il a dit que c'était ta faute. Qu'il voulait que tu sois rempli de haine. »
─ ­ ­ ­ « Mon amour... » Murmura-t-il d'une voix douce, son sang bouillonnant dans ses veines. Tu avais besoin de lui, mais dès qu'il en aurait l'occasion, il referait avec plaisir le portrait de cet enfoiré. « Je suis là, maintenant. Il ne pourra plus rien te faire. »
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Il n'avait rien eu à dire de plus, son regard émeraude parlant pour lui tandis que de l'une de ses mains, il caressa ta joue, chassant les larmes ruisselantes sur ton visage. Ses yeux ne quittèrent jamais les tiens, assit à même le sol, sous l'un des cerisiers de la montagne, il te laissa chevaucher ses cuisses. Ses lèvres se posèrent tendrement sur les tiennes, chatouillant ta langue de sa chaleur, amenant à votre baiser un goût salé. Tu pouvais faire ce que tu voulais de lui, Heizou restant à tes côtés, chassant tendrement tes larmes, picorant les lèvres, caressant le haut de tes cheveux et accueillant ta tête au creux de son cou. Tes larmes se calmèrent petit à petit, laissant le temps filer avec calme et lenteur, bercés part la brise automnale. La fatigue prit bien vite le dessus sur ton corps, le laissant lourd dans son étreinte chaleureuse.
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─ ­ ­ ­ « Mon amour ? » T'appela tendrement le détective, captant ton attention, bien décidé à te changer les idées désormais bien plus calme qu'une demi-heure plutôt. « Je peux te sucer ? »
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Son sourire était magnifique, faisant bien évidemment référence à son magnifique costume, devenant un vampire pour la soirée. Il attendait sagement ta réponse, regardant ton visage rempli d'incompréhension, un délice pour le fauteur de troubles. Contrairement au détective, tu étais loin d'avoir remarqué son accoutrement, ses mots ayant un tout autre sens dans ton esprit. De ses émeraudes pétillantes, il te fixait dans la nuit alors que ton côté, tu te sentis rougir de la tête au pied, détournant le visage du sien. À croire que ton rougissement était contagieux, Heizou sentit à son tour ses joues chauffer très légèrement, cachant son visage contre épaule un sourire bien heureux sur les lèvres.
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─ ­ ­ ­ « Le sang ! Le SANG ! Je suis déguisé en vampire ! » S'exclama le jeune homme s'empêchant de fondre devant ton expression des plus adorables, bien timide devant lui. « Mais je suis content de voir que tu vas bien mieux pour avoir ce genre d'idées perverses, mon amour. »
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Un sourire comblé au visage, légèrement taquin sur les bords, ton amant déposa affectueusement ses lèvres sur ta joue alors que tu criais son prénom en seule réponse. Rouge de honte, tu cachas ton visage au creux de son cou alors que le détective ne put s'empêcher de rigoler à gorge déployée. Il était heureux, heureux que tu ailles bien, heureux d'être arrivé à temps, heureux de t'avoir à ses côtés, et surtout, heureux d'enfin pouvoir t'avoir rien que pour lui en cette fraîche soirée. Sa main caressa le bas de ton dos alors qu'il te regardait avec une tendresse démesurée. Quand enfin tu émergeas, tes lèvres emprisonnèrent les siennes dans un doux baiser, les étoiles veillant sur vous.
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PS : Quand les ninjas du Shuumatsuban passèrent tôt dans la matinée, ils retrouvèrent l'évadé encore évanoui sur le sol. Tout porte à croire que [T/P] cache une sacrée force sous ses airs calmes... 
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decovi · 24 days
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popolodipekino · 1 month
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domenica
XXXVII - DOMINGO La pregonera vocinglería de la esquila de vuelta, cercana ya, ya distante, resuena en el cielo de la mañana de fiesta como si todo el azul fuera de cristal. Y el campo, un poco enfermo ya, parece que se dora de las notas caídas del alegre revuelo florido. Todos, hasta el guarda, se han ido al pueblo para ver la procesión. Nos hemos quedados solos Platero y yo. ¡Que paz! ¡Que pureza! ¡Que bienestar! Dejo á Platero en el prado alto, y yo me echo, bajo un pino, lleno de pájaros que no se van, á leer. Omar Khayyam... En el silencio que queda entre los repiques, el hervidero interno de la mañana de Septiembre cobra presencia y sonido. Las avispas orinegras vuelan en torno de la parra cargada de sanos racimos moscateles, y las mariposas, que andan confundidas con las flores, parece que se ríen al revolar. Es la soledad como un gran pensamiento de luz. De vez en cuando, Platero deja de comer, y me mira - Yo, de vez en cuando, dejo de leer, y miro á Platero... da J. R. Jiménez, Platero y yo
Le forti grida dello scampanio oscillante, ora vicine, ora lontane, risuonano nel cielo del mattino festivo come se tutto l'azzurro fosse fatto di cristallo. E il campo, già un po' malato, sembra indorarsi delle note cadute del gioioso agitarsi dei fiori. Tutti, anche la guardia, sono andati in paese a vedere il corteo. Platero e io siamo rimasti soli. Che pace, che purezza, che benessere! Lascio Platero nel prato alto e mi sdraio sotto un pino, pieno di uccelli che non se ne vanno, per leggere. Omar Khayyam... Nel silenzio che rimane tra un rintocco e l'altro, il ribollire interiore del mattino di settembre prende presenza e suono. Le vespe oro e nere volano intorno alla vite carica di sani grappoli di moscato, e le farfalle, confuse con i fiori, sembrano ridere mentre svolazzano. È, la solitudine, come un grande pensiero di luce. Di tanto in tanto, Platero smette di mangiare e mi guarda - io, di tanto in tanto, smetto di leggere e guardo Platero... Tradotto con DeepL.com (versione gratuita)
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