CAPITOLO SECONDO ⠀ ⠀ ⠀ ⠀ ⠀ ⠀ ⠀ ⠀ ⠀ ⠀ ⠀ ⠀ ⠀ ⠀ ⠀ ⠀ ⠀ ⠀ ⠀ LA FUGA.
l'aria fredda della notte era carica dell’odore d'olio bruciato e di fumo. le luci delle navi volanti tagliavano il cielo come meteore, tracciando scie luminose sopra le strade animate dai mercanti notturni e dai lavoratori di fabbrica stanchi. i meccanismi delle grandi gru sferragliavano incessantemente, sollevando container pieni di merce e materiali destinati a zaun. thalissa osservava il porto affollato dall’ombra di un vicolo. il cuore, uno dei pochi organi umani che le rimanevano, martellava poderosamente nel petto. ogni rumore, ogni passo alle sue spalle, sembrava essere il segnale d'un qualche pericolo imminente.
si strinse nel mantello scuro che aveva rubato dal guardaroba di una cameriera del castello. il tessuto era ruvido, ben lontano dagli abiti di seta e lana che era abituata a indossare, ma le forniva una copertura sufficiente per passare inosservata. scostò una treccina dal viso, cercando di calmarsi, ma il braccio meccanico le fece sentire il solito fastidio: il metallo freddo contro la pelle calda era un promemoria costante della sua condizione.
"devo farcela," si ripeté sottovoce. "non posso restare qui."
i ricordi della notte precedente, quando aveva lasciato il diario di jayce aperto sul suo letto, erano ancora freschi. aveva traversato i corridoi silenziosi del castello, sapendo che ogni passo la stava portando lontano da tutto ciò che aveva conosciuto finora. le guardie non avevano notato la sua assenza, abituate alla presenza silenziosa di thalissa nelle ore notturne. solo quand'era uscita dalla porta secondaria della torre, aveva sentito il vero peso della sua decisione.
una voce familiare la scosse dai suoi pensieri. "thalissa?"
si voltò di scatto e, dinanzi a lei, v'era milo, uno dei giovani apprendisti del laboratorio di jayce. i suoi occhi grandi e curiosi erano fissi su di lei, colmi di confusione.
"milo .. cosa ci fai qui?" sussurrò, cercando di non far trasparire il panico nella sua voce.
lui si strinse nelle spalle, ma il suo sguardo non la lasciò un secondo. "potrei chiederti la stessa cosa. sei uscita dal castello nel cuore della notte, e non è esattamente sicuro là fuori."
thalissa incrociò le braccia sul petto. "non sono affari tuoi. ho qualcosa da fare."
milo la guardò per un lungo momento, prima di sospirare. "stai scappando, vero? ho sentito jayce parlare di te con tua madre. dicevano che eri sempre più agitata. se hai bisogno di aiuto .. posso venire con te."
"no." rispose bruscamente, troppo in fretta. il pensiero di coinvolgere qualcun altro, di metterlo in pericolo, le colmò l'anima d'angoscia. "devo fare questo da sola."
milo fece un passo avanti, abbassando di qualche ottava il tono della voce. "cosa stai cercando, thalissa? è per il braccio?"
ella abbassò il guardo sull'arto meccanico che pulsava d'una flebile luce verde; pareva vivo. "non è solo il braccio, milo. è tutto. piltover, mia madre, jayce .. questa città mi sta soffocando. devo trovare qualcuno che possa aiutarmi davvero."
"e chi?” chiese il ragazzo dallo sguardo cagnesco. "chi potrebbe fare quello che jayce non è riuscito a fare?"
"il professor heimerdinger," rispose la giovane medarda. "so che sembra una follia, ma è l’unico che potrebbe capire cosa sta succedendo."
milo la fissò, rimanendo a bocca aperta. "heimerdinger? ma nessuno sa dove sia! è sparito da secoli, thalissa. è solo una leggenda.”
"non per me," replicò con fermezza. "so dove si trova. è alla nevermore, nel vermont. ho visto i suoi appunti, le sue ricerche, e so che c’è una nave diretta verso il continente questa notte. io .. devo andare."
il silenzio tra i due si fece pesante. milo abbassò lo sguardo, consapevole che non avrebbe potuto farle cambiare idea. “sei sicura di volerlo fare? non sarà facile. lì fuori non sarai una medarda ma solamente .. una ragazza con un braccio meccanico.”
thalissa annuì, sentendo la verità di quelle crude sue parole come un colpo allo stomaco. “non m'importa. è meglio essere nessuno che restare qui a marcire.”
con un ultimo sguardo all'amico, thalissa si allontanò, dirigendosi verso il porto.
non si voltò mai.
attraversò dunque il dedalo di strade secondarie, evitando i vicoli illuminati e le pattuglie delle guardie del consiglio. il porto di piltover era un luogo caotico e pericoloso, soprattutto di notte. i mercanti contrabbandavano merci, e le bande di zaun si nascondevano nell'ombra, pronte a sfruttare qualsiasi debolezza altrui.
finalmente, la nave cargo apparve dinanzi a lei quanto una massa scura e imponente ancorata al molo. thalissa scivolò tra le casse di metallo e legno, cercando un modo per salire a bordo senza esser notata. il ronzio delle macchine che scaricavano le merci copriva il suono dei suoi passi e, presto, si trovò davanti a una rampa laterale, poco sorvegliata. si guardò intorno, poi s'infilò nell’apertura della stiva.
l'odore di metallo arrugginito e carburante riempì le sue narici mentre si accovacciava tra i container. aveva immaginato quella fuga per settimane, ma ora che era lì, nascosta nella stiva di una nave diretta verso l’ignoto, la realtà della sua scelta la colpì con forza al centro del petto.
si rannicchiò in un angolo, appoggiando la schiena contro una parete della nave. il braccio di chemtech formicolava leggermente; tremore che pareva provenire dalle profondità della sua carne.
chiuse gli occhi, cercando d'ignorare il dolore.
quanto avrebbe voluto poter sfilare via quell’orrendo pezzo di metallo dal suo corpo e liberarsi finalmente del peso che la teneva incatenata a piltover .. s'addormentò cullata dalle ombre della stiva e dal rumore del mare che batteva contro lo scafo, il tutto accompagnato dal fastidio incessante del braccio chemtech. era sola, lontana da casa, ma per la prima volta si sentiva davvero libera.
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Capitolo Bonus Crescent City 3 in italiano Ember e Randall
Avviso: Partendo dal presupposto che non ho studiato per diventare traduttrice, quindi ci saranno SICURAMENTE dei possibili errori di traduzione, grammatica, punteggiatura e/o ortografia, questa è la mia versione tradotta in italiano dei capitoli bonus dei libri di Sarah J. Maas.
Certi termini NON saranno gli stessi utilizzati nel terzo libro di Crescent City, come Pugnale della Verità e Tesoro della Paura/Terrore (non ricordo quale termine viene usato, lol), invece ho preferito tenere la versione presente nei libri di ACOTAR, quindi StrappaVerità e Forziere del (di nuovo non mi ricordo, tanto non importa dato che usano solo la prima parte).
Detto ciò, buona lettura!
Ember Quinlan fissò la femmina Fae in piedi sull’ornato tappeto rosso davanti al caminetto scoppiettante. Per un attimo avrebbe potuto giurare che anche negli occhi della giovane femmina scoppiettassero delle fiamme argentee. Spaventò Ember abbastanza da farla fermare.
Solo un istante, poi…
Ember si girò verso il punto in cui c’era stato il portale, dove c’erano stati la neve e il ghiaccio di Nena, i cui fiocchi si stavano ancora sciogliendo tra i suoi capelli neri.
Il fucile di Randall fece clic, la sicura tolta. Ember non ebbe bisogno di guardare il marito per sapere che aveva mirato contro la femmina che li monitorava con una tale immobilità.
Il portale non c’era più. Solo la stanza, quel mondo, erano rimasti. Una stanza con muri di pietra rossa, arredi in legno con imbottiture, e un’intera parete di libri. Delle finestre delineavano l’altro muro, tutte chiuse contro la notte, rivelando una luminosa città al di sotto. Non un’esageratamente illuminata città moderna, piuttosto una con bassi edifici e luci dorate. Lo sprazzo di un luccicante fiume che come un serpente ne attraversava il cuore.
Bryce l’aveva lasciata lì. Li aveva lasciati. Aveva buttato lei e Randall lì, poi aveva chiuso il portale.
E ora Bryce era…
La femmina Fae parlò, la voce fredda e piatta, in una lingua che Ember non riconobbe. Perché non era una delle lingue di Midgard. Era una lingua di un altro luogo, di un altro mondo…
“Apri quel portale” ringhiò Randall nella loro lingua ed Ember si girò per vedere il marito che stava ancora mirando il fucile contro il bel viso della femmina. Ma la femmina guardò verso la parete di finestre. Verso l’oscurità che giungeva dall’orizzonte.
Perfino il sangue mortale di Ember sapeva che non era una tempesta. Era qualcosa di molto, molto peggio.
La femmina parlò di nuovo, la voce ancora imperturbata. Indicò il fucile, facendo segno con la mano di metterlo giù.
Randall non lo fece. “Apri quel portale” ordinò nuovamente.
L’oscurità all’orizzonte si stava avvicinando a loro. I sottili peli sulle braccia di Ember si sollevarono.
“Abbassa il fucile” sussurrò Ember a Randall.
“Cosa?” Randall non abbassò il fucile mentre spostava lo sguardo verso di lei.
“Abbassa quel cazzo di fucile” espirò Ember mentre l’oscurità si faceva ancora più vicina, divorando le luci della città, le stelle, la luna…
Randall rimise la sicura, ma non fece in tempo ad abbassare l’arma prima che le tenebre esplodessero dalle pareti.
“Non avevi alcun diritto” un maschio Fae tuonò dietro una porta chiusa. Ember aveva sentito Nesta chiamarlo Rhysand. Lei e Randall ascoltarono da una sala in pietra rossa, sorvegliati da un solenne maschio con capelli scuri e ali da drago.
Ember capì le parole solo perché in quei primi momenti dopo che la tempesta oscura aveva distrutto le finestre irrompendo nella stanza, lei e Randall erano stati interrogati. Dato che era chiaro che non capissero la lingua, il maschio che era comparso dal cuore della tempesta punteggiata da stelle aveva dato a entrambi un fagiolo argentato, facendo segno di mangiarlo.
Ember l’aveva inghiottito, perché la femmina dagli occhi grigi, Nesta, aveva detto Bryce e aveva mimato di mangiare il fagiolo, per poi indicarsi la bocca. Ember ricordò che la figlia aveva menzionato di aver mangiato una specie di cosa magica lì che le aveva permesso di capire e parlare a quelle persone nella loro lingua. Quindi Ember lo inghiottì e Randall seguì il suo esempio.
Svennero, risvegliandosi lì, nella sala, proprio mentre le porte dello studio si stavano chiudendo. Ember aveva intravisto i nuovi arrivati, giusto in tempo per vedere Nesta circondata da Rhysand, una femmina con capelli corti, e un maschio con spalle larghe e ali da drago come il guerriero nella sala di fianco a loro.
Ember e Randall non avevano osato parlare. Non mentre sprazzi dell’accesa discussione filtrava dalla serratura.
“Non avevi alcun diritto” Rhysand ringhiò ancora, la voce che riverberava nella pietra. Il suo potere faceva sembrare il Re d’Autunno un bambino in confronto.
“Avevo ogni diritto” Nesta controbatté freddamente. “Il Forziere risponde a me, mi obbedisce.”
“Hai trasferito un’arma mortale proprio nel mondo dove i nemici che la stavano cercando si sono accampati per millenni, proprio nelle mani dell’unica persona che può aprire un portale verso il nostro mondo con mezzo pensiero. Che cosa stavi pensando?” Le ultime parole vennero ruggite.
L’altro maschio nella stanza mormorò: “Rhys.”
Un feroce ringhio basso fu l’unica risposta.
La voce dell’altra femmina, secca, tagliente, disse: “Prima di farla a pezzi, Rhysand, ascolterei le ragioni della ragazza per aver consegnato la Maschera.”
“Non ci sono scuse per questo” scattò Rhysand. “E quando arriverà Feyre…”
“Non rispondo a mia sorella o a te” ribatté Nesta. “Non sono una tua suddita da punire a piacimento.”
Ember guardò la loro guardia. Il bellissimo maschio dall’altro lato di Randall, l’armatura scura adornata con pietre blu, rimase impassibile.
“Hai messo a rischio questo intero mondo” urlò Rhysand. “Puoi non rispondere direttamente a me, ma risponderai a ogni essere qui per ciò che hai fatto.”
“Era disperata” disse Nesta, e il cuore di Ember le fece male. “Era disposta a lasciare i suoi genitori come garanzia, porca puttana.”
“Non mi importa un cazzo di chi ha lasciato o cosa ha detto. Le hai dato la Maschera…”
“Mi ha implorata di tenerli, anche se non le avessi dato la Maschera.”
Ember guidò Randall. Puro dolore e sofferenza riempirono gli occhi di suo marito. Bryce li aveva… scambiati. Per quella luccicante cosa d’oro che aveva visto passare da Nesta a sua figlia.
E oh, dei. Cooper…
Ember strinse l’amuleto d’argento dell’Abbraccio attorno al collo, chiudendo gli occhi e mormorando una preghiera.
Benevolente Cthona che dimori al di sotto, proteggi nostro figlio, prenditi cura di lui…
In quelle settimane, per quanto brevi, l’allampanato ragazzo quasi scheletrico che si era presentato alla sua porta con dei tali occhi inquieti e cupi era diventato un figlio. Dalla preoccupazione che ora riempiva anche gli occhi di Randall, Ember poteva solo immaginare che i suoi pensieri avevano preso la stessa direzione. Bryce aveva lasciato Cooper indietro. Aveva preso loro, ma aveva lasciato il ragazzo, lasciandolo vulnerabile e solo, ancora…
Ci vide rosso. Bryce aveva parlato con Cooper, aveva riso con lui ad Avallen. Si era comportata normalmente, eppure sapeva di aver pianificato di fare questo, di lasciarlo indietro.
Il bellissimo maschio alato guardò con sospetto verso Ember, percependo la sua ira.
Nello studio, Nesta stava dicendo: “Se c’è una possibilità di sconfiggere i Daglan, gli Asteri, perché non dare a Bryce ciò che le serve?”
“Perché la uccideranno e prenderanno la Maschera e il Corno e apriranno un cazzo di cancello verso questo mondo!” Urlò Rhysand. “Avresti dovuto uccidere Bryce nel momento in cui ha aperto quel portale” continuò lui. “Nel momento in cui è apparsa avresti dovuto colpirla alla sua cazzo di gola con Ataraxia…”
“Meritava l’onore di essere ascoltata” scattò Nesta di rimando. “Dopo tutto quello che ha passato, lo meritava.”
“Meritava di essere obliterata per averci messo in un tale rischio, una seconda volta!” Urlò Rhysand.
“Litigate dopo” consigliò l’altra femmina. “Prima dobbiamo occuparci dei genitori.”
Ember si irrigidì e Randall fece per prendere un coltello che non c’era più. Si erano svegliati senza il suo fucile e il suo coltello. Insieme a quello segreto che teneva negli stivali.
Le porte dello studio si spalancarono, sbattendo così forte contro i muri di pietra che Ember avrebbe potuto giurare che perfino la loro guardia sussultò. “Azriel.” La comandante voce di Rhysand tuonò da dentro lo studio. “Portali dentro.”
Azriel, il maschio con cui Bryce aveva viaggiato nelle caverne. Stava facendo loro cenno di andare avanti, il volto come il ghiaccio.
Ogni passo sembrava troppo lento mentre Ember e Randall, la loro guardia che li fiancheggiava, entravano nello studio. Era più piccolo della stanza in cui erano arrivati. Troppo piccolo, considerati gli imponenti maschi che ora lo occupavano. Anche Rhysand aveva ali, come Azriel e l’altro maschio, ma aveva anche le orecchie a punta dei Fae.
E l’altra femmina più bassa… il caschetto al mento ondeggiò mentre si girava, rivelando occhi argentei che marcavano ogni dettaglio di Ember, fino al fondo della sua anima.
Rhysand incombeva come una tempesta movimentata al centro della stanza.Perfino il fuoco sembrava intimorito da lui. Nesta era a diversi piedi di distanza, gli occhi azzurro-grigi sospettosi, nessuna traccia di quella fiamma d’argento. Strinse le mani, ma il volto rimase vuoto. Il bellissimo maschio dalle spalle larghe al suo fianco aveva le labbra strette dalla preoccupazione, o dalla rabbia. Forse entrambe.
Nessuno degli sconosciuti sembrava particolarmente… tranquillo. Gli occhi viola-blu di Rhysand si mossero verso Randall, poi Ember. Randall si irrigidì, come se sarebbe saltato tra Ember ed ogni minaccia, come aveva fatto molte volte nel corso della loro vita assieme.
Ma Ember fremette di rabbia contro Rhysand, “Non ti disturbare di obliterare mia figlia.” La furia le scorreva attraverso. “Quando tornerò a Midgard, lo farò io stessa.”
“Sapevi che Bryce aveva pianificato tutto questo?”
“Non so in quanti altri modi posso dirlo” rispose Ember a Rhysand cinque minuti dopo. “No.”
Randall aggiunse, con la mascella contratta: “Ci ha ingannati, ci ha fatto credere di essere diretti a Nena per una missione, ma era per scaricarci qui.”
Si erano dovuti togliere i pesanti cappotti invernali per via del calore della stanza, ma ora, nella sua lunga t-shirt e jeans, Ember si sentiva un po’ scoperta, circondata da guerrieri armati fino ai denti. Solo la femmina bassa indossava abiti normali.
Sempre che la veste di fine seta potesse essere considerata normale. Se la collana di rubini attorno alla gola era una cosa comune.
“E dove sta andando ora?” Chiese Azriel con acredine. “Ora che ha la Maschera” -fulminò Nesta con lo sguardo, il cui viso era attentamente neutro- “dove sta andando Bryce?”
“Non lo so” insistette Ember. “Non sapevo nemmeno che volesse la Maschera, non ci ha detto di questo vostro Forziere. Lei e Hunt devono aver pianificato tutto questo in segreto.”
Perché era stato il vento di tempesta di Athalar che li aveva spinti lì. E se Ember avesse mai messo le mani sull’Umbra Mortis…
“Eppure avete portato uno dei vostri fucili con voi” disse Rhysand, il suo accento inciampò sul termine. “Dovete aver saputo di star andando incontro a dei guai.”
“Nena è… non è un bel posto” disse Randall. “Saresti un idiota ad andarci disarmato.”
Rhysand rimase in silenzio, rivolgendo lo sguardo verso la piccola femmina dai capelli scuri. Lei sospirò guardando il soffitto e disse: “Sono umani, Rhysand. Non possiamo tenerli qui.”
Randall lanciò uno sguardo ad Ember, come per avvertirla di restare in silenzio. Ma lei aveva passato l’intera vita a sentire quella stronzata, non l’avrebbe tollerato ora.
“Giusto” attaccò Ember. “Siamo solo patetici, deboli, stupidi umani. Poco più di schiavi per voi.”
Ember avrebbe potuto giurare che Nesta la stesse osservando incuriosita.
Ma Rhysand disse piano: “Se Amren ti ha offesa, non è stato fatto apposta. Qui nutriamo tutti un profondo rispetto nei confronti degli umani.”
Per qualche motivo, Ember gli credette. Amren inclinò il capo in segno di scuse.
“Non vi causeremo alcun problema” disse Ember, volgendo verso l’alto i palmi in quello che sperava si traducesse in un gesto implorante in quel mondo. “Non vorremmo nemmeno essere qui.”
“Non sono preoccupato della vostra presenza qui” disse Rhysand, qualunque accenno di quella calda sincerità si indurì in ghiaccio. “Sono preoccupato di vostra figlia. Se i nostri antichi nemici mettono le mani su di lei, sulle armi che porta, sulle persone che ama…” Scosse il capo, la luce del fuoco danzava sui suoi capelli nero-blu. “Quanto sarebbe difficile spezzarla?” Ha già dimostrato che farebbe di tutto per salvare i suoi cari.” Indicò Ember, Randall. “Se i Daglan, gli Asteri, come li chiamate voi, catturano il suo compagno, suo fratello… non ci tradirebbe per salvarli?”
“Non conosci nostra figlia” disse fermo Randall.
Lo stomaco di Ember però si rivoltò al pensiero dei metodi che gli Asteri avrebbero usato per fare del male a Bryce. Era stato abbastanza brutto sentire da Fury che Hunt e Ruhn erano nelle prigioni degli Asteri, nemmeno una parola su dove fosse andata Bryce. Ember non aveva dormito per giorni. Aveva a malapena mangiato fino a quando non le era giunta notizia che Bryce era riapparsa e li voleva ad Avallen immediatamente.
Rhysand disse calmo a Randall: “Non conosco vostra figlia, ma i miei compagni hanno passato abbastanza tempo con lei ultimamente per farmi un’idea. Ha il cuore tenero eppure è spietata. Intrigante, ma impulsiva. Determinata e testarda. E con una pericolosa tendenza alla spericolatezza.”
“È così da quando era una bambina” disse Ember, massaggiandosi le tempie. “Immagina tutto questo in una bambina di un anno.”
Randall si schiarì la gola in segno di avvertimento, ma avrebbe potuto giurare che la bocca di Rhysand guizzò verso l’alto. Come se riuscisse ad immaginare una tale cosa. Forse aveva passato qualcosa di simile.
Il maschio al fianco di Nesta, il suo compagno, se Ember doveva tirare a indovinare, disse con naturalezza, anche se la preoccupazione nei suoi occhi nocciola tradivano il tono: “È tardi Rhys. Lasciamoli riposare e ci riuniremo di nuovo di mattina.”
Rhys annuì senza guardare il guerriero e concentrò tutta la sua furia su Nesta. A suo credito, la femmina rimase con la schiena dritta e il mento alto. Imperiosa e inflessibile. Ember non riusciva a fare a meno di ammirarla.
Gli occhi viola-blu di Rhysand divennero pura oscurità alla sfida nell’espressione di Nesta, nella sua postura. Un predatore che riconosceva un degno avversario, sfoderando gli artigli. Le sue mani si chiusero ai suoi fianchi, come se invisibili artigli si stessero formando.
Il compagno di Nesta si avvicinò a lei, gli occhi che passavano da uno all’altra, diviso. Come se non sapesse da quale parte stare nell’imminente battaglia. “Sto bene, Cassian” mormorò Nesta.
Rhysand non tolse gli occhi da Nesta mentre ordinava: “Presentatevi nel mio ufficio all’alba. Finiremo tutto questo allora.”
Uscì dalla stanza, le porte che sbattevano dietro di lui su un vento notturno.
Nel successivo silenzio, Amren fece cenno a Nesta. “Trova una camera per i tuoi… ospiti, ragazza. E prega la Madre che tua sorella faccia cambiare idea a Rhysand, stanotte.”
Con ciò, uscirono anche loro dalla stanza, lasciando dietro di loro solo un pesante silenzio inquieto.
“Voi due potete stare qui.” Nesta aprì la porta di un’accogliente camera da letto che dava sulla piccola città al di sotto. “Ci sono protezioni su ogni centimetro di questo posto e la Casa è viva, quindi non potete uscire a meno che non ve lo permettiamo, ma… è meglio di una prigione.”
Avevano portato Bryce nelle loro prigioni. Furiosa come era con la figlia, un’altro genere di furia si impadronì di Ember al pensiero.
“Grazie” disse Ember un po’ rigidamente alla femmina. Randall non parlò mentre controllava ogni uscita e potenziale arma. “Aspetta” disse Ember. “Questa casa è viva?”
“In un certo senso” disse Nesta, agitando un’esile mano. “Risponde a me. Questa è casa mia.” Suonava sottile, fragile. Dopo la sfuriata verbale che si era beccata nello studio…
“Grazie” disse piano Ember. “Per essere stata dalla nostra parte.”
Nesta sollevò una spalla, girandosi per andarsene. “Se avete fame, vi basta chiedere ad alta voce alla Casa e del cibo comparirà.”
“Conveniente” mormorò Randall da vicino la finestra.
“Grazie” ripetè Ember. “Se ci fosse un modo per tornare indietro, ce ne andremmo, ma senza Bryce…” Scosse la testa. “Potrei ucciderla per questo, sai. Potrei ucciderla per questo.”
“Vostra figlia vi ama” disse roca Nesta. “Vi ama abbastanza da mandarvi via per tenervi lontani dai problemi.”
“Ci ha usati come moneta di scambio” la corresse Ember.
“No” fece Nesta. “Voleva la Maschera per combattere contro i vostri Asteri, ma penso che più che altro abbia aperto il portale per mandarvi qui. Lontano dai pericoli.”
“Ha lasciato indietro nostro figlio” ringhiò Randall con minaccia non da lui.
“Sono certa che abbia qualche piano per proteggerlo” ribatté Nesta. “Vostra figlia sembra… piena di risorse.”
Ember sbuffò. “Non ne hai idea. Prova ad imporre un coprifuoco per quella ragazza.”
L’ombra di un sorriso attraversò il viso di Nesta. “Verrò a trovarvi dopo colazione.” Le sue spalle si curvarono in avanti mentre si dirigeva verso la porta.
“Sei nei guai?” Domandò Ember. L’incontro tra Nesta e Rhysand come prima cosa di mattina chiaramente non sarebbe stato piacevole.
“Non più del solito” disse tranquillamente Nesta, ma Ember percepì la bugia.
“Veramente, non causeremo problemi qui” disse Ember, “come abbiamo promesso prima. Voglio solo tornare a casa a Midgard.”
“Non penso tornerete a casa, a meno che vostra figlia non abbia successo nella sua missione impossibile.”
Il cuore di Ember si sgretolò. Ma disse: “Se c’è qualcuno che può riuscire ad abbattere gli Asteri, quella è Bryce.”
Un’altra ombra di un sorriso. “Tendo ad essere d’accordo.”
Era confortante, in qualche modo, che questa sconosciuta di un altro mondo avesse fede nella sua selvaggia figlia ostinata. La selvaggia figlia ostinata che a volte le era sembrata uno specchio di sé stessa, se Ember doveva essere onesta.
“Bryce si è… comportata bene qui?”
“No” rispose Nesta. “Ha cercato di dare me e Azriel in pasto ad un verme troppo cresciuto.”
Randall si strozzò, ma non si girò dalla finestra mentre replicava: “Certo che l’ha fatto.”
Ember si massaggiò gli occhi. “Dei, deve avervi dato sui nervi.”
“Naturalmente.” Il sorriso di Nesta fu lento, a malapena un sollevamento dell’angolo delle labbra. Come se non fosse qualcuno che sorrideva facilmente o regolarmente. Una guerriera, sì, ma sembrava giovane, nonostante quelle orecchie da Fae. Nel modo in cui Bryce, con le sue orecchie a punta, sembrava giovane, anche se i Fae potevano sembrare venticinquenni quando avevano trecento anni. Gli dei lo sapevano che il Re dell’Autunno sembrava ancora giovane, sembrava ancora essere appena entrato nella trentina quando Bryce aveva…
Sua figlia aveva…
Era stato Ruhn, si ricordò Ember. Ruhn aveva dato il colpo di grazia.
Ma sembrava comunque che fosse stata Bryce a ucciderlo, in qualche modo. Aveva affrontato il Re dell’Autunno, sfidato tutto il suo odio e la sua miseria. Ember non aveva ancora idea di come processare il tutto.
Anche Nesta aveva quello sguardo. Come se stesse processando un sacco di cose.
E forse era un qualche istinto materno, ma Ember si trovò a dire: “Domani, se esci dal tuo incontro mattutino viva… mi piacerebbe sedermi e parlare con te, Nesta.”
Nesta rimase in silenzio per un attimo, senza dubbio soppesando la richiesta.
Alla fine, la sua bocca si curvò di nuovo verso l’alto in quell’ombra di un sorriso. “Anche a me piacerebbe.”
“Dovresti dormire, Em.”
La voce di Randall risuonò dall’altro lato del letto. Nonostante la chiara ambientazione non moderna, il letto era sufficientemente comodo da rivaleggiare qualunque materasso di Midgard. Ma comunque non offriva ad Ember l’occasione di trovare un oblio riposante.
“Non capisco come tu possa anche solo provare a dormire” sibilò lei, scalciando le pesanti lenzuola. “Siamo in un altro mondo, porca puttana.”
“Ecco perché dovremmo riposare finché possiamo, così avremo forza e concentrazione domani.”
Ember esalò un profondo respiro. “Ti fidi di queste persone?”
Randall rimase in silenzio per un momento, riflettendoci in quel suo silenzioso modo considerato e spietato. “Mi fido della fiducia che ha Bryce in loro. Non penso che nostra figlia ci avrebbe mandati tra le mani di brutali assassini, quando la sua intenzione era quella di tenerci al sicuro.”
Ember tirò su con il naso. “Ne sei sicuro? Ha minacciato di spingermi nella fornace una volta.”
Randall ridacchiò, girandosi su un lato e tenendosi su la testa con una mano. Dei, anche dopo tutti quegli anni, era ancora sufficientemente bello da farle arricciare le dita dei piedi. “Ti ricordo che sei stata te la prima a minacciare di gettare JJ in suddetta fornace se lei non avesse pulito la sua camera.”
Suo malgrado, Ember rise debolmente al ricordo. Ma il divertimento svanì mentre diceva: “La nostra bambina proverà ad affrontare gli Asteri, Randall.”
“Rigelus non saprà cosa l’ha colpito.”
Ember si tirò su a sedere, fulminandolo con lo sguardo.
Anche lui si mise seduto, prendendo una delle sue mani tra le sue, il volto serio. “Lo so contro cosa si sta mettendo. Ma so anche che se c’è qualcuno a Midgard che può farcela, questa è Bryce. E non lo sto dicendo come suo padre. Abbi fede in lei, Ember.”
Ember annuì, sospirando. “Lo faccio. Sono solo…”
“Terrorizzata.”
Ember annuì nuovamente, la gola che si chiuse. “Pensi che Cooper…”
“Sta bene. Quel ragazzo è intelligente e capace. E ha Fury Axtar e Baxian Argos che badano a lui.”
“Non perdonerò mai Bryce per questo.” Disse Ember trattenendo un singhiozzo.
Randall passò un’amorevole mano rassicurante lungo i capelli di lei. “Onestamente? Prego gli dei che riusciremo a dire a Bryce quanto incazzati siamo con lei.”
“Lo so.” Lacrime le pungevano gli occhi ed Ember non poté trattenere un rantolo tremolante. Un attimo dopo, le braccia di Randall si avvolsero attorno a lei, stringendola forte contro di lui. Le baciò la tempia. “La rivedremo.” La baciò di nuovo, delicatamente tirandola giù al suo fianco. “Te lo prometto. Li rivedremo entrambi.”
Ember e Randall si erano appena seduti per la colazione nella sala da pranzo, portati lì da un silenzioso Azriel, quando Rhysand atterrò sulla veranda oltre le porte in vetro. Le sue ampie ali erano come nuvole di tempesta nella luce mattutina. Un attimo dopo, Cassian atterrò, Nesta tra le braccia. Entrambi avevano il viso come la pietra. Incazzati.
Rhysand ringhiò qualcosa che fece irrigidire le spalle di Nesta, il capo che si abbassava.
Ed Ember si trovò a spingersi via dalla sedia, dirigendosi verso le porte. Randall provò ad afferrarla, ma fu troppo tardi. Ed Azriel non la fermò mentre Ember spalancò le porte in vetro per poi chiedere a Rhysand: “Non è un po’ presto per staccare a morsi la testa della gente?”
Il trio si immobilizzò. Rhysand si girò lentamente verso Ember. I suoi occhi erano pozzi neri. “Non ricordo di averti chiesto di unirti alla nostra conversazione.”
Ember tenne il mento verso l’alto. “Avete interrotto la mia colazione. Se volevate privacy avreste dovuto andare altrove.”
Era divertimento quello che brillava negli occhi di Cassian? Ember non osò distogliere la sua attenzione da Rhysand per confermarlo. Randall comparve al suo fianco, una mano sulla schiena in avvertimento mentre diceva: “Vi lasciamo soli.”
Ma Ember si rifiutò di muoversi, anche se una parte di lei tremava dal terrore, e disse: “Nesta ha deciso di accoglierci, ha deciso di dare a Midgard una possibilità per diventare libera. Per dare al mio mondo speranza. Che razza di persona sei per farla a pezzi per questo?”
“Em” la avvisò Randall.
Rhysand incrociò le braccia muscolose. “Mi stai definendo un mostro, Ember Quinlan?”
“Sto dicendo di farla finita” scattò Ember. Dietro di lei, avrebbe potuto giurare che Azriel si fosse strozzato. Ma lei indicò Nesta con il mento. “Lasciala in pace.”
Rhysand resse il suo sguardo.
Per un momento, un’eternità. Delle stelle sembrarono comparire negli occhi di lui. Come la vastità della notte che gli giaceva dentro, dolce e terribile, bellissima e straziante.
Ma Ember gli resistette. Aveva visto e affrontato il male vero. Ne avrebbe portato un segno sulla guancia per sempre a causa di esso.
Qualcosa sembrò ammorbidirsi nello sguardo di Rhysand, come se l’avesse visto. Lo sguardo di lui si spostò su Randall. “Con una moglie e una figlia come le tue, non so come fai ad essere ancora in piedi.”
Randall disse con fascino naturale: “Onestamente, il più dei giorni, non lo so nemmeno io.”
Rhysand sbatté le palpebre alla risposta di Randall, poi rise. Un attimo dopo, anche Cassian ed Azriel ridacchiarono.
Tipici maschi. Non importa su quale pianeta si trovino.
Ember però non sorrise. Il suo sguardò finì su Nesta. Nemmeno la femmina Fae rideva. I suoi occhi azzurro-grigi rimasero fissi su Ember. Pieni di emozione.
Sorpresa. Gratitudine. Desiderio.
E fu lo stesso istinto materno che l’aveva guidata la sera prima che fece estendere ad Ember una mano verso Nesta, dicendole: “Vieni. Fai colazione con me.”
Nesta le prese la mano, le dita sorprendentemente fredde. Come se il volo fin lassù le avesse raffreddate. Ember gliele strinse. “Non lasciare che ti maltratti” consigliò Ember alla femmina.
“Non preoccuparti” disse Nesta, anche se quello sguardo ferito rimase nei suoi occhi. “Mia sorella, la compagna di Rhysand, gli ha fatto la stessa identica ramanzina venti minuti fa.”
Ember sibilò: “Quindi ti ha riportata quassù per sgridarti lontano da lei?”
Nesta sbuffò. “No. Feyre ha messo fine alla discussione. Non verrò giustiziata. Non oggi, almeno.”
All’espressione orripilata di Ember, Nesta continuò: “Non mi ucciderebbero. Non credo. Ma… è complicato. Dubito che qualcuno mi perdonerà molto presto.”
Ember fece cenno verso Cassian. “E il tuo compagno?”
Il dolore nel suoi occhi, la colpa, sembrarono intensificarsi. “Cassian è il più infuriato di tutti con me.” Un muscolo della sua mascella ebbe uno spasmo. Come se stesse trattenendo un’ondata di emozione pura. Solo un muro di acciaio la teneva alla larga.
Ember strinse ancora la mano di Nesta. “Se c’è qualcosa che posso fare per aiutare, qualunque cosa che io possa dire per togliere un po’ di colpa da te…”
Nesta le fece un mezzo sorriso. “Fare il culo a Rhys adesso mi è bastato.” Spinse Ember verso la colazione davanti a loro.
Ember si guardò oltre una spalla, verso Randall che era con Rhysand, Azriel e Cassian. Tutti i maschi ora stavano sorridendo, grazie agli dei. “Sembra che Randall stia facendo un buon lavoro nel conquistarli. Probabilmente raccontandogli di quanto io gli renda difficile la vita.”
Nesta sbuffò di nuovo. “Lamentarsi delle compagne: è praticamente uno sport competitivo per loro.”
Ember ridacchiò. “Sembra che Midgard e questo posto abbiano alcune cose in comune, allora.” Inclinò la testa, guardando la bellissima città dall’aspetto antico al di sotto, il fiume che serpeggiava lungo essa, e quello che sembrava essere il distante luccichio del mare. “Comunque, cos’è questo posto? E perché siete tutti così attraenti?”
Nesta fece un sorrisetto, prendendo a braccetto Ember prima di dire, con del calore che le era finalmente entrato nel tono: “Benvenuta nella Corte della Notte, Ember. Ti troverai bene qui.”
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