#cc3 capitoli bonus
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alessiazeni · 8 months ago
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Masterlist capitoli bonus tradotti in italiano 🇮🇹
✨ACOTAR✨
Capitolo Bonus La Corte Di Nebbia E Furia Nessian
Capitolo Bonus La Corte Di Fiamme e Argento in italiano Azriel
Capitolo Bonus La Corte Di Fiamme E Argento Feysand
🌙CRESCENT CITY🌙
Capitolo Bonus Crescent City 3 in italiano Bryce, Nesta e Azriel
Capitolo Bonus Crescent City 3 in italiano Ember e Randall
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alessiazeni · 8 months ago
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Capitolo Bonus Crescent City 3 in italiano Bryce, Nesta e Azriel
Avviso: Partendo dal presupposto che non ho studiato per diventare traduttrice, quindi ci saranno SICURAMENTE dei possibili errori di traduzione, grammatica, punteggiatura e/o ortografia, questa è la mia versione tradotta in italiano dei capitoli bonus dei libri di Sarah J. Maas.
Certi termini NON saranno gli stessi utilizzati nel terzo libro di Crescent City, come Pugnale della Verità e Tesoro della Paura/Terrore (non ricordo quale termine viene usato, lol), invece ho preferito tenere la versione presente nei libri di ACOTAR, quindi StrappaVerità e Forziere del (di nuovo non mi ricordo, tanto non importa dato che usano solo la prima parte).
Detto ciò, buona lettura!
Drip. Drip-drip-drip. Drip
Ad occhi chiusi, la testa appoggiata contro l’umida pietra irregolare della parete della caverna, Bryce ascoltava la pietra e l’acqua parlare.
Drip-drip. Drop. Drip-drip-drop.
Era più conversazione di quanto avessero offerto Nesta o Azriel nelle due ore in cui si erano tutti presi una pausa. Tecnicamente, Bryce avrebbe dovuto essere addormentata. Ma senza il giorno o la notte a scandire i ritmi del suo corpo, sedeva semplicemente in uno stato di semi-torpore, non proprio addormentata, non proprio sveglia.
Drip-drop-drop. Drip.
Bryce aprì un occhio, osservando i suoi due compagni. Nesta sedeva contro la parete opposta, il capo chino, respirando piano.
Ma Azriel fissava direttamente Bryce. Lei sobbalzò, sbattendo la testa contro la roccia. Ci vide bianco dal dolore. Per quando si riprese, Nesta si era svegliata.
“Che succede?” Nesta guardò lungo una parte del tunnel, poi dall’altra. Fitta oscurità riempiva entrambe le direzioni, interrotta solo dal debole bagliore argenteo della stella di Bryce da sotto la maglietta. Una luce costante che non era aumentata o diminuita. Come se stesse dicendo, Sei sulla giusta strada. Continua.
Bryce massaggiò il retro della sua testa dolorante e si tirò su a sedere. “Oh, niente. Solo il tuo solito guerriero predatore notturno che mi fissa mentre dormo.”
“Non stavi dormendo,” disse Azriel, un leggero divertimento nella voce.
“Come lo sai?” Bryce controbatté, ma le labbra le guizzarono verso l’alto.
Nesta sbadigliò, allungando le braccia sopra la testa e girando il collo da una parte all’altra. “È suo compito essere vigile.” Abbassò le braccia, un leggero cipiglio mentre guardava Azriel. “La stavi davvero guardando dormire?”
Azriel la guardò torvo. “Quando lo dici così, suona… sgradevole.”
“È inquietante,” borbottò Bryce.
“Tu sei una sconosciuta per noi,” le fece notare Nesta. “Saremmo degli stupidi a distogliere l’attenzione da te per un solo secondo. Anche quando dormi.”
Bryce incrociò le gambe, sospirando. Non c’era possibilità di dormire, ora. “Be’, smettiamo di essere sconosciuti,” suggerì. Una tattica di sopravvivenza che Randall le aveva insegnato: entrare nelle grazie di qualunque carceriere. Fargli vedere cuore e anima affinché considerasse di non ucciderla.
Perché nonostante avessero lasciato quella cella per interrogatori, anche se Nesta le aveva ridato il telefono, Bryce non aveva dubbi che l’opzione di ucciderla fosse ancora considerata.
“Cos’è che vuoi sapere?” Nesta chiese attenta.
Bryce guardò tra i due. “Come vi siete conosciuti?”
Avrebbe potuto giurare che Azriel si era irrigidito, come se stesse giudicando quanto pericolosa sarebbe stata qualunque risposta, cercando di capire perché Bryce avesse voluto saperlo.
“C’era una guerra,” Nesta disse brevemente.
“Tra chi?” Chiese Bryce.
Di nuovo, quel silenzio giudicante. Fu Azriel a rispondere stavolta. “Tra un malvagio Re Fae e noi.”
“Voi due o, tipo… tutti?”
Nesta la fulminò con lo sguardo. “Sì, il Re di Hybern ha dichiarato guerra solo contro me e Azriel.”
Bryce sollevò le spalle. “Non mi sorprenderebbe con i Fae. Stronzi meschini e quant’altro.”
Azriel ridacchiò, ma disse, “Voleva conquistare le nostre terre, poi il mondo. Non intendevamo permetterglielo.”
Nesta aggiunse cupamente, “Specialmente dopo che ha fatto trasformare me e mia sorella da umane a Fae Maggiori.” Parole perfide, ma inquiete.
“Suppongo che la vostra parte abbia vinto?” Bryce alzò un sopracciglio.
“Abbiamo sconfitto Hybern,” confermò Azriel. Uno sguardo verso StrappaVerità al suo fianco. Poi verso Nesta. “Nesta stessa ha decapitato il Re di Hybern.”
Bryce sbatté le palpebre. “Cazzuta,” disse.
Un’indomita soddisfazione brillò negli occhi di Nesta. “Se l’è cercata.” Studiò Bryce. “Da ciò che hai detto, il tuo mondo è costantemente in guerra. Ci sono… dei ribelli?”
“Già.” Bryce giocherellò con l’orlo della maglia. “Combattono contro gli Asteri da molto tempo. Il mio compagno, Hunt, ha lottato in un’altra ribellione secoli fa, una che è fallita.  Quella degli umani è iniziata un secolo dopo quella. E gli Asteri ne erano così incazzati da dare inizio al servizio di coscrizione umana.”
“Di cosa si tratta?” Chiese Azriel.
Bryce corrugò la fronte. “Ogni umano è un membro della classe dei peregrini, in confronto ai Vanir, che sono cittadini appieno, civitas. E a ogni peregrino è richiesto di servire nella milizia imperiale per tre anni. Gli Asteri li mandano dritti al fronte dei ribelli. Li fanno uccidere la loro stessa gente. Uccidono le stesse persone che combattono per la loro libertà.”
“Tu hai dovuto servire?” Chiese Nesta, osservando Bryce.
“No,” disse roca Bryce. “Mia mamma ha fatto un accordo con mio padre biologico, che è Fae. Lui mi ha fatto ottenere lo status completo di civitas, che mi ha esentata dalla coscrizione. Lui è uno spreco di spazio, in generale, ma mia mamma era disposta a rischiare di contattarlo, di permettergli di rientrare nelle nostre vite, per il mio bene. Così che potessi evitare di andare al fronte.” Non aveva mai smesso di essere grata a sua madre per quello.
“Ma tua madre, da umana, ha dovuto servire, presumo,” disse Nesta, il viso pieno di pietà.
“No,” disse di nuovo Bryce. “Per preservare le menti umane più brillanti, gli Asteri offrono un test per evitare la coscrizione. Ottieni i punteggi più alti, e sei decretato abbastanza utile da non dover servire. Mia mamma ha fatto il test a sedici anni, ha fatto praticamente tutto giusto, e ha potuto saltare il servizio. Mio padre, il mio patrigno, intendo, non ha raggiunto la soglia minima per un punto. L’hanno spedito al fronte due settimane dopo. È, uh… Non è stato facile per lui.”
Randall aveva avuto per molto tempo problemi per il peso dei suoi anni da cecchino. Andava ancora in terapia due volte a settimana per ciò, a volte si perdeva ancora negli orrori che aveva sopportato e inflitto ad altri.
Santi numi, Bryce sperava che stesse bene. Sperava che fosse in grado di rispolverare quelle abilità omicide per le quali aveva pagato così tanto per tenere al sicuro sua madre e Cooper.
“”Tua madre deve essere molto intelligente, allora,” disse Nesta. “E resiliente.”
“Già,” fece Bryce, il petto che le faceva male. “È una spina nel fianco, ma devo molto di ciò che sono a lei. Tua mamma anche deve essere fiera di tutta la tua… cazzutaggine.”
La schiena di Nesta si irrigidì. “Mia madre si rivolterebbe nella tomba se sapesse che sono una guerriera, se sapesse che indosso i pantaloni tutti i giorni e che sono legata ad un maschio Fae. Non so dire cosa l’avrebbe schifata di più: se avessi sposato un uomo umano e povero, o quello che sono diventata ora.”
Bryce sussultò. “Mi sembra che fosse proprio una perdente. Senza offesa.”
La bocca di Nesta si contorse in un sorriso ironico. “Nessuna offesa.”
Bryce indicò Azriel con il mento. “Tu pure hai il malinconico aspetto di uno con una madre tremenda. Ti va di raccontare?”
Nesta sbuffò. “Az non parla mai di sua madre, e nemmeno i nostri amici, quindi immagino sia anche peggio.”
L’Illyrian ringhiò piano, “Mia madre è tutt’altro che tremenda.”
Nesta si tese, come se fosse sorpresa di ricevere un tale responso da lui. “Stavo scherzando, Az. Non sapevo nemmeno…”
“Non voglio discuterne,” la interruppe freddamente Azriel.
Bryce non si perse il bagliore ferito negli occhi di Nesta. Tentando di salvare la conversazione, disse, “Be’, per quello che vale, anche la mia migliore amica, Danika, aveva una mamma di merda.”
“Non ne ho il monopolio,” disse piattamente Nesta, che ancora si stava ricomponendo dopo la sfuriata di Azriel.
Bryce fece un sorriso. “Danika diceva che forma il carattere.” E all’espressione chiusa di Nesta, si trovò a dire, “Penso avesse ragione, in un certo senso. Penso che la crudeltà di sua madre l’avesse resa una persona più gentile, premurosa. Ha visto come Sabine trattava gli altri, e ne era così disgustata da voler diventare l’opposto. Danika viveva nel terrore di diventare come sua madre.”
Nesta non disse altro, ma, lì. Un debole cenno. Come se avesse compreso. Come se avesse vissuto con quella paura ogni giorno.
L’acqua continuò a fare drip-drip-drip nuovamente nel silenzio pesante.
“Quindi quel… tuo telefono,” disse improvvisamente Nesta, come se fosse impaziente di cambiare argomento per il bene di tutti. “Hai detto che contiene della musica?”
Bryce pescò il telefono dalla tasca posteriore, la sua luminosità era intensa contro quella lieve della sua luce stellare. “Già. Ho la mia intera libreria musicale qui dentro.”
L’orologio sul suo telefono segnava le 3:56 del mattino. Le girò la testa. Era quello l’orario lì? O a casa? Che giorno era lì, o laggiù? Per quanto tempo Hunt e Ruhn erano stati…
Spinse i pensieri fuori dalla mente.
“Posso… sentire un po’ della tua musica?” la domanda di Nesta  era tentativa, come se fosse stata a disagio a fare una richiesta così personale.
Bryce le fece un mezzo sorriso. “Certo. Che tipo di musica vi piace?”
Al loro silenzio confuso, Bryce continuò, “Classica, dance, jazz… okay, chiaramente queste parole non significano nulla per voi.”
“Metti la musica che rappresenta meglio il tuo mondo,” disse Nesta.
“Penso che Midgard potrebbe entrare in un’altra guerra per questo,” fece Bryce. “Ma vi metto la mia preferita, almeno.”
Fece una smorfia notando la batteria che scendeva, ben consapevole che mettere la musica l’avrebbe prosciugata, ma la brama di un assaggio di casa superava l’apprensione.
Bryce scorse tra la musica finché non selezionò un duo folk che le venne subito in mente: Josie e Laurel. La mano le tremò un po’ all’importanza di scegliere quale delle loro svariate canzoni mettere, quale sarebbe stata la loro prima canzone ad essere ascoltata su quel pianeta. Le sue preferite cambiavano a seconda del suo umore, dell’attuale fase di vita. Alla fine, scelse di pancia.
Stone Mother cominciò, la batteria rullava e batteva, compensando la chitarra, selvaggia e al contempo delicata. E poi la voce di Josie riempì il tunnel, aspra, ma alta, accentuata dai cori dolci e chiari di Laurel. Il suono era straniero, semplice, perseguitante. Nel giro di poche note, Bryce era tornata nella sua cameretta d’infanzia  a Nidaros, stravaccata sul tappeto, lasciando che il suono della musica le passasse sopra per la prima volta.
Poi era sulle secche colline di Valbara, circondata da ulivi. Dopo sulla banchina costeggiata da palme lungo l’Istros. Poi con Danika. Poi da sola.
Infine con Hunt.
Quella canzone l’aveva accompagnata durante tutto quello, attraverso gli anni di dolore e vuoto e ricostruzione. L’aveva portata dalla luce all’oscurità e di nuovo alla luce.
Le armonie quasi spettrali echeggiavano contro le pietre, fino a quando la roccia sembrò cantare.
E quando finì, il silenziò riprese. Gli occhi di Nesta erano ampi. “È stato bellissimo,” disse infine. “Non ho capito una parola, ma l’ho sentito.”
Bryce annuì, sofferente al pensiero di casa, dei volti che la canzone le aveva portato alla mente. “Questo era un genere di musica folkloristica, country. Ma questa è quella che chiamiamo musica classica, roba che viene suonata in grandi saloni. La mia amica Juniper danza a questo genere di cose al Crescent City Ballet. Anche io danzavo, però… lunga storia. Questa era una delle mie danze preferite. È di un balletto chiamato The Glass Coffin.” Bryce premette di nuovo avvia, e i violini cominciarono.
Di nuovo, Nesta era silenziosa, le ginocchia al petto, fissando l’oscurità. Come se stesse dedicando ogni parte di sé all’ascolto.
“Questa sembra della nostra musica,” mormorò Azriel. Nesta lo zittì.
Bryce batté il piede a ritmo della melodia, leggendo le espressioni che attraversavano il viso di Nesta mentre la musica continuava. Meraviglia e curiosità, gioia, e desiderio. Nesta sembrava vibrare con la musica, nonostante non si movesse affatto. Come se prendesse vita solo ascoltandone il suono.
Quando il pezzo finì, il roboante finale fragoroso nella caverna, Nesta incontrò lo sguardo di Bryce e disse, “Anche a me piace danzare.” Era un piccolo pezzo di sé stessa, ma offerto volontariamente. Bryce sentì il cuore scaldarsi per la guerriera, solo un po’.
“Sì?”
Ma Nesta indicò di nuovo il telefono. “Mettine ancora, per favore.”
E Bryce lo fece.
Due ore dopo, stavano di nuovo camminando. Forse Azriel era stato abbastanza interessato alla musica da permettere loro di trattenersi. Bryce aveva messo un campione di ogni genere che le era venuto in mente. Nesta si era portata le mani alle orecchie alle urla e lamenti del death metal, ma Azriel aveva sogghignato.
Probabilmente sarebbe andato d’accordo con Ruhn e i suoi amici idioti.
Nesta aveva preferito la roba classica, ed entrambi erano intrigati dalla musica da club pulsante e martellante. “È a questo che ballate nel tuo mondo?” chiese Nesta. Bryce non era riuscita a capire se fosse intrigata o sconcertata. Azriel almeno sembrava apprezzare.
Ma ora erano tornati di nuovo al silenzio, camminando di fianco a un’incisione dietro l’altra. Dovevano starsi avvicinando a… qualunque cosa li attendesse in fondo a quel tunnel.
E se avessero camminato e camminato senza trovare qualcosa? A che punto avrebbero deciso di rinunciare? La stella di Bryce continuava ad essere luminosa, puntando in avanti, ma cosa sarebbe successo se non la stava interpretando in maniera giusta? Forse il suo istinto si sbagliava.
Forse non era stata mandata lì da Urd. Forse era stata tutto un’enorme stronzata cosmica.
Un gigantesco errore.
La gola di Bryce si strinse. Aveva cercato di non pensare a cosa stava succedendo a Hunt e Ruhn, ma nella continua oscurità dei tunnel, la paura le tornò. Erano al sicuro? Erano ancora vivi?
“La musica nel tuo mondo,” disse improvvisamente Nesta, interrompendo i pensieri tragici di Bryce. “È semplicemente disponibile per tutti?”
“In un certo senso? C’è una specie di… libreria non fisica fatta da macchinari che possono conservare tutte le informazioni del mondo. Musica, arte, libri, tutto.  Quindi sì, puoi trovare qualunque canzone, qualunque brano, e ascoltarlo quando vuoi.”
“Avete delle meraviglie nel tuo mondo.” Disse Nesta.
Azriel aggiunse da un paio di passi più indietro rispetto a loro, “E orrori.”
Bryce grugnì in assenso. “Sono certa che ne avete anche voi.”
“È così,” disse mestamente Azriel.
Bryce riempì il buco di ciò che lui non avrebbe rivelato. “Ma non avete mai visto cose come pistole o bombe, giusto?” Supponeva che fosse così, dato che erano sembrati sconvolti quando aveva mostrato loro le sue memorie nella sfera Veritas.
“Sono stati gli Asteri ad inventare quelle armi?” chiese cupo Azriel.
“No. È stato qualche altro coglione malato,” mormorò Bryce. “Ma ora sono ovunque.”
“Dovrebbero essere distrutte tutte.”
“Sì. Non portano nulla di buono al mondo.” Bryce inclinò la testa di lato. “Quindi voialtri avete spade e cose così?”
“Una cosa del genere.” disse evasivo Azriel. Chiaramente non l’avrebbe illuminata sulle loro difese.
“E la vostra magia è…”
“Non insistere,” disse Azriel, una punta di quel gelo di prima gli entrò nella voce.
Le labbra di Nesta si assottigliarono a quel tono, come se stesse ricordandosene anche lei. Come se non le andasse bene.
“Okay, okay,” fece Bryce. “Ma sarebbe bello sapere qualcosa del vostro mondo. O di voi.”
Entrambi restarono in silenzio.
Bryce chiese a Nesta, “Hai un compagno, giusto?” Fece un cenno verso Azriel. “E tu?”
“No,” disse velocemente Azriel, la voce piatta.
“Una partner o moglie?
“No.”
Bryce sospirò. “Okay, allora.”
Le ali di Azriel si contrassero “Sei un’impicciona incurabile.”
“Credo che sia la cosa più carina che tu abbia detto su di me.” Bryce gli fece l’occhiolino. “Ascolta, è solo che… sono curiosa. Voi no?”
Azriel non rispose, ma Nesta disse, “Sì. Lo siamo.”
Bryce fece passare una mano su una delle incisioni, una giovane ragazza seduta su un fungo velenoso, un segugio spaparanzato sul terreno di fianco a lei. “Trovo pazzesco come, in quindicimila anni, abbiamo sviluppato qualunque tipo di tecnologia e il vostro mondo è ancora, sapete, così.” Indicò i loro vestiti, la caverna. Gli occhi di Nesta si assottigliarono, e Bryce aggiunse in fretta, “Mi sto semplicemente chiedendo perché cambiamenti simili non siano successi qui. Voglio dire, noi avevamo gli Asteri, ma molte delle nostre invenzioni non sono venute da loro.”
“Forse è stato il risultato di così tanti mondi che si sono mischiati assieme a Midgard,” suggerì Nesta. “Ognuno ha portato le proprie conoscenze. Unendosi, avranno capito come fare. Da soli, forse, non ci sarebbero riusciti.”
“Forse. Ma avevamo anche la primaluce, una risorsa di potere comune. Voi non l’avete qui. Solo potere individuale.” Certo, il potere comune di Midgard c'era grazie agli Asteri. Era una cosa buona o cattiva? Bryce non iniziò nemmeno a chiederselo. I suoi sentimenti su ciò erano un garbuglio incasinato di gratitudine e rabbia.
Nesta chiese, “Pensi che senza primaluce, il tuo mondo diventerebbe come il nostro?”
Bryce ci pensò. “Non vedo un altro modo per caricare le nostre macchine o i telefoni, quindi… probabilmente.”
Azriel chiese, “Le pistole hanno bisogno di primaluce?”
“No,” disse Bryce. “E nemmeno alcune delle bombe ne hanno bisogno.”
Il peso dell’oscurità era opprimente. “Quei mali resteranno a Midgard per sempre, anche senza primaluce.”
“E la gente continuerebbe a uccidersi a vicenda, anche senza quelle armi.” Nesta disse gravemente. “I malvagi troveranno sempre un modo per ferire e fare del male.”
“È questa la parte dove mi ricordate che voialtri troverete sempre un modo per ferire e fare del male a me se faccio un passo falso?”
“Sì,” disse piano Azriel. “Ma questa è anche la parte in cui ti dico che di solito siamo noi quelli che cercano un modo per fermare quella gente malvagia.”
“Non è un po’ troppo rivelatore?” Stuzzicò Bryce. “Dovreste mantenere l’immagine dei grandi stronzi cattivi. Non dirmi che siete un gruppo di brava gente che combatte il crimine.”
“Puoi fare del bene,” la avvertì Azriel, “anche se sei cattivo.”
Bryce fischiò. “Conosco diversi maschi a casa che potrebbero solo sognarsi di dire una frase simile in modo così figo.”
Nesta ridacchiò. “Ne conosco un po’ anche io.”
Azriel lanciò uno sguardo incredulo a Nesta. Ma Nesta stava sogghignando verso Bryce.
Bryce sorrise di rimando. “Ego maschile: una costante universale.”
Nesta rise di nuovo. “Se non fossi nostra prigioniera,” le disse, scuotendo il capo, “credo che mi piacerebbe definirti un’amica, Bryce Quinlan.”
Bryce non sapeva perché quelle parole colpirono qualcosa nel suo profondo.
“Già,” disse roca Bryce. “Lo stesso vale per me.”
Camminarono ancora in silenzio, ma non era più teso. C’era qualcosa… di più leggero. Anche solo per un momento. Come se loro non fossero i suoi carcerieri, ma piuttosto i suoi compagni.
Bene. In quel mondo, almeno, i Fae non erano così male. Chiaramente avevano la loro dose di stronzi Fae anche lì, ma Nesta… a Bryce non dispiaceva.
Era spiacevole, davvero. Bryce era sempre stata fiera di provare risentimento nei confronti di qualunque Fae, suo fratello e i suoi idioti di amici erano una rara eccezione, ma questi due sconosciuti, e ciò che aveva messo assieme riguardo la gente attorno a loro…
Sembravano persone decenti, a cui importava e che si volevano bene a vicenda.
Non era nemmeno sicura che i Fae di Midgard sapessero il significato della parola amore. La definizione di essa del Re dell’Autunno aveva lasciato una piccola cicatrice sul viso di sua mamma.
Ma questi Fae erano diversi.
Importava? I Fae di Midgard non erano un suo problema, e non voleva che lo fossero, ma se avessero potuto essere molto di più? Un tale cambiamento era possibile?
“Ti piace?” chiese Bryce a Nesta all’improvviso. “Essere Fae?”
“All’inizio no,” disse piatta Nesta. “Ma ora sì.”
Azriel sembrò ascoltare attentamente.
Nesta continuò, “Sono più forte, più veloce. Più difficile da uccidere. Non ci vedo lati negativi in questo.”
“E la durata di vita praticamente immortale non è così male, eh?” la stuzzicò Bryce.
“Mi sto ancora abituando all’idea,” fece Nesta, gli occhi puntati sul tunnel di fronte a loro. “Quel tempo è così… vasto. La quotidianità contro l’estensione nei secoli.” Spostò la propria attenzione su Azriel. “Come fai a gestirlo?”
Lui rimase in silenzio per un momento prima di rispondere, “Trova delle persone che ami, fanno passare il tempo in fretta.” Catturò l’attenzione di Nesta, dicendo con un’ombra di scuse, “Soprattutto se ti perdoneranno quando ogni tanto ti arrabbi con loro per cose di cui non hanno colpa.”
Qualcosa sembrò intenerirsi negli occhi di Nesta, sollievo, forse, al ramo di ulivo porto. Lei disse piano, tentativamente, “Non c’è nulla da perdonare, Az.”
Ma le parole di lui avevano alleggerito la tensione rimanente. E le successive finirono  completamente il lavoro mentre faceva l’occhiolino a Nesta. “E mi è stato detto che anche i bambini fanno volare il tempo.”
Nesta alzò gli occhi al cielo, ma Bryce non si perse il bagliore in essi. Nesta era disposta a stare al gioco, per tornare alla loro normale dinamica. Ammise, “Non saprei nemmeno come crescerlo, un bambino.” Indicò sé stessa. “Cresciuta da una madre terribile, ricordi?”
“Non significa che anche tu la sarai.” Azriel disse dolcemente.
Nesta rimase zitta per un istante, poi ammise, “Mia madre era anche peggio con Feyre, e mia sorella è diventata…” Cercò la parola adatta. “Una madre perfetta.”
“Non esiste una madre perfetta.” Si intromise Bryce. “Giusto che tu lo sappia.”
“Proprio tua madre sembra abbastanza perfetta,” disse secca Nesta.
“Santi numi, no,” disse Bryce, ridendo. “Ma sarebbe la prima a dirlo. La perfezione è un ideale ingiusto da imporre a chiunque. Mia madre me l’ha insegnato, in realtà.”
Bryce deglutì a fatica, pensando a Ember. Gli Asteri le avevano dato la caccia e uccisa? Se Bryce fosse mai tornata a casa… sua madre sarebbe stata lì?
Nesta posò una mano sulla spalla di Bryce, sembrava consolatoria, in qualche modo. Come se avesse sentito tutto quello che passava per la mente di Bryce, il panico che le batteva nel cuore.
“Che c’è?” Bryce chiese, guardando la femmina.
Nesta indicò la tasca di Bryce. “Possiamo ascoltare un altro po’ della tua musica?”
Era un’offerta amichevole, decisamente intesa per tirare fuori Bryce dalla sua malinconia. Una gentilezza da una femmina che chiaramente non era abituata a tali dimostrazioni. Bryce ripescò il suo telefono.
La batteria stava scendendo verso la zona rossa. Presto sarebbe morta. Ma per questo… poteva risparmiarla.
“Cosa volete ascoltare?” Chiese Bryce, aprendo la sua libreria musicale.
Nesta ed Azriel si scambiarono uno sguardo, e il maschio rispose un po’ imbarazzato, “La musica che avete nelle vostre sale di piacere.”
Bryce rise, “Sei un patito dei club, Azriel?”
Lui la guardò in cagnesco, guadagnandosi un sorrisetto da parte di Nesta, ma Bryce mise uno dei suoi brani preferiti su cui ballare, un vigoroso miscuglio del martellante basso e dei sassofoni, di tutte le cose. E mentre i tre camminavano nell’oscurità senza fine, avrebbe potuto giurare di aver visto Azriel muovere la testa a ritmo di musica.
Nascose il suo sorriso e mise una canzone dopo l’altra, fino a quando la batteria del suo telefono non arrivò agli sgoccioli. Fino a quando quell’ultimo bellissimo legame con Midgard si spense e morì.
Niente più musica. Niente più foto di Hunt.
Ma la musica sembrava rimanere, come un’eco fantasma nella caverna.
E ad ogni miglio, poteva sentire Azriel canticchiare piano tra sé e sé. L’ondeggiante melodia selvaggia di Stone Mother fluiva dalle sue labbra, e avrebbe potuto giurare che persino le sue ombre danzassero al suono.
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alessiazeni · 8 months ago
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Capitolo Bonus Crescent City 3 in italiano Ember e Randall
Avviso: Partendo dal presupposto che non ho studiato per diventare traduttrice, quindi ci saranno SICURAMENTE dei possibili errori di traduzione, grammatica, punteggiatura e/o ortografia, questa è la mia versione tradotta in italiano dei capitoli bonus dei libri di Sarah J. Maas.
Certi termini NON saranno gli stessi utilizzati nel terzo libro di Crescent City, come Pugnale della Verità e Tesoro della Paura/Terrore (non ricordo quale termine viene usato, lol), invece ho preferito tenere la versione presente nei libri di ACOTAR, quindi StrappaVerità e Forziere del (di nuovo non mi ricordo, tanto non importa dato che usano solo la prima parte).
Detto ciò, buona lettura!
Ember Quinlan fissò la femmina Fae in piedi sull’ornato tappeto rosso davanti al caminetto scoppiettante. Per un attimo avrebbe potuto giurare che anche negli occhi della giovane femmina scoppiettassero delle fiamme argentee. Spaventò Ember abbastanza da farla fermare.
Solo  un istante, poi…
Ember si girò verso il punto in cui c’era stato il portale, dove c’erano stati la neve e il ghiaccio di Nena, i cui fiocchi si stavano ancora sciogliendo tra i suoi capelli neri.
Il fucile di Randall fece clic, la sicura tolta. Ember non ebbe bisogno di guardare il marito per sapere che aveva mirato contro la femmina che li monitorava con una tale immobilità.
Il portale non c’era più. Solo la stanza, quel mondo, erano rimasti. Una stanza con muri di pietra rossa, arredi in legno con imbottiture, e un’intera parete di libri. Delle finestre delineavano l’altro muro, tutte chiuse contro la notte, rivelando una luminosa città al di sotto. Non un’esageratamente illuminata città moderna, piuttosto una con bassi edifici e luci dorate. Lo sprazzo di un luccicante fiume che come un serpente ne attraversava il cuore.
Bryce l’aveva lasciata lì. Li aveva lasciati. Aveva buttato lei e Randall lì, poi aveva chiuso il portale.
E ora Bryce era…
La femmina Fae parlò, la voce fredda e piatta, in una lingua che Ember non riconobbe. Perché non era una delle lingue di Midgard. Era una lingua di un altro luogo, di un altro mondo…
“Apri quel portale” ringhiò Randall nella loro lingua ed Ember si girò per vedere il marito che stava ancora mirando il fucile contro il bel viso della femmina. Ma la femmina guardò verso la parete di finestre. Verso l’oscurità che giungeva dall’orizzonte.
Perfino il sangue mortale di Ember sapeva che non era una tempesta. Era qualcosa di molto, molto peggio.
La femmina parlò di nuovo, la voce ancora imperturbata. Indicò il fucile, facendo segno con la mano di metterlo giù.
Randall non lo fece. “Apri quel portale” ordinò nuovamente.
L’oscurità all’orizzonte si stava avvicinando a loro. I sottili peli sulle braccia di Ember si sollevarono.
“Abbassa il fucile” sussurrò Ember a Randall.
“Cosa?” Randall non abbassò il fucile mentre spostava lo sguardo verso di lei.
“Abbassa quel cazzo di fucile” espirò Ember mentre l’oscurità si faceva ancora più vicina, divorando le luci della città, le stelle, la luna…
Randall rimise la sicura, ma non fece in tempo ad abbassare l’arma prima che le tenebre esplodessero dalle pareti.
“Non avevi alcun diritto” un maschio Fae tuonò dietro una porta chiusa. Ember aveva sentito Nesta chiamarlo Rhysand. Lei e Randall ascoltarono da una sala in pietra rossa, sorvegliati da un solenne maschio con capelli scuri e ali da drago.
Ember capì le parole solo perché in quei primi momenti dopo che la tempesta oscura aveva distrutto le finestre irrompendo nella stanza, lei e Randall erano stati interrogati. Dato che era chiaro che non capissero la lingua, il maschio che era comparso dal cuore della tempesta punteggiata da stelle aveva dato a entrambi un fagiolo argentato, facendo segno di mangiarlo.
Ember l’aveva inghiottito, perché la femmina dagli occhi grigi, Nesta, aveva detto Bryce e aveva mimato di mangiare il fagiolo, per poi indicarsi la bocca. Ember ricordò che la figlia aveva menzionato di aver mangiato una specie di cosa magica lì che le aveva permesso di capire e parlare a quelle persone nella loro lingua. Quindi Ember lo inghiottì e Randall seguì il suo esempio.
Svennero, risvegliandosi lì, nella sala, proprio mentre le porte dello studio si stavano chiudendo. Ember aveva intravisto i nuovi arrivati, giusto in tempo per vedere Nesta circondata da Rhysand, una femmina con capelli corti, e un maschio con spalle larghe e ali da drago come il guerriero nella sala di fianco a loro.
Ember e Randall non avevano osato parlare. Non mentre sprazzi dell’accesa discussione filtrava dalla serratura.
“Non avevi alcun diritto” Rhysand ringhiò ancora, la voce che riverberava nella pietra. Il suo potere faceva sembrare il Re d’Autunno un bambino in confronto.
“Avevo ogni diritto” Nesta controbatté freddamente. “Il Forziere risponde a me, mi obbedisce.”
“Hai trasferito un’arma mortale proprio nel mondo dove i nemici che la stavano cercando si sono accampati per millenni, proprio nelle mani dell’unica persona che può aprire un portale verso il nostro mondo con mezzo pensiero. Che cosa stavi pensando?” Le ultime parole vennero ruggite.
L’altro maschio nella stanza mormorò: “Rhys.”
Un feroce ringhio basso fu l’unica risposta.
La voce dell’altra femmina, secca, tagliente, disse: “Prima di farla a pezzi, Rhysand, ascolterei le ragioni della ragazza per aver consegnato la Maschera.”
“Non ci sono scuse per questo” scattò Rhysand. “E quando arriverà Feyre…”
“Non rispondo a mia sorella o a te” ribatté Nesta. “Non sono una tua suddita da punire a piacimento.”
Ember guardò la loro guardia. Il bellissimo maschio dall’altro lato di Randall, l’armatura scura adornata con pietre blu, rimase impassibile.
“Hai messo a rischio questo intero mondo” urlò Rhysand. “Puoi non rispondere direttamente a me, ma risponderai a ogni essere qui per ciò che hai fatto.”
“Era disperata” disse Nesta, e il cuore di Ember le fece male. “Era disposta a lasciare i suoi genitori come garanzia, porca puttana.”
“Non mi importa un cazzo di chi ha lasciato o cosa ha detto. Le hai dato la Maschera…”
“Mi ha implorata di tenerli, anche se non le avessi dato la Maschera.”
Ember guidò Randall. Puro dolore e sofferenza riempirono gli occhi di suo marito. Bryce li aveva… scambiati. Per quella luccicante cosa d’oro che aveva visto passare da Nesta a sua figlia.
E oh, dei. Cooper…
Ember strinse l’amuleto d’argento dell’Abbraccio attorno al collo, chiudendo gli occhi e mormorando una preghiera.
Benevolente Cthona che dimori al di sotto, proteggi nostro figlio, prenditi cura di lui…
In quelle settimane, per quanto brevi, l’allampanato ragazzo quasi scheletrico che si era presentato alla sua porta con dei tali occhi inquieti e cupi era diventato un figlio. Dalla preoccupazione che ora riempiva anche gli occhi di Randall, Ember poteva solo immaginare che i suoi pensieri avevano preso la stessa direzione. Bryce aveva lasciato Cooper indietro. Aveva preso loro, ma aveva lasciato il ragazzo, lasciandolo vulnerabile e solo, ancora…
Ci vide rosso. Bryce aveva parlato con Cooper, aveva riso con lui ad Avallen. Si era comportata normalmente, eppure sapeva di aver pianificato di fare questo, di lasciarlo indietro.
Il bellissimo maschio alato guardò con sospetto verso Ember, percependo la sua ira.
Nello studio, Nesta stava dicendo: “Se c’è una possibilità di sconfiggere i Daglan, gli Asteri, perché non dare a Bryce ciò che le serve?”
“Perché la uccideranno e prenderanno la Maschera e il Corno e apriranno un cazzo di cancello verso questo mondo!” Urlò Rhysand. “Avresti dovuto uccidere Bryce nel momento in cui ha aperto quel portale” continuò lui. “Nel momento in cui è apparsa avresti dovuto colpirla alla sua cazzo di gola con Ataraxia…”
“Meritava l’onore di essere ascoltata” scattò Nesta di rimando. “Dopo tutto quello che ha passato, lo meritava.”
“Meritava di essere obliterata per averci messo in un tale rischio, una seconda volta!” Urlò Rhysand.
“Litigate dopo” consigliò l’altra femmina. “Prima dobbiamo occuparci dei genitori.”
Ember si irrigidì e Randall fece per prendere un coltello che non c’era più. Si erano svegliati senza il suo fucile e il suo coltello. Insieme a quello segreto che teneva negli stivali.
Le porte dello studio si spalancarono, sbattendo così forte contro i muri di pietra che Ember avrebbe potuto giurare che perfino la loro guardia sussultò. “Azriel.” La comandante voce di Rhysand tuonò da dentro lo studio. “Portali dentro.”
Azriel, il maschio con cui Bryce aveva viaggiato nelle caverne. Stava facendo loro cenno di andare avanti, il volto come il ghiaccio.
Ogni passo sembrava troppo lento mentre Ember e Randall, la loro guardia che li fiancheggiava, entravano nello studio. Era più piccolo della stanza in cui erano arrivati. Troppo piccolo, considerati gli imponenti maschi che ora lo occupavano. Anche Rhysand aveva ali, come Azriel e l’altro maschio, ma aveva anche le orecchie a punta dei Fae.
E l’altra femmina più bassa… il caschetto al mento ondeggiò mentre si girava, rivelando occhi argentei che marcavano ogni dettaglio di Ember, fino al fondo della sua anima.
Rhysand incombeva come una tempesta movimentata al centro della stanza.Perfino il fuoco sembrava intimorito da lui. Nesta era a diversi piedi di distanza, gli occhi azzurro-grigi sospettosi, nessuna traccia di quella fiamma d’argento. Strinse le mani, ma il volto rimase vuoto. Il bellissimo maschio dalle spalle larghe al suo fianco aveva le labbra strette dalla preoccupazione, o dalla rabbia. Forse entrambe.
Nessuno degli sconosciuti sembrava particolarmente… tranquillo. Gli occhi viola-blu di Rhysand si mossero verso Randall, poi Ember. Randall si irrigidì, come se sarebbe saltato tra Ember ed ogni minaccia, come aveva fatto molte volte nel corso della loro vita assieme.
Ma Ember fremette di rabbia contro Rhysand, “Non ti disturbare di obliterare mia figlia.” La furia le scorreva attraverso. “Quando tornerò a Midgard, lo farò io stessa.”
“Sapevi che Bryce aveva pianificato tutto questo?”
“Non so in quanti altri modi posso dirlo” rispose Ember a Rhysand cinque minuti dopo. “No.”
Randall aggiunse, con la mascella contratta: “Ci ha ingannati, ci ha fatto credere di essere diretti a Nena per una missione, ma era per scaricarci qui.”
Si erano dovuti togliere i pesanti cappotti invernali per via del calore della stanza, ma  ora, nella sua lunga t-shirt e jeans, Ember si sentiva un po’ scoperta, circondata da guerrieri armati fino ai denti. Solo la femmina bassa indossava abiti normali.
Sempre che la veste di fine seta potesse essere considerata normale. Se la collana di rubini attorno alla gola era una cosa comune.
“E dove sta andando ora?” Chiese Azriel con acredine. “Ora che ha la Maschera” -fulminò Nesta con lo sguardo, il cui viso era attentamente neutro- “dove sta andando Bryce?”
“Non lo so” insistette Ember. “Non sapevo nemmeno che volesse la Maschera, non ci ha detto di questo vostro Forziere. Lei e Hunt devono aver pianificato tutto questo in segreto.”
Perché era stato il vento di tempesta di Athalar che li aveva spinti lì. E se Ember avesse mai messo le mani sull’Umbra Mortis…
“Eppure avete portato uno dei vostri fucili con voi” disse Rhysand, il suo accento inciampò sul termine. “Dovete aver saputo di star andando incontro a dei guai.”
“Nena è… non è un bel posto” disse Randall. “Saresti un idiota ad andarci disarmato.”
Rhysand rimase in silenzio, rivolgendo lo sguardo verso la piccola femmina dai capelli scuri. Lei sospirò guardando il soffitto e disse: “Sono umani, Rhysand. Non possiamo tenerli qui.”
Randall lanciò uno sguardo ad Ember, come per avvertirla di restare in silenzio. Ma lei aveva passato l’intera vita a sentire quella stronzata, non l’avrebbe tollerato ora.
“Giusto” attaccò Ember. “Siamo solo patetici, deboli, stupidi umani. Poco più di schiavi per voi.”
Ember avrebbe potuto giurare che Nesta la stesse osservando incuriosita.
Ma Rhysand disse piano: “Se Amren ti ha offesa, non è stato fatto apposta. Qui nutriamo tutti un profondo rispetto nei confronti degli umani.”
Per qualche motivo, Ember gli credette. Amren inclinò il capo in segno di scuse.
“Non vi causeremo alcun problema” disse Ember, volgendo verso l’alto i palmi in quello che sperava si traducesse in un gesto implorante in quel mondo. “Non vorremmo nemmeno essere qui.”
“Non sono preoccupato della vostra presenza qui” disse Rhysand, qualunque accenno di quella calda sincerità si indurì in ghiaccio. “Sono preoccupato di vostra figlia. Se i nostri antichi nemici mettono le mani su di lei, sulle armi che porta, sulle persone che ama…” Scosse il capo, la luce del fuoco danzava sui suoi capelli nero-blu. “Quanto sarebbe difficile spezzarla?” Ha già dimostrato che farebbe di tutto per salvare i suoi cari.”  Indicò Ember, Randall. “Se i Daglan, gli Asteri, come li chiamate voi, catturano il suo compagno, suo fratello… non ci tradirebbe per salvarli?”
“Non conosci nostra figlia” disse fermo Randall.
Lo stomaco di Ember però si rivoltò al pensiero dei metodi che gli Asteri avrebbero usato per fare del male a Bryce. Era stato abbastanza brutto sentire da Fury  che Hunt e Ruhn erano nelle prigioni degli Asteri, nemmeno una parola su dove fosse andata Bryce. Ember non aveva dormito per giorni. Aveva a malapena mangiato fino a quando non le era giunta notizia che Bryce era riapparsa e li voleva ad Avallen immediatamente.
Rhysand disse calmo a Randall: “Non conosco vostra figlia, ma i miei compagni hanno passato abbastanza tempo con lei ultimamente per farmi un’idea. Ha il cuore tenero eppure è spietata. Intrigante, ma impulsiva. Determinata e testarda. E con una pericolosa tendenza alla spericolatezza.”
“È così da quando era una bambina” disse Ember, massaggiandosi le tempie. “Immagina tutto questo in una bambina di un anno.”
Randall si schiarì la gola in segno di avvertimento, ma avrebbe potuto giurare che la bocca di Rhysand guizzò verso l’alto. Come se riuscisse ad immaginare una tale cosa. Forse aveva passato qualcosa di simile.
Il maschio al fianco di Nesta, il suo compagno, se Ember doveva tirare a indovinare, disse con naturalezza, anche se la preoccupazione nei suoi occhi nocciola tradivano il tono: “È tardi Rhys. Lasciamoli riposare e ci riuniremo di nuovo di mattina.”
Rhys annuì senza guardare il guerriero e concentrò tutta la sua furia su Nesta. A suo credito, la femmina rimase con la schiena dritta e il mento alto. Imperiosa e inflessibile. Ember non riusciva a fare a meno di ammirarla.
Gli occhi viola-blu di Rhysand divennero pura oscurità alla sfida nell’espressione di Nesta, nella sua postura. Un predatore che riconosceva un degno avversario, sfoderando gli artigli. Le sue mani si chiusero ai suoi fianchi, come se invisibili artigli si stessero formando.
Il compagno di Nesta si avvicinò a lei, gli occhi che passavano da uno all’altra, diviso. Come se non sapesse da quale parte stare nell’imminente battaglia. “Sto bene, Cassian” mormorò Nesta.
Rhysand non tolse gli occhi da Nesta mentre ordinava: “Presentatevi nel mio ufficio all’alba. Finiremo tutto questo allora.”
Uscì dalla stanza, le porte che sbattevano dietro di lui su un vento notturno.
Nel successivo silenzio, Amren fece cenno a Nesta. “Trova una camera per i tuoi… ospiti, ragazza. E prega la Madre che tua sorella faccia cambiare idea a Rhysand, stanotte.”
Con ciò, uscirono anche loro dalla stanza, lasciando dietro di loro solo un pesante silenzio inquieto.
“Voi due potete stare qui.” Nesta aprì la porta di un’accogliente camera da letto che dava sulla piccola città al di sotto. “Ci sono protezioni su ogni centimetro di questo posto e la Casa è viva, quindi non potete uscire a meno che non ve lo permettiamo, ma… è meglio di una prigione.”
Avevano portato Bryce nelle loro prigioni. Furiosa come era con la figlia, un’altro genere di furia si impadronì di Ember al pensiero.
“Grazie” disse Ember un po’ rigidamente alla femmina. Randall non parlò mentre controllava ogni uscita e potenziale arma. “Aspetta” disse Ember. “Questa casa è viva?”
“In un certo senso” disse Nesta, agitando un’esile mano. “Risponde a me. Questa è casa mia.” Suonava sottile, fragile. Dopo la sfuriata verbale che si era beccata nello studio…
“Grazie” disse piano Ember. “Per essere stata dalla nostra parte.”
Nesta sollevò una spalla, girandosi per andarsene. “Se avete fame, vi basta chiedere ad alta voce alla Casa e del cibo comparirà.”
“Conveniente” mormorò Randall da vicino la finestra.
“Grazie” ripetè Ember. “Se ci fosse un modo per tornare indietro, ce ne andremmo, ma senza Bryce…” Scosse la testa. “Potrei ucciderla per questo, sai. Potrei ucciderla per questo.”
“Vostra figlia vi ama” disse roca Nesta. “Vi ama abbastanza da mandarvi via per tenervi lontani dai problemi.”
“Ci ha usati come moneta di scambio” la corresse Ember.
“No” fece Nesta. “Voleva la Maschera per combattere contro i vostri Asteri, ma penso che più che altro abbia aperto il portale per mandarvi qui. Lontano dai pericoli.”
“Ha lasciato indietro nostro figlio” ringhiò Randall con minaccia non da lui.
“Sono certa che abbia qualche piano per proteggerlo” ribatté Nesta. “Vostra figlia sembra… piena di risorse.”
Ember sbuffò. “Non ne hai idea. Prova ad imporre un coprifuoco per quella ragazza.”
L’ombra di un sorriso attraversò il viso di Nesta. “Verrò a trovarvi dopo colazione.” Le sue spalle si curvarono in avanti mentre si dirigeva verso la porta.
“Sei nei guai?” Domandò Ember. L’incontro tra Nesta e Rhysand come prima cosa di mattina chiaramente non sarebbe stato piacevole.
“Non più del solito” disse tranquillamente Nesta, ma Ember percepì la bugia.
“Veramente, non causeremo problemi qui” disse Ember, “come abbiamo promesso prima. Voglio solo tornare a casa a Midgard.”
“Non penso tornerete a casa, a meno che vostra figlia non abbia successo nella sua missione impossibile.”
Il cuore di Ember si sgretolò. Ma disse: “Se c’è qualcuno che può riuscire ad abbattere gli Asteri, quella è Bryce.”
Un’altra ombra di un sorriso. “Tendo ad essere d’accordo.”
Era confortante, in qualche modo, che questa sconosciuta di un altro mondo avesse fede nella sua selvaggia figlia ostinata. La selvaggia figlia ostinata che a volte le era sembrata uno specchio di sé stessa, se Ember doveva essere onesta.
“Bryce si è… comportata bene qui?”
“No” rispose Nesta. “Ha cercato di dare me e Azriel in pasto ad un verme troppo cresciuto.”
Randall si strozzò, ma non si girò dalla finestra mentre replicava: “Certo che l’ha fatto.”
Ember si massaggiò gli occhi. “Dei, deve avervi dato sui nervi.”
“Naturalmente.” Il sorriso di Nesta fu lento, a malapena un sollevamento dell’angolo delle labbra. Come se non fosse qualcuno che sorrideva facilmente o regolarmente. Una guerriera, sì, ma sembrava giovane, nonostante quelle orecchie da Fae. Nel modo in cui Bryce, con le sue orecchie a punta, sembrava giovane, anche se i Fae potevano sembrare venticinquenni quando avevano trecento anni. Gli dei lo sapevano che il Re dell’Autunno sembrava ancora giovane, sembrava ancora essere appena entrato nella trentina quando Bryce aveva…
Sua figlia aveva…
Era stato Ruhn, si ricordò Ember. Ruhn aveva dato il colpo di grazia.
Ma sembrava comunque che fosse stata Bryce a ucciderlo, in qualche modo. Aveva affrontato il Re dell’Autunno, sfidato tutto il suo odio e la sua miseria. Ember non aveva ancora idea di come processare il tutto.
Anche Nesta aveva quello sguardo. Come se stesse processando un sacco di cose.
E forse era un qualche istinto materno, ma Ember si trovò a dire: “Domani, se esci dal tuo incontro mattutino viva… mi piacerebbe sedermi e parlare con te, Nesta.”
Nesta rimase in silenzio per un attimo, senza dubbio soppesando la richiesta.
Alla fine, la sua bocca si curvò di nuovo verso l’alto in quell’ombra di un sorriso. “Anche a me piacerebbe.”
“Dovresti dormire, Em.”
La voce di Randall risuonò dall’altro lato del letto. Nonostante la chiara ambientazione non moderna, il letto era sufficientemente comodo da rivaleggiare qualunque materasso di Midgard. Ma comunque non offriva ad Ember l’occasione di trovare un oblio riposante.
“Non capisco come tu possa anche solo provare a dormire” sibilò lei, scalciando le pesanti lenzuola. “Siamo in un altro mondo, porca puttana.”
“Ecco perché dovremmo riposare finché possiamo, così avremo forza e concentrazione domani.”
Ember esalò un profondo respiro. “Ti fidi di queste persone?”
Randall rimase in silenzio per un momento, riflettendoci in quel suo silenzioso modo considerato e spietato. “Mi fido della fiducia che ha Bryce in loro. Non penso che nostra figlia ci avrebbe mandati tra le mani di brutali assassini, quando la sua intenzione era quella di tenerci al sicuro.”
Ember tirò su con il naso. “Ne sei sicuro? Ha minacciato di spingermi nella fornace una volta.”
Randall ridacchiò, girandosi su un lato e tenendosi su la testa con una mano. Dei, anche dopo tutti quegli anni, era ancora sufficientemente bello da farle arricciare le dita dei piedi. “Ti ricordo che sei stata te la prima a minacciare di gettare JJ in suddetta fornace se lei non avesse pulito la sua camera.”
Suo malgrado, Ember rise debolmente al ricordo. Ma il divertimento svanì mentre diceva: “La nostra bambina proverà ad affrontare gli Asteri, Randall.”
“Rigelus non saprà cosa l’ha colpito.”
Ember si tirò su a sedere, fulminandolo con lo sguardo.
Anche lui si mise seduto, prendendo una delle sue mani tra le sue, il volto serio. “Lo so contro cosa si sta mettendo. Ma so anche che se c’è qualcuno a Midgard che può farcela, questa è Bryce. E non lo sto dicendo come suo padre. Abbi fede in lei, Ember.”
Ember annuì, sospirando. “Lo faccio. Sono solo…”
“Terrorizzata.”
Ember annuì nuovamente, la gola che si chiuse. “Pensi che Cooper…”
“Sta bene. Quel ragazzo è intelligente e capace. E ha Fury Axtar e Baxian Argos che badano a lui.”
“Non perdonerò mai Bryce per questo.” Disse Ember trattenendo un singhiozzo.
Randall passò un’amorevole mano rassicurante lungo i capelli di lei. “Onestamente? Prego gli dei che riusciremo a dire a Bryce quanto incazzati siamo con lei.”
“Lo so.” Lacrime le pungevano gli occhi ed Ember non poté trattenere un rantolo tremolante. Un attimo dopo, le braccia di Randall si avvolsero attorno a lei, stringendola forte contro di lui. Le baciò la tempia. “La rivedremo.” La baciò di nuovo, delicatamente tirandola giù al suo fianco. “Te lo prometto. Li rivedremo entrambi.”
Ember e Randall si erano appena seduti per la colazione nella sala da pranzo, portati lì da un silenzioso Azriel, quando Rhysand atterrò sulla veranda oltre le porte in vetro. Le sue ampie ali erano come nuvole di tempesta nella luce mattutina. Un attimo dopo, Cassian atterrò, Nesta tra le braccia. Entrambi avevano il viso come la pietra. Incazzati.
Rhysand ringhiò qualcosa che fece irrigidire le spalle di Nesta, il capo che si abbassava.
Ed Ember si trovò a spingersi via dalla sedia, dirigendosi verso le porte. Randall provò ad afferrarla, ma fu troppo tardi. Ed Azriel non la fermò mentre Ember spalancò le porte in vetro per poi chiedere a Rhysand: “Non è un po’ presto per staccare a morsi la testa della gente?”
Il trio si immobilizzò. Rhysand si girò lentamente verso Ember. I suoi occhi erano pozzi neri. “Non ricordo di averti chiesto di unirti alla nostra conversazione.”
Ember tenne il mento verso l’alto. “Avete interrotto la mia colazione. Se volevate privacy avreste dovuto andare altrove.”
Era divertimento quello che brillava negli occhi di Cassian? Ember non osò distogliere la sua attenzione da Rhysand per confermarlo. Randall comparve al suo fianco, una mano sulla schiena in avvertimento mentre diceva: “Vi lasciamo soli.”
Ma Ember si rifiutò di muoversi, anche se una parte di lei tremava dal terrore, e disse: “Nesta ha deciso di accoglierci, ha deciso di dare a Midgard una possibilità per diventare libera. Per dare al mio mondo speranza. Che razza di persona sei per farla a pezzi per questo?”
“Em” la avvisò Randall.
Rhysand incrociò le braccia muscolose. “Mi stai definendo un mostro, Ember Quinlan?”
“Sto dicendo di farla finita” scattò Ember. Dietro di lei, avrebbe potuto giurare che Azriel si fosse strozzato. Ma lei indicò Nesta con il mento. “Lasciala in pace.”
Rhysand resse il suo sguardo.
Per un momento, un’eternità. Delle stelle sembrarono comparire negli occhi di lui. Come la vastità della notte che gli giaceva dentro, dolce e terribile, bellissima e straziante.
Ma Ember gli resistette. Aveva visto e affrontato il male vero. Ne avrebbe portato un segno sulla guancia per sempre a causa di esso.
Qualcosa sembrò ammorbidirsi nello sguardo di Rhysand, come se l’avesse visto. Lo sguardo di lui si spostò su Randall. “Con una moglie e una figlia come le tue, non so come fai ad essere ancora in piedi.”
Randall disse con fascino naturale: “Onestamente, il più dei giorni, non lo so nemmeno io.”
Rhysand sbatté le palpebre alla risposta di Randall, poi rise. Un attimo dopo, anche Cassian ed Azriel ridacchiarono.
Tipici maschi. Non importa su quale pianeta si trovino.
Ember però non sorrise. Il suo sguardò finì su Nesta. Nemmeno la femmina Fae rideva. I suoi occhi azzurro-grigi rimasero fissi su Ember. Pieni di emozione.
Sorpresa. Gratitudine. Desiderio.
E fu lo stesso istinto materno che l’aveva guidata la sera prima che fece estendere ad Ember una mano verso Nesta, dicendole: “Vieni. Fai colazione con me.”
Nesta le prese la mano, le dita sorprendentemente fredde. Come se il volo fin lassù le avesse raffreddate. Ember gliele strinse. “Non lasciare che ti maltratti” consigliò Ember alla femmina.
“Non preoccuparti” disse Nesta, anche se quello sguardo ferito rimase nei suoi occhi. “Mia sorella, la compagna di Rhysand, gli ha fatto la stessa identica ramanzina venti minuti fa.”
Ember sibilò: “Quindi ti ha riportata quassù per sgridarti lontano da lei?” 
Nesta sbuffò. “No. Feyre ha messo fine alla discussione. Non verrò giustiziata. Non oggi, almeno.”
All’espressione orripilata di Ember, Nesta continuò: “Non mi ucciderebbero. Non credo. Ma… è complicato. Dubito che qualcuno mi perdonerà molto presto.”
Ember fece cenno verso Cassian. “E il tuo compagno?”
Il dolore nel suoi occhi, la colpa, sembrarono intensificarsi. “Cassian è il più infuriato di tutti con me.” Un muscolo della sua mascella ebbe uno spasmo. Come se stesse trattenendo un’ondata di emozione pura. Solo un muro di acciaio la teneva alla larga.
Ember strinse ancora la mano di Nesta. “Se c’è qualcosa che posso fare per aiutare, qualunque cosa che io possa dire per togliere un po’ di colpa da te…”
Nesta le fece un mezzo sorriso. “Fare il culo a Rhys adesso mi è bastato.” Spinse Ember verso la colazione davanti a loro.
Ember si guardò oltre una spalla, verso Randall che era con Rhysand, Azriel e Cassian. Tutti i maschi ora stavano sorridendo, grazie agli dei. “Sembra che Randall stia facendo un buon lavoro nel conquistarli. Probabilmente raccontandogli di quanto io gli renda difficile la vita.”
Nesta sbuffò di nuovo. “Lamentarsi delle compagne: è praticamente uno sport competitivo per loro.”
Ember ridacchiò. “Sembra che Midgard e questo posto abbiano alcune cose in comune, allora.” Inclinò la testa, guardando la bellissima città dall’aspetto antico al di sotto, il fiume che serpeggiava lungo essa, e quello che sembrava essere il distante luccichio del mare. “Comunque, cos’è questo posto? E perché siete tutti così attraenti?”
Nesta fece un sorrisetto, prendendo a braccetto Ember prima di dire, con del calore che le era finalmente entrato nel tono: “Benvenuta nella Corte della Notte, Ember. Ti troverai bene qui.”
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