#NON lo DEVI dire tu. non sono qui per portare i risultati. sono qui a rappresentare i loro paesi perché CI SONO NATI.
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mchiti · 7 months ago
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quando la finiranno di strumentalizzare gli atleti poc italiani in questo paese sarà comunque troppo TROPPO TARDI. forse non si rendono conto di quanto sia disumanizzante questa retorica e degradante, come se la tua esistenza e i tuoi risultati sportivi e i tuoi sacrifici devono passare attraverso la delegittimazione della destra. "beccati questo vannacci" ma questi ragazzi possono esistere a prescindere senza essere per forza strumento di rivendicazione? possono esistere senza dover provare niente a nessuno? possiamo respirare in questo paese e fare del bene e rappresentare questa bandiera senza per forza dover essere utilizzati come strumento politico. pensate che privilegio poter postare collage di foto di ragazzi non bianchi e poter dire "è questa l'italia che vogliamo" amo ma guardati intorno questa non è l'italia che vuoi, questa è l'italia che è. Esiste già, non deve dimostrare niente e non deve fare un piacere a nessuno.
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vitaebella-blog · 6 years ago
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Come trovare l'amore
            A proposito di come trovare il tuo amore, prima o poi sia le donne che gli uomini ci pensano: la cosa principale da fare per soddisfare il tuo amore è espandere la tua cerchia sociale. Non stare a casa affatto! Usa tutte le possibilità per comunicare e trascorrere del tempo in compagnia. 
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Non rifiutare le offerte di amici per andare a visitare o ad una festa, anche se al momento non ne hai voglia, e preferisci sdraiarti sul divano a casa, leggendo un libro. Per capire come trovare la tua anima gemella, devi agire attivamente e comunicare di più. Più comunichi, più è probabile che tu trovi un partner adatto. 
 Se hai pochi amici e nessuno ti invita alle feste amiche, allora devi cercare altre opzioni su come trovare il tuo amore. Un buon modo per capire dove trovare l'amore è il più vario svago, cioè hobby e hobby diversi. Ad esempio, visitando un centro fitness, diventerai anche un partecipante a vari eventi nel club - cioè, puoi espandere la tua cerchia sociale e incontrare nuove persone. Continuando a pedalare, troverai sicuramente persone che la pensano allo stesso modo: in quasi tutte le città ci sono club ciclistici. Lo stesso si può dire della guida di un'auto, delle immersioni, degli sport. 
Per capire dove trovare l'amore, fai attenzione al tuo lavoro. Non evitare eventi aziendali: molte coppie si sono incontrate e si sono sposate solo perché hanno lavorato insieme. Anche se sei un avversario dei romanzi d'ufficio, ricorda che puoi sempre cambiare lavoro e continuare a comunicare con un ex collega. A proposito, lavoro e ufficio sono la risposta più popolare alla domanda su dove e come incontrare il tuo amore. Inoltre, pensando a come trovare il tuo amore e passare la maggior parte della giornata in ufficio, hai l'opportunità di comunicare con la persona che ti interessa e vedere se puoi costruire una comunicazione con lui in futuro. 
 È anche importante mantenere costantemente il tuo buon umore. È chiaro che i pensieri costanti su come trovare la tua anima gemella e le azioni che fai per un lungo periodo potrebbero non portare i risultati rapidi desiderati. E lo scoramento e l'anelito difficilmente possono contribuire a una comunicazione interessante. Pertanto, vale la pena mantenere la tua fiducia nella convinzione del successo. Almeno, ricorda che se provi a lungo per ottenere qualcosa, allora almeno alcuni risultati, ma sicuramente lo faranno. 
Non c'è una risposta definitiva alla domanda su come trovare l'altra metà e dove trovare l'amore. Ma ci sono molte possibilità, usando le quali probabilmente sarai in grado d'incontrare il tuo amore. La cosa principale qui è agire e non passare il tempo in aspettative vuote. Ovviamente, gli incontri fatidici avvengono e tutto accade quando non te lo aspetti. Ma le tue azioni per trovare la seconda metà aiuteranno solo in questo. Se cercate amore andate a https://agenziafutura.com/find-love/by-city/ragazze-di-kiev-ucraina.
          Speriamo che il nostro consiglio ti aiuti a rispondere alla domanda su come incontrare il tuo amore, così come a scegliere il tuo partner ideale. La cosa principale è determinare le tue priorità di vita e agire, e quindi la fortuna sicuramente ti sorriderà! 
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stefanopisoni · 4 years ago
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Personal Branding per Manager: tutto quello che devi sapere
Perché oggi il personal branding per manager è un argomento così discusso nel B2B?
Imprenditori, manager e responsabili aziendali possono davvero sfruttare la propria immagine per espandere la rete commerciale dell’azienda? E in che modo un manager dovrebbe sviluppare un personal branding per portare al successo la sua azienda o un brand?
Te lo voglio spiegare in questo articolo.
Qui ho raccolto alcuni consigli sul personal branding verticalizzato per figure manageriali e strategie di cura dell’immagine personale per vendere un marchio, un prodotto o un servizio.
Rivediamo la teoria del personal branding per applicarla al manager
Se sei un manager, un consulente d’azienda, un businessman o un professionista, sicuramente avrai già sentito parlare di personal branding.
Ma se è la prima volta che senti questo termine, non preoccuparti, ti spiego velocemente di che si tratta.
Fare personal branding significa gestire in maniera strategica il proprio brand professionale. È qualcosa che vale per tutti coloro che decidono di aumentare il profitto dell’azienda o dell’impresa, puntando sulla propria persona e sulle competenze.
Se sei interessato a capire meglio le sue dinamiche, qui ho approfondito il significato di personal branding. 
Nel primo periodo di esplosione dei social network, i manager d’azienda difficilmente sono stati capaci di sfruttare la visibilità sul web per raggiungere i target aziendali. Tantomeno di lavorare sulla propria immagine. Secondo L’ IBM Global CEO Study, fino al 2014 la maggior parte dei dirigenti non prendeva sul serio le potenzialità dei Social Media.
Spesso sono invece incappati in situazioni tutt’altro che comode per il brand. Ma in pochi anni l’approccio è cambiato. I manager d’azienda sono ormai persone fuori dalla generazione dei baby boomers: business man e dirigenti si dichiarano totalmente a proprio agio con le nuove tecnologie.
Per questo motivo, se sei un manager, non è più sufficiente preoccuparsi della reputazione e del posizionamento online della tua azienda, ma anche di quella della tua immagine personale.
Executive branding, quali novità per il personal branding per il manager?
In apparenza nessuna. 
Il personal branding è qualcosa a metà strada tra marketing e strategie di business. Quando lo si applica al manager, non c’è niente da stravolgere. Il personal branding per il manager altro non è che una tecnica di empowerment della reputazione personale per profili professionali di alto livello.
Così come per i liberi professionisti, i freelance e i consulenti, il processo di sviluppo del personal branding per un manager ha come obiettivo quello di mettere in risalto le proprie capacità e qualità. Un manager dovrebbe trasmettere e comunicare efficacemente il suo modo di pensare e agire per migliorare la sua immagine e la sua professionalità.
Da qui si sviluppa quello che negli States definiscono Executive Branding. Ovvero il percorso di valorizzazione dell’unicità e dei punti di forza del personal branding, ma modellato per il manager.
Partiamo dal presupposto che fare personal branding significa comunicare in maniera efficace perché facciamo quello che facciamo. Il personal branding ti serve a presentare agli altri – o meglio, al tuo pubblico – quello che sai fare e perché lo sai fare nel miglior modo possibile. 
E in questo, un manager, un responsabile di divisione o un quadro aziendale rilevante, si adatta perfettamente alle potenzialità del personal branding.
Il motivo? Se sei un manager, hai tutte le carte per farti riconoscere dalla tua audience come Thought Leader. Te ne parlerò meglio più avanti. Ma sappi fin da ora che l’obiettivo finale del personal branding per un manager è quello di diventare un punto di riferimento nel proprio settore.
Le implicazioni, le dinamiche e le opportunità di branding per coloro che rappresentano un’azienda sono un po’ diverse dalle persone che promuovono “solamente” se stesse. 
Perché un manager dovrebbe fare personal branding?
Il termine personal branding è stato coniato nel 1997 da Tom Peters, CEO di FastCompany, nel suo famoso articolo The Brand Called You.
Nel suo articolo, Peters sosteneva che, qualsiasi sia la tua estrazione sociale o professione, di fatto tu sei l’unico CEO, AD, Marketing Chief e Presidente dell’azienda “Io SpA”. In pratica io, tu, tutti noi, siamo gli unici responsabili della nostra reputazione. La tua reputazione e la tua credibilità migliorano o peggiorano in relazione alla qualità del lavoro che hai svolto e che svolgerai. 
Ciò vale ancor di più se sei un manager.
Oggi ci siamo spostati da un modo di fare business centrato sul prodotto, verso un approccio cliente-centrico al mercato. Per questo motivo, il brand di un’azienda ha bisogno di avvicinarsi ancora di più alle persone. 
L’unico modo per assolvere questo scopo è quello di parlare alle persone con le persone. I brand raccontano le persone che ci lavorano al suo interno e viceversa, le persone e i manager o gli imprenditori soprattutto, hanno la responsabilità di comunicare con il loro linguaggio le proprie referenze e ciò che stanno facendo per migliorare la vita degli altri. 
Ma perché tutto questo risulta così difficile per un imprenditore, un businessman o un manager? 
Perché, come spesso accade, sei talmente preso dalla routine aziendale che credi di non avere il tempo per pensare a te stesso come un brand. Sei talmente sfiancato dal ritmo frenetico che non riesci o non vuoi pensare a come costruire la tua immagine per vendere.
Quali obiettivi dovrebbe avere un manager il personal branding?
Lo scopo del personal branding per un manager è affermarsi come esperto del settore.
Questo ti permette di emergere sulla concorrenza per competenze e valori. Creando un’immagine online professionale, competente, coerente con il tuo ruolo e la tua azienda, non fai che preparare il terreno per coltivare le relazioni professionali che spostano il fatturato. 
Fare personal branding per un manager vuol dire puntare a sviluppare un business networking capace di agevolare i rapporti commerciali tra aziende.
In un’era in cui il brand è sempre connesso con i clienti e il consumatore finale, non ti sembra un po’ “surreale” avere a che fare SOLO con delle impersonali pagine aziendali su LinkedIn o Twitter? Non sarebbe molto meglio relazionarsi direttamente con referenti e prospect? Dialogare e stimolare un contatto con persone in target con la tua audience?
L’obiettivo del personal branding di un manager è quello di essere il Brand Ambassador della propria azienda. 
Come fare personal branding se sei un manager
Andiamo per step. Cosa deve fare un manager prima di iniziare a fare personal branding?
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1. Visione chiara degli obiettivi personali
Prima di tutto, è bene che tu abbia una chiara visione dei tuoi obiettivi personali e professionali. Prendi in considerazione tutte quelle peculiarità – e potenzialità – che derivano dal ruolo manageriale che ricopri in azienda. E dal settore in cui essa opera.
Il personal branding si basa infatti su un’attenta analisi dei propri valori. In base a questi, deciderai di allineare il tuo comportamento e prenderai le tue decisioni, piccole o grandi che siano. 
Prima di costruire il suo brand, dunque, un manager deve individuare i suoi valori, definendo in modo preciso quelli che sono gli aspetti più importanti per lui. Sposa una causa a te cara e di rilevanza nel tuo settore e portala avanti finché morte non vi separi!
2. Non avere paura di osare
Uno degli aspetti che spesso scoraggia un manager dall’intraprendere un percorso di personal branding è quello di aver timore di osare. 
Non è affatto scontato provare timore quando si approccia una nuova esperienza. Soprattutto dopo essere rimasti ancorati a convinzioni e metodi di lavoro che sono il retaggio di una lunga carriera. 
Ti faccio un esempio. 
Un manager che vuole fare personal branding è bloccato dal falso mito per cui la visibilità non è altrettanto importante quanto la competenza. “Ho sempre ottenuto risultati lavorando sodo e senza annunciare ai quattro venti i miei successi”. 
Oppure dall’idea che il brand aziendale non abbia bisogno del supporto del personal branding di un suo dipendente, ancor meno se questo è un profilo dirigenziale.
Il manager di solito pensa che esporre la propria immagine, possa causare danni non solo alla sua azienda ma anche a se stesso. Questo blocco mentale è dovuto al cattivo approccio al personal branding, in particolare quando non è stata studiata una strategia a monte.
In questa guida ho approfondito alcune strategie che ti possono aiutare a capire meglio come progettare un percorso di crescita con il personal branding su LinkedIn, utile soprattutto se sei un manager che lavora nel B2B.
3. Inizia a pensare come un brand
Un manager o un professionista che occupa posizioni di rilievo all’interno di un’azienda vive tutti i giorni situazioni pratiche particolarmente rilevanti per il suo pubblico. Il punto è che in pochi lo sanno! 
Ed è da questo concetto che devi iniziare a costruire la tua strategia di personal branding.
È fondamentale che tu inizi a considerarti come un media e sviluppare una propensione naturale alla condivisione online di best practice, casi studio di successo e suggerimenti su come risolvere situazioni complicate in azienda.
Impara a comunicare una Unique Selling Proposition (una proposta di valore unica) inequivocabile. Condividi approfondimenti e contenuti con commenti brillanti e ricchi di spunti interessanti. Prova a pubblicare articoli di valore scritti da te. 
Tutto questo, se fatto correttamente, ti porterà ad avere un’eccellente reputazione sul web.
4. Thought Leader, ovvero come essere un punto di riferimento
Come ti ho spiegato sopra, pensare come un brand vuol dire progettare una comunicazione che mira a condividere valore. In questo senso, la reputazione di un manager gioca un ruolo fondamentale.
L’evoluzione dell’online ha totalmente modificato le regole della competizione offline. Oggi un manager non può permettersi di “latitare” sul web perché tanti suoi “colleghi” sono pronti a mettersi in luce come punto di riferimento nel settore. E questo porta delle conseguenze offline, nella vita reale.
Essere thought leader significa fornire risposte esaustive alle richieste dei tuoi clienti. Nelle forme e sui canali in cui essi lo richiedono.
Nel video qui sotto, Mitchell Levy – uno dei più autorevoli esperti di personal brand e credibilità – spiega nel corso di uno dei suoi TEDx i concetti di essere te stesso, ascolto attivo, e come definire una audience corretta per una strategia di thought leadership.
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Perché un manager è il miglior profilo su cui sviluppare una strategia di thought leadership? 
Semplice! Da quando la tua azienda esiste, ti sei sempre occupato di quegli argomenti. Per cui, chi meglio di te ha nelle mani la soluzione ricercata dai tuoi clienti o prospect? 
E LinkedIn è il social network per eccellenza per il personal branding di un manager. Il contesto professionale è tagliato apposta per facilitare i professionisti (ancor meglio se altamente specializzati) a mettere in mostra le proprie capacità.
Personal branding per manager, perché non iniziare subito a lavorarci?
Se sei un manager o un responsabile d’azienda e ti va di scoprire come migliorare la tua immagine professionale su LinkedIn, o se vuoi entrare in connessione con il tuo target Clienti grazie al tuo personal brand, ti consiglio di approfondire leggendo questa guida! 
Inizia fin da subito ad impostare la giusta strategia per te.
A presto!
Stefano
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mirkocuneo · 5 years ago
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Web Marketing: quello che devi sapere per la tua azienda
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Credere che il Web Marketing non continuerà e crescerà nel futuro sarebbe come immaginare un mondo senza comunicazione. Non si tratta di un fenomeno nuovo, ma se ci pensi è sconvolgente. Ha messo in discussione le regole della comunicazione e della vendita e si evolve nel contesto digitale. Il business è fatto di comunicazione e di relazioni tra le persone. Che siano riunioni, occasioni di pubbliche relazioni, contesti creati apposta per “lo scambio di biglietti da visita”, congressi o presentazioni, la linfa degli affari è il networking, o comunque lo si sia chiamato nella storia. Il web marketing porta tutte queste pratiche nel contesto digitale, dunque non stravolge ma evolve. Dove c’era il contesto sociale ora c’è il social network, dove c’era il cartellone ora c’è l’advertising sul web, dove c’erano le interviste a campione ora ci sono i dati degli utenti. Tutti questi strumenti hanno gli stessi scopi di quelli del passato, semplicemente sotto una nuova forma. L’avvento di Internet ha reso il mondo in un certo senso più piccolo, ha dato la possibilità di accorciare le distanze e di comunicare facilmente con chiunque. Il web marketing sfrutta al massimo questa potenzialità, facendoti raggiungere un bacino più ampio del tuo pubblico target. Soprattutto ti consente di farlo rapidamente. Dunque, non puoi più permetterti di non sfruttare le tecniche e le tecnologie del web marketing per la tua impresa o attività. Sarebbe come continuare ad andare a cavallo mentre tutti gli altri si muovono in auto. Sono sicuro che tu non vuoi restare a bordo campo a guardare come sono bravi gli altri a giocare la partita. Perciò ecco quello che devi fare: informati, impara e adotta le strategie migliori per ottenere dei concreti vantaggi per il tuo business. Io ti posso aiutare, vediamolo insieme!
Che cos’è il web marketing?
Prima di tutto ecco una definizione di web marketing: è il processo di utilizzo di Internet, dei suoi strumenti e delle sue strategie per commercializzare la tua attività. Incluso l’utilizzo dei motori di ricerca, del social media, delle e-mail e di tutte le tipologie di contenuti che essi supportano, testuali e video. Quindi, per fare una sintesi si può dire che il web marketing porta il tuo messaggio agli utenti attraverso i canali online. È il modo che meglio funziona oggi per promuovere la tua azienda e per mettere i tuoi prodotti o servizi alla portata dei consumatori. Analizzandolo nel dettaglio, il web marketing assume molte forme, dai banner pubblicitari alle promozioni via e-mail, dalle strategie di ottimizzazione delle tue pagine web fino ai post sul social media. Il web marketing è un immenso contenitore di opportunità che tu puoi sfruttare per il tuo Personal Branding e per creare quella relazione di fiducia con i tuoi potenziali clienti. Nei prossimi paragrafi vedremo tutto nel dettaglio.
Perché dire di sì al web marketing nella tua azienda?
Uno degli aspetti più efficaci del web marketing è la sua misurabilità. Questo è un aspetto davvero affascinante, perché è la possibilità si misurare e verificare qualcosa di astratto come la crescita dell’affiliazione dei clienti. Inoltre, è la possibilità di utilizzare questi dati come strumento di paragone per valutare la tua attività rispetto a quella dei tuoi competitor. Ogni piattaforma digitale su cui operi ti permetti di raccogliere dati, informazioni e statistiche sugli utenti e suoi tuoi potenziali clienti. Questo è un vantaggio enorme perché ti consente di capire l’andamento del tuo business e di prendere le tue decisioni strategiche. I dati ti offrono una visione dall’alto di quello che stai facendo e ti permettono anche di scendere nei particolari per rilevare i comportamenti degli utenti. A proposito di dati, ora ti mostro qualche statistica relativa ai numeri globali del web marketing. L’International Telecommunication Union, che offre la migliore visione d’insieme per quanto riguarda l’uso degli strumenti digitali e sulle tendenze di utilizzo suddivise per continente. Il numero degli individui nel mondo che usano Internet è cresciuto del 53.6% dal 2005 al 2019.
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Statistiche sull'utilizzo di Internet Puoi vedere benissimo che il pubblico che ti è possibile raggiungere in questo contesto è aumentato e aumenterà vertiginosamente. Il grafico che vedi qui sotto di We Are Social, invece, ti mostra le piattaforme social messe a confronto. Si vede che quello ancora più usato in assoluto sia Facebook che conta 2,414 milioni di utenti attivi al mese in tutto il mondo. Questo pubblico ha interessi ben precisi in base ai quali tu puoi selezionare il tuo target di riferimento. Questo ti permette di rendere molto più efficace la tua comunicazione e di intercettare molti più utenti potenzialmente interessati alle tue offerte. Ma ora vediamo come puoi sfruttare il web marketing per il tuo business.
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Le piattaforme social più usate nel mondo
Quali servizi di web marketing puoi sfruttare per il tuo business?
Il web marketing comprende tutte quelle attività e gli strumenti che puoi adottare per rendere più visibile la tua azienda o te stesso come brand. Ovviamente, la clausola per riuscire a farlo è che devi farti trovare dai tuoi potenziali clienti ed instaurare con loro un rapporto di fiducia. Per farlo hai a disposizione una serie di modalità. Una delle tecniche più efficaci per posizionarti sui motori di ricerca è la SEO (Search Engine Optimization). Si tratta del processo di ottimizzazione dei tuoi contenuti e delle tue pagine online così che il motore di ricerca li prediliga e li mostri come risultati più pertinenti. Poi c’è la SEM, ovvero la pubblicità attraverso annunci a pagamento e banner che si trova sui motori di ricerca. Ogni contenuto che vedi apparire online fa parte di una strategia di content marketing, sto parlando di articoli di blog, pagine web, immagini, video e così via. Il social media marketing invece comprende tutte quelle attività che è possibile fare interagendo all’interno dei social network, creando un rapporto diretto con gli utenti. Troviamo poi l’email marketing, che è spesso un canale sottovalutato, ma che in realtà presenta moltissime opportunità, oltre ad avere un ritorno sull’investimento davvero interessante. Una delle tecniche però più nuove e che rappresentano oggi un modo affascinante in termini di marketing per raggiungere l’utente e convertirlo è quello dell’inbound marketing. Ognuna di queste possibili strategie è utile soprattutto se utilizzata in sintonia con altre, perché il web è per sua stessa natura un ambiente interconnesso che quindi prevede strategie complementari tra loro. Gli stimoli possono arrivare da qualsiasi parte, perciò è importante avere gli occhi aperti e la capacità di pianificare strategie lungimiranti. Adesso vediamo una per una tutte le modalità che ti ho appena nominato.
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Servizi di Web Marketing per la tua azienda Inbound Marketing Questo è nuovo approccio di fare marketing. Si allontana dalla concezione classica della pubblicità che irrompe in modo aggressivo nella vita degli utenti. Nell’inbound marketing è prima di tutto l’approccio che cambia. Il tuo potenziale cliente, ovvero la tua buyer persona, deve essere al centro dei tuoi pensieri. Il tuo scopo è di creare dei contenuti per attirare l’attenzione degli utenti e di veicolare a loro un messaggio che risponda alle loro domande. Ti stai chiedendo se ci vuole la sfera di cristallo? In un certo senso sì. Devi partire da un preciso lavoro di analisi per identificare i consumatori potenzialmente interessati alle tue offerte, devi capire quali problemi vogliono risolvere e quali desideri soddisfare. Devi entrare in empatia con i tuoi potenziali clienti e proporre a loro soluzioni e risultati prima di focalizzarti sul tuo prodotto o servizio. È un lavoro di precisione che richiede costanza e la capacità di ascolto dei tuoi clienti. Solo se sai a chi ti rivolgi riuscirai a trovare la giusta comunicazione per creare interesse nelle persone e rapporti di fiducia. Ma quindi, come si fa? Una strategia di Inbound Marketing può includere una serie di canali e tipi di contenuti diversi che hanno lo scopo di attirare verso di te i potenziali clienti. L’idea di base è di inserire questi utenti all’interno di un flusso che li avvicini sempre di più al tuo brand e li porti verso la fase finale del processo di vendita, ovvero fino all’acquisto del tuo prodotto o servizio. Durante tutto questo processo devi continuare a dare ai tuoi clienti informazioni, supporto e aiuto in modo da non farli mai sentire abbandonati. È così che cresce la tua attività, mantenendo le strategie di marketing, di vendita e i servizi focalizzati su come aiutare i clienti attuali e futuri. SEO – Ottimizzazione per i motori di ricerca Con la strategia SEO vai a lavorare sull’indicizzazione e il posizionamento del tuo sito web nei risultati che vengono forniti dai motori di ricerca, Google per intenderci. A cosa serve? A farti trovare sul web dagli utenti e a portare un aumento del traffico verso il tuo sito internet. È provato come il traffico di cui un sito gode dipenda moltissimo dalla posizione in cui si trova tra i risultati di Google. Infatti, tu stesso quando cerchi qualcosa in Internet ti rivolgi alle pagine che trovi nelle prime posizioni, mentre sono sicuro che non controlli neanche nella seconda pagina di Google. Perciò, se il tuo sito web non è presente nella prima pagina di Google gli utenti non ci arriveranno mai. È chiaro quindi che trovarsi in prima pagina, meglio ancora se tra le prime posizioni, rappresenta un vantaggio competitivo a tutti gli effetti in termini di visibilità. Nell’immagine qui sotto ti mostro gli ottimi risultati che può dare una strategia SEO davvero ben fatta. Ho digitato la parola mindset sulla barra di ricerca e il mio articolo appare proprio come primo risultato di Google. Essere in prima posizione non è molto facile, ma è il risultato a cui devi puntare per il tuo sito web.
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In ambito di ottimizzazione dei motori di ricerca ci sono due grandi settori di cui tenere conto: quello della SEO On-page e quello della SEO off-page. Di cosa si tratta? Lo vediamo nei prossimi due paragrafi. SEO On-Page L’ottimizzazione SEO On-page si concentra sui contenuti che si trovano sul tuo sito, quindi le tue pagine web e i tuoi articoli di blog. È necessario creare dei contenuti che rispettino determinate regole e che siano riconosciuti da Google come pertinenti. Solo così le tue pagine web riusciranno a passare l’esame del motore di ricerca ed essere riconosciute come contenuti di valore. Si tratta fondamentalmente di creare testi ottimizzati che contengano quelle che sono considerate le parole chiave inerenti al tuo settore e al tuo prodotto o servizio. Ovvero quelle parole per le quali desideri essere trovato dagli utenti che effettuano le loro ricerche su web. Devi metterti nei panni del possibile utente e chiederti “Cosa cercherei io nella barra di ricerca, per arrivare a trovare il mio sito?”. Inoltre, bisogna fare una ricerca e un’analisi di quali sono le domande che gli utenti digitano su Google. Dall’incrocio di queste informazioni devi delineare la tua strategia di parole chiave. La SEO è una disciplina complicata e richiede studio, preparazione ed esperienza. Lo so perché per quanto io ne sappia di strategie di ottimizzazione, c’è lo specialista SEO del mio team ne sa una più del diavolo. L’ottimizzazione lato SEO delle tue pagine è davvero fondamentale affinché il tuo sito abbia le giuste opportunità di ricevere traffico. Sono necessarie una serie di attività specifiche che tengano conto sia delle regole di Google sia degli intenti di ricerca degli utenti. Sono loro, alla fine, che devono trovare beneficio dalle informazioni che ci sono sul tuo sito. Ma la SEO non finisce qui… SEO Off-Page Esiste tutto un altro mondo legato all’ottimizzazione delle tue pagine, sto parlando della SEO Off-page. Di cosa si tratta? Sono tutte quelle attività che puoi fare fuori dal tuo sito e dalle tue pagine web e che ti servono per aumentare il posizionamento del tuo sito sui motori di ricerca. Ci sono vari modi in cui la SEO Off-page entra in gioco, per esempio la diffusione di link che portano al tuo sito web ma inseriti in articoli pubblicati in altri portali. Sto parlando della scrittura di articoli, detti guest post, che vengono pubblicati su blog altrui ma che contengono link che portano alle tue pagine web. La costruzione di una struttura di link è un fattore importante in qualsiasi strategia SEO. Questi collegamenti vengono riconosciuti da Google e contribuiscono a far riconoscere il tuo sito come autorevole. Fa parte della SEO Off-page, anche se non in maniera diretta, la diffusione dei tuoi post sui social media. Questa è una tattica per diffondere i tuoi contenuti attraverso le piattaforme dove sono presenti migliaia di utenti. Più sono gli utenti che attiri, più verrà conosciuto il tuo brand e, si spera, maggiore è il traffico che puoi portare al tuo sito web. Quest’ultimo fattore è riconosciuto da Google come motivo per premiare il tuo sito. Come per ogni strategia, la SEO off-page deve essere fatta ad hoc e, siccome si tratta di cose piuttosto tecniche, è bene che se ne occupi un professionista. Solo così avrai la sicurezza che venga fatto un buon lavoro. Proprio per questo io faccio controllare le mie strategie al mio esperto SEO che mi mette il bollino di certificazione di qualità. Offro lo stesso servizio ai clienti che si rivolgono a me con il desiderio di posizionare il proprio sito web e promuovere l’azienda online. SEM- Pubblicità sui motori di ricerca La SEM (Search Engine Marketing), è cugina della SEO ma funziona in un modo diverso. Invece di ottimizzare i tuoi contenuti e promuoverli in modo da ottenere le prime posizioni di Google, cosa che può richiedere anche alcuni mesi, arrivi subito in prima posizione. Ti chiederai “E dove sta il trucco?”. Infatti il trucco c’è perché per arrivare in prima posizione senza aspettare devi pagare. Infatti, la SEM comprende quelle operazioni di marketing legate agli investimenti. Sto parlando di annunci a pagamento costruiti ad hoc e per i quali devi pagare una certa somma. Ma quanto devi pagare? La risposta è che dipende da differenti fattori, per esempio dalla parola chiave. Alcune sono molto competitive, quindi costose, perché sono tanti coloro che vogliono cercare di posizionarsi con quella. Perciò, sebbene sia un’ottima strategia, funziona se riesci a recuperare in fretta i costi pubblicitari, altrimenti i tuoi investimenti si trasformano in spese. Inoltre, il mio consiglio è di non prediligere una strategia rispetto all’altra, ma di lavorare su entrambi i fronti. La crescita organica ti permette risultati nel lungo termine, mentre gli annunci a pagamento sono efficaci nel breve termine. Ogni strategia che decidi di applicare dipende da una più ampia e generale strategia di business, quindi devi essere ben consapevole di quello che ti conviene fare e di quando farlo. Se sei ancora nella fase di branding e di promozione, non vale la pena spendere troppi soldi per delle pubblicità a pagamento perché non sai quando arriveranno i guadagni. Inoltre, ci sono diverse modalità per fare pubblicità mirata online e ognuno di essi necessita di una trattazione più approfondita che puoi trovare tra i tanti contenuti del mio blog. Intanto qui sotto ti propongo un esempio di annunci sponsorizzati.
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Content Marketing Il content marketing è cruciale in tutte le attività di web marketing. Non riguarda solo la creazione di contenuti fini a sé stessi, devono essere contenuti di qualità per offrire valore all’utente. I contenuti possono essere di vari tipi, infatti non parlo sono di testi ma anche di immagini, video, infografiche, guide, ebook e così via. Ogni contenuto si distingue per le sue capacità di coinvolgere, interessare, emozionare e trascinare l’utente. Il tuo obiettivo è di veicolare quei messaggi che attirino i consumatori e gli diano una motivazione per interessarsi al tuo brand. Perciò, la tua comunicazione non deve focalizzarsi sul tuo prodotto o servizio, ma sul problema o il desiderio del potenziale cliente. I consumatori non comprano da te per le caratteristiche dei tuoi prodotti, o comunque non solo. Il loro interesse è di trovare una soluzione ad una problematica oppure ottenere il risultato a cui aspirano. Per questo ogni contenuto deve essere modulato ad hoc sul profilo dei tuoi potenziali clienti. Ognuno ha bisogni diversi e cerca delle soluzioni che siano pensate proprio per lui ed è questo che tu gli devi offrire. Inoltre, il content marketing è molto utile in ottica SEO. Ricorda sempre che bisogna scrivere sia per il motore di ricerca sia per gli utenti. Il contenuto inoltre gode di forze proprie che potrebbero entrare in gioco, valorizzando le tue performance con grande efficacia. Per esempio la viralità, ovvero quando un contenuto in brevissimo tempo viene visto da un numero impressionante di utenti. La condivisibilità, cioè quanto viene stimolato il passa parola digitale e il contenuto rimbalza di utente in utente spontaneamente. L’originalità, grazie alla quale i tuoi contenuti emergono dal mare di quelli dei competitor e attirano l’attenzione degli utenti. I social media sono un altro canale per i tuoi contenuti. Social Media Marketing Il Social Media Marketing racchiude tutte quelle operazioni di marketing che puoi attuare nel contesto dei social network. Nel corso degli anni questa disciplina è cresciuta sempre di più adattandosi allo sviluppo degli stessi social media. È importante considerare che ogni social network ha regole e dinamiche differenti, oltre che un vero e proprio linguaggio di comunicazione e modalità di fruizione. La differenza di utilizzo di questi strumenti vale sia per i consumatori sia per chi, come te, vuole sfruttarli per il business. I consumatori non sono più fruitori passivi, sono sempre più informati, consapevoli e partecipi ai processi economici che li riguardano. Inoltre, il loro scopo non è solo l’informazione ma anche la divulgazione. Si scambiano e condividono le notizie, lasciano recensioni e si sentono sempre più autorizzati a dare la propria opinione, influenzando le sorti delle vendite. Agire nei contesti in cui gli utenti svolgono queste azioni significa entrare in diretto contatto con loro e potenzialmente generare conversazioni. Queste sono molto utili per il tuo business, infatti il mercato sta diventando sempre di più conversazionale e le vendite funzionano se costruisci rapporti di fiducia con i tuoi clienti. I social media sono i canali ideali per creare questi dialoghi a doppio senso. Tu puoi far girare le tue promozioni in modo rapido sulle piattaforme e i tuoi clienti possono contattarti quasi in maniera diretta per ricevere assistenza. L’assistenza clienti è diventato un requisito fondamentale affinché il tuo brand venga scelto. Inoltre, le piattaforme social sono canali proficui dove puoi pianificare le tue strategie di canalizzazione di vendita per attirare un maggior numero di utenti da convertire in tuoi clienti. Per sapere di più su questo argomenti leggi il mio articolo sul funnel marketing su Facebook, in cui ti racconto nel dettaglio questa strategia di acquisizione clienti. Email Marketing Con Email Marketing si intende quella strategia di comunicazione via email che si basa sull’utilizzo della posta elettronica per restare in contatto con i tuoi clienti. Questi utenti sono altamente profilati e targettizzati, per cui rappresentano un pubblico sul quale poter avere un ROI più alto. Sai perché? Perché sono consumatori che si sono interessati al tuo prodotto o servizio e hanno deciso di lasciarti il loro contatto. Oppure sono clienti effettivi che hanno già acquistato da te e che tu hai la possibilità di fidelizzare nella fase post acquisto del processo di vendita. Anche le tue email fanno parte del tuo repertorio di contenuti, quindi non possono essere lasciate al caso. Per fare arrivare ad ognuno il messaggio giusto sono due i concetti fondamentali da tenere a mente: SegmentazionePersonalizzazione La segmentazione si concentra sulla divisione dei contatti email in gruppi specifici, questo ti consente di indirizzare a queste persone dei contenuti specifici. L’invio di email generiche è molto difficile che generi interesse, perché non si rivolge veramente a nessuno. Ecco che entra in gioco la personalizzazione, che è uno dei fattori maggiormente importanti per email e campagne pubblicitarie di successo. Solo così riuscirai ad attirare l’attenzione dei tuoi clienti e tenerli vicini al tuo brand il più a lungo possibile. Questo è un modo per allungare il ciclo di vita dei tuoi clienti, ovvero riuscire a concludere con ognuno di loro un maggior numero di vendite. Attraverso le email puoi tenerli informati delle novità, fargli offerte di prodotti o servizi correlati a quelli che hanno già acquistato e fargli avere dei buoni o promozioni. Questo è un buon modo per gratificare i tuoi clienti e fargli sapere che non ti sei dimenticato di loro. Adesso vediamo i passaggi salienti per la tua strategia di web marketing.
Come creare il tuo piano di web marketing
Il web marketing comprende una serie di discipline e dipende da te, insieme agli esperti a cui ti rivolgi, creare la strategia adatta per la tua attività. Adesso vediamo in breve tutto il processo che devi prendere in considerazione per poter impostare in maniera efficace il tuo piano di web marketing. Analisi di mercato Il primo passo è quello di fare un’analisi di mercato. Valuta i tuoi prodotti o servizi e la loro potenzialità all’interno del mercato. Fai un’autovalutazione e mettiti a confronto con i tuoi competitor per capire se ci sono vie libere in cui inserirti portando qualche novità. Studio del Target Successivamente si passa quello che è lo studio del target, o profilazione della buyer persona. Identifica i potenziali clienti a cui vuoi rivolgerti perché pensi che con la tua offerta potrai risolvere un loro problema o soddisfare un loro desiderio. Definizione degli obiettivi Fatto ciò passa alla definizione degli obiettivi che vuoi raggiungere. È utile anche per misurare la qualità delle tue performance. Come si fa a scegliere degli obiettivi validi? Identificali utilizzando la tecnica S.M.A.R.T. acronimo di: specifico, misurabile, accessibile, realistico, tempestivo. Queste sono le caratteristiche che deve rispettare ogni tuo obiettivo. Pianificazione della strategia Fatte le analisi preliminari, ecco che arriva il momento di scegliere le azioni e le tattiche specifiche per il tuo piano di web marketing. Quindi devi scegliere gli strumenti e i canali che intendi utilizzare per promuovere il tuo brand. Impostazione del budget È arrivato il momento di allocare il budget. Programma i tuoi investimenti per ogni canale e strumento, ma tieni d’occhio gli andamenti per capire come procedere. Tempo Infine: il tempo. In quanto tempo vuoi arrivare ai tuoi obiettivi a breve, medio e lungo termine. Fare delle previsione è utile anche per gestire al meglio il budget.
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Conclusione
Il web marketing quindi rappresenta il presente e il futuro. Si tratta dell’evoluzione e dell’attuazione delle strategie di marketing tradizionali, declinate in un contesto relativamente nuovo. Le tecniche sono molte, gli strumenti ancora di più, le prospettive infinite. Se hai un’attività hai bisogno di accogliere anche queste forme di potenziamento per riuscire a crescere nel panorama odierno. Il marketing online è davvero un affare, ma devi sapere bene di cosa si tratta per poterti rivolgere ai professionisti che fanno per te. In questo modo potrai costruire il piano di web marketing che serve al tuo business. In questo articolo ho trattato davvero tanti temi, ma ognuno di essi rappresenta un contenitore enorme di ulteriori informazioni. Infatti, ti ho aggiunto già all'interno di questo testo dei link precisi che ti portano ad articoli in cui puoi approfondire ciò che più ti interessa. Inoltre, ti invito ad andare sul mio blog dove troverai articoli, video e podcast in cui parlo di Vendita, Marketing e Mindset. Approfondisci gli argomenti che ti servono e se vuoi parlare direttamente con me, contattami per una consulenza. Read the full article
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cartofolo · 8 years ago
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Che cosa dobbiamo dire e non dire ad un depresso?
Molte sono le cose che possiamo dire ad un depresso ed ancora di più sono quelle che dovremmo evitare di dire. Proviamo a farne un elenco.
Cose da non dire
   Devi darti una smossa, devi reagire
   Non devi star lì a pensare, devi svagarti, andare a divertirti
   In fondo ci sono tante persone che stanno peggio di te
   Non devi star lì a commiserarti, a piangerti addosso, devi reagire
   Sono tutte tue fantasie
   Devi crescere, non devi fare la vittima
   Non ti manca nulla per essere felice
   In fondo non stai così male, hai un ottimo aspetto
   È solo un po’ di stress, un po’ di riposo ed un buon ricostituente e passa tutto
   Le cose non sono poi così male, no?
   Devi uscire di più, devi svagarti
   Hai bisogno solo di una donna (di un uomo)
   Dovresti fare più sesso, è quello che ti manca
   Fai come me, quando sono un po’ giù mi faccio un bel bagno caldo e dopo mi sento un altro
   Sorridi e il mondo ti sorriderà
   A tutti capita prima o poi di essere depressi
   Buttati nel lavoro
   Ma se non sembri nemmeno depresso
   Secondo me lo fai per attirare l’attenzione
   I giorni neri capitano a tutti
   Alla tua età dovresti goderti a pieno la vita, non stare qui a compiagerti
   Facendo così, non solo fai del male a te stesso, ma fai star male anche chi ti sta intorno
   Basta volerlo, con la volontà si può ottenere tutto
   Devi sforzarti di più, non devi abbandonarti come stai facendo
   Non avrei mai pensato che tu fossi così fragile
   Esci, vai a comprarti qualcosa che ti piace, vedrai che poi starai meglio
   Dovresti pregare di più, affidarti a Dio
   Te lo sei cercato
   Non hai nessun motivo per sentirti così
   Alla tua età è normale essere depressi, la vita non ti riserva più niente di positivo
   È una tua debolezza
   Sono prove che ci manda il Signore
   Di che cosa ti preoccupi? Dovresti essere contento, non ti manca niente
   Basta non pensarci
   Fai diventare depresso anche me
   Il mondo non è poi così brutto
   Non pensare al passato, buttati sul presente
   Devi trovarti un hobby, uno svago, un interesse
   E se ti capitasse qualcosa di veramente grave che cosa faresti?
   Forse ti ci vuole un forte dispiacere per scuoterti e farti reagire<
   Butta via tutte le medicine e vedrai che starai bene
   Smettila di lamentarti e datti da fare
   Vai ad aiutare chi ha più bisogno di te e vedrai che ti passerà la voglia di lamentarti
   Dai troppo ascolto ai dottori, a dar retta a loro saremmo tutti ammalati
   Tutti abbiamo la nostra croce da portare
   Nessuno è responsabile della tua depressione
   Prenditi una bella vacanza e ti passerà tutto
Cose da dire
   Ti starò vicino e non ti abbandonerò nemmeno nei momenti più difficili
   È solo un periodo che passerà e ti aiuterò ad uscirne
   Ti posso offrire solo una spalla su cui piangere, ma almeno su quella puoi contarci
   La depressione è solo una malattia, non vuole assolutamente dire che tu sei un debole, un incapace, che non sei i grado di affrontare i problemi né tanto meno che sei pazzo
   Devi convincerti che questa è una malattia e delle malattie non ci si deve vergognare: possono capitare a tutti
   Io ti posso stare vicino e cercare di fare il possibile per aiutarti, ma questo non può bastare, devi affidarti anche alle cure di uno specialista
La tecnica del paradosso
Se il depresso si lamenta, piuttosto che tirarlo su, provate a mostrarvi più negativo di lui, parlando con toni di esagerato pessimismo della vita e dei rapporti umani. Alcuni esperti hanno utilizzato questa tecnica con depressi non gravi, ottenendo dei risultati significativi. Quando lo psicologo si mostrava più depresso del paziente, in terapia si verificava un’inversione dei ruoli: il paziente cercava di consolare lo psicologo, e così facendo, il suo modo di vedere la vita cambiava radicalmente e il suo umore migliorava.
Come aiutare una persona depressa, l’importanza dell’ascolto
A volte il silenzio può essere scomodo, ma nella maggior parte dei casi dire cose incoerenti e prive di senso può essere molto peggio. Di solito le persone depresse non parlano molto, ma a volte hanno anche bisogno di sfogarsi. Infatti, è stato dimostrato che quando parliamo dei nostri problemi non solo riusciamo a sentirci meglio, ma spesso scopriamo anche nuove prospettive del problema che non avevano visto prima.
In un mondo dove ognuno è rinchiuso nei suoi problemi, imparare ad ascoltare è una abilità in via di estinzione, ma è anche imprescindibile se si vuole aiutare davvero qualcuno.
Fonte: http://psicoadvisor.com/come-aiutare-una-persona-depressa-1259.html
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edmondapisani · 6 years ago
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Lungo o corto? L’eterna lotta sulla lunghezza dell’articolo giunge al termine
Ci hai fatto caso che alcuni film riescono a farti passare la voglia di guardarli dopo solo 20 minuti, mentre altri ti fanno stare sulle spine per quasi due ore?
Questo mi ha fatto riflettere: qual è la lunghezza giusta di un film?
Dopo mesi di ritiro mistico su un picco sperduto, direi che un film deve durare abbastanza per portare a casa la pagnotta! Quando un film è considerato troppo lungo è solitamente perché la trama non è avvincente o il ritmo della storia è troppo flemmatico.
Giusto Sherlock?
Beh, stessa cosa vale per gli articoli.
Gli articoli che scrivi devono essere lunghi abbastanza per portare a casa il risultato
Il nostro cervello è abituato ad incasellare tutto, a etichettare qualsiasi cosa, altrimenti esce matto.
Lo so cosa stai pensando: “Dammi un limite minimo di parole Angelo, altrimenti sclero!”.
Mio caro amico of the jaguar, il punto non è la lunghezza – come dice sempre Rocco – ma come lo usi!
Il cervello vuole informazioni complete e impazzisce se ci sono pochi dettagli o , peggio ancora, incompleti. A proposito ti consiglio di leggerti un bell’articolo sull’effetto Zeigarnik e di come reagiamo alle cose incomplete.
Ma prima torniamo a noi…
Gli articoli su questo blog variano parecchio: alcuni sono di 500 parole mentre altri arrivano anche a 3000. Non li scrivo di certo in base ad un limite di termini imposto da qualche divinità, ma al tema trattato nell’articolo stesso. Cerca di seguire questa regola e ti troverai sempre bene.
Ci sono solo un paio di casi dove il conteggio delle parole usate in un articolo è importante…
Qui la lunghezza conta veramente
1. Ottimizzare i contenuti per i motori di ricerca Google & co. amano siti con i contenuti pieni di informazioni uniche e di qualità. Quindi se la posizione del tuo sito tra i risultati (SERP) di Google per te conta parecchio – e dovrebbe visto che se sei invisibile non hai traffico – allora devi sempre tenere presente le linee guida imposte dai motori di ricerca che consigliano un minimo di 300 parole ottimizzate per ogni contenuto del tuo sito.
Se riesci a spingerti oltre arrivando a 500 è ancora meglio.
D’altronde pensa a questo: Google con il suo algoritmo cerca di replicare l’interazione tra persone e quindi più parole usi per descrivere un determinato tema, meglio uscirà fuori il significato di quello che vuoi dire. Tutto questo ti permetterà di avere una comunicazione efficace.
Guarda queste due frasi usate per descrivere un piatto…
a. “Mi sono mangiato un piatto di pasta alla carbonara, molto buono.”
b. “Mi sono mangiato un piatto di pasta alla carbonara fatto con uova biologiche di un giallo intenso, prese da un allevamento locale. Poi ho aggiunto il guanciale, finemente tagliato e fatto scaldare a dovere per scioglierne il grasso così da insaporire il piatto. E gli spaghetti? Fatti rigorosamente a mano come da tradizione. Spettacolare!”
Ti ha fatto venire l’acquolina è?
Come vedi, il punto non è solo far contenti i motori di ricerca con articoli del genere ma anche e soprattutto i lettori che apprezzeranno sicuramente maggiori dettagli sul tema.
Senza andare troppo in fondo alle pratiche migliori dell’SEO, ti basti sapere che maggiori sono i dettagli e le parole chiave inserite nell’articolo, maggiori sono le possibilità di salire nelle classifiche per più termini e quindi ricevere traffico per varie query come:
ricetta pasta alla carbonara
guanciale o pancetta per la pasta alla carbonara?
che tipo di pasta devo usare per la carbonara?
e via così…
2. Riviste, giornali e altre pubblicazioni Se scrivi un articolo per una rivista o pubblicazioni simili, dovrai per forza di cose fare a meno di molte parole che avresti potuto usare sul tuo sito o nella tua newsletter. Questo perché il tuo pezzo dovrà riempire determinati spazi sulla rivista (senza straripare).
A parte queste situazioni, assicurati soltanto che il tuo articolo sia lungo abbastanza per portare a casa la pagnotta. Ma ricordati anche che un ottimo articolo condivide molto con un ottimo film.
I componenti per scrivere un ottimo articolo
1. Struttura Un articolo ha bisogno di una struttura ben fatta, il che vuol dire che il tema trattato deve scorrere.
Non puoi saltare da una parta all’altra sperando che il lettore ti segua… altrimenti diventerà come uno di quei film pieni di ‘flashback’.
Non va bene nei film, figurati nel marketing!
Ma come fai ad essere sicuro che il tuo articolo abbia una struttura decente? Devi dedicare del tempo nella creazione di una lista di sotto tematiche che hai deciso di trattare nell’articolo (prima ancora di iniziare a scrivere). Questo ti aiuterà nella creazione di un contenuto che scorre come un pattinatore sul ghiaccio.
Io lo faccio per ogni articolo che scrivo; questo mi salva dal finire in vicoli ciechi durante la discussione.
Prendiamo per esempio un articolo che ho scritto sull’importanza dei colori nel marketing.
La struttura creata punto per punto prima di iniziarne lo sviluppo era la seguente:
Importanza dei colori nel marketing
Differenze tra i vari colori
Quando usare un determinato colore
Il peso in base alla scelta cromatica
Il gusto in base al colore
2. Ritmo Il tuo articolo deve avere un certo ritmo. Da un lato non vuoi insistere troppo su un punto ma non vuoi nemmeno essere troppo striminzito tanto da non far capire a nessuno di cosa tu stia parlando. Come detto prima, preparare una lista delle sotto tematiche che andrai a trattare nell’articolo ti aiuterà a risolvere questo dramma.
3. “Angolazioni” Nei film non c’è sempre la stessa inquadratura per tutta la loro durata. Si passa da primi piani a panoramiche, riprese in interna, esterna…
La storia è sempre divisa in piccole parti per tenere alto il tuo interesse.
Lo stesso principio viene applicato nella scrittura degli articoli e la tecnica usata per far sì che questo avvenga è quella dei sottotitoli.
Basta guardare quanti sottotitoli ho usato in questo articolo per farti continuare a leggere con attenzione. Questo rende tutto più interessante che leggere un lungo, smisurato articolo senza interruzioni!
4. I tuoi gusti e quelli degli altri A me non piacciono i film horror. Nemmeno quelli troppo fantasiosi come Il signore degli Anelli o Star Trek.
Preferisco i porno. Semplici e diretti.
(dai scherzo…)
Anche tu avrai un genere preferito, o no?
Quando si legge, accade la stessa cosa: ci sono topic che ci piacciono più di altri. Bene, quando scrivi, ricordati di usare parole e un linguaggio che i tuoi lettori preferiscono.
Molto spesso mi capita di incrociare professionisti che usano paroloni derivanti dal gergo della loro nicchia di mercato che però non vengono capite dai lettori. Queste cose, invece di attirare clienti, li respingono!
L’imprenditore pensa che usando frasi lunghe, aiuti a farli sembrare più esperti…in verità questo li rende complicati, a volte anche noiosi.
Usare un linguaggio vicino al potenziale cliente è importantissimo.
Parliamoci chiaro: non hai mai sentito nessuno lamentarsi di una cosa troppo facile da capire, o no? Beh, nemmeno io!
5. Modificare i contenuti I film che sono una filippica infinita sono noiosi. Stessa cosa vale per gli articoli. L’errore numero uno che fanno gli scrittori novelli è quello di riempire gli articoli di parole irrilevanti e che non danno nessun valore aggiunto.
Diceva il saggio: Dopo che hai scritto un articolo, lascialo da parte per una giornata. Lascia marinare i tuoi pensieri. Guardalo a mente fresca il giorno dopo e scalda il dito dedicato al bottone “cancella”. Modifica e cancella tutte quelle frasi di cui non hai bisogno.
Anche nel cinema si usa fare dei tagli dopo aver filmato le scene. Quello che vediamo seduti davanti ai popcorn non è altro che un insieme delle migliori scene. Questo è ciò che rende un film – e un articolo – accattivante.
Per concludere
Non c’è una lunghezza giusta e una sbagliata. Il tuo articolo deve portare a casa il risultato – e la pagnotta.
Per far sì che questo accada, crea una lista dei topic da trattare nell’articolo; questo ti aiuterà a creare una struttura con la quale portare avanti il processo di scrittura senza intoppi.
Suddividi l’articolo usando titoli secondari e ricordati di usare un linguaggio che il tuo pubblico capisce.
Per ultimo, rileggi l’articolo che hai scritto e sbarazzati delle parole inutili come farebbe l’assassino con il corpo della vittima. Vedrai che i tuoi lettori non avranno il tempo di finire i popcorn!
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25ora · 8 years ago
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Antonietta: una terrona testona da Bari a Londra
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LONDRA
Ventotto anni. Laurea in Ingegneria Edile - Architettura (che solo il nome ti fa venire il mal di testa). Centodieci e Lode. Premio nazionale per la tesi di laurea (chi l’avrebbe mai detto). Inizio a “lavorare”  in uno studio di architettura piuttosto affermato (“il più affermato” della città, dicono). Collaborazioni con professionisti di tutta Italia (e non solo). Partecipazione alla stesura del piano urbanistico della città (addirittura?). Cinquanta ore di lavoro alla settimana (in media). Cinquecento euro al mese (quando al capo gli avanzano, quei cinquecento euro).
Risultato a tre anni dalla corona di alloro: non ho messo da parte un euro bucato, e soprattutto la mia crescita professionale è meno di zero.
Io ero una quelli che da Bari non se ne voleva andare. Una di quelli che al pesce crudo e alla focaccia “in gann’al mare” non ci avrebbero rinunciato per nulla al mondo. Una di quelli che a cui non interessava avere il lavoro più figo del mondo, ci bastava avere UN Lavoro, una di quelle attività in cui tu produci qualcosa per il quale ti viene riconosciuto un compenso. Una di quelli che si dicevano “Dai, vai avanti, la gavetta va fatta, all’inizio è la crescita la vera ricompensa”. Una di quelli che si dicevano “Se se ne vanno tutti da qui, chi lo sostiene questo paese?”. E così la Lady Oscar che è in te ti dà forza per andare avanti e ti ripete che devi impegnarti anche tu per migliorare le cose.
Ma, dopo tre anni in cui hai puntato i piedi, ti sei ripetuta tutti i giorni che il lavoro prima o poi paga, che il merito viene riconosciuto e che il tuo impegno servirà a qualcosa, a un certo punto arriva un momento in cui non ne puoi più.
Non ne puoi più del lavoro/volontariato, della mancanza di fiducia e di crescita, della superficialità con cui si lavora anche ad “alti” livelli.
E allora inizi a guardarti intorno, e vedi che chi è andato via è anni luce più avanti di te, anche se è partito in ritardo o se alle spalle non aveva né lodi, né premi, né riconoscimenti, e non è tanto più avanti in termini di carriera, quanto in fatto di competenze e di professionalità. E allora la testa ti si riempie di domande, e inizi a renderti conto che l’età va avanti, che tre anni sono preziosi e se ne passano altri tre così, raggiungerai i trenta con un pugno di mosche in mano.
Inizi a sentire che a trent’anni all’estero si è già Associate Director, mentre qui i tuoi colleghi di quaranta sono ancora ad elemosinare una paga regolare e un briciolo di rispetto professionale. E allora è troppo, e il rispetto per te stessa inizia a prevalere sull’amore per il tuo paese, e inizi a pensare che le cose devono cambiare, non perché vuoi stare meglio, non perché “meriti di più” come a volte ti hanno detto quando tu continuavi a dire di voler restare; ma perché ti sembra che lo schiaffo lo stai dando non tanto a quelle “qualità” che a volte ti sono state riconosciute, quanto a tutto il lavoro che non solo tu hai fatto per arrivare ad avercele, quelle qualità.
E quindi parti. Ventotto anni, una laurea in ingegneria e tre anni di esperienza.
Parti e ricominci da zero, con un master in “Progettazione Sostenibile” (ma le fanno davvero queste cose altrove?), sperando che possa esserti da trampolino di lancio per un mercato del lavoro al quale non hai niente da vendere.
Parti, e arrivi in una città fredda, dove i pomodori hanno il sapore del detersivo alla menta e dove una stanza di sei metri quadri a cinquanta minuti dall’università costa quanto un loft in centro a Milano. Certo, l’inglese lo parli bene, hai anche un certificato con un bel “Proficient” stampato su, ma poi ti rendi conto che i tuoi professori e i tuoi colleghi hanno un ventaglio di accenti diversi e incomprensibili grazie ai quali non riesci a seguire né il filo logico di una lezione né le battute e le risate tra amici.
Insomma, per un anno la tua vita è una somma di battaglie che combatti per la prima volta: combatti contro la lingua, combatti contro le deadlines, combatti contro il ritmo frenetico della città, combatti contro la fretta di iniziare a mandare curriculum e fare colpo su quel mondo del lavoro che sembra il paese dei balocchi, combatti contro la voglia di lasciar perdere tutto e tornare ad abbracciare i tuoi.
Per un anno riesci a vedere, e a vivere, solo gli aspetti negativi del cambiamento.
Vedi il cibo che fa schifo e il clima freddo e umido, ma non hai tempo di girare per ristoranti etnici e di passare una giornata al parco. Vedi la freddezza degli inglesi a lavoro e la loro falsa cortesia, ma non hai modo di esplorare la Shoreditch piena di colori e di culture. Non hai tempo di uscire, figurati se riesci a prendere uno dei mille voli che partono ogni giorno dai quattro aeroporti della città. Solo dovere, niente piacere, perché sai che un investimento così (e non solo di soldi) deve essere sfruttato fino all’ultima goccia. Per fortuna iniziano a spuntare i primi alleati: per esempio nascono nuove famiglie, come quella che mi sono ritrovata intorno dopo pochi mesi, e grazie alla quale la battaglia sembra meno invincibile.
E alla fine arriva la luce. Ancora prima di iniziare la tesi, una delle quattordici aziende che hai contattato ti risponde, e cavolo! È  anche bella grossa!  E ti dicono che ti offrono un contratto a tempo indeterminato DA SUBITO (siamo pazzi?), e che capiscono che hai la tesi da portare avanti per cui puoi lavorare part-time per i primi tre mesi (ma davvero??), e che capiscono anche che ambientarsi in questa città è difficile, soprattutto a livello economico, per cui prima ancora che inizi a lavorare ti offrono anche quattromila sterline di benvenuto (no, qui stiamo delirando!). E quindi dai il tutto per tutto per lo sprint finale: per tre mesi lavori e studi per finire la tesi, prendi informazioni dal lavoro e li trasferisci alla tesi, prendi informazioni dalla tesi e le applichi sul lavoro, esci ancora meno e sogni il mare, ed evochi tutti gli antenati dei tuoi amici di Bari che ti inondano di foto di aperitivi in spiaggia al tramonto. Lavori come una formica impazzita fino alla consegna, e lì, finalmente, ti sembra che si aprano le porte della gabbia e possa finalmente correre verso la libertà.
E all’improvviso è proprio così che ti senti. Libera.
Libera di gestire il tuo tempo. Libera di gestire il tuo denaro. Libera di passare del tempo libero (libero??) con i tuoi amici. E libera di lavorare producendo qualcosa di utile e di significativo. Ti senti parte di una rete in cui davvero il lavoro premia, in cui puoi orientare la tua crescita professionale nella direzione che preferisci e in cui la collaborazione a tutti i livelli porta davvero a risultati di qualità. Ti rendi conto che il tuo capo ha trentotto anni ed è Associate Director, ha una moglie, due figli, una casa di proprietà. E poi ti rendi conto che nell’azienda sono tutti come lui! Non è un’eccezione! E allora inizi a capire che ti bastano pochi anni e neanche troppo impegno per raggiungere gli stessi traguardi, e inizi a pensare che quella sia addirittura la normalità da queste parti!
Pian piano inizi a vedere cos’altro c’è, oltre ai “Can I help you?” di plastica e ai pomodori acerbi. Inizi a capire che ogni sera puoi provare un ristorante etnico diverso. Che i weekend non ti bastano per fare tutte le mille cose che vuoi e che puoi fare a Londra. Che non hai abbastanza cene e pranzi liberi per incontrare tutte le persone che hai conosciuto nell’ultimo mese. E ti rendi conto che questa parte di vita merita davvero di essere vissuta per un periodo della tua esistenza.
Ecco, per un periodo. Perché, del resto, lo so che non ce la voglio passare tutta, la vita, in questa città.
Perché per ogni cosa che amo qui, ce ne saranno sempre dieci che amo della mia città e del mio paese, e perché in fondo il mio desiderio è sempre quello di tornare e portare con me quello che di bello e di importante ho potuto imparare.
E tutte le volte che torno a Bari, per un weekend, per Natale o per l’estate, c’è sempre una malinconia ed un malessere, a cui ormai sto cercando di abituarmi ma che credo di non poter sconfiggere: perché ogni volta che torni, il desiderio di restare torna a farsi sentire, e ripensi a tutte le volte che un tuo amico inglese ti ha chiesto “Ah, ma vieni dalla Puglia??Ma è bellissima! Perché sei venuta qui?!” e tu non sai bene che rispondergli. O meglio, lo sai, ma un po’ ti vergogni a dirglielo, che il vero motivo è che nella tua città non ti hanno permesso di diventare adulta e di vivere la tua vita in maniera autonoma. Perché è un po’ come dire ai tuoi amici delle medie che non puoi uscire da sola perché papà e mamma non vogliono. Perché è solo questo ciò di cui una ragazza a trent’anni non può fare a meno: l’autonomia. La libertà di poter vivere la propria vita con indipendenza e con dignità, senza dovere niente a nessuno.
E tutte le volte che torno la mia testa è sempre un po’ da un’altra parte, lassù, a scervellarsi su come e quando potrò riconquistarmela qui, per essere adulta anche in Italia. A pensare ad altre possibilità. A cercare esempi da seguire e idee da concretizzare. A provare a inventarmi un modo per essere adulta anche qui, dove ormai essere adulti sembra addirittura un privilegio.
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pangeanews · 5 years ago
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“Come vorrei che mia moglie morisse”: un racconto candidamente cinico di Anthony Burgess
Hanno trasmesso lo scorso mercoledì 29 su tv8 Melissa P. Un film vecchio come il cucco del 2005. È basato su un libro che vende ancora molto al Nord Europa. Però da allora i costumi privati sono stati influenzati dalla pornografia online e oggi l’abbozzo delle scene di sesso ci pare molto ingenuo.
*
Solo dieci anni fa si parlava di quel film nelle scuole come di cosa irrevocabilmente perduta e vederlo era fuori discussione. Serviva del genio per trovare il film piratato (oltre a un discreto impegno che non era da tutti profondere in quella “caccia”).
*
A guardare qualche sera fa Melissa P., però, senza usare troppe lenti intellettuali, il film non sembrava esagerato. C’è questa voce fuori campo, diaristica se vogliamo, che dà un suono freddo rispetto al calore del personaggio Melissa. (“Voglio distruggere io ora i sentimenti degli uomini” e simili). Anche se poi è un film costruito su una buona dose di fantasia, di invenzione, di manipolazione, tutto sembra andare tutto avanti come un’eco. Manca la struttura che regge le pagine di Sade, se vogliamo. Un po’ come American psycho, quando l’autore di 27 anni costruisce tutto quel sesso & violenza con l’immaginazione, con il sentito dire…
*
Melissa P. è un film vecchissimo che con la pornografia online è diventato più antiquato dell’Odissea. Tanto vecchio quanto la barba di Freud. Il nome Melissa rimanda all’isteria e agli infusi di acqua & melissa per curarla. Povero Freud che curava l’isteria femminile non rendendosi ancora conto che era una forma di reazione alla repressione dell’orgasmo. E vai con gli infusi, da bere o da sorbirsi in analisi… finché non è arrivata la liberazione sessuale che alla fine ci ha imprigionato tutti di nuovo, perché il corpo si è liberato lasciando imprigionati gli affetti: ed ora sono rinchiusi nelle segrete dell’inquisizione sociale più di ogni altra epoca.
*
In mancanza d’altro mi sono messo a scartabellare nei testi di Anthony Burgess in difesa della pornografia. Un paio di anni fa stamparono in pompa magna la sua conferenza maltese Obscenity and the Arts del 1970. Non è un lavoro straordinario, manca di effetti. Le solite idee su Joyce che Burgess espresse in miglior luogo con due libri appositi. Forse il Burgess migliore si trova nelle sue invenzioni. C’è un racconto Come vorrei che mia moglie morisse (I wish my wife was dead). Qui si raccolgono con la macchina fotografica di Cechov le sensazioni di un inglese sentimentale, mai naif e molto strafottente. Altro che Carver. Finora inedito, ve lo traduco in fondo.
*
E in effetti, dietro il titolo c’è lui in persona.
Nel 1968 Burgess si risposa dopo la morte della prima moglie. Aveva conosciuto la donna migliore della sua vita in mezzo a una vicenda di contorni pittoreschi: Liana Macellari era reduce da un matrimonio fallito e da una storia finita per un incidente tragico, era andata in UK nel 1963 per incontrare l’autore di Arancia meccanica. Aveva trovato sensazionale quella storia e voleva inserirla nell’Almanacco Bompiani. I due, com’è come non è, si piacciono tanto da avere un figlio fuori dal matrimonio di lui. Nel frattempo (ma quanto può essere lungo un frattempo) muore la prima moglie. Beveva troppo.
*
Burgess sposa la Macellari che lo aiuta a tradurre i sonetti erotici di Belli, cercando poi di piazzarli su Playboy e Spectator. Bei tipi: oggi si imbarazzano i polli se gli ricordi che anche Calvino scriveva le note sensuali del Sole giaguaro per Playboy. Ben venga Burgess, bellone English, con tanto di moglie romana!
*
Fu un matrimonio ben assortito. Che dire della passione postuma che Liana portò a Burgess, quando alla sua morte nel 1993 si batté come una leonessa per far valere tutti i diritti su pellicole e libri con risultati miracolosi? Ottenne più di tre milioni di dollari che furono devoluti alla Fondazione Burgess di Manchester, all’ Harry Hansom Center (Texas) e all’università di Angers. Altro che pornografia online, altro che Melissa P. Evviva il sentimento.
Andrea Bianchi
***
Anthony Burgess, Come vorrei che mia moglie morisse
John Sturges diede alla sua amata, il cui nome (per quanto improbabile) era Miss Lilith Kodaly, un bacio che era adesso tiepido e grato di riconoscenza, non più torrido e carico di aspettative. Quel che le signore romanziere chiamano “l’ora dopo l’amore” era conclusa ed era tempo per Sturges di andare a casa da sua moglie e, dando anche un po’ di spazio allo stress dei suoi doveri manageriali, era il momento di subire le insistenze, le insistenze e ancora le insistenze della moglie per tutto il tempo che sorbiva la sua minestra, poi quando guardava la televisione fino a quando fossero spente le luci, e forse anche dopo. Appesa la cravatta allo specchio, pensò: “Ancora giovane, sembro ancora giovane”. Lilith era stesa sul letto, bionda, pelle chiara, piedi belli rosa e lunghetti, sembrava molto giovane, e tale era. Imbronciò la bocca a culo di gallina in modo sensuale dicendo: “Non usciamo mai. Non mi porti mai in giro”. L’eterno compianto dell’amata. Ma certo anche eterno compianto della moglie, a pensarci su un attimo. “Lo sai che è pericoloso,” disse Sturges. “Meglio evitare il chiacchiericcio”. “E anche se chiacchierano?”. “Non voglio perdere il mio lavoro”. Perché l’impero di supermercati Eichendorff, di cui lui era il manager a Lafayette (Nebraska) era di alta moralità e sponsorizzava le scuole domenicali. C’erano anche, ai tavolini dei saloon locali, copie omaggio di una Bibbia stampata Eichendorff. “Ma,” disse Sturges, “chi lo sa? Uno di questi giorni…”
“Mi hai detto che lei non chiederà mai il divorzio, qualsiasi cosa tu faccia, perché lei non crede al divorzio”.
“Una convinzione che comunque condivide con molti milioni appartenenti alla sua Chiesa. Ma anche se non fosse così lei non vorrebbe perdermi mai e poi mai. Ha bisogno di me per le sue frustrazioni. Però ho la mia soddisfazione in fin dei conti. Cinquanta milioni di bacioni nel suo testamento”.
“E se muori prima tu?”
“Sì,” disse Sturges. “Ho avuto a volte questo pensiero. Ma dobbiamo pur sperare o no? Ha vent’anni in più di me, ricordatelo.”
“A volte,” disse Lilith allungandosi sul letto, “ti disprezzo. Sposare una donna così vecchia. Sei una sorta di gigolò.”
“Non saprei,” disse Sturges. “Avevo vent’anni e lei quaranta. Avevo bisogno del tipo più anziano. Alcune donne sanno essere molto attraenti a quarant’anni.” Guardò Lilith. Sarebbe stata attraente a quarant’anni? Pensò di no. Eppure con lui a sessantaquattro anni… “Ammetto,” disse Sturges, “di aver fatto un errore. Pensavo che avesse un patrimonio maggiore di quel che poi dimostrò nei fatti. Mi vidi per un momento a scrivere poesia a casa, in giacca di velluto, adorato dalla mia moglie quarantenne. Le cose non sono andate in questo modo, ecco tutto”.
“Vorrei che morisse,” disse Lilith, senza un vero tono vendicativo.
“Bene,” disse Sturges, “non vorrei dover esser io a portare il coltello, come dicono i libri di scuola. Ma se dovesse morire prima di mezzanotte senza dolore, senza modifiche al testamento, be’… immagino che sarebbe conveniente per noi due. Cucciola,” aggiunse. “Piccolo amore mio”. Il desiderio in lui stava come sbadigliando e stiracchiandosi ma era troppo tardi. Era ora di andarsi a beccare le frustrazioni durante la minestra e la televisione.
“Potremmo mollare questa noiosona” disse la piccola Lilith. “Potremmo andarcene via in Florida o in California o in qualche altro posto”.
“Sembra che lei sia in salute,” sospirò Sturges, “benché vecchia. Presumo che dovremo aspettare ancora a lungo.”
“Non essere così sicuro che starò qui ad aspettarti,” disse Lilith, mentre il suo corpo stava supino sul letto sfatto e intorno alla zona peristaltica c’erano quei movimenti graziosi , come la promessa di amore per qualcuno più giovane più carino e più ricco eppure ancora sconosciuto anche se uno dei suoi attributi doveva essere chiaro – doveva essere un single, un benedetto single.
“Dolcezza,” disse Sturges. Stava appoggiato sulle ginocchia come per recitare le preghiere ma le sue labbra erano lì in un atto profano, per niente da preghiera.
“Finiscila. Devi andare”.
Sospirò, accovacciandosi infine sulle ginocchia. “Immagino di sì. Ci vedremo domani. Stesso orario”.
“Cosa ti fa essere così sicuro che sarò ancora qui?” si imbronciò lei. “Potrei essere da qualche altra parte”.
“Aspetta, tutto qui,” disse Sturges. “Devi solo avere pazienza, dolcezza. Verranno bei tempi”.
Sturges andò a casa dalla moglie e lei attaccò il nastro. Aveva sessantaquattro anni ed era di una snellezza non attraente per i quarantaquattro di lui, belli pieni di ciccia, una biondina secca del Delaware e di famiglia svedese, stessa carnagione della carta ingrigita, convertita dal Luteranesimo al Cattolicesimo quando aveva quarant’anni. Si era fatta una passione dell’eterna validità dei voti matrimoniali. La lunga monodia si impuntò quando arrivarono alla solita minestra sostanziosa fino al brasato e carote e alla apple pie che andava tanto di moda, poi prese un tono duro mentre guardavano la televisione (spettacoli che andavano storto con molte dentature splendenti e disperate e sul fondo musica altissima; poi i notiziari con gli speaker che si eccitavano per tutte le notizie che annunciavano), e continuò fino a mezzanotte inoltrata. La monodia minacciosa per certi versi era veramente come la musica: non aveva altra ragione al di fuori di se stessa. Lei era una di quelle donne che russano come gli uomini. Mentre russava Sturges rimase sveglio dicendosi: “Crepa crepa crepa per favore. Per favore Dio falla crepare”. E questo incantesimo lo fece addormentare.
Il giorno dopo andò come al solito per Sturges. Fino alle sei di sera, quantomeno. Era nel suo ufficio sul retro del supermercato a dettar lettere alla sua segretaria spersonalizzata (solo segretarie consimili possono candidarsi per un lavoro presso i supermercati morali Eichendorff. Sia benedetta tra le donne la signora Eichendorff). Stava lì a gestire lamentele, faceva i suoi giri per la stanza, contava l’incasso di fine giornata e lo metteva al sicuro. La sua segretaria si era già prontamente messa il rossetto e aveva indossato la giacca quando annunciò:
“Il Signor Schultz è qui per vederla, Signor Sturges. Dall’ufficio superiore”.
“Schultz? Schultz? Benissimo, lo faccia entrare, Signora Kapatanakis”.
Entrò nell’ufficio un signore carino e sorridente, del tipo spagnolo scuro e della stessa età di Sturges, chiaramente non uno Schultz. Abbastanza chiaro che non lo era perché parlava con accento britannico. Tirò fuori la mano dicendo “Ti trovo bene John.” Sturges rabbrividì. “Oh,” sorrise il Signor Shultz, “non è necessario che Miss Kapatanakis rimanga qui, giusto?”
“Direi di no, Signor… Signor…”.
“Ti conosco John”, disse il Signor Schultz, “ma tu non mi conosci. Siediti” e gli fece un cenno di invito. “Mettiti comodo”. E prese una sigaretta dalla scrivania ordinata di Sturges, la accese con un accendino dorato e aspettò, sbuffando, finché i piedi di Miss Kapatanakis si furono allontanati fuori dalla porta e infine disse: “Questa, che tu l’abbia capito o no, è una minaccia”.
“Perdonami,” disse Sturges. “Per poco io…”
“Una minaccia,” disse il Signor Schultz. “Forse nei hai viste così nei film o in televisione. Voglio i tuoi soldi John.” E fece balzare un sacco appiattito sulla scrivania. “O semmai i soldi dell’industria. Sono in quella cassaforte. Nessuno ti torcerà un capello. La ditta non perderà soldi essendo assicurata contro questo genere di cose e non penso ci sia bisogno di essere infidi. Quindi apri quella cassaforte e dammi i soldi”.
“Se non lo faccio?”
Il Signor Schultz sospirò. Disse “Ti chiedo di credermi per quello che sto per dirti. Hai sentito quel che ti ho appena detto – i film e la televisione – quindi penserai che è tutto un bluff. Ma per quanto la vita reale tenda ad imitare i film, sono di gran lunga i film ad essere un’imitazione della vita reale. Ora il mio collega e io abbiamo preso quest’idea della minaccia dai film ma questo non rende meno vera la minaccia. Mi sono spiegato?”
Sturges mise la mano al telefono. Schultz disse: “Fa’ tutto ma non chiamare la polizia. Puoi chiamare al massimo tua moglie che al momento si trova di fronte alla canna di una pistola automatica ben oliata e carica. Quest’arma è impugnata dal mio collega, un uomo stupido ma gentile senza alcun predisposizione alla compassione o al rimorso. Penso tu conosca la procedura. Usiamo tua moglie come una sorta di scudo”.
“Vuoi dire,” disse Sturges, “che se non vi do i soldi uccidete mia moglie. È così?”
“Ebbene sì. Alvin, il mio collega, è giovane e felice di imbracciare l’arma. Il suo dito desidera premere il grilletto. Un utile idiota. Mi protegge perché sono un’anima sensibile, mi protegge dal bisogno di violenza. Odio la violenza. Tu e io sediamo qui come gran signori senza alcun pensiero violento. Andrai alla cassaforte e mi darai i soldi e poi andrò via con un sorriso e una parola gentile. Raccoglierò Alvin e la tua signora moglie e guideremo lontani usando chiaramente lei come scudo e poi, a tre miglia dalla città, la scaricheremo, anche se non devi vedere una sfumatura negativa in questa espressione. Ci accerteremo che abbia dieci centesimi per andare alla cabina telefonica ma chiaramente noi dovremo lasciarla a un’ora a piedi da questa cabina. Poi Alvin e io saremo al sicuro oltre il confine nazionale, ben soddisfatti. Come lo sarete anche tu e tua moglie una volta che vi sarete riuniti. E la ditta Eichendorff non ci perderà nulla”.
“Oooo vedo,” disse Sturges con vero accento inglese. E aveva ragione di usarlo; non era solo una presa in giro. “L’iiindustria Eeeechendorf nooon avvvrà niente”.
“Bene bene,” disse Schultz. “Dovresti fare teatro. Ora su, non sprechiamo tempo, come si dice.” Ma Sturges prese il telefono e disse: “Passatemi la polizia”. Sorrise al preteso Schultz. Il quale disse: “Perché tu… vuoi che tua moglie muoia?”.
“Sì,” disse Sturges. “Oh, polizia? Mi stanno trattenendo. Da Eichendorff in via del sicomoro. Mandate rapidamente qualcuno. E mandate qualcuno anche alla strada privata delle querce, 51a. Un pazzo sta minacciando mia moglie. Di corsa”.
Schultz, o qualunque fosse il suo nome, tentò di attaccare John Sturges che era forte e pieno di speranza e il finto Schultz ne fu sconcertato. Sturges prese dalla scrivania un fermacarte raffinato e lo lanciò contro Schultz che andò in frantumi. Poi Sturges compose il numero di casa. “Eiiii” disse con accento inglese. “Sei Elvin, eeeh?”.
“Sì capo.” Era un tono ruvido, di voce stupida e violenta.
“Dalle quel che si merita. Suuu!”
“Capo?”
“Spara e ammazza, dannazione a te. Voglio sentire lo sparo.”
“Okay capo. Sei tu il capo”. Poi Sturges sentì il respiro ruvido, urla e infine un rumore molto rumoroso. E poi Alvin, sempre ruvido, “Fatto capo. Come dicevi tu.”
“Bella roba. Aspettami all’angolo”.
“Okay capo”. Sturges mise giù il telefono, poi disfece un poco i suoi vestiti, si diede un buffetto – nulla di offensivo – sulla fronte col fermacarte, poi (e questo richiedeva gli occhi chiusi) passò il pugno lungo il vetro infranto. Era tutto una pozza di sangue.
La Polizia di Stato apprezzò la situazione: avevano inseguito questo presunto Inglese che andava sotto i nomi più assurdi; Alvin (che poi era il suo vero nome) era effettivamente ricercato in Ohio per rapina a mano armata. Espressero a Sturges le loro condoglianze e lo elogiarono per il suo coraggio e sangue freddo. La ditta Eichendorff andò in estasi religiosa per la lealtà di Sturges che andava oltre la solita linea del dovere. Pagarono loro i funerali della moglie (enormi corone sulla tomba col marchio EICHENDORFF bello in vista) e gli diedero per giunta un bonus sostanzioso. Lo mandarono con ogni riguardo in Florida in vacanza dando risalto alla cosa. Lì incontrò una ragazza affascinante a nome Miss Lilith Kodaly. Dopo la vacanza in Florida Sturges fu promosso al ruolo di manager del più grande supermercato Eichendorff di Trenton. (Aveva sempre voluto andare a est, in effetti)
Miss Lilith Kodaly – che sposò prudentemente dopo un decoroso periodo di attesa – si dimostrò una mogliettina ragionevolissima. Le amate, quando si dia loro la chance (e nonostante tutte le sciocche storie che dicono l’opposto) fanno di solito come lei.
Anthony Burgess
*traduzione di Andrea Bianchi. Il testo originale su The Transatlantic Review, No. 33/34 (Winter 1969-70), pp. 40-44.
L'articolo “Come vorrei che mia moglie morisse”: un racconto candidamente cinico di Anthony Burgess proviene da Pangea.
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ggdbcheapsale-blog · 6 years ago
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discountggdbsneakers-blog · 6 years ago
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outletcheapggdb-blog · 6 years ago
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cheapggdbsale-blog · 6 years ago
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stefanopisoni · 5 years ago
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Il Significato di Growth Hacker
Chi è il Growth Hacker?
Ti stai chiedendo quale sia il significato di Growth Hacker?
Se lo hai fatto e vuoi saperne di più a riguardo, questo è l’articolo giusto per rispondere a tutti i tuoi dubbi!
Parlerò del significato di Growth Hacker, di cosa fa e di quali sono le sue skills!
Questo termine sta prendendo sempre più piede negli ultimi tempi per cui è probabile che tu possa anche averlo sentito qualche volta.
È stato coniato per la prima volta nel 2010 da Sean Ellis in un articolo del suo blog.
Da allora viene utilizzato di continuo, specialmente nei settori del Digital Marketing.
Ma qual’è il significato di Growth Hacker? Con Growth Hacker si definisce una nuova figura professionale nata nell’ultimo decennio.
In italiano questo termine potrebbe essere tradotto con “Hacker della Crescita”.
In effetti suona molto meglio in inglese!
Ad ogni modo, questa traduzione può farci riflettere su una questione importante.
Crescita? Di cosa?
Delle società per cui lavora ovviamente!
Il compito di un Growth Hacker, infatti, è quello di far crescere un’azienda o un business con strategie di marketing e con campagne finalizzate alla crescita e al miglioramento del business.
Il significato di Growth Hacker inizia ad esserti più chiaro?
Continuando l’articolo troverai tutte le informazioni che ti servono!
Le competenze di un Growth Hacker possono variare a seconda del settore in cui agiscono, spesso sono responsabili della supervisione di tutti gli aspetti che interessano un’azienda.
Cosa può fare il Growth Hacking?
Per comprendere ancora meglio il significato del termine Growth Hacker ti servirà sapere quello che svolge effettivamente all’interno dell’ambiente lavorativo.
Il Growth Hacker può lavorare con i responsabili del settore marketing di un’azienda e aiutare nella scelta delle strategie di marketing.
Inoltre può incidere tantissimo nella supervisione del sito Web e sui sistemi di automazione per migliorare la lead generation, traffico o conversioni.
Tutti queste strategie servono ad incrementare il coinvolgimento degli utenti e ad aumentare il tasso di conversione.
Aumentando visite e conversioni il Growth Hacker può portare più guadagni all’azienda per cui lavora, e quindi diventa una figura indispensabile ed utilissima.
Il Growth Hacker ad esempio potrà capire che quello che serve all’azienda è migliorare la SEO del sito e degli articoli relativi al brand per ottimizzare la visibilità su internet.
Potrebbe anche puntare a migliorare l’esperienza del cliente impostando la campagna in modo che possa adeguarsi all’aspetto business-to-business (B2B) o a quello business-to-consumer (B2C).
Il Growth Hacker, in poche parole, è colui che si occupa a 360° di portare miglioramenti lato acquisizione utenti, retention e revenue in un’azienda.
Il suo focus d’azione si concentrerà in base alle sue competenze e in base alle esigenze della compagnia per cui sta lavorando.
Le abilità di un Growth Hacker
Per capire ancora meglio il significato di Growth Hacker, ti elencherò alcune delle abilità indispensabili per questa figura professionale.
Un professionista che vuole tenere fede al significato di Growth Hacker, deve:
Avere delle eccezionali conoscenze di marketing
Avere esperienza nel ricoprire ruoli manageriali e decisionali
Saper capire le esigenze dei Clienti
Essere capace di rinnovarsi costantemente
Essere in grado di tenersi costantemente aggiornato con nuove strategie marketing e con i trend del momento
Sapersi adattare ad ogni ambiente e ad ogni imprevisto
Portare innovazioni e idee sempre nuove per migliorare un brand o un’azienda
Saper analizzare le situazioni, le campagne e le procedure aziendali per scegliere come impostare una campagna marketing o dove investire le risorse
Essere capace di sfruttare al massimo le risorse che ha a disposizione e ottenere il miglior risultato possibile
Tutte queste capacità sono ciò che contraddistingue la figura del Growth Hacker.
Un Growth Hacker che non si rinnova o che ha paura di provare nuove strategie non sarà capace di portare all’azienda il massimo beneficio.
Il Growth Hacker deve essere anche in grado di adattarsi ad ogni situazione ed avere lo spirito di reagire prontamente ad ogni imprevisto che si possa verificare.
Le doti di leadership, invece, gli daranno la possibilità di dirigere un progetto in maniera pulita ed efficace, migliorando il lavoro di squadra con il resto del team.
Per forza di cose il Growth Hacker influirà su molti o su tutti gli aspetti dell’azienda per cui lavora.
Una precisazione importante da fare è che il Growth Hacker non viene assunto per sostituire ruoli già presenti.
Viene inserito all’interno di un team per apportare migliorie strategiche!
Gli obiettivi del Growth Hacking
Il significato di Growth Hacker dice già molto su quali sono gli obiettivi di questa figura professionale: Far crescere l’azienda per cui lavora dal punto di vista del numero dei Clienti e del fatturato.
Specialmente nell’ambito del digital marketing questo aspetto è molto importante.
Un esperto che sappia creare una strategia che permetta di ottenere più traffico, più conversioni e permetta di fidelizzare i Clienti paganti (magari facendoli diventare promoter dell’attività stessa) è indispensabile per far crescere il business e l’azienda per cui lavora.
Ottimizzare ogni reparto ed ogni aspetto di marketing è la sua priorità.
Un Growth Hacker si pone anche l’obiettivo di far crescere l’azienda in modo che possa assumere maggior consapevolezza delle proprie potenzialità.
Il Growth Hacker punta a cercare di ottenere il massimo dai prodotti, dalle campagne pubblicitarie su social e non, impiegando delle strategie marketing create appositamente con quello scopo.
Come riconoscere un buon Growth Hacker
I Growth Hacker sono un ottimo “acquisto” per aziende e start-up emergenti.
Ma come si riconosce un Growth Hacker bravo nel suo lavoro?
Per prima cosa devi studiare il suo profilo, capire che genere di esperienze lavorative ha già fatto e quali risultati ha ottenuto.
Se il Growth Hacker che ti interessa ha un sito web, visitalo e inizia a leggere i contenuti che propone.
Leggi gli articoli del suo blog e cerca di capire se quello che offre risponde alle tue esigenze.
Prova a metterti in contatto con le aziende per cui il Growth Hacker ha già lavorato per ottenere feedback anche da loro.
Analizza le sue referenze e fatti mostrare dati sui precedenti lavori svolti, così che possa fornirti delle prove tangibili della sua esperienza.
Parla con il Growth Hacker per capire il suo metodo di lavoro, come intende impostare il lavoro, che tipo di idee potrebbe avere.
Chiunque può prometterti guadagni da favola, ma molto spesso è meglio essere sinceri e capire realmente cosa si può fare nelle condizioni attuali e con il budget che si ha disponibile.
Ricordati che non tutti i Grow Hackers hanno competenze uguali, considerando le famose “T Shapes” (tante competenze orizzontale e qualche verticalizzazione), qualcuno potrebbe essere un esperto in Digital Marketing e in Ottimizzazione SEO, un altro potrebbe aver sviluppare maggiormente le sue conoscenze in programmazione oppure in altri ruoli di stampo manageriale.
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Fonte Growth With Ward
Se stai cercando un Growth Hacker oltre a cercarne uno bravo, devi anche assicurarti che possa adeguarsi alle tue necessità.
12 Caratteristiche che non devono mai mancare Per mantenere fede al significato di Growth Hacker, scrivo qui sotto alcune caratteristiche che non possono mancare a questa figura professionale.
1. Creatività
Un Growth Hacker deve essere Creativo.
La creatività è alla base di moltissimi lavori ed operazioni, bisogna avere una mente brillante e delle idee originali per creare Strategie Marketing rivoluzionarie.
Essere creativi permette di rielaborare i dati raccolti in modi totalmente nuovi, creando nuovi trucchi per crescere più in fretta sia come privato che come azienda.
Una mente abituata al ragionamento creativo è più predisposta ad affrontare gli imprevisti e ad adattarsi rapidamente ad ogni ambiente di lavoro. 
Un Growth Hacker creativo è in grado di realizzare articoli, strategie o guide in maniera originale ed unica, è in grado di distinguersi dalla massa. 
Diciamo, quindi, che la Creatività è una delle prime abilità di cui una persona ha bisogno per fare questo lavoro al meglio.
2. Multitasking
Un’altra qualità importantissima per un Growth Hacker è la capacità di sapersi destreggiare in mansioni diverse su uno stesso progetto. Occhio che non sto intendendo multitasking come “fare tante cose allo stesso tempo”. Quello che voglio dire è che probabilmente nell’arco di una giornata, il Growth Hacker si troverà a seguire diversi reparti e diverse aree dell’azienda, trovandosi a discutere con reparti diversi di dati e di conversioni, come di contenuti e creatività o di posizionamento del prodotto/servizio.
Un Growth Hacker deve essere formato quanto più possibile per coprire con le sue conoscenze ogni settore dell’azienda che cerca di migliorare. 
Un Growth Hacker capace nel Marketing, nella gestione dei Social Media, nell’analisi dei dati e che sia anche capace di scrivere in maniera accattivante i suoi articoli, sarà certamente più utile e ricercato di un Growth Hacker che sa svolgere solo una mansione.
Specializzarsi in molti settori e diventare competente in molti aspetti diversi trasforma questa figura professionale in una risorsa incredibile. Ed è proprio qui che si da un senso al significato di Growth Hacker.
Tutto questo gli consente di avere chiaro ogni tipo di lavoro e azienda che segue in modo da poterlo gestire ed affrontare al meglio. 
Se il Growth Hacker si occupa di gestire alcuni team è importante che sappia quello che stanno facendo e come poterli coordinare in maniera ottimale.
Avere molte competenze, in tanti settori, è sicuramente un pregio.
Nel Growth Hacking capita spesso di dover prendere delle decisioni importanti, di forte impatto per una società o un’impresa. Saper trattare molti argomenti allo stesso tempo permette di avere tutto sotto controllo e di prendere le decisioni migliori. Essere attivi a 360° gradi sul progetto e sulle strategie è fondamentale per la buona riuscita del lavoro.
Questo non significa che tutti i Growth Hacker sapranno fare tutto, anche perché questo è umanamente impossibile.
Tuttavia è importante per un buon Growth Hacker avere il giusto livello di competenza per far si di poter dialogare con le varie figure aziendali in modo da comprendere le loro esigenze e fare da “collante” tra i vari reparti dell’azienda.
3. Copywriting & Storytelling
Ecco un’altra caratteristica importante per un Growth Hacker. Saper scrivere un messaggio nel modo giusto ed attirare l’attenzione del lettore non è una cosa così semplice.
In generale, per chiunque lavora online, avere delle basi di Copywriting è fondamentale. E il Growth Hacker non è da meno.
Oltre al Copywriting bisogna essere in grado di sviluppare competenze nello Storytelling.
Bisogna essere capaci di raccontare la propria storia o le proprie esperienze in modo da poter far capire meglio un concetto, coinvolgere la propria audience e fidelizzarla.
Questo crea un forte senso di empatia con il lettore, inoltre è molto d’aiuto per consentire alle persone di fidarsi dell’azienda, capendone i valori e la mission.
Condividere un percorso o spiegare come si è stati capaci di raggiungere un risultato non è sempre facile, bisogna trovare il modo di scrivere esattamente quello che si vuole trasmettere, senza perdere di mira l’obiettivo del proprio articolo. 
Gestire un sito web con un blog, per fare un esempio, necessita la creazione di numerosi articoli, di una strategia per scriverli correttamente per far si che siano inseriti in una strategia SEO.
Un Growth Hacker, potrebbe non dover scrivere lui gli articoli, ma saper delineare una strategia che permetta di capire quando pubblicarli, quanti pubblicarne, di che lunghezza farli, su che parole chiave, capire di che argomenti parlare e di come rendere il blog interessante. 
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Fonte Embed Social
4. Analisi
Una delle competenze più importanti per un Growth Hacker è la capacità di analizzare e rielaborare i dati. 
Per gestire al meglio la crescita di un’azienda o di un’attività è importante utilizzare degli strumenti che possano tracciare l’andamento e i risultati di una strategia Marketing piuttosto che di un’altra.
Per farlo si possono utilizzare strumenti come Google Analytics, Mixpanel, Supermetrics (e tanti altri..) in modo da poter osservare il traffico, le visite, le conversioni, il tempo speso in pagina e tutti i dati utili a capire cosa sta funzionando e cosa no.
Avere delle conoscenze in questo settore è essenziale, ed uno dei punti chiave per essere un buon Growth Hacker. Ottenere informazioni dai dati raccolti e sapere come decifrarli ed interpretarli è la base di partenza per ogni nuova Strategia.
Un altro strumento utilissimo per tenere traccia dei dati è JotURL, un tool multitasking capace di realizzare Tracking Link.
È possibile tracciare un gran numero di informazioni offsite e di trovare tutto quello che occorre all’interno degli Analytics.
Ovviamente esistono molte altre soluzioni sul web per tenere traccia di dati e analytics dei vari siti web o dei social Media.
Ricordati che ogni Growth Hacker dovrà sempre analizzare e tenere traccia dei dati ed essere capace di sfruttare queste informazioni al meglio. La quasi totalità delle scelte prese da un Growth Hacker sono dettate dall’analisi e dall’interpretazione dei dati (“data driven”).
5. Ottimizzazione SEO
Dopo l’Analisi corretta dei dati, c’è un’altra competenza importantissima per i Growth Hackers: lavorare sulla SEO.
SEO è la sigla di: Search Engine Optimization.
Questo termine viene utilizzato per racchiudere tutte quelle operazioni impiegate per migliorare il posizionamento di un sito web all’interno dei motori di ricerca.
Un sito ottimizzato avrà molte più possibilità di apparire come risultato nelle prime pagine e quindi di ottenere maggiore visibilità e traffico organico.
Per migliorare la SEO si devono rispettare dei criteri specifici.
Ricordi che prima dicevo che un buon Growth Hacker deve saper scrivere? Bene! Deve saperlo fare anche in ottica SEO.
Questo vuol dire che deve selezionare delle Keywords efficaci che possano portare molto traffico, visite ai contenuti e che non sia incredibilmente competitive.
Come si trovano queste Keywords? Si possono utilizzare strumenti come Ubersuggest o SEMrush e cercare la parola o le parole che possono essere cercate maggiormente dagli utenti. 
Una volta individuate le parole, o la combinazione adeguata, bisognerà sfruttare quelle parole per incentivare la SEO del proprio sito, dei propri articoli, etc.
Internet è un luogo sempre più affollato, per questo motivo apparire tra i primi risultati è essenziale per essere notati e farsi conoscere. 
Un buon Growth Hacker cercherà di fare il possibile per ottenere quanta più visibilità possibile e per migliorare il traffico verso il sito o articoli del blog. Più visite = Più Lead = Più Conversioni = Più Clienti
Il discorso SEO è incredibilmente ampio, se vuoi maggiori informazioni puoi trovare qui una guida sulla SEO Per Aziende B2B.
6. Ascolto e Raccolta Informazioni
Saper ascoltare attentamente i desideri dei propri clienti e rispettarli è una capacità fondamentale di qualsiasi professionista che offra un servizio.
Per il Growth Hacker questo concetto è ancora più importante che altrove.
Le decisioni del Growth Hacker devono portare ad un miglioramento delle attività del suo Cliente, o dell’azienda per cui lavora, base ai KPI che vengono decisi insieme.
Per capire appieno il messaggio o l’obiettivo di una grossa società il Growth Hacker avrà bisogno di capire attentamente quello su cui deve lavorare.
Un piccolo errore di comprensione potrebbe comportare una perdita di tempo incredibile, per questo motivo saper ascoltare è una qualità da non sottovalutare.
Il Growth Hacker deve saper offrire soluzioni e strategie innovative, ma deve poterlo fare al momento giusto, dopo aver raccolto tutte le informazioni che gli possono servire per lavorare nel modo più adeguato. 
La raccolta di informazioni è importantissima.
Può comprendere il tipo di target che si intende raggiungere, il tipo di settore in cui muoversi e da cui sviluppare delle strategie per raggiungere gli obiettivi prefissati.
Un buon Growth Hacker deve essere capace, inoltre, di spiegare le strategie che verranno adottate e gestire le aspettative dei Clienti. Perchè? Perché per quanto si cerchi di fare test veloci, che diano subito un’indicazione e permettano di trovare la strada giusta il più velocemente possibile, potrebbe succedere di dover aspettare qualche settimana prima avere delle metriche statisticamente significative che permettano di trarre delle conclusioni sensate. In quel lasso di tempo il Growth Hacker deve cercare di capire i tempi di risposta dei clienti e cercare di capire come stiano reagendo. Queste nuove informazioni possono offrire dati utili per:
– Continuare la strategia nel caso tutto stia procedendo al meglio – Cambiare totalmente strategia se i risultati non stanno portando gli effetti sperati – Interrompere la strategia se alcune esigenze lo richiedono – Cambiare target per osservare se la strategia funziona su persone con interessi diversi – Modificare solo qualche aspetto della strategia e continuare a testare. 
Saper ascoltare e raccogliere dati è importante quanto la creazione di nuovi contenuti.
Queste due fasi devono essere alternate adeguatamente per portare maggiori vantaggi possibili.
7. Email Marketing e Chatbots
Un Growth Hacker ha tantissimi strumenti per poter raggiungere i suoi obiettivi. L’Email Marketing o i Chatbots sono sicuramente uno di questi!
L’Email Marketing in particolare è una forma di marketing un pò passata di moda, ma è ancor oggi una delle tipologie di marketing diretto che assicurano un ROI elevato.
Tra le abilità di un Growth Hacker, quindi, bisogna sicuramente considerare anche la capacità di sviluppare strategie di email marketing.
Attivare una newsletter efficace, inserire messaggi accattivanti, fare in modo di incrementare l’interazione e avere uno strumento di comunicazione diretta con i propri Clienti sono passaggi importantissimi.
Esistono anche delle automazioni interessanti per la gestione delle newsletter che possono ottimizzarne l’uso guadagnando tempo. 
Un buon Growth Hacker deve saper utilizzare al meglio gli strumenti giusti, le strategie migliori e le piattaforme corrette. 
Una strategia di lead generation e una di onboarding e di email marketing sono spesso strategie fondamentali e dal grande impatto su qualsiasi business.
8. Social Media Skills
Essendo uno dei canali più utilizzati dalle persone online, sia dal punto di frequenza di utilizzo sia da quello di tempo speso online, il Growth Hacker deve per forza avere buone conoscenze dei Social Media. 
In questo periodo i Social Media sono uno strumento essenziale per farsi conoscere su internet.
Inoltre permettono tutta una serie di interazioni con gli utenti che altrimenti sarebbero impossibili da ottenere e tracciare.
Esistono moltissime piattaforme differenti, per cui sviluppare skills per questo settore per sfruttarle al massimo può non essere così facile come sembra.
Ogni piattaforma (Facebook, LinkedIn, Instagram, You Tube, etc) funziona in maniera diversa da un altra ed è importante saper trarre il massimo da ogni piattaforma. 
Per il mondo del lavoro un Social da non sottovalutare è LinkedIn, offre la possibilità di connettersi ad altri professionisti del proprio settore ed è fantastico per le strategie di Marketing B2B.
Far conoscere un’attività lavorativa su LinkedIn è un buonissimo modo per farle avere successo.
Se vuoi scoprire come funziona LinkedIn clicca qui.
I Growth Hacker devono capire quale tipo di contenuto postare sui Social e targettare il pubblico adeguato. 
Anche sapere quando postare sui Social è importante.
Analizzare l’andamento delle proprie campagne marketing sui social, capire quale genere di utente sia attirato dai contenuti e migliorare le interazioni sono punti importanti che ogni Growth Hacker dovrebbe conoscere molto bene.
9. Paid Advertising
I Growth Hacker devono essere in grado di gestire le campagne pubblicitarie sui Social o per lo meno devon saperne comprendere i dati e l’andamento.
Le piattaforme Social non vengono più utilizzate solo per scopi personali, ma sono dei veri e propri canali per lanciare delle campagne pubblicitarie e per farsi conoscere.
Facebook e Google, ma anche LinkedIn, per esempio, offrono un servizio di Advertising.
Il costo di queste campagne è variabile.
Il Growth Hacker deve saper come investire il denaro in modo tale da ottenere il massimo le campagne pubblicitarie sui Social.
Se le campagne funzionano gli utenti convertiti in clienti porteranno nuove entrate all’azienda consentendo un nuovo guadagno. 
Ovviamente il Growth Hacker deve capire al meglio quanto sia il caso di investire in una campagna e su quale social farlo. 
Anche il target deve essere analizzato con estrema attenzione. 
Sono scelte molto delicate e possono comportare molti rischi.
Non aver paura di osare è fondamentale in questo tipo di lavoro.
Internet è molto competitivo, chi vacilla, chi non si mette in gioco resta indietro e finisce dimenticato. 
Un buon Growth Hacker deve mettere in gioco la sua competenza per investire adeguatamente il denaro e far guadagnare quanto più possibile all’azienda con cui lavora.
Per questa guida è tutto, sicuramente questi sono solo alcuni che devono essere considerati, in realtà il mondo del Growth Hacking è incredibilmente vasto e se vuoi approfondire ulteriormente questo argomento ti consiglio di cliccare il link che trovi qui sotto.
A presto!
Stefano PS se vuoi scoprire tutto sul Growth Hacking, ho preparato una guida super completa, la trovi qui!
L'articolo Il Significato di Growth Hacker proviene da StefanoPisoni.
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giancarlonicoli · 6 years ago
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6 ago 2018 13:54 MICHELE SERRA: ''MI HA DETTO 'HO BISOGNO DI TE, DOBBIAMO FAR SAPERE UN PO' DI COSE SULL'AUTISMO', E IO ERO PERPLESSO. L'AUTISMO È IN AUMENTO, COME LE BUFALE MEDIATICHE. POI È VENUTO DA ME CON LO PSICOLOGO LUCIO MODERATO: 'SO COSA PASSA IL FIGLIO DI ELIO. SONO NATO SPASTICO DA UNA FAMIGLIA POVERA, UN INFANZIA DI BULLISMO FINCHE'...' - LE CAUSE? INQUINAMENTO, AMBIENTE, GENETICA. I MASCHI COLPITI IL QUADRUPLO. MA SA CHE…'' 
Michele Serra per ''il Venerdì - la Repubblica''
Quando Elio mi ha cercato per dirmi "ho bisogno di te, dobbiamo far sapere un po' di cose sull'autismo", ero perplesso. Argomento delicato, al tempo stesso doloroso e affascinante, pieno di implicazioni medico-scientifiche, facile scrivere scemenze: se è vero che l'autismo è in aumento, anche le scemenze mediatiche lo sono. Non vorrei contribuire. Non sono un giornalista scientifico, gli ho detto, e dell'autismo so quasi niente, non credo basti avere visto Rain Man.
Non importa, mi ha risposto: sei uno che leggono in molti. Dunque devi darmi una mano. Ho delle cose da dire, e sono cose importanti. Si è presentato a casa mia con un signore alto e magro, Lucio Moderato, psicologo, 63 anni, direttore dei Servizi per l'autismo alla fondazione Sacra Famiglia, a Cesano Boscone, vicino a Milano (suo fratello Paolo, docente allo Iulm, ha in cura il figlio di Elio).
Sguardo acceso, risata contagiosa, eloquio potente a dispetto delle difficoltà (è affetto dalla nascita da tetraparesi spastica, tratta le disabilità, dunque, a partire da se stesso), il dottor Moderato forma con Elio una coppia notevole anche visivamente, un po' don Chisciotte e Sancho Panza, e il mulino a vento è l'autismo, condizione molto studiata ma ancora non ben definita, ad amplissimo spettro: deficit dello sviluppo neurologico che produce forti limitazioni nelle relazioni umane, tendenza alla chiusura, alla maniacalità, alla specializzazione ossessiva. Fino alla totale incomunicabilità e asocialità; alla incapacità di provvedere a se stessi; con sofferenze pesanti, a volte insostenibili, per le famiglie.
La storia qui riassunta parte dal percorso terapeutico e umano di  Elio, di sua moglie Camilla, del loro bambino autistico. Eventuali imprecisioni o sbavature o approssimazioni sono attribuibili al cronista, non ai protagonisti della vicenda, ai quali posso imputare, al massimo, l'avermi sepolto sotto una mole impressionante di informazioni, sensazioni, speranze. Il figlio di Elio si chiama Dante. Nella severa avventura dell'autismo, Dante è fortunato: gemello eterozigote, i genitori hanno potuto verificare molto presto, in rapporto al fratello, i problemi nello sviluppo cognitivo.
Si sono accorti subito, madre e padre, che qualcosa non andava. La diagnosi precoce è fondamentale, perché l'autismo non si cura (non è una malattia: è una condizione), però si affronta, si tratta. E prima comincia la battaglia, migliori sono i risultati. Si chiamano "terapie cognitivo-comportamentali", prescindono dalla fatidica domanda sulle cause dell'autismo e cercano di rendere vivibile, qui e ora, un rapporto altrimenti invivibile. In molti casi ci riescono.
Elio decide di metterci la faccia quando si rende conto che le associazioni di genitori sono decine, le presunte "cure" sono decine, gli stregoni e i ciarlatani altrettanti, e la solitudine delle famiglie alle prese con il problema rischia di annichilirle; oppure, per disperazione, di esporle a tentazioni terapeutiche prive di qualunque fondamento. "Se hai un tumore vai all'oncologico, se ti rompi una gamba vai in ortopedia, ma se tuo figlio è strano, scende dal passeggino e comincia a correre come un pazzo, e tu passi le giornate a inseguirlo col terrore che finisca sotto una macchina, o che ai giardinetti salti addosso a un pitbull che lo sbrana, e il pediatra ti dice che probabilmente è autistico, non sai dove sbattere la testa.
Il bambino urla nei negozi, la gente guarda male i genitori perché pensa che è maleducato. Non si volta quando gli parli, e l'esame audiometrico non serve a niente. Conosco persone che sono finite ovunque, cadute nelle mani di chiunque. Ci sono i teorici della chelazione, che attribuiscono l'autismo ai metalli pesanti nell'organismo e lo curano con altri metalli pesanti, facendo gravi danni. Quelli che dicono che tutto dipende dalla dieta, e propinano beveroni da ottocento euro a botta. Quelli che colpevolizzano i genitori dicendo che l'autismo è frutto del disamore".
Interviene Moderato: "Per anni ha imperversato la teoria nefasta delle madri frigorifero, anaffettive. Nel 1950 i medici dicevano qualcosa tipo "si isola perché non è abbastanza amato". Fake news novecentesche, quando non si chiamavano ancora fake news. Montagne di sensi di colpa. È anche dalla ribellione delle madri colpevolizzate che le cose hanno cominciato a cambiare. Nel 1969 Leo Kanner, psichiatra, uno dei pionieri nello studio dell'autismo, abiura: ho detto una cazzata, ammette. Le madri-frigorifero non c'entrano un bel niente. Prende forza la strategia di psicoeducazione derivata dalle leggi dell'apprendimento, soprattutto in America. Adottando anche tecniche usate per l'addestramento degli animali da circo... Ecco un caso in cui la scienza non è cambiata motu proprio, ma anche per merito delle famiglie che si sono ribellate".
"Quando ho deciso di metterci la faccia" riprende Elio, "mi sono reso conto che le associazioni di genitori sono un grande casino, circoli sparsi, niente di strutturato a livello nazionale, e invece sarebbe decisivo arrivare finalmente a un'uniformità, a una coerenza di azione. Mi sono ritrovato a un incontro pubblico a Varese, organizzato da un comitato di associazioni, una quarantina solo in Lombardia.
L'obiettivo era una raccolta di firme da portare al governatore della Lombardia, Attilio Fontana. Ho mostrato ai presenti un'altra petizione: duecentomila firme per la liberazione di un cane che abbaia troppo, rompendo le balle a un intero isolato, ed è stato recluso. L'appello sui bambini autistici invece era fermo a diecimila, quando si dice un segno dei tempi... Ho fatto un ultimatum ai presenti: o raccogliamo almeno tante firme quanto quelle per il cane, oppure non se ne fa niente. Qualche animalista si è offeso. Qualcun altro mi ha detto: io firmo, ma solo se firmiamo anche contro i vaccini...".
E dal fake novecentesco, quello delle mamme anafettive, passiamo a quello odierno: non esiste uno straccio di prova che ci sia una relazione tra autismo e vaccini. I sostenitori della tesi (pochi) sono stati accusati di fare carte false, radiati dall'Albo. Moderato puntualizza: "Niente è a rischio zero. Esiste una bassissima incidenza di rischio anche per i vaccini. Ma la sola cosa che possiamo dire con certezza è che se si sospendono le vaccinazioni i casi di autismo rimangono gli stessi, i casi di poliomielite aumentano a dismisura".
La questione dei vaccini viene saggiamente by-passata, le duecentomila firme vengono raggiunte in pochi giorni, Elio viene ricevuto dal neogovernatore e trova ascolto. I firmatari chiedono di attuare le leggi esistenti, che sono buone leggi, regionali e nazionali. Esistono le strutture, esistono i metodi riabilitativi, i soldi ci sono, la speranza è di fare della Lombardia una regione-guida nel trattamento dell'autismo e nel sostegno alle famiglie.
"Se siamo qui" dice Moderato "è perché vogliamo che le famiglie sappiano che si può fare. È un lavoro duro, faticoso, quotidiano, ma si può fare. L'autismo non è una malattia, è un disturbo dello sviluppo cognitivo. Ed è una condizione genetica, come nascere senza braccia o con le gambe corte. È insensato dire: ti guarisco. È giusto dire: faccio di tutto perché tu possa vivere ugualmente, migliorare anche di molto non solo la tua qualità della vita, anche quella della tua famiglia. È un processo abilitativo-esistenziale. Delle terapie cognitivo-comportamentali io sono al tempo stesso professionista e utente (ride).
Il percorso che sta facendo il figlio di Elio l'ho sperimentato su me stesso. Sono nato spastico da una famiglia povera, in anni nei quali la disabilità non era considerata. E neanche il bullismo era chiamato per nome. Ti prendevano per il culo e basta. Problemi enormi di socializzazione, nessuno voleva sedersi vicino a me. Ma ho capito da subito che non era un destino da subire, il mio, ma una condizione da affrontare. La prima protesi è stata la penna biro, alle elementari avevamo calamaio e pennino, puoi immaginare i risultati. Con la biro è stato un trionfo...
Poi sono arrivati gli anni fantastici nei quali è cambiato tutto, l'abolizione delle classi speciali, la legge Basaglia. È cambiato, finalmente, il paradigma culturale: la disabilità non significa non potere fare le cose; significa non sapere come farle, e imparare a farle. Mi sono detto: nessuno deve mai più permettersi di trattare male i tipi come me. Mi sono iscritto a Psicologia e tutto è cominciato".
L'ultima parte della conversazione è dedicata ai numeri - impressionanti - dell'autismo. Lo spettro è molto largo, con disturbi da lievi a gravissimi, da casi di livello intellettivo molto basso fino a livelli altissimi (il matematico di A Beautiful Mind: ma di supposto autismo, anche per l'aura di misteriosa/tenebrosa genialità che quella condizione evoca, è pieno l'albo d'oro dell'umanità: da Buonarroti a Einstein).
Si parla di decine di migliaia di casi nella sola Lombardia: nella sua ricaduta sociale, un problema gigantesco. Sicuramente i nuovi metodi diagnostici contribuiscono a ingigantire il numero dei casi, oggi si individuano cose un tempo invisibili e innominate, basti pensare alle dislessie o alle intolleranze alimentari.
La diagnosi non passa per la Tac o per la risonanza magnetica, il problema non è morfologico, è "eletttrico", per così dire. Neuroni che non si parlano, connessioni che non funzionano. Circuiti cognitivi che si tenta di riattivare passo dopo passo, goccia a goccia, perché "lo sviluppo cognitivo può essere come una botte, che riempi molto velocemente, oppure come una damigiana che ha il collo stretto e va riempita lentamente. La capienza è la stessa, il tempo necessario è molto più lungo".
Sulle cause dell'autismo vale una salutare, razionale prudenza. "È un po' come cercare la pietra filosofale... E poi per me, per il lavoro che faccio, scoprire le cause è meno importante: devi lavorare su quelli che ci sono, per la qualità di vita di Dante che è ben diversa da quella che era una volta. Quanto alle supposizioni, sono lecite e interessanti purché non le si spacci per verità scientifica, per oro colato. L'inquinamento è un'ipotesi.
Sono stati fatti studi secondo i quali ai piani bassi delle case, in città, si registra un numero superiore di casi. Di certo, il gene non è il produttore unico della malattia. C'è una predisposizione genetica al tumore, ma il tumore può venirti anche se hai una bassa predisposizione genetica. L'ambiente influisce, modifica. E si dovrebbe cominciare a discutere seriamente anche della sovra-sollecitazione del nostro cervello. L'uomo non è multitasking. I casi di Alzheimer sono in netto aumento. In grande crescita tutti i disturbi dell'attenzione, perché l'attenzione è sovrastimolata. Per fare un esempio terra terra, i neuroni sono il nostro impianto elettrico, se lo sottoponi a uno sforzo eccessivo il fusibile salta".
L'incidenza dell'autismo è quattro volte superiore nei maschi. Ma anche questo dato non è interpretabile, allo stato delle cose, in maniera scientificamente attendibile. Il cervello umano è un mistero in larga parte ancora impenetrabile. Quello che premeva dire a Elio, e al dottor Lucio, è che questo mistero non deve atterrire. Ogni cervello umano corrisponde a una vita, ed è di quella vita che ci si deve prendere cura. Si può fare.
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sharonkesler · 6 years ago
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Marketing per ristoranti: 20 idee per attirare clienti
Sono un appassionato di cucina, anzi, a dire la verità amo mangiare quello che cucinano gli altri, soprattutto se fatto col cervello.
“Col cervello? Bleah… che schifo!!”
Ma no, che hai capito?! Intendo dire fatto col senno!
Sì, le cose fatte con amore saranno anche carine, ma per cucinare bene ci vuole un sacco di talento e anni passati a studiare dietro ai fornelli. Non basta disegnare un cuoricino con la salsa sulla pizza per renderla gustosa.
Mi capita spesso di andare a testare nuovi ristoranti, sia in Italia che all’estero e alle volte scopro delle vere e proprie perle di sapore. Piatti che non hanno nulla da invidiare a quelli dei locali più blasonati, ma dove i clienti scarseggiano.
È questo il caso di un ristorante sulle montagne sopra Genova, dove ho mangiato da Nababbo e non ho speso nulla. Ci son finito per caso con un mio amico del posto, che stava cercando a tutti i costi la sua fede nuziale, persa in una serata di bagordi tra uomini.
Sì, c’ero anch’io quella sera e ricordo bene che Michele, all’ottavo bar saccheggiato, ci propose di andare vicino a Carpenara, in un locale che conosceva solo lui. Fatto sta che lungo il tragitto, in piena notte, bucammo una ruota e Michele si offrì di sostituirla.
È lì che perse l’anello, a detta sua, così il giorno seguente lo accompagnai a cercarlo. A mezzogiorno non avevamo ancora trovato un bel niente e decidemmo di fermarci a mangiare in un locale lì vicino. Fummo benedetti dagli dei: il cibo era spettacolare, ma il locale era vuoto e dalle facce dei gestori sembrava che fossimo i primi clienti da una vita!
Mi chiedo spesso in questi casi quale sia il loro concetto di marketing e mi immagino che le loro strategie per attirare i clienti siano scaturite in una serata simile alla nostra, tra i soci con ancora addosso le macchie di vernice e qualche residuo di sangue nelle vene dove scorre ormai solo birra, come in quelle di Michele.
Ah, sì, quasi dimenticavo… e la fede?
La ritrovò la moglie nella tasca interna della giacca, assieme al numero di telefono di una certa Ramona, scritto con il rossetto su uno scontrino da 120 euro di alcolici. Se vuoi sapere la fine della storia leggi il numero 162 di Cronaca Vera.
Spesso mi hanno chiesto di scrivere un articolo su come migliorare il marketing per ristoranti, ma ero sempre titubante. E se poi tutti le applicassero? Sarebbe un bel casino: tutti i locali sconosciuti che adoro avrebbero la fila e non avrei nulla più di cui vantarmi.
Questo almeno è quanto pensavo fino a poco tempo fa. Se adesso sto per rivelare le tecniche segrete del marketing per la ristorazione è solo a causa di tre mie scoperte recenti:
Una ricerca condotta alla Harvard School of Economics sostiene che solo il 5% delle persone che conoscono i segreti del marketing li applica nelle loro attività perché mancano gli esempi pratici. L’ho letto sul biscotto del Cucciolone, ma sembra essere vero.
I dati ufficiali italiani parlano di 197 mila ristoranti in Italia e 170 mila caffetterie. Rassicurante!
Ho trovato in ogni caso un nuovo motivo di vanto con gli amici, oltre al fatto di conoscere i migliori ristoranti d’Inghilterra e d’Italia, ma te lo rivelerò solo alla fine dell’articolo.
Beh, insomma, posso stare tranquillo. In Italia ci sono più ristoranti che santi! Pensa poi che di quelli nati negli ultimi anni, il 45% non riesce a durare per più di tre anni e viene rimpiazzato da un altro locale. Questo significa che ci sono un sacco di posti nuovi da scoprire!
Ma questo significa anche che purtroppo molti non ce la fanno. Sono sicuro che aprire e gestire un ristorante sia difficile e rischioso, ma credo che in una buona parte dei casi il problema sia nelle idee di marketing che in molti hanno e che applicano alla ristorazione.
Certo, non si può saper far tutto: se uno è bravo in cucina, non è detto che lo sia anche nel marketing della ristorazione. Pace, ma senza una buona strategia i clienti non arriveranno mai. Le cose erano già difficili nell’era pre-hipster, ma adesso che tutti hanno la barba lunga, la camicia a quadri da taglialegna di Twin Peaks e il risvoltino ai pantaloni (come se avessero tutti casa allagata), i capperi si fanno amari.
A proposito, quelli amari non vanno bene sulla pizza.
La colpa non è dei barbuti, ma delle nuove potenzialità del web, che rendono il marketing di un ristorante ancora più complesso. Cazzuto, sì, ma con molte più possibilità di attrarre gente pagante da ogni angolo del pianeta, pure a Pedesina, in provincia di Sondrio, dove vivono solo 33 persone.
Ecco allora le migliori strategie di marketing per ristoranti divise per sezione; prima quelle scontate, ovvie, per principianti bollitori d’uova, poi quelle intermedie per quelli che riescono a cuocere alla perfezione un Lava Cake, il tortino vulcanico al cioccolato e infine quelle “pro”, per gli chef stellati che riuscirebbero ad abbinare in maniera spettacolare il baccalà e le fragole.
Come attirare clienti in un ristorante con queste idee di marketing
OVVIE – Per fare promozione devi partire da qui
Crea un sito web del proprio ristorante. Non commento oltre. Fallo con WordPress e lascia perdere tutte le offerte per fare un blog gratuito. Spendici due lire in più e verrai ripagato. Scegli un hosting veloce per WordPress come Siteground. Quanto dev’essere elevato il budget da utilizzare online per il proprio sito? Tra il dominio, un buon servizio di hosting e alcune applicazioni, direi almeno 300 euro per il primo anno. Molti di più (anche dieci volte tanto) se consideri l’idea (solitamente vincente) di affidarti a un professionista per ogni servizio. Dai un’occhiata alla mia pagina relativa agli strumenti per farti un’idea di cosa serve per aprire un blog!
Assicurati di essere presente sulla maggior parte degli indici delle imprese e sui servizi come Pagine Gialle e Tripadvisor, che vengono consultati ogni giorno da valanghe di bestie affamate che potrebbero spendere i loro soldini da te.
Fai del buon SEO. Se hai un ristorante Libanese a Cuneo, assicurati di essere in cima alla lista per la parola chiave “ristorante libanese cuneo”. Se non ce ne sono altri come il tuo e il tuo sito non è in cima alle ricerche di Google, “vai in prigione senza passare dal Via!” (cit. Monopoly). A proposito di keyword research, qui trovi il mio corso gratuito sulla ricerca delle parole chiave giuste.
Fai un po’ di pubblicità online. Punto dolente: anche qui bisogna investire. Se all’inizio sei già pieno di debiti e non sai come tirar fuori 50 euro per Google Adwords, cerca almeno di essere attivo e presente sul tuo sito: crea una sezione blog dove spieghi la filosofia del tuo ristorante, dove parli del Libano e della sua cucina e magari offri qualche consiglio di viaggio. Devi sviluppare traffico organico attraverso contenuti. Questa è più una maratona ma ti costerà solo in tempo senza metterci soldi.
Stessa cosa dicasi di un profilo sui maggiori social. Qui in realtà siamo in una zona di confine con le tecniche di marketing per ristoranti della categoria intermedia.
INTERMEDIE – Il lancio o rilancio della tua attività passa da questi punti
Dicevamo: crea un profilo social sui maggiori network, come Facebook, Google Plus, Twitter, Instagram (aumenta i followers con questa guida), Youtube e se vuoi anche Snapchat. Dipende molto dalla personalità del tuo locale: un ristorantino elegante vicino al teatro dell’opera non è adatto a una socialità digitale sbarazzina. Un sito web e un profilo Google Plus potrebbero anche bastare, tra poco ti spiego perché. Al contrario, una paninoteca vegan per giovani può essere spinta alla grande su network gai e spensierati come Snapchat, mentre un locale per intellettuali o per artisti potrebbe andare molto bene su Twitter.
In ogni caso crea un profilo Google Plus il più dettagliato possibile: le persone cercando il tuo ristorante libanese a Cuneo potrebbero trovare questo:
Guarda cosa succede invece se sei iscritto a Google Plus, come quelli che hanno un ristorante libanese a Milano:
Queste “piccole” cose migliorano l’esperienza dell’utente e ti assicurano più clienti!
Chiudiamo la categoria intermedia con delle idee di marketing per ristoranti perfette per il web: assicurati di rendere esplicite alcune informazioni sul tuo ristorante, quelle che tutti cercano e che non sempre trovano. Sappi che uno come me che cerca gli orari del tuo ristorante e non li trova, se la lega al dito. Se poi offri un servizio a domicilio e nel 2017 non pubblichi il menù online, “sei un baggiano, ne”.
3 STELLE MICHELIN – Empatizza col pubblico = Successo assicurato
Pubblica sui social le foto dei tuoi piatti. Lo fanno tutti ed è penoso, ma per te è diverso: tu ci vivi dei tuoi piatti e far sapere quanto sono belli e buoni non è un peccato, ma una mossa intelligente. Se riesci a fare dei video poi, puoi pubblicarli su Youtube e ottimizzarli per determinate parole chiave.Ecco un esempio: Mentre ero da Salvatore – che si lamentava di come per lui il web non funzionava a dovere – per fargli cambiare idea gli ho proposto un test seduta stante. “Ora registro un breve video per farti vedere come riesci ad avere più traffico ADESSO, in cambio di una pizza e una birra.”
Era lo chef più felice al mondo quando vide i risultati organici di Google includere il nome del suo ristorante! Da quel momento mi propose di essere il suo consulente marketing; siamo riusciti a portare il conversion rate delle prenotazioni online vicino al 15%.
E per finire, ogni volta che aggiungi un piatto al menù, fallo sapere sui social con una bella descrizione e una breve didascalia Non sai come perché dovresti scrivere delle didascalie memorabili per le tue foto? Leggi questo mio articolo!
“Pubblica le foto dei tuoi piatti” è una strategia di marketing della ristorazione per sbarbatelli. Tu vuoi sapere come, quando, dove, perché. Come? Beh, cerca di non usare il tuo Nokia 3310 per fare una foto a 1 megapixel. Uno smartphone moderno basta e avanza, non serve chiamare Oliviero Toscani. Ma se ti capita di conoscere qualche appassionato, offrigli una cena coi baffi in cambio di qualche foto fatta bene! Devi essere ben attivo sui social, allora perché non pubblicare un’offerta del genere, come una cena in cambio di foto? Perché non indire un concorso? Chi pubblica la foto migliore dei miei paninazzi vince una cena per 2! Dai, su, non fare il taccagno!
Punto #2: quando? Beh, ti svelo un segreto: il momento migliore della giornata per pubblicare un post su Facebook o sul proprio blog va dalle 9 alle 11.30 dei giorni infrasettimanali, soprattutto il martedì, il mercoledì e il giovedì.
Punto # 3: dove? Facebook è una miniera d’oro se lo si usa bene, ma può anche essere molto costoso. È un ottimo social soprattutto per la condivisione delle foto dei tuoi clienti. A differenza dei post della tua pagina Facebook, le foto dei tuoi clienti non costano nulla e possono raggiungere tutti i loro amici! Se chiedi loro di inserire il geotag, hai un link gratuito verso il tuo locale…
Punto #4: perché? Dai, su, devo spiegartelo davvero? Tutti sappiamo quanto funzionino le foto del cibo. Mangiare è un bisogno fondamentale e ogni rimando al cibo ci attrae in maniera erotica. Pensa a tutti quelli che stanno in ufficio e alle 11 del mattino sentono brulicare lo stomaco con rumori simili a un cd di Marilyn Manson. Aprono Facebook di nascosto e cercano “paninoteca per pausa pranzo a Trastevere”. Esce il tuo sito, con tanto di profilo G+ e foto di un cheeseburger doppio con formaggio filante, cipolle e patatine che affogano in una spietata salsa barbecue very, very hot.
Umanizza il tuo personale. Rendi il tuo staff protagonista per un giorno sul tuo blog o sui social, non te ne pentirai! Come si fa? Beh, usando il magico potere dello storytelling… leggi questo mio post dove ti svelo un trucco segreto per imbambolare i tuoi clienti!
Influencers. Questa parolina così tremendamente pacchiana è uno degli ingredienti del successo del marketing per il tuo ristorante. Il nome del tuo locale deve essere sulla bocca di tutti, prima che ci entrino le tue pietanze. Con “influencer” non si intendono solo i personaggi famosi, ma tutti quelli che hanno il potere di portare pubblico al tuo cospetto. Stringi un accordo con dei food blogger, contatta PR e personaggi pubblici molto seguiti sul web, soprattutto locali. Conosci quel DJ che ha 10.000 amici su Facebook e che attira sempre migliaia di persone ai revival anni ’80? Beh, chiedigli di postare una foto di un pranzo assieme a te nel tuo locale. Non lo conosci ma sai come contattarlo? Offrigli un pranzo, una cena per due, un compenso.
Coerenza. L’identità del tuo locale deve essere ben definita e tutte le scelte di marketing che fai devono essere strettamente legate alla tua immagine. Perciò, se punti su una clientela giovane e sciccosa, assicurati che tutte le tue strategie siano coerenti. Pubblica foto e articoli stilosi, dai un nome originale ai tuoi piatti e fai notare la tua cura per i dettagli. Se invece sei un tradizionalista, metti in primo piano le tovaglie bianche e rosse a quadretti e punta sulla sostanza!
Offerte limitate. Devi sfruttare il senso di urgenza, una tecnica psicologica infallibile. Prepara il tuo piatto di quinoa, salmone e avocado, presentalo bene, scattagli una foto e lancialo nell’orbita di Instagram con un’offerta giornaliera valida solo per chi condivide il tuo post.
Fai le consegne a domicilio? La nuova frontiera del web è quella di farsi portare a casa la cena con un click. Iscriviti a tutti i servizi disponibili online, come questi (i migliori ovviamente, selezionati da Chef Angelo):
moovenda.com
justeat.it
foodora.it
foodracers.com/it
deliveroo.it
Tutto online. Come già ti dicevo nella categoria delle strategie ovvie, assicurati che l’esperienza online del tuo cliente possa essere esaustiva e completa. Fai in modo che dal tuo sito si possa
prenotare un tavolo
leggere il menù compreso quello dei vini e quello del giorno
visitare il locale virtualmente, almeno tramite un video o foto di ottima fattura
capire lo stile e la personalità del ristorante (i dettagli sono fondamentali: che tipo di musica c’è? Turbofolk a volume da rave party come nei migliori locali trash di Belgrado o lirica come al Ritz?
andare al bagno. Beh, almeno fai sapere a tutti se è pulito, grande, attrezzato, discreto, profumato, adatto a disabili e anziani? Segna tutto, per Giove! Queste sono le informazioni più ricercate e cruciali per moltissime persone!
sapere se è opportuno portarsi dietro i bambini o se rinchiuderli in una gabbia di palline colorate in qualche parcheggio per marmocchi
ALLERGIE e INTOLLERANZE! Lo scrivo in maiuscolo perché è quantomai essenziale oggi dire esplicitamente se i tuoi alimenti sono senza glutine, senza olio di palma, senza zucchero, senza lievito, senza grassi idrogenati, senza coloranti, senza conservanti, senza gusto. Se offri qualche menù speciale e non lo pubblicizzi ti tiri la zappa sui piedi.
Ingredienti: ne abbiamo appena parlato. La trasparenza, quando permette di vedere le meraviglie di un ristorante, va sempre messa in prima fila. Se la tua cucina è pulita come le mani di un neurochirurgo, fallo sapere. Se i tuoi ingredienti arrivano solo da aziende biologiche vicine, rendilo noto a tutti con foto, post, video, interviste, assaggi, eventi, gite, escursioni.
Tutto mobile. È la versione 2.0 della regola “tutto online”. Devi immedesimarti in un tuo possibile cliente e fare in modo che tutti i tuoi servizi non solo siano online, ma che siano anche ottimizzati per le versioni mobili per smartphone. Crea un’app tutta tua, ma soprattutto ottimizza il tuo sito!
Fedeltà. Io nel bar sotto casa ci vado sempre a bere il caffè, non solo perché è buonissimo e perché la barista è fi… simpatica, ma anche perché ho una tesserina speciale e ogni 10 caffè mi regala un vassoio di pasticcini deliziosi. Sembra una cavolata, ma ogni 10 giorni porto a casa 4 pastine e mi sento premiato! Come ti dicevo qualche riga fa, prova a farti un’app che premi la fedeltà dei tuoi clienti! Agganciali con offerte speciali e con una newsletter accattivante, dove segnali gli eventi, le novità e le promozioni riservate ai fedelissimi. Ogni tot consumazioni premia i tuoi clienti: sai quanto fa piacere ricevere una bottiglia di vino gratis o un dessert offerto dalla casa?
Ospita. Il tuo locale può ospitare concerti, mostre, eventi, presentazioni, discussioni, installazioni, serate a tema? Diventa un punto di riferimento sociale e culturale e avrai la fila davanti alla porta. Un suggerimento speciale? Organizza un corso di cucina nel tuo ristorante: fai conoscere alcune delle tue ricette come premio o in cambio di un piccolo compenso. Organizza degustazioni e workshop: le persone vogliono essere interattive e l’interattività è uno strumento di successo assicurato!
Libri consigliati?
Se vuoi approfondire la tematica “marketing per ristoranti” ti propongo una lettura molto bella: Ingredienti di digital marketing per la ristorazione di Luca Bove. (Amazon)
È un libro che, come da titolo, si focalizza specialmente sull’aspetto “internet” del marketing. Quindi spiega come usare le nuove tecnologie, smartphone, social network per promuovere il tuo locale.
Ma non finisce qui!
Per aumentare i clienti del tuo ristorante la prima e fondamentale regola del marketing è scegliere un’identità ben precisa. Per far questo, hai bisogno di creare una strategia. Te l’ho già detto, lo so, ma è veramente importante a tal punto che ho scritto un libro sull’argomento chiamato “Aida”.
È inutile ricorrere a qualsiasi tecnica di marketing per il tuo ristorante se non sai su cosa puntare. Le prime due cose da fare sono anche le più difficili, oltre che le più importanti:
Scegli un nome breve ed evocativo. Consiglio: un nome composto da una sola parola, massimo di 7 lettere è Perché? È una regola della memoria umana che si adatta molto bene anche alla scelta di un dominio sul web!
Scegli un logo coerente e fatto professionalmente.
Ti propongo allora un esempio concreto per capire come scegliere il giusto nome per un locale. Immagina che il ristorante in questione sia specializzato in cucina italiana senza glutine, dalla pasta alla pizza e che sia sito in centro a Cosenza. Un nome vincente potrebbe essere proprio “Co-Senza”, oppure “Co&Senza”.
Adesso tocca a te: immagina di gestire un ristorante di cucina fusion italo-orientale molto elegante nel centro di La Spezia.
Prova a dargli un nome evocativo, ma occhio a non essere banale! Scrivilo nei commenti, così potrò darti un voto!
P.S. Il mio nuovo motivo di vanto con gli amici è la mia giovane, ma già ben assortita collezione di Barbie in edizione limitata. Pensi che sia una cosa da femminucce?
  P.P.S Se conosci qualcuno a cui potrebbe tornare utile questo articolo, condividilo. Grazie!
Ora largo ai commenti.
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