#Movimento della speranza
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jadarnr · 2 months ago
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TRINITY BLOOD
RAGE AGAINST THE MOONS
(Storia: Sunao Yoshida // Illustrazioni: Thores Shibamoto)
Vol.1 From the Empire
FLIGHT NIGHT - Capitolo 5
Traduzione italiana di jadarnr dai volumi inglesi editi da Tokyopop.
Sentitevi liberi di condividere, ma fatelo per piacere mantenendo i credits e il link al post originale 🙏
Grazie a @trinitybloodbr per il suo prezioso contributo alla revisione sul testo originale giapponese ✨
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Sotto il corpo del prete si allargava una pozza di sangue.
“Aha, ecco dove vi eravate cacciati!”
La poca speranza che aveva Jessica svanì all’istante mentre fissava il vampiro apparso sulla porta. Sembrava fosse già completamente guarito dalle ustioni, il suo viso nel chiarore delle due lune non ne mostrava alcuna traccia.
“Ci incontriamo di nuovo eh?” Disse il Duca. “Prima siamo stati interrotti da quell’impiccione, ma ora che dici di continuare da dove eravamo rimasti?”
“A—ahh…” Jessica era paralizzata dalla paura. Cercò di arretrare ma andò a sbattere contro la parete.
“Sii paziente tesoro… dopo che ho finito qui mi prenderò cura di te.” Sghignazzò il vampiro, facendo schioccare le labbra e masticando quello che sembrava del tabacco.
Il Duca tirò fuori il dischetto metallico che aveva usato sul ponte e lo sollevò in alto.
“Cos’è’?” Chiese Jessica curiosa, nonostante la paura.
“Credo sia il codice di accesso al sistema di navigazione. Ma vuoi sapere un segreto? In realtà non so nemmeno io cosa sia. Mi è stato detto di inserirlo nel computer e spingere qualche bottone. Mmhh vediamo…”
“Non lo faccia.”
Dita sottili afferrarono la gamba del vampiro.
E’ il prete! Ma come fa ad essere ancora vivo?
“La prego, ci sono centinaia di persone a bordo di questa nave.” Rantolò il prete.
“Non me ne frega un cazzo di quelle inutili persone!” Urlò il duca, colpendo con un calcio il prete su una tempia. La forza del colpo spedì Abel contro il muro. E lì rimase disteso, come una bambola rotta.
“Sono un Metuselah! Un vampiro! Siamo gli esseri più potenti della terra! Voi siete solo bestiame!! Mi ciberò di voi e poi userò la vostra pelle come un vestito una volta che avrò finito di uccidervi!”
“No…Vi sbagliate… siete umani anche voi…”
“Zitto e muori, inutile animale.” Ringhiò il vampiro.
Il Duca Alfredo iniziò a battere sulla tastiera. “Ho quasi fatto qui, bambolina.” Si rivolse a Jessica, sempre come masticando qualcosa. “Fra poco questa nave sarà finalmente distrutta!”
Jessica mirò al vampiro con un pezzo di tubatura e lo colpì con tutta la forza che aveva in corpo. Ma lui bloccò il colpo a mani nude, senza nemmeno degnarsi di alzare gli occhi dalla tastiera. Alfredo usò la sua mossa contro di lei, torcendole il braccio dietro la schiena senza nemmeno guardarla. Con un minimo movimento del polso, scaraventò Jessica contro il muro. Lei si accasciò sul pavimento.
“J-Jessica” urlò il prete con un verso strozzato.
“Oh cazzo! L’ho uccisa per caso?” Rise il Duca. Poi iniziò a fischiettare una marcia funebre continuando a scrivere sulla tastiera, cercando di non farsi passare il buonumore: il sangue di un morto aveva un sapore orribile.
“Quello cos’è?” Chiese Abel.
La cosa informe che era uscita dalla bocca del vampiro non era per niente tabacco. Era un pezzo di gomma rossa. Era…
“Un palloncino rosso…? Non può essere…” Abel sussurrò sconcertato.
“Questo? Oh, l’ho preso dal ragazzino.” Ripose il Duca. Continuò a scrivere senza prestare alcuna attenzione al palloncino o al prete. “Mi ci sono imbattuto mentre venivo qui. Il suo sangue era delizioso. Era denso, vellutato... Veramente squisito.”
Non fece in tempo ad ad aggiungere altro, perché venne buttato a terra da un forza terrificante. Cadde, squittendo come un maiale. Non riusciva a capire cosa gli stava succedendo.
Un normale essere umano si sarebbe rotto tutti gli arti, mentre il Duca rimase solo un po’ frastornato dall’impatto. Alzò la testa per un attimo, solo per vedere il prete in piedi di fronte a lui.
“Duca Alfredo, è andato troppo oltre.” Disse Abel, incombendo su di lui come un’ombra scura.
Il volto del prete era avvolto nel buio, ma la sua veste era zuppa di sangue.
E ora che ne sarà del sabotaggio? — Si chiese il vampiro.
“Mi spiace ma non posso perdonarla.” Disse il prete.
“Perdonarmi dici?” La rabbia si impadronì del Duca, che si rialzò in piedi. “E cosa succede se non mi perdoni? Subirò per caso una punizione divina?”
“No, l’amore del Signore è infinito, ma…” Nell’oscurità gli occhi del prete cambiarono improvvisamente colore: da quello di un tranquillo lago in inverno passarono ad un rosso scarlatto, come sangue fresco. “Anche se Lui sarebbe in grado di mostrare misericordia… Io non posso.”
“Ahaha! Dillo al tuo Dio quando lo incontrerai in paradiso!”
Alfredo allungò un dito verso Abel, con l’intenzione di usarlo per cavargli un occhio. Non credeva che il prete avrebbe ancora avuto voglia di sproloquiare a proposito di Dio una volta accecato. Pregustò con piacere il rumore del suo dito che andava a scivolare dietro l’orbita del prete, attraverso il bulbo oculare fino al cervello.
Ma non successe nulla.
“Impossibile” sibilò il Duca.
Abel aveva afferrato il braccio del vampiro. Serve la forza di dieci umani per poter bloccare il braccio di un Metuselah. Chi è davvero quest’uomo? Cercò di liberarsi dalla presa del prete ma non ci riuscì. Ma quella non era la sola sorpresa in serbo per il Duca.
“Crusnik-02: operatività autorizzata fino al limite del 40%. Attivazione!” Mormorò Abel, con una voce più scura della notte.
“Aaaagh!” Urlò Alfred piegandosi bruscamente all’indietro. Inciampò e cadde. Un dolore acuto lo attraversò tra il pugno ed il braccio: il suo polso ora era avvolto da catene d’oro. I suoi anelli stavano cibandosi della sua carne come se avessero avuto una mente propria. Piccoli spruzzi di sangue apparvero sul suo braccio mentre pezzetti di carne ed osso saltavano in aria attorno a lui. La catena stava facendo a pezzi il suo braccio.
“La mia maaaanoo!” Gracchiò il Duca.
“Fa male, non è vero?” Disse il prete freddamente. I suoi occhi erano di un rosso più scuro del sangue. Un paio di zanne erano improvvisamente apparse sulle sue labbra. “Non è così? Stai soffrendo? Le persone che hai ucciso hanno dovuto sopportare dolori ben peggiori. Ma non ti preoccupare, non ti ucciderò. Seguirò la volontà di Dio. Ti farò solo provare un centesimo della sofferenza che hai inflitto alle persone che hai ucciso.”
Un suono orribile come di carne che si strappava riempì la stanza. Era un rumore disgustoso. Ma non veniva dal Duca. La mano ed il braccio destro di Abel si stavano spaccando in due. Da dentro il buco che ne risultava, apparvero zanne affilate che crescevano attorno ad una mascella scura.
Era una bocca che si contorceva.
E la bocca iniziò a mangiare il pugno destro di Alfredo.
“T—tu…” balbettò il Duca “C—cosa sei tu? Non sei umano.”
“Hai paragonato gli esseri umani al bestiame, giusto? E allora non hai mai pensato: gli esseri umani mangiano la carne degli animali. I vampiri mangiano gli umani. Magari esiste qualcuno che mangia i vampiri.” Sussurrò il prete con labbra rosse come se fossero macchiate di sangue. “Io sono un Crusnik. Un vampiro dei vampiri, se vuoi metterla così”.
“Stronzate!” Urlò Alfredo incredulo. “Io sono un Metuselah. Tutte le creature viventi sulla Terra non sono altro che mangime per noi. Noi abbiamo il diritto di calpestare e divorare tutto! Vá all’inferno cane del Vaticano!”.
Nascosta nella cintura, il Duca nascondeva una sottilissima lama a filo. Il suo bordo era stato affilato fino a farlo diventare dello spessore di un capello ed era in grado di tagliare qualunque cosa. Il filo saltò fuori dalla cintura come fosse un serpente. Abel si protesse il viso con la mano sinistra, ma la lama si era mossa ad una velocità supersonica e gli aveva tagliato via il braccio. Una colonna di sangue schizzò fino al soffitto.
“Debole mortale. ‘Un vampiro dei vampiri’, eh?”
Sanguinante ed in terribile sofferenza, Abel cadde in ginocchio.
Il Duca Alfredo sghignazzò deridendolo.
“Idiota, sei ridicolo! Cosa sei, un essere umano potenziato dalle droghe e dalla tecnologia? Non importa. Me la pagherai lo stesso. Ti taglierò anche l’altro braccio, e poi entrambe le gambe. E poi, mentre starai morendo dissanguato, violenterò la ragazza davanti ai tuoi occhi e ne berrò il sangue. E tu mi pregherai di smetterla. Oh sì che lo farai.”
Abel non batté ciglio. Si alzò semplicemente, raccogliendo il suo braccio dal pavimento. Un rumore di risucchio risuonò in tutta la stanza. La bocca sul braccio di Abel si mosse di nuovo ed iniziò a mangiare il resto del braccio sinistro reciso: dal palmo della mano, al polso, all’avambraccio.
“Stai mangiando te stesso.” Osservò il Duca. “Che cosa disgustosa.”
Mentre consumava il suo ripugnante pasto, il corpo di Abel iniziò a trasformarsi. Cinque forme simili a vermi apparvero dal taglio sulla sua spalla sinistra. Ma non erano vermi, erano cinque dita. Seguirono il palmo della mano, il polso e alla fine tutto il resto delle braccia.
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Non era umano. E di sicuro non era un vampiro. Davanti al Duca stava qualcosa oltre la sua comprensione, qualcosa ancora più maledetto di un vampiro.
“Ora ti farò una domanda...” Il mostro, che aveva terminato di alimentarsi e rigenerarsi allo stesso tempo, aprí finalmente bocca. Come dal nulla, apparve tra le sue mani una luccicante falce a doppia lama. “Rispondimi… Per chi stai lavorando?”
Il Duca Alfredo non ci pensò un attimo. Scappò fuori da una finestra e lasciò la nave, correndo freneticamente sulla superficie del pallone di elio.
Chi cazzo è questo tizio?
“E’ inutile, non puoi sfuggirmi.”
Come ha fatto a raggiungermi?
L’aria intorno a loro era gelida, ma il prete se ne stava lì come nulla fosse, non si vedeva nemmeno la condensa del suo respiro.
Alfredo iniziò a piagnucolare, temendo per la sua vita.
Sotto la luce delle lune gemelle, una bocca piena di zanne stava sogghignando.
“Di cosa hai paura, Duca? Non sei forse in cima alla catena alimentare?”
Disperatamente, Alfredo scagliò la sua cintura contro il prete e poi si voltò per scappare. Il suo piano riuscì per metà. Le sue gambe corsero in una direzione… ma la parte superiore del suo corpo cadde dall’altra.
“Aiutami. Ti prego aiutami.” Pregò il vampiro.
Gli occhi di Abel guardarono in basso verso il vampiro mortalmente ferito. “Come ci si sente ad essere bestiame?”
Gli occhi che avevano posto quella domanda non erano umani né vampiri.
Mentre i suoi organi interni scivolavano fuori, il vampiro tentò di scappare via, terrorizzato. Ogni pensiero razionale gli era impossibile.
“Parla.” Ordinò il prete.
Il Duca fu obbligato a rispondere. Iniziò a spifferare tutto quello che aveva giurato di mantenere segreto.
“Il Rosekreuz Orden…”
Il Duca Alfredo sentì come qualcosa che gli strizzava il cuore. Con un suono umido, la sua stessa mano gli si era conficcata nel petto. Alfred continuò a guardare sconcertato mentre la sua mano sinistra, muovendosi di propria volontà come un animale, afferrava il suo cuore fra le costole spezzate.
Cosa cazzo mi sta succedendo?
“Sono stato drogato…? Post ipnotismo?”
Il prete calò la falce cercando di togliere il cuore dalle mani di Alfredo, ma inutilmente. L’organo spappolato era già stato schiacciato come un acino d’uva. Il Duca abbandonò le sue spoglie mortali con un gorgoglìo.
Abel si inginocchiò accanto al vampiro morto, chiuse gli occhi del cadavere e sussurrò: “Culpa perennis aelito ora tuor nominare. I tuoi peccati sono eterni. Ma ora io pregherò per i morti. Una vita é pur sempre una vita, anche quella di un uomo che disprezza gli altri.”
Il prete si rialzò. Il rosario fece un rumore metallico fra le sue dita, ondeggiando per il vento intenso. “Tutto questo non mi piace.” Disse. “Non mi piace per niente
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stralci · 12 days ago
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La vita di un uomo può riassumersi, e spiegarsi, tutta in un punto, in un attimo. Quando la sua coscienza è al limite della speranza. Speranza non vuol dire nulla. La speranza è quando il corpo, uscendo da un formicolio di sonno e di pace, ricomincia a muoversi, ad avere volontà, desiderio, bisogno dentro gli arti e negli organi: nelle mani, sulle braccia, sulle spalle e dentro il petto, fino ne ventre: e poi cala verso le gambe. Allora l'animale si rimette in movimento: ricomincia la sua opera, il suo lavoro. Che è sempre un lavoro cieco. Di qui ricomincia la speranza, che è solo nella vitalità del corpo. La testa: la mia mente? Non so cosa sia. La volontà è nelle vene, nei corridoi del sangue, e nei muscoli, anche nello spessore della carne. Quando le gambe: la parte in alto, quella vicino al busto e al ventre, incominciano a vibrare, e hanno un guizzo, come è nei pesci. È una fitta, un soprassalto piacevole, che si trasmette alle braccia, e dentro l'arco delle spalle. La macchina, a poco a poco, si riscalda, si anima. L'anima, al centro di tutto, è qui dentro. "La mia umanità" pensò "incomincia da quell'attaccatura, magra in fondo alle cosce, e continua in questo catino, buio, che ignoro completamente, e comunica col tubo dello stomaco. Qui sono gli ingranaggi che muovono tutto. Allora" si disse quasi sorridendo "che razza di uomo sono io?" Non provò neppure pietà. Cercava la fiducia, e il senso della forza, della vitalità fisica. "La testa, il mio cervello, dove sono? Sono là in alto. Sono così distanti dal mio centro. Lasciamoli stare." (...) Gli sembrò che il suo capo, con quello di proprio che conteneva: e indubbiamente doveva esserci, sempre più si allontanasse da lui, dalla ragione, dalla necessità, dalla volontà tutta animale del suo esistere, per vivere fuori di lui. Quasi contro di lui. "Testa" pensò "non mi sei più compagna." La pensò, come un oggetto, uno strumento, un attrezzo, che, un tempo, egli aveva dominato, stringendolo in pugno. "Fai pure" disse "puoi farlo. Ti sei stancata di me? Anche io, forse, mi sono stancato. Ci conosciamo troppo. Lo so, quello che mi puoi dare. Dei consigli: anzi degli ordini. Chi te li suggeriva? Il tuo buon spirito, dirai. La tua coscienza. Ma la tua coscienza, vedi, è fuori di te. È qui: qui dentro." E si portò, inconsapevolmente, una mano nell'incavo dello stomaco, dove questo si congiunge col lieve gonfiore del ventre. "Va bene" concluse. "Lasciamoci da amici. Ognuno per conto nostro." E tirò un lungo respiro. Aveva la bocca asciutta.
L'ingiustizia, Giuseppe Raimondi.
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cutulisci · 1 year ago
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Ogni volta che la politica manda a effetto una operazione contro la classe operaia, i primi a gioirne o, “meglio”, i primi a dare manifestazioni esteriori della loro contentezza non sono i “pezzi grossi”, commissari di polizia od ufficiali delle regie guardie o dei carabinieri, ma sono i più umili agenti, i più modesti carabinieri, l’ultima delle guardie regie. Sono cioè gli agenti del governo usciti dalle file del proletariato più arretrato, costretti a questo passo dalla miseria o dalla speranza di trovare, abbandonando il campo o l’officina, una vita migliore, dalla persuasione di divenire qualche cosa di più di un povero contadino relegato in un paesetto sperduto fra i monti, di un manovale abbruttito dal quotidiano lavoro d’officina. Questa gente odia, dopo averne disertato le file, la classe lavoratrice con un accanimento che supera ogni immaginazione. “Ecco le armi”, urlò trionfante non so se un agente investigativo od un carabiniere in borghese, scoprendo una rivoltella durante la perquisizione all’ “Ordine Nuovo”. E rimase stupito, spiacente che nonostante tutta la buona volontà non si riusciva a trovare nulla di compromettente per il nostro giornale. all’ “Ordine Nuovo”. E rimase stupito, spiacente che nonostante tutta la buona volontà non si riusciva a trovare nulla di compromettente per il nostro giornale. all’ “Ordine Nuovo”. E rimase stupito, spiacente che nonostante tutta la buona volontà non si riusciva a trovare nulla di compromettente per il nostro giornale. Pochi minuti dopo, un altro agente udendo uno scambio di parole tra il commissario ed un nostro redattore, esclamò: : “Finiremo per arrestarli tutti! Li arresteremo tutti!” A questo pensiero la sua bocca si aprì ad un riso tanto cattivo da sbalordire chiunque non sia abituato a questo genere di fratellanza umana. Ho compreso allora perché nelle caserme e nei posti di polizia, carabinieri, guardie regie ed agenti gareggino nel bastonare gli operai arrestati, nel rallegrarsi delle loro torture. E’ un odio di lunga data. Gli agenti dello Stato addetti al mantenimento dell’ordine pubblico sentono attorno a sé il disprezzo che tutta la classe lavoratrice ha per i rinnegati, per quelli che sono passati nell’altro campo, per i mercenari che impegnano ogni loro energia per soffocare qualsiasi movimento del proletariato. E al disprezzo del proletariato s’aggiunge quello di gran parte della borghesia che guarda con occhio diffidente tutta rinnegati questa puzza di questura. Perché? Perché questa è la sorte di tutti i mercenari: al disprezzo e all’odio degli avversari s’aggiunge quasi sempre il disprezzo dei padroni. Ed è naturale, è umano che nell’animo di questa gente mal pagata, che non sempre riesce a procurarsi quanto occorre per una vita piena di stenti e di privazioni e che si sente circondata da una barriera che la divide dagli altri uomini, che la mette quasi fuori dalla società, germogli l’odio, metta radici la crudeltà: odio contro quelli che prima erano i fratelli, i compagni di lavoro e che ora disprezzano con maggior forza, crudeltà che si esplica contro di essi sotto mille forme diverse. Così, arrestare un operaio è una gioia, un trionfo, bastonarlo e malmenarlo, una festa, rinchiuderlo in carcere una rivincita. Solo nel momento in cui essi tengono un uomo fra le mani e sanno di poter disporre della sua libertà, della sua incolumità, sentono di possedere una forza che in qualche momento della vita li rende superiori ai loro simili. La gioia di acciuffare un uomo non proviene dalla consapevolezza di servire la legge, di difendere l’integrità dello Stato: è una piccola bassa soddisfazione personale, è la gioia di poter dire: “Io sono più forte”. Quale altra gioia possono essi provare? Quanti di essi sono in grado di formarsi una famiglia senza che la vita di stenti diventi vita di patimenti? Non è forse vero che a molti di questi transfughi del proletariato la vita non riserva altre soddisfazioni che qualche umile offerta di una passeggiatrice notturna in cerca di protezione?
Noi li abbiamo visti pochi giorni or sono nella nostra redazione. Moltissimi, dall’abito, potevano benissimo essere scambiati per operai in miseria. E’ certo che erano umilmente, più che umilmente vestiti non solo per introdursi tra gli operai, per raccoglierne i discorsi, per spiarli, ma anche perché non potrebbero fare diversamente. E guardavano con gli operai veri, quelli che si dibattono tra la reazione e la fame e cercano affannosamente la via della liberazione. Essi comprendevano, sentivano che chi lotta è sempre superiore a chi serve. E quando hanno ammanettato i giovani che difendevano il giornale del loro partito il giornale della loro classe, il loro giornale, gli agenti hanno avuto un lampo di trionfo, hanno riso. Ma non era un riso spontaneo, giocondo. Era un riso a cui erano costretti dalla rabbia, dal disprezzo degli altri, dalla loro vita, dal destino a cui non potevano sottrarsi. Quel riso era la smorfia di Gwynplaine.
(A.Gramsci “L’Ordine Nuovo”, 30 agosto 1921)
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libero-de-mente · 22 days ago
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La mia danza eterna
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Mi muovo, come se danzassi, in un cerchio infinito. Un vortice di emozioni e ricordi. I miei passi sono lenti e misurati, poi improvvisamente veloci e frenetici, come le stagioni che si susseguono nella vita.
"Tanto tempo fa qualcuno mi ha detto che c'è la calma prima della tempesta", continuo a ripetermi a volte sussurrandolo al vento, con gli occhi persi nel vuoto come a riperdermi nel loop della danza. In realtà riecheggia in me con note musicali ben precise.
Riascolto in loop il testo di una canzone, in cui la risposta menzionata è: "Lo so; c'è stata per un certo tempo. Quando è finita, così dicono, pioverà un giorno di sole. Lo so; e splenderà sull'acqua."
Ricordo un tempo in cui le cose erano diverse, quando il sole scaldava la mia anima e la pioggia l'affrontavo con spensieratezza standoci sotto, senza cercare riparo. Ma ora, tutto è cambiato. Completamente diverso. Evito il sole e la pioggia serve a proteggermi mentre sono chiuso al riparo.
Credo che la mia danza sia un riflesso del mondo che mi circonda. Un mondo in costante movimento, dove la gioia e il dolore si intrecciano in un eterno valzer. Si, in vita ho visto la calma prima della tempesta, ma non ho mai visto la pioggia arrivare all'improvviso in un giorno di sole, per lo meno senza che essa sia preceduta da tuoni in lontananza e raffiche di vento sempre più intense. Forse, questa è la mia più grande speranza, l'illusione che mi tiene in vita. Una pioggia improvvisa, senza segnali premonitori.
E così, continuo goffamente a danzare, cercando risposte in ogni passo, in ogni respiro. Forse un giorno, la mia danza si fermerà, e io troverò finalmente la pace. Ma fino a quel momento, penso che continuerò a girare in cerchio, sospeso tra il ricordo di ciò che ero stato e il rimpianto di ciò che sarei potuto essere. Aspettando la tempesta che mi farà cambiare direzione.
Ispirazione dal testo di "Have You Ever Seen The Rain" dei Creedence Clearwater Revival, tanta roba.
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arreton · 9 months ago
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Uno slancio vitale, ma che possiamo chiamare tranquillamente considerare una coazione a ripetere, che mi porto dietro da bambina è il seguente: avere voglia di uscire quindi emozionarmi di felicità se arrivano le giostre, se fanno delle fiere in paese o cose simili e desiderare di andarci. Coazione a ripetere perché è un atteggiamento masochistico: il desiderio non sta nell'andare veramente a quella fiera o alle giostre ma venire puntualmente delusa. Allora o mi circondo di persone che non vogliono uscire (perché il desiderio sarebbe uscire insieme a qualcuno in generale, ma nello specifico qualcuno nella sua deriva daddy-borghese: qualcuno che mi faccia sentire piccola e che mi compri delle cose) o, ammesso che vada, tornare a casa con una sensazione spiacevole di vuoto, di noia, spesso di freddo insomma di delusione e dirmi che forse era meglio restare a casa e che in generale questa moda di uscire a tutti i costi non mi si addice.
Lo spiega bene Masullo:
Nel cuore di ogni esperienza relazionale sta il fenomeno, cioè il manifestarsi, della solitudine. Con un movimento dialettico, non astrattamente logico bensì esistenziale, via via nell’individuo si produce una metamorfosi profonda. Lo schema è semplice. (Primo) Entrato nella relazione intersoggettiva, l’individuo ne sperimenta l’invalicabile limite, l’impossibilità di far sentire ad altri il suo sentire, e di sentire quel che altri sentono: scopre la solitudine, ma insieme l’inesaudibile desiderio di uscirne. (Secondo) Se, come avverte Platone, non si può desiderare se non ciò che si è perduto, e dunque è già noto, il desiderio di uscire dalla solitudine è insaziata nostalgia di quell’intersoggettività cui si è stati fin dal principio iniziati. Ma, per quanto si tenti, non si riesce mai a realizzarla autenticamente, si urta sempre da capo contro il suo incrollabile limite. (Terzo) Il desiderio, amaramente frustrato, si sente tradito e l’individuo, ancora solo, ormai senza speranza, si fa ostile, chiuso in difesa o furente all’attacco. (Quarto) Cosa a questo punto possa accadere, lo suggeriscono alcune pagine di Jean-Jacques Rousseau, il pensatore più scopertamente «patico» dell’antropologia moderna. Egli, non per primo ma con una nuova valenza sociale, distingue tra l’«amore di sé», «sentimento buono e assoluto», amore della vita in quanto vita, e il suo rovescio, l’«amor proprio», «sentimento di raffronto», dominante nell’animo di chi «si paragona» con gli altri con l’ambizione di primeggiare, con la «pretesa di riuscire il preferito», sempre vincente. Di fronte a una tale arroganza, i pochi o molti che non ne sono affetti tendono a «ritrarsi nella solitudine». Alla fine, questi «solitari per forza, rosi dal dispetto e dall’onta dell’esclusione in cui son tenuti, possono diventare inumani, feroci, e prendere in odio insieme con la propria catena anche quelli che non ne sono carichi»
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susieporta · 2 months ago
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La Stella.
"Il cambio di Direzione del Vento"
Che meraviglioso movimento di chiusura ci sta accompagnando in questi giorni!
Nell'aria si respira pura Magia.
Ogni cellula del nostro Corpo è impegnata a trovare "la sua strada", a farsi spazio tra le Antica Vestigia del nostro Passato.
Ci sono percorsi carichi di dolore che stanno trovando risoluzione dopo millenni di oppressione e disequilibrio, ed altri che si stanno "pericolosamente" affacciando al "nodo della questione".
Ovunque ci stiamo "trovando" o "cercando" oggi, ciò che vedremo nei prossimi giorni disvelarsi davanti ai nostri increduli occhi è l'autentico Dono. Quello originale. Quello puro.
Proprio lì, di fronte a noi. Chiaro, limpido, magico.
Ci lascerà abbagliati.
Ci regalerà attimi di estasi. E commozione.
Ci prenderà per mano e ci disvelerà con Amore che c'è una ed un'unica Destinazione per noi: quella dettata dal Cuore.
Ricca di opportunità, di vicoli, di binari, di scelte, di avventure. Ma soprattutto ricca di Amore.
A quel punto non avremo dubbi su dove dirigerci.
Quale strada mai scegliere se non quella dettata dalle profondità del nostro Sè più autentico? Quale movimento compiere se non quello ispirato dalla Bellezza e dalla Magia del Cristallino?
E quando la scelta "che è stata finalmente scelta" incontra la via dell'Anima, allora il connubio è pura Rivelazione.
Umano e Divino. Materia e Spirito.
Dicembre chiude la porta ad un Passato che abbiamo tanto sofferto e lambito di lacrime. Per spalancare finestre nuove. Aria buona da respirare. Vento di cambiamento. Tormenta di candida neve che si posa sulle iniquità del Mondo Antico.
E dentro questo incantevole "movimento di perdita", mentre il controllo sulle nostre presunte decisioni, sui nostri schemi e sulle nostre sicurezze si frantuma dentro, all'improvviso tutto ci appare chiaro: "Noi non siamo lo schema traumatico. E nemmeno l'Altro lo è".
Se scegliamo di "stare male", se la Morte ci fa ancora paura, se le relazioni che intessiamo puzzano di stantio, di muffa, di naftalina, non è colpa dell'Altro.
E non è compito nostro ripulire e alleggerire il peso dell'Altro, convincerlo a spostare un grammo della sua Anima verso il suo Sentito profondo.
Non è compito nostro "restare" nel dolore antico dell'Altro.
Se una persona sceglie di morire emotivamente o fisicamente, non è nostro affanno foraggiarla di motivazione o di energia vitale.
Non è questo il nostro modo di "amarlo".
Amare è lasciare "libero" l'Altro anche di "trascurare se stesso", di non prendersi cura della sua salute fisica e psichica, di non chiedere aiuto in autonomia quando sta male, di scegliere di morire e di lasciarsi andare.
C'è un sottile confine tra offrire dignità e cure basilari ed ingabbiare con il controllo, con la proiezione di bisogno personale ed attaccamento.
La dipendenza, l'immaturità emotiva, la presunzione e l'arroganza sono un male diffuso su questo Pianeta.
Arrogarsi il diritto di "salvare" l'Altro solo perché c'è un legame familiare o affettivo, di controllare la vita degli Altri, di supporre quale sia il loro massimo bene, di agganciarli a noi con la pietà, con l'inganno, con la manipolazione, è veleno per l'Anima. E anche per il Cuore.
Le vittime a volte si dimostrano più "malate" dei carnefici.
Il "controllo" non ha mai una "funzione amorevole".
Il sostituirsi non è Amore. E' manipolazione. E' prigione per se stessi e per l'Altro.
Questo Piano di Coscienza, nel suo movimento originale, rinnova il suo patto con l'Amore solo attraverso la Libertà.
Non continuiamo ad attaccarci alla "speranza di cambiamento". L'Altro non cambia per noi. E non è tenuto a farlo.
Non cambia comportamento, idea, atteggiamento perché noi attuiamo tutte le infantili tattiche di circuizione, di raggiro, di ricatto emotivo velato, di sottomissione o di controllo.
L'Altro è adulto. Opera le sue scelte. Che sia un familiare che non vorremmo perdere o una relazione d'amicizia o d'amore che vorremmo restasse, ciascuno compie il suo Destino.
Ciascuno detiene dentro di Sé la sua Verità. Conscia o inconscia che sia.
Ciascuno, in fondo a se stesso, sa quando chiudere i cicli.
Non dobbiamo tentare di impedire ciò che deve accadere.
Dobbiamo serenamente assecondarlo.
Perché ad ogni chiusura, con questa Energia Cristallina in circolazione, si aprono eventi magici. Si propagano nell'etere polvere di stelle e incantesimi. Si sbloccano generazioni di "potenti alleanze traumatiche", familiari ed animiche.
Non possiamo trattenere ciò che non è più in equilibrio con il nostro viaggio interiore. E nemmeno possiamo identificarci ulteriormente con il nostro Antico Sè, a cui siamo così affezionati e devoti.
Non possiamo più renderci schiavi del nostro Dolore.
Il Dolore è una dipendenza. La Violenza spesso genera Piacere.
Per molte persone l'Autolesionismo è vitale per la "sopravvivenza psichica".
Hanno "necessità" che le cose si rompano con sofferenza, alimentando la commiserazione e attirando l'attenzione su di loro.
Non si concederanno mai il "successo" con una struttura così compromessa.
Lo schema interiore prevederà sempre, con cadenza regolare, che qualcosa frantumi il loro corpus emotivo e li getti nella disperazione e nella perdita.
Non è ipersensibilità questa. E' autolesionismo, è movimento sadico. E' un disturbo psichico.
E va curato.
Non è sufficiente che lo Spirito ispiri la Verità. Occorre che l'Umano incarni la Verità stessa.
Questo è il regalo di Dicembre per tutti noi: la totale consapevolezza che la via della Guarigione passa in prima battuta per l'Amore dell'Umano verso se stesso.
Nessuno Spirito guarisce un Umano rotto.
E quando qualcuno è frantumato dentro, la sola possibilità che ha per ricomporsi è riconoscere il suo disturbo e iniziare un lungo e sincero percorso di riabilitazione. Non da solo. Con coloro che accompagnano con competenza e serietà questi percorsi di Rinascita psichica ed emotiva.
Non ci sono altre vie o scorciatoie.
L'Energia di Trasformazione interiore si intensificherà ulteriormente nei prossimi giorni. Di parecchio. Divenendo quasi "inaccettabile" per determinati schemi di automatismo ancora molto irrigiditi e incollati.
Il Vento cambierà Direzione. Non smetterà di soffiare per giorni e giorni.
E' ora di "mollare". Di "lasciare che sia".
Se serve, anche di salutare chi sta per andarsene.
Di accomiatare ciò che non può più restare con noi. Pezzi di noi. Pezzi di Passato. Pezzi di inenarrabile dolore.
Non trattenete oltre.
Andate. Il Varco vi aspetta.
Mirtilla Esmeralda
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pettirosso1959 · 2 months ago
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La futura America non potrà più avventurarsi in politiche di "esportazione della democrazia" alla George W. Bush, come accadde per l’Afghanistan e l’Iraq.
Politiche che a suo tempo sostenni decisamente.
Ma, purtroppo, il risultato non e' stato quello sperato.
Donald Trump gode dell’indubbio vantaggio di non aver scatenato guerre, e' da sempre restio a sacrificare soldati americani per le cause ideali.
Ovviamente, per assicurarsi la sicurezza sul fronte occidentale, The Donald sarà ben contento di sottoscrivere accordi con Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky per porre fine ad una guerra che non porterà da nessuna parte e abbandonare realisticamente la speranza di un ritorno di un Ucraina antecedente alla guerra, dato che per lui è il solo modo di frenare il declino americano, riorientando all’interno tutte le immense potenzialità economiche dell’America.
Invece, la sua spiccata "reaganite" lo porterà ad alleggerire la tassazione sul ceto medio e sulle grandi aziende con forti dosi di detassazione e deregulation, decretandogli un forte gradimento popolare.
Perché, il Leviatano Trump è sopravvissuto a tutti i tentativi woke e progressisti di inguaiarlo giudizialmente e di ridicolizzare la sua postura politica, di cui The Donald ha fatto tesoro per la sua strepitosa crescita elettorale.
Vincendo con largo margine sulla radicale di sinistra Kamala Harris, Trump ha fornito una prova concreta all’opinione pubblica mondiale che l’America condivide la sua Agenda 47, proposta dal movimento MAGA, in cui spiccano le politiche dei tagli fiscali, dell’espulsione di massa degki immigrati clandestini e pericolosi, e della bonifica in profondità del Deep State.
Il tutto si sposa con il sentire popolare, che prevale in tutto l’Occidente, di un clima anti-elite sfavorevole a chi ha già governato, dato che i cittadini non ne possono più di "migrazioni libere", inflazione e cambiamenti culturali, a tutto danno delle identità nazionali e della conservazione delle proprie tradizioni.
Per noi, che rappresentiamo la Venere vegetariana del mondo cannibale, che si tinge quest’ultimo sempre più di giallo, nero e rosso, sarà meglio che Donald Trump mantenga tutte le sue promesse, compresa quella di obbligarci a scegliere, finalmente, una strada comune europea per difesa e innovazione tecnologica.
Solo Donald Trump può salvare la nostra Europa.
Come?
Facendola camminare sulle sue gambe con le buone, la carota, altrimenti a calci nel culo, il bastone.
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kiki-de-la-petite-flaque · 6 months ago
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Nel mio dolore nulla è in movimento Di quello che io stesso sono stato Attendo nessuno verrà Né di giorno né di notte né mai più I miei occhi si sono separati dai tuoi occhi Perdono fiducia perdono la luce La mia bocca si è separata dalla tua bocca La mia bocca si è separata dal piacere E dal senso dell’amore e dal senso della vita Le mie mani si sono separate della tue mani Le mie mani lasciano sfuggire tutto I miei piedi si sono separati dai tuoi piedi Non avanzeranno più non ci sono più strade Non conosceranno più né il peso né il riposo Mi è concesso di veder finire la mia vita Con la tua La mia vita è in tuo potere che ho creduto infinita E l’avvenire la mia sola speranza è il mio sepolcro Identico al tuo circondato da un mondo indifferente Ero così vicino a te che ho freddo vicino agli altri.
Paul Eluard, Tr. Vincenzo Accame, Nel mio dolore.
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curiositasmundi · 9 months ago
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[...]
«Penso sia molto bello che una parte della gioventù prenda a cuore i problemi gravi del mondo. Fanno bene a sperare per il futuro», commenta Carlo Rovelli, fisico e saggista, che dopo aver insegnato in Italia e negli Stati Uniti oggi è professore ordinario di fisica teorica all’Università di Aix-Marseille in Francia. Spiega di non avere basi per sapere se il movimento di contestazione che sta prendendo forma sarà unitario e duraturo, né per sostenere o contraddire chi dice che potremmo essere di fronte ai semi di un “nuovo Sessantotto”: «La storia non si ripete. Penso che nessuno possa già sapere come evolveranno le cose». Ma crede che il movimento a supporto del popolo palestinese si stia allargando velocemente in tutti i paesi occidentali «a causa della flagrante contraddizione fra le notizie che arrivano a tutti su quanto accade in Palestina e il racconto dei principali media. In Palestina c'è un massacro in corso, e questo è ovviamente intollerabile per la generosità di molti giovani, che sono immuni, per fortuna, alla pelosità e all'ipocrisia di chi pensa che in fondo vada bene così». 
Secondo il professore nel mondo contemporaneo c’è tanta violenza: «una minoranza, a cui apparteniamo, non esita a massacrare per difendere il proprio dominio e i propri privilegi. Il colmo dell'ironia è che usiamo la parola "democrazia" per giustificare il dominio armato di una minoranza ricca sul resto del mondo: il 10 per cento dell'umanità controlla il 90 per cento della ricchezza del pianeta. Il mondo si sta ribellando e andiamo verso un conflitto globale, in più in piena crisi ecologica. E pensiamo solo a vincere, invece che a cercare soluzioni. Spero che i giovani sappiano spingere a cambiare rotta», aggiunge Rovelli, con la speranza che la voce dei giovani non rimanga inascoltata perché «prendere posizione è importante: il massacro in corso in Palestina è insopportabile. La gente muore di fame, a pochi chilometri da uno stato ricco che li massacra con le bombe». 
Il fisico, conosciuto per le sue posizioni a favore della pace, già durante il Concertone del Primo Maggio 2023 aveva esortato pubblicamente i giovani ad agire. A prendere in considerazione i problemi che mettono a rischio il pianeta, come la crisi climatica, le disuguaglianze crescenti e soprattutto la tensione del mondo che si prepara alla guerra: «La guerra che cresce è la cosa più importante da fermare. Invece di collaborare, i paesi si aizzano uno contro l’altro, come galletti in un pollaio. […] Il mondo non è dei signori della guerra il mondo è vostro. E voi il mondo potete cambiarlo, insieme. […] Le cose del mondo che ci piacciono sono state costruite da ragazzi, giovani che hanno saputo sognare un mondo migliore. Immaginatelo, costruitelo», aveva detto dal palco di Roma, a conclusione di un discorso in grado di scatenare non poche polemiche.  
«Le accuse di antisemitismo sono ciniche e completamente infondate. Questi stessi giovani scenderebbero egualmente in piazza per difendere la popolazione ebraica massacrata.  Anzi, lo farebbero con ancora più furore. Ma è peggio di così: perché brandire la stupida accusa di antisemitismo è soffiare sul fuoco del razzismo: razzismo è leggere tutto in termini di razza, invece che nei termini di chi muore sotto le bombe e chi dà l’ordine di sganciarle. Chi continua a parlare di antisemitismo non sa liberarsi dal suo implicito razzismo», aggiunge oggi. A difesa dei movimenti studenteschi che lottano affinché la guerra a Gaza abbia fine, a sostegno della popolazione palestinese che stanno prendendo sempre più spazio nelle università: «Penso che l'entrata della polizia negli atenei sia un grande insegnamento per i giovani - conclude- insegna loro a diffidare delle istituzioni. A capire che qualche volta il potere non è per loro. È contro di loro, contro la loro sincerità, contro chi muore sotto le bombe». 
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seduction-fatale78 · 7 months ago
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Al crepuscolo dei miei anni, ho trovato compagnia non nella frenesia della vita, ma negli occhi di un amico leale. Era un randagio, il suo pelo era sporco e il suo ventre vuoto, ma il suo spirito intatto. Con un tocco delicato, mi avvicinai e lui, con una fiducia vasta come il cielo aperto, mi seguì fino a casa.
Ora è più del mio gatto, è il mio confidente, la mia gioia, il mio piccolo faro di speranza. Quando parlo, lui ascolta, rispondendo non a parole, ma con un amore così puro che si parla nel linguaggio silenzioso del suo sguardo e lecca tenere sulle mie mani stanche.
"Fido", sussurro, mentre le ultime monete tintinnano nel nostro barattolo, "pazienza amico mio, perché il nostro banchetto è a un'alba. "
E quando l'alba rompe, restiamo uniti, con volti superati dal tempo, ognuno con copioni di vita ben vissuta. La coda alta di Fido con un piccolo movimento sulla punta che esprime soddisfazione e fiducia, perché sa che oggi, le nostre pance saranno piene e i nostri cuori ancora più pieni.
Il freddo dell'inverno può filtrare attraverso le crepe della nostra umile dimora, ma Fido è vicino, il suo calore scaccia il freddo. Mentre i primi fiori della primavera si svelano, ci godiamo il bagliore dorato, le nostre anime si intrecciano in silenziosa gratitudine.
Dal profondo del mio essere, sale una preghiera, portata in alto dalla brezza mattutina: "Grazie, Divino Creatore, per il dono del gatto, un vero amico che non chiede nulla ma dà tutto".
dal web
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lunamagicablu · 2 years ago
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Le Pleiadi, dette anche Gallinelle, sono un gruppo di sei stelle che si trovano nel segno zodiacale del Toro. Il secondo nome deriva dal fatto che, la loro apparizione annuale all'inizio della primavera, era il segnale idoneo per intraprendere la navigazione. Queste stelle sono collegate con il Suolo e con la Natura, hanno un significato profondamente occulto nella filosofia esoterica indù. Le chiamavano "la chioccia ed i pulcini" e di esse si servivano per regolare la loro misura del tempo in anni e mesi. Il mese in cui apparivano era chiamato Krittika e con questo nome chiamavano talvolta la costellazione. Krittika è la nutrice di Karttikeya, il Dio della guerra (equivalente a Marte), il Comandante delle Legioni Celesti. Il nome che gli Indù danno alle sette stelle è: Amba, Dula, Nitatui, Abrayanti, Maghayanti, Varshayanti, Ciupunika; ma vengono usate anche altre serie di nomi. Nel Kimah ebraico, Giobbe accenna ad una influenza atmosferica loro dovuta che chiama "i dodici influssi". Le Pleiadi sono considerate il punto centrale attorno al quale ruota il nostro universo delle stelle fisse, il punto focale dal quale, e nel quale, il Soffio Divino, il Movimento Divino, opera incessantemente durante il Manvantara. Nelle scienze occulte, le Pleiadi sono in rapporto con i destini delle nazioni. Sorelle delle Pleiadi sono le Iadi. Esotericamente, le Pleiadi simbolizzano le sette Sottorazze. Per gli Indiani del Nord America, le Pleiadi erano le figlie del Sole e della Luna, sette graziose fanciulle che di nascosto scendevano sulla terra, dentro una grande cesta, e si mettevano a cantare ed a danzare nei boschi. Un giorno un giovane indiano, che stava pescando nelle vicinanze, le vide e rimase così incantato dalla loro grazia e dalla loro bellezza che, non sapendo resistere al richiamo, si unì al canto ed alla danza delle fanciulle. Queste, impaurite, salirono nella cesta e sparirono nel cielo. Il giovane, però, non riusciva a dimenticare la scena e tornava sempre sul posto con la speranza di reincontrarle. Una sera, finalmente, la fortuna gli fu benigna e, nascosto dietro un albero, sorprese le sorelle a cantare e ballare. Avvicinatosi furtivamente, agguantò la sua amata e le chiese di sposarlo. La ragazza ne rimase entusiasta, ma temeva l'opposizione del padre. Il giovane pregò il Sole di accontentarlo; questi annuì, ma per punizione proibì alle altre sei di ritornare sulla terra. Questa leggenda è importante perchè lega il credo indiano a quello indù. Questi ultimi, infatti, sostengono che le Pleiadi note sono sei: la settima è occulta. SPIRITUAL crescita personale pleiades-Tom-Wildoner-
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ma-come-mai · 1 year ago
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COME LIBERARCI DALLA LEGGE DEL PENDOLO
Ognuno di voi è sotto la legge del pendolo.
Ognuno di voi sente il bene e poi sente il male, si sente felice e poi si sente derelitto, ognuno di voi sente affetto e amore e poi sente l’opposto, – l’avversione – e quel curioso opposto dell’affetto per il quale non c’è nome. Questa è vita meccanica. Tutto questo è vivere meccanicamente. Questo vuol dire vivere nell’oscillazione del pendolo della vita e finché vi resterete quello che guadagnate lo perderete e così resterete sempre nello stesso livello di Essere. In un momento voi amate, nel momento successivo voi odiate; in un momento sentite entusiasmo, il momento successivo vi sentite abbattuti; in un momento pensate di essere una gradevole persona, ed il momento successivo sentite che non lo siete. 
In un modo o nell’altro noi dobbiamo cercare di non stare più tanto sotto quest’inevitabile legge del pendolo, che fa avanzare e ritirare le maree, che fa sì che l’inverno sia seguito dall’estate, l’estate dall’inverno. 
Noi abbiamo alcuni momenti di espansione, ed alcuni momenti di contrazione. Abbiamo momenti in cui le cose vanno bene e momenti in cui le cose vanno male. Il pendolo della nostra psicologia, delle nostre emozioni, del nostro benessere generale, va su e giù. Ma quando il pendolo ondeggia indietro, questa dovrebbe essere una fase in cui vengono messe in ordine le cose, in cui uno si consulta con se stesso, in cui le cose vengono sistemate bene, e vengono preparate prima che uno prosegua di nuovo. Voi non potete aspettarvi di essere sempre gli stessi. 
In altre parole, l’oscillazione negativa del pendolo, per la maggior parte delle persone è solo uno spazio vuoto. Mentre dovrebbe essere una fase abitata dalla consapevolezza e da un senso del Lavoro in cui uno cerca di unificarsi e di riflettere, e non pensa invece che tutto sia finito. Ora se uno può vivere con consapevolezza in entrambi i lati dell’oscillazione del pendolo in ogni punto, la sua vita non sarà più insoddisfacente, cioè una semplice funzione dell’ondeggiamento del pendolo. Uno impara a vedere le cose da due punti di vista. S’impara a prendere sé stessi da due punti di vista, e soprattutto s’impara a prendere gli altri nello stesso modo. Invece d’essere molto disgustato, o annoiato, o seccato, si cominciano a mettere, in questo paese incivile se stesso, in questo luogo barbaro, dei pensieri più consapevoli e la memoria, per poi ritornare nell’oscillazione del pendolo avendo preparato qualcosa, ed ancora una volta rientrare nella vita senza essere depresso, e soprattutto senza sentirsi senza speranza.
Quello di cui sto parlando ha a che fare con il vedere entrambi i lati, il lato nero ed il lato lucente, insieme, per mezzo della memoria conscia, per mezzo del Lavoro, ed è solo per mezzo del Lavoro che voi potrete ricordare entrambi i lati del pendolo e così, gradualmente passare psicologicamente nella parte media del pendolo, dove è situato tutto quello che cerchiamo in questo Lavoro. Questo corrisponde a creare un intero circolo, ad essere capaci di girare lungo il circolo della vita, in modo che essa non sia più un pendolo, ma un movimento circolare che non è più governato dagli opposti.
(Vi ho già detto che il movimento del pendolo in realtà è un movimento circolare visto in due dimensioni. Cercate di chiarirvelo praticamente da soli.)
Ora, quando voi girate intorno al circolo di tutte le esperienze, voi cominciate a mettere nella vostra consapevolezza il lato oscuro di voi e voi non vedrete più quelle contraddizioni che vengono invece dal punto di vista della vita del pendolo. Questo significa un aumento di consapevolezza. Questo significa vedere che l’estate e l’inverno non sono opposti, ma sono situati su un circolo, un ritmo che è necessario. La gente che vive molto negli opposti, la gente che discute sempre se questo o quello è giusto sono nell’illusione del pendolo.
Vi citerò su ciò un detto molto antico. Finché avete dei concetti rigidi su ciò che è giusto o sbagliato, voi non potete creare in voi questo cerchio psicologico.
Questo detto viene dagli scritti di Kwang-Zeu:
Egli disse: “Ogni soggetto può essere guardato da due punti di vista – da questo e da quello… Ma questo punto di vista comprende allo stesso tempo sia il giusto sia lo sbagliato – i due punti di vista non hanno trovato il loro punto di corrispondenza che viene chiamato il punto fondamentale del Tao. Appena uno trova questo perno egli si situa al centro dell’anello (o di pensiero) da dove egli può rispondere senza fine ai punti di vista che cambiano; – come a quelli che affermano e a quelli che negano. Perciò dico:  “Non c’è niente come la propria luce (della mente)” “.
Questa cosa chiamata il Tao in realtà è il Lavoro. È una riconciliazione in voi degli opposti ed il raggiungimento di un nuovo posto in cui gli opposti non vi controllano. È chiamato il Tao nell’antico esoterismo cinese.
È una Via. Tao significa una Via o una Via armoniosa. Per esempio in un momento voi pensate d’essere buoni e il momento successivo di esser cattivi e se vi osservate criticamente sarete sempre in questo dilemma, in questo doppio sentimento. 
di Maurice Nicoll Tratto da Commentari psicologici sull’Insegnamento di Gurdjieff e Ouspensky
Volume II Cap. 83 Quaremead, Ugley, 7 luglio, 1945 
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stregh · 1 year ago
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Kahlil Gibran
Si chiamava Kahlil Gibran ed è noto soprattutto per il suo libro "Il Profeta". Il libro, pubblicato nel 1923, venderà decine di milioni di copie, diventando il terzo poeta più venduto di tutti i tempi, dopo Shakespeare e Laozi.
Lo chiamavano "sporco" perché la sua pelle era scura, non intelligente perché parlava a malapena l'inglese. Quando arrivò in questo Paese, fu inserito in una classe speciale per immigrati. Ma alcuni dei suoi insegnanti videro qualcosa nel modo in cui si esprimeva, attraverso i suoi disegni, attraverso la sua visione del mondo. Presto avrebbe imparato la sua nuova lingua.
Sua madre aveva preso la difficile decisione di portare lui, le sue due sorelle minori e un fratellastro in America, alla ricerca di una vita migliore per la loro famiglia. Si stabilirono nel South End di Boston, all'epoca la seconda più grande comunità siro-libanese-americana. La famiglia avrebbe dovuto lottare e il ragazzo avrebbe perso una sorella e il fratellastro a causa della tubercolosi. Sua madre morirà di cancro.
Scriverà: "Dalla sofferenza sono emerse le anime più forti; i caratteri più massicci sono segnati da cicatrici".
Nacque in povertà il 6 gennaio 1883 nell'attuale Libano.
Credeva nell'amore, credeva nella pace e credeva nella comprensione.
Si chiamava Kahlil Gibran ed è noto soprattutto per il suo libro "Il Profeta". Il libro, pubblicato nel 1923, venderà decine di milioni di copie, diventando il terzo poeta più venduto di tutti i tempi, dopo Shakespeare e Laozi.
Pubblicato in 108 lingue in tutto il mondo, alcuni passi de "Il Profeta" vengono citati ai matrimoni, nei discorsi politici e ai funerali, ispirando personaggi influenti come John F. Kennedy, Indira Gandhi, Elvis Presley, John Lennon e David Bowie.
Era molto schietto e attaccava l'ipocrisia e la corruzione. I suoi libri sono stati bruciati a Beirut e in America ha ricevuto minacce di morte.
Gibran fu l'unico membro della sua famiglia a seguire un'istruzione scolastica. Alle sue sorelle non fu permesso di andare a scuola, principalmente a causa delle tradizioni mediorientali e delle difficoltà economiche. Gibran, tuttavia, fu ispirato dalla forza delle donne della sua famiglia, in particolare della madre. Dopo la morte di una sorella, della madre e del fratellastro, l'altra sorella, Mariana, avrebbe mantenuto Gibran e se stessa lavorando in una sartoria.
Di sua madre scriverà:
"La parola più bella sulle labbra dell'umanità è la parola 'Madre', e il richiamo più bello è quello di 'Mia madre'. È una parola piena di speranza e di amore, una parola dolce e gentile che viene dal profondo del cuore. La madre è tutto: è la nostra consolazione nel dolore, la nostra speranza nella miseria, la nostra forza nella debolezza. È la fonte dell'amore, della misericordia, della simpatia e del perdono".
In seguito Gibran avrebbe sostenuto la causa dell'emancipazione femminile e dell'istruzione.
Credeva che "Salvaguardare i diritti degli altri è il fine più nobile e bello di un essere umano".
In una poesia rivolta ai nuovi immigrati, scriveva: "Credo che possiate dire ai fondatori di questa grande nazione. Eccomi qui. Un giovane. Un giovane albero. Le cui radici sono state strappate dalle colline del Libano. Eppure sono profondamente radicato qui. E vorrei essere fecondo".
Scriverà in "Il Profeta":
"Lasciate che ci siano spazi nella vostra unione, e che i venti del cielo danzino tra di voi. Amatevi l'un l'altro, ma non create un legame d'amore: Sia piuttosto un mare in movimento tra le sponde delle vostre anime. Riempitevi a vicenda il calice, ma non bevete da un solo calice. Datevi l'un l'altro del vostro pane, ma non mangiate dalla stessa pagnotta. Cantate e danzate insieme e siate gioiosi, ma lasciate che ognuno di voi sia solo, come le corde di un liuto sono sole anche se fremono della stessa musica. Date i vostri cuori, ma non l'uno all'altro. Perché solo la mano della Vita può contenere i vostri cuori. E state insieme, ma non troppo vicini: Perché le colonne del tempio sono separate, e la quercia e il cipresso non crescono l'uno all'ombra dell'altro".
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madonnacelestiale · 1 year ago
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MADONNA CELESTIALE
Un messaggio di amore e musica
Madonna Celestiale è un progetto artistico che nasce nella primavera 2013 da un’idea di Flavio Scutti elaborata in collaborazione con Paola Stasi.
Viene presentato per la prima volta in un articolo pubblicato sul blog PILL TAPES con foto dedicate alla Madonna nel mese di maggio, insieme ad una mixtape incentrata sulla musica spirituale (contaminata da sonorità che abbracciano diversi generi e culture, dal pop all’elettronica). Il tutto è scaturito dall’idea di diffondere un messaggio d’amore e di speranza, nell’intento di sensibilizzare il pubblico verso una maggiore cura e valorizzazione del patrimonio culturale artistico rappresentato dall’iconografia sacra.
Non vuole essere alcuna vetrina d’esaltazione cristiana, ma intende mostrare al pubblico (turista, curioso o appassionato che sia) l’arte di cui è piena la nostra storia e le nostre città, in chiave festosa e d’intrattenimento, con la passione per l’iconografia, l’amore per il sacro e la natura. Abbiamo scelto la Madonna perché rappresenta la figura della maternità che nella sua forma di icona partendo dalla Grande Madre si ritrova in quasi tutte le culture, dalla Dea Iside degli Egizi, alla Leucotea Ellenica, alla Mater Matuta Italica, ecc…
Progetto
Le Scritture, la liturgia, le preghiere litaniche, le arti figurative e plastiche raccolgono un’enciclopedia di figure relative alla simbologia marianica in grado di oltrepassare il senso comune di religiosità per addentrarci in un orizzonte più stratificato di sedimentazione culturale, fatto di medesime radici – persino etimologiche (culto-cultura) – intrecciate alle peculiarità dell’umano “vivere nel mondo”. Possiamo facilmente tradurre questo insieme di radici intrecciate nel termine “simbolo”.
Il senso letterale di «simbolo» è di «messo insieme» e lo deriva dal greco «sumballein» (gettare insieme). Gli uomini, secondo Platone (Convito 189-93), si amano perché, all’origine, sono stati tagliati in due dalle divinità gelose e, da allora, ognuno va alla ricerca della propria metà smarrita; facilmente sentiamo in noi la necessità di comporre divisioni interne; i primi cristiani hanno sentito il bisogno di raccogliere in un Simbolo, detto degli Apostoli, la somma delle verità da professare e l’esigenza di unire la terra e il cielo.
Questa attività di ricomposizione appare indispensabile. Luca (2,19) si avvale del medesimo termine per significare che «Maria custodiva tutte queste parole collegandole insieme in cuor suo». Non solo indispensabile ma anche assolutamente decisivo appare il termine «Diavolo» (dal greco «diaballein») dice proprio il suo contrario: dividere. Il simbolo ricollega il diviso, il diavolo persegue la divisione dell’unito.
In questo caso il simbolo:
• suscita tensione invece di annullarla
• crea una spinta in avanti, proponendo aperture progettuali
• si protende verso un equilibrio che rimane costantemente al di la di esso
• si fa metapoietico, cioè trasformatore, unificando tutto il mondo in un atto di ri-creazione e di pienezza, nella ricerca di un’inarrestabile e mai raggiunta partecipazione al tutto.
È «fare anima», dice James Hillman, l’unica condizione indispensabile perché una parola richiami altre parole, un’immagine evochi altre immagini, un singolo oggetto si faccia manifestazione del tutto. Chi fa questa esperienza vive la mobile staticità della vita spirituale, il movimento nell’unicità.
Contemplare Maria significa vedere in Lei, sempre eguale a se stessa, le varianti di ogni epiteto che le si attribuisce. Solo chi spazia nell’infinito universo semiotico, può accostarsi alla conoscenza simbolica di Maria (e di qualsiasi altra entità). Maria può non solo contenere simboli, ma essere essa stessa un simbolo. Come tale, escludendole il suo ruolo sovrannaturale, si fa educatrice anche attraverso ciò che essa rappresenta: nel rapporto con la Madonna, l’uomo può integrare in sé il femminile e maturare la sua individuazione, mentre alla donna può accadere di identificarsi nella sua portata materna, generatrice, ma soprattutto nella sua matrice affatto passiva di accettazione dall’Alto di un feto (o compito, o punizione, a seconda delle circostanze) autogeneratosi di cui lei è soltanto la sacca momentanea verso il passaggio alla terra, ma di attrice attiva nella nascita del Bene.
Infatti, a seconda delle radici semitiche alle quali i filologi la fanno risalire - già nel XV-XIV sec. a.C. è documentata su una tavoletta di Ugarit la radice mrym - Maria potrebbe significare «ribelle», l’«amara», la «forte», «colei che si innalza» o che «è innalzata», oppure ancora «profetessa» o «Signora».
Dall’egiziano mrit deriverebbe il significato di «amata» (sembra il più celebrato); dall’ebraico Miryam o marah, quello di «mare amaro», «amarezza», «dolore»; dal siriaco mâr, «signora», «padrona»; dall’egiziano ed ebraico or, «essere luminoso», «stella del mare». Sant’Eusebio professa: “Maria è detta «Stella del mare» perché innumerevoli stelle ha il cielo, il mare una sola e questa è la più luminosa di tutte”.
Dello stesso avviso San Gerolamo, il quale deriva dall’ebraico mar yam («goccia di mare»), il latino Stilla maris, da cui poi il poetico Stella maris, «stella del mare» (stella polare).
Intorno al nome di Maria, è opportuno inoltre citare l’abate Giovanni Caramuele, un Vescovo poliglotta morto a Vigevano nel 1682, nato a Madrid 76 anni prima, autore fra l’altro di un Maria Liber (Praga 1652) in cui viene registrato il «Discorso sul dolcissimo Nome di Maria per anagrammi», in cui riporta le differenti e possibili manipolazioni del nome «Maria». Potrebbe sembrare fanatismo retorico, in realtà è manifestazione di entusiasmo interiore (energia inconscia) che si accontenta di un minimo segno per vedere in esso, tramite assonanze, dissonanze, vicinanze, comunanze l’occasione di liberare tutta la tensione interna centrata sulla cosa o persona amata. Come il fuoco, coinvolge tutto ciò che incontra. Del resto, nell’Antico Testamento, simili procedimenti sono ben documentati.
In conclusione, Madonna Celestiale non è una messa in scena della grandezza e bellezza di Maria, in un ordine puramente spirituale. È piuttosto una specie di operazione archeologica, documentata attraverso foto che ritraggono la Madonna da ogni parte d’Italia e del mondo, tendente a evocare il passaggio simbolico - incarnato in Maria – tra l’anima e la necessità di un suo referente terreno, immobilizzato in un angolo, sulla facciata di un palazzo, in una nicchia, in un’immagine iconica. Questo passaggio trascina con sé il legame umano con la bellezza e all’assoluto, seppure declinato talvolta in termini barocchi, altri austeri o riformatori, altri ancora allegorici, documentando una necessità atavica della specie che va scomparendo in terra, quella della traccia, per essere assimilata in una quinta dimensione, uno spazio dell’immaginario diventato realtà: l’universo digitale.
Laura Migliano
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Madonna Celestiale Tour 2013
Media / Mixtape / Download
Photo Tour 2013
Photo Tour 2014
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ilciambellano · 1 year ago
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È il 95’, l’ultimissimo minuto di recupero, e poco prima Danilo Cataldi aveva sfiorato il palo con un tiro secco che è stato deviato il minimo. Ora c’è questo calcio d’angolo che è l’ultimo calcio d’angolo di una sconfitta che hai già iniziato a digerire. Un’azione che è già in una specie di limbo, tra quella partita e una sconfitta già certificata. Il calcio d’angolo delle preghiere e della disperazione, un momento distaccato dalla grammatica della partita. Invochi coi tuoi vicini l’arrivo di Ivan Provedel, il portiere, in area di rigore, e Provedel in effetti compare. Lo inquadrano mentre si aggira incerto ai limiti dell’area, come quegli animali selvatici che si ritrovano di notte nei cortili dei paeselli a valle. E tu non sai perché ma quando vedi la sua maglia gialla, diversa da tutte quelle dei giocatori di movimento, diversa dai colori sociali del club come per rimarcare che il portiere è un’entità a sé stante («Era vestito meglio e stava fermo» dicevano i Bluvertigo), senti rinascere in te una vaga speranza. Una speranza insensata, certo, perché hai visto altre volte quella situazione e non è mai andata come speravi. Una speranza che nutri proprio verso qualcosa che sai che è impossibile, come una speranza ottusa che il mondo sappia smentire sé stesso. Il portiere non ha mai colpito quell’ultimo pallone, segnato quel gol enfatico e disperato, dimostrato che tutto è possibile. È successo, ma pochissime volte. Eppure sale quella speranza che ha più a fare con l’eccitazione, col fascino del caos, con l’idea che qualcosa di assolutamente imprevedibile e irrazionale ogni tanto può succedere.
Emanuele Atturo
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grafess · 1 year ago
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Mi hai fatto toccare con mano cosa fosse l'Amore, l'amore maturo, l'amore vissuto.. l'amore totale, l'amore giovane, sprovveduto, senza paura.
Mi hai fatto toccare con mano cosa significasse avere vent'anni: la testa per aria, i sogni grandi, la leggerezza del sentirsi felici con poco, in una piazza affollata, con bimbi felici, i vestiti fradici e l'odore intenso di pioggia.
Mi hai fatto toccare con mano sogni che avevo da tempo: svegliarsi la domenica mattina e fare l'amore, tornare a casa e farlo di nuovo, e ancora e ancora, in un loop senza tempo in cui veli e segreti non trovavano spazio; cucinare insieme, mangiare e poi ballare Pino Daniele in corridoio con quel tuo movimento di bacino così imbarazzante e carino che a pensarci mi viene da ridere; scappare via dalle situazioni noiose e andare a sorpresa in posti che non conoscevo in moto, col vento che mi arruffava sempre i capelli anche se mettevo il casco in più che portavi quasi sempre con te, con la speranza che accettassi le tue proposte folli alla faccia della mia dedizione e compostezza.
Mi hai fatto sentire viva, speciale e Bella, per la prima volta in vita mia. Mi hai fatto comprendere cosa significasse amare me stessa, amare la vita, amare senza riserve, amare e non pensare a niente.
Ma ora che tutto questo sembra essere stato solo un salto fortunato, io davvero non so più cosa sia l'Amore.
E mi perdo, fra le mille cose che sento.
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