#Movimento della speranza
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Ogni volta che la politica manda a effetto una operazione contro la classe operaia, i primi a gioirne o, “meglio”, i primi a dare manifestazioni esteriori della loro contentezza non sono i “pezzi grossi”, commissari di polizia od ufficiali delle regie guardie o dei carabinieri, ma sono i più umili agenti, i più modesti carabinieri, l’ultima delle guardie regie. Sono cioè gli agenti del governo usciti dalle file del proletariato più arretrato, costretti a questo passo dalla miseria o dalla speranza di trovare, abbandonando il campo o l’officina, una vita migliore, dalla persuasione di divenire qualche cosa di più di un povero contadino relegato in un paesetto sperduto fra i monti, di un manovale abbruttito dal quotidiano lavoro d’officina. Questa gente odia, dopo averne disertato le file, la classe lavoratrice con un accanimento che supera ogni immaginazione. “Ecco le armi”, urlò trionfante non so se un agente investigativo od un carabiniere in borghese, scoprendo una rivoltella durante la perquisizione all’ “Ordine Nuovo”. E rimase stupito, spiacente che nonostante tutta la buona volontà non si riusciva a trovare nulla di compromettente per il nostro giornale. all’ “Ordine Nuovo”. E rimase stupito, spiacente che nonostante tutta la buona volontà non si riusciva a trovare nulla di compromettente per il nostro giornale. all’ “Ordine Nuovo”. E rimase stupito, spiacente che nonostante tutta la buona volontà non si riusciva a trovare nulla di compromettente per il nostro giornale. Pochi minuti dopo, un altro agente udendo uno scambio di parole tra il commissario ed un nostro redattore, esclamò: : “Finiremo per arrestarli tutti! Li arresteremo tutti!” A questo pensiero la sua bocca si aprì ad un riso tanto cattivo da sbalordire chiunque non sia abituato a questo genere di fratellanza umana. Ho compreso allora perché nelle caserme e nei posti di polizia, carabinieri, guardie regie ed agenti gareggino nel bastonare gli operai arrestati, nel rallegrarsi delle loro torture. E’ un odio di lunga data. Gli agenti dello Stato addetti al mantenimento dell’ordine pubblico sentono attorno a sé il disprezzo che tutta la classe lavoratrice ha per i rinnegati, per quelli che sono passati nell’altro campo, per i mercenari che impegnano ogni loro energia per soffocare qualsiasi movimento del proletariato. E al disprezzo del proletariato s’aggiunge quello di gran parte della borghesia che guarda con occhio diffidente tutta rinnegati questa puzza di questura. Perché? Perché questa è la sorte di tutti i mercenari: al disprezzo e all’odio degli avversari s’aggiunge quasi sempre il disprezzo dei padroni. Ed è naturale, è umano che nell’animo di questa gente mal pagata, che non sempre riesce a procurarsi quanto occorre per una vita piena di stenti e di privazioni e che si sente circondata da una barriera che la divide dagli altri uomini, che la mette quasi fuori dalla società, germogli l’odio, metta radici la crudeltà: odio contro quelli che prima erano i fratelli, i compagni di lavoro e che ora disprezzano con maggior forza, crudeltà che si esplica contro di essi sotto mille forme diverse. Così, arrestare un operaio è una gioia, un trionfo, bastonarlo e malmenarlo, una festa, rinchiuderlo in carcere una rivincita. Solo nel momento in cui essi tengono un uomo fra le mani e sanno di poter disporre della sua libertà, della sua incolumità, sentono di possedere una forza che in qualche momento della vita li rende superiori ai loro simili. La gioia di acciuffare un uomo non proviene dalla consapevolezza di servire la legge, di difendere l’integrità dello Stato: è una piccola bassa soddisfazione personale, è la gioia di poter dire: “Io sono più forte”. Quale altra gioia possono essi provare? Quanti di essi sono in grado di formarsi una famiglia senza che la vita di stenti diventi vita di patimenti? Non è forse vero che a molti di questi transfughi del proletariato la vita non riserva altre soddisfazioni che qualche umile offerta di una passeggiatrice notturna in cerca di protezione?
Noi li abbiamo visti pochi giorni or sono nella nostra redazione. Moltissimi, dall’abito, potevano benissimo essere scambiati per operai in miseria. E’ certo che erano umilmente, più che umilmente vestiti non solo per introdursi tra gli operai, per raccoglierne i discorsi, per spiarli, ma anche perché non potrebbero fare diversamente. E guardavano con gli operai veri, quelli che si dibattono tra la reazione e la fame e cercano affannosamente la via della liberazione. Essi comprendevano, sentivano che chi lotta è sempre superiore a chi serve. E quando hanno ammanettato i giovani che difendevano il giornale del loro partito il giornale della loro classe, il loro giornale, gli agenti hanno avuto un lampo di trionfo, hanno riso. Ma non era un riso spontaneo, giocondo. Era un riso a cui erano costretti dalla rabbia, dal disprezzo degli altri, dalla loro vita, dal destino a cui non potevano sottrarsi. Quel riso era la smorfia di Gwynplaine.
(A.Gramsci “L’Ordine Nuovo”, 30 agosto 1921)
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Uno slancio vitale, ma che possiamo chiamare tranquillamente considerare una coazione a ripetere, che mi porto dietro da bambina è il seguente: avere voglia di uscire quindi emozionarmi di felicità se arrivano le giostre, se fanno delle fiere in paese o cose simili e desiderare di andarci. Coazione a ripetere perché è un atteggiamento masochistico: il desiderio non sta nell'andare veramente a quella fiera o alle giostre ma venire puntualmente delusa. Allora o mi circondo di persone che non vogliono uscire (perché il desiderio sarebbe uscire insieme a qualcuno in generale, ma nello specifico qualcuno nella sua deriva daddy-borghese: qualcuno che mi faccia sentire piccola e che mi compri delle cose) o, ammesso che vada, tornare a casa con una sensazione spiacevole di vuoto, di noia, spesso di freddo insomma di delusione e dirmi che forse era meglio restare a casa e che in generale questa moda di uscire a tutti i costi non mi si addice.
Lo spiega bene Masullo:
Nel cuore di ogni esperienza relazionale sta il fenomeno, cioè il manifestarsi, della solitudine. Con un movimento dialettico, non astrattamente logico bensì esistenziale, via via nell’individuo si produce una metamorfosi profonda. Lo schema è semplice. (Primo) Entrato nella relazione intersoggettiva, l’individuo ne sperimenta l’invalicabile limite, l’impossibilità di far sentire ad altri il suo sentire, e di sentire quel che altri sentono: scopre la solitudine, ma insieme l’inesaudibile desiderio di uscirne. (Secondo) Se, come avverte Platone, non si può desiderare se non ciò che si è perduto, e dunque è già noto, il desiderio di uscire dalla solitudine è insaziata nostalgia di quell’intersoggettività cui si è stati fin dal principio iniziati. Ma, per quanto si tenti, non si riesce mai a realizzarla autenticamente, si urta sempre da capo contro il suo incrollabile limite. (Terzo) Il desiderio, amaramente frustrato, si sente tradito e l’individuo, ancora solo, ormai senza speranza, si fa ostile, chiuso in difesa o furente all’attacco. (Quarto) Cosa a questo punto possa accadere, lo suggeriscono alcune pagine di Jean-Jacques Rousseau, il pensatore più scopertamente «patico» dell’antropologia moderna. Egli, non per primo ma con una nuova valenza sociale, distingue tra l’«amore di sé», «sentimento buono e assoluto», amore della vita in quanto vita, e il suo rovescio, l’«amor proprio», «sentimento di raffronto», dominante nell’animo di chi «si paragona» con gli altri con l’ambizione di primeggiare, con la «pretesa di riuscire il preferito», sempre vincente. Di fronte a una tale arroganza, i pochi o molti che non ne sono affetti tendono a «ritrarsi nella solitudine». Alla fine, questi «solitari per forza, rosi dal dispetto e dall’onta dell’esclusione in cui son tenuti, possono diventare inumani, feroci, e prendere in odio insieme con la propria catena anche quelli che non ne sono carichi»
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Nel mio dolore nulla è in movimento Di quello che io stesso sono stato Attendo nessuno verrà Né di giorno né di notte né mai più I miei occhi si sono separati dai tuoi occhi Perdono fiducia perdono la luce La mia bocca si è separata dalla tua bocca La mia bocca si è separata dal piacere E dal senso dell’amore e dal senso della vita Le mie mani si sono separate della tue mani Le mie mani lasciano sfuggire tutto I miei piedi si sono separati dai tuoi piedi Non avanzeranno più non ci sono più strade Non conosceranno più né il peso né il riposo Mi è concesso di veder finire la mia vita Con la tua La mia vita è in tuo potere che ho creduto infinita E l’avvenire la mia sola speranza è il mio sepolcro Identico al tuo circondato da un mondo indifferente Ero così vicino a te che ho freddo vicino agli altri.
Paul Eluard, Tr. Vincenzo Accame, Nel mio dolore.
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«Penso sia molto bello che una parte della gioventù prenda a cuore i problemi gravi del mondo. Fanno bene a sperare per il futuro», commenta Carlo Rovelli, fisico e saggista, che dopo aver insegnato in Italia e negli Stati Uniti oggi è professore ordinario di fisica teorica all’Università di Aix-Marseille in Francia. Spiega di non avere basi per sapere se il movimento di contestazione che sta prendendo forma sarà unitario e duraturo, né per sostenere o contraddire chi dice che potremmo essere di fronte ai semi di un “nuovo Sessantotto”: «La storia non si ripete. Penso che nessuno possa già sapere come evolveranno le cose». Ma crede che il movimento a supporto del popolo palestinese si stia allargando velocemente in tutti i paesi occidentali «a causa della flagrante contraddizione fra le notizie che arrivano a tutti su quanto accade in Palestina e il racconto dei principali media. In Palestina c'è un massacro in corso, e questo è ovviamente intollerabile per la generosità di molti giovani, che sono immuni, per fortuna, alla pelosità e all'ipocrisia di chi pensa che in fondo vada bene così».
Secondo il professore nel mondo contemporaneo c’è tanta violenza: «una minoranza, a cui apparteniamo, non esita a massacrare per difendere il proprio dominio e i propri privilegi. Il colmo dell'ironia è che usiamo la parola "democrazia" per giustificare il dominio armato di una minoranza ricca sul resto del mondo: il 10 per cento dell'umanità controlla il 90 per cento della ricchezza del pianeta. Il mondo si sta ribellando e andiamo verso un conflitto globale, in più in piena crisi ecologica. E pensiamo solo a vincere, invece che a cercare soluzioni. Spero che i giovani sappiano spingere a cambiare rotta», aggiunge Rovelli, con la speranza che la voce dei giovani non rimanga inascoltata perché «prendere posizione è importante: il massacro in corso in Palestina è insopportabile. La gente muore di fame, a pochi chilometri da uno stato ricco che li massacra con le bombe».
Il fisico, conosciuto per le sue posizioni a favore della pace, già durante il Concertone del Primo Maggio 2023 aveva esortato pubblicamente i giovani ad agire. A prendere in considerazione i problemi che mettono a rischio il pianeta, come la crisi climatica, le disuguaglianze crescenti e soprattutto la tensione del mondo che si prepara alla guerra: «La guerra che cresce è la cosa più importante da fermare. Invece di collaborare, i paesi si aizzano uno contro l’altro, come galletti in un pollaio. […] Il mondo non è dei signori della guerra il mondo è vostro. E voi il mondo potete cambiarlo, insieme. […] Le cose del mondo che ci piacciono sono state costruite da ragazzi, giovani che hanno saputo sognare un mondo migliore. Immaginatelo, costruitelo», aveva detto dal palco di Roma, a conclusione di un discorso in grado di scatenare non poche polemiche.
«Le accuse di antisemitismo sono ciniche e completamente infondate. Questi stessi giovani scenderebbero egualmente in piazza per difendere la popolazione ebraica massacrata. Anzi, lo farebbero con ancora più furore. Ma è peggio di così: perché brandire la stupida accusa di antisemitismo è soffiare sul fuoco del razzismo: razzismo è leggere tutto in termini di razza, invece che nei termini di chi muore sotto le bombe e chi dà l’ordine di sganciarle. Chi continua a parlare di antisemitismo non sa liberarsi dal suo implicito razzismo», aggiunge oggi. A difesa dei movimenti studenteschi che lottano affinché la guerra a Gaza abbia fine, a sostegno della popolazione palestinese che stanno prendendo sempre più spazio nelle università: «Penso che l'entrata della polizia negli atenei sia un grande insegnamento per i giovani - conclude- insegna loro a diffidare delle istituzioni. A capire che qualche volta il potere non è per loro. È contro di loro, contro la loro sincerità, contro chi muore sotto le bombe».
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Al crepuscolo dei miei anni, ho trovato compagnia non nella frenesia della vita, ma negli occhi di un amico leale. Era un randagio, il suo pelo era sporco e il suo ventre vuoto, ma il suo spirito intatto. Con un tocco delicato, mi avvicinai e lui, con una fiducia vasta come il cielo aperto, mi seguì fino a casa.
Ora è più del mio gatto, è il mio confidente, la mia gioia, il mio piccolo faro di speranza. Quando parlo, lui ascolta, rispondendo non a parole, ma con un amore così puro che si parla nel linguaggio silenzioso del suo sguardo e lecca tenere sulle mie mani stanche.
"Fido", sussurro, mentre le ultime monete tintinnano nel nostro barattolo, "pazienza amico mio, perché il nostro banchetto è a un'alba. "
E quando l'alba rompe, restiamo uniti, con volti superati dal tempo, ognuno con copioni di vita ben vissuta. La coda alta di Fido con un piccolo movimento sulla punta che esprime soddisfazione e fiducia, perché sa che oggi, le nostre pance saranno piene e i nostri cuori ancora più pieni.
Il freddo dell'inverno può filtrare attraverso le crepe della nostra umile dimora, ma Fido è vicino, il suo calore scaccia il freddo. Mentre i primi fiori della primavera si svelano, ci godiamo il bagliore dorato, le nostre anime si intrecciano in silenziosa gratitudine.
Dal profondo del mio essere, sale una preghiera, portata in alto dalla brezza mattutina: "Grazie, Divino Creatore, per il dono del gatto, un vero amico che non chiede nulla ma dà tutto".
dal web
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Le Pleiadi, dette anche Gallinelle, sono un gruppo di sei stelle che si trovano nel segno zodiacale del Toro. Il secondo nome deriva dal fatto che, la loro apparizione annuale all'inizio della primavera, era il segnale idoneo per intraprendere la navigazione. Queste stelle sono collegate con il Suolo e con la Natura, hanno un significato profondamente occulto nella filosofia esoterica indù. Le chiamavano "la chioccia ed i pulcini" e di esse si servivano per regolare la loro misura del tempo in anni e mesi. Il mese in cui apparivano era chiamato Krittika e con questo nome chiamavano talvolta la costellazione. Krittika è la nutrice di Karttikeya, il Dio della guerra (equivalente a Marte), il Comandante delle Legioni Celesti. Il nome che gli Indù danno alle sette stelle è: Amba, Dula, Nitatui, Abrayanti, Maghayanti, Varshayanti, Ciupunika; ma vengono usate anche altre serie di nomi. Nel Kimah ebraico, Giobbe accenna ad una influenza atmosferica loro dovuta che chiama "i dodici influssi". Le Pleiadi sono considerate il punto centrale attorno al quale ruota il nostro universo delle stelle fisse, il punto focale dal quale, e nel quale, il Soffio Divino, il Movimento Divino, opera incessantemente durante il Manvantara. Nelle scienze occulte, le Pleiadi sono in rapporto con i destini delle nazioni. Sorelle delle Pleiadi sono le Iadi. Esotericamente, le Pleiadi simbolizzano le sette Sottorazze. Per gli Indiani del Nord America, le Pleiadi erano le figlie del Sole e della Luna, sette graziose fanciulle che di nascosto scendevano sulla terra, dentro una grande cesta, e si mettevano a cantare ed a danzare nei boschi. Un giorno un giovane indiano, che stava pescando nelle vicinanze, le vide e rimase così incantato dalla loro grazia e dalla loro bellezza che, non sapendo resistere al richiamo, si unì al canto ed alla danza delle fanciulle. Queste, impaurite, salirono nella cesta e sparirono nel cielo. Il giovane, però, non riusciva a dimenticare la scena e tornava sempre sul posto con la speranza di reincontrarle. Una sera, finalmente, la fortuna gli fu benigna e, nascosto dietro un albero, sorprese le sorelle a cantare e ballare. Avvicinatosi furtivamente, agguantò la sua amata e le chiese di sposarlo. La ragazza ne rimase entusiasta, ma temeva l'opposizione del padre. Il giovane pregò il Sole di accontentarlo; questi annuì, ma per punizione proibì alle altre sei di ritornare sulla terra. Questa leggenda è importante perchè lega il credo indiano a quello indù. Questi ultimi, infatti, sostengono che le Pleiadi note sono sei: la settima è occulta. SPIRITUAL crescita personale pleiades-Tom-Wildoner-
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COME LIBERARCI DALLA LEGGE DEL PENDOLO
Ognuno di voi è sotto la legge del pendolo.
Ognuno di voi sente il bene e poi sente il male, si sente felice e poi si sente derelitto, ognuno di voi sente affetto e amore e poi sente l’opposto, – l’avversione – e quel curioso opposto dell’affetto per il quale non c’è nome. Questa è vita meccanica. Tutto questo è vivere meccanicamente. Questo vuol dire vivere nell’oscillazione del pendolo della vita e finché vi resterete quello che guadagnate lo perderete e così resterete sempre nello stesso livello di Essere. In un momento voi amate, nel momento successivo voi odiate; in un momento sentite entusiasmo, il momento successivo vi sentite abbattuti; in un momento pensate di essere una gradevole persona, ed il momento successivo sentite che non lo siete.
In un modo o nell’altro noi dobbiamo cercare di non stare più tanto sotto quest’inevitabile legge del pendolo, che fa avanzare e ritirare le maree, che fa sì che l’inverno sia seguito dall’estate, l’estate dall’inverno.
Noi abbiamo alcuni momenti di espansione, ed alcuni momenti di contrazione. Abbiamo momenti in cui le cose vanno bene e momenti in cui le cose vanno male. Il pendolo della nostra psicologia, delle nostre emozioni, del nostro benessere generale, va su e giù. Ma quando il pendolo ondeggia indietro, questa dovrebbe essere una fase in cui vengono messe in ordine le cose, in cui uno si consulta con se stesso, in cui le cose vengono sistemate bene, e vengono preparate prima che uno prosegua di nuovo. Voi non potete aspettarvi di essere sempre gli stessi.
In altre parole, l’oscillazione negativa del pendolo, per la maggior parte delle persone è solo uno spazio vuoto. Mentre dovrebbe essere una fase abitata dalla consapevolezza e da un senso del Lavoro in cui uno cerca di unificarsi e di riflettere, e non pensa invece che tutto sia finito. Ora se uno può vivere con consapevolezza in entrambi i lati dell’oscillazione del pendolo in ogni punto, la sua vita non sarà più insoddisfacente, cioè una semplice funzione dell’ondeggiamento del pendolo. Uno impara a vedere le cose da due punti di vista. S’impara a prendere sé stessi da due punti di vista, e soprattutto s’impara a prendere gli altri nello stesso modo. Invece d’essere molto disgustato, o annoiato, o seccato, si cominciano a mettere, in questo paese incivile se stesso, in questo luogo barbaro, dei pensieri più consapevoli e la memoria, per poi ritornare nell’oscillazione del pendolo avendo preparato qualcosa, ed ancora una volta rientrare nella vita senza essere depresso, e soprattutto senza sentirsi senza speranza.
Quello di cui sto parlando ha a che fare con il vedere entrambi i lati, il lato nero ed il lato lucente, insieme, per mezzo della memoria conscia, per mezzo del Lavoro, ed è solo per mezzo del Lavoro che voi potrete ricordare entrambi i lati del pendolo e così, gradualmente passare psicologicamente nella parte media del pendolo, dove è situato tutto quello che cerchiamo in questo Lavoro. Questo corrisponde a creare un intero circolo, ad essere capaci di girare lungo il circolo della vita, in modo che essa non sia più un pendolo, ma un movimento circolare che non è più governato dagli opposti.
(Vi ho già detto che il movimento del pendolo in realtà è un movimento circolare visto in due dimensioni. Cercate di chiarirvelo praticamente da soli.)
Ora, quando voi girate intorno al circolo di tutte le esperienze, voi cominciate a mettere nella vostra consapevolezza il lato oscuro di voi e voi non vedrete più quelle contraddizioni che vengono invece dal punto di vista della vita del pendolo. Questo significa un aumento di consapevolezza. Questo significa vedere che l’estate e l’inverno non sono opposti, ma sono situati su un circolo, un ritmo che è necessario. La gente che vive molto negli opposti, la gente che discute sempre se questo o quello è giusto sono nell’illusione del pendolo.
Vi citerò su ciò un detto molto antico. Finché avete dei concetti rigidi su ciò che è giusto o sbagliato, voi non potete creare in voi questo cerchio psicologico.
Questo detto viene dagli scritti di Kwang-Zeu:
Egli disse: “Ogni soggetto può essere guardato da due punti di vista – da questo e da quello… Ma questo punto di vista comprende allo stesso tempo sia il giusto sia lo sbagliato – i due punti di vista non hanno trovato il loro punto di corrispondenza che viene chiamato il punto fondamentale del Tao. Appena uno trova questo perno egli si situa al centro dell’anello (o di pensiero) da dove egli può rispondere senza fine ai punti di vista che cambiano; – come a quelli che affermano e a quelli che negano. Perciò dico: “Non c’è niente come la propria luce (della mente)” “.
Questa cosa chiamata il Tao in realtà è il Lavoro. È una riconciliazione in voi degli opposti ed il raggiungimento di un nuovo posto in cui gli opposti non vi controllano. È chiamato il Tao nell’antico esoterismo cinese.
È una Via. Tao significa una Via o una Via armoniosa. Per esempio in un momento voi pensate d’essere buoni e il momento successivo di esser cattivi e se vi osservate criticamente sarete sempre in questo dilemma, in questo doppio sentimento.
di Maurice Nicoll Tratto da Commentari psicologici sull’Insegnamento di Gurdjieff e Ouspensky
Volume II Cap. 83 Quaremead, Ugley, 7 luglio, 1945
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Kahlil Gibran
Si chiamava Kahlil Gibran ed è noto soprattutto per il suo libro "Il Profeta". Il libro, pubblicato nel 1923, venderà decine di milioni di copie, diventando il terzo poeta più venduto di tutti i tempi, dopo Shakespeare e Laozi.
Lo chiamavano "sporco" perché la sua pelle era scura, non intelligente perché parlava a malapena l'inglese. Quando arrivò in questo Paese, fu inserito in una classe speciale per immigrati. Ma alcuni dei suoi insegnanti videro qualcosa nel modo in cui si esprimeva, attraverso i suoi disegni, attraverso la sua visione del mondo. Presto avrebbe imparato la sua nuova lingua.
Sua madre aveva preso la difficile decisione di portare lui, le sue due sorelle minori e un fratellastro in America, alla ricerca di una vita migliore per la loro famiglia. Si stabilirono nel South End di Boston, all'epoca la seconda più grande comunità siro-libanese-americana. La famiglia avrebbe dovuto lottare e il ragazzo avrebbe perso una sorella e il fratellastro a causa della tubercolosi. Sua madre morirà di cancro.
Scriverà: "Dalla sofferenza sono emerse le anime più forti; i caratteri più massicci sono segnati da cicatrici".
Nacque in povertà il 6 gennaio 1883 nell'attuale Libano.
Credeva nell'amore, credeva nella pace e credeva nella comprensione.
Si chiamava Kahlil Gibran ed è noto soprattutto per il suo libro "Il Profeta". Il libro, pubblicato nel 1923, venderà decine di milioni di copie, diventando il terzo poeta più venduto di tutti i tempi, dopo Shakespeare e Laozi.
Pubblicato in 108 lingue in tutto il mondo, alcuni passi de "Il Profeta" vengono citati ai matrimoni, nei discorsi politici e ai funerali, ispirando personaggi influenti come John F. Kennedy, Indira Gandhi, Elvis Presley, John Lennon e David Bowie.
Era molto schietto e attaccava l'ipocrisia e la corruzione. I suoi libri sono stati bruciati a Beirut e in America ha ricevuto minacce di morte.
Gibran fu l'unico membro della sua famiglia a seguire un'istruzione scolastica. Alle sue sorelle non fu permesso di andare a scuola, principalmente a causa delle tradizioni mediorientali e delle difficoltà economiche. Gibran, tuttavia, fu ispirato dalla forza delle donne della sua famiglia, in particolare della madre. Dopo la morte di una sorella, della madre e del fratellastro, l'altra sorella, Mariana, avrebbe mantenuto Gibran e se stessa lavorando in una sartoria.
Di sua madre scriverà:
"La parola più bella sulle labbra dell'umanità è la parola 'Madre', e il richiamo più bello è quello di 'Mia madre'. È una parola piena di speranza e di amore, una parola dolce e gentile che viene dal profondo del cuore. La madre è tutto: è la nostra consolazione nel dolore, la nostra speranza nella miseria, la nostra forza nella debolezza. È la fonte dell'amore, della misericordia, della simpatia e del perdono".
In seguito Gibran avrebbe sostenuto la causa dell'emancipazione femminile e dell'istruzione.
Credeva che "Salvaguardare i diritti degli altri è il fine più nobile e bello di un essere umano".
In una poesia rivolta ai nuovi immigrati, scriveva: "Credo che possiate dire ai fondatori di questa grande nazione. Eccomi qui. Un giovane. Un giovane albero. Le cui radici sono state strappate dalle colline del Libano. Eppure sono profondamente radicato qui. E vorrei essere fecondo".
Scriverà in "Il Profeta":
"Lasciate che ci siano spazi nella vostra unione, e che i venti del cielo danzino tra di voi. Amatevi l'un l'altro, ma non create un legame d'amore: Sia piuttosto un mare in movimento tra le sponde delle vostre anime. Riempitevi a vicenda il calice, ma non bevete da un solo calice. Datevi l'un l'altro del vostro pane, ma non mangiate dalla stessa pagnotta. Cantate e danzate insieme e siate gioiosi, ma lasciate che ognuno di voi sia solo, come le corde di un liuto sono sole anche se fremono della stessa musica. Date i vostri cuori, ma non l'uno all'altro. Perché solo la mano della Vita può contenere i vostri cuori. E state insieme, ma non troppo vicini: Perché le colonne del tempio sono separate, e la quercia e il cipresso non crescono l'uno all'ombra dell'altro".
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MADONNA CELESTIALE
Un messaggio di amore e musica
Madonna Celestiale è un progetto artistico che nasce nella primavera 2013 da un’idea di Flavio Scutti elaborata in collaborazione con Paola Stasi.
Viene presentato per la prima volta in un articolo pubblicato sul blog PILL TAPES con foto dedicate alla Madonna nel mese di maggio, insieme ad una mixtape incentrata sulla musica spirituale (contaminata da sonorità che abbracciano diversi generi e culture, dal pop all’elettronica). Il tutto è scaturito dall’idea di diffondere un messaggio d’amore e di speranza, nell’intento di sensibilizzare il pubblico verso una maggiore cura e valorizzazione del patrimonio culturale artistico rappresentato dall’iconografia sacra.
Non vuole essere alcuna vetrina d’esaltazione cristiana, ma intende mostrare al pubblico (turista, curioso o appassionato che sia) l’arte di cui è piena la nostra storia e le nostre città, in chiave festosa e d’intrattenimento, con la passione per l’iconografia, l’amore per il sacro e la natura. Abbiamo scelto la Madonna perché rappresenta la figura della maternità che nella sua forma di icona partendo dalla Grande Madre si ritrova in quasi tutte le culture, dalla Dea Iside degli Egizi, alla Leucotea Ellenica, alla Mater Matuta Italica, ecc…
Progetto
Le Scritture, la liturgia, le preghiere litaniche, le arti figurative e plastiche raccolgono un’enciclopedia di figure relative alla simbologia marianica in grado di oltrepassare il senso comune di religiosità per addentrarci in un orizzonte più stratificato di sedimentazione culturale, fatto di medesime radici – persino etimologiche (culto-cultura) – intrecciate alle peculiarità dell’umano “vivere nel mondo”. Possiamo facilmente tradurre questo insieme di radici intrecciate nel termine “simbolo”.
Il senso letterale di «simbolo» è di «messo insieme» e lo deriva dal greco «sumballein» (gettare insieme). Gli uomini, secondo Platone (Convito 189-93), si amano perché, all’origine, sono stati tagliati in due dalle divinità gelose e, da allora, ognuno va alla ricerca della propria metà smarrita; facilmente sentiamo in noi la necessità di comporre divisioni interne; i primi cristiani hanno sentito il bisogno di raccogliere in un Simbolo, detto degli Apostoli, la somma delle verità da professare e l’esigenza di unire la terra e il cielo.
Questa attività di ricomposizione appare indispensabile. Luca (2,19) si avvale del medesimo termine per significare che «Maria custodiva tutte queste parole collegandole insieme in cuor suo». Non solo indispensabile ma anche assolutamente decisivo appare il termine «Diavolo» (dal greco «diaballein») dice proprio il suo contrario: dividere. Il simbolo ricollega il diviso, il diavolo persegue la divisione dell’unito.
In questo caso il simbolo:
• suscita tensione invece di annullarla
• crea una spinta in avanti, proponendo aperture progettuali
• si protende verso un equilibrio che rimane costantemente al di la di esso
• si fa metapoietico, cioè trasformatore, unificando tutto il mondo in un atto di ri-creazione e di pienezza, nella ricerca di un’inarrestabile e mai raggiunta partecipazione al tutto.
È «fare anima», dice James Hillman, l’unica condizione indispensabile perché una parola richiami altre parole, un’immagine evochi altre immagini, un singolo oggetto si faccia manifestazione del tutto. Chi fa questa esperienza vive la mobile staticità della vita spirituale, il movimento nell’unicità.
Contemplare Maria significa vedere in Lei, sempre eguale a se stessa, le varianti di ogni epiteto che le si attribuisce. Solo chi spazia nell’infinito universo semiotico, può accostarsi alla conoscenza simbolica di Maria (e di qualsiasi altra entità). Maria può non solo contenere simboli, ma essere essa stessa un simbolo. Come tale, escludendole il suo ruolo sovrannaturale, si fa educatrice anche attraverso ciò che essa rappresenta: nel rapporto con la Madonna, l’uomo può integrare in sé il femminile e maturare la sua individuazione, mentre alla donna può accadere di identificarsi nella sua portata materna, generatrice, ma soprattutto nella sua matrice affatto passiva di accettazione dall’Alto di un feto (o compito, o punizione, a seconda delle circostanze) autogeneratosi di cui lei è soltanto la sacca momentanea verso il passaggio alla terra, ma di attrice attiva nella nascita del Bene.
Infatti, a seconda delle radici semitiche alle quali i filologi la fanno risalire - già nel XV-XIV sec. a.C. è documentata su una tavoletta di Ugarit la radice mrym - Maria potrebbe significare «ribelle», l’«amara», la «forte», «colei che si innalza» o che «è innalzata», oppure ancora «profetessa» o «Signora».
Dall’egiziano mrit deriverebbe il significato di «amata» (sembra il più celebrato); dall’ebraico Miryam o marah, quello di «mare amaro», «amarezza», «dolore»; dal siriaco mâr, «signora», «padrona»; dall’egiziano ed ebraico or, «essere luminoso», «stella del mare». Sant’Eusebio professa: “Maria è detta «Stella del mare» perché innumerevoli stelle ha il cielo, il mare una sola e questa è la più luminosa di tutte”.
Dello stesso avviso San Gerolamo, il quale deriva dall’ebraico mar yam («goccia di mare»), il latino Stilla maris, da cui poi il poetico Stella maris, «stella del mare» (stella polare).
Intorno al nome di Maria, è opportuno inoltre citare l’abate Giovanni Caramuele, un Vescovo poliglotta morto a Vigevano nel 1682, nato a Madrid 76 anni prima, autore fra l’altro di un Maria Liber (Praga 1652) in cui viene registrato il «Discorso sul dolcissimo Nome di Maria per anagrammi», in cui riporta le differenti e possibili manipolazioni del nome «Maria». Potrebbe sembrare fanatismo retorico, in realtà è manifestazione di entusiasmo interiore (energia inconscia) che si accontenta di un minimo segno per vedere in esso, tramite assonanze, dissonanze, vicinanze, comunanze l’occasione di liberare tutta la tensione interna centrata sulla cosa o persona amata. Come il fuoco, coinvolge tutto ciò che incontra. Del resto, nell’Antico Testamento, simili procedimenti sono ben documentati.
In conclusione, Madonna Celestiale non è una messa in scena della grandezza e bellezza di Maria, in un ordine puramente spirituale. È piuttosto una specie di operazione archeologica, documentata attraverso foto che ritraggono la Madonna da ogni parte d’Italia e del mondo, tendente a evocare il passaggio simbolico - incarnato in Maria – tra l’anima e la necessità di un suo referente terreno, immobilizzato in un angolo, sulla facciata di un palazzo, in una nicchia, in un’immagine iconica. Questo passaggio trascina con sé il legame umano con la bellezza e all’assoluto, seppure declinato talvolta in termini barocchi, altri austeri o riformatori, altri ancora allegorici, documentando una necessità atavica della specie che va scomparendo in terra, quella della traccia, per essere assimilata in una quinta dimensione, uno spazio dell’immaginario diventato realtà: l’universo digitale.
Laura Migliano
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Madonna Celestiale Tour 2013
Media / Mixtape / Download
Photo Tour 2013
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È il 95’, l’ultimissimo minuto di recupero, e poco prima Danilo Cataldi aveva sfiorato il palo con un tiro secco che è stato deviato il minimo. Ora c’è questo calcio d’angolo che è l’ultimo calcio d’angolo di una sconfitta che hai già iniziato a digerire. Un’azione che è già in una specie di limbo, tra quella partita e una sconfitta già certificata. Il calcio d’angolo delle preghiere e della disperazione, un momento distaccato dalla grammatica della partita. Invochi coi tuoi vicini l’arrivo di Ivan Provedel, il portiere, in area di rigore, e Provedel in effetti compare. Lo inquadrano mentre si aggira incerto ai limiti dell’area, come quegli animali selvatici che si ritrovano di notte nei cortili dei paeselli a valle. E tu non sai perché ma quando vedi la sua maglia gialla, diversa da tutte quelle dei giocatori di movimento, diversa dai colori sociali del club come per rimarcare che il portiere è un’entità a sé stante («Era vestito meglio e stava fermo» dicevano i Bluvertigo), senti rinascere in te una vaga speranza. Una speranza insensata, certo, perché hai visto altre volte quella situazione e non è mai andata come speravi. Una speranza che nutri proprio verso qualcosa che sai che è impossibile, come una speranza ottusa che il mondo sappia smentire sé stesso. Il portiere non ha mai colpito quell’ultimo pallone, segnato quel gol enfatico e disperato, dimostrato che tutto è possibile. È successo, ma pochissime volte. Eppure sale quella speranza che ha più a fare con l’eccitazione, col fascino del caos, con l’idea che qualcosa di assolutamente imprevedibile e irrazionale ogni tanto può succedere.
Emanuele Atturo
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Mi hai fatto toccare con mano cosa fosse l'Amore, l'amore maturo, l'amore vissuto.. l'amore totale, l'amore giovane, sprovveduto, senza paura.
Mi hai fatto toccare con mano cosa significasse avere vent'anni: la testa per aria, i sogni grandi, la leggerezza del sentirsi felici con poco, in una piazza affollata, con bimbi felici, i vestiti fradici e l'odore intenso di pioggia.
Mi hai fatto toccare con mano sogni che avevo da tempo: svegliarsi la domenica mattina e fare l'amore, tornare a casa e farlo di nuovo, e ancora e ancora, in un loop senza tempo in cui veli e segreti non trovavano spazio; cucinare insieme, mangiare e poi ballare Pino Daniele in corridoio con quel tuo movimento di bacino così imbarazzante e carino che a pensarci mi viene da ridere; scappare via dalle situazioni noiose e andare a sorpresa in posti che non conoscevo in moto, col vento che mi arruffava sempre i capelli anche se mettevo il casco in più che portavi quasi sempre con te, con la speranza che accettassi le tue proposte folli alla faccia della mia dedizione e compostezza.
Mi hai fatto sentire viva, speciale e Bella, per la prima volta in vita mia. Mi hai fatto comprendere cosa significasse amare me stessa, amare la vita, amare senza riserve, amare e non pensare a niente.
Ma ora che tutto questo sembra essere stato solo un salto fortunato, io davvero non so più cosa sia l'Amore.
E mi perdo, fra le mille cose che sento.
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Considerazioni post conferenza
La speranza rappresenta l’anticipazione del non-ancora-dato, oltre a un atto politico, un dovere etico. Ed è un compito naturale, nonché dovere dell’educatore, avere un atteggiamento ottimistico-esistenziale prefigurando futuri possibili nell’esperienza educativa arrivando, nel più roseo dei casi ad un’educazione trasformativa tramite un nuovo contratto sociale per l’educazione.
Ma io, educatore non sono.
E presa consapevolezza della cronofrenia moderna (che ci spinge come cieche mosche a sbattere ancora più ciecamente verso una luce che arriverà a fracassarci l’esoscheletro), ecco che noi viviamo entro un movimento di frenesia senza meta, perseguendo produttività, innovazione e la volontà (cieca, come per altro la volontà stessa ma questo è schopenhauer e forse ne parlo un’altra volta) di moltiplicare.
Mi pare evidente che produttività e innovazione non corrispondano a una maggiore uguaglianza sociale ma soprattutto, ancor più evidente che maggiori informazioni e cultura non determinino una maggiore umanità. Solo un giovane su 5 ritiene che il futuro possa essere migliore del presente, io personalmente, rientro nei 4 pessimisti.
#pessimismo#ottimismo#cronofrenia#modernitá#decadenza#educazione#pedagogia#filosofia#bologna#conferenza
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Il vaso di Pandora.
La settimana scorsa a Milano c'è stato una specie di concerto organizzato da Fedez, Silvestrin è uno attento ad eventi del genere perché è il suo campo e nonostante non gli piaccia lo guarda per cronaca, un pò come Sanremo. Durante l'evento ha fatto diversi tweet di critica forte dove è stato sia attaccato che lodato per la sua sincerità contro un evento da bimbiminkia forzando la mano sul fatto che la musica non è quella e che non c'è speranza per l'Italiano medio di comprendere e andare avanti sul campo. Nei giorni a seguire è stato intervistato da alcuni giornali per, diciamo, chiarire la sua posizione e anche perché quando ci sono polemiche i giornali si sfregano le mani, nelle interviste ha ribadito la sua posizione e rimarcato il fatto che la musica nello stivale è più o meno morta. Mi associo a lui non perché la penso al 100% come lui ma perché penso che abbia ragione su questa cosa, forse è un pò troppo duro e magari non vede che comunque ci sono persone che vanno oltre la trap e la musica commerciale, ma anche oltre alle varie nostalgie e non tutti dicono che non c'è più buona musica, sicuramente chi lo segue ha già una visione diversa; fatto sta che in qualche modo e probabilmente anche per lasso di tempo breve ha aperto il vaso di Pandora o detto che il Re è nudo, fate voi, alzando un pò il polverone che stantio grava sul mondo della musica in Italia. Quello che ha fatto sicuramente lo ha portato un attimino in auge e quelli che non lo cagavano magari si sono incuriositi e hanno guardato alcune sue live, è ogni giorno su twitch e posta video su youtube continuamente, ma oltre al suo ritorno penso che abbia messo la pulce nell'orecchio degli addetti ai lavori, radio e tv in testa, almeno lo spero così magari qualcosa cambia. Nel mio piccolo sono sempre in movimento, quello che facevo ieri non lo faccio domani, sempre in uno stato di incubazione che mi tiene nell'ombra, non sono come molti colleghi attivissimo sui social e non mi interessa avere consensi dai social perché sono effimeri, oggi hai 35540 like domani zero, non sono un content creator come molti che postano video quasi ogni giorno per mostrarsi quanto bravi sono, non sono neanche così bravo faccio il mio e spesso non piace neanche a me. La musica è parte di me da quando avevo 10 anni, ma anche prima adoravo ascoltare i brani dalla radio o dal mangiadischi, da quando poi ho iniziato a suonare nella mia prima band è scattato in me un meccanismo che negli anni è cambiato, se a 16 anni volevo diventare famoso a 20 non lo volevo più, a 23 volevo solo creare e proporre dal vivo i nostri lavori (ero in una band a mio giudizio eccezionale che poi si sciolse come neve al sole che è quasi normale nell'ambiente), quando poi sono andato via da Catania ho iniziato a cercare qualcosa che non sapevo neanche io cosa, non una band, non altri musicisti, ma alla fine era quello che si proponeva continuamente, avendo sempre suonato con altre persone non avevo il concetto di suonare da solo. Il tempo passava e le opportunità diminuivano, le mie idee cambiavano continuamente e il numero di quelli con cui potevo fare comunella si assottigliava, poi l'esperienza a Londra mi ha dato tantissimo, arrivato qua dopo una ricerca sterile di musicisti mi sono reso conto che era meglio intraprendere un percorso solitario, inizia la fase one-man band che è tutt'ora sul binario morto ma pronta a ripartire. Negli ultimi anni, dal lock down, ho ripreso a studiare, ricercare e sperimentare, adesso sono in fase brainstorming, butto giù tutto quello che mi passa per la testa e quando sarà il momento metto tutto online. Posso definirmi senza esagerare un outsider, fuori da tutti i giochi e da tutte le nicchie, anche se sicuramente qualcuno mi ci infilerà, ma mi sento più libero che mai di potermi esprimere al meglio con forme diverse e non cadendo su magri stili ripetitivi.
Posto un video di Enrico che legge una delle interviste che gli hanno fatto in uno dei giornali, video troppo divertente, è anche autoironico e questo è lodevole.
youtube
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[✎ ITA] Intervista / Editoriale : JIMIN x W Korea⠸ 20.01.2023
JIMIN, In Piena Fioritura
JIMIN x DIOR - 20 gennaio 2023
Editoriale | Intervista : JIMIN x W KOREA Vol. 2 2023
Jimin dei BTS sa narrare storie già solo con i suoi movimenti sul palco – agili e leggeri, seppur audaci e maestosi, a volte. Ora è qui, accucciato di fronte alle foto-camere. Jimin – che non fa che trasudare fascino – è in piena fioritura per <;W Korea>
Twitter | Originale KOR
Un piccolo studio fuori Seoul, grande appena per accogliere tre auto d'epoca delicatamente avvolte e ricoperte di boccioli, un ampio materasso a molle, le attrezzature per il servizio e alcune rastrelliere di vestiti, cui sono appesi una decina d'abiti della collezione Dior : Estate 2023 — disposti con estrema cura per Jimin dei BTS, il quale, recentemente, è stato nominato nuovo ambasciatore globale per Dior. Tranquillo e leggiadro, Jimin fa il suo ingresso sul set. Con la sua collezione "Moda Uomo Dior Estate 2023", il direttore artistico Kim Jones presenta capi funzionali che uniscono il formale all'informale e lo stile alla praticità. In onore del 75° anniversario della casa di moda, il suo animo creativo ha voluto rendere omaggio all'identità e alla tradizione di House of Dior, incorporando i suoi iconici giardini sul set. Tutto un lato, infatti, è completamente disseminato di fiori multicolore. Per il servizio fotografico di copertina, ci si aspetta una crew piuttosto grande, tra produzione e staff, tante più persone di quante potreste immaginare. E per fortuna! Così questi bellissimi fiori non saranno sprecati, se ognunə deə partecipanti se ne porterà un po' a casa come ricordo. Jimin, circondato da fiori, inizia a saltare su un materasso piuttosto grande, sollevandosi in aria e lasciandosi ricadere di schiena più e più volte; ogni suo movimento ci ricorda le sue aggraziate esibizioni sul palcoscenico; Jimin, il quale ha studiato danza alle scuole superiori, non si limita semplicemente a saltare. Piuttosto, potremmo dire che si solleva e, per un secondo, sembra quasi galleggiare in aria. La fotocamera cattura quel suo istante di volo, la sua ombra campeggia enorme su un ampio sfondo.
A giugno 2022, i BTS hanno rilasciato il loro album antologia, Proof; una compilation di tre CD contenenti i momenti chiave dei loro 9 anni di carriera e relativi successi. Mi vengono in mente alcune parole del singolo “Yet to Come (The Most Beautiful Moment)”:
“Da qualche parte, nel profondo del tuo cuore / C'è ancora sempre un bambino / Il mio momento deve ancora arrivare.”
Non c'è dubbio che il verso ‘il mio momento deve ancora arrivare’ sia una piccola ode alla loro promessa e speranza per il futuro, dato che i sette artisti, l'anno scorso, hanno deciso di guardare con trepidazione ad un nuovo capitolo. Negli ultimi anni, la popolarità dei BTS è aumentata vertiginosamente, diffondendosi in tutto il globo. Grazie alla solidarietà ed al supporto senza pari del suo fandom, il gruppo ha ottenuto, in pochissimo tempo, un successo enorme su scala globale. Ciò mi ha spintə ad andare a dare un'0cchiata a tutte quelle destinazioni sconosciute nel mondo in cui i BTS hanno lasciato il segno. E dato che la loro influenza si estende a livello globale, talvolta ho dovuto ricorrere al mappamondo o a cartine mondiali per poter rendermi effettivamente conto fin dove sono arrivati.
Attualmente, ognuno dei membri ha dato inizio ad un nuovo capitolo della propria carriera.
J-hope e RM sono stati i primi, con il rilascio dei loro primi album solisti ufficiali - a luglio e dicembre 20222 - mentre Jin ha pubblicato il suo primo singolo solista a ottobre. Chi sarà il prossimo? I dettagli relativi all'album solista di Jimin non sono ancora stati svelati, ma sono convintə non avremo più da aspettare molto. La popolarità e l'impatto di un Jimin in quanto artista solista sono evidenti; la reazione di pubblico per le sei copertine lui dedicate da <W Korea>, condivise sulla nostra pagina Instagram, è stata enorme (ce l'aspettavamo, ma siamo rimastə comunque sorpresə), chiaro esempio della sua influenza. ‘Filter’, sua traccia solista pubblicata nel 2020 sul 4° album dei BTS, risulta aver superato i 340 milioni di stream su Spotify, a gennaio 2022. Tra le sue tracce soliste, troviamo anche ‘Promise’, rilasciata su Soundcloud 4 anni fa, e poi ‘Friends’, prodotta da Jimin ed eseguita insieme a V. Jimin, artista pieno di sentimento, ha conquistato i cuori deə fan con le sue incantevoli esibizioni di ‘Serendipity’ e ‘Lie’. Degno di nota anche il modo in cui ə sue/oi devotə fan festeggiano gli anniversari di rilascio delle sue tracce individuali con molte iniziative preziose.
Ma torniamo sul set, Jimin ricompare sfoggiando un look ed emanando un'aura diversa rispetto ad un momento fa. Calde luci dalle tonalità sepia cadono sulla sagoma dell “It Boy”, che ora indossa una giacca Dior. Appoggiato ad una sedia ladderback dai motivi floreali, le gambe incrociate, l'icona K-pop ricorda un po', nell'insieme, alcuni dei ritratti di Amadeo Modigliani. Ma questa volta, quando si impossessa della fotocamera per scattarsi dei selfie, l'affascinante artista sa anche trasformarsi in un ragazzo birichino. Forse in pochi ricorderanno che i BTS erano già apparsi, come boy band agli esordi, nel numero di dicembre 2014 di <W Korea>. Questi 7 ragazzi ambiziosi, allora, ci parlarono in tutta serietà dei loro sogni – riguardo i loro concerti, il premio come Migliori Nuovi Artisti e la tanto agognata vittoria ad uno show musicale. Quando sono tornatə in ufficio, ho riesumato quel numero del 2014 e l'ho messo a confronto con le nuove foto che presto andranno in stampa; nel riflettere sulla notevole evoluzione compiuta dal gruppo, non ho potuto che provare un certo batticuore. Sicuramente Jimin non ha dimenticato il suo primo incontro con <W Korea>. Molto cortesemente ha dato inizio alla nostra intervista usando il termine ‘ritrovarsi’.
Quest'intervista si è svolta per e-mail; piuttosto che sottoporlo ad una lunga sessione di domande, circondati dalla frenesia del set, abbiamo voluto dare a Jimin – il quale ultimamente ha sviluppato una predilezione per la scrittura - l'opportunità di riflettere con cura sulle sue parole.
Alcune delle sue risposte mi sono rimaste particolarmente impresse. Specialmente quelle più memorabili, ma quella che mi ha fatto sorridere di più me l'ha data alla domanda “Se togliamo tutto il bagaglio della superstar globale, nonché membro dei BTS, chi sei in realtà?”, “Un amico un po' imbranato, sempre in tuta, che adora bere del soju in compagnia presso i Pojangmacha (bancarelle di cibo/bevande).” Ed è proprio quel suo modo fine e premuroso di definirsi un ‘amico’ che gli permette di arrivare al cuore dei nostri lettori.
<W Korea>: Siamo lieti tu sia il nostro artista di copertina, finalmente! E congratulazioni per essere il nuovo ambasciatore globale Dior. Immagino presto ti vedremo nella capitale della moda. Jimin: Innanzi tutto, sono felice di ritrovare <W Korea> dopo tanto, e vi sono grato. Sono estremamente onorato di essere l'ambasciatore per un marchio globale come Dior ed emozionato per questa partnership. Mi piacerebbe cogliere quest'occasione per approfondire la mia conoscenza sulla moda e dare un contributo significativo al brand. Non sono mai stato alla Settimana della Moda, quindi temo sarò piuttosto agitato. ⠀
Che reazione hanno avuto i tuoi genitori quando hai detto loro d'esser diventato un ambasciatore globale? E quale quando hai parlato della tua visita alla Casa Bianca, l'anno scorso?
Jimin: Ogni volta, mi fanno dei gran sorrisi e mi dicono che sono fieri di me. Opportunità fantastiche come queste sono ciò che mi rende orgoglioso d'essere un membro dei BTS. ⠀ La data di rilascio del tuo album solista è ancora un mistero, ma sono sicurə ci starai lavorando proprio in questi giorni. Quindi, come vanno le cose, ultimamente? Sei preoccupato o abbastanza sereno, nonostante i tanti impegni?
Jimin: Ho pochissimi ripensamenti e non lo trovo pesante. Ma sto preparando parecchie cose, quindi per la maggior parte del tempo sono preso dalla supervisione e preparazione del lavoro. Potremmo quasi dire che la mia mente lavora di più del mio corpo, di questi tempi (ride). ⠀ Nella prima metà del 2022, tu e Ha Sung Woon avete rilasciato la OST del drama <Our Blues>, ‘With you’. Inoltre, è uscito l'album antologia Proof, a chiusura del primo capitolo dei BTS. Saremmo curiosə di sapere come hai trascorso il periodo di pausa dopo il rilascio. Hai avuto modo di mettere ordine nei tuoi pensieri o di scoprire qualcosa di nuovo che ti ha permesso di riflettere su te stesso? Mi pare fosse la prima volta che potevi effettivamente fare una pausa e guardarti intorno.
Jimin: Ho cercato di concentrarmi sulle mie ‘sensazioni presenti’. Mi sono appuntato tutto ciò che provavo in ogni istante – il più accuratamente possibile – perché avevo paura quelle sensazioni sarebbero andate perdute, altrimenti. Sentivo di dover conservare quei momenti. Di fatto, negli ultimi anni, i BTS ed io abbiamo affrontato molti cambiamenti. Restando insieme, siamo riusciti a farci forza e a superare tutto, quindi ho pensato che annotare ciò che provo e penso potrebbe tornarmi utile la prossima volta che incontrerò sfide ed ostacoli simili. In parole povere, è stato un periodo in cui ho potuto riflettere su come mi sentissi – specialmente su ciò che mi rendeva felice o ciò che, in passato, mi aveva portato all'esaurimento. ⠀ Che cos'è che ti rende felice? Sentiti libero di rispondere qualsiasi cosa, ma sono sicurə ə ARMY saranno ə primə cui penserai.
Jimin: Ovviamente la risposta è "ə ARMY", ma sono veramente le persone che mi rendono l'uomo più felice sulla Terra (ride). Siamo sempre statə insieme, nella gioia e nella sofferenza, affrontando diverse vicissitudini. Inoltre, un'altra piccola gioia della mia vita è trascorrere del tempo con gli amici – ed è anche il mio unico passatempo.
Il 13 gennaio, prima che uscisse il 2° Volume di <W Korea>, hai fatto squadra con Taeyang dei BigBang e hai rilasciato ‘VIBE’. Avete un fascino ed uno stile diverso, ma in fin dei conti siete riusciti a trovare qualche punto di contatto. Innanzi tutto, siete entrambi noti per essere veterani di una boy band, abili sia nel canto che nel ballo. Ed il pubblico trova entrambe le vostre voci siano acute e nostalgiche, oltre che solide nelle note più alte.
Jimin: Taeyang è il mio idolo. Possiamo tranquillamente dire che lavorare con lui sia sempre stato un mio obiettivo e desiderio. È fin da quando ero piccolo che lo seguo e ho imparato molto da lui. Quindi, sì, quando ha menzionato la collaborazione, mi sembrava troppo bello per essere vero. Lavorando a stretto contatto con lui, ho scoperto che è ancor più incredibile di quanto già lo considerassi. Sono rimasto anche molto colpito e grato per come si è occupato di ogni più piccolo dettaglio, durante tutto il processo creativo. Lavorare insieme a lui ha rinvigorito il mio desiderio di diventare un cantante e performer fantastico. ⠀ Leggendo la tua intervista con Weverse Magazine, rilasciata intorno all'uscita di Proof, menzionavi l'intenzione di lavorare a stretto contatto dei vostri produttori e di provare tante cose nuove. Ora che stai lavorando con costanza alla tua musica, ti sembra di aver realizzato quelle tue idee, o sono diventate ancor più complesse?
Jimin: Sto lavorando con vari produttori e chiedendo loro molte impressioni, e mi sto divertendo un sacco. Più andavo avanti col lavoro e meglio era. Ora capisco perché gli altri membri mi hanno sempre consigliato di scrivere canzoni. Tuttavia, scrivere brani basati sulle emozioni provate in passato è tutta un'altra storia. Non è stato tutto rose e fiori (ride). ⠀ Hai trovato una risposta alla domanda - ‘Cos'è che desidero di più?’ - che darà il la alla tua avventura solista?
Jimin: Temo di non aver trovato una risposta completa e definitiva. Credo non esista migliore risposta di ‘Voglio continuare con ciò che sto facendo ora, solo meglio ed il più a lungo possibile’. È proprio per quello che cerco di guardarmi indietro e di rifletter su ciò che ho provato in passato.
Parlando della tua performance ideale, hai detto che vorresti mostrare tutto di te nella migliore forma possibile. Al di là della musica e dell'esibizione in sé, vorresti trasparisse il tuo lato più audace, sexy ma anche tutta la tua tenerezza. Dare il meglio di sé ed essere un perfezionista sembrano due cose simili, ma sono diverse. Credi sia possibile raggiungere la perfezione se ci si spinge al massimo – sia fisicamente che mentalmente – e si dà letteralmente tutto di sé?
Jimin: Forse suonerò un po' estremo, ma sono convinto la cosa più importante siano i risultati. Ciò che si può ottenere quando si dà il massimo e ciò che si prova nel raggiungere tali risultati non ha proprio paragoni. Per riuscire ad ottener il miglior risultato possibile, bisogna concentrarsi su un obiettivo, ed un obiettivo soltanto, e mettere tutto il nostro impegno.
Diventare il responsabile di progetto per il vostro album speciale BE e lavorare alle tue canzoni individuali saranno sicuramente state esperienze utili, in previsione del tuo album solista. La tua prima canzone totalmente auto-prodotta è stata ‘Promise’, che hai pubblicato su Soundcloud. Quando, la scorsa estate, ho intervistato j-hope, lui ha detto che riascoltare le sue vecchie mixtape gli è stato utile per mettere ordine nei suoi pensieri, prima di dedicarsi al suo album solista. Tu che ne pensi?
Jimin: A dire il vero, per me è stato più difficile iniziare questi progetti (ride). Ho scoperto quanto può essere divertente e piacevole, ma non è affatto facile scrivere testi che possano arrivare al cuore e alla mente di tuttə. Cioè, provo ancor più rispetto per gli altri membri, ora. Credo di essermi un po' lasciato trasportare da emozioni e desideri contrastanti, dal proposito ed entusiasmo di fare e, al contempo, dai dubbi sulle mie effettive capacità.
Sono in moltissimi a definire le tue performance di una bellezza eccezionale. Siamo tuttə curiosə di scoprire quali sono stati gli ‘esordi di Jimin’. Quand'è che il giovane Jimin ha conosciuto la danza? Qual è stato il vostro primo incontro? Quello che ha fatto scoccare la scintilla?
Jimin: Ricordo ancora molto chiaramente il mio primo incontro con il ballo. Ero alle medie e stavo chiacchierando con gli amici, di fronte all'aula, quando ho notato le varie attività extra-scolastiche segnate nella bacheca settimanale. Tra quelle, c'era anche la break dance. Io ed i miei amici abbiamo deciso di iscriverci perché pensavamo ci avrebbe resi popolari (ride). ⠀ Com'era Park Jimin a quell'età? Che cosa ti viene in mente se ripensi al vicinato in cui sei cresciuto? Mi piacerebbe riuscire ad immaginarti com'eri allora.
Jimin: Ricordo bene il quartiere e la zona intorno alla mia vecchia scuola. Credo la mia attività preferita fosse trascorrere il pomeriggio a casa dei miei amici, finita lezione. Un giorno eravamo a casa di uno, quello dopo di un altro. Ci preparavamo del ramen istantaneo e poi uscivamo e scorrazzavamo insieme. Penso sarebbe proprio bello poter tornare a quel periodo. ⠀ Un artista coreano una volta ha detto di aver veramente realizzato quanto sconvolgente potesse essere la musica solo dopo aver acquistato una musicassetta di Michael Jackson, quando era ancora alle elementari. Jackson e la sua musica hanno davvero aperto un mondo a questo bambino che, prima d'allora, conosceva solo filastrocche ed inni. C'e forse un/a qualche artista che ti ha suscitato emozioni simili?
Jimin: Credo anche per me sia stato Michael Jackson. Quanto vorrei averlo potuto vedere dal vivo, quando era ancora tra noi. Sono rimasto anche piuttosto colpito da Chris Brown e Usher, e dalle performance dei BigBang e di altrə artistə K-Pop.
A questo proposito, non possiamo non menzionare i concerti dei BTS! L'enorme folla luccicante come le stelle nel cielo notturno, le grida fortissime, le luci brillanti, le performance straordinarie e l'immensa gioia che si prova... Com'è tornare ad una casa tranquilla e silenziosa dopo un'esibizione così carica di passione? A cosa pensi prima di andare a dormire?
Jimin: L'eco delle grida mi accompagna costantemente, da quando scendo dal palco fino a quando rientro in hotel e mi addormento — continua a ripetersi nelle mie orecchie. A volte, a fine performance, provo questo brivido davvero speciale. Non si tratta di una sola sensazione, come il senso di vuoto o di un'emozione in particolare, ma di tante che mi riempiono tutto d'un tratto. Mi sento quasi sopraffare da tutte queste sensazioni, ma poi svaniscono quando mi metto a letto. Di fatto, ciò che resta sono poi solo le sensazioni ed i ricordi positivi, quindi provo subito nostalgia del palco. Vorrei veramente tornare a fare concerti con gli altri membri.
Nel corso della tua carriera, hai mai pianto – che sia quando eri un trainee o dopo il debutto? Se tu potessi dire qualcosa al Jimin del passato, cosa sarebbe?
Jimin: Oh, ho pianto un sacco di volte quando ero esausto, stanco e non sapevo cosa fare. Ma non credo di aver niente da dire al me stesso di allora. Se sono qui oggi è perché ho affrontato tutte quelle prove (ride). ⠀ Quale credi sia la tua qualità migliore? Ho fatto la stessa domanda a j-hope e lui ha risposto che sa essere accogliente.
Jimin: La curiosità? Fin da quando ero piccolo, sono sempre stato molto curioso. Quando non capivo qualcosa o volevo sapere di più, dovevo trovare risposte a tutti i costi. Ciò non significa, però, che io sia una persona poi così diligente (ride). Le cose cui ero così interessato non erano che sciocchezze, in fin dei conti. ⠀ C'è forse qualche parola di conforto che ti è rimasta impressa? A volte, anche non fossero pensate per consolare, ci sono parole che sanno scaldarci il cuore.
Jimin: Ce ne sono un sacco. Ogni singolo giorno, ə fan mi dicono delle cose bellissime che non credo di meritare. Poi penso al mio manager quella volta che si è scusato dicendo che gli spiaceva non poter provare le sofferenze che ho attraversato io e che poi mi ha abbracciato, proprio quando ne avevo più bisogno. Lo staff che ha pianto insieme a me, gli amici ed i parenti che sono venuti a tenermi compagnia senza neppure il bisogno di dire niente. Sa? Ricordo ognuno di questi momenti. E poi ci sono tutte quelle occasioni in cui provo tanta forza ma anche tanti sensi di colpa – ed è quando i membri mi dicono ‘Stai tranquillo, va bene così’.
Qualcosa del 2022 per cui senti di poterti fare i complimenti?
Jimin: Quella volta che sono andato dai membri e ho detto che, per un po', sarei stato irraggiungibile. Loro sono stati fantastici, pieni di parole di conforto e consiglio e mi hanno trasmesso la forza necessaria per lavorare al mio album solista. Quindi vorrei cogliere quest'opportunità e farmi i complimenti per aver preso l'iniziativa ed essere stato io il primo ad andare dai ragazzi, in un momento in cui mi sentivo smarrito. ⠀ Perché ti sentivi smarrito? Credevi forse l'amore ricevuto fosse più di quel che ti meritassi? O eri combattuto sul da farsi, visto tutto il successo ottenuto dal gruppo? O forse, ancora, era un senso di frustrazione per l'assenza di performance durante la pandemia?
Jimin: Credo fosse per tutte e tre queste cose. Non ci è dato sapere perché ci sentiamo smarriti. Forse, dopo un po' di tempo, ne realizziamo il motivo, ma sul momento non abbiamo risposte precise. Credo, nel mio caso, stessi semplicemente cercando di uscire da quella situazione. Un'ansia tira l'altra e io, invece di affrontarle, cercavo di non pensarci ed evitarle. ⠀ Di che cos'è che senti maggiore bisogno, ora?
Jimin: Tempo. Ho bisogno di tempo per concludere in bellezza i miei 20 anni, prepararmi per i 30 e poi trovare la direzione da seguire da quel momento in avanti. E poi vorrei avere più tempo per finire il mio album e divertirmi con gli amici. Vorrei davvero avere più tempo.
Prenditi un secondo e cerca di figurarti come sarà il tuo futuro. Come lo immagini o come vorresti essere, in futuro?
Jimin: Vorrei essere una persona che sa prendere le cose più alla leggera. Se vuoi mantenere una certa compostezza sul lavoro, devi esercitarti. Se vuoi trovare la serenità, devi avere una mente forte e ciò significa anche che la realtà che ti circonda dev'essere solida e stabile. Vorrei diventare una persona capace di realizzare tutto questo. ⠀
Se togliamo tutto il bagaglio della superstar globale, del membro dei BTS, tutta la pubblicità e lo splendore dello spettacolo, chi è in realtà Park Jimin?
Jimin: Un amico un po' imbranato, sempre in tuta, che adora bere del soju in compagnia dei suoi amici presso i Pojangmacha (* le bancarelle di cibo/bevande).
⠸ ita : © Seoul_ItalyBTS ⠸
📽 JIMIN x W Korea x Dior : film IG ; Eye contact
#Seoul_ItalyBTS#TradITA#Traduzione#Intervista#Editoriale#BTS#방탄소년단#지민#WKorea#Dior#JIMINxWKorea#JIMINxDior#ParkJimin#박지민#200123
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Cena della Stella Mercedes: 100 invitati, amicizia, fiducia e solidarietà ai bimbi della Casa grande di Giz.
"Non sappia la tua sinistra ciò che fa la destra". Vangelo secondo Matteo: quando ciascuno di noi, ricco o bisognoso, fa un gesto generoso nei confronti del prossimo meno fortunato deve restare nell'ombra. Matteo continua: "non suonare la tromba come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade per essere lodati dagli uomini. In verità vi dico il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà".
Sono passati secoli, il mondo è mutato, ribaltato, si sono raggiunti traguardi inimmaginabili, si programmano viaggi-vacanze sulla Luna, su Marte ma, paradossalmente, incredibilmente, disumanamente aumentano uomini, donne, anziani, famiglie, soprattutto bambini sempre più bisognosi di "mani destre" che aiutano. Troppo spesso Stati, Nazioni, Governi, partiti, politici che dovrebbero provvedere, risolvere, sono assenti, lontani. Per dirla col Manzoni sempre "in tutt'altre faccende affaccendati". Sinagoghe e Palazzi di vetro continuano ad ospitare ipocriti. Per fortuna sulla terra, oggi come ieri, non cresce solo gramigna. Lentamente, ma qualcosa sta cambiando.
Promuovere, dare una mano nei modi giusti, anche visibilmente a chi ne ha bisogno, rendendo noto, pubblicizzando ..... non turba, non è peccato. Anzi. Ci sono persone, pubblici amministratori, imprenditori, aziende, marchi, professionisti, società, medie, piccole, anche internazionali, artigiani, scienziati, agricoltori, tanti privati, artisti, campioni, leader, gente comune che non stanno più fermi, aiutano, producono per se e per gli altri. Studiano, organizzano meeting, fiere, inaugurano, partecipano a manifestazioni culturali, musicali, artistiche, sportive. Offrono fondi, raccolgono, aiutano, danno una mano, ossigeno, speranza a chi ne ha bisogno.
Anche in Riviera sono stati e continuano ad accendersi riflettori nel campo solidale e sociale. Tante iniziative locali come il Barrel On the Beach-Baudino o i Tabaccai di Taggia nel ricordo di Anna Rosa, solo per citarne alcune. Anche importanti sigle nazionali come Conad ed internazionali a partire dalla Mercedes-Benz, concessionario Gino S.p.A -Cuneo, Cascina Malaspina. Proprio in questi giorni nei saloni, show room e tecnologica officina della filiale aperta dalla casa automobilistica di Stoccarda ad Arma di Taggia, diretta da decenni con successo e vendite record da Stefano Morbidelli, è stata organizzata la "Cena della Stella", in collaborazione con "La Casa grande di Giz", associazione di volontariato nata a dicembre 2021 per aiutare bimbi autistici. Bambini con disturbi del neurosviluppo, fragilità neurocognitive e psichiche, disturbi del movimento nelle diverse fasi della vita e le loro famiglie anche per quanto riguarda l'elevato carico sanitario, sociale ed economico.
Fondatore e presidente è Giacomo Casagrande, meglio conosciuto come "Mino", nonno coraggioso, instancabile, determinato, pronto a sacrifici per la sua famiglia ed aiutare chi ha bisogno. "Con La Casa grande di Giz - ha spiegato - ho voluto assicurare il futuro a mio nipote Giacomino appena gli è stato diagnosticato, purtroppo, un ritardo cognitivo e, nello stesso tempo, dare una mano a tutte le persone che si trovano ad affrontare questo delicatissimo problema e non sanno a chi rivolgersi, come affrontarlo, curarlo nel modo migliore possibile. Le porte della Casa grande di Giz sono aperte a tutti. A chi economicamente può e a chi non può. Tutti da noi troveranno aiuto, medici, infermieri, volontari. A questo sogno, a questa struttura ho voluto dare il mio cognome, diviso a metà "casa grande", unito alle iniziali di mio nipotino Giacomo, "Giz". Abbiamo iniziato in un mini locale di Via Flora, ad Arma, ai primi di gennaio del 2022 con soli due bimbi. Dopo 7 mesi, ad agosto, ne curavamo già 35. Oggi il numero è aumentato così tanto e così in fretta che è stato necessario trovare una struttura più ampia. Sono cresciuti pure i costi, il numero di medici, specialisti, tecnologie, aiuti necessari per chi non ha sufficienti mezzi economici. Non è facile, ma ce la stiamo facendo grazie ad enti, persone generose che capiscono, che hanno cuore. Venendo a conoscenza della nostra missione e serietà, ci danno sostegno, forza, coraggio per poter continuare ad aiutare sempre più bambini, famiglie che da soli non potrebbero farcela".
L'unione tra pubblico, privato, volontariato e la virtù teologale della carità per chi è credente, sta facendo miracoli. I bimbi assistiti ad Arma da "Giz" ne sono la prova: da 2 che erano all'inizio oggi sono già un centinaio. E il telefono 348 7292946 continua a squillare.
La "Cena della Stella", iconico marchio Mercedes, organizzata splendidamente da Gino e Morbidelli e' stata un successo. Cento invitati, a partire dal sindaco di Taggia, l'architetto Mario Conio e signora, il Presidente ad interim della Regione Liguria, Alessandro Piana, il generale dei Carabinieri Luciano Zarbano, leader della lista civica "Imperia senza padroni", il sindaco di Santo Stefano al Mare, Marcello Pallini, tanti noti imprenditori, Silvano (edilizia), Fera (costruzioni) o Raffaele Fasuolo (Fun seven Bikes s.r.l.), per citarne alcuni. Oppure Francesco Barlaam, il più longevo e noto tassista di Sanremo (in pensione) primo cliente Mercedes quando il Concessionario Gino il secolo scorso, con Stefano al timone, ha aperto il punto vendite, tanti liguri, anche stranieri, francesi, professionisti, medici, tecnici, sportivi, artigiani, operatori turistici, impiegati, insegnanti, eleganza, musica, cordialità, forte interesse per i bolidi esposti, i nuovi modelli, l'intero catalogo della Stella, grande solidarietà per " La Casa grande di Giz", sempre aperta a chi bussa alla sua porta.
La cena-evento si è conclusa nel migliore dei modi, strette di mano, brindisi, sorrisi, commozione, qualche lacrima e la consegna, da parte della Mercedes di un assegno, un contributo di 1.500 euro alla "Operazione Mino" ed alle centinaia dei suoi piccoli ospiti, bisognosi di assistenza e solidarietà. Applausi sentiti e meritatissimi a volontari e specialisti che li assistono con grande umanità aiutandoli a crescere, a vivere meglio. "La nostra azienda - ha dichiarato con legittimo orgoglio Stefano Morbidelli - da tempo è attenta al sociale e questo incontro, questo abbinamento con il mondo di Giz, poter aiutare bambini e le loro famiglie, ci è sembrato il modo migliore per ringraziare la fiducia e la fedeltà dei nostri sempre più numerosi ed affezionatissimi clienti".
Roberto Basso.
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GEORGE HARRISON
«Vivo nel mondo materiale, non so dire che cosa ci faccio qui ma spero di vederci più chiaro dopo aver vissuto nel mondo materiale». Sono versi di George Harrison, l'attacco della canzone che dà il titolo al suo secondo album del dopo-Beatles, pubblicato nel 1973. Frasi che, forse, racchiudono il senso più profondo dell'esistenza di questa rockstar dedita alla ricerca spirituale.
Due mondi opposti, apparentemente inconciliabili. Da una parte lo star system, dove contano celebrità, denaro, successo a tutti i costi, dall'altra l'universo dello spirito al quale si accede con umiltà, pazienza, con lo sguardo rivolto più al mondo interiore che a quello esteriore. Ma non è forse la condizione di chiunque intraprenda un simile cammino, quella di anelare alla dimensione spirituale e di trovarsi tutti i giorni a fare i conti con un "mondo materiale"? Certo fu il destino di Harrison.
video Within You Without
While my Guitar Gently Weeps, live 1987
My Sweet Lord- Concerto per il Bangladesh 1971 Vedi tutti » Quel ragazzo che a soli 23 anni, con il mondo ai suoi piedi nel pieno della beatlemania, di ritorno da un primo viaggio dal Kashmir a Benares, confidò ad un amico: « Avrei rinunciato a tutto per essere un monaco che attraversa l'India da un confine all'altro». Era sincero. Ma in quei giorni stava per uscire "Sgt Peppers's Lonely Heart Club Band", uno dei più grandi album della storia del rock. Che la sua testa fosse da un'altra parte lo testimonia il suo modesto contributo: una sola canzone, seppure straordinaria, come "Within You Whitout You". Gli ipnotici, magici arabeschi ricamati con il sitar e un testo che parla dell'incomunicabilità, delle illusioni, della solitudine umana per concludersi con mistiche parole di speranza. « Quando riesci a vedere al di là di te stesso, allora puoi trovare la pace interiore che sta aspettando e verrà il tempo in cui capirai che siamo tutti uno e la vita scorre dentro te o senza di te».
George, il beatle gentile, figlio di un conducente di autobus, era diventato uno dei Fab Four, idolatrato da folle sconfinate da una parte all'altra del pianeta, si era sposato con la bellissima top-model Pattie Boyd e aveva finito per accorgersi, non ancora 24enne, che tutto questo, nella vita, contava solo fino a un certo punto. Una conclusione che potrebbe trarre un uomo in crisi, magari dopo un colossale fallimento, ma che è quasi incredibile in un ragazzo che ha appena conquistato fama, ricchezza, successo a livelli planetari. Con il mondo che lo adorava, George voleva andare alla ricerca della sua anima…
Il movimento hippy era appena nato e i quattro di Liverpool erano dei nel pantheon dei figli dei fiori. Le religioni orientali stavano per diventare una moda per molti ma, per Harrison, la scoperta di tutto questo fu qualcosa di molto più profondo. L'incontro con Ravi Shankar non solo cambiò la sua vita di musicista ma gli fece conoscere un universo che stava cercando, anche se ancora non lo sapeva.
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