#Mauro Scarsi
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pier-carlo-universe · 25 days ago
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Cuspo Scherma: Verso la Prima Prova Regionale Gran Premio Giovanissimi ad Alessandria
Dopo la trasferta di successo in Veneto, il Cuspo si prepara per l’evento casalingo con oltre 200 giovani atleti
Dopo la trasferta di successo in Veneto, il Cuspo si prepara per l’evento casalingo con oltre 200 giovani atleti. Il settore scherma del Centro Universitario Sportivo Piemonte Orientale (Cuspo), guidato dalla Maestra Alice Cometti – anche presidente del Cuspo – ha recentemente partecipato con successo alla Gara Master a Zevio (VR), evento che ha visto oltre 600 atleti in competizione. Tra i…
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ballesterajedrez · 6 months ago
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SEMI RÁPIDO SABATINO - ABRIL 2024
Felicitaciones Anna Scarsi, ganadora del IV Semi Rápido Sabatino del CAVB de abril con puntaje ideal de 5 / 5 Pts., fue escoltada por Mauro Ponce Caler con 4 Pts. y Roberto Edgar con 3.5 Pts. en segundo y tercer lugar respectivamente.
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scienza-magia · 4 years ago
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Il 60% delle acque Italiane sono chimicamente inquinate
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Dagli antibiotici ai pesticidi: ecco la chimica che inquina il 60% delle acque italiane. Anche microplastiche e creme solari: tante le sostanze e i composti chimici di quotidiano utilizzo che inquinano i corpi idrici. Un dossier di Legambiente fotografa l'inquinamento industriale.
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Il fiume Seveso (foto: Mauro Lunardi, via Wikimedia Commons) Nei giorni del lockdown abbiamo visto le acque più limpide, dai fiumi alla Laguna. Ma cosa c'è che le inquina? E con quali impatti su salute e ambiente? Il dossier di Legambiente dal titolo "H2O – la chimica che inquina l’acqua" (qui il .pdf) fa il punto sulle sostanze inquinanti immesse nei corpi idrici, con numeri, dati e un focus dedicato alle sostanze emergenti: tra queste fitofarmaci, farmaci a uso umano e veterinario, pesticidi di nuova generazione, microplastiche. Sono 46 le storie raccolte a testimonianza della contaminazione. Lo sversamento incontrollato In Italia circa il 60% dei fiumi e dei laghi non è in buono stato e molti di quelli che lo sono non vengono protetti adeguatamente. Su dati del registro E-PRTR (European Pollutant Release and Transfer Register), l’associazione ambientalista calcola inoltre che dal 2007 al 2017 gli impianti industriali abbiano immesso, secondo le dichiarazioni fornite dalle stesse aziende, ben 5.622 tonnellate di sostanze chimiche nei corpi idrici. Acque inquinate d'Italia: il dossier di Legambiente Alla vigilia della Giornata mondiale dell’Ambiente, l’associazione ricorda che la corretta gestione e la cura della risorsa idrica devono essere una priorità del Paese insieme alle bonifiche e al rafforzamento della Direttiva Quadro Acque per mantenere gli obiettivi, senza nuovi slittamenti e sotto la revisione degli Stati membri. E
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lancia un appello al Governo, affinché una parte considerevole dei mille miliardi di euro stanziati dall’Ue per le politiche ambientali e climatiche finanzi il Green New Deal italiano per favorire il recupero dei ritardi infrastrutturali, l’adeguamento ed efficientamento degli impianti di depurazione e della rete fognaria e acquedottistica, gli interventi di riduzione del rischio idrogeologico. "Per anni utilizzati come discariche dove smaltire i reflui delle lavorazioni industriali, i nostri fiumi, laghi, acque marino-costiere e falde sotterranee sono stati contaminati da scarichi inquinanti: ma oggi, alle minacce di ieri se ne aggiungono di diverse e non meno insidiose". L'obiettivo, in questa Fase 2 che vede ripartire la gran parte delle attività, è imporre una ripartenza diversa. A cominciare delle industrie che continuano a perseguire metodi e attività incompatibili con la tutela dell’ambiente e delle risorse idriche in particolare, come dimostrano casi ancora aperti quali gli sversamenti illeciti nel fiume Sarno, in Campania, il più inquinato d’Europa, o quello del bacino padano, area di maggiore utilizzo europeo di antibiotici negli allevamenti, i cui residui si ritrovano nelle acque. I laghi dei veleni alle pendici del Vesuvio: il videoreportage sull'inquinamento del Sarno "La riapertura delle attività produttive – commenta Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente – ci ha restituito in diverse situazioni anche la riattivazione di scarichi inquinanti nelle acque. Un fenomeno che ha un impatto notevole su corpi idrici in molti casi già compromessi da decenni di inquinamento e oggi minacciati anche dalla presenza dei nuovi 'contaminanti emergenti', un rischio per la salute, oltre che per l’ambiente. Di certo non può essere il lockdown la misura per restituirci acque limpide, ma ora che abbiamo tutti visto come sia possibile ritornare ad avere fiumi e laghi puliti, occorre puntare sulle giuste politiche e misure a livello nazionale fin da questa fase di ripartenza".
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"Servono un sistema di controllo e monitoraggio sempre più accurato e uniforme su tutto il territorio nazionale e un’azione di denuncia degli scarichi illegali. - prosegue Zampetti - Per questo abbiamo deciso di iniziare a raccogliere le segnalazioni sugli scarichi inquinanti da parte delle persone che continueranno ad essere sentinelle sul territorio. Le storie che abbiamo raccolto in questo dossier ben ci raccontano le pratiche legali e illegali che tutt’oggi continuano ad avvelenare acque, persone e territori. Condotte che non sono più tollerabili, specie in settori che dovrebbero essere protagonisti di una nuova fase di transizione ecologica”. La Direttiva Acque e gli obiettivi mancati "Il raggiungimento di una buona qualità ecologica e chimica dei corpi idrici in Europa, che la Direttiva Quadro Acque (2000/60/CE) aveva fissato al 2015, non è più procrastinabile – dichiara Andrea Minutolo, responsabile scientifico di Legambiente –– Diverse le cause del mancato conseguimento dei risultati, tra cui gli scarsi finanziamenti erogati, un’attuazione troppo lenta della direttiva da parte degli Stati membri e un’insufficiente integrazione degli obiettivi ambientali nelle politiche settoriali. L’Italia, da questo punto di vista, è in forte ritardo. La piena attuazione della Direttiva Acque, peraltro, è fondamentale per contrastare i cambiamenti climatici: serve a migliorare lo stato ecologico dei corpi idrici, restituire spazio ai fiumi, mitigare il rischio alluvioni ed evitare alterazioni dei corridoi fluviali rispettando la naturalità. Per una ripartenza post-Covid, occorre che anche le aziende facciano la loro parte”. L'effetto cocktail
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L’Ue ha individuato inoltre 45 sostanze prioritarie che rappresentano un "rischio significativo per l’ambiente acquatico o proveniente dall’ambiente acquatico" che gli Stati membri sono tenuti a monitorare: per lo più nelle nostre acque se ne individuano due famiglie, sostanze organiche e metalli pesanti, immesse tramite i processi produttivi o gli impianti di depurazione delle aree urbane. Non meno impattanti, ma considerati emergenti, sono invece le migliaia di contaminanti cui Legambiente dedica un capitolo a parte: inquinanti dai potenziali effetti avversi su salute e ambiente stimati in oltre 2.700 in commercio, in gran parte non regolamentati. Tra questi, fitofarmaci, farmaci a uso umano e veterinario, pesticidi di nuova generazione, additivi plastici industriali, prodotti per la cura personale, nuovi ritardanti di fiamma e microplastiche. Sostanze magari presenti nelle acque in piccole concentrazioni, ma che interagendo per molto tempo possono creare un 'effetto cocktail'. Allarme pesticidi
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Sono 130 mila all’anno, invece, le tonnellate di pesticidi usate nella filiera agricola italiana: secondo l’Ispra, quantità significative di principi attivi e metaboliti di questi fitofarmaci si ritrovano in acque superficiali (67%) e sotterranee (33%), evidenziando la correlazione fra chimica nelle filiere tradizionali e impatti negativi sul sistema idrico, come sostenuto da sempre anche da Legambiente. Altro rischio sanitario deriva dai contaminanti nelle attività agrozootecniche: una ricerca pubblicata da The Lancet nel 2018 rivela che in Italia avviene un terzo delle 33 mila morti annue nell’Ue da infezioni da Amr (agenti resistenti agli antimicrobici). Nel 2019 l’Agenzia Europea del Farmaco ha evidenziato un uso di antibiotici sproporzionato nei nostri allevamenti: 1.070 tonnellate all’anno, il 16% dei consumi Ue, con il bacino padano area di maggiore utilizzo europeo.
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La mappa dei casi italiani di acque inquinate non è affatto rassicurante. Il dossier fotografa casi che da decenni aspettano bonifiche e riqualificazioni. Partendo da Porto Marghera in Veneto, primo sito nazionale da bonificare individuato nel 1998, passando per la Sardegna con il forte inquinamento da metalli pesanti nella zona industriale di Portoscuso e quello da sostanze organiche, solventi clorurati e idrocarburi nella zona industriale di Porto Torres, per arrivare in Sicilia, a Milazzo, Gela, Augusta Priolo e Melilli, devastate dalle industrie del petrolchimico. In mezzo, tanti altri siti d’interesse Nazionale: dalla laguna di Grado e Marano in Friuli alla Caffaro di Brescia in Lombardia; dai siti toscani di Piombino, Livorno e Orbetello a quelli marchigiani di Falconara Marittima; dalla Valle del Sacco nel Lazio ai siti pugliesi di Brindisi, Taranto e Manfredonia. Tutte aree dove IPA, PCB, metalli pesanti, diossine, pesticidi e idrocarburi hanno portato a problemi sanitari oltre che ambientali. E ancora, la Campania, con l’inquinamento del fiume Sarno e delle falde del Solofra, e la Terra dei Fuochi; la contaminazione del lago Alaco in Calabria, quella delle acque potabili dei comuni metapontini in Basilicata, del lago d’Orta in Piemonte o dell’acquifero del Parco Nazionale del Gran Sasso, in Abruzzo, dove Legambiente è parte civile nel procedimento penale in corso. L'emergenza Pfas
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Sono solo alcune delle decine di casi segnalati nel dossier, che si avvale dell’apporto dei circoli locali e regionali di Legambiente. Come per il focus sui pesticidi e sul glifosato in Emilia Romagna. O, ancora, per gli approfondimenti sull'inquinamento da Pfas (composti chimici che rendono le superfici trattate impermeabili ad acqua, sporco e olio), con i casi della provincia d’Alessandria, dove è in fase di autorizzazione un progetto che prevede l’utilizzo di una nuova sostanza (cC604) dagli effetti potenzialmente dannosi in un’area in cui “l’eccesso di ricoveri e di mortalità è segnalato da anni”; del Veneto dove l’inquinamento da Pfas è storicamente dovuto allo scarico di un’industria chimica e interessa le province di Vicenza, Verona e Padova, minacciando la salute di 300 mila persone; della Lombardia, dove l’Arpa ha rilevato Pfas in tutti i bacini della pianura. Le proposte di Legambiente Oltre all’appello al Governo, l’associazione ambientalista rilancia alcune sue proposte. Secondo Legambiente, le microplastiche devono rientrare tra i criteri di valutazione del buono stato delle acque interne. Serve, inoltre, dare spazio all’innovazione tecnologica e ridurre drasticamente l’uso di sostanze di sintesi pericolose in agricoltura. Per farlo occorre approvare i decreti attuativi della Legge 132/2016 che ha istituito il Sistema Nazionale a rete per la Protezione Ambientale (Snpa), consentendo di potenziare, uniformare e migliorare i controlli sul territorio incidendo sulla prevenzione dall’inquinamento. Read the full article
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fondazioneterradotranto · 5 years ago
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Nuovo post su https://is.gd/2H0raE
Racconti| La macchia blu. Una falsa storia vera (cap. IV)*
di Alessio Palumbo
Capitolo IV
  Passarono una decina di giorni scarsi e una mattina, mentre assonnato a causa della notte passata in bianco per il caldo si trovava ancora nell’altare di san Nicola per rinfrancarsi con un po’ di frescura, udì i cardini del portone della chiesa cigolare e nuovi passi veloci e leggeri susseguirsi sulla navata. Non poteva essere il servitore che era andato via da poco e neanche da giovane si era mosso con tanta agilità.
Si affacciò sulla corta navata del vecchio tempio e vide con sconforto la vedova Resta avanzare con la sua andatura spedita. Rassegnato le andò incontro. Si incontrarono all’altezza del confessionale di sinistra e don Celestino fece cenno alla donna di accomodarsi sull’inginocchiatoio
“Non voglio confessarmi” disse lei decisa
“Ah. E che volete?”
“La voce è tornata”
Don Celestino allargò le braccia
“Questa notte?”
“Si questa notte e anche le notti prima”
“E perché non siete venuta a dirmelo?”
“Perché voi non mi credevate papa”
“E bene? Cosa volete ora? Perché siete venuta a parlarmi di nuovo di questa voce?”
“Perché stavolta ho visto anche l’anima in pena che piange e si lamenta”
Don Celestino la squadrò dall’alto. Cercò di leggerle sul volto i segni della demenza, ma la vedova Resta pazza non era o almeno non lo sembrava. Appariva sicurissima di quel che diceva e, cosa più degna di nota, per nulla impressionata.
“In che senso l’avete vista?”
“L’ho vista, l’ho vista. Era come un’ombra che si muoveva con attorno una luce giallina”
“Finora non avevi mai visto questa luce?”
“Mai. Da quando sono venuta a confessarmi la prima volta, ho trascorso le notti alla finestra. Sentivo di tanto in tanto il lamento, leggero, lontano, ma luci nessuna. Questa notte l’ho vista. È durata poco, ma non la scordo”
“Maria” fece comprensivo “Non è che vi siete addormentata e avete sognato..”
“Cosa sognato? Cosa?” urlò la vedova sollevando le mani al cielo “Io oramai dormo il giorno per poter essere sveglia la notte. Guardate come sono sveglia e lucida, non come voi, papa, che state cascando in piedi”
“Calma Maria, calma. Non vi agitate”
“Ora dovete venire a benedire la casa dei Mauro”
“Come la casa dei Mauro?” chiese sorpreso il prete
“E certo. L’anima non sta in casa mia, ma nella casa che era di donna Petronilla Mauro e che sta addossata alla mia”
“Ma non ci abita nessuno?”
“No. Donna Petronilla è morta parecchi anni fa e il figlio mi sa che andò a stare dal padre che era del capo di Leuca”
“Ho capito. Ma come facciamo ad entrare in casa dei Mauro se non c’è nessuno”
“La benedite dalla finestra di casa mia” rispose netta la vedova che non aveva nessuna voglia di continuare quella discussione. “Vi aspetto stasera dopo la funzione. Sia lodato Gesù Cristo”
“Oggi e sempre sia lodato” rispose confuso il cantore.
La vedova uscì e don Celestino tornò sulla sua sedia nell’altare di San Nicola. Osservò con sguardo vuoto la porzione di navata che la prospettiva gli consentiva di vedere. Il sole, che in quel momento si trovava alle sue spalle, era alto e la luce che penetrava dalle finestre a forma di bocciolo poste sulla sua testa ne testimoniava l’eccezionale potenza. In quel bagliore giallo, le pareti della chiesa, i suoi arredi, le poche suppellettili spiccavano in tutta la loro miseria. L’umidità chiazzava di verde le vecchie mura; dai finestroni pendevano ragnatele e tracce di infiltrazioni solcavano dall’alto in basso il tempio. Puntualmente i vescovi avevano chiesto all’arciprete di turno di sistemare quel misero tempio, di acconciarlo e renderlo degna della sua funzione. Ma con quali denari? Il paese era povero. La chiesa stessa era povera e a costo di sacrifici si riusciva a tenerla almeno decente in qualche sua parte. Col terremoto del quarantatré si era lesionata e allora l’Università aveva dovuto vendere terre e beni per poterla mantenere in piedi. Del resto era il destino di tutte le chiese del paese. L’Annunziata era crollata più volte e ancora pericolava. Il Crocifisso, poco più di una cappella, era anch’esso ammorbato dall’umidità. Stessa cosa per la Madonna delle Grazie e per quella di Costantinopoli. Per non parlare della chiesa dello Spirito Santo, ancora interdetta. E cosa dire di tutte le chiese che, alcuni dicevano, erano esistite in passato e di cui oramai non c’era più traccia se non in qualche moncone di muro rimasto in piedi o in qualche vago ricordo dei più vecchi che ne avevano sentito parlare dai loro nonni.
Lui stesso se n’era sempre disinteressato. Aveva avuto cura dei propri paramenti, aveva sempre ottemperato con scrupolo al proprio ufficio ed infatti nessun vescovo, in tanti anni, gli aveva mosso il minimo appunto. Però non era andato mai oltre. Ducati ne aveva da parte, ma non li aveva mai spesi per sistemare la chiesa, per donarle un arredo, una tela, una statua.
“Magari in morte” concluse a mezza voce e tornò a leggere il breviario.
A sera, terminata la funzione, pose i paramenti con ordine in una delle casse della sagrestia, prese secchiello ed aspersorio e ritornò nell’aula dell’edificio sacro. Si avviò verso l’uscita e, passando accanto al fonte battesimale, prese un po’ d’acqua dal catino per versarla nel secchiello; ripose la bacinella d’ottone nel fonte e abbandonò il tempio.
Un leggero grecale addolciva l’aria e la luce rossastra del tramonto colorava le pareti delle case intorno al sagrato, omogeneizzandole in un comune tono roseo che camuffava crepe, macchie di umido e segni del tempo. Percorse la stretta via che portava in piazza e, giuntovi, superò la piccola chiesa del Crocifisso che si trovava alla sua destra. Bussò quindi ad una bassa porta di un bel verdone brillante.
“Chi è?”
“Don Celestino”
“Entrate, è aperto”
Il vecchio cantore spinse l’uscio ed entrò. La casa della vedova Resta, come d’altronde la gran parte delle case della gente comune del paese, si componeva di una sola stanza, con la madia, due o tre sedie, il camino in un angolo, stracci appesi ai chiodi e una tenda per celare i letti. La discreta ricchezza che il marito aveva accumulato, anche grazie a lei, la si poteva dedurre da un piccolo mobile lavorato posto in un angolo, con sopra una statua di san Rocco alta due o tre palmi, che al collo portava appesa una catenina d’oro con un anello nuziale. Sicuramente quello del povero Pietro Chiriace.
“Accomodatevi” fece “Di qua” e così scostò la tenda che separava la stanza dalla zona adibita a dormitorio. Accanto al canterano, posto al lato del letto, don Celestino notò una finestra aperta su un giardino.
“Questa l’aprì mio marito buonanima. Dà proprio sul cortile della casa dei Mauro” spiegò la vedova “È da qui che sento le voci. È da qui che ho visto la luce l’altra notte”
Il sacerdote si avvicinò e si affacciò. Il cortile era oramai in ombra. Era una sorta di rettangolo irregolare con due o tre alberi che, alla poca luce residua, ipotizzò essere di limone. Si capiva che era abbandonato da tempo, perché la vegetazione attorno agli arbusti cresceva alta e rigogliosa, coprendone quasi per intero i tronchi.
“Dove avete visto la luce?” chiese don Celestino
“Lì” indicò la vecchia ponendosi accanto, nel ristretto spazio della finestra.
Il dito, corto e nodoso, puntava ad una finestra al secondo piano. Quella parte della facciata dell’edificio era ancora in luce perciò il cantore poté osservarla con attenzione. L’intonaco attorno alla finestra era pressoché caduto. Resisteva solo un piccolo riquadro, abbastanza regolare, proprio sotto l’apertura. L’interno della stanza era celato da una tenda consunta.
“Avete visto la luce nonostante la tenda?” chiese sempre più dubbioso
“Si, ve lo giuro sul sacramento, papa” rispose rapida
“Lasciate stare i sacramenti” rispose un po’ spazientito
“La luce l’ho vista nitida perché la tenda non copre tutta la finestra. Quella è la finestra della vecchia camera da letto di donna Petronilla Mauro. Quando morì lei e la casa venne abbandonata, mio marito aprì questa finestra per fare entrare un po’ di aria e di luce in casa nostra. Non l’avesse mai fatto, pace all’anima sua”
“Va bene” fece accondiscendente don Celestino e, afferrato l’aspersorio, tracciò una croce nell’aria in direzione della casa dei Mauro, recitò alcune preghiere in latino poi si voltò e ripeté il rito a favore nella casa della vedova la quale, una volta zittitosi il sacerdote, si fece il segno della croce.
“Ora cercate di stare tranquilla” le disse “Riposate e non state sempre alla finestra”
Così dicendo chiuse lui stesso lo scuro. Nel farlo sentì però una sorta di fitta alla testa che lo spinse a portarsi la mano a semicerchio attorno alla fronte.
“Che avete papa?”
“Niente, niente. Con i vostri discorsi mi avete rintronato. Cercate di stare tranquilla”
“Me lo avete già detto”
“E allora fatelo” chiuse don Celestino ed uscì.
In piazza alcuni contadini discorrevano animatamente; accanto a loro passò il medico Matteo De Pandis a cavallo di una mula: proveniente dal suo comprensorio di case nel borgo fuori le mura, puntava verso l’abitazione di qualche ammalato o moribondo nel paese. I contadini si levarono il cappello per omaggiarlo.
Don Celestino percorse velocemente lo spiazzo e anche lui fu omaggiato dagli uomini in piazza. Li salutò con un breve cenno della mano. Giunto dal lato opposto si voltò per osservare la casa della vedova Resta. Lo sguardo puntò poi in alto: da lì vedeva, oramai quasi completamente al buio, il lato destro del palazzo dei Mauro e la finestra della camera che era stata di donna Petronilla. Fissò per un breve momento la fenditura nel muro celata dalla tenda consunta e la fitta si ripropose.
“Sono stanco” disse, senza però esserne convinto.
Giunse a casa, mentre per strada uomini e donne prendevano a sedersi vicino agli usci per trascorrere un paio di ore raccontandosi fatti della giornata e dei tempi passati. Sull’ingresso incrociò il servitore che accendeva il lume per rischiarare la misera stanza.
“Ancora insistete ad accendere lumi, con tutte le zanzare che ci sono” lo rimproverò il cantore
“A me le zanzare non mi toccano. Ho il sangue cattivo” rise il vecchio “Ma che avete?” aggiunse incupendosi. “Vi vedo pallido, avete gli occhi affossati. Non vi sentite bene?”
“Dammi una sedia e un boccale di acqua. Mi gira la testa”
“Volete due fichi anche?”
“No, solo da bere”
“Allora state proprio male” pensò il servo versandogli da bere da un otre di creta che aveva accanto al letto. Don Celestino bevve velocemente e si lasciò andare sulla sedia impagliata che il vecchio gli aveva messo vicino
“Cosa avete?” provo a chiedere nuovamente
“Te la ricordi donna Petronilla Mauro?” chiese di rimando il sacerdote
“Certo che me la ricordo” rispose il vecchio che in quelle storie di tempi passati ci scialava “Donne così belle non ne rinascono. Aveva due occhi neri che facevano innamorare. E quanti le fecero la corte prima che si accasasse! Bella e ricca com’era non era pane per gente del posto e infatti don Domenico, il padre, la diede al figlio di un signore del capo di Leuca. Poveretta” sospirò il vecchio dopo una breve pausa “tanto bella quanto sventurata”
“Perché?” chiese il cantore
“Il matrimonio non fu fortunato. Una figlia, Teresa, le morì che era piccolina e non aveva neanche dieci anni. Già allora donna Petronilla sembrò perdere la testa. Poi altri dolori glieli provocò l’altro figlio, Michele, che era uno scapestrato, si azzuffava con tutti i peggiori elementi del paese. Ma del resto la madre lo aveva cresciuto così, gli aveva passato tutti i vizi e tutti i lussi. Quando lei morì, una quindicina di anni fa, il padre lo prese e lo portò con sé nelle terre di famiglia. Abbandonarono tutto: quella bella casa che avevano in piazza, che se la vedete ora vi piange il cuore per come sta cadendo a pezzi, le terre, il mulino. Una fortuna buttata”
“Chi era il marito di donna Petronilla?”
“Don Francesco Letizia di Alessano. Dicono un uomo ricchissimo. Ma perché tutte queste domande su donna Petronilla?”
Il cantore gli raccontò la faccenda della vedova Resta, naturalmente ciò che non era coperto dal vincolo del confessionale.
“È possibile” sentenziò il servitore
“Cosa?” chiese il padrone
“Che l’anima di donna Petronilla Mauro si disperi ancora per la propria sorte. Povera donna. Bella com’era avrebbe meritato un’altra fine, papa”
Il sacerdote si alzò stancamente. L’acqua e le chiacchiere col servo gli avevano fatto passare quella morsa che gli aveva serrato con tanta violenza la fronte. Percepiva però ancora una sensazione di malessere. Forse avrebbe dovuto accettare qualcuno dei fichi che il servitore gli aveva offerto.
“Mi dai un fico?” chiese
“Ora sì che siete tornato in voi. Mi stavate facendo preoccupare” fece l’uomo porgendogli un grosso frutto verde
“Buona notte e grazie” si limitò a dire il cantore iniziando a salire la ripida scala che portava alle proprie stanze
“Buona notte, papa”.
  [*] Illustrazioni di Andrea Palumbo. Ringrazio l’associazione Arataion.it per avermi fornito lo spunto e le basi documentali per raccontare questa vicenda.
Qui i primi tre capitoli:
Racconti| La macchia blu. Una falsa storia vera (cap. I)
Racconti| La macchia blu. Una falsa storia vera (cap. II)
Racconti| La macchia blu. Una falsa storia vera (cap. III)
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viaggiatricepigra · 7 years ago
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Consiglio del Giorno: Sarà sempre guerra
Autore: AA VV a cura di GianFilippo Pizzo Titolo: Sarà sempre guerra ISBN: 9788897823650 Data di pubblicazione: 14 Ottobre 2017 Pagine: 300 Prezzo Cartaceo: 19.00€ Prezzo Ebook: 3.50€ Collana: Cose che voi umani In anteprima a Stranimondi (Milano - 14/15 Ottobre 2017) La Ponga edizioni presenta una nuova antologia della sua collana "Cose che voi umani" dal titolo "Sarà sempre guerra" a cura di GianFilippo Pizzo. Trama Da sempre, la guerra è parte dell’uomo. Lo era nel passato e, per quanto la possiamo percepire come qualcosa di lontano, è parte del nostro presente. Sempre uguali le motivazioni, in continua evoluzione i mezzi tecnici con cui gli uomini sterminano i propri simili. Non importa perché, l’importante è uccidere e farlo sempre meglio. La fantascienza, letteratura d’indagine per definizione, è uno strumento di grande potenza per esplorare una condizione tanto legata alla natura umana. Questo Gian Filippo Pizzo lo sa bene e, forte della sua quarantennale esperienza nel mondo della fantascienza, realizza un’antologia tematica di grande attualità. Gli autori Vittorio Catani, Stefano Carducci & Alessandro Fambrini, Lorenzo Fabre, Dario Tonani, Franco Ricciardiello, Stefano Tevini, Vito Introna, Irene Drago, Giulia Abbate, Gian Filippo Pizzo, Mauro Antonio Migliaruolo, Italo Bonera, Michele Piccolino, Francesco Grasso. Estratti "Il buio li raggiunse dopo due ore di viaggio, quando avevano già superato il ponte di ferro ed avevano raggiunto la pianura. Loro si muovevano prevalentemente di notte, perché vedevano al buio. Pattugliavano le strade in piccoli gruppi e camminavano dondolando, come gli uccelli. Parlavano tra loro in una lingua dai suoni cupi. Sitra Achra.” (Irene Drago) "La guerra va incontro a tutte le esigenze, anche quelle pacifiche. La guerra è il sistema più spiccio per trasmettere una cultura. Dio, com’è bella la guerra con i suoi canti e i suoi lunghi ozi. L’uomo è guerra. Il XXI, il XXII secolo lo sono stati e lo sono più che mai. Come non capitolare al fascino apocalittico della guerra, specie oggi, nel 2130?” (Vittorio Catani) "Il Pantano® è una merda. La più carogna delle merde. Non sono un chimico, sono solo un sottufficiale della Nato, e non saprei spiegarvi che cazzo ci sia dentro quei dannati cilindretti." (Dario Tonani) "Davvero i nostri capi sapevano quel che stavano facendo? Ed era proprio vero stessimo esercitando uno sforzo adeguato a conseguire la vittoria? Quel che al momento era visibile ed evidente a ognuno, era gli scarsi risultati conseguiti. Ogni giorno peggio, ogni giorno una novità negativa, uno schermo di energia che saltava, specialmente nei quartieri popolari, oppure che veniva occasionalmente bucato.” (Mauro Antonio Migliaruolo) from Blogger http://ift.tt/2yJTcR9 via IFTTT
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marikabi · 8 years ago
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Quanti libri avrà letto Trump?
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Buongiorno, cari Lettori di «Orticalab». Voglio essere più gentile, perché m’interessa che leggiate fino in fondo questo editoriale.
Come avete potuto constatare, abbiamo dato molto risalto all'incontro tenutosi sabato scorso alla libreria Mondadori, tra un premiato scrittore per l'infanzia-adolescenza ed un folto gruppo di bambini, nonché al workshop sulla scrittura emotiva per docenti, tenutosi domenica alla libreria L'Angolo delle Storie, sempre con Nino Ferrara.
Entrambi gli eventi hanno riscosso molto successo. Non possiamo che gioire di questo, perché–evidentemente—c'è fame di conoscenza, di competenze, di cultura e di speranza.
Da più parti pensatori, filosofi e uomini di cultura (vorrei anche inserire ‘intellettuali’ nel senso che ne dava De Mauro) di tutto il mondo stanno riflettendo sulla decadenza culturale dei popoli, i quali, invece di prenderne autocoscienza, si sono convinti che evocare l'uomo forte al comando (citatissima la statistica di Ilvo Diamanti su «La Repubblica»), ovvero rinchiudersi nei patri confini possa risollevare le sorti soprattutto economiche delle nazioni occidentali.
Lo scrivono continuamente oltre Atlantico, che l'ascesa dei populismi sempre più truci è effetto della perdita culturale dei cittadini, ma lo scrivono massicciamente solo ora, quando il Trump-pensiero portato al compimento ha fatto avvicinare l'ora dell'Apocalisse (eh sì, hanno titolato proprio così diverse testate statunitensi).
De Mauro—ancora una volta, come sempre—ha avuto ragione. Detta volgarmente, per fottere il sistema bisogna studiare. Non servono le rivolte armate, non serve l'ascesa di nessun uomo forte, non serve la diffusione del pensiero unico (quando tutti attorno hanno le teste vuote per farsele riempire acriticamente) per governare un Paese: ci vuole intelligenza collettiva.
Abbiamo capito che il mercato ci vuole fessi, che i potenti ci vogliono deboli, che i politici ci vogliono poveri e bisognosi, e per renderci manipolabili l'arma più potente è privarci della cultura, prima subdolamente, poi sfacciatamente.
Pensate all'ultima svolta sull'istruzione, la nuova riforma che ammetterà agli esami di stato anche i titolari della media del sei: al netto delle antipatie personali dei professori (chillë/chella mi tienë 'ngopp’ a l'uocchie), immaginate lo scadimento generale della qualità delle preparazioni. Chi avrà più voglia di migliorarsi, studiando per un profitto scolastico migliore? Quale studente non conterà sull'ammissione anche con qualche cinque? E poi ci lamentiamo che siamo scarsi agli INVALSI, che non brilliamo come media di competenze scolastiche nel mondo industrializzato. Che i bravi fuggono dalla Penisola, che i VIP sono gli ebeti dei tronisti, che sempre più politici preferirebbero abolire costituzionalmente il congiuntivo, anziché tutelarlo come presidio di civiltà linguistica.
Basta seguire la banale legge di mercato, che consiste nel dare ai consumatori ciò che essi chiedono, ovverosia per il principio di comodità i consumatori cercano la banalizzazione, senza la fatica di attivare strumenti cognitivi, i quali, come muscoli non usati, decadono.
Diceva Platone che tra un medico ed un pasticcere, la gente avrebbe sempre scelto un pasticcere (il concetto è, infatti, noto come 'la pasticceria di Platone’).
Funziona così che decadono le nazioni. Si smette di sussurrare e si comincia a gridare. Nasce il populismo.
Un popolo 'comodo’ sceglierà sempre un capo che si prenderà la briga di fare il castigamatti con i potenziali defraudatori di ricchezze, ovverosia gli immigrati, da qualunque parte ed in qualunque tempo. Vale oggi per noi Europei contro i popoli subsahariani, come per gli yanquis contro i latinos. Invece di fare la guerra agli accumulatori di denaro. (Gli otto più ricchi del pianeta, posseggono come i 3,6 miliardi di più poveri del pianeta. Vi garba questa cosa? A me manco un po’.)
Leggere e studiare di più e meglio aumenta il senso civico (dimostrandolo dalla differenziata alla diligenza tributaria), impedendo la disonestà e la deriva morale della cittadinanza.
Il mio professore di Filosofia e Storia al Liceo non provocava mica quando diceva che doveva esistere una sola scuola superiore (il Classico per tutti, nella sua bella utopia), anche per chi voleva fare il meccanico o l'agricoltore. L'assunto era semplice: tutti avrebbero dovuto avere gli strumenti cognitivi e culturali migliori per decifrare la realtà e decidere meglio. Sicuramente—diceva—avremmo i migliori meccanici, i migliori agricoltori.
Non è inutile Storia dell'Arte nel Paese più ricco al mondo di beni artistici. Non è inutile il Latino né il Greco per imparare a capire chi ci abbindola. Non è peregrino studiare molta Matematica e Fisica per disimparare a guardarci l'ombelico. Non è una fatica leggere libri.
Si è calcolato che se smettessimo di bighellonare improduttivamente sui social, riusciremmo a leggere circa duecento libri l'anno.
Ma la gente si sta impoverendo! Certo, però è colpa nostra che per comodità abbiamo lasciato fare a chi ci prometteva con facilità aberrazioni che sottintendono l’eliminazione di parte della popolazione, o quantomeno il loro allontanamento, rinchiudendoci in bolle cognitivamente autarchiche, quando—si sa—la cultura è scambio, è accrescimento, è dubbio, è libertà, è cancellazione dei confini (non solo geografici).
Aver letto e studiato di più, ci avrebbe permesso di non ripetere la Storia, specie quando è triste e trista. Aver letto più libri, ci avrebbe vaccinato da Trump e dalle sue decisioni perniciose.
Indubbiamente, egli sta solo eseguendo il suo programma, ma c’è purtroppo gente che davvero ci crede ad un mondo migliore fatto di minacce e divieti, di offese e ignoranza. Tutta gente che non sa chi fosse Platone o Seneca, negli USA come in Europa. Vorrei che una volta e per tutte la smettessimo di dare credito alla folla manzoniana, di abbassare il livello affinché capisca anche l'illetterato, poichè alla fine perdiamo tutti. Non ci deve essere alcun illetterato.
L’avete mai sentito parlare davvero Trump? È abominevole, ha un vocabolario limitato che un esperto ha rapportato ad un alunno di quinta. Chi lo ha eletto, purtroppo, in fin dei conti non è migliore di lui e la colpa è della sempre più poca cultura che circola tra gli umani.
Scuole migliori e più libri è l’unico sistema per salvarci.
©Orticalab
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