#Massimo Colonna
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The dreamlike minimalism of Massimo Colonna
Hailing from the enchanting landscapes of Scandiano, Massimo Colonna has emerged as a leading figure in the realm of digital art , captivating audiences with his unique talent for creating dreamlike, minimalist images.
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The room of the Apotheosis of Martin V, Palazzo Colonna, Rome, Italy,
Massimo Listri Photography
#art#design#interiors#palace#palazzo#palazzo colonna#rome#italy#massimo listri#luxurylifestyle#luxuryhouses#luxuryhomes#style#history#martin V
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Calibro 35 feat. Alan Sorrenti - Ti Chiami Diabolik
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#Calibro 35 feat. Alan Sorrenti#Ti Chiami Diabolik#alan sorrenti#enrico gabrielli#massimo martellotta#fabio rondanini#luca cavina#tommaso colliva#prog funk#diabolik chi sei?#manetti bros#poliziottesco#colonna sonora#soundtrack#2023#Youtube
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Come la postura influisce sul flusso energetico e sulla presenza: colonna eretta e mani giunte nella meditazione sono un binomio perfetto.
#colonna eretta#colonna eretta meditazione#veggie channel#massimo leopardi#postura corretta#meditazione
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👵 Scritto da una 90enne!! ❤️ 🤙
41 lezioni che la vita mi ha insegnato 💖
Dovremmo leggerle almeno una volta a settimana! Assicurati di leggere fino alla fine! Scritto da Regina Brett, 90 anni, del Plain Dealer di Cleveland, Ohio.
Per celebrare l'invecchiamento, una volta ho scritto le 41 lezioni che la vita mi ha insegnato. È la colonna più richiesta che abbia mai scritto. Il mio contachilometri è arrivato a 90 ad agosto, quindi ecco di nuovo la colonna:
1. La vita non è giusta, ma è comunque bella.
2. Quando sei in dubbio, fai semplicemente il prossimo piccolo passo.
3. La vita è troppo breve – goditela.
4. Il tuo lavoro non si prenderà cura di te quando sarai malato. I tuoi amici e la tua famiglia lo faranno.
5. Paga le tue carte di credito ogni mese.
6. Non devi vincere ogni discussione. Rimani fedele a te stesso.
7. Piangi con qualcuno. È più curativo che piangere da soli.
8. Risparmia per la pensione a partire dal tuo primo stipendio.
9. Quando si tratta di cioccolato, resistere è inutile.
10. Fai pace con il tuo passato, così non rovinerà il presente.
11. È OK lasciare che i tuoi figli ti vedano piangere.
12. Non confrontare la tua vita con quella degli altri. Non hai idea di quale sia il loro viaggio.
13. Se una relazione deve essere segreta, non dovresti esserci dentro.
14. Fai un respiro profondo. Calma la mente.
15. Liberati di tutto ciò che non è utile. Il disordine ti appesantisce in molti modi.
16. Ciò che non ti uccide davvero ti rende più forte.
17. Non è mai troppo tardi per essere felici. Ma dipende tutto da te e da nessun altro.
18. Quando si tratta di inseguire ciò che ami nella vita, non accettare un no come risposta.
19. Accendi le candele, usa le lenzuola belle, indossa la lingerie elegante. Non riservarlo per un'occasione speciale. Oggi è speciale.
20. Preparati in modo eccessivo, poi lascia scorrere le cose.
21. Sii eccentrico adesso. Non aspettare la vecchiaia per indossare il viola. 💖
22. L'organo se*suale più importante è il cervello.
23. Nessuno è responsabile della tua felicità tranne te.
24. Inquadra ogni cosiddetto disastro con queste parole: "Tra cinque anni, avrà importanza?"
25. Scegli sempre la vita.
26. Perdona, ma non dimenticare.
27. Quello che gli altri pensano di te non sono affari tuoi.
28. Il tempo guarisce quasi tutto. Dai tempo al tempo.
29. Per quanto buona o cattiva sia una situazione, cambierà.
30. Non prenderti troppo sul serio. Nessun altro lo fa.
31. Credi nei miracoli.
32. Non fare il revisore della vita. Presentati e sfruttala al massimo ora.
33. Invecchiare è meglio dell'alternativa: morire giovani.
34. I tuoi figli hanno solo un'infanzia.
35. Tutto ciò che conta davvero alla fine è che tu abbia amato.
36. Esci ogni giorno. I miracoli ti aspettano ovunque. (Adoro questa)
37. Se tutti buttassimo i nostri problemi in una pila e vedessimo quelli degli altri, riprenderemmo i nostri.
38. L'invidia è una perdita di tempo. Accetta ciò che hai già, non ciò di cui hai bisogno.
39. Il meglio deve ancora venire...
40. Non importa come ti senti, alzati, vestiti e presentati.
41. La vita non è legata con un fiocco, ma è comunque un dono.
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La gioventù porta a cercare una corrispondenza il più totale possibile tra sé stessi ed i soggetti con cui ci si relaziona, siano essi amici o amori, ma anche artisti, fazioni politiche e sociali, squadre di calcio; una corrispondenza che sappia abbracciare le estetiche, gli impianti valoriali, le idee, gli approcci al mondo (grande e terribile) che c’è là fuori.
Ci si concede minimi spazi di deroga, alla prerogativa suddetta, finendo per clonarsi e per cercare cloni, anche rumorosamente, sbandierando acconciature di capelli simili, magliette tazebao che sbraitino tanto come la pensiamo quanto chi la pensa esattamente come noi, prese di posizione perentorie e dell’elasticità (assente) del marmo di Carrara.
Questo modo d’essere contribuisce per certo a definire l’identità di un individuo in maniera netta, tracciando linee evidenti come se fossero ripassate a china, ed a cementare il corpus di ideali e principi astratti da declinare poi nei comportamenti d’ogni giorno, ma altrettanto esclude, seleziona a priori, finendo poi per tenere lontano, finendo poi per far perdere esperienze, confronti, fruizioni solo perché non sufficientemente fedeli alla propria linea (e la fedeltà alla linea, fra poco, sarà evidente che non è stata citata a caso.
Io ero un giovane adolescente a metà degli anni ottanta, alla ricerca, come milioni di miei simili, di una forma (che sapesse poi diventare sostanza) da prendere, ideologicamente e politicamente, umanamente ed individualmente, e l’inciampo nelle opere musicali (folli e sconclusionate, quasi parodistiche, ma di un’ortodossia sociale cristallina) dei CCCP-Fedeli alla Linea, capitanati da Giovanni lindo Ferretti e Massimo Zamboni, furono forgianti e fondamentali, nel mio percorso: la logica lineare, e di matrice aristotelica, dell’interpretazione della società del socialismo degli albori s’appoggiava perfettamente al mio istintivo ed euclideo modo di pensare, il sillogismo ferreo di valutazione oggettiva e consequenzialità d’azione della dinamica ideologica era esattamente il mio strumento di osservazione ed analisi della realtà.
Capirete la delusione quando, tutto ciò, finì nel gigantesco incendio che la caduta del muro, nel 1989, innescò e che cancellò, o quantomeno archiviò come fallimentare l’esperienza del blocco est-europeo.
E capirete ancora meglio la delusione quando Giovanni Lindo Ferretti rinnegò ciò che era stato e ciò che aveva pensato per vestirsi di un cattolicesimo dogmatico, agreste e rituale, da cui, sostiene nei suoi scritti, proveniva ed di cui aveva sempre fatto parte, riducendo il suo allontanamento da esso ad una mera manifestazione della necessità educativa di ribellione tipica dell’adolescenza e della prima età adulta.
La delusione fu così forte che, per anni, a quella musica, che fu parte integrante della colonna sonora dei miei anni liceali, non seppi più nemmeno avvicinarmi. Per fortuna si cresce e ci si relativizza.
Per fortuna si cresce, forse (anche solo perché ci si è dimostrati capaci di essere sopravvissuti a lungo) ci si fortifica, e non si ha più bisogno di pensarla uguale su tutto per essere amici, per volersi bene, per godere di una manifestazione dell’arte.
Per fortuna.
E complice anche il tour che i CCCP (e basta, nel nome, adesso) hanno fatto quest’estate (intitolato In Fedeltà la Linea C’è) hanno orchestrato quest’estate, con l’infinita sensibilità poetica di Giovanni Lindo Ferretti (e forse con la mia adolescenza) ho fatto pace.
Pace, proprio, nella misura in cui sono più pacifico, meno inquieto, nelle mie giornate: ed anche più, paradossalmente sicuro, dei miei valori, anche se sono meno le persone che li condividono.
Giovanni Lindo Ferretti incluso.
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We cannot empty the mind by thinking.
Only by observation.
~Robert Adams
Photo: Massimo Colonna
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Chi non muore si rivede
La notizia non è che Putin ha vinto le elezioni dopo un testa a testa mozzafiato con se stesso. Ma che l’autocrate è ancora vivo, è saldo al comando, ha più consensi di quando invase l’Ucraina, la Russia esiste ancora, i russi sono contenti per la guerra e l’economia (il sondaggista indipendente Volkov a Repubblica: “I russi stanno col leader per l’economia e per Kiev. Un ruolo importante lo hanno giocato anche l’aumento di salari, pensioni e benefit sociali”). Che strano. Le famose sanzioni non hanno mandato Mosca “in default entro qualche giorno” (Letta, 9.3.’22), né avuto “il massimo impatto in estate” (Draghi, 31.5.’22), né sortito “effetti devastanti” (Gentiloni, 4.6.’22). Eppure gli espertoni erano unanimi. Mario Deaglio: “Il rublo non vale più nulla”. Dario Fabbri: “Comunque vada, il fallimento della Russia è già evidente”. Rep: “Il default russo è a un passo”. Stampa: “Per la Russia è default”. Giornale: “Mosca è in default (ma solo tra un mese)”. La sua “Armata Rotta” che “combatte con pale del 1869” e “le dita al posto delle baionette”, ha “finito i russi”, “le divise”, “le munizioni”, ”i missili” ed estrae “i chip per i carri armati da lavatrici, frigoriferi e addirittura tiralatte elettrici”, passava da una disfatta a una ritirata. E l’Invincibile Armata Kiev-Nato trionfava. Rampini: “È iniziata la disfatta militare russa”. Tocci: “Putin ha perso la guerra”. Ferrara: “Kiev le sta dando di santa ragione al colosso russo”. Riotta: “Putin sconvolto dalla Caporetto dell’esercito”. Molinari: “Putin isolato in un vicolo cieco”. Sempreché fosse ancora vivo. Il dissidente Khodorkovsky alla Cnn: “Putin è impazzito, gli resta un anno o forse tre”. Recalcati (Rep): “Malato? Sofferente? Intaccato dalla morte”. New Lines: “Ha un tumore del sangue”. Daily Telegraph: “Sta morendo di cancro all’intestino”. Proekt, giornale indipendente russo: “Ha un tumore alla tiroide e lo cura facendo il bagno nel sangue estratto da corna mozzate di cervo”. Libero: “Cura il cancro con i clisteri”. Rep: “Il gonfiore del viso, il problema a una gamba, la fatica a muovere un braccio”. Messaggero: “Gonfiore e scatti d’ira da farmaci e steroidi per il tumore”. Stampa: “Demenza senile o Parkinson”. Corriere: “Problemi alla colonna vertebrale per pregressi traumi sportivi, o una neoplasia al midollo spinale compatibile con difficoltà deambulatorie e irrequietezze posturali… down depressivo ed esaltazione maniacale”. Giornale: “Può anche essere diabete”. Messaggero: “Putin è morto? Per Zelensky, ‘non è sicuro che sia ancora vivo’. Quello sugli schermi potrebbe essere una controfigura”. Ora che la cara salma ha rivinto le elezioni con una discreta cera, sorge un dubbio atroce: uno scambio di cartelle cliniche fra la sua e quella di Biden.
Marco Travaglio
P.s. La particolarità di Travaglio è che lui conserva gli articoli dei colleghi e questo rappresenta un problema (per i colleghi). Detto ciò sarebbe confortante, di quando in quando, leggere un articolo in cui un qualunque "giornalista" rendesse conto delle proprie affermazioni, sul tipo: "Signori, ho scritto una cazzata, scusate".
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Il Gladiatore II: Un Viaggio Epico tra Politica e Cinema
Sangue, rabbia e una narrazione epica per un sequel potente e, a tratti, visionario. Un film che può essere letto anche alla luce delle problematiche contemporanee. Sullo schermo, Paul Mescal, Pedro Pascal e un magistrale Denzel Washington sono i protagonisti.
Il titolo stesso, Il Gladiatore II, ha un impatto gigantesco. Un film che mira a riportare sul grande schermo un tipo di cinema spettacolare, emotivo e maestoso, che sembra essere scomparso, ormai rivolto solo a un pubblico più distratto. Ma, sin dalla prima scena, Ridley Scott ci trasporta in un universo che richiama i grandi kolossal del passato: Ben-Hur, Quo vadis? e Spartacus, con tanto di omaggi. Eppure, nonostante l’omaggio al passato, Il Gladiatore II non è solo un grande seguito, ma un progetto che guarda anche al futuro, pur mantenendo il legame con la tradizione del cinema epico.
Le premesse erano alte, eppure il risultato non ha solo soddisfatto le aspettative, ma le ha superate. Creare un seguito per un film leggendario come Il Gladiatore - che ha segnato una generazione - non era certo facile, ma Ridley Scott è riuscito a mantenere intatto lo spirito originale, pur dando vita a un film indipendente, contemporaneo e quasi visionario. Inoltre, con la sceneggiatura di David Scarpa, il film risulta essere uno dei più politici del regista, un'opera che, soprattutto in un'epoca in cui pochi autori osano esprimere opinioni forti, si propone come una dichiarazione di intenti chiara e potente.
Il Gladiatore II: Il Testimone di Massimo Decimo Meridio
Tra vendetta, redenzione e un viaggio che tocca anche dimensioni spirituali, Il Gladiatore II si fa portatore di un messaggio forte. Pur essendo ambientato in un mondo antico, la storia è un riflesso critico di un mondo moderno, in cui il potere e la guerra sono il terreno fertile di una politica corrotta e amorale. È un mondo che, sfortunatamente, somiglia molto al nostro. In questo contesto, la Roma che viene ritratta nel film è sull’orlo del collasso, e la trama riesce a rendere tangibile questa sensazione di decadenza.
A vent'anni dalla morte di Massimo Decimo Meridio, l'eredità del leggendario gladiatore viene raccolta da Lucio Vero (Paul Mescal), un uomo ridotto in schiavitù dopo essere stato deportato dalla Numidia (l'antico nome del Nord Africa) dalle legioni di Marco Acacio (Pedro Pascal), sotto il dominio degli imperatori Caracalla e Geta. Arrivato a Roma, Lucio viene costretto a combattere come gladiatore per il crudele Marcrinus (Denzel Washington), uno schiavista senza scrupoli che trama per raggiungere il potere.
Il sogno di Roma e il crollo dell'Occidente
Ciò che distingue Il Gladiatore II da tanti altri sequel è la sua forte componente politica, che va oltre la trama e si intreccia perfettamente con la narrazione storica e i temi trattati. La storia, infatti, si presta a una lettura che richiama le analogie tra l'Impero Romano e gli Stati Uniti moderni. Il sogno di Roma, incarnato da Lucio e poi da Marco Acacio, è il medesimo sogno tradito dell'“American Dream” – una promessa di libertà e giustizia ormai svuotata di significato.
Con una regia impeccabile, che riesce a catturare l'essenza del passato con grande maestria, Scott affronta temi come la democrazia, l'oppressione, la civiltà, la rivoluzione e la resistenza. La scenografia, la fotografia (firmata da John Mathieson) e la colonna sonora (di Harry Gregson-Williams, che si fa portavoce della grande tradizione musicale di Hans Zimmer e Lisa Gerrard) accompagnano lo spettatore in un viaggio visivo che fa vibrare ogni singola scena. Eppure, un avviso: non cercate una riproduzione storicamente fedele; il cinema, come sempre, è prima di tutto un'arte, non una lezione di storia.
In questo contesto, Lucio, interpretato da Paul Mescal, emerge come una figura potente e moderna, ancora più incisiva di quella di Massimo Decimo Meridio (Russell Crowe), che pur non essendo presente, si fa comunque sentire. Lucio è l'emblema di un eroe che cerca giustizia e libertà, ma che si scontra con la realtà di un mondo ormai corrotto. La sua lotta per il sogno di Roma è una riflessione sulla fine di un impero e sulla ricerca di un ideale che ormai è sfocato. In qualche modo, Lucio rappresenta un tentativo di riscatto in un’epoca che sembra incapace di cambiare. È la rivalutazione del sogno di Roma, ormai svuotato di significato e destinato a crollare sotto il peso della sua stessa corruzione. Una riflessione che si estende anche al nostro presente, dove le stesse dinamiche di potere e paura sembrano prevalere.
Conclusioni
Il Gladiatore II di Ridley Scott è un sequel che non solo rispetta, ma espande l'eredità del film originale. È un'opera cinematografica potente e significativa, che si distingue per il suo spirito politico e la sua visione. Con ogni scena, Scott ci regala un'esperienza che mescola perfettamente spettacolarità e riflessione profonda, facendo di questo sequel una delle migliori esperienze cinematografiche recenti.
👍🏻
Una regia imponente e maestosa.
L'approfondimento politico e sociale.
La performance di Denzel Washington.
Il sequel che mantiene lo spirito dell'originale.
👎🏻
Inaspettatamente, il film potrebbe sembrare durare meno rispetto alla sua ambizione narrativa.
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Storia Di Musica #270 - Prince And The Revolution, Purple Rain, 1984
I fiori sulla copertina, che sono la caratteristica comune ai dischi di Aprile, in questo caso cadono a cascata a lato della sua foto, in sella alla motocicletta. Viola. Il disco di oggi, uno dei più celebri della storia del rock, è un mix inarrivato di creatività, megalomania, successo. Arriva nel momento in cui Roger Nelson, in arte Prince, si sente stretto solo per il mondo della musica. Mondo il quale padroneggia come nessuno all’epoca: a 13 anni il primo gruppo (Gran Central poi Champagne) nella sua Minneapolis, a 19 è già capace di scrivere e autoprodursi un intero disco, caratteristica che la Warner Bros. nota subito: For You (1978), Prince (1979), Dirty Mind (1980) sono tutti scritti, suonati, arrangiati da lui, una sorta di One Man Band che mischia funk e rock, Little Richard con Sly & The Family Stones, che ammicca seducente, tanto che i Rolling Stones lo chiamano ad aprire il loro Tour del 1981. Scrive con un ritmo esagerato, un disco all’anno, nel 1982 arriva addirittura un doppio, 1999, capeggia in tutte le classifiche, la rivista Rolling Stone gli dedica una copertina fotografato da Richard Avedon. Al massimo della fama, l’idea del cinema. La trama è semplice: The Kid, interpretato dal nostro, è un giovane cantante che si esibisce in un night club in competizione con altre due band a Minneapolis. Ha un gruppo di spalla, The Revolution. Vive però una situazione familiare deprimente, a causa dei suoi genitori litigiosi e violenti. Incontrata la cantante Apollonia, si sente attratto da lei e ne è ricambiato, ma la donna gli confessa di volersi esibire con un gruppo funk rivale, capeggiato da Morris, il quale ostenta in maniera sprezzante e provocatoria la propria volontà di distruggere Kid nel successo e nell'amore. La carriera di Kid appare a questo punto in declino, ma un ennesimo litigio dei genitori, finito con il ricovero in ospedale del padre a causa di un tentato suicidio, determina una riflessione da parte di Kid e la conseguente decisione di prendere in considerazione un pezzo scritto dalle ragazze della sua band, che porterà alla composizione del brano Purple Rain, restituendogli successo, stima e amore. Purple Rain, prodotto dalla Warner Bros, non sarà ricordato negli annali dei Film più belli, discorso a parte merita la colonna sonora. 9 brani tutti iconici, e tutti potenzialmente singoli di successo, costruiti con una facilità di creare “ganci musicali” che diventerà il marchio di fabbrica del piccolo genio di Minneapolis (piccolo perchè è alto 1,59m). Registrato in parte live nello studio di registrazioni di Prince a Minneapolis, con certosino lavoro di sovraincisioni post produzioni, si parte con il Rock di Let’s Go Crazy, poi Take Me With U, scritta per le Apollonia 6, il gruppo di Apollonia Kotero, sua spalla nel film (il suo contributo al successo di altri artisti con le sue canzoni è notorio e fenomenale). Prince ha la capacità di riscrivere canzoni in pochi minuti, come The Beautiful Ones: scritta per una delle musiciste della sua band Revolution, che era in dubbio se lasciare o meno il fidanzato, viene usata nel film come momento musicale nel momento in cui la protagonista Apollonia è in contrasto tra lo scegliere Kid oppure Morris. Computer Blue è un brano quasi sperimentale, che nei crediti vede comparire John F. Nelson, padre di Prince anch’egli musicista, come regalo alla linea melodica che gli donò durante una chiacchierata con la chitarra in mano. Darling Nikki è il primo brano cult, famoso per i supposti richiami alla masturbazione, che spinsero una avvocata, Mary Elizabeth Tipper Gore, a chiedere all’associazione Parents Music Resource Center di segnalare con apposito adesivo, il Parental Advisory Sticker, testi con allusioni sessuali. Altra canzone torrida e spettacolare è When Doves Cry, famosa anche perchè non ha la linea di basso, che diventerà altro brano culto. Ma l’apoteosi, dopo le belle I Would Die For U, con il suo meraviglioso Mid-Tempo e Baby I’m A Star, già autocelebrativa, c’è la canzone clou, Purple Rain: un misto tra il rock dei Rolling Stones, una ballata malinconica e le invenzioni di Jimi Hendrix, 8 minuti di classe, dimostrazioni di capacità musicali, del suo talento cristallino di chitarrista, apoteosi di un cantante che all’epoca si sentiva una divinità. Il film decuplica in incassi i costi di produzione, il disco vince un Oscar, con Purple Rain migliore canzone Originale nel 1985, due Grammy, diventerà solo negli Stati Uniti 9 volte disco di platino, nel mondo venderà 30 milioni di copie, e il successo porterà in classifica tutti gli album precedenti di Prince (Dirty Mind disco di Platino nel 1984, anno di Purple Rain). Il percorso incessante di un disco all’anno continuerà per dieci anni, fino al 1993, periodo nel quale riprova il colpo di Purple Rain con un film e colonna sonora nel 1986, Under The Cherry Moon (film in bianco e nero, francamente orrendo) e la colonna sonora, Parade, uno dei suoi capolavori, uno dei dischi del decennio che precede il suo capolavoro assoluto, Sign O’ The Times (1987) che è il suo testamento musicale incredibile. Vivrà con tormento l’oblio e la caduta di fama dopo questi anni memorabili, fino alla sua morte, avvenuta per overdose di medicinali, nel 2016: nella sua casa studio di registrazione sono sbucate decine di migliaia di idee, canzoni registrate, linee musicali, a dimostrazione di un talento sconfinato, per quanto fragile e iconoclasta.
Buona Pasqua!
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LA TECNICA DEL RESPIRO SACRO DELL’ARCANGELO MICHELE Non sottolineeremo mai abbastanza quanto importante sia la respirazione nel rivendicare la vostra natura divina. Non la respirazione superficiale che la gente sulla Terra ha accettato come il giusto modo di respirare. Questo tipo di respirazione superficiale ha prodotto molti sintomi debilitanti e malattie, ed ha anche limitato la vostra immissione di Essenza Divina che è essenziale per il vostro benessere e la rivendicazione del vostro veicolo di Luce. Abbiamo spiegato e messo in evidenza il Respiro dell’Infinito, la Respirazione a Fisarmonica e quanto sia importante la pratica della respirazione intenzionale. Il Respiro dell’Infinito potrebbe essere definito il Respiro dell’Ascensione, in quanto allinea i vostri chakra galattici con il vostro veicolo fisico, ed apre le vie del ritorno alle dimensioni superiori. Accelera il processo di costruzione del vostro veicolo ascendente di Luce chiamato Merkivah. Facilita anche l’apertura del portale della vostra Sacra Mente ed i portali anteriori e posteriori del vostro Sacro Cuore.... ...In passato, abbiamo anche parlato del respiro ritmico che potrebbe essere definito il Respiro Sacro. Quando verrà praticata con regolarità, questa tecnica porterà energia alla vostra forma corporea e migliorerà la vostra salute, perché fornirà al vostro Essere fisico le radianti particelle di Luce Divina necessarie per una performance ottimale e per la longevità. E’ anche un modo efficace di irradiare la Fiamma Viola o Particelle Adamantine di Luce fuori verso il mondo della forma a beneficio di tutti. Il Sacro Respiro comporta una inspirazione profonda che inizia nell’addome inferiore. Respirate profondamente e lentamente mentre espandete lo stomaco e poi la zona toracica e visualizzate il respiro che lentamente sale ed esce dal chakra della corona. Quando avete riempito i polmoni al massimo, trattenete il respiro per lo stesso periodo di tempo dell’inspirazione. Visualizzate una sfera di Luce che lentamente scende lungo la vostra colonna di Luce, mentre gradualmente lasciate andare il respiro, contraendo lo stomaco e trattenendo il respiro per una pausa della stessa durata prima di iniziare la successiva inspirazione. Dovreste affermare la vostra intenzione (affermazioni) prima di iniziare il Respiro Sacro, come irradiare la Fiamma Viola o Particelle Adamantine di Luce fuori verso il mondo, o una qualsiasi delle brevi affermazioni che vi abbiamo dato. Per prendere il ritmo in questo tipo di respirazione, all’inizio potreste respirare contando fino a cinque o sette, trattenere il respiro contando allo stesso modo, espirare e trattenere il respiro, sempre contando, fino a quando vi sentite a vostro agio con il processo. Tutte e quattro le azioni dovrebbero avere la stessa durata, con un movimento costante, fluido, senza sforzo. Questa è anche una meravigliosa attività di gruppo ed un metodo potente per diffondere la Fiamma Viola e la Luce Divina del Creatore. Quando vi abituerete alla respirazione ritmica profonda, non vi sentirete più a vostro agio con le tecniche di respirazione breve, superficiale usate dalla massa. Arcangelo Michele attraverso Ronna Herman-www.ronnastar.com ********************** ARCHANGEL MICHAEL'S SACRED BREATHING TECHNIQUE We cannot stress enough how important breathing is in reclaiming your divine nature. Not the shallow breathing that people on Earth have accepted as the right way to breathe. This type of shallow breathing has produced many debilitating symptoms and illnesses, and has also limited your intake of Divine Essence which is essential for your well-being and the reclaiming of your vehicle of Light. We have explained and highlighted the Infinity Breath, Accordion Breathing and how important it is to practice intentional breathing. The Infinity Breath could be referred to as the Ascension Breath, as it aligns your galactic chakras with your physical vessel, and opens the pathways back into the higher dimensions. Accelerate the process of building your ascending vehicle of Light called the Merkivah. It also facilitates the opening of the portal of your Sacred Mind and the front and back portals of your Sacred Heart.... ...In the past, we have also talked about rhythmic breathing which could be termed the Sacred Breath. When practiced regularly, this technique will energize your bodily form and improve your health, for it will supply your physical Being with the radiant particles of Divine Light necessary for optimal performance and longevity. It is also an effective way of beaming the Violet Flame or Adamantine Particles of Light out into the world of form for the benefit of all. The Sacred Breath involves a deep inhalation that begins in the lower abdomen. Breathe deeply and slowly as you expand your stomach and then your chest area and visualize your breath slowly rising and leaving your crown chakra. When you have filled your lungs to the max, hold your breath for the same length of time as you inhaled. Visualize a ball of Light slowly descending your column of Light as you gradually let go of your breath, contracting your stomach and holding your breath for an equal length of pause before starting the next inhalation. You should state your intention(s) before initiating the Sacred Breath, such as beaming the Violet Flame or Adamantine Particles of Light out into the world, or any of the short affirmations we have given you. To get the rhythm into this type of breathing, you might initially breathe in for a count of five or seven, hold your breath for the same count, exhale, and hold your breath, still counting, until you feel comfortable with the process. . All four actions should be of equal duration, with a steady, fluid, effortless motion. This is also a wonderful group activity and a powerful method for spreading the Violet Flame and Divine Light of the Creator. As you get used to deep rhythmic breathing, you will no longer feel comfortable with the short, shallow breathing techniques used by the masses. Archangel Michael through Ronna Herman-www.ronnastar.com
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LAGGIU’ QUALCUNO MI AMA_MARIO MARTONE
Non so se Mario Martone scegliendo il titolo del film-documentario dedicato a Massimo Troisi, abbia voluto schermirsi, ma quel che è certo è che Massimo Troisi è ancora, a tuttotondo, nel cuore di molti, forse di tutti. In realtà Troisi non appartiene a tutti, appartiene ai figli di un’epoca precisa della nostra storia e, se posso permettermi, appartiene ad un certo mondo politico e culturale. Solo a fatica e, forzatamente, possiamo dire che appartenga a tutti. Troisi non è patrimonio di tutti e in quest’epoca di facili ecumenismi, Martone lo ha voluto sottolineare nel taglio dato al suo magnifico film-documentario, nei prossimi giorni nelle sale. Massimo Troisi non appartiene, prima di tutto , alla cultura di destra, ammesso che esista o sia mai esistita una cultura di destra. Troisi è stato un militante della sinistra, lo è stato da uomo e lo è stato da regista, tanto da non accettare la censura preventiva che la Rai gli aveva imposto prima di un suo intervento al Festival di Sanremo, rinunciando alla partecipazione. Ma Troisi non è ascrivibile, forse proprio perché militante di sinistra, alla pletora di artisti, o pseudo tali, che la retorica italiana arruola nelle fila degli amanti della “napoletanità”, quella più stucchevole e ipocrita. Per fortuna Napoli ha, e ha avuto, grandi intellettuali e grandi artisti, che sanno distinguere ciò che è deteriore per Napoli e tra questi possiamo certo annoverare Mario Martone, Pino Daniele, Paolo Sorrentino, tutti e tre protagonisti, insieme a Troisi del documentario. Martone ripercorre, senza troppi geroglifici intellettuali la carriera di Troisi e lo fa nel miglior modo possibile, quello cioè di non partire da un teorema dimostrato, ma di lasciare che il teorema, o meglio la sua soluzione, si riveli nel finale del film. Ne esce così un ritratto delicato, umano e professionale, del Troisi regista comico e di un suo esistenzialismo a posteriori, condito non dalla insopportabile “napoletanità”, ma da quella sapienza napoletana che è parte importante della cultura italiana; non per nulla, credo, lo stesso Martone in una delle più belle sequenza del film, legge alcune illuminanti pagine di Raffaele La Capria, anch’esso “napoletano non-allineato”. Preziosissime nel racconto filmico le testimonianze di chi con Troisi, ha intrattenuto rapporti umani e intellettuali a cominciare da Anna Pavignano, con la quale, oltre ad aver scritto molti film, ha intessuto una relazione sentimentale, per proseguire con i registi Paolo Sorrentino ed Ettore Scola, il critico Goffredo Fofi, lo sceneggiatore Giuseppe Bertolucci, lo scrittore Francesco Piccolo. Martone racconta e analizza i materiali in compagnia del montatore Jacopo Quadri e l’inizio del film non è lusinghiero e illuminante, per il confronto tra il Troisi regista e personaggio dei film che mette in scena, anche con una certa ritrosia, con il suo scettico e dubitativo alter-ego, e quell’Antoine Doinel che è tutt’uno con gran parte del cinema di un mostro sacro come François Truffaut. Stesse introspezioni (formidabili quelle allo specchio), stessa timidezza, stessa incapacità di vivere il reale e le relazioni interpersonali. Ma se in un mero gioco di rimandi formali i due personaggi si assomigliano, diverso è l’ambiente in cui Troisi-personaggio si trova a vivere ed operare. Ed è proprio qui che è salutare la rottura con il cliché del napoletano, sempre emigrante e mai viaggiatore, come dice una delle più famose battute di “Ricomincio da tre”. Passo passo arrivano tutti gli altri film e la collaborazione con Roberto Benigni nel surreale “Non ci resta che piangere”, per finire con lo struggente “Il postino” del 1994 diretto da Michael Radford e montato da Roberto Perpignani e che, tra l’altro, valse l’Oscar per la miglior colonna sonora a Luis Bacalov. Pochi giorni dopo la fine del film Massimo Troisi morì. Dire però che Troisi lasciò un vuoto incolmabile è dire una banalità, per fortuna (e per bravura), Martine non ne ha fatto un santino partenopeo. Da vedere.
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Ho dedicato una canzone a ogni tua espressione, mi sono innamorata di ogni tuo movimento, di ogni tua stranezza, di ogni tuo gesto.
E ti prometto che, se fra tanti anni mi chiamerai per chiedermi con curiosità quale canzone avessi associato alle tue mani, ai tuoi occhi o al sorriso più bello nato solo per me, alla tua schiena, o al tuo passo delicato accanto al mio, io saprò risponderti ancora.
Avrò ancora un mente la colonna sonora di tutti quei nostri piccoli e indispensabili momenti di gioia infinita.
Massimo Bisotti
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