#Ma anche qualche parolaccia
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apropositodime · 15 days ago
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Pranzo preparato
Peperoni tagliati, polpette pronte per essere cucinate stasera.
Panni stesi
Caffè preso, ne voglio un altro.
Letti, no quelli ancora no.
Sono una macchina da guerra!
"no sei solo una donna, lo fanno tutte"
gne gne gne
bla bla bla
😅
Buon Mercoledì
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ilpianistasultetto · 4 months ago
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Nel nostro Paese, come in tutta Europa, ogni tipo di politica green e' stata bocciata. Alle elezioni europee, chi parlava di clima e ambiente e' stato bocciato sonoramente. Per molti: "una casta benestante, i soliti radical-chic da salotto che vogliono imporrere regole a tutto il popolo. Auto elettriche? Nemmeno a parlarne. Riduzioni di allevamenti intensivi o di coltivazioni? Roba buona per la fantascienza. Economia circolare? Brrrrr.. Decrescita? Una parolaccia. Case green? Ma vaff...... Addirittura e' troppo anche una piccola tassa sulla plastica. I cittadini italiani (ed europei) sono stati chiari: seguitare a fare quello che si e' fatto negli ultimi 50anni e anche di piu', senza briglie e senza lacci. Chi tocca fili diversi, muore. Quello che non capisco e' vedere quelle stesse persone cosi contrarie ad ogni cambiamento, strapparsi le vesti o imprecare quando le proprie auto vengono martellate da grandine grossa come pesche o portate a valle da acque spaventose o quando l'acqua di qualche temporale arriva al primo piano delle loro case o quando i loro raccolti vengono dimezzati dalla siccita'. Chi preferisce affidarsi al fatalismo, almeno metta pala e stivaloni dietro la porta di casa e stia sempre pronta alla guerra con la natura (e, possibilmente, a sostenerne i danni).
@ilpianistasultetto
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intotheclash · 10 months ago
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CAPITOLO 2
“Pietro! Pietro! Affacciati!” Urlò la prima voce.
“E muoviti! Sei diventato sordo?” Fece eco la seconda.
Cazzo, no che non ero sordo! Ci sentivo benissimo, l’inconveniente era che avevo solo dodici anni. E a quell’età non puoi fare come ti pare, specialmente se è domenica e sei a pranzo con la tua famiglia. Tutta la tua famiglia, tuo padre compreso, che, gli altri giorni della settimana, è sempre via per lavoro: camionista per una ditta di travi e tavolati in castagno. Lavoro di merda, secondo i miei pochi anni, ma pur sempre un lavoro.
Sentivo le spine sotto al culo, ma guai a sollevare le chiappe senza permesso, così continuavo a fissare il minestrone, che tra le altre cose mi faceva pure schifo, e a giocherellare con il cucchiaio fingendo indifferenza.
“Pietro! E forza! Sei sempre l’ultimo!” Insistettero dal vicolo.
Mio padre sbuffò un paio di volte, mollò le posate, distolse lo sguardo dal telegiornale e mi allungò uno scappellotto.
“Ahio! Cosa ho fatto ora?” Protestai.
Mi fissò con i suoi occhi chiarissimi e l’aria burbera di sempre, poi ordinò: “Su, affacciati e senti cosa vogliono quei piccoli rompicoglioni dei tuoi amici; ché così non mi fanno capire una sega! Già non lo sopporto quello del telegiornale, se non mi fanno neanche capire quello che dice, me lo spieghi tu cosa cazzo lo guardo a fare?”
Controllò il suo orologio e aggiunse: “Ma è appena l’una e quaranta! Come li fanno mangiare ‘sti bambini quelle scansafatiche delle loro madri? Li imboccano con la fionda? Su sbrigati Pietro, che sento che stanno iniziando a girarmi.”
“Tanto a te girano sempre!” Pensai mentre mi precipitai sul balcone.
“Era ora Pietro! Ma che te stai a magna'?” Dissero in coro Tonino e Sergio non appena mi videro.
“Veramente ho iniziato adesso! Ma che volete a quest’ora? E’ troppo presto, i miei si incaz… si arrabbiano se rompete all’ora di pranzo.” Risposi.
Fortunatamente avevo fatto marcia indietro in tempo. O almeno così speravo. Mia madre diventava una iena quando mi scappava qualche parolaccia. Diceva che, per quel genere di vocabolario, bastava e avanzava mio padre. E non è che avesse tutti i torti.
“Ma che ti sei rincoglionito? La proposta l’hai fatta tu ieri sera ed oggi già non te la ricordi più?” Mi ammonì incredulo Tonino.
“Allora davvero sei rincoglionito!” Aggiunse Sergio, che, dei due, era quello che andava sempre a rimorchio.
Finalmente lo sguardo mi cadde sulle biciclette appoggiate al muro scrostato della casa di fronte e la nebbia nella mia mente si diradò all’istante.
“Cazz…volo! Il fiume! Dobbiamo andare al fiume a fare il bagno! Me l’ero proprio scordato! Che testa di legno che sono!” Dissi
“Di legno è dir poco! Di cazzo è più esatto!” Disse Tonino ridendo e facendo ridere anche Sergio.
“Aspettatemi lì, finisco in fretta di mangiare e scendo. Non vi muovete!” Dissi ancora.
“Sbrigati però, che gli altri sono già sotto porta che ci aspettano. Avevamo detto alle due precise!” Insistette Tonino.
“E allora? Non sono ancora le due, stronzi!” Stavolta mi era scappata sul serio e sperare che sarebbe passata inosservata era un’illusione che neanche io potevo concedermi.
“Pietro! Vieni subito dentro!” Fu l’ordine militaresco di mia madre. Come volevasi dimostrare.
Rientrai immediatamente in cucina e la trovai già in posa per la predica. Si era tolta il tovagliolo da sopra le ginocchia, si era alzata in piedi, aveva divaricato leggermente le gambe, ma, quel che è peggio, aveva appoggiato il dorso delle mani sui fianchi, che era davvero peggissimo. Tutte e due le mani, la posizione della brocca, praticamente tuoni e fulmini in arrivo. Fosse stata una sola mano, la posizione a tazzina, come l’avevamo battezzata noi ragazzini, te la potevi anche cavare a buon mercato, ma con la brocca eri finito. Avrei volentieri pensato: “Erano cazzi!” Ma in quel frangente avevo persino paura a pensarle, le parolacce; non tanto per la sgridata, o gli scappellotti, che avrei potuto prendere e che avrei sicuramente preso; quanto per la paura che mi avrebbero potuto vietare di uscire. Quella si sarebbe stata una catastrofe planetaria.
“Allora, signorino? Quante volte ti ho ripetuto che non voglio che tu dica le parolacce?”
“Scusa mamma, mi è scappata!” Risposi col tono più innocente che riuscii a trovare.
Non vidi partire la mano, ma l’impatto con la mia testa lo sentii; eccome se lo sentii.
“Ahio!” Urlai tra il sorpreso, l’arrabbiato e il piagnucoloso. Poi guardai mio padre di traverso.
Lui raccolse il tovagliolo con la mano assassina, si pulì i folti baffi castani, mi fissò e disse: “Scusa, mi è scappato. Non volevo. Magari se ci avessi pensato prima, sarei anche riuscito a non dartelo; ma purtroppo è così che va il mondo e io non posso farci un cazzo di niente!”
Da una parte mia madre, ovvero la teoria, dall’altra mio padre, senza ombra di dubbio la pratica. Insieme formavano una morsa d’acciaio che mi avrebbe stritolato senza scampo. Potevo dire addio agli amici, al fiume, al bagno e a chissà quanti altri divertimenti.
Ma non andò così. Una via di fuga esisteva, ridotta al lumicino, ma esisteva ed io la imboccai di filata, incurante dei tremendi pericoli ai quali sicuramente andavo incontro. Non fu una scelta consapevole, proprio no, fui costretto ad imboccarla dalla rabbia e dal desiderio di vendetta per essere stato colpito, a mio avviso, ingiustamente e a tradimento.
“Allora perché lui le dice in continuazione?” Urlai verso mia madre, ma rivolgendomi più che altro a mio padre. Gli occhi mi si affollarono di lacrime, ma le trattenni stoicamente. Ero schifosamente orgoglioso, fin da piccolo. Era un colpo basso, lo ammetto, avventato e alla cieca, l’ultimo colpo, di quelli che come va, va; quello della disperazione, che ti può regalare il KO, ma che, più spesso, fa finire te al tappeto e trionfare l’avversario.
“Cosa, cosa?” Ringhiò basso mio padre.
“Le parolacce ecco cosa! Perché tu puoi dirne quante ne vuoi, ma se ne scappa una a me sono guai? Penso che se una cosa è sbagliata, è sbagliata per tutti!” Dissi, sempre con le lacrime in bilico e sforzandomi di non abbassare lo sguardo. Un rischio della Madonna!
Fu ancora svelto come un gatto, mi afferrò per la maglietta e mi trascinò a pochi centimetri da lui, facendomi rovesciare la sedia dove prima ero seduto. Ma come aveva fatto? Era grosso come un armadio e con la pancia di chi non sa mai dire di no ad una bella bevuta; ma quando si muoveva era Flash Gordon in persona. Certo che da grande avrei voluto essere come lui! Nessuno mai si sarebbe azzardato a prendermi in giro!
“Ascolta bene, stronzetto,” Mi disse inondandomi col suo alito di vino. Di vino: staccato,”L’unica persona che poteva dirmi ciò che dovevo, o non dovevo fare, era mio padre ed ora sta sotto un paio di metri di terra. Pace all’anima sua.”
Devo dire che il sospetto che lo avesse ammazzato lui mi attraversò la mente, ma mica potevo dirlo.
“Adesso ho quarantacinque anni,” Proseguì,” e nessuno, dico: nessuno, può permettersi di darmi degli ordini.”
“Io non…” Tentai di giustificarmi.
E giù un altro scappellotto, stavolta un po’ più sonoro, visto che mi rimbombarono i pensieri. Il vecchio ora era incazzato sul serio. Ora non potevo fare passi falsi. Dovevo stare attento a giocare bene le mie carte. Soprattutto dovevo uscire il più in fretta possibile da quella spiacevole situazione. Fortunatamente ed inaspettatamente mia madre arrivò in mio soccorso. Cuore di mamma non tradisce mai.
“Dai Alfredo, lascialo stare. Basta con gli schiaffi!” Disse con tono pacato ma perentorio.
“Cosa fai ora, Maria? Prendi le sue difese? Io intervengo a darti manforte e tu mi vieni contro? E’ ora che qualcuno insegni davvero l’educazione a questo moccioso sfrontato e se non vuole capire con le buone, peggio per lui! Io sono cresciuto a pane e scapaccioni tuttavia non mi sono mai sognato di rispondere a mio padre; anche perché mi avrebbe scorticato vivo!”
“Ma io non ti ho risposto male! Ho solo dett…”
Fu il terzo scappellotto della giornata a troncare il discorso e a sbaragliare la mia timida difesa.
“E basta Alfredo! Piantala di alzare sempre quelle tue manacce! Poi non picchiarlo sulla testa che è pericoloso!” Lo ammonì di nuovo mia madre.
“Così impara a parlare soltanto quando è interrogato! In quanto agli schiaffoni invece, di cosa hai paura? Per il tuo marmocchio la testa non è un organo vitale, visto che è vuota. O forse temi che il rimbombo possa causargli danno all’udito?” Concluse ridendo di gusto.
Cosa volete farci, mio padre era fatto in questa maniera: se la suonava e se la cantava. Faceva le battute e rideva da solo. Era capace di passare dall’incazzatura più nera all’ilarità più sfrenata, e viceversa, in un battibaleno. Difatti mi strizzò l’occhio, mi scompigliò i capelli neri e arruffati e disse:”Dai, finisci la minestra, mangia la carne e fila via. I tuoi amici saranno già in pensiero.”
“E no, cari miei!” Intervenne mia madre sempre mantenendo la posizione; ma ebbi l’impressione che la “brocca” in questa circostanza, fosse tutta per mio padre: “Con te facciamo i conti dopo,” Disse rivolta al vecchio, “In quanto a te signorino: ora finisci di pranzare, poi te la fili dritto, dritto in camera tua. Uscirai domani. Sempre che tu sia capace di non dire ancora parolacce.” E questo era per me.
“Ma dai, Maria! Tre sberle, per oggi, vanno più che bene come punizione. Domani, se si azzarderà ancora ad essere maleducato, lo portiamo al fiume e ce lo affoghiamo! Così ci togliamo il pensiero!” Detto ciò si batté forte sulle gambe e rise a crepapelle.
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roxan-world · 11 months ago
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Bilancio dell'anno che sta per finire
UN PO' DI ME:
È l'ora di tirare le somme. Come ogni anno io scelgo di farlo con una lettera dell'alfabeto.
Il 2023 è stato per me l'anno della lettera "P".
"P" COME PAZIENZA. Pazienza avuta per i ritardi di un progetto importante e per la raccolta dei frutti di immenso lavoro. Pazienza verso gli intoppi, verso l'ingratitudine, verso gli altri, verso le delusioni.
"P" COME PAURA. Di sbagliare. Di deludere. Di essere delusa. Di ferire. Di essere ferita. Di fallire. Di morire.
"P" COME PROVA. Alla prova la mia salute. Alla prova la mia fiducia ancora troppo spesso malriposta. Alla prova perfino il mio buonsenso!
"P" COME POCHEZZA. Quella di alcune persone. Non lo accetterò mai.
"P" COME PARACULAGGINE. Quella di altre. Mi inorridiscono sempre.
"P" COME POVERTÀ D'ANIMO. Quella di molte. Ma sanno che tutti dobbiamo morire?
"P" COME PRETESTO. Quello subito e anche usato per giustificare l'ingiustificabile.
Ma anche "P" COME POTERE grande di superare ogni ostacolo, il potere dell'ottimismo, il potere delle costanti eterne della mia vita....figlio, famiglia, amicizie vere e lavoro, il potere dell' accettazione e dell'amore per me stessa.
"P" COME PRECEDENZA. Quella data a chi amo e a ciò che mi fa stare bene.
"P" COME IL PIACERE. Quello di gustare e apprezzare le cose belle della giornata, di vivere momenti preziosi con le persone che amo, di vivere la mia vita!....e non quella che gli altri pensano sia!
Ecco....benché io sia consapevole che l'anno sia solo una convenzione umana e che sia la vita intera, non l'anno calendario, fatta di alti e bassi, gioie e dolori....arrivederci 2019 e Benvenuto 2020 . Cosa ti chiedo? Nulla di speciale. Paziente aspetterò di ricevere il solito cocktail misto di positività e negatività che, anche tu, fedele al tuo compito, vorrai donarmi.
Dal canto mio, prometto che anche quest'anno....farò una marea di cazzate...mi fidero' giusto un po' meno....piangero'....urlero'....mi arrabbiero' con gli altri e soprattutto con me stessa....sarò polemica....e sarcastica....sarò sempre intollerante al vittimismo, all'ignoranza e alla nullafacenza, sorridero' di fronte alle competizioni sterili e farò sempre una fatica titanica a trattenere la lingua e dirò anche qualche parolaccia....e tanti chissenefrega!....ma prometto solennemmente anche che continuerò a mettere al primo posto l'amore per mio figlio, per i miei cari, ad amare me stessa senza se e senza ma....continuerò ad essere me stessa con tutta la mia miriade di pregi e di difetti, incurante dei giudizi altrui....continuerò anche a vedere tutto bianco o tutto nero ( niente....le mezze misure proprio non fanno per me!), continuerò a vedere il bicchiere mezzo pieno e non mezzo vuoto....e continuerò, inoltre, con la passione di sempre, a leggere, a scrivere, a fare sport, a studiare e a studiarmi soprattutto (mica mi conosco fino in fondo? 😎😉😃 pensare che c'è chi è convinto di conoscermi bene invece! ).... a correre, a lavorare, a fotografare tramonti, a sorridere, ad ironizzare e ad amare maledettamente questa vita e tutte le meraviglie che regala !!!!
Perché, come mi suggerisce sempre il mio immutato ottimismo, io credo che la vita abbia sempre dei meravigliosi colori in serbo per noi!
E allora.....perché non dovrebbe averne anche l'anno che verrà????
Quindi... Buon 2024 a tutti e soprattutto a me....😊
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rideretremando · 3 months ago
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"TEORIA E PRATICA DELLE PAROLACCE IN LETTERATURA
1. Sgomberiamo subito il campo da un tipo tutto particolare di “parolaccia”: la bestemmia. Isacco Turina, sociologo, ricercatore presso l’Università di Bologna, e anche poeta interessante, si laureò nel 2000, relatore lo stimatissimo Paolo Giglioli, con una tesi intitolata: «Maledire Dio. Studio sulla bestemmia», dotata di un capitolo – il quarto – dedicato agli “aspetti linguistici e letterari”. Se l’argomento vi interessa, cercatela in rete: con un po’ di pazienza si trova, e dentro c’è tutto quello che vi serve.
2. La Treccani così definisce la parolaccia: «Parola sconcia, volgare (anche per insulto), oppure blasfema». In realtà, come sappiamo tutti, i confini tra ciò che è «volgare» e ciò che non lo è sono piuttosto porosi, nonché mutevoli nel tempo. Per di più, esistono almeno tre modi di profferire una parolaccia: seriamente, buffonescamente e affettuosamente. La parolaccia seria è quella veramente sgradevole; la parolaccia buffonesca, alla Rabelais, è tale che più grande e più sconcia e più oscena è, e più fa ridere; la parolaccia affettuosa vive nel regno dell’intimità delle coppie, e anche i più dolci innamorati, come noto, non ne fanno risparmio.
3. In realtà le parole «volgari» sono, nella nostra come in tante altre lingue, più invasive di quanto non si creda. Per esempio: i dizionari etimologici, a proposito della parola «monello», si nascondono dietro ipotesi dalla dubbia credibilità: c’è chi la fa derivare dal latino «monedula», «gazza» (usato come vezzeggiativo, come oggi chi dicesse «passerottino»), chi dallo spagnolo «mòna», «scimmia», chi l’ha interpretato – ma chissà perché – come un diminutivo di «Simone». Quando lo sanno tutti che «monello» deriva dal veneto «m*na», organo genitale femminile: la «monella» era la bambina, in quanto portatrice di una «m*na piccola». Il maschile è venuto dopo. Avete bisogno che vi spieghi da dove vengono i «ca**otti»? O volete credere alla favola che derivino da «capitium», una forma corrotta (e non attestata da nessuna parte: si tratta di un’etimologia ipotetica) di «caput», da cui verrebbe anche lo spagnolo «cabeza»? Ma suvvia. Quanto alla f*ca, davvero pensate che nasca maschile (fico!) e che sia legata alla radice germanica «fagar»? Davvero i linguisti devono essere ciechi…
(No, ho scherzato. Le etimologie riportate dai dizionari sono ovviamente serissime e credibilissime. E tuttavia…).
4. Gli anni Settanta, lo sappiamo, furono gli anni della liberazione: del corpo, e delle parole del corpo. Tempestivissimo come al solito, Alberto Moravia già nel 1971 pubblicò «Io e lui», romanzo nel quale il «lui» in questione era il ca**o dell’«io». Non per nulla questo è uno dei pochissimi romanzi di Moravia che non disponga di una propria voce in Wikipedia. Il decennio della liberazione del corpo si chiuse, nei fatti, nel 1981, con l’ordinanza di sequestro del libro di racconti di Pier Vittorio Tondelli «Altri libertini» «per il suo contenuto luridamente blasfemo ed osceno nella triviale presentazione di un esteso repertorio di bestemmie contro le divinità del cristianesimo, nonché di irriferibili turpiloqui». Il libro di Tondelli fu assolto con formula piena; ma provvide l’autore stesso, in successive edizioni, a «ripulire» il testo dalle bestemmie innanzitutto e da gran parte delle oscenità. Tutto cominciò, forse, il giorno in cui, durante una pubblica lettura, Tondelli provò, leggendo certe pagine, un senso di vergogna, un bisogno di giustificarsi: «Ero un ragazzo…» (questa cosa la cito a memoria: Tondelli la racconta da qualche parte, forse in «Un week-end postmoderno» o in «L’abbandono»). Negli anni Ottanta e Novanta le «parole del corpo» smisero gradualmente di essere goduriose, carnevalesche, rabelaisiane, e cominciarono a diventare grigissimamente politiche.
5. La questione è, come sempre, quella della possibilità di dire. Nelle opere letterarie di genere buffonesco è sempre stato possibile dire di tutto, perché nulla era serio; nelle opere letterarie di genere serio si poteva dire solo ciò che era convenzionalmente ritenuto serio. Nel Settecento, per dire, tutto il corpo in sé, e tutte le sue funzioni, appartenevano al non-serio: abbiamo così caterve di romanzi i cui personaggi camminano, parlano, duellano, fuggono, fanno insomma le solite cose da romanzi, ma praticamente mai mangiano (per tacer dell’andare di corpo e dell’orinare). Il principale ostacolo alla pubblicazione di «Ulisse», di James Joyce, fu la celebre scena del quarto capitolo nella quale Leopold Bloom esce in giardino, si rifugia nel casotto, e caca. A quel tempo, in terra anglosassone, non solo gli autori e gli editori ma anche gli stampatori potevano essere perseguiti per il reato di pubblicazione oscena: e così non si trovava nessuno che stampasse (la prima edizione uscì nella più libertina Francia). Oggi, come direbbe il Dumarsais, si sentono più parolacce in venti minuti di lavori parlamentari che in una giornata di chiacchiere tra adolescenti: e il potere eversivo (se mai ha avuto un potere eversivo) della parolaccia si è annullato. Se volete far soprassaltare il lettore sulla sedia, oggi come oggi, ci vuole ben altro che un vaffanculo. Forse una pagina immacolatissima risulterebbe più eversiva.
(La battuta originale del Dumarsais, celebre grammatico francese del Settecento, è: «Si fanno più figure retoriche in un solo giorno di mercato alle Halles che in molte giornate di assemblee accademiche»).
6. Torna ciclicamente l’eterna questione degli eufemismi. L’eufemismo serve a non dire la parolaccia. Ma è chiaro che, nel momento in cui un eufemismo appare scritto, nella mente del lettore la parolaccia apparirà. Quindi si può dire che tra l’eufemismo e la parolaccia esplicita c’è una sola differenza: l’eufemismo è vile. Il punto è che in pressoché tutti i testi in cui mi sia capitato di incontrare le parolacce, esse venivano messe in bocca ai personaggi. Si tratta quindi di decidere: abbiamo, nel testo tale, un narratore coraggioso che mette in scena un personaggio vile, o abbiamo un narratore vile che non ha il coraggio di far dire una vera parolaccia al personaggio? Alessandro Manzoni, «I promessi sposi», capitolo primo: don Abbondio incontra i bravi:
«“Ma,” interruppe questa volta l’altro compagnone, che non aveva parlato fin allora, “ma il matrimonio non si farà, o…” e qui una buona bestemmia, “o chi lo farà non se ne pentirà, perché non ne avrà tempo, e…” un’altra bestemmia».
Dove si arriva all’ossimoro, ovviamente ironico, della «buona bestemmia». Ai posteri l’ardua sentenza. Tutto diverso è il caso in cui non un personaggio dica le parolacce – intendo: nemmeno un personaggio narrante – ma le dica proprio il narratore. Questa sì sarebbe, pensateci, anche oggi che tutto sommato tutto è permesso, o giù di lì, una cosa veramente scandalosa. O forse addirittura eversiva.
7. Ci sono però, imprevedibilmente, anche eufemismi che non sono tali, ovvero falsi eufemismi: espressioni che sembrano eufemismi ma non lo sono. Uno per tutti, il celeberrimo “Porca paletta!”. Trovo nel blog di Alberto Cassone (tracconto.wordpress.com) questa spiegazione, e la trovo, come si usa dire, troppo bella per non essere vera:
«“Porca paletta!”, locuzione popolare italiana impiegata per esprimere un sentimento di rammarico (similmente all’interiezione “accidenti!”) ha origine da un francesismo. Nicolas Capalette era, infatti, il nome di un generale francese, attivo sul suolo italiano in epoca napoleonica, il quale non ne combinava una giusta, mettendo sempre nei guai i suoi soldati. La sua incompetenza e goffaggine erano proverbiali; tra il popolo italiano si era diffuso, quindi, il modo di dire sarcastico “(C’est) Pour Capalette!”, utilizzato ogni volta che qualcuno faceva una stupidaggine, una gaffe, un errore grossolano – tale errore veniva così “dedicato a Capalette”. In seguito, perdendosi gradualmente la memoria dell’origine di questo modo di dire e anche a causa della sua frequente cattiva pronuncia, si diffuse la forma errata “porca paletta”, per analogia con altre locuzioni interiettive, quale ad esempio “porca miseria”; con l’affermazione di tale forma errata si smarrì anche il carattere sarcastico dell’espressione originaria, così che la nuova locuzione non rappresenta oggi altro che una semplice variante del summenzionato “accidenti!”».
8. La lingua italiana, peraltro, non dispone di parole «pulite», di parole «non -acce» per nominare seriamente certe cose. Non abbiamo nemmeno un verbo «pulito» che esprima direttamente l’azione sessuale: noi italiani «facciamo l’amore», «facciamo sesso», ma «sco*are» o «trom*are»” già sono parole piuttosto -acce (poi, certo, dipende dalle sensibilità). Per nominare la parte del corpo che reca gli occhi e la bocca possiamo dire faccia (registro basso), viso (registro medio) o volto (registro alto), ma per il ca**o e il culo e la f*ca non abbiamo altrettanta fortuna: le parole «p*ne», «vag*na», «vu*va», l’eufemismo «me*bro», eccetera, difficilmente possono essere usate seriamente in una narrazione seria. Dobbiamo sempre scegliere tra il volgare e l’anatomico, una parola per tutti i giorni, una parola da usare civilmente in qualunque situazione, non ce l’abbiamo. Peccato.
9. Ancora peggio degli eufemismi sono i puntini di sospensione, i trattini di troncamento, addirittura gli asterischi. Se si taglia a metà una parolaccia, o un’espressione oscena, o una bestemmia, il lettore comunque capirà: comunque nella sua mente la parolaccia, o l’espressione oscena, o la bestemmia, si formeranno. E così, paradossalmente, l’autore che decida di usare questi mezzucci – l’eufemismo, i punti di sospensione, eccetera – riuscirà nel più temibile dei risultati: senza parlar volgare lui, senza bestemmiare lui, riuscirà a costringere il lettore, anche il più pudico o il più timorato di Dio dei lettori, a parlar volgare e bestemmiare. Per carità: uno che scrive può darsi gli scopi che vuole. Ma questo lanciare il sasso e nascondere il braccio, è uno scopo onorevole? (In questo post, in effetti, ho usato gli asterischi: ma solo per non incorrere nelle ire di Face*ook).
10. Avevo detto che non avrei parlato in particolare della bestemmia. E invece sì, ne parlo. Citando questo passo da Libera nos a Malo, di Luigi Meneghello. Una meraviglia. Dove la bestemmia si trasfigura in lode del Creato (con la C maiuscola).
«Cicana sapeva un numero infinito di bestemmie; altre ne inventava. Una volta scommise di dirne trecentocinquanta tutte diverse una dietro l’altra, e vinse senza impegnarsi a fondo. Lo ascoltavamo incantati; era come una lauda pervasa da un vivo sentimento della natura e da un attento spirito di osservazione.
«Era di pomeriggio, ed eravamo nell’angolo d’ombra dell’ultima casa verso il ponte del Castello. La stramba litania ci faceva sfilare davanti agli occhi animali esotici e piccoli mammiferi nostrani, uccelli, pesci e rettili, la fauna dei letamai intenta ai suoi traffici, e la gaia flora dei marciapiedi, i grandi sputi gialli dei tabaccanti, scarlatti dei tisici. […] Le bestie selvatiche e domestiche, quelle innocue e quelle feroci, i pachidermi e le piccole polde, e fino i microbi e i bacilli che si stenta a vedere a occhio nudo; le bestie dell’aria, dalle poiane altissime agli sciami folti e bassi dei moscerini, le bestie del giorno e della notte, quelle delle acque limpide e dei gorghi scuri.
«Alle cento bestemmie Cicana lasciò il regno animale e passò alle piante, alle erbe, ai licheni, alle muffe; sulle duecento entrò nel mondo bruto della materia inanimata; alle trecento cominciò a toccare la sfera delle arti e dei mestieri, le strutture della società, il gioco delle passioni umane.
«Terminò col microcosmo dell’Uomo, dei suoi visceri attraenti insieme e repulsivi, delle sue mirabili funzioni fisiologiche; e compiuto il numero delle bestemmie pattuite, ne aggiunse alcune altre in supplemento, sciogliendo un inno all’Amore che chiamava però in altro modo: ormai faceva accademia, e fu fermato alle trecento e settantuna.
«Concluse con una bestemmia breve e solenne, raddoppiando il Nome di Dio».
(Giulio Mozzi)
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lollosdiner · 2 years ago
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Quando ero piccolo non mangiavo molte cose, però le cotolette le mangiavo. Mia nonna ha sempre cucinato come una dea e tutt'ora ho la fortuna di poter ancora mangiare quello che cucina, soprattutto ora che non mangio più solo pasta in bianco e cotolette. All'epoca pranzavamo anfora tutti insieme, mia mamma, mio zio, io e i miei due cugini e ovviamente mio nonno e mia nonna. Noi arrivavamo sempre prima, non perché non fossimo in ritardo, ma eravamo meno in ritardo. Fatto sta che mangiavo una cotoletta nel mentre e mi sentivo un privilegiato. A quella tavola ero l'unico che mangiava solo quelle, forse per questo mia nonna mi dava sempre qualche minuto di vantaggio sugli altri. Mio nonno sempre elegantissimo, un gentiluomo degli anni 30, mai una parolaccia, un modo di parlare erudito, un libro la settimana, amava Montalbano e gli si illuminavano gli occhi a parlare dei tuffi dagli scogli nella sua amata Sicilia della giovinezza, prima ancora del militare. Soprattutto un romantico immenso, cosa che purtroppo sono venuto a scoprire troppo tardi. Se la cucina fa parte della mia vita, comunque, è anche grazie a mia nonna. Lei mi ha fatto amare il cibo, come quando chiudo gli occhi e muovo la forchetta nell'aria. Lei sa di essere brava, per questo se sbaglia qualcosa pensa solo a quello, così un pasticcio (la gente di solito le chiama lasagne, noi no) ottimo lei non lo apprezza perché magari c'è un filo di besciamella di troppo. Amen. Quando le mando le foto di quello che cucino e lei mi chiede la ricetta mi sento un Dio. Mi manda al settimo cielo, quindi fanculo tutti, per questo cucino, per mandare le foto a mia nonna.
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kritere · 2 years ago
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Alessandro Cattelan ironizza su Diaco: “Una cosa molto brutta!”
DIRETTA TV Qualche giorno fa, Pierluigi Diaco, è andato su tutte le furie per una parolaccia pronunciata da un ospite. Il normale svolgimento puntata della puntata di Bella Ma’ è stato interrotto per porre l’accento sull’accaduto. Il conduttore si è esibito in una vera e propria ramanzina che ha fatto il giro del web. Sembra che anche Alessandro Cattelan sia rimasto molto sorpreso…
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ufficioreclami · 2 years ago
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Questa sera sul profilo Instagram di @alicia.ambrosini (siete pregati di seguirla se ancora non lo fate) ci sarà una diretta sulla legge 109, "Norme contro le discriminazioni determinate dall’orientamento sessuale e dall’identita’ di genere”. Il progetto di legge è stato presentato lo scorso anno, a gennaio 2022. Sta fermo lì. Dici 'non è urgente'. Dici 'vi occupare troppo dei diritti civili e non di quelli sociali '. Punto primo: diritti civili e sociali viaggiano sulla stessa strada e devono andare alla stessa velocità perché non è lasciando indietro uno che si rende il mondo un posto migliore. Punto secondo: ditelo a qualsiasi persona che sia LGBTQ+ che i diritti civili sono meno importanti. Ditelo aə trans che dopo avere fatto battaglie per essere chi sono devono anche stare lì ad aspettare che noi etero, col nostro buon cuore, lə guardiamo e diciamo 'ma sì, ti concedo di esistere '. Anche un po' col cazzo. Non basta una legge? Sono donna, pensa un po' se non so che non basta una legge neppure per togliere il cazzo di patriarcato dalla terra. Ma da qualche parte si comincia. Quindi sta legge va sbloccata. E se non la sblocca la Giunta attuale per le sue ragioni ci vuole un cambio radicale (oddio che parolaccia! Ha detto radicale!). Stasera ascoltate Alicia, che a questa legge ci tiene, potete ascoltarla pure con le cuffie in metropolitana, non dovete nemmeno andarci fisicamente, guarda sta diavoleria di Instagram. E ricordatevi di scrivere AMBROSINI sulla scheda elettorale il 12 e 13 febbraio. @possibileit @possibile_mi @pfmajorino @pattocivicopermajorino #scriviAMBROSINI #ilcoraggiodicambiare https://www.instagram.com/p/CoEd1DONsoK/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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deathshallbenomore · 2 years ago
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in my esperta di tecnologia per il solo fatto di essere nata a ridosso del ventunesimo secolo era
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lion-willy · 2 years ago
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Intervista
SEI SIMPATICO? penso di no
FRATELLI O SORELLE? una sorella e un fratello
IL COLORE CHE AMI INDOSSARE? viola e nero, ma anche gli altri
IL PROFUMO CHE USI? dipende dal sapone dallo shampoo e dal bagnoschiuma
HAI QUALCHE TIC? no
DESCRIVI IL TUO CARATTERE CON TRE AGGETTIVI POSITIVI E TRE NEGATIVI: per i positi soprassiedo, i negativi.... severo triste logorroico, volendo potrei continuare...
PROFESSIONE? mi giro i pollici
CHI AMMIRI? nessuno
PERCHE'? perchè non ammiro nessuno
FUMI? fumavo
TI SEI MAI FATTO UNA CANNA? sì
MANGI LE PASTE? poche volte
SEI FELICE? no
SOGNI O REALTA'? preferisco i sogni ma vivo la realtà
HAI ANIMALI IN CASA? Ora no (purtropo)
TRE CARATTERISTICHE CHE DOVREBBE AVERE LA DONNA IDEALE: ogni donna ha delle caratteristiche ideali
CHI E' LA PERSONA A CUI TIENI DI PIU'? lei lo sa
BACI O CAREZZE? baci e carezze
RACCONTA UN RICORDO IMPORTANTE LEGATO AD UNA CANZONE: tutte le canzoni che ho cantato
TI RITIENI PERFETTO? assolutamente no
PARLI MAI DA SOLO? no
CANTI SOTTO LA DOCCIA? sì
IL TUO MIGLIORE AMICO? non ho amici migliori
LA TUA MIGLIORE AMICA? non ho amiche migliori
TI PIACE VIAGGIARE? sì
VIAGGI SPESSO? ho viaggiato molto
IL POSTO IN CUI VORRESTI ANDARE: tornare in Tibet
IL POSTO PIU' BELLO PER PASSARE UNA VACANZA? troppi
SE FOSSI UN ANIMALE? leone
SE FOSSI UN FRUTTO? noce di cocco
SE FOSSI UN FIORE? edelweiss
SE FOSSI COLORE? viola
DOCCIA O BAGNO? se ho fretta la doccia se ho tempo bagno
RIDERE O PIANGERE? entrambi
CONSOLARE O ESSERE CONSOLATI? consolare
SOLE O PIOGGIA? entrambi (come la neve, la nebbia, il vento)
TRE COSE CHE PORTERESTI CON TE IN UN’ISOLA DESERTA? Cose..... carta e penna un coltello svizzero
DOLCE O SALATO? salato
AMORE O SOLDI? amore
BIONDA, ROSSA O MORA? dipende da cosa contiene il portacapelli
ALTA O BASSA? dipende da cosa contiene la scatola cranica
MACCHINA O MOTO? entrambe
MARE O MONTI? Mare, monti ma anche lago e campagna e città
VINO O BIRRA? entrambi
HAI MAI SOFFERTO PER AMORE? sì
HAI MAI FATTO LA LAVANDA GASTRICA? Sì
I TUOI TI HANNO MAI BECCATO A FARE SESSO? sì
LA COSA CHE NON HAI MAI FATTO E CHE VORRESTI FARE? Nulla perché l'avrei fatto
HAI MAI FATTO FUGA A SCUOLA?  sì
IL TUO SOGNO NEL CASSETTO? nel cassetto del comodino ho un block notes e una penna (per scrivere i sogni intendo)
HAI MAI RICEVUTO UNO SCHIAFFO SE SI DA CHI? sì, causa schiettezza
IL SESSO E' IMPORTANTE? molto come tutte le situazioni legate alla vita di coppia
TI SEI MAI UBRIACATO? sì
SAI ANDARE IN BICI? sì
IN SCOOTER? sì
DICI LE BUGIE? sì
A CHI? a chi capita
PERCHE'? per prendere per i fondelli
LA PAROLACCIA CHE DICI PIU' SPESSO? molte
QUANTE PAROLACCE DICI AL GIORNO? troppe
LA PRIMA COSA CHE PENSI LA SERA PRIMA DI ANDARE A DORMIRE? mi piacerebe fare sesso
E APPENA TI SVEGLI? mi piacerebbe fare sesso
DI CHE COLORE E’ IL TUO CELLULARE? Nero
LA TUA SUONERIA? una canzone degli Ac Dc
LA NOTTE SQUILLA IL CELLULARE... E' LA TUA EX... CHE FAI? Di notte spengo il cellulare
COSA PREFERISCI GUARDARE IN TV? non guardo la tv
QUANTE ORE GUARDI LA TV AL GIORNO? azz vedi sopra
CHATTI? sì
TI INNAMORI IN CHAT? è successo
ORO O ARGENTO? oro
ANDRESTI A VIVERE IN UN ALTRA CITTA'? l'ho già fatto ... ma torno ... prima o poi torno
IL MESSAGGIO PIU' BELLO? mi manchi....
QUELLO PIU' BRUTTO? Vaffanculo!!!
PERCHE' SEI A QUESTO MONDO? per soffrire e per rompere i coglioni
FINESTRA O BALCONE? entrambi
LA TUA SCUSA PER NON STUDIARE? nessuna, non ho mai avuto bisogno di scuse mi piace e piaceva studiare
LUNA O SOLE? entrambi ma la luna è la luna
NOTTE O GIORNO? notte
VAI A BALLARE? sì
DOVE? in ogni luogo, ballo anche dove non si balla
TRE COSE CHE GUARDI IN UNA DONNA FISICAMENTE? mani, occhi e movimenti (poi tutto il resto)
CARATTERIALMENTE? non saprei ci sono atteggiamenti che in alcune sono difetti e in altre mi piacciono
AMORE O AMICIZIA? amore
CAMBIERESTI QUALCOSA DI TE? no
LA TUA MATERIA PREFERITA? non esiste una preferita mi piace tutto
OCCHIALI? Sì
LIBRO PREFERITO? non saprei decidere
COME PORTI I CAPELLI? attaccati alla testa
A CHE PENSI? perchè non basta rispondere? bisogna anche pensare?
FAI SPORT? con il cervello molto
SEI INNAMORATO AL MOMENTO? sono sempre innamorato
SEI VENDICATIVO? no
DOVE SEI? nel letto
CREDI NEI COLPI D FULMINE? può succedere (ma io le chiamo reazioni chimiche)
CREDI NEI RAPPORTI NATI IN CHAT? a volte sì
CREDI NEGLI AMORI NATI DOPO LUNGHE AMICIZIE? no
DI CHI ERA L’ULTIMO MESSAGGIO RICEVUTO? non ricordo... aspetta che guardo.... una pubblicità
CHE DICEVA? Promo wind3
CUCINA PREFERITA? etnica
CIOCCOLATO O VANIGLIA? cioccolato
DORMI CON UN PELUCHE? come? molto spesso dormo con dei libri ma non di peluche
BEVANDA ALCOLICA PREFERITA? Rum e Cachaca
SEGNO ZODIACALE? leone
SEI MAI STATO INNAMORATO? sempre
USI LA MANO DESTRA O SINISTRA? ambidestro
LASCIARE O ESSERE LASCIATI? in ogni caso è un dolore
CHI VORRESTI AVERE CON TE IN QUESTO MOMENTO? lei
SALUTA: fanc........ ops.... ciao
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ma-pi-ma · 3 years ago
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"Mortacci tua!"
Non esiste Romano che nel corso della propria vita non abbia esclamato un "Mortacci tua!", fatece caso. Questo modo di dire è polivalente, può essere usato in qualsiasi circostanza e pò esse' più o meno volgare, dispregiativo o amichevole o di stupore, noi Romani il "Mortacci tua!", nelle sue varie forme lo usamo sempre o quasi e lo potemo condi' a nostro piacimento, come se stessimo a 'no street food della parolaccia:
1. "Mortacci tua!" Classico, può essere utilizzato sempre: come espressione di stupore ("mortacci tua che hai combinato"), come insulto a 'n incrocio o a 'n semaforo, al lavoro ovunque e anche come forma di saluto: "mortacci tua, te vedo in forma!"
2. "Tacci tua!" Chiaramente bonario e rivolto a un amico ("Tacci tua, me fai mori'!")
3. "L'anima de li mortacci tua!" Chiaro insulto esasperato, non vengono tirati in ballo i morti ma proprio le loro anime.
4. "L'anima de li mejo mortacci tua!" Come il precedente ma selezionato, vengono tirate in ballo solo le anime dei migliori avi.
5. "Mortacci tua e de chi non te lo dice co' na mano arzata!" Insulto bonario da comitiva. E' chiaro che tocca esse' in compagnia de più persone e si richiede la risposta del branco che risponde alzando il braccio a paletta col palmo della mano rivolto a 3/4 verso il cielo.
6. "Mortacci tua e de tu' nonno!" Pesante, l'offesa è pesante perchè non generica, i morti tua e pure quelli de tu' nonno, che poi so' gli stessi ma 'sticazzi, viene tirato in ballo un defunto prossimo.
7. "Mortacci tua e de tu' nonno in cariola!" Può sembrare come la precedente ma più pesante ma in realtà no, perchè nonno sta in cariola, l'immagine fa ride e strappa un sorriso, in realtà in cariola ce se mettevano i malati quando erano in sovrannumero rispetto ai letti degli ospedali.
8. "Li mortanguerieri!" Espressione di stupore. Qui si va molto indietro nel tempo, vengono tirati in ballo avi antichissimi, dei tempi in cui ancora presumibilmente, imbracciavano spada e scudo, i mortal guerrieri, appunto.
9. "Mortacci stracci!" Anche in questo caso l'espressione è di stupore. In questo caso però vengono presi in considerazione solo gli avi meno abbienti, quelli che facevano gli stracciaroli.
10. "Mortacci de Pippo!" Nessuna offesa. Qui non viene tirato in ballo nessuno, Pippo è 'na terza persona, un nome comunissimo, per cui non se insulta nessuno ma si esprime stupure per qualche fatto accaduto o di cui si sta parlando.
11. "Olimortè!" Espressione di stupore, detto un po' alla francese pe' dasse 'n tono, solitamente quando appare alla vista una bella ragazza.
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corallorosso · 4 years ago
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Se la 'libertà' perduta secondo Pio e Amedeo è dire 'froc*o e neg*o' in televisione “Non si può più dire nulla”. Il piagnisteo più popolare degli ultimi anni è che ci sarebbe stata tolta la libertà di ridere, parlare e scherzare su argomenti considerati ormai tabù. Non si può più dire neg*o. Non si può più dire froc*o. Non si può più dire tro*a. Ma se c’è qualcuno che potrebbe considerare questa epurazione linguistica un netto miglioramento rispetto al passato, c’è chi rimpiange i bei vecchi tempi andati in cui si poteva dire tutto. Intendiamoci, non che non lo dicano lo stesso, e con le stesse conseguenze di prima, ossia nessuna. Quel che si lamenta (e, guarda caso, a frignare più forte di tutti sono sempre maschietti bianchi eterosessuali) è che, sullo sfondo, c’è sempre qualcuno che protesta. Chi sono questi disturbatori del pubblico ludibrio? Chi sono questi scassapalle, questi musoni, questi attentatori del buonumore degli italiani? Siamo noi. Siamo i negr*, siamo i fro*i, siamo le tro*e. Siamo, per farla breve, quelle categorie che da secoli sono al centro del dileggio più o meno collettivo. E avremmo da dire due parole a chi continua a dire, dai palchi delle prime serate in televisione o dalle colonne dei più importanti giornali d’Italia, che ‘non si può più dire nulla’. Non è vero. Si può dire tutto. Anzi, si deve dire tutto, e ridere di tutto. Anche, per esempio, dei maschi eterosessuali. Facciamoci caso: esiste una parola, in tutte le lingue che ci vengono in mente, che indichi con disprezzo il maschio, bianco, etero? Esiste un corrispettivo di ‘froc*o’ (faggot, pédale, maricon, Schwuchtel) per indicare chi froc*o non è? Non perdete troppo tempo a rifletterci: non c’è. E anche solo questo dovrebbe far capire che a rivendicare il diritto di insultare (perché di insulti si tratta) il resto dell’umanità è una categoria molto privilegiata, che sta lottando con le unghie e con i denti per non perdere questi privilegi. Ma andiamo a un esempio pratico: parliamo di Pio e Amedeo. Il duo comico pugliese, che con il programma 'Felicissima Sera' ha fatto record d’ascolti e conquistato il pubblico italiano, in un’intervista a Libero (e a chi se no) ha annunciato che domani, in occasione dell’ultimo episodio, dirà tutte le ‘parole proibite’: “Elencheremo tutte le parole che non si possono più dire in tv, quelle bandite: 'negro', 'frocio', tutte. E sai perché? Perché la cattiveria non è mai nella lingua, ma nelle intenzioni. Se dici a un tuo amico 'ué negro, andiamo a mangiare?' non lo offendi, se gli dici 'nero di merda!' sì". La cattiveria non è nella lingua, ma nelle intenzioni. Questo meccanismo logico è lo stesso usato qualche giorno fa da Andrea Ostellari per affermare, con una notevole faccia tosta, che ‘froc*o non è insulto, dipende dal contesto’. Cosa è il contesto? Il contesto è quella linea che demarca l'insulto dalla presa in giro. Non è una linea semplice da vedere, e molti non ci riescono, polarizzando in questo modo la discussione. Ma nessuno ha il diritto di dire cosa fa ridere e cosa non lo fa. C'è chi può trovare offensiva una parola e chi no, ma quel che si contesta è che a essere usate sono sempre le stesse parole, che sono state (e sono ancora, checcé ne dica Ostellari) insulti rivolti sempre alle stesse categorie. Chiariamo una cosa: non esiste modo per impedire alle persone di pensare e dire quel che vogliono. No, nemmeno il Ddl Zan, sebbene Simone Pillon ne sembri così convinto. Anche in caso di approvazione, nessuno verrà mai ad arrestarvi perché urlerete froc*o a qualcuno. E chiariamo anche un’altra cosa: la parolaccia, o l’insulto detto in maniera confidenziale è una cosa che è sempre esistita, anche quella in tutte le lingue del mondo. È il motivo, per esempio, per cui è perfettamente normale tra gli afroamericani chiamarsi ‘nigga’, come lo è il dirsi ‘froc*o’ tra persone omosessuali. È un meccanismo linguistico molto antico, che consiste nel prendere un insulto e trasformarlo in bandiera. Ma questa cosa funziona all’interno di una comunità, dove quella parola acquisisce significati diversi. Da fuori, il discorso cambia. Il maschio, bianco eterosessuale questa cosa non può capirla, perché - come già detto - non ha mai fatto parte di una minoranza. È vissuto per millenni nella convinzione che tutto gli fosse concesso e adesso che le altre categorie umane cominciano a mettere dei paletti, blatera a vuoto di ‘rispetto’, di ‘ghettizzazione’, di concetti che non ha mai sperimentato, di cui non è mai stato vittima, in tutta la storia dell’umanità. Ma non occorre partire per la tangente, basta fermarsi a questa semplice considerazione: due maschi bianchi eterosessuali domani sera, su Canale 5, siccome ‘non si può dire niente’, snoccioleranno i peggiori insulti che una persona omosessuale, una persona di colore o una donna possano ricevere. Lo faranno in nome della loro libertà. Di cosa, non è chiaro. Ma lo faranno. Gli verrà concesso di farlo. Non ci sarà alcuna conseguenza. Meno male che non si può più dire nulla. Ps: consiglio per Pio e Amedeo. Provate anche a dire una bella bestemmia. Se volete fare i ribelli, fateli fino in fondo. Giuseppe Cassarà
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spettriedemoni · 4 years ago
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Quando ho imparato il russo
Nella sala bingo dove ho lavorato per diversi anni, spesso venivano assunte anche ragazze dell’est Europa. Qualcuna per pochi mesi, altre con contratti a tempo indeterminato.
Una di queste era Nora. Aveva gia due figli piuttosto grandi. Uno, il più giovane era studente in un istituto tecnico e faceva il pallanuotista, il più grande era entrato nell’alberghiero per diventare chef. Spesso ci raccontava che il figlio le aveva cucinato qualcosa di buono prima che lei venisse a lavoro. 
Era bella Nora, ma non la classica bionda pallida dell’est che ti potresti aspettare, in realtà era mora di capelli, nerissimi e gli occhi erano più tendenti all’orientale come taglio. Il padre era tartaro. Sua sorella invece era biondissima, proprio lo stereotipo della ragazza bionda russa. Solo che in realtà non erano proprio russe ma moldave. Irina era la più grande delle due ed era abbastanza protettiva nei confronti della sorella minore. 
Sul lavoro era piuttosto affidabile Irina, non ho mai avuto problemi con lei e generalmente non perdeva soldi (a differenza di me) nel ridare il resto ai clienti. Inoltre spesso le toccava servire i settori più affollati. Ovviamente la clientela maschile l’apprezzava moltissimo. 
Poiché veniva dalla Moldavia parlava sia russo che rumeno, ma diciamo che era più madrelingua russa. Una sera che eravamo di turno insieme le chiesi come si dice “100″ in russo. la scelta di quella parola non so come mi venne, probabilmente per via del fatto che era di 100 Euro il fondo cassa che noi venditori avevamo nel borsello. Mi ricordo ancora il suono di quella parola “Sto”. Cioè “cento” in russo si dice “sto”. mi fece sorridere. Da lì in poi cominciai a chiederle altre parole a cominciare dai numeri, ovviamente, per poi andare ad altre parole e frasi tipo come salutarci e come chiedere “come stai?” o cose banali tipo il nome. Le chiesi anche qualche parolaccia perché non si sa mai quando potrebbero tornarti utili. Magari potrei incontrare qualche russo che mi offende ed è importante capirli per rispondergli a tono.
Aveva due figli ma mai ho chiesto nulla sul loro padre o sui loro padri perché date le loro diversità mi sono spesso chiesto se fossero di due padri differenti. Spesso mi raccontava che veniva al bingo dopo essere stata in una industria di carni a pulire e sanificare i loro locali assieme alla sorella. Faceva diversi sacrifici per avere una vita dignitosa. Mi aveva raccontato un po’ di sé di come era la vita nel suo Paese d’origine e mi disse che aveva dovuto fare anche lei il servizio militare. Disse che potenzialmente sapeva ancora smontare e rimontare una pistola in dotazione all’esercito russo. Mi raccontò che là spesso i genitori lasciano figli da soli a casa da piccolissimi, tipo a 8 anni, una catenina con le chiavi di casa al collo e poi questi andavano a giocare in strada. Mi è venuto da pensare a quanto è diversa la mentalità e la vita stessa in quei Paesi.
Un po’ tutta la vita sua era stata complicata, una volta si aprì un po’ di più e mi raccontò di come dovette cercare casa con il compagno lì in Moldavia. Avevano girato tanto finché non avevano trovato un alloggio a buon prezzo, molto più conveniente di tutti gli appartamenti visti fino ad allora. 
Solo quando era troppo tardi si accorsero che il motivo per cui quell’appartamento era conveniente era l’alto numero di scarafaggi presente. Sono sopravvissuti anche a quello. Poco tempo dopo si trasferì in Italia e poi arrivarono anche i figli. 
Spesso si malignava su di lei sul fatto che potesse aver conosciuto qualcuno che ne avesse fatto l’amante e che la ricompensava con casa e soldi. Non lo so, non ho mai saputo se fossero solo malignità o se ci fosse qualcosa di vero, ma conclusi che non potevo certo fare il moralista. Come mi sarei comportato io al suo posto? Sarei stato così ligio ai miei obblighi morali o avrei fatto come lei? Non so che situazione c’è nel suo Paese, non so com’era la sua vita prima di venire in Italia, ma di sicuro non era facile. 
Se fosse stata mia figlia avrei potuto biasimarla?
Siamo usciti insieme qualche volta assieme ad altri colleghi e di sicuro stava molto meglio vestita in “borghese” e non con la divisa del bingo, era una piacevole compagnia. Ormai ci salutavamo chiamandoci “tovarish” ossia “compagno” in russo. Per diversi anni le ho fatto gli auguri il 7 gennaio perché da ortodossa per lei il Natale arriva a gennaio e non il 25 dicembre. Il primo anno si meravigliò e mi ringraziò per essermene ricordato, poi lo ha trovato normale. 
Non lavoro più da tanto al bingo, capita ci si senta però. 
Ha un nuovo compagno ed ha avuto altri figli. 
Nonostante le difficoltà nella vita, non è diventata cinica e mi ha sempre detto che credeva ancora all’amore. 
L’ho sentita l’ultima volta il giorno del suo compleanno. Mi ha ringraziato in russo, come sempre, e ha aggiunto “compagno”.
“Spasibo tovarish”
“Spasibo” una parola stranissima da pronunciare ma che significa “grazie”.
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stupid-illusion · 5 years ago
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100 Domande ⚡️🍕
1. Iniziamo? Vamos
2. Nome? Martina
3. Mese? Febbraio
4. Sei uomo o donna? Donna
5. Colore dei capelli? Castano chiaro
6. Colore degli occhi? Cangianti
7. Altezza? 1.68 ( credo)
8. Vorresti cambiare il tuo nome? Naaah
9. Hai animali domestici? No
10. Sorelle o fratelli? Entrambi
11. Animale preferito? Lupo
12. Qual è l'ultimo manga che hai letto? Non leggo
13. Di cosa hai paura? Di perdere le persone che amo
14. Ultima cosa che hai bevuto? L’acqua
15. Social Network preferito? Instagram/ Tumblr
16. La pagina web più visitata oggi? Credo Instagram
17. Ultima canzone ascoltata? Unliked you
18. Ultima volta che hai pianto? Buh
19. Hai mai frequentato due persone contemporaneamente? No
20. Sei mai stato/a tradito/a? Si
21. Hai mai perso qualcuno di speciale? Si
22. Sei mai stato/a depresso/a? No
23. Ti sei mai ubriacato/a e poi hai vomitato? No
24. Elenca 3 colori che ti piacciono? Blu, nero e grigio
25. Sei nato a: Catania
26. A come: Ariana
27. C come: Camila
28. Riso fino a piangere? Yep
29. Incontrato qualcuno che ti ha cambiato la vita? Di bene in male ma si
30. Capito chi sono i tuoi veri amici? Si.
31. Beccato qualcuno che stava parlando male di te? Mmh no
32. Baciato qualcuno dello stesso sesso? Si
33. Quante persone tra i tuoi amici di Facebook conosci realmente? Quasi tutti
34. Con quante persone parli in questo momento? Un 6 credo o forse di più boh
35. A che ora ti sei svegliato/a questa mattina? Alle 12:30 credo 🤭
36. Che stavi facendo la notte scorsa? Cazzeggiavo
37. Qual è la cosa per la quale non riesci ad aspettare per niente? Mangiare la pizza
38. Credi in te stesso? Ahahahah anche no
39. Qual è la cosa che ti auguri di trovare nella tua vita? Lavoro, amore e felicità
40. Che cosa stai ascoltando ora? Niente
41. Che cosa ti da sui nervi in questo momento? Il non sentirmi abbastanza
42. Cioccolato bianco o nero? Nero
43. Al latte o fondente? Entrambi ahaha
44. Hai tatuaggi? Yes
45. Hai piercing? Yes
46. Cosa ti piace di te? Nada
47. Sei di destra o di sinistra? Dritto
48. Hai cicatrici sul tuo corpo? Ni
49. Il ricordo più bello legato alla tua infanzia? Vacanze di natale quando ancora c’era mia zia
50. Frase che dici più spesso? Boh
51. Sport: secoli fa pallavolo
52. La migliore qualità? Non esiste
53. Primo concerto? Giugno 2017
54. Peggior difetto? Io sono un difetto ahahahah
55. Stai mangiando? Nope
56. Stai bevendo? Si il mio amore😍
57. Sai cantare? Come un usignolo
58. Stai aspettando? Si per andare a fumare
59. Quanti bambini vorresti avere? Boh
60. Vuoi sposarti? Mi è indifferente
61. Meglio rimpiangere di non avere tentato o pentirsi di averlo fatto? Pentirsi di averlo fatto
62. Giorno o notte? Notte
63. Labbra o occhi? Occhi
64. Abbracci o baci? Entrambi
65. Storiella o relazione seria? Prossima domanda ahahah
66. Hai mai baciato una persona che non conoscevi? No
67. Bevuto un liquore forte? Si
68. Perso gli occhiali o lenti a contatto? Non li porto
69. Fatto sesso al primo appuntamento? No
70. Spezzato il cuore di qualcuno? Purtroppo sì
71. Avuto il tuo cuore spezzato? Si
72. Essere o apparire? Essere
73. Un obiettivo? Assicurare ai miei un futuro tranquillo
74. Sei mai stato arrestato/a? No
75. In te prevale sentimento o ragione? Dipende dalla situazione
76. Avuto una cotta per una persona del tuo stesso sesso? Si
77. Avuto più di un ragazzo/a contemporaneamente? No
78. Detto a qualcuno che lo ami e non era vero? No
79. Cosa fai quando ti senti giù? Musica e sigarette
80. Credi nell'amore a prima vista? Perché no
81. Nel vero amore? Dipende
82. Nel bacio al primo appuntamento? Perché no
83. Negli angeli? Non sono credente ma so che ho una persona sempre al mio fianco
84. C'è una persona che vorresti lì con te adesso? Si..
85. Credi di piacere a qualcuno? Boh
86Ti manca qualcuno? Se si,chi? I miei amici
87. Sei felice? Indifferente
88. Fumi? Non troppo
89. La cosa più bella che ti hanno detto guardandoti in faccia? C’è molto di più dietro al colore dei tuoi occhi
90. IPhone o Samsung? iPhone
91. Suoni qualche strumento musicale? Se si,quale? No
92. L'ultima persona che hai abbracciato? Mio nipote
93. L'ultima persona con cui ti sei tenuta per mano? La mia amica
94. Ti stai annoiando? Ma guarda giusto un po’ tanto ahahah
95. Dolce o salato? Eh dipende
96. La parolaccia che dici più spesso? VaffanculA
97. Numero preferito? 4
98. Dove sei? A casa
99. Che fai? Sto a letto
100. SALUTAMI!
CIAUUUUU ⚡️
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il-diario-di-moon · 4 years ago
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Una cena insolita...
Arriva l'ora di cena...
vedo Light pensieroso...
dovrò chiedergli che succede?
o forse no? ! e se poi si arrabbia?
mi domandavo mentre sorseggiavo il mio bicchiere di the alla pesca...
i miei pensieri vennero interrotti da Light...
L: Sai Moon stavo pensando una cosa...
M: cosa?
L: penso proprio che ti sculaccieró ogni giorno...
(per poco non mi strozzavo)
M: Mha.... perché.??
L: Cosi per prevenzione Moon... a meno che tu non sia stata un angioletto tutto il giorno... ahahahha ma ne dubito fortemente...
M: mha.... perché mi sfotti ?
L: Perché posso monella!!!
M: Sei cattivo! e poi io non voglio essere sculacciata tutti i giorni...
L: bene!!! allora sii un angioletto tutti i giorni ... non farmi arrabbiare, esegui le facende domestiche e tutti i tuoi doveri cosi sarà tutto apposto.
M: Mah light...
L: Niente ma signorina. tanto cosa ti cambia? ormai le prendi gia tutti i giorni...
M: 😳
il mio viso diventò subito rosso per l imbarazzo... è così disinvolto nel pronunciare tutte quella parole
io non riesco nemmeno a deglutire...
L: funziona cosi d ora in poi ho deciso!... io vedrò il tuo comportamento di tutta la giornata e la sera facciamo i conti signorina..
Mi disse strizzandomi l'occhio...
M: 😮😮😮 mha...
ero incredula... non potevo credere alle mie orecchie...
L: stai già ribattendo troppe volte Moon... vedila così. ci sono giorni che le prendi anche 2 volte in una giornata ti salvo da qualche sculacciata. Ovviamente le punizioni dureranno un po meno, ma ti assicuro che quel tuo bel culetto diventerà bello rosso...
Non so se hai notato ma ho ripreso ad uttilizzare anche il mestolo... chissà cosa potrà essere il prossimo...
tutto questo lo sottolineava toccandosi la cintura che porta ai pantaloni...
M: 😳
ormai non riuscivo quasi più a dire una parola
mi diede un buffetto nella guancia e si alzò dal tavolo... ed io rimasi li come un sasso incredula.
M:ma light sei serio?
L: ti sembra che io abbia voglia di giocare? ... che problema c è Moon, rilassati ... basta che tu faccia la brava ...
(CREDO SIA PROPRIO QUELLO IL PROBLEMA)
L: Sarò buono con te. hai 3 bonus.
M: 3 bonus? e cosa sono adesso queste cose.
L: posso abbuonarti 3 cose, ma non significa che potrai fare ciò che vorrai, ti tengo d'occhio ed a patto che non siano troppo gravi. posso abbuonarti che ne so una parolaccia, oppure che non sei stata troppo precisa nelle facende domestiche ... vedremo con il tempo.
M: ahhh.
( Sembravo una vera idiota.)
L: Stai serena Moon...
Mi lasciò così e andò verso il suo computer per visionare delle cose a lavoro..
rimasi in silenzio pensando già che sarebbe stata dura.
Ma lui vuole giocare con me!!!
per quanto uno possa pensare che sia spaventoso a me eccita parecchio tutto ciò...
Ed io accetto la sfida...
Anche se penso già che per domani ce l ho segnata !!! vedremo...
Continua....
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giulia-liddell · 4 years ago
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Qualcuno non sa sempre fare rumore, ma va bene così
Parole: 1749
Beta: Server di Discord
Fandom: Sanremo RPF (Cenone di Natale AU/Sanremo Family AU)
Ship: Nessuna (tecnicamente)
Avvertimenti: credo nessuno... Per una volta Diodato non è la punchline di una battuta
Note autore: Seguito di X, in cui Cally va a ringraziare Diodato e hanno l’occasione di parlare... Unrelated note: Happy Pride Month everyone!
Come gli è venuto in mente a quello lì di andarsi a cacciare nel capanno degli attrezzi da giardino? E come diavolo fa zio Bugo a sapere che è andato proprio là? Pensa Cally mentre si allontana dalla tavolata allestita all’aperto sotto il sole primaverile per cercare lo scomparso Antonio. In realtà non è esattamente dentro il capanno degli attrezzi, è più di fianco, seduto con una scioltezza che non sembra sua su una panchina. Tiene gli occhi chiusi e la testa appoggiata all’indietro contro la parete del capanno. Cally improvvisamente sente che è stata una cattiva idea venirgli dietro… Sembra… Una di quelle situazioni in cui non dovresti disturbare qualcuno, quando basta una persona ed i suoi pensieri. Ma ormai è lì e non è mai stato il tipo che si tira indietro, quindi fa qualche passo in più «Ehi.» dice a bassa voce per attirare la sua attenzione. Antonio apre gli occhi e si volta verso di lui, ma non sembra essersi spaventato, sembra quasi troppo distratto da sé stesso per spaventarsi davvero. Cally lo osserva meglio e corruga la fronte «Ma stavi piangendo?» chiede. Non è mai stato il tipo da girare troppo intorno alle cose o da frenare la lingua, quindi non può fare a meno di chiederlo mentre osserva la sua faccia arrossata e gli occhi lucidi e gonfi. Antonio annuisce e Cally pensa che sia perché non riesce a parlare, ma subito aggiunge anche «Sì. Stavo piangendo.» con la sua solita voce calma, anche se leggermente alterata. È incredibile come riesca a sembrare così composto anche in questa situazione.
Cally si rimangia il centinaio di battute che gli erano venute in mente da fare e con molta cautela si avvicina ancora un po’ per sedersi accanto ad Antonio. «Io volevo ringraziarti per aver difeso mio cugino… Lo avrei fatto anche io, anzi di solito lo faccio io, o Tarek… Ma grazie comunque… È fantastico anche il discorso che hai fatto… Ed è bello per una volta vedere anche te che ti ribelli alla zia Rita… Insomma non mi sarei mai aspettato che lo avessi fatto, sei così…» Cally si interrompe in cerca della parola giusta «Così “in una posizione privilegiata agli occhi dei nonni e degli zii”?» suggerisce Antonio facendo un mezzo sorriso mentre guarda un angolo lontano del giardino «Sì. Sì, esatto. Insomma sei il cugino perfetto, quello a cui tutti vogliono bene, sei quello che non deve mai sopportare offese e che non deve mai difendersi da nessuno… Ad essere onesto ti odiano un pochino tutti per questo… Cioè, io sicuramente… Anche il modo in cui hai trattato Elodie e Levante non mi è piaciuto per niente, insomma Levante ha diritto di fare quello che vuole e-» Cally non vorrebbe suonare offensivo, almeno non in questo momento, ma non può trattenersi dal buttare fuori quello che pensa «Ah è così che la vedi tu? Credi che a Natale io ce l’avessi con Levante perché ha chiuso la nostra relazione e si è messa con Elodie? Sicuramente non avevo preso benissimo la rottura… Questo è certo, ma… Non importa.» lo interrompe Antonio per poi rinunciare a quello che stava dicendo. L’attenzione di Cally torna al massimo «No, aspetta, adesso devi spiegarmi. Non puoi buttare l’amo così e poi non farci niente… Io… Prometto di non farne parola con nessuno, parola d’onore. Hai difeso mio cugino e ti sono debitore. So che non sono la persona più affidabile di questa famiglia, ma su una questione di onore non faccio cazzate.» si affretta ad incalzarlo. Antonio si volta improvvisamente per guardarlo negli occhi, come per testare che stia dicendo la verità, e Cally nota che sono di nuovo lucidi. Sembra davvero sul punto di ricominciare a piangere. «Lo giuri?» chiede con un filo di voce, perdendo solo per un attimo la sua compostezza. Cally si rende conto che ha bisogno che lui gli dica di sì, ha bisogno di liberarsi di un peso con qualcuno. «Lo giuro.» risponde seriamente guardando Antonio negli occhi per cercare di trasmettergli più fiducia possibile.
Antonio prende un respiro profondo e appoggia di nuovo la testa alla parete dietro la panchina, guardando in alto le poche nuvole bianche che viaggiano per il cielo azzurro. Sembra raccogliersi un attimo per farsi contagiare dalla serenità di quella giornata primaverile prima di riuscire a parlare «Io… Non ce l’avevo con Claudia, davvero… A Natale ho fatto delle gran puttanate, questo lo so e mi dispiace… Ma perché provavo invidia.» spiega Antonio sospirando. Cally non sa se è più stupito dall’aver sentito il signor Perfetto dire una parolaccia o dall’averlo sentito ammettere che era invidioso di qualcuno. Lui. Quello che di solito tutti invidiano. «C- Cosa intendi con “provavo invidia”? Perché lei è in una relazione e tu no?» chiede Cally sperando che dal suo tono si capisca che non intende prenderlo in giro. Antonio scuote la testa «Sarebbe davvero da bambini piccoli prendersela per una cosa così semplice, non trovi? Mi credete così infantile? Ouch… No… No, provavo invidia perché… Perché…» Antonio si interrompe e quel mezzo sorriso che era riuscito a fare scompare dalla sua faccia. Cally lo osserva con attenzione. Capisce perfettamente che si sta sforzando e non vuole assolutamente portarlo al punto di rottura «Ehi, ehi… Non devi mica sentirti obbligato, eh. Se non vuoi parlarne non fa niente… Possiamo parlare di altro… Possia-» prova a dire, ma subito Antonio lo interrompe «NO! No, ti prego… Se- Se non lo dico adesso non lo dirò mai più, lo so… Voglio solo… Voglio solo buttarlo fuori per una volta…» Antonio sospira e fa una piccola pausa prima di ricominciare «Perché loro riuscivano ad essere sé stesse ed io no.» dice, mentre alcune lacrime ricominciano a scendere silenziosamente lungo le sue guance. Cally resta a fissarlo un attimo. Sembra fuori posto tutta quell’amarezza in una giornata di sole così bella.
«Perché credi di non poter essere te stesso?» chiede con cautela Cally scrutando il volto di Antonio e riesce a notare una piccola smorfia involontaria che lui cerca subito di nascondere «”Stessa”» mormora sottovoce Antonio. «Come?» chiede Cally, che ha sentito benissimo, ma non ha afferrato il senso di quella correzione. Antonio chiude gli occhi e stringe le labbra, come se si stesse concentrando per farsi coraggio e poi parla con il suo solito tono calmo «Non credo di poter essere me stessa.» dice versando ancora qualche lacrima. Cally resta un attimo in silenzio mentre gli ingranaggi della sua mente rielaborano quello che ha appena sentito. Oh. Credo di aver capito. «Da quanto…? Perché non hai mai…? Io… Mi dispiace.» riesce a rispondere Cally prima di darsi dello stupido da solo «No, scusa. “Mi dispiace” è una risposta del cazzo. Io non avevo assolutamente idea di questa cosa e ti ho preso in giro per così tanto e ti ho sempre chiamato nel modo sbagliato e sicuramente non ho fatto altro che contribuire al tuo stato di malessere generale… Un “mi dispiace” non basta… Non ho modo di scusarmi per questo…» aggiunge subito con tono più deciso. «Come se io non ti avessi mai preso in giro… Con tutti voi… Ho rigirato il mio non poter essere me, insultando voi che ci riuscivate… Volevo mantenere quell’aria da “cugino perfetto” come se fosse una maschera… E… Non volevo perdere quell’attenzione che ricevevo… Non so neanche perché… Ci sono stati dei momenti in cui avrei voluto dire tutto, ma… Poi vedevo come le nonne parlavano di te o del ragazzo di Riccardo o di Anastasio e… Perdevo il coraggio…» cerca di tranquillizzarlo Antonio (?). Cally rimane un momento confuso «Tu sai davvero di tutti quanti? Perfino di me? Di Eugenio?» chiede e Antonio (?) gli sorride debolmente «Certamente. Mi hai mai sentito usare il tuo deadname? Siete la mia famiglia. Ho sempre ascoltato attentamente tutti i vostri discorsi e vi ho sempre osservati… Adoravo vedere le vostre bandiere in braccialetti, anelli, spille… Ho sempre guardato tutte le foto dei Pride a cui siete andati… Ma… Sì, ecco in un certo senso ho cercato di proiettare in quello che facevate voi…» spiega Antonio (?). Cally resta sorpreso dalla considerazione che dimostra per ognuno di loro, perfino per lui.  
«Cazzo… Prima di continuare il discorso, ti posso chiedere come preferiresti che ti chiami? Hai un nome scelto?» chiede subito Cally scuotendo la testa e fissa un attimo i suoi occhi di nuovo lucidi. Sicuro dopo devo portarle almeno un litro d’acqua per la reidratazione. «Ecco… Io… Ci ho pensato, ma… Non ne ho mai provato uno ad alta voce… Quindi… Un po’ mi mette ansia come cosa… Comunque… Volevo provare con “Anita”.» dice Anita. Cally annuisce «Ehi, peggio del mio soprannome idiota non può essere… Posso chiederti come mai Anita? Se ti va di dirmelo…» risponde e ad Anita si illuminano gli occhi «Ecco… Le versioni femminili di “Antonio” non mi piacciono e… Non volevo una cosa troppo simile al mio nome di battesimo… E… Mi sembrava un nome che ricorda abbastanza quello di battesimo, ma anche che suona completamente diverso… Se ha senso come discorso…» spiega lei. Cally annuisce «Sì, certo certo… Ha senso… Domanda: ti possiamo ancora chiamare “Godgiven” tra noi cugini? Tecnicamente è gender neutral, anzi forse più femminile dato che sappiamo tutti che Dio è una donna, ma voglio essere sicuro…» commenta subito e Anita scoppia a ridere, sembra anche che provi ad usare un tono leggermente più acuto. Cally sorride pensando che si è sentita abbastanza sicura con lui per tentare ad usare un timbro diverso «Davvero mi chiamate così? Ma è bellissimo! Certo, approvo al cento per cento il mio soprannome gender neutral! Ma… Ecco non credo di essere pronta a parlarne con gli altri… Io ecco… L’ho detto a te perché… Perché ne avevo bisogno e perché… Beh tu sei non-binary e sei una lesbica quindi… Sei la persona con un’esperienza più vicina alla mia che io conosca… C’è sempre Eugenio, ma lui è un ftm gay, non è proprio la stessa cosa e… Non ci conosciamo molto…» risponde lei con un sorriso e Cally le fa un occhiolino «Non preoccuparti Anita, il tuo segreto è al sicuro con me. E quindi sei una lesbica anche tu, eh? Sempre bello conoscerne altre… Se ti senti tranquilla a restare un paio di minuti da sola, ti porto un po’ d’acqua…» propone Cally e Anita annuisce «Grazie mille… Davvero… Comunque sono pan.» dice con un piccolo sorriso. Sembra più serena. Beh sicuramente gli eventi hanno preso una piega inaspettata.
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