#Le vite degli altri
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Das Leben der Anderen (2006)
#film#movie#Das Leben der Anderen#le vite degli altri#the lives of others#von Donnersmarck#germany#deutschland#Hagen Bogdanski#Ulrich Mühe#Martina Gedeck#Sebastian Koch
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Il film capolavoro sulla Berlino e sulla Germania ai tempi della DDR e della Stasi.
#berlino#Berlin#DDR#Germania#Stasi#Germany#le vite degli altri#das leben der anderen#the lives of others#cinema#kino#film#movie#oscar#2007
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Le vite degli altri (Das Leben der Anderen) di Florian Henckel von Donnersmarck,
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Le Vite degli Altri: "Stefano" è il nuovo singolo
Dopo il singolo d’esordio Come fai, uscito a ottobre, Le Vite degli Altri pubblicano il loro nuovo brano intitolato Stefano, in distribuzione Artist First. Il singolo sarà contenuto nel primo ep del gruppo, in arrivo a inizio 2024, ed è un’ottima rappresentazione della musica del quartetto, fatta di chitarre impetuosamente malinconiche e vocals passionali, a tratti urlati, in un sound che tiene…
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#emergenti#genere musicale#le vite degli altri#musica indipendente#singolo#spotify#Stefano#streaming
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Ci vuole tatto.. Ad andare, a restare, a toccare.. Soprattutto a toccare le vite degli altri..
- Fabrizio Caramagna
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Ci vuole tatto.
Ad andare, a restare, a toccare.
Soprattutto
a toccare le vite degli altri.... ♠️🔥
(Fabrizio Caramagna)
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Ci vuole tatto. Ad andare, a restare, a toccare. Soprattutto a toccare le vite degli altri.
(Fabrizio Caramagna)
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E semo pure stupidi. Perché se impuntamo a fa’ il confronto co le vite degli altri. Che a noi ce sembrano tutte perfettamente ritagliate, impalate, ordinate. E magari so così perfette solo perché noi le vediamo da lontano
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E siamo pure stupidi, perché ci impuntiamo a fare il confronto con le vite degli altri, che ci sembrano tutte perfettamente ritagliate e impilate e ordinate, e magari sono così perfette solo perché noi le vediamo da lontano.
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130 SOLDATI ISRAELIANI SI RIFIUTANO DI CONTINUARE A COMBATTERE
Una lettera aperta firmata da 130 soldati israeliani dichiara che non presteranno più servizio a meno che il governo non si impegni a raggiungere un accordo di cessate il fuoco nel territorio di Gaza.
La lettera inviata dai riservisti e dalle reclute del Corpo corazzato, del Corpo di artiglieria, dell’Home Front Command, dell’Aeronautica militare e della Marina è stata indirizzata al governo israeliano, tra cui il primo ministro Benjamin Netanyahu, i membri del gabinetto e il Capo di Stato maggiore dell’esercito. “Continuare la guerra a Gaza non solo ritarda il ritorno degli ostaggi dalla prigionia, ma mette anche in pericolo le loro vite”, si legge nella lettera, aggiungendo che sono stati uccisi più prigionieri durante gli attacchi israeliani di quanti ne siano stati liberati. “Noi annunciamo che se il governo non cambia immediatamente rotta e non lavora per raggiungere un accordo per riportare a casa gli ostaggi, non saremo in grado di continuare a prestare servizio”, si legge nella lettera. Secondo il quotidiano israeliano Haaretz , molti soldati si sono rifiutati di presentarsi per compiti di riserva che prevedono missioni specifiche, mentre altri stanno valutando se rifiutare.
In Israele si sono accese forti reazioni negative tra la popolazione e nell’esercito per non aver accettato alcun accordo di cessate il fuoco. Migliaia di israeliani stanno scendendo nelle piazze per chiedere il rilascio dei prigionieri e la fine della guerra a Gaza, chiedendo al governo di rispondere delle sue azioni per non essere riuscito a raggiungere un accordo.
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Fonte: Haaretz; immagine di Pollinations AI
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Anni fa, agli inizi della mia
carriera, un amico e collega più anziano di me mi disse
che la vita fino a una certa età serve per mettere insieme
cose, pensieri, persone.
Poi, da un certo punto in poi, si deve avere l'accortezza e la
saggezza di iniziare a mollare la presa.
Prima che sia tardi.
Lasciare andare, se hai fortuna con calma e
progressivamente, un pezzo alla volta.
Fino a presentarti all'appuntamento nudo come quando sei
venuto al mondo.
Mi disse che sperava che le sue ultime parole fossero :
"Ecco qui. Sono pronto."
Certo che non piace sentirsi ricordare un fatto che mette in
crisi business plan e marketing e social media manager.
Soprattutto su pagine come queste.
Dove si cerca giustamente di sistemare il primo di pezzo di
vita.
Ma in questa epoca di vite sgangherate e smemorate
ispirate ai reel e tik tok degli altri, vivendo sempre nella
speranza di sfuggire ad una resa dei conti che ci metterà di
fronte ad un bilancio di dare e avere probabilmente in
passivo di amore, penso che sia un suggerimento che
dovrei tenere davvero caro.
Perdo e perderò molti pezzi a cui tengo, di cui sono
innamorato e geloso.
Pezzi miei e pezzi altrui.
Pezzi di proprietà e pezzi che non sono mai stati miei.
Una Caporetto esistenziale inevitabile.
Ma anche tutto questo perdere avrà un minimo di senso, se
mi ricorderò, già da ora, che tutto, mio e non mio, è solo un
noleggio, un prestito, un affitto, un comodato d'uso al
massimo.
Da ritornare in buono stato e spalmato di amore.
Almeno in pareggio di bilancio.
Almeno per farmi ricordare bene
Anche su queste pagine.
Sebastiano Zanolli
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06/08/1945
La prima bomba atomica
fu sganciata su Hiroshima
Sono le 8,14. L'aereo è giunto su Hiroshima. La bomba denominata Little Boy precipita. Alle 8,15 la bomba esplode a poco meno di seicento metri d'altezza.
Un lampo, un ciclone di fuoco, un fungo gigantesco che saliva al cielo, poi un vento della forza di 1200 chilometri e la città scomparve dalla faccia della Terra, non con una morte nera ma con un abbagliante sole sceso sulla terra.
In 70 mila muoiono all’istante, spazzati via dalla potenza della deflagrazione dell’ordigno, come circa il 90% degli edifici presenti in città. Altri 100 mila moriranno nelle settimane e nei mesi successivi a causa delle ferite riportate e per l’avvelenamento da radiazioni.
Vite umane liquefatte, ritornate atomi, calcinati i corpi, ustionati, piagati e contaminati dalle radiazioni dal punto zero fino a dodici chilometri di raggio. Fu questione di un attimo, per molti abitanti appena il tempo di percepire l’immenso lampo luminoso.
Nella zona dell’ipocentro la temperatura balzò in meno di un decimo di secondo a 3000-5000-50.000- 800.000 °C. Ogni forma di vita nel raggio di ottocento metri svanì in seguito all’evaporazione dovuta al tremendo calore.
Tutto è finito, arso, smaterializzato, tutto è ritornato in molecole, in atomi. In quel fungo rossiccio che si alza in cielo, ci sono gli atomi di migliaia di esseri umani.
Quando scompare la nuvola, di Hiroshima non resta più nulla. Una città con la cornice della morte.
La sera, il Presidente Truman annuncia la verità al mondo. Truman è felice.
"Con questa bomba noi abbiamo ora raggiunto una gigantesca forza di distruzione, che servirà ad aumentare la crescente potenza delle forze armate. Stiamo ora producendo bombe di questo tipo, e produrremo in seguito bombe anche più potenti." (Comunic.Ansa, 6 agosto 1945, ore 20,45).
- web
"L'uomo ha inventato la bomba atomica,
ma nessun topo al mondo
costruirebbe una trappola per topi."
- Albert Einstein
Albert Einstein non partecipò mai attivamente alla costruzione della bomba atomica, ma la sua formula E= mc^2 fu indispensabile per sviluppare la bomba atomica perché implicava l’equivalenza tra massa ed energia generando una bomba a fissione nucleare, un’arma di distruzione di massa.
Einstein si oppose all’uso militare del nucleare, ma aiutò la ricerca fiducioso del fatto che l’America non avrebbe mai usato le bombe per attaccare e distruggere ma solo in caso di difesa, qualora costretta.
- InStoria, Einstein e la bomba atomica
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Un sabato sera dai minuti contati questo.
Raggiunta casa di mia madre, entro in silenzio e come immaginavo lei è già a letto. Le chiudo la porta della camera per non disturbarla, mentre sistemo la spesa che le ho fatto, controllo nel frigorifero le confezioni di alimenti scadute. Le rimuovo buttando il contenuto negli organici.
Lei puntigliosa su queste cose, ora non le riesce più di controllarle.
Un rapido riassetto alla casa, ma non le metto a posto tutto. So quanto ci tenga a dimostrare di saperci ancora fare con le pulizie, diciamo che pulisco dove c'è da spostare o alzare qualcosa di pesante.
Mi giunge la telefonata di figlio 2 "Papà ci sono le pizze da infornare, sai che dopo devo uscire".
Mi avvio a casa, dopo aver avuto cura di sistemare le medicine dentro il porta pillole settimanale, in modo che mia madre non sbagli.
La frase di mio figlio "...sai che dopo devo uscire" era incompleta.
La verità è che lo dovrò accompagnare io. In auto raccogliendo tre suoi amici.
Le pizze sono uscite molto buone questa sera, forse la pioggia che insiste me le farebbe gustare meglio se Gabriele non uscisse. Se ancora per un sabato sera fosse il mio scricciolo a casa. Ma non sarebbe giusto per lui.
Appuntamento sotto lo stadio cittadino, poi seconda stella a destra, questo è il cammino, e poi dritto fino al mattino, poi la strada la trovi da te, porta a una pensilina dove c'è un altro amico per voi tre. Anzi quattro, maledetta rima.
Li ascolto parlare, mi fanno sorridere e anche ridere. Non hanno nulla che non vada bene. Sono ventenni con la voglia di vivere e divertirsi. Lo ero anche io. Forse non sentendomi mai amico al pari degli altri.
Tipo strano "il Rino", sempre assorto e spesso assente.
Li lascio alla pensilina concordata dove il quinto amico li aspetta, e si fanno i nomi di altri che arriveranno più tardi. Forse.
Li saluto, Gabriele inaspettatamente mi saluta baciandomi. "Non ti preoccupare pa' sarò bravo e starò attento, come vuoi tu".
Non ho nulla da obiettare, riparto. Alla prima rotatoria inverto il senso di marcia, un'ultima occhiata a qui sorrisi, a quella complicità di amici che legano le proprie vite in un patto di sangue, di quelli indissolubili che se ben curate, come relazioni, potrebbero durare davvero a lungo.
Nel mio ritorno solitario penso alle mie amicizie perse, al fatto che mi sento solo ed estraneo anche in mezzo ad altre persone.
Ho sempre pensato che la mia vita non avesse un senso, ma un senso l'ho trovato. Sono i sorrisi dei miei figli, la gioia dei loro successi, gli occhi innamorati di chi sceglieranno come persone con cui condividere la vita.
Questo non me lo voglio perdere. Mi madre e mio padre queste cose non le hanno mai viste. Mai. Io le voglio assaporare.
E mentre alla radio passa il brano "I love my life" di Robbie Williams, le sue parole:
I love my life
I am wonderful
I am magical
I am me
I love my life
Mi squarciano il cuore, e la pioggia è come se battesse direttamente sui miei occhi, e non sul parabrezza.
Sono solo, ovvero mi sento solo, ma dovrò aspettare. Aspetterò i successi e le gioie dei miei figli, prima di mollare.
Piove, vedo centinaia di ragazzi che si avviano alla discoteca.
Poco dopo incontro le ragazze sfruttate per dare del sesso a pagamento sui bordi delle strade.
Vorrei fermarmi, dare loro una coperta che le ripari, qualcosa di caldo da bere e la possibilità di dire loro: vai, sei libera. Puoi fare altro nella tua vita, perché hai forza di volontà da vendere.
Solo durante questi pensieri mi accorgo che in radio passa Sweet Disposition un pezzo che trovo meraviglioso dei The Temper Trap
A moment, a love
A dream, aloud
A kiss, a cry
Our rights, our wrongs
A moment, a love
A dream, aloud
A moment, a love
A dream, aloud
Stay there
'Cause I'll be coming over
And while our blood's still young
It's so young, it runs
Won't stop 'til it's over
Won't stop to surrender
Avere la forza, di superare, di aspettare chi è un passo indietro.
Mi sento maledettamente solo, anche se non lo sono. Sto male.
Ma in questo sabato sera i miei figli, chi in un modo e chi nell'altro, si divertiranno. Questo conta. Ne basta uno anomalo in famiglia. E quello sono io.
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So dove stare...
... Me l’ha insegnato la vita. Il posto migliore - nella vita degli altri - è sempre in qualche angolo di anima, all’ombra, dove è più semplice guardare senza essere visti. Quell’esserci silenzioso che non prevede la ribalta. Quel frammento di cuore a ritmo cadenzato che batte a tempo delle emozioni. So stare nel verso di una canzone, in uno scampolo di cielo al tramonto, in quello stralcio di conversazione che porta a me e fa nascere sorrisi di ricordo… So rimanere attaccata alla pelle senza per forza stringere in abbracci a morsa d’aria. Ho imparato che in quegli spazi di ombre risiedono i mondi segreti delle persone: i desideri più audaci, le paure inconfessate, le vite parallele, gli amori sbagliati più giusti del mondo, i sogni che facciamo fatica a raccontare a noi stessi… E a me piace stare lì. Ad ascoltare. A condividere. Ad accarezzare. A stare in silenzio. A dedicarmi. È come le prime note di “Clair de Lune” di Debussy. È come un palloncino colorato che ondeggia verso il cielo. È come quell’istante prezioso di felicità perfetta. È quello che vedi anche a occhi chiusi.
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LETIZIA CHERUBINO
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