#Le strade di Roma in Italia
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La via Flaminia da Malborghetto a Civita Castellana (secondo itinerario)
di Giovanni Caselli, da Le strade di Roma in Italia (vol.II°) Tratto della Flaminia da Malborgo a Civita Castellana Al XIX miglio siamo sopra Castelnuovo di Porto, dove sulla strada esiste ancora l’edificio della vecchia posta, reso celebre da Robert Browning in The Ring and the Book. Presso la stazione di Morlupo, alla Madonna della Guardia, XX miglio, vi era un grande fortilizio medievale a…
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#Antiche strade romane#Flaminia da Malborghetto a Civita Castellana#Le strade di Roma in Italia#Via Flaminia
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Ma voi tumbleri, abitanti di ogni dove in Italia, da quanto tempo non vedete immigrati o rom nelle vostre citta'? Sembrano tutti spariti, niente piu' sbarchi, niente piu' accampamenti di zingari, niente piu' tensioni con la cittadinanza. Roma sembra diventata Budapest. Che le cose vanno bene e che certi fenomeni sono solo un ricordo si capisce da tg, giornali e social. Nemmeno un accenno, nemmeno un trafiletto, niente twitter di politici, niente post e quei pochi casi che raramente affiorano e' retaggio di un passato lassismo comunista. Sinceramente, ero molto scettico su certe promesse ma poi, giorno dopo giorno ho visto come e' cambiata la mia citta'. In giro vedo solo gente dai tratti somatici cari a Vannacci. I rom sono stati fatti "nomadare" e quelli che prima bivaccavano per strade, piazze e giardinetti, probabilmente sono stati presi per un orecchio e rinchiusi in qualche CPR o rimpatriati. Finalmente i bimbi sono tornati in strada a giocare gioiosi senza l'assillo di madri che ne controllavano ogni mossa dalle finestre perche' in giro c'era l'uomo nero. Adesso giro per Trastevere ed e' un piacere farlo, niente spacciatori, niente ubriaconi. E' tutto un rispetto, un inchino continuo e un tripudio di "prego Robbe' , grazie Robbe' , scusi Robbe', buongiorno Robbe', omaggi alla sua signora Robbe'.. Non so da dove iniziare con i ringraziamenti ma abbraccio tutti, Premier, governo, prefetto, polizia, carabinieri, finanzieri, esercito e pompieri e tutti gli italiani che hanno sempre creduto in certe proposte su cui io ero molto, parecchio scettico. Non ci avrei scommesso un euro bucato e invece..
@ilpianistasultetto
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La 42enne romana violentata da un marocchino pochi giorni fa, in pieno giorno, in un sottopasso in zona Porta Pia, ha dichiarato di essere rimasta disgustata dal disinteresse della gente che passava nei paraggi, nonostante le sue urla e le sue richieste d'aiuto.
E sì che di tempo ce n'è pur stato, per intervenite, in quanto l'assalitore l'ha praticamente afferrata per strada, per poi trascinarla a forza in un sottopasso dove ha potuto fare i porci comodi suoi.
Purtroppo, la donna ha perfettamente ragione.
Ma deve comprendere che oggi , per la situazione politica che si è venuta a creare in Italia, NESSUNO PUO' più alzare un solo dito nei confronti di questi animali, altrimenti la sua vita è completamente finita, rovinata, ad opera di qualche giudice marxista di cui l'Italia e Roma, in particolare, è totalmente infestata.
Oggi infatti siamo ridotti al paradosso ideologico che, in una nazione dove c'è un governo di presunta destra, è in realtà la sinistra, dappertutto, a dettar legge SU COME NON SI MANTIENE l'ordine per le vie.
Trent'anni fa un atto del genere non si sarebbe mai potuto verificare.
Un po' perché i marocchini vivevano in Marocco, e non a Roma.
E un po' perché, in ogni caso, CHIUNQUE avesse tentato un atto del genere in pieno giorno sarebbe stato letteralmente linciato sul posto dai passanti, pensionate incluse, armate di borsette e ombrelli.
Oggi il cittadino italiano, laddove non troppo impegnato a guardare chi fotte chi in Temptation Island , o a farsi le pippe mentali con i Pacchi, DEVE ESSERE MESSO DI FRONTE AD UNA SCELTA.
Una scelta semplice.
VIVERE rivendicando la propria dignità e la propria superiorità nei confronti di queste bestie, o MORIRE da pecora nel proprio stesso paese per mano dei barbari invasori.
VIVERE non significa solo AGIRE, mettendo a rischio e a repentaglio il proprio futuro, vivendo da carcerato il resto dei propri giorni abbandonando la propria famiglia.
MA PRETENDERE da questo governo di insulsi traditori, debosciati ed effeminati, DI RIPULIRE LE STRADE DALLA FECCIA.
Costi quel che costi, fosse anche una guerra civile con i comunisti , inclusi i giudici che stanno dalla loro parte, oppure il rischio di CARCERAZIONE di chi ci governa.
Cazzi loro, sapevano a cosa andavano incontro quando si sono candidati e quel che c'era da fare e a che prezzo, quale scotto, quali gli avversari nei tribunali, oltre che nelle strade.
VIVERE , in poche parole, significa PRETENDERE.
A meno che non vogliamo farci giustizia da soli, nottetempo, armati e coi passamontagna in faccia.
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"Giacomo Matteotti fu assassinato da sicari fascisti il 10 di giugno del 1924. Lo attesero sotto casa in cinque, tutti squadristi venuti da Milano, professionisti della violenza assoldati dai più stretti collaboratori di Benito Mussolini. L'onorevole Matteotti, il segretario del Partito Socialista Unitario, l'ultimo che in Parlamento ancora si opponeva a viso aperto alla dittatura fascista, fu sequestrato in pieno centro di Roma, in pieno giorno, alla luce del sole. Si batté fino all'ultimo, come lottato aveva per tutta la vita. Lo pugnalarono a morte, poi ne scempiarono il cadavere. Lo piegarono su se stesso per poterlo ficcare dentro una fossa scavata malamente con una lima da fabbro".
"Mussolini fu immediatamente informato. Oltre che del delitto, si macchiò dell'infamia di giurare alla vedova che avrebbe fatto tutto il possibile per riportarle il marito. Mentre giurava, il Duce del fascismo teneva i documenti insanguinati della vittima nel cassetto della sua scrivania".
"In questa nostra falsa primavera, però, non si commemora soltanto l'omicidio politico di Matteotti; si commemorano anche le stragi nazifasciste perpetrate dalle SS tedesche, con la complicità e la collaborazione dei fascisti italiani, nel 1944. Fosse Ardeatine, Sant'Anna di Stazzema, Marzabotto. Sono soltanto alcuni dei luoghi nei quali i demoniaci alleati di Mussolini massacrarono a sangue freddo migliaia di inermi civili italiani. Tra di essi centinaia di bambini e perfino di infanti. Molti furono addirittura arsi vivi, alcuni decapitati".
"Queste due concomitanti ricorrenze luttuose - primavera del '24, primavera del '44 - proclamano che il fascismo è stato lungo tutta la sua esistenza storica - non soltanto alla fine o occasionalmente - un irredimibile fenomeno di sistematica violenza politica omicida e stragista. Lo riconosceranno, una buona volta, gli eredi di quella storia? Tutto, purtroppo, lascia pensare che non sarà così. Il gruppo dirigente post-fascista, vinte le elezioni nell'ottobre del 2022, aveva davanti a sé due strade: ripudiare il suo passato neo-fascista oppure cercare di riscrivere la storia. Ha indubbiamente imboccato la seconda via".
"Dopo aver evitato l'argomento in campagna elettorale la Presidente del Consiglio, quando costretta ad affrontarlo dagli anniversari storici, si è pervicacemente attenuta alla linea ideologica della sua cultura neofascista di provenienza: ha preso le distanze dalle efferatezze indifendibili perpetrate dal regime (la persecuzione degli ebrei) senza mai ripudiare nel suo insieme l'esperienza fascista, ha scaricato sui soli nazisti le stragi compiute con la complicità dei fascisti repubblichini, infine ha disconosciuto il ruolo fondamentale della Resistenza nella rinascita italiana (fino al punto di non nominare mai la parola "antifascismo" in occasione del 25 aprile 2023)".
"Mentre vi parlo, siamo di nuovo alla vigilia dell'anniversario della Liberazione dal nazifascismo. La parola che la Presidente del Consiglio si rifiutò di pronunciare palpiterà ancora sulle labbra riconoscenti di tutti i sinceri democratici, siano essi di sinistra, di centro o di destra. Finché quella parola - antifascismo - non sarà pronunciata da chi ci governa, lo spettro del fascismo continuerà a infestare la casa della democrazia italiana".
Antonio Scurati e la versione integrale (non censurata dalla Rai) del suo monologo scritto in ricorrenza del 25 aprile 2024, Festa della Liberazione dal nazifascismo in Italia.
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Migliaia di persone sono scese in piazza a Roma in Porta San Paolo in risposta al divieto “politico” di manifestare a sostegno del popolo palestinese sottoposto ad un genocidio e i bombardamenti israeliani sul Libano.
Nonostante una “tempesta perfetta” di ostacoli (clima di terrore seminato dai media, divieto della Questura, posti di blocco per i pullman sulle autostrade e delle strade intorno a Porta San Paolo, sciopero dei trasporti, pioggia) almeno novemila persone hanno sentito il dovere di opporsi ad un divieto imposto dal governo alla stessa Questura e al tentativo di cominciare – anche in Italia – a criminalizzare e impedire le manifestazioni per la Palestina.
La partecipazione è stata uno straordinario segnale e risultato politico, non del tutto inaspettato ma non nelle dimensioni con cui si è palesato nella piazza di Roma.
Non è stato consentito il corteo richiesto a gran voce dalla piazza ma solo il concentramento in piazza di Porta San Paolo che si è prolungato fino alle 17.30 dopo una sorta di corteo all’interno del perimetro della piazza.
Alla fine della manifestazione, una cinquantina di persone hanno sentito la indesiderata esigenza di azzuffarsi con lo schieramento della polizia in via Ostiense e lanciare alcune bombe carta contro gli agenti ricevendo come reazione l’acqua degli idranti, i lacrimogeni e le manganellate della polizia schierata, ci sono tre manifestanti feriti. Di conseguenza le cronache e i titoli dei telegiornali vengono già largamente monopolizzati da questo fattore e non dallo straordinario risultato politico ottenuto con il rifiuto di massa di un inaccettabile divieto di manifestare.
[...]
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"Frattamaggiore è una piccola città a Nord di Napoli, un comune di poco più di cinque chilometri quadrati, ma molto densamente popolato, cementificato e trafficato.
A Frattamaggiore ci sono molte banche e poche attività produttive ed è presente un gran numero di istituti scolastici pubblici e privati. Inoltre, a Fratta, ogni giorno si inaugurano nuovi bar, pub, sale giochi, punti scommesse e pizzerie che aumentano la capacità di attrazione di questo piccolo territorio di periferia.
Pochi, invece, gli spazi pubblici di aggregazione culturale, soprattutto per i giovani, che si riversano per le strade con in mano una birra, un cicchetto, una pizzetta o una canna di erba o di fumo e vengono accusati di schiamazzi notturni da una generazione che offre loro scarse alternative e pochi modelli culturali che esulino dalla logica della dipendenza e del consumo.
Eppure, per la sua storia e per la grande quantità di artisti nati in questo territorio, Frattamaggiore potrebbe diventare una autentica *città della musica*, con tutto l’indotto economico e socioculturale che questo potrebbe comportare.
Era di Frattamaggiore un genio dell’armonia come Francesco Durante (1684-1755) precursore della Scuola musicale che fece di Napoli, nel XVIII secolo, uno dei massimi centri operistici mondiali.
E sono o sono stati di Frattamaggiore una lunga serie di musicisti, soprattutto clarinettisti, sassofonisti e batteristi, legati al mondo del jazz, della musica classica, del rock e del pop.
Una lunga serie di cui sono stati antesignani i fratelli Pierino, classe 1927, e Gegè Munari, classe 1934, due meravigliosi diffusori del drumming jazz e del verbo swing in Italia.
Pierino – per anni nella Big Band della RAI e batterista di centinaia di colonne sonore composte da artisti del calibro di Ennio Morricone, Nino Rota e Piero Umiliani – se ne è andato nel 2017; Gegè, invece, è ancora attivo, energico e trascinante alle soglie dei 90 anni che compirà tra un paio di giorni, ed è giustamente considerato uno dei padri fondatori della “musica sincopata” italiana [...]."
Questo lo scrivevo un paio di giorni fa.
Oggi è arrivato il grande giorno del compleanno di Gege Munari. 90 anni compiuti.
Ieri, gli è stato conferito dal Presidente Sergio Mattarella il titolo di "Ufficiale della Repubblica".
Per chi si trovasse a Roma, Gegezz festeggia nel ristorante di Stefano Di Battista e Nicky Nicolai "Da Peppe a Tor Cervara".
Chi, invece, si trova a Frattamaggiore città della musica può venire alla prima serata dell'ottava edizione del Mediterraneo Reading Festival, che si tiene alle 20:30 al civico 27 di Via Lupoli.
#Frattamaggiore#munari#musica#città della musica#del prete#felicidades#mediterraneo#mediderraneo reading festival#gegè munari#fratta#swing#jazz#gegezz#consumismo#dipendenza
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LA ORCA, film "maledetto" del 1976, diretto da Eriprando Visconti, nipote del più noto Luchino, ambientato e girato a Pavia, quando la nostra città in quei decenni era una piccola "Hollywood di provincia", che vide grandi attori e registi aggirarsi per le strade del centro storico e paraggi. Fra le tante pellicole, molte di ambientazioni milanesi, MA girate a Pavia, per ricostruire scenografie caratteristiche o storiche, come "L'Albero degli Zoccoli" di Ermanno Olmi, vincitore della Palma d'Oro al Festival di Cannes, anno 1978 (sequenze in corso Cavour e piazza Botta). Non dimentichiamo Dario Argento e il suo "Le Cinque Giornate", né il romantico "Fantasma d'Amore" di Dino Risi con Marcello Mastroianni e Romy Schneider. Tornando a LA ORCA, con tre giovanissimi Michele Placido, Flavio Bucci e Vittorio Mezzogiorno, opera sesta del Visconti Jr., che immortala la città di Pavia in numerose sequenze, riconoscibilissimi la stazione ferroviaria (interno e piazzale esterno), Piazza della Vittoria, Piazza del Duomo, Corso Garibaldi, Borgo Basso e poi l'immancabile scena al Ponte della Becca - vero e proprio "must" cinematografico in quegli anni (come non citare il duello finale fra il commissario Tomas Ravelli (Thomas Milian) e il capo della banda dei marsigliesi (Gastone Moschin) nell'epico duello de "Squadra Volante" di due anni prima?) - LA ORCA riprende quella sordida Pavia degli anni Settanta, la rende ancora più "poliziottesca" e inquietante dei film di Stelvio Massi ("Mark il poliziotto", "Cinque donne per l'assassino"), più intrisa di lotta politica, più impregnata di sangue, violenza e suspence, dove la delinquenza delle cosiddette "batterie" è di casa, anzi di sotto casa, perché appena esci da uno dei tanti palazzi di via San Giovanni in Borgo e sei figlia di una ricca famiglia borghese pavese vieni sequestrata da tre pochi di buono (nefasta anticipazione a quello che succederà poi, negli anni a venire, a un pavese vero e in carne e ossa come Cesare Casella, tanto da fare uno storico esempio di caso mediatico televisivo). In un claustrofobico casolare nelle campagne pavesi si svolge il resto del film: ruoli che si ribaltano, scene disturbanti fra sequestrante e sequestrata, atmosfere claustrofobiche da clima horror, eros onirico e reale, e un finale da pugno nello stomaco. Dopo la sua uscita nei cinematografi italiani fu la pellicola a essere sequestrata dal Tribunale di Roma per scene di stupro estremamente spinte. Soltanto nel 2006 il film fu rimesso in circolazione tramite trasposizione in DVD. Costato appena 40 milioni di lire, il capolavoro di Visconti incassò più di un miliardo al botteghino finché fu libero di circolare. Fu il maggior successo commerciale del regista, tanto che lo spinse un anno più tardi a dirigere un sequel ("Oedipus Orca"), anch'esso in gran parte girato e ambientato a Pavia (con Miguel Bosè e ancora la protagonista del primo, Rena Niehaus, nel ruolo principale). Senza nulla togliere a capisaldi come "Il Cappotto" di Alberto Lattuada, a "I sogni nel cassetto" di Renato Castellani o a "Paura e amore" di Margherethe Von Trotta, opere classiche girate in riva al Ticino, LA ORCA resta ancora oggi un capolavoro della "Cinematografia alla Pavese", una chicca da vedere e rivedere, per capire com'erano le città di provincia, tipo Pavia, durante i difficili e duri anni di piombo. Assolutissimamente consigliato. DVD ordinabile in edicola, film guardabile in streaming su Prime Video. Cult-movie di nicchia, per pochi, ma senza eguali nel suo genere. LA ORCA (Italia, 1976, drammatico/poliziottesco, 90') di Eriprando Visconti. Con Michele Placido, Rena Niehaus, Vittorio Mezzogiorno, Flavio Bucci.
(rece: Mirko Confaloniera)
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@ig_italia 🇮🇹🤌 italia
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#italia #pasta
#Buongiorno ragazzi, dove e quando nasce la pasta?
Per rispondere a questa domanda bisogna partire dal fatto che per lungo tempo il modello alimentare della penisola si basava sul binomio carne–verdura, fino a quando nel 1630 a Napoli, sotto gli Spagnoli durante la grave crisi economica e sociale di quel periodo, vi fu lo svuotamento delle campagne e la concentrazione demografica in città, aumentando la grande carestia e portando la popolazione alla fame. Negli angoli delle strade spuntarono i primi cosiddetti “food track” ovvero i cucina spaghetti, dove la gente poteva sfamarsi.
Sempre all'ombra del Vesuvio, nel 1800, inizia il matrimonio tra spaghetti (o vermicelli) e la salsa al pomodoro, prima infatti la pasta veniva condita con grasso di maiale e formaggio.
Ma forme di pasta le ritroviamo anche nei secoli precedenti, dalle lagane prime sfoglie di pasta lavorate in epoca greco-romana simili a lasagne che venivano farcite con carne e cotte al forno, alla vera rivoluzione della pasta secca nel Medioevo, intorno al 1100, grazie alla tecnica di essiccazione introdotta dagli arabi in Sicilia per poter commercializzare i primi “spaghetti legati” in Liguria e Campania.
Possiamo dire che la pasta secca industriale, nasce in Sicilia grazie agli arabi nel Medioevo, ma piano piano risale la penisola, diventando pietanza di massa a Napoli, per poi essere esportata in tutto il mondo.
Noi ve ne proponiamo dieci a voi la scelta.
1. @angy.r_ a Bari Vecchia
2. @gabriellapozzi a Boccadasse
3. @osteria_da_fortunata_official a Roma
4. @elenamonteleone a Riomaggiore
5. @sciuralella nel Salento (amore passa
6. @ilmiopiattoacolori a Milano
7. @priiscillaguerra a Moncalieri video
8. @midivertoacucinare nel Salento
9. @thegingerwanderlust a Roma
10. @angi_polkadot in Puglia
#ig_italia #mediterraneo
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In molti paesi del mondo il Natale si festeggia il 7 gennaio e non il 25 dicembre. Il motivo della differenza nelle date tra cristiani orientali e ortodossi da una parte e cattolici e protestanti dall’altra risale all’antica Roma e ha a che fare con una differenza di calendario: i cattolici e i protestanti usano quello gregoriano, mentre il calendario delle festività degli ortodossi, il calendario liturgico, è indipendente da quello civile e basato sull’antico calendario giuliano.
Nel primo secolo avanti Cristo l’astronomo Sosigene di Alessandria elaborò il calendario giuliano che nel 46 a.C. venne adottato come calendario ufficiale da Giulio Cesare, in qualità di pontefice massimo, cioè supremo sacerdote di Roma che aveva l’incarico, tra le altre cose, di tenere il conto ufficiale degli anni. Da lì a poco, Roma avrebbe dominato direttamente o indirettamente tutto il bacino del Mediterraneo e qualcosa anche oltre, diffondendo insieme alle strade, alle terme e alle fogne anche il proprio calendario. Ma i calcoli di Sosigene avevano un problema: sovrastimavano la durata dell’anno solare di 11 minuti e qualche secondo. Questo significava – e all’epoca già si sapeva – che ogni 128 anni il calendario giuliano si sarebbe ritrovato in ritardo di un giorno rispetto alla posizione del sole.
Si arrivò così al 1582 in cui, secondo le osservazioni astronomiche, la primavera era già cominciata quando il calendario segnava ancora l’11 marzo. Il problema principale, però, non era avere solstizi ed equinozi nei giorni sbagliati, ma che risultava sbagliato il calcolo della Pasqua: le celebrazioni non venivano più officiate nel giorno giusto.
Papa Gregorio XIII prese dunque la decisione di cambiare le regole e impose il calendario che usiamo ancora oggi, il calendario gregoriano. La riforma di Gregorio XIII fu piuttosto drastica. Per recuperare i giorni perduti venne stabilito che dopo venerdì 4 ottobre si sarebbe passati direttamente a sabato 15: i dieci giorni di mezzo, in un certo senso, non sono mai esistiti.
Questo però non risolveva il problema della durata media dell’anno. Per evitare di perdere altri dieci giorni nel migliaio di anni successivo venne stabilito che gli anni multipli di cento sarebbero stati bisestili soltanto se fossero stati multipli anche di 400. Con il nuovo calendario l’errore annuale venne ridotto da 11 minuti e qualcosa a soli 26 secondi: il calendario gregoriano, quindi, sbaglia di un giorno ogni 3.323 anni.
Ma c’era un altro problema, di natura storica e religiosa. Alla fine del Cinquecento, all’epoca di Gregorio XIII, l’Europa era ormai saldamente divisa tra cattolici, luterani e calvinisti, mentre l’Europa orientale era quasi tutta, da più di cinque secoli, di religione ortodossa. Chi non era cattolico non vedeva di buon occhio le novità che arrivavano da Roma. La riforma venne subito adottata dai paesi cattolici e dai territori ad essi sottoposti: Francia, Italia, Spagna, Portogallo, Polonia, Belgio, Paesi Bassi e gran parte della Germania meridionale. I paesi protestanti si adattarono soltanto nel corso del Diciottesimo secolo, quando le rivalità religiose si erano affievolite e quando ormai gli scambi frequenti tra i paesi avevano reso avere due calendari diversi una vera seccatura.
I paesi ortodossi rimasero i soli a seguire il calendario giuliano: erano molto più lontani, avevano molti meno rapporti con i paesi che avevano adottato la riforma e quindi la discrepanza tra i due calendari portava a meno equivoci. E poi, a causa dello scisma tra la Chiesa orientale e quella cattolica avvenuto poco dopo l’anno Mille, non accettarono di compiere i loro riti sulla base di un calendario introdotto proprio dal Papa, di cui non volevano riconoscere la supremazia. A oriente si mantenne dunque il vecchio calendario e si continuò a festeggiare il Natale 13 giorni dopo la data gregoriana, cioè il 7 gennaio. Le altre feste “scalano” di conseguenza: l’Epifania è il 19 gennaio.
Oggi il Natale ortodosso è celebrato da circa 260 milioni di persone in tutto il mondo.
Alcuni ortodossi hanno preferito però adattarsi al calendario gregoriano: in Grecia, ad esempio, il Natale coincide con quello cattolico. Altri paesi hanno invece fatto la scelta di affiancare il 25 dicembre alla tradizionale festività ortodossa, e quindi di concedere un giorno festivo in entrambe le date. Lo hanno fatto per esempio la Moldavia nel 2013 e l’Ucraina nel 2017.
In Ucraina poi la questione è particolarmente complicata dagli ultimi anni di conflitti con la Russia (prima nel 2014, poi l’invasione del 2022), che hanno portato alla separazione della Chiesa ortodossa ucraina da quella russa e a crescenti divisioni. Quest’anno, per la prima volta la Chiesa ucraina ha consentito anche ai fedeli ortodossi di celebrare il Natale il 25 dicembre anziché il 7 gennaio come tradizione, provocando molte polemiche in Russia.
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⚠️ NOVITÀ IN LIBRERIA ⚠️
Renato Romano
COSTANTINOPOLI: BIGLIETTO DI SOLA ANDATA
Un viaggio in cammino, da Roma a Istanbul
Che cosa spinge le persone al cammino? Che cosa spinge l’uomo, o la donna, a cominciare un viaggio lungo mesi, percorrendo migliaia di chilometri a piedi e passando infinite giornate sotto il sole e la pioggia? Perché l’essere umano moderno, schiavo dell’automobile, delle comodità e della tecnologia, decide di passare un periodo in pellegrinaggio? La risposta a queste domande, spesso e volentieri, si trova proprio sulla strada.
Renato Romano, autore di “Giorno dopo giorno”, torna a Roma dopo cinque anni dall’arrivo nella Città Imperiale attraverso la Via Francigena, per ripartire verso quella che – secondo lui – è l’unica destinazione possibile.
In questa prima parte del lungo pellegrinaggio verso la Terra Santa, Renato descrive e documenta il percorso, la terra e le genti genuine che si trovano tra il Sud Italia e i Balcani. Attraverso le antiche direttrici romane, i cammini tradizionali e il torrido asfalto delle strade più trafficate, l’autore ci porta con sé nel suo viaggio straordinario, fitto di aneddoti e imprevisti, conoscenze e infiniti chilometri a piedi sulle Vie d’Europa.
INFO & ORDINI:
www.passaggioalbosco.it
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Turismo e infrastrutture in Italia: sviluppi chiave da seguire
L'Italia continua ad essere una delle mete turistiche più ambite a livello globale, accogliendo milioni di visitatori ogni anno. Oltre al suo patrimonio culturale, storico e gastronomico di fama mondiale, le recenti notizie sul turismo in Italia mostrano un’attenzione crescente verso nuove iniziative che stanno cambiando il modo in cui i turisti vivono il Paese. Contemporaneamente, le infrastrutture italiane sono in fase di ammodernamento per supportare la crescita del turismo e migliorare la vita quotidiana, potenziando i trasporti, gli alloggi e l’accessibilità per tutti.
Una rinascita del turismo: la strategia italiana per la crescita
L'Italia sta puntando sul rilancio del settore turistico dopo la crisi pandemica. Con la riapertura dei confini e la ripresa dei viaggi internazionali, le notizie sul turismo in Italia mettono in luce gli sforzi del governo per rilanciare l'economia con campagne che promuovono mete meno conosciute e fuori dai circuiti turistici più affollati. Sebbene città iconiche come Roma, Firenze e Venezia continuino a essere grandi attrazioni, regioni come la Basilicata, l’Umbria e i laghi del nord stanno guadagnando popolarità, offrendo esperienze uniche ai visitatori. Inoltre, il turismo sostenibile sta diventando una priorità. Strutture ricettive eco-friendly e viaggi responsabili sono sempre più diffusi, fornendo alternative ai tradizionali modelli di turismo di massa. Questi sforzi mirano a ridurre l'affollamento nelle città principali e a preservare le risorse naturali e culturali, in linea con le richieste di un pubblico sempre più attento all’ambiente.
Progetti infrastrutturali che stanno ridisegnando il futuro dell'Italia
La base dell'industria turistica italiana è costituita da infrastrutture solide e moderne. Le ultime notizie sulle infrastrutture in Italia mostrano una serie di miglioramenti, in particolare l’espansione delle reti ferroviarie ad alta velocità con i servizi Frecciarossa e Italo, che collegano le principali città italiane. Questi collegamenti non solo rendono i viaggi più rapidi, ma offrono un’alternativa ecologica ai voli interni. Oltre ai treni, l’Italia sta investendo nei suoi aeroporti, strade e porti. La modernizzazione degli scali principali come Roma Fiumicino e Milano Malpensa mira ad aumentare la capacità di gestione dei passeggeri, migliorando al contempo l’esperienza grazie a procedure di sicurezza più efficienti, una maggiore offerta commerciale e check-in automatizzati. Anche le nuove autostrade intelligenti, dotate di stazioni di ricarica per veicoli elettrici, riflettono l’impegno del Paese nella riduzione delle emissioni e nella promozione di modalità di viaggio sostenibili.
Gli sforzi per promuovere il turismo sostenibile in Italia
Nell’ambito della ripresa turistica, l’Italia non si limita a promuovere nuove destinazioni, ma incoraggia anche pratiche di viaggio sostenibili. Le notizie sul turismo in Italia riportano che il governo sta offrendo incentivi per chi esplora il Paese in modo responsabile, ad esempio in treno, in bicicletta o a piedi, soprattutto nelle aree rurali e nei parchi nazionali. Questa strategia mira a ridurre l’impatto ambientale del turismo di massa e allo stesso tempo supportare le economie locali. Le città costiere e le località di montagna stanno vedendo benefici concreti grazie a progetti infrastrutturali che migliorano l'accessibilità. L'introduzione di autobus elettrici e navette ecologiche consente ai turisti di scoprire le meraviglie naturali dell'Italia senza aumentare il traffico e l'inquinamento. Questi interventi sono particolarmente cruciali per località molto visitate come la Costiera Amalfitana, dove il sovraffollamento è diventato un problema crescente.
Infrastrutture e turismo: una relazione simbiotica
Il legame tra infrastrutture e turismo è cruciale. La capacità dell’Italia di accogliere un numero sempre maggiore di turisti dipende dagli investimenti in trasporti, alloggi e accessibilità. Le recenti notizie sulle infrastrutture in Italia evidenziano l’importanza di progetti come la modernizzazione delle stazioni ferroviarie e l’adozione di sistemi di trasporto intelligenti, che rendono più agevoli gli spostamenti per residenti e visitatori. Questi interventi garantiscono che l’Italia possa soddisfare le esigenze dei turisti moderni, senza compromettere il suo patrimonio storico e culturale. Allo stesso tempo, il Paese sta investendo nella creazione di nuovi hub culturali, restaurando siti storici e musei, aggiungendo così nuovi motivi per visitare l’Italia oltre le destinazioni tradizionali.
Conclusione
Con un impegno continuo sia nel turismo che nelle infrastrutture, l’Italia sta diventando una destinazione sempre più attraente e sostenibile per i visitatori. Che si tratti dell'espansione della rete ferroviaria, delle opzioni di viaggio ecologiche o degli aeroporti rinnovati, tutti questi sforzi mirano a migliorare l’esperienza dei viaggiatori. Per rimanere aggiornati su tutte le novità del turismo e delle infrastrutture in Italia, visita stradenuove.net e scopri come questi sviluppi stanno trasformando il futuro del Paese.
Per maggiori informazioni:-
Notizie sul turismo in Italia
Notizie sui trasporti in Italia
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"Sabato 5 agosto, strade e autostrade da bollino nero"..
Gia' da venerdi, tg, giornali radio e stampa tutta, riportavano questa notizia nei titoli di apertura. Notizia che oggi tutti ripetevano e confermavano: Tutta l'Italia e' in vacanza.
Non so quanti di voi hanno viaggiato oggi in auto ma sono sicuro che chi lo ha fatto, confermera' cio' che e' successo oggi. E che e' successo oggi?
Praticamente niente di tutto quanto strombazzato dal nuovo Istituto Luce. Una coppia di miei amici incontrata in Provenza e' rientrata oggi in Italia. Partiti alle 6 questa mattina. Alle 9 erano a Ventimiglia. Tutta l'autostrada dei Fiori fino a LaSpezia in un baleno. Woomm, una volata, tolta la solita mezz'ora che si perde ogni giorno dell'anno da Genova nord a Genova sud. Dalle ore 12 alle ore 15 LaSpezia, Livorno- Pisa- Firenze. Poi Firenze-Roma e alle 18,30 mi hanno telefonato che erano a casa. 1000km tra 3 autostrade del Paese, una giornata intera. Nessun intoppo in ambo i sensi (gli ho chiesto, visto mai che le code erano verso nord).
Qualcuno di voi ha notizie diverse? Avete fatto file chilometriche o le ha fatte qualcuno che conoscete? Qualcuno vi ha raccontato il suo 5 agosto "infernale" sulle strade italiane?
Come si dice in Sabina: "possano prenne foco tutti li servi der potere!"
@ilpianistasultetto
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ex Allievi in evidenza: ROMA. INTERVISTA AL COMANDANTE GENERALE DELL'ARMA DEI CARABINIERI GENERALE DI CORPO D’ARMATA TEO LUZI
«Gli stranieri nati qui? Italiani.
Ci vuole la legge sulla cittadinanza»
(articolo di Goffredo Buccini su Corriere. it)
Luzi, comandante generale dei Carabinieri: «La norma del ’92 è obsoleta»
Una legge sulla cittadinanza «non più aderente al cambiamento che c’è stato» e, dunque, da ripensare ex novo nel senso dell’integrazione.
Periferie dove non basta la risposta securitaria,
«perché servono scuole, decoro urbano, qualità di vita dei quartieri».
Un Paese stressato da Covid e guerre, «due macigni».
Arrivato alla guida dei carabinieri a metà gennaio 2021, Teo Luzi è prossimo al passo d’addio (andrà via a novembre).
E lascia con la stessa attenzione al sociale che l’ha accompagnato in quasi quattro anni da comandante generale dell’Arma.
Com’è l’Italia oggi?
«Dovessi indicarle il sentimento prevalente tra i nostri compatrioti, direi: la preoccupazione.
Che sfocia in tensioni, litigiosità… nei condomini, tra i banchi, sul lavoro. Nelle nostre sale operative si riversano episodi talvolta inspiegabili».
Parlando l’altro giorno ai suoi cadetti dell’Accademia di Modena ha proposto loro un antidoto: l’ALTRUISMO. Parola desueta.
«Questo è un mondo sempre più egoista, è vero.
Ma ai ragazzi ho parlato di assistenza reciproca, anche nelle piccole difficoltà quotidiane.
La capacità di ascolto dei carabinieri è una forma di altruismo».
Ed è uno strumento di lavoro per non perdere di vista uno snodo decisivo della nostra convivenza democratica: le periferie.
I problemi di sistema in Germania e Francia lo dimostrano.
È così anche per l’Italia?
«Assolutamente sì.
Le periferie sono un vulnus nell’equilibrio sociale delle democrazie occidentali, bisogna garantire a chi ci vive la stessa qualità di vita di chi abita altrove. Sono aree che in Italia richiedono molta attenzione.
Ma in Francia ne richiedono ancor di più: da noi non esistono banlieue dove le forze di polizia non possono entrare.
Tanto è stato fatto.
Ma molto ancora c’è da fare per rimuovere ostacoli che danno l’idea di vivere in serie B».
Quali ostacoli ad esempio?
«Penso alla qualità dell’istruzione. Alle strutture sportive. Alle strade e alle piazze. Penso a Caivano…».
Ci sarei arrivato. Sia sincero: è tutta realtà o anche spot?
«Sono stati fatti passi importanti, a 360 gradi.
E non è solo un problema di polizia ma di socialità complessiva.
L’Arma si è impegnata prima che arrivasse l’attenzione mediatica su Caivano.
La Compagnia lì è nata nel 2021, voluta dall’allora ministro Lamorgese.
Si è lavorato sulle scuole, anche in sinergia con noi.
Non è un’isola felice, certo.
Ma la qualità di vita è assimilabile al resto del territorio nazionale.
E il modello Caivano va esportato in altre aree».
Quali sono quelle che vi preoccupano di più e su cui state intervenendo?
«A mente, Palermo, lo Zen: dove siamo riusciti a far accettare la stazione dei carabinieri nel quartiere, cosa non banale.
I nostri lì fanno attività sociale: un tempo io allo Zen non potevo entrare.
Bari, San Paolo. Librino a Catania. A Nord, Genova, il quartiere di Diamante. Pilastro a Bologna.
Poi Cagliari Sant’Elia.
Tor Bella Monaca a Roma.
Lì abbiamo lavorato molto sulle occupazioni abusive.
È un tema fondamentale».
La casa contesa tra ultimi e penultimi.
«Parliamo di migliaia di case occupate abusivamente, lo Stato non mette abbastanza attenzione al tema.
Dietro un’occupazione c’è chi gestisce, si alimenta la criminalità territoriale.
Serve una politica più concreta».
Però ora il governo ha sterzato,
si colpiscono più duramente le occupazioni.
«E io sono assolutamente d’accordo.
Poi capisco che servono anche soluzioni, ma quando questa soluzione è abusiva è il peggio: alimenta il distacco della percezione pubblica rispetto allo Stato».
A Casal di Principe, terra che davamo per bonificata, ci sono state due «stese» a poche ore dalle elezioni di giugno: rischiamo di tornare indietro in territori che pensavamo recuperati allo Stato?
«Io sono un po’ più ottimista.
Ora lo Stato ha il controllo.
Resta latente una forma, diciamo, culturale della criminalità, le “stese” sono messaggi criminali. Non siamo però agli anni Ottanta. E comunque quando lei parla di condizionamenti, bisogna pensare anche al Nord».
È, per dirla con Sciascia, la risalita della linea della palma?
«Beh, la criminalità organizzata rispetto alla politica locale si sente, hanno sciolto Comuni per infiltrazioni mafiose anche al Nord.
Lì lavorano con un profilo economico-politico».
E allora da dove viene l’ottimismo?
«Abbiamo un quadro normativo avanzato.
Una grande sensibilità della magistratura.
Pochi Paesi al mondo, oggi, possono affrontare la criminalità organizzata come possiamo fare noi.
L’arma del sequestro preventivo è fondamentale».
Non è il massimo del garantismo.
«Beh, se i beni provengono dal crimine e lo si dimostra con le indagini…».
La questione migratoria e la questione sociale delle periferie quanto si sovrappongono?
«Tanto. Le tensioni nelle periferie non sono risolte.
Ci sono aspetti culturali, criminalità etnica.
La nostra interposizione abbassa la conflittualità che però rimane latente. E c’è un altro tema…».
Dica.
«Quello degli italiani con genitori stranieri, le seconde generazioni.
È emerso specie al Nord, in maniera non virulenta come in Francia: ma è una questione su cui bisogna aprire una riflessione».
Cioè?
«Bisogna favorire quanto più possibile l’integrazione.
SONO ITALIANI ».
Favorirla con la cittadinanza?
«SONO ITALIANI.
Nelle periferie l’integrazione deve essere la regola.
Non la fanno le forze di polizia.
Si fa con la scuola, l’avviamento al lavoro».
Semplificando: se sono nato in Italia, faccio un certo numero di anni di scuola, devo averla o no la cittadinanza?
«Tutti i maggiori Paesi in Europa hanno un meccanismo di integrazione e anche l’Italia deve averlo.
Quale sia, lo decida la politica.
Ma il meccanismo di integrazione, con equilibrio politico, va trovato: si guardi alla Germania, alla Francia, all’Inghilterra».
Ma qui non c’è.
«Non c’è la legge.
Ci vuole una legge.
Tocca al Parlamento sovrano».
Per dirla chiara: la legge che oggi c’è, quella del 1992, è obsoleta?
«Non rispecchia più il cambiamento che c’è stato.
Poi come debba essere la nuova, per tutelare la cultura italiana, tocca alla politica dirlo.
La contrapposizione non porta da nessuna parte.
Io personalmente sono molto aperto: occorre una normativa più moderna».
Quest’Italia è travagliata anche da gravi rigurgiti di antisemitismo.
È una questione di sicurezza nazionale?
«Lo è. Si batte su un piano culturale. E non lasciando sole le comunità ebraiche.
Un nostro generale, Angelosanto, è commissario del governo contro questo fenomeno».
I nostri anziani sono l’anello più debole della società.
«Sì, sono molto più vulnerabili, più soli.
E quindi sono il bersaglio dei truffatori.
Per l’anziano essere truffato è un trauma vero, dà un senso di vergogna, di fine.
Così abbiamo messo su col Viminale una campagna d’informazione.
Alla messa domenicale, nelle scuole per arrivare ai nonni, sui media.
Anche Lino Banfi ci ha aiutato.
Lui è per tutti il nonno d’Italia»... ben fatto ⭐️🇮🇹 #UnaAcies
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La Guardia di Finanza di Milano sta effettuando perquisizioni presso sedi Anas
Il Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di Finanza di Milano sta effettuando perquisizioni presso sedi Anas, la società che si occupa di infrastrutture stradali, nell'ambito di un'inchiesta della Procura di Milano che ipotizza corruzione e turbativa d'asta. I reati ipotizzati nell'inchiesta dell'aggiunto Tiziana Siciliano e dei pm Giovanni Polizzi e Giovanna Cavalleri sono corruzione, turbativa d'asta e rivelazione e utilizzazione di segreto d'ufficio. L'ipotesi è che appalti per la realizzazione di strade siano stati pilotati in cambio di mazzette. Si ipotizzano mazzette in cambio di appalti sui lavori stradali che riguardano la Lombardia e il Nord-Est Italia. Le presunte tangenti ammonterebbero a circa 400mila euro, su pallati per lavori stradali da circa 400 milioni di euro. Nelle perquisizioni e acquisizioni documentali sono coinvolti manager e funzionari (risultano nove indagati), società Anas-Struttura territoriale Lombardia e Consorzio Stabile Sis a Torino. Perquisite sedi Anas anche a Milano e Roma. Tra gli indagati ci sono almeno due funzionari di Anas. Da quanto si è saputo, sono in corso acquisizioni e perquisizioni nelle sedi Anas di Roma e Milano e anche presso tre società di esecuzione lavori, tra cui il Consorzio Stabile Sis che ha sede a Torino, e nei confronti di nove persone fisiche. Read the full article
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Guida le Icone Italiane: con il Servizio di Noleggio Auto Thrifty a Cagliari
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Tira una brutta aria dalle Alpi al Canale di Sicilia. Si moltiplicano le aggressioni fasciste, alle tombe e ai monumenti commemorativi ma anche alle persone che riportano lesioni più o meno gravi, come nelle strade di Roma o, fatto gravissimo e inedito, perfino nelle sorde e grigie aule parlamentari. È evidente a mio avviso il legame tra queste intimidazioni e il fatto che i picchiatorelli in doppiopetto o in maglietta siano fortemente ringalluzziti dall’apparente successo di Giorgia & C. alle recenti elezioni europee Questa esibizione di fascismo muscolare e tendenzialmente terroristico non è tuttavia fine a se stessa. Essa infatti va inquadrata in un più ampio progetto politico ed istituzionale.
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Fratelli d’Italia vuole il premeriato per rinverdire i tragici fasti dell’uomo (o donna) solo al comando, la Lega vuole la cosiddetta autonomia differenziata per sfasciare il principio della solidarietà nazionale e soddisfare le bramosie delle Regioni più ricche, Forza Italia vuole carriere separate per magistrati inquirenti e giudicanti, come primo passo per trasformare i giudici in scodinzolanti e obbedienti cagnolini del Potere, politico of economico. Il tutto nel contesto di un’ideologia di fondo favorevole a guerre e genocidi, in ossequio a sudditanze atlantiche e profitti militari-industriali, e contraria al ruolo dello Stato come regolatore dell’economia e garante del principio costituzionalmente garantito dell’ eguaglianza sostanziale, inseguendo la demenziale dottrina oggi esemplarmente applicata da Milei in Argentina.
La potenza e fattibilità di questo disegno non deve essere sottovalutata, ma purtroppo l’opposizione che dovrebbe dovrebbe batterlo appare del tutto fragile, improvvisata e impreparata. Non basta qualche richiamo emozionale all’antifascismo e alla Costituzione che fa fremere i sopravvissuti iscritti di questo o quel partito. È certamente positivo che si parli di unità, ma occorre anche puntualizzare i motivi per i quali lo schieramento avverso alle destre si presentò disunito alle scorse elezioni politiche e fu pertanto facilmente infilzato dalle destre. Dobbiamo quindi parlare della perniciosa fascinazione per l’agenda Draghi da cui furono colpiti all’epoca due “leader” diversamente intelligenti come Beppe Grillo ed Enrico Letta.
Dobbiamo parlare del fatto che l’autonomia differenziata ha avuto ed ha tuttora uno dei suoi massimi propugnatori nel numero due del Pd nonché presidente della Regione Emilia-Romagna Bonaccini. Dobbiamo parlare dell’esasperato atlantismo e del sionismo più o meno strisciante di buona parte dello stesso Pd, che continuano a tradursi nell’appoggio a guerre e genocidi. Dobbiamo parlare del razzismo istituzionale imperante che non è solo responsabilità della destra propriamente detta (Minniti docet) e che vede ogni giorno il compimento di nuovi crimini ai danni dei migranti, in mare o sul lavoro, nonostante sia su di essi che grava in misura crescente il peso della fatiscente economia italiana, più che mai basata sullo sfruttamento bestiale della forza-lavoro e l’appropriazione privata delle risorse e dei beni pubblici.Senza affrontare e risolvere questi nodi fondamentali non sarà possibile dare vita a un’alternativa strategica alle destre, destinate a prosperare come vermi o acari malefici nel disfacimento purulento della cosiddetta civiltà occidentale e di quella europea in particolare.
Non basta quindi sventolare il vessillo tricolore o quello dell’antifascismo se non si danno risposte precise e soddisfacenti ai concreti bisogni della cittadinanza su tutti i terreni concreti che la riguardano, dalla pace, all’ uguaglianza, al rispetto dei diritti fondamentali a partire da quelli del lavoro, su cui deve poggiare la Repubblica a norma dell’art. 1 della Costituzione. Quella materiale purtroppo vigente si basa invece sul profitto, la speculazione, il razzismo e la guerra e ciò costituisce al tempo stesso il fondamento del potere delle destre. È quindi necessario tornare alla Costituzione repubblicana per salvaguardarla e promuoverne l’attuazione richiamando a combattere nell’agone politico coloro che sempre più numerosi se ne allontanano scoraggiati per ingrossare le file dei depressi, degli alienati e degli astenuti.
[...]
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