#Le donne dei social
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Riflettevo (e non iniziate a fare battutacce, ogni tanto succede anche a me):
Io, in quanto maschio etero, guardo culi e tette. Io, in quanto maschio etero, se una Donna ha un bel portamento, resto imbambolato, se gli occhi, le labbra, la schiena eccetera eccetera... Che ci volete fare, ho questo pessimo difetto. E ovviamente riporto questo mio aspetto da maschio etero anche su quella che è la schiera di persone che seguo sui social. Però ho anche un cervello che ogni tanto funziona e non fa sempre corto circuito con l'altra testa (sì sì, quella giù in basso) e quindi ho anche il bisogno di recepire delle emozioni dalle persone che seguo, che ammetto candidamente, sono per un buon 90% di sesso femminile. E dunque mi sono ritrovato a suddividere questo stuolo di belle Donne da Social in due grandi categorie: la prima è quella in cui ho messo dentro chi vado a cercare sempre, per leggere i loro pensieri, le disavventure, il sarcasmo, l'amore, le gioie, le loro vittorie, i casini sul lavoro e perché no, anche guardarle, perché ammettiamolo, ce ne sono di Belle da mozzare il fiato. E dico belle nel senso più profondo della parola, non solo estetico. La seconda categoria riguarda quelle che... Oh, non c'è un cazzo da fare, anche volendo cercare nel profondo un minimo di pensiero con una certa logica, andate bene solo per farvi guardate il culo e le tette.
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Nudità
La nudità è lo stato del corpo privo di indumenti. Pur essendo la normale condizione biologica, essa assume significato nella specie umana poiché quest'ultima, nel corso dell'evoluzione, ha perduto la maggior parte del pelo e ha sviluppato l'uso di vestirsi già per necessità primarie legate alla protezione del corpo. Ciò ha permesso lo sviluppo di un concetto di nudità con implicazioni sociali, etiche, psicologiche e culturali.
I concetti di nudità e seminudità sono culturalmente variabili in senso sincronico e diacronico e risentono della confusione con il diverso concetto di pudore. Se tra le popolazioni indigene delle Americhe è comune non indossare abiti e se nell'antico Egitto era apprezzata l'esposizione del seno femminile, in Occidente nell'età contemporanea si affermò il costume di vestirsi completamente, lasciando scoperto soltanto il capo e nascondendo anche caviglie e mani. Tradizioni religiose locali possono imporre di indossare abiti che coprano l'intero corpo, testa e viso compresi (burqa).
A causa dell'interferenza del concetto di pudore, la nudità integrale è spesso confusa con l'esposizione dei genitali. Il senso comune vuole gli organi riproduttivi protetti dalla vista degli estranei, anche a costo di una sanzione penale; però negli ordinamenti giuridici democratici come quello italiano si opera un distinguo a seconda dei contesti, sicché il nudo integrale è considerato irrilevante, ad esempio, in un ambito naturista. Si parla di seminudità quando è a nudo la maggior parte del corpo, più di quanto di norma avvenga in un contesto sociale, sì che l'abbigliamento risulta «insufficiente».
Storia della nudità
L'uso di vari tipi e capi d'abbigliamento nella vita quotidiana è un fatto che si verifica comunemente nella maggioranza delle società umane. Non si sa con precisione quando l'essere umano abbia iniziato ad indossare vestiti per coprire la sua nudità; l'antropologia crede che pelli d'animali assieme a foglie e rami intrecciati siano stati adattati in rivestimenti principalmente per proteggersi dal freddo, dal caldo e dalla pioggia, soprattutto a seguito delle migrazioni in regioni dai climi estremi.
L'ipotesi alternativa vuole che i vestiti possano essere stati inventati anche per altri scopi come la magia, la decorazione corporea, gli atti cultuali, o per indicare una condizione di prestigio sociale.
In seguito all'introduzione dell'abbigliamento, diverse culture hanno tenuto un'ampia varietà di atteggiamenti sulla nudità.
Nelle civiltà sviluppate nei climi caldi, la nudità è stata, almeno fino alla nascita della cultura occidentale, un fatto abituale per uomini e donne. In una tribù africana gli uomini stavano sempre nudi, eccetto per un laccio legato alla cintola. Con esso sarebbero stati considerati vestiti appropriatamente per cacciare e per altre attività e senza sarebbero stati nudi. In un certo numero di tribù nell'isola del Pacifico meridionale della Nuova Guinea, gli uomini usano rigidi baccelli di un frutto simile alla zucca come fodero per il pene. Mentre celano il vero pene, essi da una certa distanza danno l'impressione di un lungo ed eretto fallo. Tra i nativi americani Chumash della California meridionale, gli uomini erano solitamente nudi e le donne erano spesso in topless. I nativi americani del bacino amazzonico generalmente giravano nudi o quasi; in molte tribù l'unico indumento indossato era una sorta di strumento portato per tenere chiuso il prepuzio.
Tuttavia altre culture simili hanno avuto differenti standard. Ad esempio, altri nativi nordamericani generalmente evitavano la totale nudità e i nativi americani delle montagne e dell'Ovest dell'America del Sud, come i Quechua, si tenevano abbastanza coperti.
In alcune regioni dell'antica Grecia, come Creta e Sparta, la nudità era più o meno accettata. Nella Grecia e nella Roma classica la pubblica nudità era accettata nel contesto dei bagni pubblici o nell'atletica, infatti la parola greca gymnasium significa "luogo per essere nudi". Gli atleti dovevano gareggiare comunemente nudi e molte città-stato non ammettevano partecipanti o spettatori di sesso femminile a questi eventi, con l'eccezione di Sparta. Tuttavia era comune per una persona essere punita e frustata nella pubblica piazza per essersi spogliata. Nei resoconti biblici dell'epoca della Roma Imperiale i prigionieri erano spesso spogliati delle loro vesti, come forma di umiliazione.
Fino all'inizio dell'VIII secolo i Cristiani nell'Europa Occidentale erano battezzati nudi. "La scomparsa del battesimo per immersione nell'epoca Carolingia diede alla nudità una connotazione sessuale che era precedentemente assente per i cristiani". Nel contempo divenne comune rappresentare il Cristo sulla Croce con indosso una lunga tunica.
Fino all'Ottocento la nudità pubblica era considerata oscena. Oltre alle spiagge distinte per genere, erano usate "bathing machine" per nascondere il corpo nudo. Agli inizi del Novecento un uomo a petto nudo era scandaloso in talune spiagge.
1/n
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E con Donald Trump se ne va la nostra democrazia.
Prepariamoci a limitazioni dei nostri diritti, tipo non andare a lavoro o in alcuni luoghi se non si ha un lasciapassare digitale, non poter mandare al nido e materne i nostri bambini se non sono stati sottoposti ad un determinato trattamento sanitario, non poter accendere il riscaldamento prima di una determinata data, non poter far grigliate in giardino in determinati periodi.
Prepariamoci ad un regime totalitario che imporrà ristrutturazioni per le nostre case entro un certo anno e renderà impossibile assicurarle se non conformi alle nuove regole imposte.
Prepariamoci ad un’economia centralizzata, dove burocrati non eletti imporranno ad aziende automobilistiche cosa produrre e cosa non produrre, non in base alla domanda dei consumatori, ma alle nuove regole e se gli alti costi faranno aumentare i prezzi delle auto meglio ancora, sarà ambizioso per il nuovo regime veder ridurre la circolazione di autovetture private in favore dei prestanti e sempre puntuali mezzi pubblici.
Prepariamoci a banconi alimentari in cui la carne e la verdura saranno costosissime e prodotte da pochi sopravvissuti a politiche economiche folli in cui sarà vietato coltivare più di TOT ettari e sarà ipertassato ogni capo di bestiame.
Prepariamoci ad un regime in cui la violenza nelle strade sarà talmente aumentata a causa di delinquenti importati e lasciati delinquere dalla magistratura che sarà da folli uscire la sera da soli, a maggior ragione se donne.
Prepariamoci ad una demonizzazione prima e rimozione poi dei social network più “liberi”, l’anonimato non sarà più permesso, ogni account potrà esistere solo se collegato a nome e cognome di una persona vera.
Ogni notizia considerata falsa verrà censurata.
A decidere cosa sia falso e cosa non lo sia non sarà più l’utente con le proprie valutazioni, e nemmeno le note della comunità del social: a deciderlo sarà un’autorità con determinati permessi, possibilmente eletti dal partito in carica.
Ci aspetta un futuro buio.
(post ironico)
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Ci sono due tipi di violenze contro la donna.
Una è strutturale ed è quella economica: senza l’indipendenza economica una donna sarà sempre subordinata.
L’altra è quella culturale e sociale.
Nella società italiana oggi il patriarcato è ormai -e per fortuna- praticamente scomparso.
Esistono certamente dei delinquenti che usano violenza contro le donne, spesso loro mogli e compagne, in quanto soggetto anche fisicamente più debole, ma questo è un altro conto, e riguarda la violenza diffusa della nostra società.
Esiste invece un reale rischio di un patriarcato d’importazione collegato alle migrazioni forzate, ma è un concetto che non si può esprimere perché il pensiero unico del ‘politicamente corretto’ non lo consente.
Provate a chiedere a queste transfemministe di entrare in qualche bar di quartieri periferici abitati da immigrati musulmani e poi vedrete quanto la dura realtà dei fatti farà cambiare loro parere…(Marco Rizzo).
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E con Donald Trump se ne va la nostra democrazia.
Prepariamoci a limitazioni dei nostri diritti, tipo non andare a lavoro o in alcuni luoghi se non si ha un lasciapassare digitale, non poter mandare al nido e materne i nostri bambini se non sono stati sottoposti ad un determinato trattamento sanitario, non poter accendere il riscaldamento prima di una determinata data, non poter far grigliate in giardino in determinati periodi.
Prepariamoci ad un regime totalitario che imporrà ristrutturazioni per le nostre case entro un certo anno e renderà impossibile assicurarle se non conformi alle nuove regole imposte.
Prepariamoci ad un’economia centralizzata, dove burocrati non eletti imporranno ad aziende automobilistiche cosa produrre e cosa non produrre, non in base alla domanda dei consumatori, ma alle nuove regole e se gli alti costi faranno aumentare i prezzi delle auto meglio ancora, sarà ambizioso per il nuovo regime veder ridurre la circolazione di autovetture private in favore dei prestanti e sempre puntuali mezzi pubblici.
Prepariamoci a banconi alimentari in cui la carne e la verdura saranno costosissime e prodotte da pochi sopravvissuti a politiche economiche folli in cui sarà vietato coltivare più di TOT ettari e sarà ipertassato ogni capo di bestiame (scureggione, ndr).
Prepariamoci ad un regime in cui la violenza nelle strade sarà talmente aumentata a causa di delinquenti importati e lasciati delinquere dalla magistratura che sarà da folli uscire la sera da soli, a maggior ragione se donne.
Prepariamoci ad una demonizzazione prima e rimozione poi dei social network più “liberi”, l’anonimato non sarà più permesso, ogni account potrà esistere solo se collegato a nome e cognome di una persona vera. Ogni notizia considerata falsa verrà censurata. A decidere cosa sia falso e cosa non lo sia non sarà più l’utente con le proprie valutazioni, e nemmeno le note della comunità del social: a deciderlo sarà un’autorità con determinati permessi, possibilmente eletti dal partito in carica.
Ci aspetta un futuro buio.
via https://x.com/Moana_Ponzi/status/1854211176244416541
eh che vuoi Moana, noi che queste cose ce le ricordiamo perché la memoria per non si valuta in giga, e le diciamo a quelli che invece no e vivono solo nel presente dei desideri come i cani di Cesar Millan, beh noi siam brutte persone.
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Non conosco la tua età, dalle foto si intuisce che sei molto giovane. Mi sconcerta e disgusta che molti dei like vengono da uomini maturi sopra i 40. Immagino che non si limitino a mettere solo like ma molti tenteranno anche approcci diretti... è davvero triste. Niente da dire a te ma era una mia personale riflessione su questo fenomeno che vedo un po' ovunque qui su Tumblr.
ciao anon! se posso essere sincera, statisticamente mi sono sempre sentita rispettata più dagli uomini di un'età avanzata a confronto di quella dei miei coetanei, che proprio da quest'ultimi. - in generale, nella vita. - che qualcuno possa aver celato malizia dietro la propria cordialità poco cambia, i ventenni l'hanno dimostrata in modo sfrontato senza neppure lo sforzo di nasconderla o di proporla in modo più delicato. io personalmente sono poco amante di certi limiti purché esista il buon senso. non ho quattordici anni, ne ho venticinque, può rientrare nel buon senso che mi si lasci valutare quanto adeguata sia la presenza di qualcuno, in ogni suo aspetto. e la mia valutazione non è dettata mai da caratteristiche incontrollabili, come l'età, l'aspetto fisico, lo status sociale o qualsiasi altra condizione che non è una propria scelta. le persone, uomini e donne, con o senza malizia, scelgono come e quanto rispettarmi e io considero unicamente questo. - per rispondere più nello specifico, invece, non è detto che un like o una chiacchiera privata voglia insinuare per forza un interesse malizioso.
ti ringrazio per questo spunto di riflessione e per aver prestato così tanta attenzione, è molto carino! grazie :))<3
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Petizione per la Rimozione dei Medici Obiettori di Coscienza dai Consultori Familiari
Perché questa petizione è importante
Destinatari: Ministero della Salute, Regioni, Enti Locali
Oggetto: Richiesta di rimozione dei medici obiettori di coscienza dai consultori familiari
Negli ultimi anni, la presenza di medici obiettori di coscienza all'interno dei consultori familiari ha suscitato un acceso dibattito pubblico; la Legge 194/1978 che regola l'interruzione volontaria di gravidanza, prevede che i consultori debbano fornire supporto alle donne che desiderano interrompere una gravidanza e garantire l'accesso a servizi di salute riproduttiva; tuttavia, la presenza di professionisti con un approccio non favorevole all'aborto rischia di compromettere il principio di assistenza neutrale e il diritto delle donne a ricevere informazioni complete e imparziali.
Richiesta: chiediamo che venga adottata una misura che preveda la rimozione in via definitiva dei medici obiettori di coscienza dai consultori familiari, con il fine di: - Proteggere il Diritto alla Salute: garantire che tutte le donne possano accedere a servizi sanitari privi di pressioni ideologiche e che rispettino la loro libertà di scelta - Promuovere un Ambiente Neutro: creare uno spazio dove le donne possano ricevere informazioni accurate e supporto senza influenze esterne legate a posizioni ideologiche sull'aborto - Rafforzare i Servizi di Supporto all'IVG: favorire l'inserimento di professionisti specializzati in ginecologia, psicologia e assistenza sociale, capaci di offrire un supporto completo alle donne che desiderano interrompere una gravidanza in quanto non desiderata
Conclusione: la salute e il benessere delle donne devono essere al centro delle politiche sanitarie: è fondamentale garantire che i consultori familiari svolgano il loro ruolo senza conflitti d'interesse o pressioni ideologiche. Chiediamo pertanto l'adozione urgente di misure per rimuovere i medici obiettori di coscienza dai consultori familiari.
[Questa petizione può essere distribuita sia online che in formato cartaceo, raccogliendo firme da cittadini interessati a sostenere questa causa.]
#petizione#salute e benessere delle donne#politiche sanitarie#consultori familiari#conflitti d'interesse#pressioni ideologiche#medici obiettori di coscienza#gravidanza#interruzione di gravidanza#IVG#Ministero della Salute#Regioni#Enti Locali#Legge 194/1978#servizi di salute riproduttiva#principio di assistenza neutrale#informazioni complete e imparziali#libertà di scelta#informazioni accurate#posizioni ideologiche#aborto#supporto completo alle donne#salute e benessere
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Alcuni dei grandi pensatori ebrei sopravvissuti all’Olocausto hanno trascorso il resto della loro vita cercando di dire al mondo che quell’orrore, pur essendo stato letale come nessun altro, non doveva essere visto come un’aberrazione. Il fatto che l’Olocausto fosse successo significa che era e rimane possibile.
Il sociologo e filosofo Zygmunt Bauman sosteneva che la natura imponente, sistematica ed efficiente dell’Olocausto era legata alla modernità, anche se non era affatto predeterminata, ed era in linea con altre invenzioni del novecento.
Theodor Adorno studiò quello che rende le persone inclini a seguire i leader autoritari e cercò un principio morale che impedisse un’altra Auschwitz.
Nel 1948, Hannah Arendt scrisse una lettera aperta che cominciava così: “Tra i fenomeni politici più inquietanti dei nostri tempi c’è l’emergere nell’appena nato stato di Israele del Partito della libertà (Tnuat haherut), una forza politica strettamente affine per organizzazione, metodi, filosofia politica e attrattiva sociale ai partiti nazisti e fascisti”.
Appena tre anni dopo l’Olocausto, la filosofa paragonava un partito israeliano al partito nazista, cosa che oggi sarebbe considerata una violazione della definizione di antisemitismo dell’Ihra.
Arendt basava il suo paragone su un attacco effettuato dall’Irgun, un predecessore paramilitare del Partito della libertà, contro il villaggio arabo di Deir Yassin, che non era stato coinvolto nella guerra e non era un obiettivo militare. Gli aggressori “uccisero la maggior parte dei suoi abitanti – 240 tra uomini, donne e bambini – e tennero in vita alcuni di loro solo per farli sfilare come prigionieri per le strade di Gerusalemme”.
Da Internazionale 1546, 19 gennaio 2024 Masha Gessen
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Le ragazze su Tumblr …
Avete la piena libertà di dire di no, ma ci sono modi e modi. Io sono stato rispettoso, non sono stato molesto. Non penso di essere stato inopportuno
Ovviamente non tutte, la maggior parte nemmeno ti risponde.
Tre/quattro anni fa non erano così. Anzi parlavo con tante ragazze. Tumblr era più vivo e la gente molto più simpatica
Non scrivo alle donne per secondi fini. Non cerco relazioni, tanto meno su un social di sconosciuti. Nel 90% dei casi scrivo a uomini.
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LupoSolitario00 🐺
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Sull’idea che le donne debbano di nuovo essere assegnate alla cura domestica, tornando agli anni ’50, si fonda il movimento americano delle tradwives (le “mogli tradizionali”) sostenuto dalle sottoculture di destra che hanno supportato Donald Trump durante la vittoriosa campagna elettorale del 2024. Questa comunità, che si esprime sui social, ma evidentemente è anche reale, ha iniziato ad avere un seguito importante nel 2020, quando le persone costrette a casa dal lockdown si sono rifugiate nelle faccende domestiche. Perfino io, contro ogni mia aspettativa, mi spinsi a comprare su Amazon un tritatutto. Per fortuna, fallii e decisi di allestire una palestra in camera da letto. Ad altre piacque al punto da diventare “tradwives”, iniziando a seguire quella che per alcuni è un’“estetica” e per altri un’“ideologia”.Le mogli tradizionali si dichiarano orgogliose di essere casalinghe e di impegnarsi nella cura della casa, dei figli e dei mariti mentre sono al lavoro. Sfornano il pane (il lievito madre è un must!), vanno alla fattoria, in qualche caso mungono le mucche portando il latte a casa. Nei reel che postano sui loro account Instagram o TikTok seguiti da milioni di followers sfoggiano un look perfetto, trucco impeccabile e, nel caso delle trad più integraliste, un modo di vestire anni ’50. Estee C. Williams, una delle “mogli tradizionali”, si ispira a Betty Draper, la moglie di Don Draper – protagonisti della serie tv Mad Men – copiandone l’abbigliamento e il caschetto biondo platino.
La sua è un’operazione quasi filologica (anche se con un errore di dieci anni visto che la serie TV è ambientata negli anni Sessanta) che esplicita la volontà di connettersi con un passato in cui la donna era naturalmente assegnata al focolare domestico. Se per le tradwife gli anni ’50 rappresentano un momento mitico, per Friedan sono il momento in cui ha iniziato a svilupparsi quel male oscuro di cui scrive in Mistica della femminilità. La serie Mad Men lo racconta benissimo: in più occasioni, mentre la si vede trincerata nella vita domestica, Betty afferma di trascorrere il proprio tempo ad aspettare suo marito, a desiderarlo perché se per Don «l’amore è solo un’occupazione», per Betty «è la vita stessa» (sono parole del poeta Byron, citate da Simone de Beauvoir nel Secondo sesso).
Le mogli tradizionali hanno un’anima multiforme – siamo oltre l’io multiplo: sono contemporaneamente influencer, cuoche, madri amorevoli, mungitrici top model (Ballerina Farm è un’ex Miss America) e ambasciatrici dei dogmi biblici. L’atmosfera che si percepisce guardandole ricorda molto la quinta stagione della serie Fargo, ambientata nel Minnesota del 2019, dove lo sceriffo Roy si avvale di armi e reminiscenze bibliche per creare nel suo ranch una sorta di regno anacronistico in cui le donne sono domestiche schiavizzate.
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Donne, uomini e libri
Credo che la situazione sentimentale di molte persone sia lo specchio dell'attuale società.
Si cerca tutto e subito, leggerezza e piacere senza impegno. Avere quello che si vuole solo quando necessita.
Le App insegnano. Hai fame *click*, hai voglia di un week end fuori porta *click*, vuoi andare al cinema *click*, vuoi ascoltare una canzone *click* e in fine vuoi degli incontri con partner senza impegno? Anche qui *click* *click*.
Secondo me le persone meriterebbero più importanza. Spesso si giudica con troppa fretta, in maniera approssimativa.
Io reputo le persone come dei libri, non ci si deve fermare alla copertina e neanche della prefazione. Ci sono vari libri come i romanzi per esempio che vanno da quelli sentimentali a quelli d'avventura, da quelli noir a quelli filosofici oppure anche libertini. Credo che nelle persone, come se fossero libri, ci siano più generi che vanno scoperti leggendoli e sfogliandoli.
Le donne.
Sono da leggere, fino all'ultimo capitolo. E se dopo un primo appuntamento ci rimane qualche dubbio, cosa che a noi uomini spesso capita, restando con quell'espressione di chi ha letto Nietzsche o Kant senza averci capito nulla, basta impegnarsi e ricominciare a leggerle.
Perché in quanto libri, le donne, non saranno mai uguali alla prima lettura, ma magicamente appariranno altri capitoli come se inavvertitamente nella fretta fossero stati saltati.
In un momento che stiamo vivendo di scarso impegno intellettuale, dove a molti risulta difficile leggere post oltre le dieci righe sui social, come si può pensare di impegnarsi per leggere una vita, fatta di esperienze ed emozioni, racchiuse in una persona solo con un rapido giudizio?
Faccio un esempio, si ha la possibilità di scegliere un libro. Uno solo, non di più. Se ci si accontenta di impegnarsi poco si sceglierà un libro pieno di illustrazioni. Guardare è meno impegnativo che leggere.
Chi avrà fatto questa scelta si perderà la possibilità, invece, di scegliere un libro pieno di pensieri, parole, racconti e consigli. Quanti inconsciamente non s'immaginano minimamente a cosa hanno rinunciato. Quello che si sono persi.
Gli uomini.
Non sono da giudicare dalla copertina.
Immaginiamo una donna in una libreria, davanti a sé ha dei libri in esposizione. Vede un libro sconosciuto in libreria. Lei è attratta dalla copertina di uno di essi. Non conosce l'autore.
Così sbircia l'occhiello, ma essendo curiosa passa al frontespizio... uhm, non si è ancora decisa. Sfogliando ecco che le appare l'esergo, "caspita che citazione" sussurra mentre il libro è sempre più saldo nelle sue mani.
A seguire sfogliando trova una dedica, che la fa sciogliere un po'... ed ecco che arriva al punto chiave. Come dopo alcuni appuntamenti interlocutori con un uomo, gira la pagina e trova la prefazione. Finalmente scopre il suo contenuto, l'ambientazione, i personaggi e un sunto della trama del libro.
A questo punto ha solo due opzioni: richiudere il libro e riposizionarlo sullo scaffale, oppure ammirarlo un attimo e con un sorriso avviarsi alla cassa con esso.
Donne e uomini.
Solo leggendo i libri, come metafora delle persone, alla fine della lettura si può essere perdutamente innamorati di quel libro. Come invece si può, alla fine della lettura, rimanerne delusi, nonostante quella prefazione che sembrava promettere bene.
Prendere a caso un libro da uno scaffale solo dalla copertina, senza valutarlo né guardarlo più di tanto, trovandosi poi tra le mani un libro che ci faccia innamorare, può accadere solo con un colpo di fortuna.
Bisogna sapersi leggere, senza fretta o pregiudizi. Solo alla fine trarre le conclusioni.
Ognuno di noi è un libro. Buona lettura a tutti.
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Indignatevi per i vivi.
Trent’anni senza vederli
di Fabrizio Tesseri
Facile indignarsi per i morti. Al massimo dura fino al funerale, poi tutto come prima.
Bisognerebbe indignarsi per i vivi.
Ma noi non li vediamo, i vivi. Letteralmente.
A volte non li vediamo al punto da travolgerli di notte sulle strade di campagna, scaraventandoli nelle scoline con le loro biciclette, quando va bene. Quando li vediamo è perché indossano quei gilet catarifrangenti che noi abbiamo in macchina in caso di incidente. Quando li vediamo è, appunto, un caso, un incidente.
Però non è che li abbiamo rimossi, propio non li abbiamo mai considerati.
Eppure sono decenni che sono qui, almeno tre decenni. Trent'anni fa, per esempio, alcuni singalesi e indiani, molto giovani, erano ospitati in un piccolo hotel fuori mano, trasformato da allora in una sorta di residenza per stranieri. È in campagna, ma era appiccicato ad un paio di grandi industrie, allora.
Da anni, al posto della più grande, la Goodyear, è rimasto un rudere e, con ogni probabilità, amianto e altri rifiuti sepolti sotto terra e sotto una memoria labile che ha cancellato i morti e i disoccupati.
È rimasta la fabbrica di alluminio, la sola piscina da 25 metri sul territorio e quel vecchio hotel malandato.
Beh, trent'anni fa, un misto di delinquenti e fascistelli (si lo so, è ridondante, sono sinonimi) andarono a picchiare i rifugiati in quel vecchio alberghetto. Per la verità, le presero per bene.
Ci fu tensione, venne organizzata una manifestazione di solidarietà, la polizia schierata in forze manco fosse un derby di quella che era la serie D del tempo, riuscì a picchiare chi manifestava solidarietà e il risultato fu che tutti ci distraemmo. Quasi tutti.
Alcuni da anni seguono e denunciano le condizioni dei migranti nella Pianura Pontina, su tutti Marco Omizzolo.
La maggior parte di noi però, semplicemente, non li ha mai visti.
Eppure sono tanti, lavorano nelle serre, nelle campagne, quasi tutti maschi, dormono in vecchie case o stalle, quando va bene. A decine, tutti insieme.
Qualcuno però ha fatto il salto sociale e ha aperto un negozietto oppure è stato fortunato e non solo è sopravvissuto, ma ha trovato anche un buon datore di lavoro, non un padrone, e ha messo su famiglia.
E allora vivono per lo più nei centri più o meno storici e ci sono i ragazzi nelle nostre scuole e per la quasi totalità dei nostri figli sono loro compagni, senza aggettivi o caratterizzazioni. Loro li vedono.
Noi queste famiglie, non gli altri, le vediamo solo perché vivono accanto a noi. Più colorati nei vestiti, odori diversi, magari più confusione, e in alcuni quartieri quelle donne e quegli uomini arrivati da lontano sono i soli a parlare con i "nostri" vecchi, soli dietro le persiane accostate al sole. Sono gli unici che si affacciano a vedere come mai la signora oggi non si è vista e magari sta male e ha bisogno.
Però, gli altri non li vediamo.
Ma vediamo il prodotto della loro esistenza.
Vediamo i prezzi della frutta e verdura in offerta sui banchi dei supermercati. Compriamo contenti il Sottocosto. Ammiriamo la villa e la fuoriserie dei loro Padroni.
Questi, spesso ma non sempre, hanno cognomi tronchi, che finiscono per enne, si tratta di famiglie che hanno avuto la terra nel ventennio, pezzi di famiglie del nord smembrate e portate a colonizzare la terra redenta. Coloni. Ma di cosa? Qui ci vivevano i Volsci, forse anche avanguardie di Etruschi e i Romani, di sicuro, che hanno lasciato il loro segno e la Regina Viarum. Coloni di cosa, dunque?
Gente che ha conosciuto la povertà, la fame, la guerra, la malaria, i lutti, la fatica indicibile.
Uno si aspetterebbe che se uno ha vissuto questo, mai farebbe vivere lo stesso o di peggio ad altri esseri umani e invece...ma allora, come è possibile? Perché?
Forse perché abbiamo dimenticato. Forse perché negli ultimi trent'anni abbiamo buttato nell'indifferenziato il concetto di comunità.
Abbiamo smesso di vedere l'altro ma solo quello che l'altro ha. E abbiamo voluto arricchirci o almeno illuderci di farlo. Abbiamo smesso di dare valore e iniziato a dare un prezzo, a tutto.
E quando dai un prezzo a qualsiasi cosa vuol dire che sei in competizione e la competizione porta a voler prevalere e finisce che bari pure con te stesso quando fai i solitari.
E tutti siamo contenti di comprare le zucchine a 0,99 euro al chilo e il Padrone compra un altro ettaro e abbassa la paga da 4,50 euro l'ora a 4 euro, preserva il margine di profitto, la grande distribuzione apre nuovi scintillanti ipermercati, noi oltre le zucchine compriamo i pomodori maturi, si fa per dire, a marzo.
È una magia!
Qualcosa di inspiegabile. Qualcosa di invisibile.
Tranne che ogni tanto.
Quando sotto una macchina non finisce una volpe ma un ventenne troppo stanco da scordare il gilet catarifrangente.
Tranne che ogni tanto, per un incidente sul lavoro o una rissa tra disperati.
Ma dura poco, meno della pubblicità tra il TG e i Talk Show della sera.
C'è il volantino delle offerte nella cassetta postale, sabato si fa spesa.
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Appena letto su LInkedIn postato da un funzionario di Polizia: il migliore che io abbia letto in queste ore e che SPIEGA SCIENTIFICAMENTE che l'algerina NON si può considerare DONNA:
Commento da parte di un “bioeticista medico”
Da bioeticista medico rispondo a bioeticista non medico.
Leggo l'intervista del Corriere della Sera fatta alla professoressa Silvia Camporesi che gira sui social. La tesi della professoressa è che l'atleta pugile Imane Khelif è una donna perché semplicemente affetta da un iperandogenismo assimilato alla sindrome dell'ovaio policistico.
In premessa si deve dire che le opinioni espresse derivano da una conoscenza de relato derivante dai media.
È riferito che l'atleta algerino è portatore di un assetto cromosomico maschile XY. Ciò ha fatto decidere alla federazione pugilistica mondiale l'estromissione dalle competizioni femminili. Non così ha deciso il comitato olimpico che avrebbe giudicato in base ai livelli ormonali nel sangue.
Nella sindrome dell'ovaio policistico si ha però un assetto genetico femminile, XX. Peraltro non tutte le donne affette da policistosi ovarica presentano l'iperandogenismo. Dunque l'assimilazione è impropria.
Quando abbiamo un assetto genetico maschile, al raggiungimento della pubertà (in assenza di patologie che lo impediscono) l'ambiente ormonale androgenico determina modificazioni corporee così marcate e stabili, che un successivo abbassamento dei livelli androgenici non riesce a farle regredire (questo è proprio uno dei presupposti teorici del blocco puberale per i prepuberi con disforia di genere). I livelli di androgeni nel range femminile non rendono un maschio una donna, ma piuttosto consentono di descriverlo come un maschio con ipoandrogenismo affetto da sintomi e segni che ne sono la conseguenza.
Di converso, l'iperandogenismo che affligge le femmine affette da sindrome dell'ovaio policistico, può causare sintomi di virilizzazione più o meno accentuati, ma non fa di queste donne dei maschi.
Nel campo dello sport, la riduzione androgenica dopo lo sviluppo puberale, non atrofizza la massa ossea e muscolare a livelli femminili.
Salvo dunque miglior giudizio reso tale da informazioni che non sono al momento disponibili, l'atleta italiana è stata costretta a combattere contro un atleta maschio con una struttura neurologica, ossea e muscolare di ordine maschile. Presentarla come femmina è incoerente con il normale approccio medico-scientifico con cui capiamo quella costellazione di alterazioni patologiche comprese nel termine "Variazioni delle caratteristiche del sesso".
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Chiudiamo qui ogni ulteriore discussione.
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Nasce la professione di "certificatori di reputazione", vale a dire laureati o diplomati che nell'era di internet e di profili "fake" sono in grado di alimentare con dati certi un innovativo algoritmo "umanizzato" per misurare abilità, competenze, meriti e onestà di persone fisiche e giuridiche.
Al via il primo bando per accedere alla formazione, gratuita, di questa nuova professione rivolto esclusivamente a donne: 214 (30 delle quali vittime di violenza). Il bando è finanziato dal Fondo per la Repubblica Digitale-Impresa sociale. Il termine per presentare la domanda è il 15 marzo (www.lumsa.it/odg).Si tratta di una sperimentazione ideata da Mevaluate Holding e Crop News.
L'ateneo Lumsa è il soggetto responsabile coordinatore dei rapporti di partenariato con il Fondo per la Repubblica Digitale che ha selezionato e finanziato il progetto e che entro il 2026 impiegherà 350 milioni di euro secondo la legge 233/2021 (attuazione del Pnrr e prevenzione delle infiltrazioni mafiose).
Il bando é riservato a donne fra i 19 e 50 anni, sia disoccupate che inoccupate ma anche dipendenti di operatori economici interessati ad accrescerne abilità e competenze digitali in funzione di migliori condizioni contrattuali. Ogni partecipante al progetto potrà beneficiare di 2.970 euro in formazione online per 224 ore e ricevere un tablet e sim dati Coop voce mentre al termine uno smartphone nel contesto di un percorso di inserimento lavorativo di 480 ore in collaborazione con 7 partner sostenitori, enti privati e pubblici, fra i quali Agens, Confindustria, diversi ordini professionali.
Le 214 donne che seguiranno il corso otterranno l'abilitazione a operare in esclusiva sulla piattaforma digitale Italia Virtute per la qualificazione reputazionale documentata e tracciabile di individui e organizzazioni grazie al rating reputazionale elaborato dall'«algoritmo umanizzato» (trasparente, inclusivo e imparziale) in proprietà di Mevaluate Holding. Sarà così possibile mettere in valore e misurare oggettivamente abilità, competenze, meriti e onestà. Mentre perdono finalmente l'anonimato illeciti e inadempimenti.
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Non so se ridere o piangere..."algoritmo umanizzato". Orwell ha fatto troppi proseliti. Quindi chi non si allinea al pensiero unico dominante avrà una reputazione pari a zero?
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A PROPOSITO DI CHIARA FERRAGNI
Nuova indagine su Chiara Ferragni e in me convivono sensazioni contrastanti di fronte al dibattito sui social network.
Mi torna in mente il film Barbie. È difficile non notare che il film, nel momento in cui critica con intelligenza il patriarcato e mette in luce la tossicità di una società fondata sul machismo, è pur sempre un furbissimo prodotto commerciale che monetizza persino le lotte ("Lotta contro il patriarcato comprando tutti i gadget di Barbie. Avete notato che è uscito il nuovo zainetto?").
Sotto molti aspetti è l'ennesima vittoria del capitalismo.
Però il film ha fatto arrabbiare molte persone che avevano una gigantesca coda di paglia. Queste persone si sono infuriate per motivi sbagliati: non certo per una critica anticapitalista, ma proprio perché erano rappresentanti di quella cultura machista tossica che il film giustamente ha messo alla berlina. E c'erano anche i rossobruni spaventati dall'emancipazione femminile, che disprezzavano pubblicamente il film e tiravano in ballo l'anticapitalismo in modo strumentale per criticare ciò che realmente li infastidiva: la satira contro il patriarcato.
La loro rabbia mi rendeva felice, lo ammetto. Ma mi metteva tristezza l'idea di un capitalismo capace di trasformare le lotte in operazioni commerciali.
Era questo il guazzabuglio dei miei sentimenti quando pensavo al film.
Cosa c'entra Chiara Ferragni? C'entra. Anche Chiara Ferragni si è intestata la causa dell'emancipazione delle donne e della comunità LGBTQIA+. Anche lei queste battaglie le ha monetizzate.
È icona di un capitalismo che riesce a trasformare l'attivismo ostentato in un'occasione di profitto mentre vende prodotti e gadget, mentre si prende tutta la scena e oscura la lotta dal basso.
Ma è pur vero che per anni Chiara Ferragni è stata attaccata ferocemente da machisti, redpillati, seguaci di Pillon e reazionari di ogni risma (a cominciare dal Codacons). Ed è stata attaccata per i motivi sbagliati.
Questi critici ora stanno godendo per i guai di Chiara Ferragni e non parleranno d'altro per giorni, così magari ci dimenticheremo dei deputati che giocano con le pistole a Capodanno.
Il godimento di questa gente mi rende triste, anche se non sopporto i Ferragnez e sono disgustato dalla beneficenza dall'alto che sostituisce la solidarietà e la vera lotta.
[L'Ideota]
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NON TEMO IL PATRIARCATO IN SE' MA IL PATRIARCATO IN ME
Quando ricevo un ask anonimo di cui non è possibile estrapolare il genere della persona che mi scrive, dentro di me parto dal presupposto che sia una ragazza.
Potrei addurre a mia giustificazione il fatto che 8 persone su 10 che mi scrivono appartengono al genere femminile (poi arriviamo anche a questo) ma la realtà è un'altra.
Al netto che il variegato ramo della mia famiglia è composto ad alta percentuale di figlie di eva e che ho passato 25 anni a proteggere e a cercare di far crescere serene due figlie femmine, il fatto è che si accetta istintivamente e culturalmente che sia il sesso debole ad aver bisogno e quindi a chiedere aiuto, mentre i veri uomini ce la fanno da soli e non piagnucolano come delle femminucce.
Guardate quanti stereotipi di genere nell'ultima frase e se forse in giro se ne sente usare sempre meno, alla fine il preconcetto rimane radicato, più o meno apertamente negli uomini ma istintivamente anche e soprattutto nelle donne.
Per ciò che mi riguarda, ho peccato spesso (e succede ancora) di paternalismo ma mi dico che è un riflesso condizionato dell'essere stato una presenza rassicurante e spesso risolvente nella vita delle mie figlie, per cui il mio primo istinto diventa quello di trattare l'interlocutore come se avesse sempre bisogno del mio aiuto.
E bene o male, alla fine, chi ha bisogno del mio 'aiuto' - o meglio, mi scrive per parlare di sé - nella maggior parte dei casi è una persona di sesso femminile (non me ne vogliano le persone binarie o trans ma cerchino di capire il senso di quanto vado dicendo).
Perché i maschi si vergognano.
Non tutti ma abbastanza da rendere asimmetrica le richieste.
Chiamatela maschilità tossica, virilità forzata, machismo o mascolinità egemone ma il risultato è sempre quello.
Uomini fragili perché costretti a essere sempre all'altezza di certe aspettative culturali e sociali, ai quali non è permesso chiedere aiuto per il proprio malessere.
Però non voglio fare un torto a tutti quei figli di adamo che mi scrivono e che davvero non sono pochi, comunque.
Il malessere non ha genere, semmai si declina in contesti e con azioni differenti ma alla fine - al di là che gli effetti devastanti siano più evidenti sulle donne - se faccio fatica io per primo ad aprirmi e a rigettare certi bias patriarcali, figuriamoci se posso chiederlo a uomini decisamente meno fortunati di me.
Perché fino a oggi è dipeso molto dalla fortuna... di avere avuto un padre e una madre amorevoli nel modo giusto, amici e coetanei di un certo tipo, ambienti di studio e di lavoro predisponenti a una certa visione della società.
Fino a oggi fortuna...
Domani vediamo dove ci avrà portato questa nuova sensibilità sociale, spero non effimera e di pancia come dentro di me sento il timore.
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