#La peste scarlatta
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gregor-samsung · 7 days ago
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" Erano degli eroi. Come ne moriva uno, un altro si faceva avanti per sostituirlo. Isolarono per primi il germe a Londra. La notizia fu telegrafata ovunque. L’uomo che aveva portato a termine l’impresa si chiamava Trask, ma nel giro di trenta ore era morto. Poi tutti i laboratori si impegnarono nella ricerca di qualcosa che uccidesse i germi della peste. Non si trovava un farmaco adatto. Il problema, vedete, era trovare un farmaco, o siero, che uccidesse i germi presenti nel corpo senza uccidere il corpo. Cercarono di combatterlo con altri germi, di iniettare nel corpo di un malato germi nemici dei germi della peste…». «E ’sti cosi, ’sti germi, non si vedono,» obiettò Labbro Leporino «e tu, Nonno, bla-bla-blateri come se fossero qualcosa, mentre non sono niente di niente. Quello che non si vede non c’è, punto e basta. Combattere cose che non ci sono con cose che non ci sono! Dovevano essere tutti bacati, a quei tempi. Per questo ci hanno rimesso la cotenna. Sai che ti dico: tu a me certe balle non le dai a bere». Il Nonno riattaccò con le lacrime, mentre Edwin prendeva animatamente le sue difese. «Guarda che anche tu credi a un sacco di cose che non si vedono, Labbro Leporino». Labbro Leporino scosse il capo. «Tu credi che i morti vanno in giro. E quando mai ne hai visto uno?». «E invece sì. Li ho visti l’inverno scorso, mentre andavo a caccia di lupi con mio padre». «Però sputi sempre quando attraversi un corso d’acqua» lo provocò Edwin. «Lo faccio per scacciare la sfortuna» si difese Labbro Leporino. "
Jack London, La peste scarlatta, a cura di Ottavio Fatica, Adelphi (collana Gli Adelphi, n. 353), 2023¹⁰, pp. 39-40.
[Edizione originale: The Scarlet Plague, Macmillan Inc., NYC, 1912]
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pazzoincasamatta · 3 years ago
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«Che cos’è istruzione?» chiese Edwin. «Chiamare scarlatto il rosso» fece Labbro Leporino e ghignò ripartendo all’attacco del Nonno.
La peste scarlatta ( Jack London)
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La peste scarlatta
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                La peste scarlatta scritta e pubblicata da Jack London nel 1913 sul giornale ‘The London Magazine’ è un romanzo ambientato nell’anno 2013, in cui l’unico superstite alla peste narra la sua storia e quella della peste e lo fa, davanti a un falò assieme ai suoi nipoti.
Racconta di come sia nata questa fantomatica peste in America, precisamente, a San Francisco.
La peste era un…
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viaggiatricepigra · 5 years ago
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"Il sentiero correva lungo quello che un tempo era il terrapieno di una ferrovia. Ma non ci transitavano più treni ormai da molti anni. La foresta rimontava i versanti del terrapieno scavalcando il dosso, un'onda verde di alberi e di arbusti. Il tratturo era una pista di animali selvatici da seguire in fila indiana. A segnalare la presenza di rotaie e traversine, attraverso il tappeto di muschio spuntava qua e là un pezzo di ferro arrugginito. In un punto, una pianta dal tronco spesso venticinque centimetri, erompendo vicino a una giuntura aveva svelto l'estremità di una rotaia sollevandola in bella vista. E la rotaia si era portata dietro la traversina; trattenuta dall'arpione quanto basta per aver poi la massicciata ributtante di ghiaia e foglie marce; cosi adesso il legno marcio, sgretolato, si drizzava con una curiosa inclinazione. Per quanto antica, si vedeva che la ferrovia era una monorotaia. Un vecchio e un ragazzo avanzavano lungo quella pista" . . Si apre così questo romanzo breve ma estremamente particolare di Jack London, in cui ascoltando i ricordi di un vecchio scopriamo come il mondo, o per meglio dire il genere umano, quasi si estinse nel 2013. . La causa di tutto fu una lancinante pandemia che al manifestare del primo sintomo, un eruzione cutanea sul viso e corpo di color rosso intenso, non lasciava alcun scampo. Da pochi minuti ad alcune ore, ma la fine era segnata. La Peste Scarlatta, venne chiamata. Pochissimi ne sopravvissero, senza capirne il motivo. . Scopriremo il passato del vecchio mentre racconta cosa accadde settant'anni prima, mescolato al presente in cui vivono i suoi nipoti, vedendo come sia regredita l'umanità. . Il contrasto fra questi due mondi così diversi, eppure vicinissimi fra loro, rende il tutto...terrificante. La nuova generazione è ignorante, rozza. È andato perso praticamente tutto, dal linguaggio, la lettura, il saper contare persino, fino alla medicina e qualsiasi progresso compiuto in ogni ambito. . . Un frammento che rivela quanto siamo facili da spazzare via, basterebbe davvero "un soffio", e niente resterà a nostra memoria. . . Continua ⬇️ https://www.instagram.com/p/B-u_6q8nuZn/?igshid=1i4swfrllh0gx
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violentefini · 2 years ago
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“L’avo scosse la testa con tristezza. La stessa storia disse egli,come a se stesso, ricomincia. Gli uomini si moltiplicheranno di nuovo e nuovamente lotteranno fra di loro, nessuno potrà impedirlo. Quando avranno ritrovata la polvere si uccideranno a migliaia, a milioni e la nuova civiltà si formerà col fuoco e nel sangue, può darsi che ci vogliano quarantamila, cinquantamila anni prima che essa sia completamente formata. le tre classi dominatrici; dei soldati, dei preti e dei re ricompariranno sulla terra, la saggezza del passato che sarà la stessa del futuro è uscita dalla bocca di questi monelli, la folla soffrirà e lavorerà come nel futuro e sopra cumuli di povere carcasse sanguinanti crescerà la bellezza meravigliosa della nuova civiltà. Quand’anche distruggessi tutti i libri che ho nascosti nella grotta il risultato sarebbe lo stesso, la storia del mondo riprenderà fatalmente il suo corso eterno.”
- Jack London, La peste scarlatta
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fmanclossi · 5 years ago
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Tre libri in barca: La peste scarlatta (Jack London) - Lo scarafaggio (Ian McEwan) - Il dopo: Il virus che ci ha costretto a cambiare mappa mentale (Ilaria Capua) - fmanclossi
Tre libri in barca: La peste scarlatta (Jack London) - Lo scarafaggio (Ian McEwan) - Il dopo: Il virus che ci ha costretto a cambiare mappa mentale (Ilaria Capua)
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Un terzetto d’attualità. Fare filotto sulla pandemia sarebbe stato troppo, ma non vedeteli slegati. Un filo li collega. Ma, soprattutto…. niente panico! Tre libri in barca: La peste scarlatta (Jack London), prima edizione 1912, Traduzione di Ottavio Fatica per Einaudi, 2009, 94 pagine. Nell’anno 2013, in un mondo dominato dal Consiglio dei Magnati dell’Industria, scoppia … + Read More
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levysoft · 5 years ago
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Scrivere fantascienza non è certo la strada più indicata per gli scrittori che aspirano all'olimpo dei Grandi Autori della Letteratura: eppure ci sono autori di successo che, pur non frequentando assiduamente il genere, a volte ricorrono a tematiche o ambientazioni fantascientifiche dando vita a opere di confine.
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Il compito della fantascienza, lo sappiamo, non è prevedere il futuro ma parlarci del presente collocandolo in un altro tempo o in un altro spazio: in qualsiasi epoca sia stato scritto, un buon romanzo di fantascienza parla sempre al lettore contemporaneo.
Non sono mancati però i romanzi in grado di fare previsioni spaventosamente vicine alla realtà: è il caso della Peste scarlatta di Jack London, romanzo breve del 1912 ritornato di attualità in queste settimane di pandemia.
Pur non essendo il primo romanzo post-apocalittico (come al solito il primato va a Mary Shelley con L'ultimo uomo) è certamente uno dei più impressionanti per le capacità predittive dell'autore: nell'estate 2013 un «germe» letale, che si manifesta inizialmente con un'eruzione cutanea di colore scarlatto, si diffonde con rapidità tra gli esseri umani, portando in breve al crollo di ogni forma di civiltà e una regressione a uno stadio bestiale, e infine la scomparsa quasi definitiva del genere umano.
Anni dopo, i pochi sopravvissuti ricostruiscono delle piccole comunità tribali, in cui i più forti governano con violenza e arbitrio.
Il racconto prende le mosse nel 2073, quando uno degli ultimi superstiti, un vecchio professore universitario regredito come tutti a uno stadio primitivo, racconta intorno al fuoco ai suoi nipoti i momenti cruciali del crollo della civiltà: un racconto frammentato da digressioni, perché alle nuove generazioni il vecchio deve spiegare tutto, i grandi numeri, i germi, la radio, le aeromobili. I ragazzi, selvaggi e sguaiati, non capiscono, credono solo in ciò che si vede, deridono il vecchio per il suo racconto nostalgico.
Quello che certo colpisce del romanzo di London, letto a oltre un secolo di distanza, è la precisione con cui descrive alcune dinamiche che si innescano anche oggi: la malattia si diffonde a New York, in meno di ventiquattr'ore si sposta a Chicago, già da alcune settimane affligge Londra che censura la notizia, ma in California nessuno si preoccupa: il contagio è altrove, e ciò che non si vede non esiste (come affermeranno gli stessi bambini ascoltando la storia del Nonno), non c'è motivo di cambiare abitudini di vita, finché non sarà troppo tardi per farlo.
Del resto è una guerra che già stanno combattendo i batteriologi, che in passato hanno avuto successo con altre epidemie, perché preoccuparsi? Ma sono proprio i ricercatori le vittime più colpite dal contagio:
Erano degli eroi. Come ne moriva uno, un altro si faceva avanti per sostituirlo. Isolarono per primi il germe a Londra. La notizia fu telegrafata ovunque. L’uomo che aveva portato a termine l’impresa si chiamava Trask, ma nel giro di trenta ore era morto. Poi tutti i laboratori si impegnarono nella ricerca di qualcosa che uccidesse i germi della peste. Non si trovava un farmaco adatto. Il problema, vedete, era trovare un farmaco, o siero, che uccidesse i germi presenti nel corpo senza uccidere il corpo. Cercarono di combatterlo con altri germi, di iniettare nel corpo di un malato germi nemici dei germi della peste…
Il fatto che la morte sopraggiunga in poche ore dal manifestarsi dell'eruzione cutanea suggerisce l'errata convinzione di un'incubazione breve: in realtà ci vogliono alcuni giorni perché la malattia si manifesti, e quando lo fa uccide quasi all'istante e senza scampo.
Il cuore accelerava i battiti e la temperatura corporea saliva. Poi l’eruzione cutanea scarlatta si diffondeva in un baleno sul viso e sul corpo. I più non si accorgevano nemmeno dell’aumento di temperatura e dei battiti cardiaci e la prima cosa che notavano era l’eruzione scarlatta. Di solito, al momento della comparsa dell’eruzione avevano le convulsioni. Ma queste non duravano a lungo e non erano molto violente. In chi superava quella fase, subentrava una grande calma e solo allora la persona avvertiva un torpore che dai piedi risaliva velocemente il corpo. Il torpore attaccava prima i calcagni, poi le gambe e i fianchi, e quando arrivava all’altezza del cuore la persona moriva. Non piombava nel sonno o nel delirio. La mente conservava la calma e la lucidità fino al momento in cui il cuore intorpidito si arrestava. E un’altra stranezza era la rapidità della decomposizione. Non facevano in tempo a morire che subito il corpo sembrava andare in pezzi, sbriciolarsi, dissolversi sotto i tuoi occhi. Questa fu una delle ragioni della rapidità con cui il contagio si diffuse. Tutti i miliardi di germi di un cadavere venivano così liberati all’istante.
Prescindendo dalle nozioni biologiche e mediche un po' generiche (ricordiamo però che è un professore di letteratura che narra la storia a un gruppo di ragazzini non scolarizzati) e dalla scarsa capacità immaginativa dell'evoluzione tecnologica del ventunesimo secolo (le comunicazioni sono ferme a radio e telegrafo) l'aspetto più interessante del romanzo sta nella rappresentazione sociale.
Se i germi sono una causa naturale, è la società umana, così come si è strutturata, il bersaglio della critica di London: la catastrofe investe un sistema capitalistico avanzato che ha soppiantato di governi in nome del profitto: il Consiglio dei Magnati e dell'Industria domina un pianeta dividendo manicheisticamente l'umanità in padroni e servi.
I protagonisti provengono dalla classe alta di una città universitaria, in un primo momento credono di essere al sicuro tra le mura della facoltà di Chimica, finché non si rendono conto che il germe è già con loro, in attesa di manifestarsi. Di fronte a una morte fulminea, la perdita dell'umanità non è troppo graduale, fin dai primi giorni questa comunità protetta dalle certezze della propria cultura non esita a scacciare chi manifesta la malattia, a sacrificare vite per allontanare i cadaveri e infine mettersi in marcia verso la campagna abbandonando lungo la strada i contagiati; durante l'esodo, uno dei professori fugge con l'unica auto e le provviste del gruppo; ma poco importa, perché il contagio risparmia solo i pochi immuni, come il vecchio, che dopo anni di solitudine tra le montagne si imbatterà nelle tribù della California formate dai pochi superstiti.
È qui che emerge il pessimismo dell'autore: la nuova società nata dalle ceneri della civiltà umana sembra tutt'altro che migliore; regrediti a uno stadio primitivo, gli uomini più forti tiranneggiano i deboli, si appropriano delle donne che trattano come schiave, dimenticano ciò che hanno imparato prima della Peste Scarlatta, e si preparano a rifare gli stessi errori del passato. Così riflette amaramente il Nonno alla fine del suo racconto:
La stessa vecchia storia si ripeterà. L’uomo si moltiplicherà e gli uomini si combatteranno. La polvere da sparo permetterà agli uomini di uccidere milioni di uomini, e solo a questo prezzo, con il fuoco e con il sangue, si svilupperà, un giorno ancora lontanissimo, una nuova civiltà. E a che pro? Come la vecchia civiltà si è estinta, così si estinguerà la nuova. Ci vorranno forse cinquantamila anni per costruirla, ma finirà per estinguersi. Tutto si estingue.
Sussisteranno soltanto la forza e la materia, in perenne mutamento, che a furia di agire e reagire realizzeranno i tre tipi eterni: il prete, il soldato e il re. Dalla bocca dei bambini esce la saggezza senza età. Ci sarà chi lotta, chi comanda e chi prega; e tutti gli altri faticheranno e soffriranno assai mentre sulle loro carcasse sanguinanti tornerà sempre e comunque a innalzarsi in eterno la bellezza stupefacente e la meraviglia incomparabile della civiltà. Tanto varrebbe distruggessi i libri immagazzinati nella grotta: che restino o spariscano, tutte le loro antiche verità saranno scoperte, le loro antiche menzogne vissute e tramandate. A che pro…
Conclude Ottavio Fatica nella postfazione:
La condanna di chi non rammenta il passato è replicarlo. La condanna di chi lo ricorda è vederlo replicare sotto gli occhi senza poter fare niente per precluderlo. Magra consolazione, gli uomini del futuro prospettato da Jack London potranno sempre dirsi pronti per la quarta guerra mondiale, quella che si combatterà con selci e clave.
Mai come oggi queste parole dovrebbero farci riflettere.
Già proposto dalla Nord con un titolo leggermente diverso (Il morbo scarlatto) insieme ad altri racconti fantastici di Jack London e un'introduzione di Philip J. Farmer che dovrebbe fugare ogni dubbio circa la collocazione del romanzo, bisogna dire che una volta tanto anche il volume Adelphi lascia intendere l'appartenenza al genere fantascientifico: «opera pseudoscientifica, così la definisce l’autore in una lettera – la formula “science-fiction” non è ancora invalsa».
Lo stesso Fatica sottolinea infine l'influenza che il romanzo di London ha avuto (insieme a La nube purpurea di M. P. Shiel, del 1901) sulla successiva produzione post-apocalittica: da L'ombra dello scorpione di Stephen King a La strada di Cormac McCarthy, passando per capisaldi della fantascienza come Io sono leggenda di Richard Matheson e Un cantico per Leibowitz di Walter M. Miller.
Una carrellata di storie catastrofiche (a cui si potrebbero aggiungere innumerevoli altri titoli) che in effetti parrebbe smentire la premessa iniziale secondo cui la fantascienza non prevede il futuro. Ma a ben guardare la conferma: dopo l'ubriacatura positivista, il Novecento è stato il secolo del dubbio, della diffidenza nei confronti di una scienza che aveva promesso meraviglie e che invece ha solo creato nuove disuguaglianze.
La cattiva strada su cui ci siamo avviati nel secolo che ci separa dalla Peste scarlatta era già evidente agli occhi di uno scrittore attento come London, che con il suo romanzo ha voluto metterci in guardia: purtroppo non l'abbiamo ascoltato.
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pangeanews · 5 years ago
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“Era apocalittico e visionario. La madre, poi, parlava con i defunti…”. Dialogo intorno a Jack London con Romana Petri
Come tutti, ho amato Il richiamo della foresta – l’ho letto nella versione Einaudi, nella traduzione di Gianni Celati. Non cercavo altro che precipitare nel bosco: ambivo a mutarmi in volpe, la mia crudeltà dilagava nella discrezione; mio padre mi aveva regalato un libro magnifico sul lupo artico. Una zia rovinò il peculiare idillio con Jack London dandomi a leggere, per obbligo, Zanna bianca. Ma io, allora, ero agli omerici e la frugalità di London mi parve sgrammaticata. In realtà, è proprio quella crudezza, quella forza tellurica a consegnarci London ancora autentico, carnale, un secolo dopo (muore nel 1916). Le sue opere sono continuamente ritradotte, i suoi libri hanno aperto ‘generi’ e fornito emblemi, un clima profetico e ‘sociale’; il cinema ne ha fatto razzia – devo dire che il Martin Eden secondo Pietro Marcello mi ha convinto. London è tornato tra noi con prepotenza, dopo l’evento cinematografico, in seguito a due episodi: uno editoriale, l’altro esistenziale. Il primo è il libro di Romana Petri, scrittrice assai attrezzata e apprezzata (ha ottenuto un Mondello, un SuperMondello e un Grinzane Cavour, tra i vari premi; ha fondato la casa editrice Cavallo di Ferro, ha tradotto, tra gli altri, il Premio Nobel Le Clézio e Adolfo Bioy Casares), Figlio del lupo (Mondadori, 2020) dedicato alla vita ‘da romanzo’ di London. Il libro non è un mero repertorio biografico, ha una struttura narrativa cinematografica, che interpreta con vivida tensione la vita e l’istinto di JL (“Gli scrittori americani, fino a quel momento, non avevano avuto il coraggio di arrivare all’anima delle cose. Con lo sguardo sul soffitto pensò che voleva una letteratura con poco profumo, ma molto odore di vita”). L’altro evento è il contagio. Come si sa, quel profeta di London azzecca il virus cannando di pochissimo il dettaglio della data: La peste scarlatta, romanzo breve pubblico nel 1912, intuisce la fine del mondo per contagio mortale nel 2013 (“Ci giunse voce che una strana malattia era scoppiata a New York… La notizia non fece scalpore. La cosa era circoscritta. C’erano stati solo pochi morti… Meno di ventiquattr’ore dopo si segnalava il primo caso a Chicago. E quello stesso giorno venne reso noto che Londra combatteva in segreto la peste da due settimane”). Per chi vuole, il libro è edito da Adelphi; la postfazione di Ottavio Fatica mette in fila i romanzi più interessanti della “tradizione post-apocalittica”, da Mary Shelley a Morselli e Cormac McCarthy (con esegesi estrema: “La peste segna la fine sempre incombente del gruppo, al suo interno la violenza si fa generalizzata, e ogni singolo si aggrappa con le unghie e con i denti alla propria presunta differenza – fino all’indifferenziazione… fino all’ecatombe”). Eppure, ho capito davvero London conoscendo un carcerato. Enzo Fontana. In gabbia in seguito ai deliri delittuosi della lotta armata, scrittore – Tra la perduta gente, Mondadori 1996; Il fuoco nuovo, Marietti 2006 – in una animala, necessaria antologia, Mia linfa mio fuoco, edita da Guaraldi, Fontana parla del Vagabondo delle stelle di London in termini d’eccezionalità. “La lettura di questo libro che racconta delle molte vite di un prigioniero mi fece un gran bene, pur senza credere nella reincarnazione delle anime”, scrive Fontana. “Mi fece subito sognare, mentre ero prigioniero in una specie di incubo: una cella di isolamento a San Vittore, ‘ai topi’, come si diceva, sottoterra”. Con quel libro – “Negli anni delle rivolte penitenziarie fu quasi un volume proibito, perché Il vagabondo delle stelle è un uomo che nessuna prigione può trattenere” –, Fontana inaugura la sua ‘nuova vita’ nel gorgo della letteratura. Mi sembrò che tra stelle e foresta il richiamo fosse lo stesso e che in ogni uomo, in fondo, abiti la stessa bestia che anela, vaga, vaglia, va. Dialogare con Romana Petri fu inevitabile conseguenza. (d.b.)
Qual è l’episodio esemplare che a suo avviso racconta Jack London?
Forse non ce n’è proprio uno solo. London è una lunga serie di episodi esemplari. Io ne direi almeno due: è l’unico scrittore al mondo che ha capito di esserlo quando era ancora semianalfabeta. Aveva smesso di andare a scuola a dieci anni e tra i diciotto e i diciannove si rende conto che sarebbe stato non uno scrittore, ma addirittura uno dei più grandi d’America. Il secondo è la separazione dalla prima moglie Bessie. Non poteva muoversi peggio di come ha fatto. L’uomo dei grandi orizzonti, del coraggio estremo, il leggendario e avventuroso London, quello dal cazzotto facile, cadde miseramente quando decise di lasciare la moglie. Fece un pasticcio enorme, ebbe paura. Insomma, quella fu l’unica occasione della sua vita in cui fu un uomo come gli altri.
Che cosa la ha sorpresa scavando nella vita di London, quale evento le è caduto addosso, inatteso?
Leggo e studio London da talmente tanti anni che conoscevo già perfettamente tutta la sua vita. Posso però dire che sempre mi colpiscono le struggenti lettere che scrisse nella sua vita ad Anna Strunsky. La fascinosa russa, la socialista e intellettuale della quale si innamorò a prima vista e che fu sempre, come tutti gli amori mancati, la sua ossessione fino all’ultimo dei suoi giorni. Lettere meravigliose, non di manifesto amore, ma lettere che scavavano nel suo tormento sentimentale. Prendimi così, come un ospite randagio, un uccello di passaggio che con le sue ali salate plana per un istante sulla tua vita. Nella vita di quella donna si sentì sempre e solo transitorio.
La vita di London, “figlio del lupo” – che era poi l’epiteto di Gengis Khan – è costellato da donne, non tutte “lupo”. Quale di queste figure è stata determinante per lo scrittore, per l’avventuriero?
Sicuramente sua madre Flora, la spiritista. Donna anche lei misteriosa, che raccontava tante versioni del suo passato. Una madre brusca ma innamorata del figlio. Che è stata capace di sostenerlo nel suo sogno di diventare uno scrittore anche se facevano la fame. Fu lei a dirgli di non lavorare e dedicarsi solo alla scrittura. Ma lei parlava con i defunti. Gliel’avevano detto loro che Jack sarebbe diventato un grande scrittore. E lei non ne aveva mai dubitato. Nemmeno per un solo istante.
London è anche profeta. Nei suoi libri ha anticipato i cambiamenti della società, nella “Peste scarlatta” pare dire il tempo dominato dal virus. Da dove viene questa ‘veggenza’ a suo avviso?
Sì, il “morbo rosso”, ambientato addirittura nel 2073. Lui era un veggente del passato come del futuro. Pensiamo anche a Prima di Adamo e al Tallone di Ferro. Era apocalittico e visionario. Questa idea dell’annientamento del mondo gli veniva anche dal profondo sentire che il mondo fosse ingiusto. Diceva che l’uomo delle caverne era più libero dell’uomo moderno ridotto a nulla nelle fabbriche. Che il primitivo aveva il tempo del riposo negato a chi veniva sfruttato. Aveva il dono di allungare un braccio e prendere un brandello della primitività perduta per poi clonarla e regalarla ai suoi lettori.
London rappresenta una idea di scrittura, di scrittore, in modo abbastanza radicale. Qual è la sua? Perché si scrive, insomma?
Io scrivo in modo abbastanza fluviale. Molto. Fa parte della mia vita quotidiana. La scrittura non è certo un mestiere sano perché prende molte ore del giorno. Del resto, anche quando faccio altro, se sto scrivendo qualcosa la mia testa resta lì anche mentre cammino per la strada o faccio la pesa, o cucino, o stendo i panni. È una vita un po’ binaria, un po’ borderline. Si vive piuttosto scissi. Vivi la vita reale mentre nella testa ti stai raccontando una storia. Mi succede spesso di dovermi fermare per prendere un appunto, fermare un’idea. Mi succede anche a cena con gli amici, mentre vedo un film.  Lo scrittore dedica la sua vita a questo vizio di dominare le parole.
Mi dica: a) il libro di London che più ha inciso nella sua vita; b) quello che più ha influenzato la sua scrittura; c) quello che consiglierebbe a un adolescente, per svezzarlo al mondo. 
Allora, direi Lupo dei mari perché i due protagonisti rappresentano ognuno un lato di London: quello evoluto e quello feroce. Ogni volta che ne leggo qualche brano sento fortissima la pericolosa fusione di questi due uomini. Mi ha influenzata molto Il vagabondo delle stelle perché al talento di London ci aggiungo sempre la bella voce di mio padre Mario Petri (famoso cantante lirico) che me lo raccontava e interpretava. L’idea delle “piccole morti”, quell’andare in astrale per abbandonare i dolori del corpo e liberare altrove l’anima. A un adolescente devo consigliare per forza Il richiamo della foresta, perché con quel libro London ci insegna l’arte dell’adattamento ai cambiamenti della vita, ci fa capire come siano più naturali in un animale. Buck era un antesignano videogioco. Non dimentichiamo che era un meticcio di San Bernardo, ma nel momento in cui fa il salto per entrare definitivamente nella foresta, anche il suo aspetto cambia per trasformarsi in quello di un lupo. È il libro dell’ancestralità.
*In copertina: Jack e Charmian London alle Hawaii
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danielazac · 7 years ago
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“La peste Scarlatta”(J.London). Uno di quei libri post apocalittici che ancora mancava alle mie letture. Ascoltato in #audiolibro grazie a #audible #instabook #reading #postapocaliptic #sf
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recensissimo · 7 years ago
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viaggiatricepigra · 5 years ago
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"Il sentiero correva lungo quello che un tempo era il terrapieno di una ferrovia. Ma non ci transitavano più treni ormai da molti anni. La foresta rimontava i versanti del terrapieno scavalcando il dosso, un'onda verde di alberi e di arbusti. Il tratturo era una Vista di animali selvatici da seguire in fila indiana, A segnalare la presenza di rotaie e traversine, attraverso il tap peto di muschio spuntava qua e là un pezzo di ferro arrugginito. In un punto, una pianta dal tronco spesso venticinque Centime, tri, erompendo vicino a una giuntura aveva svelto l'estremità di una rotaia sollevandola in bella vista. E 1a rotaia si era portata dietro 1a traversina; trattenuta dall'arpione quanto basta per wer poi la massicciata ributtante di ghiaia e foglie marce; cosi adesso il legno marcio, sgretolato, si drizzava con una inclinazione.per quanto antica, si vedeva che la ferrovia era una monorotaia; un vecchio e un ragazzo avanzavano lungo quella pista" . . Si apre così questo romanzo breve ma estremamente particolare di Jack London, in cui ascoltando i ricordi di un vecchio scopriamo come il mondo, o per meglio dire il genere umano, quasi si estinse nel 2013. . La causa di tutto fu una lancinante pandemia che al manifestare del primo sintomo, un eruzione cutanea sul viso e corpo di color rosso intenso, non lasciava alcun scampo. Da pochi minuti ad alcune ore, ma la fine era segnata. La Peste Scarlatta, venne chiamata. Pochissimi ne sopravvissero, senza capirne il motivo. . Scopriremo il passato del vecchio mentre racconta cosa accadde settant'anni prima, mescolato al presente in cui vivono i suoi nipoti, vedendo come sia regredita l'umanità. . Il contrasto fra questi due mondi così diversi, eppure vicinissimi fra loro, rende il tutto...terrificante. La nuova generazione è ignorante, rozza. È andato perso praticamente tutto, dal linguaggio, la lettura, il saper contare persino, fino alla medicina e qualsiasi progresso compiuto in ogni ambito. . . Un frammento che rivela quanto siamo facili da spazzare via, basterebbe davvero "un soffio", e niente resterà a nostra memoria. . . Continua ⬇️ https://www.instagram.com/p/B-u_6q8nuZn/?igshid=o2x37f3zumda
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fmanclossi · 5 years ago
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Tre libri in barca: La peste scarlatta (Jack London) - Lo scarafaggio (Ian McEwan) - Il dopo: Il virus che ci ha costretto a cambiare mappa mentale (Ilaria Capua)
Tre libri in barca: La peste scarlatta (Jack London) - Lo scarafaggio (Ian McEwan) - Il dopo: Il virus che ci ha costretto a cambiare mappa mentale (Ilaria Capua) #daleggere
Un terzetto d’attualità. Fare filotto sulla pandemia sarebbe stato troppo, ma non vedeteli slegati. Un filo li collega. Ma, soprattutto…. niente panico!
Tre libri in barca: La peste scarlatta (Jack London), prima edizione 1912, Traduzione di Ottavio Fatica per Einaudi, 2009, 94 pagine.
Nell’anno 2013, in un mondo dominato dal Consiglio dei Magnati dell’Industria, scoppia un’epidemia che in breve…
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