#La canzone del padre
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naivesilver · 1 year ago
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@dinneratgrannys OUAT Appreciation Week Day 4 - Lyric/Song: OUAT Characters + Fabrizio De André Lyrics
(As requested by @mossmx, fuck you 💕)
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kon-igi · 10 months ago
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CHIAMA I RICORDI COL LORO NOME
Nel 2019, la mia compagna, le mie figlie e io decidemmo di intraprendere un percorso che alla fine ci avrebbe portato a diventare la famiglia affidataria di un minore e questo implicava un sacco di incontri, singoli e di gruppo, con cui assistenti sociali e operatori valutavano la nostra capacità di accudimento e contemporaneamente ci informavano e ci formavano su cosa significasse prendersi cura di un minore in modo continuativo ma parallelamente alla famiglia biologica, con la quale dovevamo rimanere sempre in contatto.
(anticipo che poi la cosa finì in un nulla di fatto perché poco dopo scoppiò il caso Bibbiano - 30 km in linea d'aria da Parma - e per precauzione/paura tutti gli affidi subirono un arresto. E poi arrivò il Covid)
La mia riflessione nasce alla lontana da un video che youtube mi ha suggerito questa mattina presto - è poco importante ai fini della storia ma è questo - che mi ha ricordato una caratteristica della mia infanzia...
Difficilmente riuscivo a essere felice per le cose che rendevano felici gli altri e quella vecchia canzone - che è considerato l'Inno del Carnevale di Viareggio, mio luogo di nascita e dei primi 20 anni di vita - ne è l'esempio emblematico, direi quasi sinestesico.
Tutti i viareggini la conoscono e la cantano nel periodo più divertente e frenetico della città ma io la associo a un'allegria dalla quale ero sovente escluso, odore di zucchero filato che non mangiavo e domeniche che significavano solo che l'indomani sarei tornato a scuola, preso in giro dai compagni e snobbato dalla maestra.
Vabbe'... first world problem in confronto ad altri vissuti (in fondo ero amato e accudito) però l'effetto a distanza di anni è ancora questo.
Tornando al quasi presente, una sera le assistenti sociali chiesero al nostro gruppo di futuri genitori affidatari di rievocare a turno prima un ricordo triste e poi uno felice.
E in quel momento ebbi la rivelazione che la quasi totalità dei presenti voleva dare amore a un bambino o a una bambina non propri perché sapeva in prima persona cosa significasse vivere senza quell'amore: gli episodi raccontati a turno non era tristi, erano terribili... violenza, abbandono, soprusi, povertà e ingiustizie impensabili nei confronti di bambino piccolo e, ovviamente, quando arrivò il nostro turno (la mia compagna non ne voleva sapere di aprire bocca) mi sentivo così fortunato e quasi un impostore che, in modo che voleva essere catartico e autoironico, raccontai di quando la maestra in terza o in quarta elementare chiamò un prete che davanti a tutta la classe mi schizzò di acqua santa perché - a detta della vecchia carampana - sicuramente ero indiavolato.
Ribadisco che la cosa voleva essere intesa come un modo per riderci su e detendere l'atmosfera pesante che il racconto dei vissuti terribili aveva fatto calare sul gruppo ma mentre sto mimando con una risatina il gesto del prete con l'aspersorio, mi accorgo che tutti i presenti hanno sgranato gli occhi e hanno dilatato le narici, nella più classica delle espressioni che indicano un sentimento infraintendibile...
La furia dell'indignazione.
Cioè... tu a 10 anni hai visto tua madre pestata a sangue da tuo padre e fatta tacere con un coltello alla gola ed empatizzi con me che ti sto raccontando una stronzata buona per uno sketch su Italia Uno?
Mi sono sentito uno stronzo, soprattutto quando la furia ha lasciato il posto a gesti e parole DI CONFORTO per quello che, evidentemente, sembrava loro una prevaricazione esistenziale orribile (cioè, lo era ma, per cortesia... senso delle proporzioni, signori della giuria).
Mi sono quindi rimesso a sedere, incassando il supporto con un certo qual senso di vergogna, finché poi non è arrivato il momento della condivisione dei momenti felici.
Silenzio di tomba.
Nessuno parlava.
Nessuno riusciva a ricordare qualcosa che lo avesse reso felice.
Con un nodo in gola - perché avevo capito che razza di vita avevano avuto le persone attorno a me - mi rendo conto che io ne avevo MIGLIAIA di momenti felici da condividere ma che ognuno di essi sarebbe stato una spina che avrei conficcato nel loro cuore con le mie stesse mani.
E allora mi alzo e rievoco ad alta voce il ricordo felice per me più antico, quello che ancora ora, a distanza di decenni, rimane saldo e vivido nella parte più profonda del mio cuore...
-Le palle di Natale con la lucina rossa dentro. Quando ero piccolo, durante le vacanze di Natale aspettavo che mio papà e mia mamma andassero a letto e poi mi alzavo per andare a guardare l'albero... non i regali sotto, proprio l'albero. Era finto, di plastica bianca spennachiosa, ma mia mamma avvolgeva sempre intorno alla base una striscia decorativa verde a formare una ghirlanda e mio padre stendeva tutto attorno ai rami un filo con delle palle che, una volta attaccate alla presa elettrica, si illuminavano di rosso. Io mi alzavo di nascosto e nel caldo silenzio della notte guardavo le luci intermittenti dipingere gli angoli del divano e del tavolo, con un sottile ronzio che andava e veniva. Ero al caldo, ero protetto, voluto e amato. Se allungo le mani posso ancora tastare quel ronzio rosso che riempe la silenziosa distanza tra me e l'albero e niente potrà mai rendere quella sensazione di calda pienezza meno potente od offuscarne la completezza. Quello era l'amore che mi veniva dato e che a nessuno sarebbe mai dovuto mancare.
A un certo punto sento una mano che mi si poggia sul braccio (avevo chiuso gli occhi per rievocare il ricordo) e accanto a me c'è la mia compagna che sorride, triste e piena di amore allo stesso tempo.
E attorno a me tutti stanno piangendo in silenzio, esattamente quello che col mio ricordo semplice volevo evitare e che invece doveva aver toccato lo stesso luogo profondo del loro cuore.
E in mezzo alle lacrime (che figuriamoci se a quel punto il sottoscritto frignone è riuscito a trattenere) cominciano a scavare tra i ricordi e a tirarli fuori... il cucciolo che si lasciava accarezzare attraverso il cancello della vicina, il primo sorso dalla bottiglietta di vetro di cedrata, la polvere di un campetto da calcio che si appiccicava sulla pelle sudata, l'odore della cantina, il giradischi a pile...
E nulla. Non so più cosa dire e nemmeno cosa volessi dire.
Forse che sembriamo così piccoli, malmessi e fragili ma che se qualcuno ci picchietta sulla testa e sul cuore siamo capaci di riempire il mondo di cose terribili e meravigliose.
Decidere quali ricordare e quali stendere davanti a noi è una scelta che spetta non a chi picchietta ma a chi permette che essi fluiscano da quella parte profonda di sé a riempire lo spazio tra noi e il domani.
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diceriadelluntore · 5 months ago
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Storia Di Musica #331 - Antonello Venditti, Sotto Il Segno Dei Pesci, 1978
L’ultimo disco di questo scatolone incredibile che ho ritrovato in soffitta è uno dei dischi più famosi di sempre fatti in Italia. È un disco che segna un momento storico per il nostro Paese a cui indirettamente anche lui contribuisce, e uno più personale, che proietta l’autore a diventare una delle voci più famose, e incisive, della canzone italiana. È anche l’opportunità per raccontare di un cantautore che troppo spesso è stato bistrattato per il suo essere “commerciale” (definizione che per me ha valore di assoluta stupidità). Il disco di oggi esce l’8 Marzo 1978. 29 anni prima, era nato nello stesso giorno l’autore, Antonello Venditti. Proprio per questo, il titolo, profondamente autobiografico, è Sotto Il Segno Dei Pesci. Dico subito che nello scatolone ho la fortuna di avere una prima edizione originale: la stupenda copertina di Mario Convertino, designer celeberrimo di fortunatissime copertine di album e uno dei primi ad usare la grafica in TV (Mister Fantasy del 1981, di cui cura sigla e grafica, alle videosigle de La Domenica Sportiva nel 1986, e persino la grafica delle partite dei Mondiali di Italia '90) insieme ai due pesci colorati vi sono in rilievo i dodici segni dello Zodiaco. Venditti arriva a questo disco dopo un percorso artistico particolare. L’inizio, famosissimo, è al Folkstudio, il locale romano dove stringe amicizia con Giorgio Lo Cascio, Ernesto Bassignano e soprattutto Francesco De Gregori: a quel momento dedica una delle strofe più famose della canzone italiana, quattro ragazzi con la chitarra e il pianoforte sulla spalla, di Notte Prima Degli Esami. La It di Vincenzo Micocci gli dà l’opportunità di fare un disco insieme a De Gregori, e nasce così nel 1972 Theoruis Campus. Il disco segna però un distacco tra i due, su cui la stampa musicale ha ricamato cose assurde e per la maggior parte inventate (su tutte che Pianobar di De Gregori fosse indirizzata a lui). Segue quindi il percorso di un cantautorato febbrile e intenso, estroverso e popolare, incentrato sulla passione per la sua città, Roma (a cui dedicherà veri e propri inni, come Roma Capoccia, E Li Ponti So’ Soli da L’Orso Bruno del 1973, Campo De’ Fiori da Quando Verrà Natale del 1974, e sul raccontare storie forti e niente affatto scontate. Tra queste ultime, Mio Padre Ha Un Buco In Gola (Le Cose Della Vita, 1973) sugli attriti generazionali, Canzone Per Seveso (da Ullalà, 1977) per l’ecologia, e soprattutto una carrellata di canzoni dedicate a figure femminili che faranno epoca, come Lilly (dall’omonimo album del 1975), struggente, una delle prime canzoni italiane scritte sulla droga, Maria Maddalena (1977), sulla prostituzione.
Sotto Il Segno Dei Pesci uscirà una settimana prima del sequestro Moro. Ne diventerà suo malgrado una sorta di colonna sonora, in un disco cruciale che assomma, in una maniera decisiva la contestazione e il riflusso, le storie dell’amore intimo e l’impegno per le lotte sociali, le speranze pubbliche e le frustrazioni quotidiani. Ne è esempio il ritornello, che conosciamo tutti, della title track, dedicata alla storia di Marina e di Giovanni (due veri suoi amici) delle loro paure sul futuro, del cambiare città perchè “Tutto quel che voglio, pensavo\È solamente amore\Ed unità per noi\Che meritiamo un'altra vita\Più giusta e libera se vuoi\Corri, amore, corri, non aver paura”. È il disco con cui “ricompone” con De Gregori: gli dedica la scarna e delicata Francesco, (Possiamo ancora suoniamo ancora l'ultima volta\Senza rimpianti, senza paura\Come due amici antichi\E nient'altro di più di più di più) e soprattutto Bomba O Non Bomba, che parla di due ragazzi, Antonello e Francesco (De Gregori, naturalmente), e ripercorre il cammino dei due protagonisti, e gli incontri fatti, a Sasso Marconi, Roncobilaccio, Firenze e Orvieto (in ordine cronologico le uscite dell’Autostrada Del Sole, direzione Roma), per raggiungere il successo, rappresentato da Roma come meta finale. È anche un disco per le donne: Sara (“svegliati è primavera”) è una toccante storia di una ragazza incinta, amica della prima moglie Simona Izzo al Liceo Mamiami di Roma, di un ragazzo “mammome e anaffettivo” (Ma Sara, mi devo laureare, e forse un giorno ti sposerò\Magari in chiesa (…) tu non sei più sola, il tuo amore gli basterà\Il tuo bambino, se ci credi nascerà); Giulia è invece la prima canzone che parla apertamente di un amore lesbico all’interno di una coppia eterosessuale, il punto di vista del testo è dell’uomo che si trova a ragionare sull’allontanamento della sua amata, la canzone è un gioiello del disco, potente e struggente, È Giulia che ti tocca\È Giulia che ti porta\Via da me (…) Lei è solo troppo anche per te\Lei è solo un po' confusa\E ti prego non portarla\Via da me. C’è pure la canzone sociale di Chen Il Cinese, la deliziosa Il Telegiornale, che sembra scritta adesso “TG1, TG2, che confusione\Ma almeno rimane il pregio dell'informazione\E tra una smentita e l'altra e un sorriso ministeriale\Ci fa capire che le cose non vanno poi\Troppo male.
Il disco fu registrato a Roma nei Trafalgar Recording Studios e a Londra ai Marquee Studios; il tecnico del suono è Gaetano Ria, che si occupa anche del missaggio insieme a Tim Painter. Tra i musicisti sono da ricordare i componenti del gruppo degli Stradaperta, già collaboratori di Venditti in Lilly; anche Carlo Siliotto e Pablo Romero avevano già suonato con il cantautore (entrambi nell'album Quando verrà Natale), ed inoltre suona nell'album il tastierista dei Goblin, Claudio Simonetti. Durante le session dell'album venne registrata anche un'altra canzone, Italia, che però non venne inserita nel disco (solo nel 1982 sarà pubblicata in Sotto La Pioggia). Il disco venderà tantissimo: 700.000 copie quell’anno, Sotto Il Segno Dei Pesci\Sara singolo Numero Uno, riuscendo, come pochissimi, a intuire l’umore della piazza. Perché è un fatto che forse per la sua produzione quantitativamente molto elevata rispetto ad altri grandi cantautori, e spesso per alcune sue scelte facili, abbia sempre avuto critica feroce. Il problema della “musica commerciale” è la scusa di chi deve per forza contestare le scelte artistiche non per quelle che sono (un lavoro artistico ha tutto il diritto di essere considerato brutto). Venditti fu accusato di disimpegno negli anni ’80, su cui per anni la critica ha ironizzato sul suo intimismo da supermercato, seppure nonostante dischi non così belli come questo scriverà inni generazionali, ne elenco un paio: Ci Vorrebbe Un Amico e Notte Prima Degli Esami nel 1984 da Cuore, In Questo Mondi Di Ladri del 1988 che venderà più di un Milione di Copie, Alta Marea, cover di Don’t Dream It’s Over dei Crowded House del 1991. Ditemi se è poco.
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lady--vixen · 21 days ago
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#io confesso
"È strano sai, aver tanta voglia di correre ma muover piano i passi per non sciupare l'attimo di libertà"
Era da poco che avevo perso mio padre e stavo guidando, non ricordo dove fossi esattamente so solo che era un viaggio piuttosto lungo, forse di qualche ora, e la mente vagava in continuazione attorno alla figura del mio povero papà che non c'era più.
Come sempre avevo preparato una manciata di brani su una USB per affrontare meglio il viaggio. Non ricordo nulla di quella musica, gli artisti, che genere fosse, nulla. Probabilmente non la stavo nemmeno ascoltando, assordato dal brusio dei pensieri.
Ricordo però le parole di una canzone, quelle che ho scritto all'inizio, ascoltate mille volte senza farci caso ma in quel momento si sono rivelate in tutta la loro drammatica realtà.
Ricordo anche che in quel momento piansi. Questo lo ricordo bene.
Ti voglio bene Lady-Vixen.
❤️
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libero-de-mente · 1 year ago
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Vorrei tornare a crederci.
Vorrei poter riassaporare la magia del Natale.
Come quando ero piccino e credevo a Babbo Natale, alla bontà dell'uomo e al candore della neve.
Come quando erano piccini i miei figli e mi fecero diventare Babbo Natale, credere nella loro bontà e al silenzio ovattato della neve.
Come quando stanco di sentire della crudeltà dell'uomo verso chiunque, senti la voglia di tornare a credere nella magia di una notte. Che per molti è speciale davvero.
Perché sei un bambino affamato e riceverai una razione più generosa di cibo.
Perché sei un ragazzino, che rivedrà seduti allo stesso tavolo mamma e papà che non si parlano più.
Perché sei povero e all'addiaccio e per una notte sentirai il calore umano scaldarti il cuore.
Perché sei in difficoltà economica e la tredicesima ti aiuterà a pagare qualcosina in più.
Vorrei trovare conforto, vorrei dare conforto.
La magia è lo scambiarsi buone azioni e non solo darle o riceverle.
Una carezza a un cuore freddo, un abbraccio a un'anima persa e protezione a chi sente paura. I doni migliori.
Vorrei esprime un desiderio, grande.
Che gli occhi di chi ha paura non debbano mai vederlo il terrore.
Che nessuno debba più sentire i timpani saltare per un'esplosione fragorosa, oppure il corpo trafitto dalle lame o, ancora, mani che si stringono troppo forte attorno al collo.
Ho bisogno di credere in questo Natale, anche se non sono più un bambino e padre di ragazzi ora consapevoli.
Perché sono un uomo diverso, che sa riconoscere il valore di coloro che sono ritenuti inferiori o ultimi per retaggi di un passato buio.
Aspetto questo Natale, cercando di tramutarlo in forza interiore e non respingerlo come negli anni passati.
E mentre lo aspetto, il ritornello di una canzone di qualche anno fa riecheggia come in un loop nel mio cervello: "immensamente Giulia..."
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ragazzadalsorrisonero · 12 days ago
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presa da un atto di coraggio, recuperai carta e penna, iniziando a scrivere le ultime parole che ti concessi, prima di dirti definitivamente addio.
23 novembre 2023
Ciao amore,
sono passati un po’ di mesetti dall'ultima volta che ti scrissi una lettera, ormai ne ho scritte così tante che ne ho perso il conto, anche se a dire la verità non le ho mai contate.
come ben sai, scrivere è il mio unico modo per esprimere ciò che ho dentro e ciò che non riesco a dire a voce...
in alcune lettere menziono sempre il fatto di dove io avessi sbagliato, di come avrei potuto fare scelte diverse o semplicemente raccontare le mie giornate o quello che comunque faccio nel presente.
poche volte menziono i ricordi, molte volte ripeto quanto ti abbia amato, e soprattutto quanto ancora ti amo.
questa è l'ultima lettera che ti scriverò, ho deciso di mettere la parola fine e il punto a tutto ciò che c'è stato in passato, ma soprattutto alla nostra storia, consapevole che il sentimento che ho provato per te, non lo proverò con nessuno.
ho capito che ci sono un'infinità di amori, che ogni amore con una persona è diverso dall'amore con un'altra, questo l'ho capito con il passare del tempo, e mi dispiace se me ne sia accorta troppo tardi.
ho provato a fare del mio meglio, come tu hai provato a fare del tuo, lottando con anima e corpo.
ogni tanto la sera prima di andare a dormire, rileggo le tue lettere, ogni volta è sempre un'emozione diversa, ogni volta ricado nei ricordi ed è bellissimo riprovare certe emozioni, ma è alquanto bruttissimo invece leggere e rileggere le stesse righe, le stesse frasi, le stesse parole, senza essermi resa conto dei dettagli.
citavi sempre che io meritassi di meglio, che ti sentissi sbagliato per me, e l'ultima volta che le ho rilette, ho capito troppo tardi che tu non ti sentissi all'altezza, e ti chiedo scusa se non me ne sia accorta, ti chiedo scusa se ti ho fatto sentire così, ti chiedo scusa se non ho fatto nulla per far si che non pensassi più cose del genere.
tu mi meritavi, tu eri all'altezza, senza di te mi sarei sentita persa, senza di te sarei crollata ancora prima di rialzarmi, senza di te sarei annegata, per farti capire che tu per me eri importante.
eri tu tra i due il più forte, eri tu tra i due che non mollava, eri tu tra i due che lottava, eri tu e sei sempre stato tu a non mollare tutto. sei determinato, furbo, intelligente, forte, un po' testardo, ma hai un grandissimo cuore e tanto da offrire a mio parere, ora non so come tu sia, ovviamente grande vaccinato e maturo, ma quando ami dai il mondo.
ci siamo sempre detti che nonostante non ci fosse più un per sempre tra di noi, di non mettere al primo posto nessun altro, io l'ho fatto, ma ora ti chiedo di non farlo a te, metti al primo posto Lei, dalle il mondo, amala, rendila felice, voglio che tu sia felice, che tu stia bene in primis, anche se questo porta a lei al primo posto anziché me.
in futuro se mai avrai una famiglia, oltre ad essere un buon padre, che ci scommetto che lo sarai, non raccontare di me, del tuo amore che hai provato per me, non raccontarlo, significherebbe raccontare il dolore, e l'amore non dovrebbe essere dolore, dovrebbe essere felicità.
tienimi solo come un bel ricordo, come una lezione di vita non so, ma tienimi solo per te come la ragazza dagli occhi belli da dio che hai conosciuto al lago durante una banalissima e noiosissima gita scolastica. solo questo ti chiedo.
ama tanto e sii amato, te lo meriti. spero con tutto il cuore che Lei ti stia dando tutto ciò che io non sono riuscita o non ho potuto darti.
grazie per aver fatto parte della mia vita, ti devo molto, ho anche mantenuto la promessa di non farmi del male, ma ora è arrivato il momento di lasciarti andare del tutto e volevo dirti anche che quel giorno dopo le lezioni di recupero in estate, quando hai ammesso di aver sbagliato a fare quello che hai fatto, lo stesso giorno in cui mi hai accompagnata in autobus ascoltando la nostra canzone e canticchiandola labbra contro labbra, in quel esatto momento ti avevo già perdonato, non mi importava del male che mi avevi fatta, non mi importava del male che poi in futuro mi avresti fatto, non mi importava perchè il sentimento che provavo per te era così forte e bello che sovrapponeva il dolore.
però so che tu non mi hai mai perdonata per la scelta che ho fatto, e va bene così, questo ha portato a un te felice ora, e se tu lo sei la sono anche io.
grazie per tutto.
per sempre tua.
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angelap3 · 8 months ago
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4 aprile 1951
Nasce a Roma Francesco De Gregori, il Principe dei cantautori. Molti di noi sono cresciuti con la sua musica che, fatto rarissimo, si è trasmessa anche alle generazioni più giovani.
Era un frequentatore del Folkstudio, locale capitolino dove capitava di veder suonare gente come Bob Dylan, ovviamente ancora ben lontani dalla notorietà.
Il primo a portare in scena le canzoni di Francesco sarebbe stato il fratello Luigi, cui è spettato l’onore di presentare al piccolo pubblico presente Buonanotte Nina.
Il successo insperato spinge Luigi a fare pressioni sul fratello perché vinca le sue titubanze e si esibisca in pubblico.
Più che la musica Francesco respira sin da piccolo l’aria della cultura.
Con il padre bibliotecario e la mamma insegnante di lettere il giovane De Gregori sembra più intenzionato alla lettura e alla scrittura che alla musica. Poi il colpo di genio: fonde le due cose al ritmo del folk e del rock e diventa unico.
L’incontro con la chitarra avvenne solo all’età di quindici anni e sembra che la prima canzone eseguita (con discreto successo) fosse Il ragazzo della via Gluck di Adriano Celentano.
Eppure la carriera musicale non era la prima scelta di Francesco De Gregori che tentò prima la sorte come attore partecipando a un casting per un film di Fellini.
Le doti non erano male ma l’aspetto estetico non era quello ricercato. L’appuntamento con il grande schermo è solo rimandato al 2003, quando partecipa al primo film da regista di Franco Battiato, Perdutoamor.
È spesso definito cantautore e poeta, sebbene egli preferisca essere identificato semplicemente come "artista".
È inoltre uno tra gli artisti con il maggior numero di riconoscimenti da parte del Club Tenco, con sei Targhe Tenco e un Premio Le parole della musica.
Nel 2022 è diventato protagonista di un grande tour italiano con il suo amico Antonello Venditti, l’artista con cui aveva iniziato la carriera.
Buon compleanno Francesco ❤️
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antod0 · 10 months ago
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È finalmente giunta al termine questa sbronza collettiva chiamata festival della canzone italiana, o san remo per i più pratici, e come tutte le cose successe dopo il COVID, ne siamo usciti peggiori, per tanti motivi(attenzione elenco alla Robespierre degli Offlaga disco pax):
- lo sdoganamento dei tratti tossici dei napoletani, fomentato da social come tik Tok (sono pugliese, quindi sciò razzisti)
- il regno del terrore del democristiano Fiorello ( speriamo finalmente giunto al termine)
- la musica pop dance che la fa' da padrona, ma in quale cazzo di direzione stiamo andando?
- la totale mancanza di band sul palco ( al netto dei Negramaro)
- persone costrette a ritrattare le loro posizioni (per quale motivo poi?) Salvo poi accorgersene e tentare di avere una strada (ciao dargen)
-mara Venier conciata come una sionista
-ghali costretto a fare da capo popolo (propaganda direbbe "la sinistra riparta da ghali", io invece dico "la sinistra si allontani da propaganda).
- Angelina mango che vince con una canzone di merda, suonata su una musica di merda, che non è una cumbia.
- Angelina mango che stupra una canzone del padre
- Angelina mango che non era mango perché non se la cagava nessuno
- il fantasanremo, quando la farsa diventa reale e si trasforma in banalità
- il televoto che ancora una volta dimostra che la democrazia è sopravvalutata e che i 5stelle hanno fatto solo danni
- Loredana berte' che non sa cantare
- i ricchi e poveri strafatti di cocaina
- big mama che non sa cantare e allora si butta suo messaggi sociali
- tutti voi , che fino a 10 fa non lo guardavate san remo
- e no, non è un elogio alla "prima era meglio", perché hanno vinto Scanu, carta, Povia , marrone......
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arreton · 8 months ago
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Vedevo le cause del mio crollo depressivo nel fatto che erano stati quelli precedenti degli anni pesanti e dunque non ne reggevo più il peso: corretto ma non del tutto. Il fatto è che ho iniziato a stare seriamente male quando tutto intorno a me stava iniziando ad andare meglio, perché? Me lo chiedevo anche allora. Perché mi sono scontrata con il senso del futuro che una vita sana ti dà, senso del futuro che non riuscivo nemmeno ad immaginare: ero abituata troppo al mondo depresso e senza speranza che mi circondava. Il problema non era solo culturale, non era solo il paese, ma era anche e soprattutto la mia famiglia. È da qualche tempo che dico che mi porto dietro i traumi dei miei e li sto vivendo io al posto loro, ma pensavo che erano le loro paure, i loro timori, invece no: mi porto dietro i lutti e la depressione che non hanno mai affrontato. Loro non sono depressi no, perché lo sono io al posto loro. Vivo io la depressione di mio padre al posto suo, vivo io il disturbo d'ansia di mia madre al posto suo. Non so, a dirlo così sembra quasi fantascienza e francamente è pure doloroso da far spuntare le lacrime; ma adesso mi sembra tutto così chiaro e cristallino che mi lascia sconcertata e mi chiedo: com'è possibile? Mi chiedo come un figlio può essere così tanto una prolunga dei propri genitori. Mi viene in mente allora la scena della Creazione: Eva che viene creata dalla costola di Adamo. Io sono Eva, Adamo sono i miei genitori. Nel crearmi hanno preso tutta la loro malattia e l'hanno installata in me, sono la loro merda psichica, il loro dolore, la loro rabbia. Mi viene in mente la frase di una canzone "chi sono io senza di noi?" e ho voglia di vomitare perché a parte vedermi una prolunga dei miei non riesco a vedere altro. Cristo. La mia fortuna è essermene andata via. Mi torna in mente sempre quella domanda che mi fece lo psicologo: qual era l'atto più coraggioso che io avessi mai fatto? Essermene andata da casa mia. Mai risposta fu più vera e me ne rendo conto profondamente solo dopo due anni dall'averla pronunciata.
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musicaintesta · 8 months ago
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Mi sento ancora quella bambina che ti guarda dal sedile posteriore della macchina e cerca di stringere la tua mano. Non è cambiato niente. Sono sempre io. E tu sei vicino a me".
"per me è come se mio padre fosse in tour… Ho fatto tante cose in questi tre anni, tante scelte, tante sfide, è normale che io mi chieda cosa mio padre ne avrebbe pensato. Sarebbe fiero di me oggi? Ho la fortuna di sentire ancora la sua voce, ma - conclude Sara - non è l’artista che mi manca, ma il padre".
Sara Daniele
Sara… non piangere
Tienimi chiuso dentro questa stanza
Rompi i tuoi giochi contro l’arroganza del mondo
Che è pieno di…
Cose inutili da fare
Cose inutili da dire
Quante cose inutili abbiamo nella testa
Ma il tuo sorriso resta… In the middle of the night
Sara non piangere è la canzone di Pino Daniele dedicata alla figlia.
Buon compleanno e buon onomastico Pino, ovunque tu sia (nel cuore di tutti sicuramente). Auguri anche al papà ❤️🎶
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quellostrano-1980 · 17 days ago
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Peter Fonda indossò la giacca di Capitan America e guidò il suo chopper per una settimana in giro per Los Angeles prima di iniziare le riprese di "Easy Rider" (1969), per dare loro un aspetto rodato e per abituarsi a guidare la moto dal design radicale. La bandiera americana sul retro della giacca e sul serbatoio della moto lo fecero fermare più volte dalla polizia. Fonda ebbe l'idea per questo film dopo aver visto una foto di lui e Bruce Dern sulle loro motociclette. Coinvolse Dennis Hopper (che all'epoca stava progettando di abbandonare il mondo della recitazione e diventare insegnante) quando gli promise che avrebbe potuto dirigere il film. Hopper e Fonda non scrissero una sceneggiatura completa per il film e ne inventarono la maggior parte man mano che andavano avanti. Non assunsero una troupe, ma raccolsero hippy nelle comunità sparse per il paese e usarono amici e passanti per tenere le telecamere, ed erano ubriachi e fatti per la maggior parte del tempo. Per il famoso monologo che Fonda fa al cimitero mentre è sotto l'effetto dell'acido, Hopper, il regista, chiese a Peter di parlare alla statua come se stesse parlando con sua madre, morta suicida quando Peter aveva dieci anni. Peter non voleva farlo, perché non aveva mai affrontato i suoi sentimenti per sua madre. Ma Hopper insistette, motivo per cui si sente Peter chiamare la statua "Madre", e afferma di amarla e odiarla allo stesso tempo, il che esprime le sue emozioni contrastanti. Questa scena convinse Bob Dylan a consentire l'uso della sua canzone "It's Alright Ma" in una delle scene finali, che contiene testi che fanno riferimento al suicidio. Peter disse a Dylan, "Ho bisogno di sentire quelle parole", e lui acconsentì al suo utilizzo. In un'intervista con Daily Camera, Fonda ha descritto la reazione del padre Henry al film: "L'ho fatto venire a vedere un primo montaggio. Abbiamo dovuto far uscire Dennis dalla stanza per farlo durare meno di quattro ore. Mio padre lo ha guardato e poi sono andato a casa sua il giorno dopo. Era molto serio. Ha detto: 'Guarda figliolo, so che hai tutte le uova in questo paniere e sono preoccupato, perché il film è inaccessibile per noi, non vediamo dove stai andando e perché? Semplicemente non penso che molte persone lo capiranno.'" (IMDb)
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Fonte: il chiosco dei riders
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djtubet · 1 month ago
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URLA DI SILENZIO
Canzone costruita in carcere da Dj Tubet insieme agli studenti dei Licei C. Percoto e G. Sello e ai detenuti della Casa Circondariale di Udine all'interno del progetto "Il piacere della legalità? Mondi a confronto”
Rappo ciò che vedo con pazienza e coraggio; io so che il carcere è solo di passaggio. Penso a quanto manco alla famiglia là fuori; il dolore non ha tempo e nemmeno orologi. Non puoi tornare indietro, ciò che è perso è perso; chiuso dentro qualche metro, perciò cerco un senso la routine, tra attese e permessi, dove i volti e i luoghi son sempre gli stessi. Tra visite contate e mancanza d'affetti, l'amicizia è onestà a tutti gli effetti, sognando libertà e giustizia condivisa emozioni in subbuglio come una perquisa.
Urla di silenzio, Urla di silenzio siam voce voce di un tempo lento. Urla di silenzio, Urla di silenzio siam cuori umani, questo è ciò che sento.
Chi ha problemi fuori sta tranquillo, dentro qua abbiamo poche gioie, ma tanto tempo; la solidarietà qui è al cento per cento. Attendo il fine pena come inizio certo. Futuro incerto? tra pare di altre pene tra sogni logoranti e speranze a mo' di seme conviene spegnere la testa! Ricordi e affetti sono come coltellate dimmi fuori chi è che resta? Per rivederci liberi e far due passeggiate. Per il passato non ci giudicate male, noi sogniamo di riprendere una vita normale; c'è chi vuole essere riconosciuto padre, vedere i figli crescere e goderseli danzare.
Urla di silenzio, Urla di silenzio siam voce voce di un tempo lento Urla di silenzio, Urla di silenzio siam cuori umani, questo è ciò che sento.
I sogni non son miraggi o chiacchiere, chissà se avremo aiuti fuori dal carcere; il destino è un cammino da riscrivere Legalità e Libertà e nuova gioia di vivere!
Urla di silenzio, Urla di silenzio siam voce voce di un tempo lento Urla di silenzio, Urla di silenzio siam cuori umani, questo è ciò che sento.
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diceriadelluntore · 3 months ago
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Storia Di Musica #339 - Gentle Giant, Octopus, 1973
Lo spunto per le storie di Settembre me lo ha dato la notizia più sorprendente in ambito musicale di questi giorni: la riappacificazione dei fratelli Gallagher che ha portato ad una reunion dopo 15 anni degli Oasis (con inevitabili polemiche, cascate di meme, vero indicatore dell'interesse sociale delle questioni, e biglietti per concerti venduti a migliaia di euro). Lo spunto però l'ho voluto ampliare, raccontando storie di gruppi musicali che non hanno due, ma almeno tre fratelli in formazione.
Sono un po' sorpreso che solo oggi questo gruppo, tra i miei preferiti di sempre, appaia in Rubrica. Tutto inizia quando, ad inizio degli anni '60, i tre fratelli Shulman, Derek, Phil e Roy mettono su una band: sono scozzesi di Glasgow, ma il padre, che suonava la tromba in un gruppo amatoriale dopo lavoro, si trasferì con loro neonati a Portsmouth, nel 1948. I tre fratelli Shulman formano uno dei primi gruppi inglesi di rock\ r'n'b, Simon Duprèe & The Big Sound (Simon Duprèe è lo psudonimo di Derek). La band riuscì ad andare in tour e a evolvere il proprio sound, fino a raggiungere un discreto successo, entrando nella classifica inglese con il brano musicale Kites, da un album bellissimo, Without Reservation, e per un certo periodo suonò con loro un giovanissimo pianista, Reginald Dwight, che qualche anno dopo cambiò nome d'arte in Elton John e sappiamo come andò a finire. Nel 1969 sciolgono il gruppo e si organizzano, sull'eco della nascente musica progressive, a fondere le loro idee con il jazz, la musica classica, il folk in un modo del tutto unico e caratteristico, anche sfruttando il fatto che i tre Shulman sono degli eccellenti polistrumentisti. Arruolano Gary Green alla chitarra e Kenny Minnear alle tastiere. Prendono spunto dai racconti di François Rabelais, che sarà spesso fonte di ispirazione, il nome per la nuova band: Gentle Giant. Nel 1970, George Underwood disegna il meraviglioso Gigante Gentile, che tiene tra le mani la band, nella copertina del primo, omonimo disco: album fondamentale della scena progressive è il primo disco di una tetralogia eccezionale e meravigliosa. Acquiring The Taste (1971, dalla copertina dissacrante e dalla musica sperimentale e creativa al massimo livello) e il loro concept, Three Friends (1972) svelano una band che ha delle caratteristiche peculiari. Brani che non superano quasi mai i 5 minuti, rispetto alle lunghe suite degli altri gruppi prog, un intreccio spettacolari di contrappunti, melodie, strumenti e stili che fa ridere a 36 denti gli amanti del genere, testi che hanno ispirazioni spesso letterarie, piuttosto sofisticate.
La massima espressione di tutto questo si ha nel disco di oggi, uno dei capolavori del rock progressive. Octopus esce nel 1973, con in copertina uno spettacolare disegno del leggendario artista Roger Dean (creatore di alcune delle copertine più belle di sempre, ricordo la sua collaborazione con gli Yes) di una piovra dallo sguardo intenso. in verità, c'è un gioco di parole dietro: Octo Opus è infatti un riferimento agli 8 brani, da considerarsi 8 prove musicali, brevi (quasi tutti di circa 4 minuti e mezzo, tranne l'ultimo che di poco supera i 5 e mezzo, niente in confronto agli oltre 20 di molti brani cult del prog) ma dalla quantità e qualità musicale da pelle d'oca. È anche il primo disco con il nuovo, tecnicamente abilissimo, batterista John Pugwash Weathers, già con Joe Cocker e decine di altre band. Si parte con The Advent of Panurge, che è la continuazione di Pantagruel's Nativity da Acquiring The Taste (Pantagruel e Panurge sono tra i personaggi principali di Gargantua E Pantagruel, una serie di cinque romanzi di François Rabelais): inizia con melodie vocali che poi mutano in un rock funk di altissimo livello. Raconteur Troubadour è una bellissima ballata medievale, altro motore di ispirazione creativo, suonata con assoli di violini e violoncelli.  A Cry For Everyone, la canzone più hard rock anche con assoli di Minimoog, ha un testo ispirato ai lavori di Albert Camus (Run, why should I run away\When at the end the only truth certain\One day everyone dies\If only to justify life). Arriva poi la pelra tra le perle: Knots è una sorta di madrigale folk prog, con cimbali, xilofoni, intrecci vocali spettacolari ed un finale drammatico ispirato al lavori di uno psichiatra scozzese, Ronald Laing, che fu autore di tesi piuttosto eterodosse sulle malattie psichiatriche e sul ruolo dell'emozionalità dei pazienti (tra l'altro, c'è una storia sostenuta da David Gilmour, che Laing visitò Syd Barrett, lasciando zero speranze che si potesse riprendere). Il lato B è lo stesso meraviglioso: The Boys In The Band intreccia riff di organo e sax creando un capolavoro di jazz-rock pazzesco, inizia con una risata ed una moneta che rotola fino a fermarsi. Dog's Life è uno dei pochi strumentali della band, Think Of Me With Kindness è il loro tentativo di scrivere una ballata romantica, River chiude l’album con il brano più "prettamente" progressive di un disco che esprime al massimo le capacità strumentali e creative di un gruppo che nelle note di Acquiring the Taste scriveva: "Il nostro obiettivo è quello di espandere le frontiere della musica popolare contemporanea, a rischio di essere molto impopolari. Abbiamo registrato ogni composizione con un solo pensiero: che dovesse essere unica, avventurosa e affascinante."
Ci riuscirono in pieno: amati tantissimo da colleghi e dai fan più integerrimi del prog, ebbero successo relativo, nonostante una sfavillante attività live, che li portò a suonare nei più importanti Festival del periodo. Ebbero come tutti i gruppi prog successo in Italia, dove esiste ancora oggi uno zoccolo duro di appassionati. Furono attivi dieci anni, dal 1970 al 1980, attraversando la nascita, il picco e il declino della musica prog, dimostrando come si può ottenere un capolavoro condensando le idee in meno di 5 minuti.
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spettriedemoni · 10 months ago
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Osservazioni sparse su Sanremo 2024
Ha vinto Angelina Mango, ci speravo ma non me l’aspettavo. Ero seriamente convinto che avrebbe vinto Geolier, vista la fan base.
Su Geolier dico subito che non lo conoscevo, tuttavia non capisco le polemiche sul fatto che canti in napoletano. Seriamente, nessuno ricorda che Davide Van De Sfroos ha cantato pure lui in dialetto?
Quanto alla sua musica, può non piacere e ci sta ma quello che davvero mi ha dato fastidio è stato vederlo fischiato nella serata cover e non solo. Posso capire che ti sta antipatico il sistema del televoto, che per esempio la cover di Ghali meritava forse di più ma fischiare l’artista perché non sei d’accordo col sistema mi pare un gesto molto antipatico e irrispettoso per l’artista. Di peggio ci sono le battute sullo stereotipo napoletano.
Ghali mi è piaciuto se non altro perché almeno rispetto a Dargen D’Amico è stato un bel po’ più coraggioso. E poi ha fatto un bel dito medio ai legaioli e a Salvini nella serata cover. Penso avrebbe meritato molto di più.
Ha vinto una storytelling come si dice oggi, Annalisa per dire non è stata da meno ma non aveva la stessa storytelling appassionante. Al massimo le hanno chiesto se era incinta e non era granché, diciamocelo. Viceversa Angelina aveva l’eredità del padre prematuramente scomparso, praticamente era Adonis Creed che sale sul ring con il peso del padre Apollo sulle spalle. Dire però che ha vinto solo per questo è ingeneroso e sminuisce la sua bravura e la sua tecnica. Forse non sarà la canzone che vincerà l’Eurovision ma meritava comunque la vittoria, a mio modesto parere.
Un’ultima cosa: mi hanno fatto schifo i fischi a Geolier e la merda che gli hanno buttato addosso ma come in tanti hanno perculato Ultimo a suo tempo per non aver vinto nonostante il voto popolare plebiscitario, oggi non lamentatevi se è successo lo stesso al vostro beniamino. Certo dare della raccomandata (o peggio) ad Angelina vi qualifica per quello che siete. Poi fate voi.
Sanremo resta uno splendido spettacolo in un brutto spettacolo, polarizzato come tutto il “Bel Paese” e in fondo dimostra che ne è lo specchio fedele.
Adesso sì va all’Eurovision e ci si rivede l’anno prossimo.
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vecchiorovere · 2 months ago
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Luci a San Siro è un brano musicale del 1971 interpretato da Roberto Vecchioni incluso nel proprio album Parabola e, successivamente, in Robinson, come salvarsi la vita.
Le parole sono dello stesso Vecchioni, mentre la musica è di Andrea Lo Vecchio e Giorgio Antola.
Nonostante non sia mai stato pubblicato come singolo, è universalmente riconosciuto come uno dei brani più significativi e importanti della carriera di Vecchioni, nonché come un classico della canzone italiana.
Il brano vinse nel 1996 il Premio Lunezia per la qualità del testo.
La canzone era già stata pubblicata qualche mese prima su un 45 giri inciso da Rossano, in una versione con testo completamente diverso e dal titolo Ho perso il conto.
Nel nuovo testo Vecchioni ricorda il suo amore giovanile per Adriana, la sua vicina di casa e fidanzata dal 1964 al 1968, che diventerà la "musa ispiratrice" di moltissime sue canzoni (da Mi manchi ad Archeologia), con cui si recava presso la Montagnetta di San Siro con la sua Fiat 600 grigia targata MI 860399, regalatagli dal padre nel luglio 1962 per il superamento a pieni voti dell'esame di maturità.
Il testo è inoltre un omaggio a Milano e alla giovinezza passata, oltre che un atto d'accusa verso l'ambiente dei produttori musicali.
Il brano di Vecchioni è ritenuto tra i più influenti e significativi della musica d'autore italiana; il suo collega e amico Francesco Guccini, interpretandola durante un proprio concerto, espresse il rammarico per non averla composta egli stesso.
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ambreiiigns · 10 months ago
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oh sweetie canta la canzone del padre :(
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