#La Basilica di Santa Croce
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wgm-beautiful-world · 1 year ago
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La facciata della Basilica di Santa Croce a Lecce, ITALIA
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sabinerondissime · 1 year ago
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La tomba di Michelangelo, Basilica di Santa Croce, Firenze
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vecchiorovere · 6 months ago
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DONATELLO
"Annunciazione Cavalcanti"
uno straordinario capolavoro di Donatello che è possibile ammirare all’interno della Basilica di Santa Croce, a Firenze.
L’opera realizzata in pietra serena serena dorata e in parte policroma fu commissionata all’artista da Giovanni Cavalcanti, cognato di Lorenzo de’ Medici il Vecchio, fratello di Cosimo, il Pater Patriae. Per tale ragione non è da escludere che la famiglia Medici abbia avuto un ruolo rilevante in questa commissione affidata a Donatello.
L’artista mise mano all’opera in età matura, nel 1435, poco prima di partire alla volta di Padova.
L’ubicazione originale dell’opera è ancora oggetto di dibattito tra gli studiosi.
Fonte Web
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thegianpieromennitipolis · 1 year ago
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Da: SGUARDI SULL'ARTE LIBRO TERZO - di Gianpiero Menniti
IL CIELO VUOTO
La Madre. Il Figlio.
La scelta e il presagio.
E l’ineffabile, il padre: è assente.
L’icona bizantina ricorda sempre il Padre: è nello sfondo, nella materia rilucente che avvolge le figure divine e terrene della Vergine e del Cristo.
L’Occidente cristiano, invece, esclude dalle sue immagini il richiamo al Padre.
Lentamente ma inesorabilmente, scompare.
In ragione della sua indicibilità, della sua irrappresentabilità.
Non c'è scena per il Padre.
Ma scompare anche dall’orizzonte del credente, pregno del Dio generato, del Dio incarnato.
Diviene abissale lacuna.
La raffigurazione pittorica avverte il desiderio di colmarla, per quanto possibile.
Il riflesso realistico fa fatica.
Giotto lascia comparire una mano.
Masaccio lo riporta al vertice della Trinità: un atto imperativo, dirompente quanto il suo dipinto.
Ma è con Piero della Francesca, al vertice insuperato dell’arte sacra, che il Padre riappare al cospetto dell’annuncio, nell’istante dell’inizio.
Per ascoltare quel sì della Madre che inaugura l’era cristiana.
L’era del Figlio.
- Giotto (1267 - 1337): "San Francesco, la rinuncia degli averi", dal ciclo delle “Storie del Santo di Assisi”, 1292/1296, Basilica Superiore, Assisi, Perugia - Masaccio (1401 - 1428): "Trinità", 1426/1428, Santa Maria Novella, Firenze - Piero della Francesca (1416 - 1492): "Annunciazione" da "Storie della Vera Croce", 1452/1458, cappella maggiore, Basilica di San Francesco, Arezzo
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personal-reporter · 2 years ago
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Custodi di arte e fede: Basilica di Santa Croce a Firenze
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Il cuore della storia della città del Medici e una delle chiese più amate del mondo… La Basilica di Santa Croce è da sempre la chiesa dei fiorentini, infatti fu proprio la cittadinanza a finanziare i lavori di costruzione alla fine del Duecento. Alle origini collocata fuori dalle mura cittadine, la basilica venne  edificata su una chiesa francescana,  molto probabilmente su progetto di Arnolfo di Cambio. Se la facciata, in stile gotico rivisitato, risale alla metà dell’Ottocento, l’interno della chiesa ospita la cappelle riccamente affrescate dedicate alle prestigiose famiglie  che ne finanziarono la costruzione e molti monumenti funebri di illustri fiorentini. Fra le tante opere della Basilica la più importante è il Crocifisso di Donatello, causa di una disputa fra l’artista e Brunelleschi che, trovandolo “rozzo e contadino”, ne fece uno più bello. Altre importanti opere sono l’Annunciazione Cavalcanti di Donatello e il Pulpito di Benedetto da Maiano, oltre a una Cappella Medici, opera di Michelozzo. La Basilica di Santa Croce,luogo di sepoltura di benestanti cittadini di Firenze, divenne dall’Ottocento un vero e proprio Pantheon di artisti e letterati, con nomi come Michelangelo, Galileo, Leon Battista Alberti, Vittorio Alfieri, Ugo Foscolo che riposano nella chiesa. Fu progettato un grandioso monumento per il più grande dei poeti della città di Firenze, Dante Alighieri, ma la sua salma restò nella città di Ravenna dove era morto in esilio. Da vedere sono il Monumento funebre di Carlo Marsuppini, realizzato da Desiderio da Settignano, la tomba di Michelangelo disegnata dal Vasari, il Monumento funebre di Vittorio Alfieri di Antonio Canova, il Monumento a Niccolò Machiavelli, un esempio di neoclassicismo fiorentino. Il Museo dell’Opera di Santa Croce è parte integrante del complesso della chiesa e dei chiostri adiacenti, fu istituito nel 1959 in spazi precedentemente occupati dal convento e accuratamente restaurato dopo i danni provocati dall’alluvione del 1966, e ospita splendide opere d’arte di scuola fiorentina. Capolavoro assoluto della storia dell’arte è il Crocifisso di Cimabue collocato nel Refettorio trecentesco, simbolo del passaggio alla pittura moderna, mentre gli interventi cinquecenteschi alla chiesa avevano coperto splendidi affreschi di Taddeo Gaddi e dell’Orcagna, che ora è possibile ammirare nel museo. Arricchiscono il patrimonio di Santa Croce una collezione di terracotte invetriate dei Della Robbia, una scultura in bronzo dorato raffigurante San Lodovico di Tolosa di Donatello, alcuni dipinti e arredi lignei. Gioiello architettonico del complesso è la Cappella Pazzi realizzata da Brunelleschi, un gioiello rinascimentale che vanta anche decorazioni di Desiderio da Settignano e Luca e Andrea della Robbia, cui si accede dallo splendido chiostro trecentesco del convento. Read the full article
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jacopocioni · 5 months ago
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In Via Panicale uno stemma per l'esorcismo
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Accanto all’ex convento di Sant’Orsola, in Via Panicale, sulla facciata dell’edificio si può vedere un antico stemma in pietra serena. E’ uno stemma rotondo che rappresenta due croci benedettine. Queste croci sono caratterizzate dalla presenza di tre gemme ad ogni estremità, che simboleggiano Cristo con i dodici apostoli. Questo stemma era posto sopra il portone di ingresso al monastero. Il complesso edilizio nacque nel 1309 come appendice della basilica di San Lorenzo ed era abitato dalle suore benedettine, dal 1327 al 1435. Va premesso che San Benedetto da Norcia, fondatore dell’ordine, è il patrono degli esorcisti. Il monastero nacque proprio nel momento storico che decreta la fine dei Templari. Papa Clemente V (che trasferì la sede papale ad Avignone), ricordato come pontefice avido e simoniaco, dedito alla lussuria, sostenne che Dio, in una visione, lo avesse avvisato che i Templari erano eretici, colpevoli di adorazione del diavolo, omosessualità, vilipendio della croce, sodomia ed altri comportamenti blasfemi; i loro incontri erano segreti e si diffusero voci riguardo a bizzarri riti di iniziazione, che contribuirono moltissimo a diffondere sospettosità da parte del pubblico verso l’ordine.  Per questi motivi Clemente V dette ordine di catturare tutti i Templari, li fece sottoporre a torture indicibili per far loro confessare i crimini contro Dio; molti morirono bruciati come eretici e l’ordine venne soppresso con bolla papale del 3 aprile 1312.
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Lo stemma di Via Panicale è a forma di cerchio, che sta proprio a significare la presenza femminile nel monastero. Lo stemma nasconderebbe una formula antica, ogni lettera dell’iscrizione presente sulla medaglia è parte integrante di un esorcismo antichissimo, apparso in un manoscritto del XIV secolo, a testimonianza della fede nella potenza di Dio e di San Benedetto. In alto vi sono incise delle lettere “I e N”, che si riferiscono ad entrambe le croci, mentre negli angoli della prima croce sono incise le lettere “S-C-R-D” e della seconda croce le lettere “C-O-I-A”. Complessivamente le iscrizioni dovrebbero significare: In Nomine Sanctae Crucis Rejecta Daemonum e In Nominae Crucis Observationis Induce Amorem, cioè: “In Nome della Santa Croce Ripudia il Demonio” e “In Nome dell’Osservanza della Croce Induci l’Amore”, quindi si tratta di un invito a rifiutare il Male e a perseguire il Bene, dunque un esorcismo in piena regola. Quelle scritte, con tutta probabilità, avevano il compito di proteggere le suore che alloggiavano nel monastero.
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Gabriella Bazzani Madonna delle Cerimonie Read the full article
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manenterosari · 11 months ago
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Questo Rosario da Combattimento® – realizzato in onore della Madonna della Medaglia Miracolosa – è assemblato a mano nel nostro laboratorio in Roma. La catena a palline* e tutti i componenti sono in acciaio inossidabile, un materiale ipoallergenico, estremamente durevole nel tempo, capace di resistere a ossidazione, corrosione e ruggine.
Questo rosario, infatti, è uno dei nostri prodotti religiosi 100% Acciaio Inox: non scolorirà mai e, avendo una circonferenza standard di 62 cm, può essere indossato come fosse una collana. (Nel dubbio, vi consigliamo di misurare la circonferenza della testa utilizzando uno spago o un metro da sarta. Guarda QUI come fare).
L’originale Rosario da Combattimento® è un prodotto esclusivo della MANENTE Rosari – Roma; si tratta della riproduzione esatta dei rosari che venivano distribuiti ai soldati americani durante la Prima Guerra Mondiale: rosari particolarmente leggeri e resistenti, realizzati impiegando una catena a palline di metallo. Nella simbologia che lo connota, tuttavia, questo rosario vuole anche richiamarsi al tema del “combattimento spirituale”. (QUI + info sui Rosari da Combattimento).
Analizzandolo nel particolare, vediamo che questo rosario è corredato dal Crocifisso del Perdono e da una bellissima Crociera della Medaglia Miracolosa:
• l Crocifisso del Perdono è un meraviglioso sacramentale della tradizione cattolica, che la MANENTE Rosari ha fatto realizzare in acciaio inossidabile 316L con iscrizioni in latino; un’esclusiva unica al mondo, un gioiello sacro ricco di profondi significati spirituali. Analizzandolo nel particolare, vediamo che nella parte frontale, in alto, è riportato il Titulus Crucis “IESUS NAZARENUS REX IUDÆORUM” (INRI), un’antica iscrizione che si rifà a quella conservata nella Basilica della Santa Croce di Gerusalemme in Roma, a significare la regalità di Cristo. Mentre nella parte posteriore troviamo l’immagine splendente del Sacro Cuore di Gesù circondata da due iscrizioni che ne richiamano l’infinita misericordia: “Ecce Cor quod tantum homines dilexit” (“Ecco quel Cuore che ha tanto amato gli uomini”, dalle visioni di S. Margherita Maria Alacoque), e “Pater dimitte illis” (“Padre perdona loro“, le parole di perdono pronunciate da Gesù sulla Croce nei confronti dei suoi carnefici – Lc 23,34). Sempre nella parte posteriore, ma in basso, troviamo il monogramma mariano più diffuso nell’ambito dell’arte sacra: l’Auspice Maria (A+M), letteralmente “Sotto la protezione di Maria”. Infine, poco sopra il monogramma è presente anche una stella, a rappresentare “Maria stella del mattino”, uno dei titoli con i quali viene chiamata la Madonna nelle litanie lauretane.
• la Crociera della Medaglia Miracolosa è anch’essa un prodotto esclusivo dalla MANENTE Rosari (2,5 cm di altezza e 2,5 mm di spessore); è realizzata in acciaio inox 316L e presenta una lavorazione di rifinitura completamente manuale; inoltre è fedele in ogni dettaglio al modello originale, secondo quanto rivelato dalla Madonna a Santa Caterina Labouré nelle apparizioni di Rue du Bac (Parigi).
Sia il crocifisso che la crociera sono degli autentici gioielli sacri. Fanno parte, infatti, della nostra linea di prodotti 100% MANENTE Rosari, articoli religiosi di eccellenza, unici al mondo, che si contraddistinguono per l’assoluta cura dei dettagli e l’esclusività del design.
Bella, essenziale, leggera e resistente, questa corona del rosario è uno strumento ideale per la recita quotidiana del Santo Rosario Mariano. Chi dovesse acquistarla la riceverà all’interno di una scatola di metallo completa di garanzia (vd. foto).
Per chi lo desiderasse, infine, selezionandola dal menu a tendina qui sotto, è possibile aggiungere una Medaglia di San Benedetto (Ø 2 cm – acciaio inox 316L). In caso di acquisto la medaglia verrà montata su un lato della crociera.
⇒ QUI porta-rosario in vera pelle “pieno fiore” ⇒ QUI per visualizzare questo rosario in altre varianti ⇒ QUI + informazioni sui Rosari da Combattimento
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Dantedì,a S.Croce un percorso di visita per riscoprire poeta
Anche in occasione del Dantedì 2024, il prossimo 25 marzo, il complesso monumentale di Santa Croce a Firenze, luogo della riconciliazione di Firenze con il suo figlio più illustre, invita alla visita per riscoprire la memoria del Sommo poeta.     L’imponente cenotafio, monumentale tomba vuota, e la statua sul sagrato della basilica sono i simboli della volontà di Firenze di recuperare, dopo…
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cinquecolonnemagazine · 1 year ago
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Per gli amanti della musica: vere chicche al Museo degli strumenti musicali
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La collezione Sono delle vere e proprie opere d’arte quelle che ammirerete al Museo degli strumenti musicali di Roma. Nel cuore della Città Eterna, accanto alla basilica di Santa Croce in Gerusalemme, una delle più belle, c’è un luogo splendido per tutti gli appassionati di musica. La collezione di strumenti musicali antichi è raccolta nella Palazzina Samoggia, ex Caserma Principe di Piemonte. Qui, nel 1964, fu trasportata l’intera collezione perché l’edificio risultava uno dei meno danneggiati dopo la Seconda Guerra Mondiale. La collezione in mostra era del tenore Gennaro Evangelista Gorga, acquisita dallo Stato italiano nel 1949. Il visitatore potrà apprezzare strumenti magnifici, delle vere e proprie opere d’arte, realizzate da maestri artigiani raffinati e scrupolosi che lavoravano per soddisfare la sensibilità musicale ed estetica dei committenti. Su ben due piani sono raccolti strumenti musicali insoliti e di rara bellezza come clavicembali, arpe, violini, pianoforti, strumenti ad arco e a fiato, una sezione dedicata alla banda e una agli strumenti a pizzico. Il Museo degli strumenti musicali Farete un viaggio nell’antico alla scoperta (e riscoperta) degli attuali strumenti musicali. Un viaggio che lega passato e presente, che ne evidenzia differenze ma anche notevoli punti in comune. Pleyel, Piano, Parigi 1840 Come non restare affascinati dai sublimi intarsi in legno degli strumenti meccanici, dalla regalità del Pianoforte Peyel (1840), donato al museo nel 1976 dal marchese Alessandro Gerini che lo aveva ereditato dal Principe di Torlonia, dalla bellezza del pianoforte a coda con tasti in madreperla, dagli organi che riproducevano gorgheggi simili al canto degli uccelli oppure dai clavicembali finemente decorati con disegni floreali o vedute paesaggistiche. Il Museo degli strumenti musicali, inoltre, ha dedicato una stanza al restauro, un laboratorio aperto e protetto da una vetrata all’interno della quale sono presenti gli oggetti in restauro le cui fasi della lavorazione sono dettagliate in pannelli esplicativi. Al momento della nostra visita, il laboratorio è impegnato nel restauro del dipinto di Theodoor Rombouts (1597-1637) “Il gioco del tric-Trac” e di un pianoforte. La missione del Museo degli strumenti musicali è da sempre quella di divulgare la cultura musicale attraverso gli strumenti che hanno reso possibile questa straordinaria forma d’arte amata da tutti i popoli e in ogni epoca. La collezione nel tempo si è arricchita di nuove acquisizioni su cui vale la pena soffermarsi come l’Arpa Barberini, il gruppo dei cornamuti torti cinquecenteschi e il violino detto il Portoghese di Andrea Amati. Spazio dedicato al restauro Il Museo è aperto dal martedì alla domenica dalle 09:30 – 19:30 Il costo del biglietto è 6 euro ma sono previste riduzioni L’ingresso è gratuito ogni domenica del mese e nelle date indicate sul sito Read the full article
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michelangelob · 1 year ago
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La Scultura del giorno: il monumento funebre di Galileo Galilei e la sua travagliata esecuzione
Era l’8 gennaio del 1642 quando Galileo Galilei, padre della scienza moderna, morì ad Arcetri. Era nato a Pisa tre giorni prima che io passassi a miglior vita a Roma. Fummo contemporanei per soli tre giorni: dal 15 al 18 febbraio del 1564 ma le nostre sepolture si trovano l’una dinnanzi all’altra, nella Basilica di Santa Croce a Firenze. Vincenzo Viviani, il discepolo più giovane di Galileo…
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eurotriptour · 1 year ago
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Torre del Greco City Tour Guide, Distance, Attractions & Weather Destination
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About Torre del Greco City destination: Torre del Greco is a coastal town which is located in just near of the Naples port city in Italy country. Torre del Greco is a good destination to explore local Italy people culture, social and modern life. People also can do several types water sports activities on beaches of the town.
Distance from Torre del Greco City: Torre del Greco coastal town is very well connected to other Italy regional places via water, train, road and air transport.
Torre del Greco coastal town is exact 23.6 KM distance from Naples city.
Torre del Greco coastal town is exact 53.0 KM distance from Caserta city.
Torre del Greco coastal town is exact 40.8 KM distance from Salerno city,
Torre del Greco coastal town is exact 178.0 KM distance from Foggia city.
Torre del Greco coastal town is exact 265.0 KM distance from Bari port city.
Torre del Greco coastal town is exact 204.8 KM distance from Latina city.
Torre del Greco coastal town is exact 304.8 KM distance from Pescara city.
Torre del Greco coastal town is exact 240.2 KM distance from Rome city.
Italy tour: It is a nice idea to enjoy holiday in Italy country which is a fully developed country of the Europe region. Italy country central capital city is Rome which is also the largest populated and economy hub of the country. Summer and winter both seasons are good to Italy country itinerary. Europe tour trip booking, Japan tour trip and Switzerland tour trip booking.
How can come to Torre del Greco City: Torre del Greco town is very well connected to other Italy regional places via air, water, train and road transport. Other countries people can come to town via air and water transport which nearest international airport and seaport is located in Naples city.
Air Transport: Naples International Airport is the nearest main airport where people can get air flights to other Italy regional places along with to foreign countries.
Water Transport: Naples (Molo Immacolatella Vecchia) - Ferry terminal is the nearest seaport where people can get water transport services to other Italy domestic places and overseas countries.
Train Transport: Torre del Greco - Train station is a local train station where people can get trains to other Italy domestic places.
Torre del Greco City tourists attractions: Torre del Greco town has several historical and modern places to visit which some are Vesuvio National Park, Pompeii Archaeological Park - Archaeological museum, Gymnasium sports center, Valle dell'Orso - Water park, Falco Sport Village - Sports complex, Saint Maria of Pozzo - Catholic church, Museo Nazionale Ferroviario di Pietrarsa - Rail museum, Vesuviuslandia - Amusement park, Villa delle Giade - Sports complex, Archaeological Park of Herculaneum - Archaeological museum, Porto di Torre del Greco - Marina, Basilica di Santa Croce, Stadio Amerigo Liguori - Stadium etc.
Torre del Greco City famous Restaurants & accommodations: Torre del Greco town has several luxury and budget types hotels to stay. The city some famous and modern restaurants are La Voce del Mare - Seafood restaurant, Professor Coffee - Espresso bar, Grandma Big Burgers - Sandwich shop, Pasticceria - Nunzio Borriello - Cake shop, Osteria del Porto - Seafood restaurant, Baraonda Bar Gelateria - Bar, Ristorante Taverna 'e Mare - Restaurant, Gelateria Gallo - Ice cream shop, bar pasticceria Giulia - Bar, Pizzeria - Pizza restaurant, O Vic Stritt - Bistro, Antico forno Carrieri - La Ninacca / Totonno - Pizza restaurant, Forneria San Michele - Bakery and Cake Shop, Da Gigino - Italian restaurant etc.
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valentina-lauricella · 2 years ago
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Rag and bones
"E nessuno trionferà di me, finchè non potrà spargermi per la campagna e divertirsi a far volare la mia cenere in aria." "Venga un filosofo, e mi dica. Se ora si trovassero le ossa o le ceneri di Omero o di Virgilio ec. il sepolcro ec. quelle ceneri che merito avrebbero realmente, e secondo la secca ragione? Che cosa parteciperebbero dei pregi, delle virtú, della gloria ec. di Omero ec.? Tolte le illusioni, e gl’inganni, a che servirebbero? Che utile reale se ne trarrebbe? Se dunque, trovatele, qualcuno, le dispergesse e perdesse, o profanasse, disprezzasse ec. che torto avrebbe in realtà? anzi non oprerebbe secondo la vera ed esatta ragione? Come dunque meriterebbe il biasimo, l’esecrazione degli uomini civili? E pur quella si chiamerebbe barbarie. Dunque la ragione non è barbara? Dunque la civiltà dell’uomo sociale e delle nazioni, non si fonda, non si compone, non consiste essenzialmente negli errori e nelle illusioni?"
Nel 1898 avvenne una prima ricognizione; secondo il senatore Mariotti, durante i lavori di restauro di alcuni anni prima, un muratore ruppe inavvertitamente la cassa, danneggiata dalla troppa umidità, frantumando le ossa e provocando la perdita di parte dei resti contenuti, forse gettati nell'ossario comune o addirittura con i calcinacci.
Il 21 luglio 1900, alla presenza dei rappresentanti regi e del comune di Napoli, venne effettuata la ricognizione ufficiale delle spoglie del recanatese e nella cassa (in realtà un mobile adattato allo scopo dai fratelli Ranieri), troppo piccola per contenere lo scheletro di un uomo con doppia gibbosità, vennero rinvenuti soltanto frammenti d'ossa (tra cui residui delle costole, delle vertebre recanti segni di deformità, e un femore sinistro intero, forse troppo lungo per una persona di bassa statura (*), e un altro femore a pezzi, una tavola di legno (con cui gli operai avevano tentato di riparare il danno alla cassa), una scarpa col tacco e alcuni stracci, mentre nessuna traccia vi era del cranio e del resto dello scheletro, per cui in seguito si arrivò anche a formulare la teoria di un suo trafugamento da parte di studiosi lombrosiani di frenologia amici del Ranieri.   Nonostante i dubbi, la questione venne ben presto chiusa; secondo l'incaricato, professor Zuccarelli, era plausibile che quelli fossero parte dei resti di Leopardi. Il medico parla esplicitamente di aver rinvenuto una parte di rachide e una di sterno, entrambe deviate.  
(*) Il femore in questione sembra appartenere ad una persona di 1,65 m di statura: e probabilmente questa sarebbe stata l'effettiva altezza del Leopardi "al netto" della sua severa scoliosi, che lo avrebbe ridotto a circa 1,43 cm, la lunghezza della cassa).
Alcuni, pur pensando ad una morte per colera, credettero che Ranieri comunque fosse riuscito nell'intento di salvare il corpo dalla fossa comune corrompendo, se non il ministro, perlomeno dei funzionari incaricati. La scarpa ritrovata venne poi acquistata dal tenore Beniamino Gigli, concittadino di Leopardi, e donata alla città di Recanati. Dopo vari tentativi di traslare i presunti resti a Recanati o a Firenze nella basilica di Santa Croce accanto a quelli di grandi italiani del passato (e di Fanny Targioni Tozzetti: disuniti in vita, uniti in morte), nel 1939 la cassa, per volontà di Benito Mussolini che esaudì una richiesta dell'Accademia d'Italia, venne con regio decreto di Vittorio Emanuele III, che ne stabiliva l'identificazione, riesumata di nuovo e spostata al Parco Vergiliano a Piedigrotta nel quartiere Mergellina. Il luogo fu dichiarato monumento nazionale e tuttora vi sorge il secondo sepolcro del poeta, eretto quello stesso anno; nei pressi venne traslata anche la lapide originale, mentre parte del monumento venne portata a Recanati. Questa versione è quella sostenuta ufficialmente dal Centro Nazionale Studi Leopardiani. Nel 2004 venne chiesta (da parte dello studioso leonardiano Silvano Vinceti, che si è occupato della riesumazione e identificazione dei resti di Caravaggio, Boiardo, Pico della Mirandola e Monna Lisa) la terza riesumazione, onde verificare se quei pochi resti fossero davvero di Leopardi tramite l'esame del DNA e del DNA mitocondriale, comparato con quello degli attuali eredi dei conti Leopardi (Vanni Leopardi e la figlia Olimpia, discendenti diretti del fratello minore del poeta Pierfrancesco) e dei marchesi Antici, ma la richiesta fu respinta, sia dalla Soprintendenza sia dalla famiglia Leopardi (tramite la contessa Anna del Pero-Leopardi, vedova del conte Pierfrancesco Leopardi e madre di Vanni). La posizione ufficiale della famiglia Leopardi (esplicitata dal 1898 in poi) e della Fondazione Casa Leopardi da loro presieduta, è che i resti nel parco Vergiliano non siano del poeta e che Ranieri abbia mentito, che il corpo si trovi alle Fontanelle e che quindi la riesumazione sia inutile, occorrendo altresì rispettare la tomba-cenotafio lì situata.
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personal-reporter · 1 year ago
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A zonzo per la Francia: Santa Genoveffa
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La protettrice, fin dall’alto Medioevo, di Parigi e della Francia… Santa Genoveffa nacque a Nanterre, nei pressi di Parigi, intorno al 413, da famiglia cristiana, e la giovane, fin da piccola, manifestò il desiderio di dedicare la sua vita al Signore. Nel 429 la giovane incontrò San Germano d’Auxerre, che insieme a San Lupo di Troyes andava a evangelizzare i popoli della Britannia, dove dilagava l’eresia pelagiana, in un incontro  che fu determinante per la sua vocazione. Dopo aver posato una mano sulla nuca di Genoveffa, San Germano enne  la rivelazione della sua santità, poi le regalò una medaglia su cui è impressa la croce, che la ragazza portò al collo fino alla morte, come pegno della sua fedeltà a Cristo. Morti i suoi genitori, Genoveffa si trasferì a Parigi ed entrò a far parte di un gruppo di vergini, come lei votate al Signore, per dedicarsi a opere di carità e penitenza, continuando a vivere nella sua casa ed ebbe il diritto di assumere le responsabilità pubbliche che appartenevano alla sua famiglia, ricevette le chiavi del battistero della cattedrale parigina e fece erigere la prima chiesa sul sepolcro di San Dionigi, vescovo protomartire della città. La santa si cibava solo di legumi, esclusivamente il giovedì e la domenica e dalla sera dell’Epifania, fino al giovedì santo, rimaneva in preghiera nella sua cameretta. Nel 451, Attila, re degli Unni, che aveva saccheggiato le città di Treviri, Metz, Reims, avanzava verso Parigi dove i cittadini si apprestavano alla fuga, ma Genoveffa gli esortò a non lasciare la città e riunì alcune donne per pregare con lei nel battistero. Parigi fu difesa dai suoi abitanti, incoraggiati dalle preghiere di Geneviève, e Attila, scoraggiato dalla loro resistenza, si diresse verso Orléans, dove fu  sconfitto nella battaglia dei Campi Catalaunici dal generale romano Ezio. Qualche anno più tardi, Parigi venne assediata da Meroveo, terzo re dei Franchi, e fu  difesa da una forte guarnigione di romani e nel 457, morto il sovrano, l’assedio venne portato avanti dal figlio Childerico I, che conquistò la città. Le distruzioni che ne conseguono provocarono nella capitale francese una grande carestia, così Genoveffa guidò sulla Senna un gruppo di undici battelli fino a Troyes e, passando di città in città, ricevette  in dono dai mercanti un gran carico di grano, che porta a Parigi, salvando così gli abitanti. Durante il viaggio, la donna guarì una paralitica, ridonò la vista ad alcuni ciechi, liberò degli indemoniati e salvò la Senna da due demoni che, nascosti sotto un grande albero, facevano naufragare i battelli. In Francia si diffusa la fama di Genoveffa, rispettata anche dal re franco Clodoveo I che, su suggerimento della santa, non solo liberò i prigionieri, ma si convertì al Cristianesimo. Genoveffa morì il 3 gennaio 502 e fu sepolta prima in un’umile tomba, poi nella basilica dei Santi Apostoli, a lei dedicata dai sovrani franchi Clotilde e Clodoveo. Durante la rivoluzione francese, la basilica fu sconsacrata e trasformata dai giacobini nel mausoleo dei francesi illustri, con il nome di Panthéon, mentre la cassa che conteneva le reliquie della santa fu  bruciata pubblicamente nella Place de Gréve. Oggi, nel Panthéon si svolgono funzioni religiose e commemorazioni civili e lì vicino, nel 1492, fu costruita la chiesa di Saint-Étienne-du-Mont, dove furono ricollocate le reliquie superstiti di  Genoveffa. Nel suo ruolo di patrona di Parigi, una statua di Genoveffa, realizzata dallo scultore francese Paul Landowski, si trova sul Pont de la Tournelle, costruito nel 1928 alle spalle della Cattedrale di Notre-Dame e la raffigura nell’atto di proteggere una bambina, che simboleggia Parigi, la città a lei tanto cara. Read the full article
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mypickleoperapeanut · 2 years ago
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"Italian Brass Week"
Si è tenuta dal 23 al 28 luglio 2023.
la coinvolgente Kermesse musicale in seno all'Associazione Culturale e Musicale 'Italian Brass Network'.
Per questa ventiquattresima edizione il main sponsor del Festival è stata la Fondazione CR Firenze, alla quale si sono aggiunti Publiacqua SpA.
Rinnovate le partnership istituzionali con il Teatro del Teatro del Maggio Musicale Fiorentino, Estate Fiorentina 2023 – OLTRE IL GIARDINO… LE PIAZZE 6 , ANBIMA APS (Associazione Nazionale Bande Italiane Musicali Autonome), l'Orchestra da Camera Fiorentina, la Basilica di Santa Croce – Opera di Santa Croce, l'Associazione Amici del Teatro del Maggio Musicale Fiorentino, la Società Canottieri Firenze, l'Associazione culturale 'I Renaioli', Le Pavoniere.
La nuova edizione gode del patrocinio del Comune e della Città metropolitana di Firenze, della Regione Toscana, dei consolati e ambasciate internazionali di Svizzera, Germania, Ungheria, Portogallo, Olanda, Stati Uniti d'America, del supporto di sponsors e sponsors tecnici quali Miraphone, Adams Brass, Adams Percussion, Pauletto, Paxman, Sakaino Kruspe, Buffet e Crampon, Besson, Shires, Shilke, Tatu, Gewa Music, Padovani Ltd, Bim Editions, Porfa, King, Conn, Bach, e dei media Risveglio Musicale, Rete Toscana Classica, Toscana Tascabile, The Florentine, Suonare news, Amadeus, Visit Florence, Italia&friends, Firenze Notte, Nove da Firenze, GoGo Firenze, Teatrionline.
La direzione artistica è curata dal M° Luca Benucci, primo corno dell'Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino, docente della Fondazione Scuola di Musica di Fiesole onlus.
Ufficio stampa Italiana Brass Week
Dr.ssa Sabrina Malavolti Landi
IBW 2023 - Press office
www.italianbrass.com
Ministero della Cultura Ministero del Turismo Ivana Jelinic Città di Firenze Cultura Città di Firenze
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jacopocioni · 1 year ago
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Andrea del Sarto, pittore
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Andrea Vannucci detto del "Sarto" d'Agnolo, meglio conosciuto come Andrea del Sarto mestiere esercitato dal padre. Non c'è sicurezza sul cognome. A volte si trova scritto Vannucci altre con Vannucchi, ma forse il suo cognome è Lanfranchi, come è scritto in un documento riguardante suo fratello. Vi è scitto: Francesco detto "Spillo" Lanfranchi pittore. Nacque a Firenze nel 1486. Al tempo in cui iniziò il suo periodo di apprendistato come narra nelle "Vite" il Vasari presso una bottega di orafo, presto in quell'ambiente manifestò la sua inclinazione per il disegno. Venne mandato a formarsi nella bottega del pittore Gian Barile. Ma questo dopo poco tempo si accorse di non essere all'altezza delle capacità di Andrea e lo convinse ad andare dal pittore Piero di Cosimo. All'inizio del XVI° secolo nella nostra città si trovavano artisti del calibro di Leonardo e Michelangelo, ai quali si affiancò superandoli in poco tempo. Fu influenzato dal Perugino, Raffaello, Fra Bartolmeo e Mariotto Albertinelli. Abitando in Santa Maria Novella fece amicizia con un altro pittore Francesco di Cristofano detto "Franciabigio". I due giovani nel 1516 aprirono una bottega in piazza del Grano, dopo poco tempo si trasferirono vicino alla Basilica della Santissima Annunziata e come tutti i pittori, per poter lavorare dovette iscriversi all'Arte Maggiore dei Medici e Spezali.
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I frati Serviti nel 1509 lo incaricarono di affrescare il Chiostrino dei Voti con le storie di San Filippo Benizzi. Iniziò con i frati un rapporto di lavoro distinato a protarsi nel tempo. Ebbe rapporti di committenza con gli Eremitani Agostiniani di San Gallo e i Benedettini Vallombrosani dove già lavorava il "Franciabigio". Nella loro bottega aprirono la "scuola dell'Annunziata" dove ebbero come discepoli Jacopo Carucci detto "Il Pontormo" e Giovan Battista di Jacopo di Gaspare detto "Il Rosso Fiorentino". Nel 1515 insieme al "Franciabigio" inizia a dipingere un ciclo decorativo delle Storie del Battista al Chiostro dello "Scalzo" nella chiesa della Compagnia dei Disciplinati di San Giovanni Battista detta dello "Scalzo" (durante le processioni il portatore della croce sfilava a piedi nudi), il lavoro venne terminato nel 1526.
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Per la chiesa di San Francesco dei Macci, dipinge la Madonna delle Arpie (oggi conservata agli Uffizi), sposa Lucrezia di Bartolomeo del Fede, divenuta in breve tempo la modella delle sue opere. Realizza i dipinti per la camera nunziale Borgherini; Le Storie di San Giuseppe; l'Infanzia, Giuseppe interpreta i sogni del Faraone. Per Francesco I° in Francia realizza molte opere quasi tutte andate perdute, rimane solo "la Carità" conservata nel Museo del Louvre. tornato a Firenze riprende a dipingere al Chiostro dello "Scalzo".
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Per la villa Medicea di Poggio a Caiano inizia l'affresco "Il Tributo di Cesare", rimasto incompiuto e finito da Alessandro Allori. Dipinge per i Convento di San Salvi "Il Cenacolo" iniziato nel 1519 e terminato dopo dieci anni nel 1529. Su questo bellissimo affresco c'è un aneddoto che racconta: durate l'assedio di Firenze con l'approssimarsi delle truppe dell'Imperatore Carlo V°, venne deciso di abbattere il convento di San Salvi come era stato fatto con San Gallo e San Giusto. Ma i guastatori incaricati della demolizione, si rifiutarono di abbatterlo colpiti dalla bellezza dei suoi colori. Andrea è ricordato per essere come il più bravo fra i grandi artisti dei suoi tempi. Il Vasari nelle "Vite" lo ricorda cone il "Pittore senza errori", le sue figure erano di somma perfezione, per la capacità di creare composizioni formalmente ineccepibili armoniose e ben bilanciate. Fu un eccellente decoratore di affreschi e autore di bellissime Pale d'Altare e ritratti. Morì di peste causata dall'assedio il 29 settebre 1530, solo e abbandonato dalla moglie.
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Alberto Chiarugi Read the full article
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ildiariodibeppe · 2 years ago
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Padre Leone Dehon
La vita e le opere
Padre Leone Dehon nacque il 14 marzo 1843 a La Capelle in Francia , nella diocesi di Soissons. Egli godrà di essere stato battezzato il 24 marzo successivo, vigilia dell’Annunciazione, “unendo – scriverà – il mio battesimo all’Ecce venio di Nostro Signore”. Dirà infatti ai suoi figli spirituali, i sacerdoti del Sacro Cuore di Gesù: “Nell’Ecce Venio e nell’Ecce Ancilla si trova tutta la nostra vocazione e missione”. Il Cuore di Gesù e il Cuore Immacolato di Maria saranno la luce e la forza di tutta la sua lunga vita. Una tenera e filiale devozione alla Madonna lo condurrà alla contemplazione appassionata del Cuore del Salvatore trafitto sulla croce.
Dalla famiglia, distinta e stimata, il giovane Dehon attinse caratteristiche di nobiltà d’animo e signorilità che lo resero ricco di umanità e aperto a relazioni di amicizia con le personalità civili ed ecclesiastiche durante tutta la sua lunga esistenza. In particolare ringraziava Dio “per il dono della mamma che lo aveva iniziato all’amore del divin Cuore”.
Durante gli studi umanistici, favorito dalla guida spirituale di sacerdoti eminenti per scienza e virtù, sperimenta la prima chiamata al sacerdozio nel Natale del 1856. Ma suo padre che sognava per lui una brillante posizione sociale, cercò subito di ostacolarlo dalla sua vocazione, inviandolo alla Sorbona di Parigi, dove, all’età di 21 anni, Leone Dehon conseguì il dottorato in diritto civile. Tuttavia la frequenza al S. Sulpizio, “là dove regnava uno spirito sacerdotale, dona vigore all’attrattiva verso il sacerdozio”. Il padre, quasi a volerlo distogliere dall’idea del sacerdozio, gli offre un lungo viaggio in Oriente. Il giovane Leone gode di percorrere soprattutto la terra di Gesù, ma al suo ritorno, senza cedere alle resistenze familiari, si ferma a Roma. Va dal Papa Pio IX e gli confida la propria vocazione. Il Papa, nel quale ammira “la bontà unita alla santità”, lo invita ad entrare nel seminario francese di Santa Chiara. Vi entra infatti nell’ottobre del 1865: “ero finalmente nel mio vero ambiente: ero felice!”.
Ordinato sacerdote il 19 dicembre 1868, nella basilica di S. Giovanni Lateranense, ritrova,insieme alla gioia della sua ordinazione sacerdotale, anche quella del ritorno di suo padre alla pratica religiosa. Dopo la forte esperienza ecclesiale, quale stenografo al Concilio Vaticano I, il giovane sacerdote Dehon torna nella sua diocesi d’origine, Soissons, e in obbedienza al proprio vescovo, diviene l’ultimo di cappellani di S. Quintino. Con quattro lauree(in diritto civile e canonico, in filosofia e teologia) e soprattutto con una solida esperienza spirituale e ecclesiale, esprimerà tutto il suo fervore e la sua sensibilità in molteplici iniziative pastorali e sociali:lo vediamo partecipare ai primi congressi di associazioni operaie, fondare un giornale cattolico, dare vita al patronato S. Giuseppe per l’accoglienza e la formazione dei giovani e poi il Collegio S. Giovanni.
Nominato dal Vescovo confessore e direttore spirituale all’arrivo delle Ancelle del S. Cuore, potrà scrivere: “Questa circostanza provvidenziale preparò l’orientamento di tutto il resto della mia vita”. Sì, perché nonostante la frenetica attività pastorale, il canonica Dehon si sentiva attratto dalla vita religiosa. Il progetto di amore e di riparazione al Sacro Cuore che animava l’istituto delle Ancelle, attendeva d’essere condiviso da una congregazione sacerdotale. Accompagnando il proprio Vescovo nel viaggio a Roma, passa per Loreto, sosta e tappa fondamentale, fonte d’ispirazione originaria a cui attingerà l’impulso per la sua fondazione: “Qui è nata la Congregazione nel 1877” scriverà. In quella casa che gli ricorderà sempre l’evento della Incarnazione attraverso l’Ecce Venio e l’Ecce Ancilla, egli intuisce quale dovrà essere il nucleo spirituale e dinamico della Congregazione.
Il 28 giugno 1878, festa del S. Cuore, nella cappella del collegio S. Giovanni, il canonico Leone Dehon emetteva i voti religiosi come primo Oblato del S. Cuore e vi univa il voto di vittima d’amore e riparazione. Per questo volle chiamarsi con un nome nuovo: padre Giovanni del Sacro Cuore . E con questa denominazione venne presentato dal postulatore nell’avviare la causa di beatificazione di Padre Dehon. Iniziano anni di fervida attività, di fioritura di vocazioni ma anche di difficoltà, di incomprensioni, di prove dolorose che condurranno alla soppressione della giovane fondazione, al consummatum est del 3 dicembre 1883. P. Dehon si sente “atterrato e triturato” ma la grande sofferenza è occasione di una splendida dichiarazione di sottomissione alla volontà di Dio e della Chiesa. Questa prova sarà l’alba della risurrezione dell’Istituto con il nome nuovo di “Sacerdoti del Sacro Cuore”. E’ la rinascita, la ripresa dello slancio verso impegni missionari, l’apostolato sociale, le missioni popolari, l’evangelizzazione. Dopo il Decretum Laudis del 25 febbraio 1888, P. Dehon si reca a Roma a ringraziare il Papa Leone XIII, che lo incoraggia a predicare le sue encicliche, a sostenere con la preghiera e la collaborazione i sacerdoti, a suscitare case di adorazione, a donarsi per le lontane missioni: “Ecco la missione affidataci dal Papa” annoterà con gioia.
Ma altre Via Crucis nel frattempo si abbattevano su di lui: calunnie sul suo comportamento, difficoltà nei rapporti con la diocesi,opposizione all’interno dell’Istituto. Tutto sembrava perduto e infamato. Nel ritiro spirituale ignaziano egli ritroverà serenità e rinnoverà il suo patto d’amore: “Mi offro completamente a N. Signore per servirlo in tutto e fare la sua volontà. Sono pronto a fare e a soffrire ciò che Egli vorrà, con l’aiuto della sua Grazia”. Più tardi , meditando sulle vicende spesso assai dolorose della sua storia egli scriverà: “N. Signore ha accettato il mio atto di oblazione. Egli voleva fare della sua Opera un edificio importante. Per questa ha scavato così profondamente.” La fecondità della croce che padre Dehon seppe accettare con fede in spirito di amore e di riparazione, portò ad un consolidamento e a una forte espansione della congregazione. Sostenuto dalla benevolenza dei Sommi Pontefici Leone XIII, S. Pio X, Benedetto XV, Pio XI, verso i quali professò una devozione sempre fedele e operosa, padre Dehon proseguì instancabile la sua missione, con scritti, (è dal 1889 la stampa della rivista Il Regno del S. Cuore di Gesù nelle anime e nella società!) conferenze (famose le sue conferenze tenute a Roma e Milano), partecipazione a congressi sociali e soprattutto con le numerose fondazioni della congregazione SCJ. “L’ideale della mia vita – lasciò scritto nelle ultime pagine del suo Diario – il voto che formulavo con lacrime nella mia giovinezza era d’essere missionario e martire. Mi sembra che questo voto si sia compiuto. Missionario lo sono per i cento e più missionari sparsi nel mondo; martire lo sono perché N. Signore diede compimento al mio voto di vittima”.
Uomo instancabile, nonostante la perenne fragilità fisica che si trascinava dietro, sorretto da una fede genuina e profonda, fatta “ certezza nella confidenza “: ecco la roccia sulla quale P. Dehon aveva costruito l’edificio della sua vita e della sua missione. Ne proveniva un costante e cristiano ottimismo che superando ogni prova, lo conduceva a guardare avanti sempre con speranza: “ aveva una fede irradiante che manifestava nella predicazione e negli esempi, con un amore ardente verso il Cuore di Cristo”. Amore e riparazione: era la sua grande preoccupazione: riparazione eucaristica specialmente mediante l’Adorazione affidata ai suoi religiosi come loro missione nella Chiesa; riparazione sociale mediante la giustizia e la carità come vie per una “civiltà dell’amore”. Nella contemplazione del Cuore di Cristo egli attinse pure quella che fu considerata una costante della sua personalità: la bontà luminosa che lo circondava di un fascino e di un affetto grande, specialmente tra i giovani tanto da venire chiamato “Très Bon Père”.
Nel servo di Dio, padre Dehon c’è stato un mirabile equilibrio di virtù umane, nella semplicità e nel contesto della vita ordinaria che egli, nello zelo apostolico e nell’ascesi mistica, con la grazia del Signore, ha reso soprannaturali per lo sforzo costante nella perfezione sacerdotale e religiosa, esempio di sacerdote e religioso dei tempi moderni.
Grande impegno negli ultimi anni di vita, oltre a diffondere la spiritualità del Sacro Cuore e il costante anelito del Regno di Dio nei cuori e nella società, è stata la costruzione della grande basilica di Cristo Re, il tempio della Pace, da lui inaugurato il 18 maggio 1920. L’accompagnò sempre la luce amabile della Vergine Maria: “Vivat Cor Jesu, per Cor Mariae” era il suo saluto.
“Il regno del Cuore di Gesù nelle anime e nella società” così il P. Dehon ha compendiato le sue più alte aspirazioni e la missione della sua Famiglia Dehoniana nella Chiesa: è il regno della civiltà dell’amore!
Padre Dehon muore a Bruxelles, il 12 agosto 1925. Stendendo la sua mano verso l’immagine del S. Cuore, con voce chiara esclamò:
“Per lui sono vissuto, per Lui io muoio.
E’ Lui il mio tutto, la mia vita,la mia morte, la mia eternità”.
Ai suoi figli spirituali, i Sacerdoti del Sacro Cuore di Gesù (detti anche Dehoniani dal nome del fondatore) e a tutti coloro che vedono in padre Dehon un padre e una guida per vivere il Vangelo nella spiritualità del Cuore di Cristo, la Famiglia Dehoniana odierna, ha lasciato un testamento spirituale scritto:
“Vi lascio il più meraviglioso dei tesori.
Il Cuore di Gesù”.
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