#L’uomo dai mille volti
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Volonté – L’uomo dai mille volti
#documentario#Francesco Zippel#Gian Maria Volonté#Luce Cinecittà#Lucky Red#L’uomo dai mille volti#Rai Teche
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Lunedì 2 Settembre esce la colonna sonora di “VOLONTÈ - L’UOMO DAI MILLE VOLTI”.
a cura della redazione In occasione della presentazione in anteprima alla 81ª MOSTRA INTERNAZIONALE D’ARTE CINEMATOGRAFICA DI VENEZIA, LUNEDÌ 2 SETTEMBRE sarà disponibile in digitale la colonna sonora del documentario di FRANCESCO ZIPPEL “VOLONTÈ - L’UOMO DAI MILLE VOLTI” firmata da RODRIGO D’ERASMO ed edita da EDIZIONI CURCI. PRE ORDERhttps://orcd.co/volonte-luomodaimillevolti-ost Il…
#81ª MOSTRA INTERNAZIONALE D’ARTE CINEMATOGRAFICA DI VENEZIA#EDIZIONI CURCI#FRANCESCO ZIPPEL#paroleedintorni#RODRIGO D’ERASMO#volontè
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Le frasi sui viaggi sono diventate oggigiorno particolarmente popolari, grazie alla diffusione dei social e di internet che valorizzano questa forma d’espressione breve, diretta e incisiva. Resi celebri dai grandi personaggi della letteratura e della storia, gli aforismi sul viaggio sono emozioni senza tempo, citazioni famose e meno note che esprimono una verità in poche parole, lasciando spazio all’immaginazione e all’interpretazione personale. Ecco una raccolta delle 50 frasi sul viaggiare più belle di sempre. Che cos’è un aforisma di viaggio L’aforisma, una parola che deriva dal termine greco aforismo, è una frase particolarmente corta, un insieme di poche parole che riescono a esprimere un concetto profondo, che fa riflettere chi legge. In particolare gli aforismi di viaggio sono delle frasi brevi di grande effetto, delle citazioni che catturano un momento del viaggio, un’esperienza o un sentimento, fissandolo per sempre nel ricordo e condividendolo con le altre persone. Ed è proprio la condivisione che rende gli aforismi sui viaggi così unici e speciali, in grado spesso di suscitare le stesse sensazioni provate dalla persona che ha scritto quella frase. Le citazioni sul viaggiare create da personaggi famosi e storici sono molte, alcune delle quali sono il frutto della sensibilità artistica di poeti, romanzieri e letterati, i quali durante le loro avventure sono riusciti a immortalare per sempre le proprie emozioni. Con un aforisma è possibile racchiudere in poche parole il senso stesso del viaggio, del confronto con persone e culture differenti dalla nostra, motivando anche gli altri a intraprendere un percorso di scoperta del mondo. Oggi viaggiare è ormai alla portata di tutti e piuttosto comodo, ma alcuni aforismi sul viaggio come metafora della vita sono ancora validi, motivandoci ad andare avanti, a vedere ciò che c’è di nuovo al di fuori della nostra realtà, aprendo la mente per vivere appieno l’esperienza unica della scoperta di ciò che non conosciamo. Citazioni famose sui viaggi “Accade durante i viaggi: un solo mese sembra più lungo di quattro mesi trascorsi a casa” Arthur Schopenhauer “Il viaggio non è mai una questione di soldi, ma di coraggio” Paolo Coelho “Non andare mai in vacanza con qualcuno che non ami” Ernest Hemingway “Le città sono sempre state come le persone, esse mostrano le loro diverse personalità al viaggiatore. A seconda della città o del viaggiatore, può scoccare un amore reciproco, o un’antipatia, un’amicizia o inimicizia. Solo attraverso i viaggi possiamo sapere dove c’è qualcosa che ci appartiene oppure no, dove siamo amati e dove siamo rifiutati” Roman Payne “Un viaggio non inizia nel momento in cui partiamo né finisce nel momento in cui raggiungiamo la meta. I realtà comincia molto prima e non finisce mai, dato che il nastro dei ricordi continua a scorrerci dentro anche dopo che ci siamo fermati. È il virus del viaggio, malattia sostanzialmente incurabile” Ryszard Kapuscinski “La propri destinazione non è mai un luogo, ma un nuovo modo di vedere le cose” Henry Miller “Di una città non apprezzi le sette o settantasette meraviglie, ma la risposta che dà ad una tua domanda” Italo Calvino “Il viaggio è una specie di porta attraverso la quale si esce dalla realtà come per penetrare in una realtà inesplorata che sembra un sogno” Guy de Maupassant “In viaggio la cosa migliore è perdersi. Quando ci si smarrisce, i progetti lasciano il posto alle sorprese, ed è allora, ma solamente allora, che il viaggio comincia” Nicolas Bouvier “Non c’è uomo più completo di colui che ha viaggiato, che ha cambiato venti volte la forma del suo pensiero e della sua vita” Alphonse de Lamartine “I viaggiatori sono quelli che lasciano le loro convinzioni a casa, i turisti no” Pico Iyer “Nel viaggio c’è un certo sapore di libertà, di semplicità… un certo fascino dell’orizzonte senza limiti, del percorso senza ritorno, della notte senza tetto, della vita senza superfluo” Théodore Monod “La felicità è un percorso, non una destinazione” Madre Teresa di Calcutta Aforismi e frasi sul viaggio della vita “Sono un cittadino, non di Atene o della Grecia, ma del mondo” Socrate “La meta è partire” Giuseppe Ungaretti “Un buon viaggiatore non ha piani precisi, il suo scopo non è arrivare” Lao Tzu “Non c’importa tanto di non arrivare da nessuna parte, quanto di non avere compagnia durante il tragitto” Anna Frank “Non c’è uomo più completo di colui che ha viaggiato, che ha cambiato venti volte la forma del suo pensiero e della sua vita” Alphonse de Lamartine “Chi non si muove non può rendersi conto delle proprie catene” Rosa Luxemburg “Le persone non fanno i viaggi, sono i viaggi che fanno le persone” John Steinbeck “I veri viaggiatori partono per partire e basta: cuori lievi, simili a palloncini che solo il caso muove eternamente, dicono sempre “Andiamo”, e non sanno perché. I loro desideri hanno le forme delle nuvole” Charles Baudelaire “È ben difficile, in geografia come in morale, capire il mondo senza uscire di casa propria” Voltaire “Ovunque tu vada, vacci con tutto il tuo cuore” Confucio “Solo chi rischia di andare troppo lontano avrà la possibilità di scoprire quanto lontano si può andare” Thomas Stearns Eliot “Viaggiare è come sognare: la differenza è che non tutti, al risveglio, ricordano qualcosa, mentre ognuno conserva calda la memoria delle meta da cui è tornato” Edgar Allan Poe Frasi sul viaggio “Viaggiare rende modesti. Ci mostra quanto è piccolo il posto che occupiamo nel mondo” Gustave Flaubert “Viaggiare significa scoprire che tutti hanno torto riguardo gli altri paesi” Aldous Huxley “Tra vent’anni sarai più deluso dalle cose che non hai fatto che da quelle che hai fatto. E allora molla gli ormeggi. Lascia gli alisei riempiano le tue vele. Esplora. Sogna” Mark Twain “In verità, il viaggio attraverso i paesi del mondo è per l’uomo un viaggio simbolico. Ovunque vada è la propria anima che sta cercando. Per questo l’uomo deve poter viaggiare” Andrej Tarkowsky “Strana questa cosa dei viaggi, una volta che cominci è difficile fermarsi. È come essere alcolizzati” Gore Vidal “Sono innamorato di città che non ho mai visitato e di persone che non ho mai incontrato” John Green “Quando si è in viaggio, ricordate che un paese straniero non è progettato per farvi stare comodi. È stato progettato per rendere comodo il proprio popolo” Clifton Fadiman “Io viaggio non per andare da qualche parte, ma per andare. Viaggio per viaggiare. La gran cosa è muoversi, sentire più acutamente il prurito della nostra vita, scendere da questo letto di piume della civiltà e sentirsi sotto i piedi il granito del globo” Robert Louis Stevenson “Vi fu sempre nel mondo assai più di quanto gli uomini potessero vedere quando andavano lenti, figuriamoci se lo potranno vedere andando veloci” John Ruskin “Sembra esserci nell’uomo, come negli uccelli, un bisogno di migrazione, una vitale necessità di sentirsi altrove” Marguerite Yourcenar “Viaggiare deve comportare il sacrificio di un programma ordinario a favore del caso, la rinuncia del quotidiano per lo straordinario, deve essere una ristrutturazione assolutamente personale alle nostre convinzioni” Hermann Hesse “Una volta l’anno, vai in un posto dove non sei mai stato prima” Dalai Lama “Come sempre suole accadere in un lungo viaggio, alle prime due o tre stazioni l’immaginazione resta ferma nel luogo di dove sei partito, e poi d’un tratto, col primo mattino incontrato per via, si volge verso la meta del viaggio e ormai costruisce là i castelli dell’avvenire” Lev Tolstoj Citazioni di viaggi “Desidero partire: non verso le Indie possibili o verso le grandi isole a Sud di tutto, ma verso un luogo qualsiasi, villaggio o eremo, che possegga la virtù di non essere questo luogo. Non voglio più vedere questi volti, queste abitudini e questi giorni” Fernando Pessoa “Ah! Il viaggio è un bagno di umiltà: ti rendi conto di quanto è piccolo il luogo che occupi nel mondo” Gustave Flaubert “Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi” Marcel Proust “A chi mi domanda ragione dei miei viaggi, solitamente rispondo che so bene quel che fuggo, ma non quello che cerco” Michel de Montaigne “Chi viaggi senza incontrare l’altro non viaggia, si sposta” Alexandra David-Néel “Un uomo percorre il mondo intero in cerca di ciò che gli serve e torna a casa per trovarlo” George Moore “E non c’è niente di più bello dell’istante che precede il viaggio, l’istante in cui l’orizzonte del domani viene a renderci visita e a raccontarci le sue promesse” Milan Kundera “Una volta che hai viaggiato, il viaggio non finisce mai, ma si ripete infinite volte negli angoli più silenziosi della mente. La mente non sa separarsi dal viaggio” Pat Conroy “Nono smetteremo mai di esplorare. E alla fine di tutto il nostro andare ritorneremo al punto di partenza per conoscerlo per la prima volta” S. Eliot “Viaggiare è una brutalità. Obbliga ad avere fiducia negli stranieri e a perdere di vista il comfort familiare della casa e degli amici. Ci si sente costantemente fuori equilibrio. Nulla è vostro, tranne le cose essenziali” Cesare Pavese “Un viaggio di mille miglia comincia sempre con il primo passo” Lao Tzu “Viaggiare è come tenere i rubinetti aperti e vedere il tempo che va via, sprecato, liquido, intrattenibile” Ennio Flaiano Come scrivere un aforisma di viaggio? Queste frasi celebri sui viaggi hanno sicuramente un grande effetto su chiunque, grazie anche allo spessore intellettuale e alle capacità di scrittura di tali personaggi. Tuttavia ognuno può trasformare il viaggiare in un aforisma, seguendo alcuni semplici consigli. Per farlo è importante essere coincisi, cercando di esprimere il concetto in una forma piuttosto breve e asciutta, senza utilizzare aggettivi, avverbi e altre parole superflue. Il messaggio deve arrivare in maniera diretta, immediata, perciò è fondamentale scegliere ogni parola con cura, selezionando quelle che possono aiutare a raggiungere lo scopo. Per scrivere un aforisma di viaggio non bisogna pensare alla descrizione, ma alle emozioni, tentando di creare una frase sul viaggiare che sia corta e d’effetto. Deve trasmettere le emozioni provate il quel momento, oppure far riflettere su un aspetto comune ad altri viaggiatori. Ciò significa che un aforisma deve essere ricco testualmente, ma allo stesso tempo asciutto, prendendo come lunghezza anche due o tre righe, purché ogni parola sia assolutamente indispensabile. Inoltre è necessario che la frase possa essere isolata dal suo contesto, resa totalmente indipendente, offrendo se possibile anche un effetto sorpresa, sempre gradito per aumentare l’atmosfera unica che soltanto i grandi aforismi sui viaggi sanno regalare. https://ift.tt/2P1J66L Le 50 frasi più belle per chi ama viaggiare Le frasi sui viaggi sono diventate oggigiorno particolarmente popolari, grazie alla diffusione dei social e di internet che valorizzano questa forma d’espressione breve, diretta e incisiva. Resi celebri dai grandi personaggi della letteratura e della storia, gli aforismi sul viaggio sono emozioni senza tempo, citazioni famose e meno note che esprimono una verità in poche parole, lasciando spazio all’immaginazione e all’interpretazione personale. Ecco una raccolta delle 50 frasi sul viaggiare più belle di sempre. Che cos’è un aforisma di viaggio L’aforisma, una parola che deriva dal termine greco aforismo, è una frase particolarmente corta, un insieme di poche parole che riescono a esprimere un concetto profondo, che fa riflettere chi legge. In particolare gli aforismi di viaggio sono delle frasi brevi di grande effetto, delle citazioni che catturano un momento del viaggio, un’esperienza o un sentimento, fissandolo per sempre nel ricordo e condividendolo con le altre persone. Ed è proprio la condivisione che rende gli aforismi sui viaggi così unici e speciali, in grado spesso di suscitare le stesse sensazioni provate dalla persona che ha scritto quella frase. Le citazioni sul viaggiare create da personaggi famosi e storici sono molte, alcune delle quali sono il frutto della sensibilità artistica di poeti, romanzieri e letterati, i quali durante le loro avventure sono riusciti a immortalare per sempre le proprie emozioni. Con un aforisma è possibile racchiudere in poche parole il senso stesso del viaggio, del confronto con persone e culture differenti dalla nostra, motivando anche gli altri a intraprendere un percorso di scoperta del mondo. Oggi viaggiare è ormai alla portata di tutti e piuttosto comodo, ma alcuni aforismi sul viaggio come metafora della vita sono ancora validi, motivandoci ad andare avanti, a vedere ciò che c’è di nuovo al di fuori della nostra realtà, aprendo la mente per vivere appieno l’esperienza unica della scoperta di ciò che non conosciamo. Citazioni famose sui viaggi “Accade durante i viaggi: un solo mese sembra più lungo di quattro mesi trascorsi a casa” Arthur Schopenhauer “Il viaggio non è mai una questione di soldi, ma di coraggio” Paolo Coelho “Non andare mai in vacanza con qualcuno che non ami” Ernest Hemingway “Le città sono sempre state come le persone, esse mostrano le loro diverse personalità al viaggiatore. A seconda della città o del viaggiatore, può scoccare un amore reciproco, o un’antipatia, un’amicizia o inimicizia. Solo attraverso i viaggi possiamo sapere dove c’è qualcosa che ci appartiene oppure no, dove siamo amati e dove siamo rifiutati” Roman Payne “Un viaggio non inizia nel momento in cui partiamo né finisce nel momento in cui raggiungiamo la meta. I realtà comincia molto prima e non finisce mai, dato che il nastro dei ricordi continua a scorrerci dentro anche dopo che ci siamo fermati. È il virus del viaggio, malattia sostanzialmente incurabile” Ryszard Kapuscinski “La propri destinazione non è mai un luogo, ma un nuovo modo di vedere le cose” Henry Miller “Di una città non apprezzi le sette o settantasette meraviglie, ma la risposta che dà ad una tua domanda” Italo Calvino “Il viaggio è una specie di porta attraverso la quale si esce dalla realtà come per penetrare in una realtà inesplorata che sembra un sogno” Guy de Maupassant “In viaggio la cosa migliore è perdersi. Quando ci si smarrisce, i progetti lasciano il posto alle sorprese, ed è allora, ma solamente allora, che il viaggio comincia” Nicolas Bouvier “Non c’è uomo più completo di colui che ha viaggiato, che ha cambiato venti volte la forma del suo pensiero e della sua vita” Alphonse de Lamartine “I viaggiatori sono quelli che lasciano le loro convinzioni a casa, i turisti no” Pico Iyer “Nel viaggio c’è un certo sapore di libertà, di semplicità… un certo fascino dell’orizzonte senza limiti, del percorso senza ritorno, della notte senza tetto, della vita senza superfluo” Théodore Monod “La felicità è un percorso, non una destinazione” Madre Teresa di Calcutta Aforismi e frasi sul viaggio della vita “Sono un cittadino, non di Atene o della Grecia, ma del mondo” Socrate “La meta è partire” Giuseppe Ungaretti “Un buon viaggiatore non ha piani precisi, il suo scopo non è arrivare” Lao Tzu “Non c’importa tanto di non arrivare da nessuna parte, quanto di non avere compagnia durante il tragitto” Anna Frank “Non c’è uomo più completo di colui che ha viaggiato, che ha cambiato venti volte la forma del suo pensiero e della sua vita” Alphonse de Lamartine “Chi non si muove non può rendersi conto delle proprie catene” Rosa Luxemburg “Le persone non fanno i viaggi, sono i viaggi che fanno le persone” John Steinbeck “I veri viaggiatori partono per partire e basta: cuori lievi, simili a palloncini che solo il caso muove eternamente, dicono sempre “Andiamo”, e non sanno perché. I loro desideri hanno le forme delle nuvole” Charles Baudelaire “È ben difficile, in geografia come in morale, capire il mondo senza uscire di casa propria” Voltaire “Ovunque tu vada, vacci con tutto il tuo cuore” Confucio “Solo chi rischia di andare troppo lontano avrà la possibilità di scoprire quanto lontano si può andare” Thomas Stearns Eliot “Viaggiare è come sognare: la differenza è che non tutti, al risveglio, ricordano qualcosa, mentre ognuno conserva calda la memoria delle meta da cui è tornato” Edgar Allan Poe Frasi sul viaggio “Viaggiare rende modesti. Ci mostra quanto è piccolo il posto che occupiamo nel mondo” Gustave Flaubert “Viaggiare significa scoprire che tutti hanno torto riguardo gli altri paesi” Aldous Huxley “Tra vent’anni sarai più deluso dalle cose che non hai fatto che da quelle che hai fatto. E allora molla gli ormeggi. Lascia gli alisei riempiano le tue vele. Esplora. Sogna” Mark Twain “In verità, il viaggio attraverso i paesi del mondo è per l’uomo un viaggio simbolico. Ovunque vada è la propria anima che sta cercando. Per questo l’uomo deve poter viaggiare” Andrej Tarkowsky “Strana questa cosa dei viaggi, una volta che cominci è difficile fermarsi. È come essere alcolizzati” Gore Vidal “Sono innamorato di città che non ho mai visitato e di persone che non ho mai incontrato” John Green “Quando si è in viaggio, ricordate che un paese straniero non è progettato per farvi stare comodi. È stato progettato per rendere comodo il proprio popolo” Clifton Fadiman “Io viaggio non per andare da qualche parte, ma per andare. Viaggio per viaggiare. La gran cosa è muoversi, sentire più acutamente il prurito della nostra vita, scendere da questo letto di piume della civiltà e sentirsi sotto i piedi il granito del globo” Robert Louis Stevenson “Vi fu sempre nel mondo assai più di quanto gli uomini potessero vedere quando andavano lenti, figuriamoci se lo potranno vedere andando veloci” John Ruskin “Sembra esserci nell’uomo, come negli uccelli, un bisogno di migrazione, una vitale necessità di sentirsi altrove” Marguerite Yourcenar “Viaggiare deve comportare il sacrificio di un programma ordinario a favore del caso, la rinuncia del quotidiano per lo straordinario, deve essere una ristrutturazione assolutamente personale alle nostre convinzioni” Hermann Hesse “Una volta l’anno, vai in un posto dove non sei mai stato prima” Dalai Lama “Come sempre suole accadere in un lungo viaggio, alle prime due o tre stazioni l’immaginazione resta ferma nel luogo di dove sei partito, e poi d’un tratto, col primo mattino incontrato per via, si volge verso la meta del viaggio e ormai costruisce là i castelli dell’avvenire” Lev Tolstoj Citazioni di viaggi “Desidero partire: non verso le Indie possibili o verso le grandi isole a Sud di tutto, ma verso un luogo qualsiasi, villaggio o eremo, che possegga la virtù di non essere questo luogo. Non voglio più vedere questi volti, queste abitudini e questi giorni” Fernando Pessoa “Ah! Il viaggio è un bagno di umiltà: ti rendi conto di quanto è piccolo il luogo che occupi nel mondo” Gustave Flaubert “Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi” Marcel Proust “A chi mi domanda ragione dei miei viaggi, solitamente rispondo che so bene quel che fuggo, ma non quello che cerco” Michel de Montaigne “Chi viaggi senza incontrare l’altro non viaggia, si sposta” Alexandra David-Néel “Un uomo percorre il mondo intero in cerca di ciò che gli serve e torna a casa per trovarlo” George Moore “E non c’è niente di più bello dell’istante che precede il viaggio, l’istante in cui l’orizzonte del domani viene a renderci visita e a raccontarci le sue promesse” Milan Kundera “Una volta che hai viaggiato, il viaggio non finisce mai, ma si ripete infinite volte negli angoli più silenziosi della mente. La mente non sa separarsi dal viaggio” Pat Conroy “Nono smetteremo mai di esplorare. E alla fine di tutto il nostro andare ritorneremo al punto di partenza per conoscerlo per la prima volta” S. Eliot “Viaggiare è una brutalità. Obbliga ad avere fiducia negli stranieri e a perdere di vista il comfort familiare della casa e degli amici. Ci si sente costantemente fuori equilibrio. Nulla è vostro, tranne le cose essenziali” Cesare Pavese “Un viaggio di mille miglia comincia sempre con il primo passo” Lao Tzu “Viaggiare è come tenere i rubinetti aperti e vedere il tempo che va via, sprecato, liquido, intrattenibile” Ennio Flaiano Come scrivere un aforisma di viaggio? Queste frasi celebri sui viaggi hanno sicuramente un grande effetto su chiunque, grazie anche allo spessore intellettuale e alle capacità di scrittura di tali personaggi. Tuttavia ognuno può trasformare il viaggiare in un aforisma, seguendo alcuni semplici consigli. Per farlo è importante essere coincisi, cercando di esprimere il concetto in una forma piuttosto breve e asciutta, senza utilizzare aggettivi, avverbi e altre parole superflue. Il messaggio deve arrivare in maniera diretta, immediata, perciò è fondamentale scegliere ogni parola con cura, selezionando quelle che possono aiutare a raggiungere lo scopo. Per scrivere un aforisma di viaggio non bisogna pensare alla descrizione, ma alle emozioni, tentando di creare una frase sul viaggiare che sia corta e d’effetto. Deve trasmettere le emozioni provate il quel momento, oppure far riflettere su un aspetto comune ad altri viaggiatori. Ciò significa che un aforisma deve essere ricco testualmente, ma allo stesso tempo asciutto, prendendo come lunghezza anche due o tre righe, purché ogni parola sia assolutamente indispensabile. Inoltre è necessario che la frase possa essere isolata dal suo contesto, resa totalmente indipendente, offrendo se possibile anche un effetto sorpresa, sempre gradito per aumentare l’atmosfera unica che soltanto i grandi aforismi sui viaggi sanno regalare. Dagli autori di romanzi a personaggi dell’antichità: in molti hanno scritto bellissime frasi sul viaggio e sull’avventura, aforismi perfetti per chi ama viaggiare.
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Oroscopo di Chirya: dal 17 al 23 Ottobre 2022
Oroscopo di Chirya: Cari, per voi le previsioni della settimana prossima da Lunedì 17 a Domenica 23 Ottobre. L’aria è frizzante, i pianeti veloci se la giocano tutta regalando bellissimi trigoni tra di loro, e per finire Domenica 23 il Sole passa in Scorpione, avanzando di un passo astrologico verso questo segno magnetico, magico e misterioso, la prossima volta lo tratteremo più approfonditamente. La Luna avanza dal segno del Cancro a quello della Bilancia, Marte in Gemelli, saprà rendere positivo persino Saturno. Gli aspetti positivi ci fanno sperare in una settimana all’insegna della diplomazia costruttiva, e una splendida Venere, in buon aspetto con Mercurio e Marte nei segni d’aria, ci doneranno quella grinta giusta per affrontare situazioni, non mancherà un approccio logico nel trovare soluzioni alternative e creative. Aspetti importanti della settimana - Il 17, Il Sole in trigono a Marte parla di consapevolezza, forza di volontà, decisionismo, due figure maschili, nel panorama mondiale tratteranno di interessi universali - Il 18, La Luna in Leone in trigono a Giove assicura il favore dell’opinione pubblica per chi li governa, si palesano nuove fonti di liquidità. - Il 19, Plutone: quadrato al Sole ci parla di uno scandalo o di una forte intemperanza naturale, Marte congiunto a Venere promette nuove voci che si alzeranno in difesa delle donne. - Il 20 e 21, sulla ribalta internazionale avremo le critiche ai vaccini o nuove notizie sul Covid -19. - Il 22, si prevedono nuove forme di protesta organizzata, che riusciranno ad ottenere il favore dell’opinione pubblica. - Il 23, Il Sole passa in Scorpione, cambia il passo dell’Autunno, le paure ancestrali legate al concetto di buio si amplificano, per scoprire poi che la notte è amica come il giorno, in quanto è nel buio che germoglia la terra, e produce i suoi frutti, risorse per l’uomo. Oroscopo di Chirya: dal 17 al 23 Ottobre 2022 Ariete Cari Giove e Saturno, sono dalla vostra e vi aiuteranno con importanti amicizie negli ambiti in cui vi muovete. La vita di coppia non è romantica e le liti sono sempre dietro l'angolo, grazie al vostro impulsivo carattere, che nella prima parte della settimana sono sollecitati dai pianeti in Cancro. Il lavoro va alla grande, tempestati di richieste, state facendo di tutto per accontentare tutti. Anche la forma fisica, in questo momento, non vi aiuta e tutto è nervoso fino al 19, poi la Luna, di nuovo amica nel Leone, vi aiuta e saranno giorni pieni, interessanti e proficui. Nel fine settimana possono arrivare delle gratificazioni economiche. Toro Cari, lanciatissimi sul lavoro, sarete ripagati alla grande, avanzamenti e riconoscimenti economici. Il sestile tra Giove e Urano vi aiuterà con le questioni professionali, facendovi ripartire e guardando al futuro con un animo sollevato e pronti a contare i benefici che avrete. Anche Saturno vi invita alla perseveranza a portare avanti le vostre idee, adattandole alle esigenze, momento per momento, per questo i risultati presto arriveranno. L’intesa di coppia è passionale, anche i cuori solitari possono fare degli incontri molto piacevoli, ma i vostri pensieri saranno volti ai progetti lavorativi. Gemelli Oroscopo: Cari, Marte vi da una grande spinta nella realizzazione dei vostri desideri e ambizioni, la voglia di fare, è forte, marziana. I successi sono personali e relazionali. Tutti voi siete intenti a pianificare il futuro e prendere delle decisioni importanti. Mercurio di nuovo amico, vi rende sciolti con idee ed energie che, sempre Marte userà per convincervi a fare e agire. Spazio a tutte le idee o iniziative che funzionano nel presente. Attenzione solo a Mercoledì 19 quando cioè Giove e Mercurio si opporranno, e qualche parola eccessiva potrebbe mettere a rischio l’amore, se la persona vi sta a cuore, non parlate, agite. Cancro Cari questo ottobre palesemente faticoso tra mille impegni, vi fa tirare il fiato, ma l’inizio settimana, dedicatevi a voi stessi, coccolatevi, riempitevi di energia positiva, nelle giornate di venerdì e sabato, l’aiuto delle stelle si fa scarsamente reattivo. Anche le coppie in crisi devono tenere gli occhi aperti, ed eliminare tutti i tipi di negatività. Questo non è il momento di risolvere problemi, ma di procrastinarli, e in questo voi siete bravissimi, diciamolo. I single, pieni di gioia, per avere conosciuto una nuova fiamma, sarà facile riprendersi e credere nell’amore. Leone Oroscopo di Chirya, Cari, usate tutte le vostre doti di seduzione, per far innamorare di voi chi sapete, e se siete sicuri del vostro amore. In questa settimana, come avrete capito sono favoriti i legami affettivi. Mentre bandiera a mezz’asta per le spese, che sono tante, nonostante le entrate, il saldo è in rosso. Non rovinatevi la salute, una cosa alla volta, alla fine del prossimo mese, la situazione si capovolgerà, per ora non disperdete le risorse e fate economia, anche se per voi non è facile. Giove è amico, e limita l’opposizione di Saturno, diventa più facile crescere e progettare con chi vi fidate, più facile anche collaborare, a presto avrete i risultati situazioni migliori, si realizzerà quello che state aspettando. Vergine Cari, questo Marte che vi fa cadere in polemiche, rubandovi energie preziose, vi fa sentire inquieti e insofferenti. Volete nuovi orizzonti, ma percepite che non è il momento adatto, la stizza è legata a questo. Anche in amore ci sono delle piccole incomprensioni, e i single hanno questioni sentimentali in sospeso. Un po' di riposo in più vi aiuterà a eliminare la stanchezza, a fine mese tutto ritorna ok, eppure la vostra energia e la forza si paleseranno, Fidatevi degli amici veri, quelli già sperimentati, non siate impulsivi. Incontrerete maggiori consensi se lavorerete con precisione e chiarezza in solitaria, piuttosto che in gruppo, non è il momento di condividere. Bilancia Oroscopo di Chirya: Cari, siete gli splendidi protagonisti della prossima settimana. Questo cielo continuerà a sostenervi. Vi sentite più forti, sicuri e determinati. Siete riusciti a focalizzare un nuovo obiettivo, quello che ci voleva dopo mesi difficilissimi. Oggi tutto quello in cui vi impegnerete, lo farete con le stelle al vostro fianco. Buone le opportunità lavorative, dove le vostri doti saranno apprezzate. Buono il momento per le coppie in crisi, sentimenti e un dialogo continuo, li aiuteranno a trovare un accordo. Giove, che tra poco tornerà nel segno dei Pesci, dandovi un bel respiro, vi promette un clima più leggero e divertente, più energia positiva, più immaginazione, più voglia di dedicarvi ache a ciò che vi emoziona davvero. Scorpione Oroscopo di Chirya, Cari, tocca a voi, scegliete il vostro obiettivo, una delle vostre mete preferite, soffierete sulle candeline e renderete tutto reale. Tutte le situazioni sentimentali sono in miglioramento per la coppia e per i single e i legami decolleranno. Anche i vari progetti di lavoro possono essere portati avanti tranquillamente, anche Giove ritorna in Pesci, segno a voi positivo, riaccendendo questioni e situazioni che riguardano forse la famiglia, la vostra parte più personale. Avrete il tempo di affrontare situazioni, problemi, sapendo già di poterli risolvere. Sagittario Cari, vi sentite imprigionati nella ruota, fermi girando a vuoto, e la vostra insoddisfazione è alle stelle. di cui ora siete coscienti. Sforzatevi di trovate la ragione che vi spinge a stare fermi, la ritroverete in voi stessi, dovete avere il coraggio della verità. Per i single nuove avventure, per il lavoro cercate gli appoggi giusti, guardatevi intorno. Per molti la fortuna viene da un'altra città o all'estero, questo è il progetto che Giove ha per voi. Il vostro proverbiale ottimismo vi aiuterà ad essere aperti a nuove esperienze e a cogliere possibilità. Riuscite anche a comunicare molto facilmente, la vostra spontaneità e semplicità sarà quel valore aggiunto per ottenere ciò che meritate. Capricorno Oroscopo di Chirya: Cari, la settimana vi impensierisce con questioni finanziarie, non ancora risolte, e che tornano continuamente a tormentarvi nei vostri pensieri. C’è da decidere per una compravendita, un’eredità, un mutuo, un investimento, insomma di soldi, e nessuno è più bravo di voi in questo. per l’amore, non c’è tempo, ovviamente, tutto è concentrato sul lavoro. Saturno e Giove vi fanno sembrare musoni e sempre pensierosi, non ci pensate è il momento delle questioni pratiche o economiche, che possono sia migliorare, sia funzionare, che crescere. Diventerà anche più semplice riuscire a credere in voi stessi e ad apprezzarvi. Acquario Oroscopo di Chirya: Cari, settimana splendida, piena di impegni, contatti, opportunità, stimoli, cogliete le opportunità che vi arrivano, senza dubitare di voi stessi; poiché il vero problema con voi è proprio questo, ed è legato alla risposta che darete a questa domanda. Nel lavoro evitate le cose inutili, non fate tutto, ma il necessario. Per le coppie meglio evitare contrasti e chiarimenti, rimandate, tutto. In questa settimana Giove in moto diretto vi promette una settimana speciale, carica di promesse e di cambiamenti. Considerate che Giove vi aiuterà a crescere e a espandere ancora per molto tempo, approfittatene adesso del suo favore. Pesci Oroscopo di Chirya, cari, la prossima settimana l’azione è la vostra parola, peccato che non ci volete sentire da quel lato. I fronti su cui vi siete impegnati, ma anche perso, vi fanno ancora male e vi hanno demotivato. Ritrovarla, almeno sul lavoro, è assolutamente necessario. Bisogna ritrovare l’entusiasmo per la vostra attività, riflettete a fondo su cosa potete fare voi per migliorare la situazione. è molto importante risolvere anche un problema personale, che vi affligge. La generosità di qualche amico, da domenica, vi renderà molto più felice e ottimista. Bene l’amore e anche la famiglia, un consiglio usate il presente per ristabilire un contatto perso, per percepire energie e direzioni che iniziano a farsi sentire. Seguiteci, saremo presto con voi per nuove previsioni con un nuovo oroscopo! Read the full article
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Regno di carne e fuoco. Blood and ash (Vol. 2) Jessifer L. Armentrout
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Un tradimento… Tutto ciò in cui Poppy ha sempre creduto è una menzogna, compreso l’uomo di cui si è innamorata. L’unica certezza che le è rimasta è che nessuno è più pericoloso di lui: l’Oscuro, il Principe di Atlantia. E che lo combatterà con tutte le sue forze. Una scelta… Casteel Da’Neer è un uomo dai mille nomi e dai mille volti. Le sue bugie sono seducenti come le sue carezze; le sue verità…
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«Nei testi cabalistici ebraici del medioevo e negli scritti degli gnostici del II secolo il Verbo Incarnato viene presentato come androgino – e androgino era Adamo quando fu creato, prima che l’aspetto femminile, Eva, fosse trasferito in un’altra forma. Presso i greci, non soltanto Ermafrodito (il figlio di Ermes e Afrodite), ma lo stesso Eros, il dio dell’amore (il primo degli dei, secondo Platone),221 erano di sesso maschile e femminile. “Dio creò l’uomo a sua immagine, a immagine di Dio egli lo creò; maschio e femmina egli li creò.” [Gen. 1, 27]» (Joseph Campbell, L’eroe dai mille volti, 1949)
IMG: Dan Cretu #lorenzobernini #sleepinghermaphroditus (2017)
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Lectio: Cristo Re (C)
Lectio
Domenica, 24 Novembre, 2019
Ges�� il re dei Giudei
Re differente dai re della terra
Luca 23,35-43
1. Orazione iniziale
Shaddai, Dio della montagna,
che fai della nostra fragile vita
la rupe della tua dimora,
conduci la nostra mente
a percuotere la roccia del deserto,
perché scaturisca acqua alla nostra sete.
La povertà del nostro sentire
ci copra come manto nel buio della notte
e apra il cuore ad attendere l’ eco del Silenzio
finché l’alba,
avvolgendoci della luce del nuovo mattino,
ci porti,
con le ceneri consumate del fuoco dei pastori dell’Assoluto
che hanno per noi vegliato accanto al divino Maestro,
il sapore della santa memoria.
Luca 23,35-43
1. LECTIO
a) Il testo:
35 Il popolo stava a vedere, i capi invece lo schernivano dicendo: «Ha salvato gli altri, salvi se stesso, se è il Cristo di Dio, il suo eletto». 36 Anche i soldati lo schernivano, e gli si accostavano per porgergli dell'aceto, e dicevano: 37 «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». 38 C’era anche una scritta, sopra il suo capo: Questi è il re dei Giudei. 39 Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e anche noi!». 40 Ma l'altro lo rimproverava: «Neanche tu hai timore di Dio e sei dannato alla stessa pena? 41 Noi giustamente, perché riceviamo il giusto per le nostre azioni, egli invece non ha fatto nulla di male». 42 E aggiunse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». 43 Gli rispose: «In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso».
b) Momento di silenzio:
Lasciamo che la voce del Verbo risuoni in noi.
2) MEDITATIO
a) Domande:
- Il popolo stava a vedere. Perché non prendi mai posizione rispetto agli eventi? Tutto quello che hai vissuto, ascoltato, visto… non puoi buttarlo via solo perché un inciampo sembra oscurarlo. Muoviti!
- «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Quanti ricatti con Dio nella preghiera. Se tu sei Dio, perché non intervieni? Ci sono tanti innocenti che soffrono… Se tu mi vuoi bene, fammi quello che ti dico e io ti credo… Quando la smetterai di trattare con il Signore come se tu sapessi più di Lui ciò che è bene e ciò che non lo è?
- Gesù, ricordati di me. Quando vedrai in Cristo l’unico OGGI che ti dà vita?
b) Chiave di lettura:
Solennità di Cristo Re dell’universo. Ci si aspetterebbe un passo del vangelo di quelli più luminosi, e invece ci si ritrova di fronte a un passo tra i più oscuri… Lo stupore del non atteso è il sentimento più idoneo per entrare nel cuore della festa di oggi, lo stupore di chi sa di non essere in grado di capire le infinità del mistero del Figlio di Dio.
v. 35. Il popolo stava a vedere, i capi invece lo schernivano dicendo: «Ha salvato gli altri, salvi se stesso, se è il Cristo di Dio, il suo eletto». Intorno alla croce si raccolgono tutti coloro che hanno incontrato Gesù nei tre anni della sua vita pubblica. E qui, di fronte a una Parola inchiodata sul legno, si svelano i segreti dei cuori. Il popolo che aveva ascoltato e seguito il rabbì di Galilea, che aveva visto miracoli e prodigi, sta lì a vedere: la perplessità sui volti, mille domande in cuore, la delusione e la percezione del tutto finisce così!? I capi viaggiano sullo scherno e intanto dicono il vero sulla persona di Gesù: il Cristo di Dio, il suo eletto. Ignorano la logica di Dio pur essendo fedeli osservanti della legge ebraica. Quell’invito tanto sprezzante: Salvi se stesso… narra il fine recondito di ogni loro azione: la salvezza si conquista da sé con l’osservanza dei comandamenti di Dio.
vv. 36-37. Anche i soldati lo schernivano, e gli si accostavano per porgergli dell'aceto, e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». I soldati che nulla hanno da perdere in campo religioso infieriscono su di lui. Cosa hanno in comune con quell’uomo? Cosa hanno ricevuto da lui? Nulla. La possibilità di esercitare, seppur per poco, il potere su qualcuno non si può lasciar cadere! Il potere della detenzione si intreccia di cattiveria e si arrogano il diritto della derisione. L’altro, indifeso, diventa oggetto del proprio godimento.
v. 38. C’era anche una scritta, sopra il suo capo: Questi è il re dei Giudei. Davvero una burla la tavoletta della propria colpa: Gesù è colpevole di essere re dei giudei. Una colpa che in realtà colpa non è. Malgrado i capi abbiano tentato di schiacciare la regalità di Cristo in tutti i modi, la verità si scrive da sé: Questi è il re dei Giudei! Questi, non altri! Una regalità che attraversa i secoli e chiede agli sguardi dei passanti di posare il pensiero sulla novità del vangelo. L’uomo ha bisogno di qualcuno che lo governi, e questo qualcuno può essere solo un uomo crocifisso per amore, capace di sostare sul legno della condanna per lasciarsi ritrovare vivente all’alba dell’ottavo giorno. Un re senza scettri, un re capace di essere considerato da tutti un malfattore pur di non rinnegare il suo amore per l’uomo.
v. 39. Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e anche noi!». Sulla croce ci si può stare per motivi diversi come anche per motivi diversi si può stare con Cristo. La prossimità alla croce divide o avvicina. Uno dei due vicini di Cristo insulta, provoca, schernisce. L’obiettivo è sempre lo stesso: Salva te stesso e anche noi! La salvezza è invocata come fuga dalla croce. Una salvezza sterile, priva di vita, già morta in sé. Gesù è inchiodato alla croce, questo malfattore è appeso. Gesù è un tutt’uno con il legno, perché la croce è per lui il rotolo del libro che si spiega per narrare i prodigi della vita divina consegnata senza condizioni. L’altro è appeso come frutto guastato dal male e pronto ad essere buttato via.
v. 40. Ma l'altro lo rimproverava: «Neanche tu hai timore di Dio e sei dannato alla stessa pena? L’altro, stando vicino a Gesù, riacquista il santo timore e fa discernimento. Chi vive accanto a Cristo può rimproverare chi è lì a due passi dalla vita e non la vede, continua a sciuparla fino alla fine. Tutto ha un limite, e in questo caso il limite non lo fissa il Cristo che è lì, ma il suo compagno. Cristo non risponde, risponde l’altro al suo posto, riconoscendo le sue responsabilità e aiutando l’altro a leggere il momento presente come una opportunità di salvezza.
v. 41. Noi giustamente, perché riceviamo il giusto per le nostre azioni, egli invece non ha fatto nulla di male». Il male conduce alla croce, il serpente aveva guidato al frutto proibito appeso all’albero. Ma quale croce? La croce della propria “ricompensa” o la croce del frutto buono. Cristo è il frutto che ogni uomo o donna può cogliere dall’albero della vita che è in mezzo al giardino del mondo, il giusto che nulla ha fatto di male se non amare usque ad finem.
v. 42. E aggiunse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Una vita che si compie e tutta si racchiude in una invocazione incredibilmente densa di significato. Un uomo, peccatore, consapevole del suo peccato e della giusta condanna, accoglie il mistero della croce. Ai piedi di quel trono di gloria chiede un ricordo nel regno di Cristo. Vede un innocente crocifisso e riconosce e vede oltre ciò che appare, la vita del regno eterno. Quale riconoscimento! Gli occhi di chi ha saputo in un istante cogliere la Vita che passava e che palpitava un messaggio di salvezza seppur in modo sconvolgente. Quel reo di morte, insultato e deriso da quanti avevano avuto la possibilità di conoscerlo più da vicino e a lungo, accoglie il suo primo suddito, la sua prima conquista. Maledetto chi pende dal legno, dice la Scrittura. Il maledetto innocente diventa benedizione per chi è meritevole di condanna. Un tribunale politico e terreno quello di Pilato, un tribunale divino quello della croce, dove il condannato è salvo in virtù della consumazione di amore dell’innocente Agnello.
v. 43. Gli rispose: «In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso». Oggi. La parola unica e prorompente di vita nuova del vangelo. Oggi. La salvezza è compiuta, non c’è da attendere più alcun Messia che salvi il popolo dai suoi peccati. Oggi. La salvezza è qui, sulla croce. Cristo non entra da solo nel suo regno, porta con sé il primo dei salvati. Stessa umanità, stesso giudizio, stessa sorte, stessa vittoria. Non è geloso Gesù delle sue prerogative filiali, da subito ha strappato alla lontananza da Dio e alla morte chi non aveva più scampo. Stupendo regno quello che sul Golgota si inaugura… Qualcuno ha detto che il buon ladrone ha fatto l’ultimo furto della sua vita, ha rubato la salvezza… E sia! Per sorridere di chi traffica le cose di Dio! Quanta verità invece nel contemplare il dono che Cristo fa al suo compagno di croce. Nessun furto! Tutto è dono: la presenza di Dio non si mercanteggia! Tanto meno lo stare per sempre con lui. È la fede che apre le porte del regno al buon ladrone. Buono perché ha saputo dare il giusto nome a ciò che era stata la sua esistenza e ha visto in Cristo il Salvatore. L’altro era cattivo? Né più né meno dell’altro forse, ma è rimasto al di qua della fede: cercava il Dio forte e potente, il Signore potente in battaglia, un Dio che rimette a posto le cose e non ha saputo riconoscerlo negli occhi di Cristo, si è fermato alla sua impotenza.
c) Riflessione:
Cristo muore sulla croce. Non è solo. È circondato di gente, le persone più strane, quelle ostili che riversano su di lui le loro responsabilità di non comprensione, quelle indifferenti che non si coinvolgono se non per interesse personale, quelle che non capiscono ancora ma che forse sono meglio disposte a lasciarsi interrogare visto che non hanno più nulla da perdere, come uno dei due malfattori. Se la morte è una caduta nel nulla, allora il tempo umano assume il colore dell’angoscia. Se invece è l’attesa della luce, allora il tempo umano si colora di speranza, e lo spazio del finito si fa varco al domani, all’alba nuova della Risurrezione. Io sono la via, la verità e la vita… quanto vere risultano in questo giorno solenne le parole di Gesù, parole che illuminano l’oscurità della morte. Non si arresta la via, non si spegne la verità, non muore la vita. In quell’Io sono è racchiusa la regalità di Cristo. Si cammina verso una meta, e il raggiungerla non può essere il perderla… Io sono la via… Si vive della verità, e la verità non è un oggetto, ma qualcosa che esiste: “La verità è lo splendore della realtà – dice Simone Weil – e desiderare la verità è desiderare un contatto diretto con la realtà per amarla”. Io sono la verità…Nessuno vuol morire, ci si sente strappati a qualcosa che ci appartiene: la vita, e allora, se la morte non fa parte di noi, non può tenerci per sé… Io sono la vita… Gesù lo ha detto: “Chi vorrà salvare la sua vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia la troverà”. Ci sono delle contraddizioni nei termini o non piuttosto dei segreti reconditi da svelare? Togliamo il velo a ciò che vediamo per godere di ciò che non vediamo? Cristo sulla croce è oggetto dell’attenzione di tutti. Molti lo pensano o addirittura stanno accanto a lui. Ma non basta. La vicinanza che salva non è quella di chi sta lì per deridere o per schernire, la vicinanza che salva è quella di chi chiede umilmente di essere ricordato non nel tempo fugace ma nel regno eterno.
3. ORATIO
Salmo 145
O Dio, mio re, voglio esaltarti e benedire il tuo nome
in eterno e per sempre.
Ti voglio benedire ogni giorno, lodare il tuo nome
in eterno e per sempre.
Grande è il Signore e degno di ogni lode,
la sua grandezza non si può misurare.
Una generazione narra all'altra le tue opere,
annunzia le tue meraviglie.
Proclamano lo splendore della tua gloria
e raccontano i tuoi prodigi.
Dicono la stupenda tua potenza
e parlano della tua grandezza.
Diffondono il ricordo della tua bontà immensa,
acclamano la tua giustizia.
Paziente e misericordioso è il Signore,
lento all'ira e ricco di grazia.
Buono è il Signore verso tutti,
la sua tenerezza si espande su tutte le creature.
Ti lodino, Signore, tutte le tue opere
e ti benedicano i tuoi fedeli.
Dicano la gloria del tuo regno
e parlino della tua potenza,
per manifestare agli uomini i tuoi prodigi
e la splendida gloria del tuo regno.
Il tuo regno è regno di tutti i secoli,
il tuo dominio si estende ad ogni generazione.
Il Signore sostiene quelli che vacillano
e rialza chiunque è caduto.
Gli occhi di tutti sono rivolti a te in attesa
e tu provvedi loro il cibo a suo tempo.
Tu apri la tua mano
e sazi la fame di ogni vivente.
Giusto è il Signore in tutte le sue vie,
santo in tutte le sue opere.
Il Signore è vicino a quanti lo invocano,
a quanti lo cercano con cuore sincero.
Appaga il desiderio di quelli che lo temono,
ascolta il loro grido e li salva.
Il Signore protegge quanti lo amano,
ma disperde tutti gli empi.
Canti la mia bocca la lode del Signore
e ogni vivente benedica il suo nome santo,
in eterno e sempre.
4. CONTEMPLATIO
Signore, mi suona strano darti il nome di re. Un re non si avvicina facilmente… E invece oggi ti ritrovo che siedi accanto a me, nella fossetta del mio peccato, qui dove mai avrei pensato di incontrarti. I re stanno nei palazzi, distanti dalle vicende della povera gente. Tu invece vivi la tua signoria vestendo i panni logori delle nostre povertà. Quale festa per me vederti qui dove mi sono andato a nascondere per non sentire su di me gli sguardi indiscreti del giudizio umano. Sul ciglio dei miei fallimenti chi ho ritrovato se non te? L’unico che potrebbe rimproverare le mie incoerenze mi viene a cercare per sostenere la mia angoscia e la mia umiliazione! Quanta illusione quando pensiamo di dover venire a te solo quando abbiamo raggiunto la perfezione… A te non piace quello che sono, mi verrebbe da pensare, ma forse non è esattamente così: a me non piace quello che sono, a te vado bene comunque, perché il tuo amore è qualcosa di speciale che rispetta tutto di me e fa di ogni mio istante uno spazio di incontro e di dono. Signore, insegnami a non scendere dalla croce nella pretesa assurda di salvare me stesso! Donami di saper attendere, accanto a te, l’oggi del tuo Regno nella mia vita.
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New entry: "Il dono" Il modo migliore per sfuggire alla quotidianità, per Alex, è scrivere storie fantastiche sul suo vecchio quaderno blu. Ha sempre amato i racconti impossibili della nonna… ma saranno poi così impossibili? Tutto viene sconvolto quando un gruppo di uomini irrompe in casa, portandola via con la forza. Alex dovrà affrontare la verità nascosta dentro di lei, in un viaggio che la porterà a combattere contro l’uomo più temuto dai Nāyaka. Una storia di magia e pericoli celati dietro ogni angolo, in uno scontro dai mille volti. Tutto ha inizio da quello che sembra un incubo, ma che si rivela invece essere un viaggio verso un mondo sconosciuto, la Base Nove, uno strano edificio nel quale si rifugiano persone speciali… speciali come la protagonista Alex. “Il Dono”: è proprio un dono quello che Alex scopre di avere. Un potere che le renderà la vita diversa, che le farà cambiare la totale prospettiva del mondo. Dalle tenebre alla luce… è questo il leitmotiv del romanzo. Partire dall’oscurità per arrivare alla chiarezza, alla comprensione di ciò che sono stati i legami affettivi di Alex fino a oggi, fino al momento che le cambierà totalmente la vita. Un urban fantasy a tutti gli effetti, dalle sfumature noir che lasciano il lettore senza fiato, pieno di colpi di scena, intrighi e intrecci che porteranno la storia a un finale memorabile. #breejhunter #ildono #reading #booklover #bookbloggerlife #literature #litblogger #piegolibri
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http://www.centrostudilaruna.it/napoli44.html
“Entrato a Napoli nel 1943 con la Quinta Armata, il giovane ufficiale inglese Norman Lewis si trovò stupefatto al centro della città delle signorine e degli sciuscià, scena mobile della prostituzione universale, oltre che di un’arte consumata dell’inventarsi la vita dal nulla. Come non bastasse, fu subito adibito a funzioni di polizia, quindi costretto a constatare ogni giorno le turbolenze, i fantasiosi maneggi e gli imbrogli che si celavano tra vicoli e marina. E capì subito che, di quanto gli accadeva, era il caso di prendere nota. Così, facendo della sua qualità principale, il “saper entrare e uscire da una stanza senza che nessuno se ne accorga”, un fatto di stile, Lewis si aggira in una Napoli trasformata dalla guerra in un immenso, miserabile mercato nero – e registra tutto sui suoi taccuini.
Mentre i colleghi si dedicano alla maldestra realizzazione di piani fantasiosi, come quello di far passare le linee ad un gruppo di prostitute sifilitiche per diffondere l’epidemia nel Nord occupato, lui indaga su figure e avvenimenti che gli paiono, al momento del tutto normali: signore in cappello piumato che mungono capre fra le macerie, statue di santi preposti da una folla in deliquio a fermare l’eruzione del Vesuvio, professionisti in miseria che sopravvivono impersonando ai funerali un aristocratico e imprescindibile “zio di Roma”, ginecologi deformi specializzati nel restauro della verginità, nunzi apostolici che contrabbandano pneumatici rubati, e così via. I taccuini che Lewis tenne in quel periodo finirono poi per costituire questo libro, di cui il minimo che si può dire è che mai un occhio tanto sobrio e preciso si era posato su una realtà così naturalmente folle e sgangherata. E questo ne fa “un’esperienza unica per il lettore così come deve esserle stata un’esperienza unica per chi lo ha scritto”
Questa la breve nota editoriale che presenta un’opera assolutamente consigliata a quanti hanno creduto o credono alla ormai consunta retorica della “liberazione”. Per anni i mass-media, scuola, università, opinionisti allineati hanno spacciato la sconfitta militare e l’occupazione straniera come un trionfo del popolo sulla dittatura. Con uno zelo degno di miglior causa, in buona o malafede imbonitori d’ogni risma ci hanno propinato lo schema che si ripete infinitamente: gli americani che rappresentano il bene, un nemico sempre demoniaco da distruggere senza pietà o scrupoli, mille scuse e pretesti per giustificare invasioni, bombardamenti etici, embarghi terapeutici, torture orribili, soppressione dei diritti più elementari ma sempre, ovviamente, per il trionfo della giustizia. Ogni tanto alla rigida cappa del controllo mediatico sfugge qualche scheggia. Napoli ’44, presentato come un romanzo ed uscito nel 1978 ci mostra il lato oscuro di un paese occupato ed incapace di difendersi che si vende ai vincitori anima e corpo. Con una forza evocativa pari e forse superiore a quella de La pelle di Curzio Malaparte i taccuini di Lewis sono anche un efficace documento storico. La testimonianza assolutamente oggettiva ed attendibile, visto il ruolo rivestito dall’autore, di quello che può succedere ad una Nazione che perde il bene più prezioso: la propria sovranità.
Norman Lewis Napoli ‘44 Edizioni Adelphi, Milano 1993
Alcuni passi dal libro:
28 settembre 1943
Ricoverato al 16° Evacutation Hospital americano di Paestum con la malaria – forse una ricaduta, ma più probabilmente una nuova infezione. Il dottore mi ha informato che gli acquitrini della zona sono ancora malarici, e le zanzare, che si ritiene abbiano falcidiato la fiorente colonia greca dell’antichità, attive come sempre. La maggior parte dei pazienti ha ferite da combattimento, e da molti di loro ho avuto conferma della storia che avevo trovato davvero incredibile, e cioè che alle unità combattenti americane gli ufficiali hanno dato ordine di colpire a morte i tedeschi che tentino di arrendersi. Pag. 27.
4 ottobre 1943
Qualche chilometro prima di Napoli città, la strada si allarga in una specie di piazza, dominata da un vasto edificio pubblico semiabbandonato, ricoperto di manifesti e con i vetri delle finestre infranti. Qui si erano fermati molti camion, e anche il nostro conducente si è portato sul bordo della strada e ha tirato il freno. Uno dei camion trasportava approvvigionamenti dell’esercito americano e i soldati, immediatamente raggiunti da molti di quelli che viaggiavano sul nostro camion, gli si affollavano intorno, cercando di arraffare tutto quello su cui riuscivano a mettere le mani. Quindi reggendo ciascuno una scatola con la razione, si riversavano all’interno del municipio, facendo scricchiolare i vetri di cui era cosparso il pavimento. Li ho seguiti, ritrovandomi in uno stanzone in cui si accalcava una soldataglia tumultuante. Quelli che stavano in fondo spintonavano per avanzare, incitando sguaiatamente gli altri; ma se si raggiungeva il fronte della folla, l’atmosfera si faceva più calma e assorta. Le signore sedevano in fila, a intervalli di circa un metro l’una dall’altra, con la schiena appoggiata al muro. Vestite con abiti di tutti i giorni, queste donne avevano facce comuni, pulite e perbene di massaie, di popolane che vedi in giro a spettegolare o a fare la spesa. Di fianco a ognuna era appoggiata una fila di scatolette, ed era evidente subito che aggiungendone un’altra si poteva far l’amore con una qualsiasi di loro, lì, davanti a tutti. Le donne rimanevano assolutamente immobili, in silenzio, e i loro volti erano privi d’espressione, come scolpiti. Potevano star vendendo pesce, non fosse che a quel luogo mancava l’animazione di un mercato del pesce. Non un incoraggiamento, non un ammicco, niente di provocante, neppure la più discreta e casuale esibizione di nudità. I più animosi, con le scatolette in mano, si erano fatti avanti, fino alla prima fila, ma ora, di fronte a quelle madri di famiglia, donne coi piedi per terra spinte fin lì dalle dispense vuote, sembravano esitare. Pag. 32.
5 aprile 1944
Nell’ultimo bollettino del Bureau of Psychological Warfare si dice che a Napoli quarantaduemila donne esercitano, occasionalmente o con regolarità, la prostituzione. Questo su una popolazione femminile nubile che si aggira intorno a centoquarantamila. Pare incredibile. Pag 137.
28 maggio 1944
Nuove brutalità delle truppe coloniali francesi. Ogni volta che prendono una città o un paese, ne segue lo stupro indiscriminato della popolazione. Di recente tutte le donne di Patrica, Pofi, Isoletta, Supino e Morolo sono state violentate. A Lesola, caduta in mano degli Alleati il 21 maggio, hanno stuprato cinquanta donne, e siccome non ce n’erano abbastanza per tutti hanno violentato anche i bambini, e persino i vecchi. Stando a quanto viene riferito, i marocchini di solito aggrediscono le donne in due – uno ha un rapporto normale, mentre l’altro la sodomizza. In molti casi le vittime hanno subito gravi lesioni ai genitali, al retto e all’utero. A Castro dei Volsci i medici hanno curato trecento vittime di stupro, e a Ceccano gli inglesi, per proteggere le donne italiane, sono stati costretti a creare un campo sorvegliato da guardie armate. Molti di questi nordafricani hanno disertato e stanno attaccando paesi a grande distanza dalle linee. Dagli ultimi rapporti risulta che si sono fatti vivi nelle vicinanze di Afragola, aggiungendo un terrore nuovo a quello già causato dalle innumerevoli scorrerie di saccheggiatori. Oggi sono andato a trovare una ragazza di Santa Maria a Vico che si diceva fosse impazzita dopo la violenza subita da parte di una numerosa banda di nordafricani. Vive sola con la madre (anch’essa ripetutamente violentata), e in totale miseria. Le sue condizioni erano migliorate, e si comportava in modo assennato, con molta grazia, anche se non poteva camminare per via delle lesioni subite. Carabinieri e Polizia dicono che secondo i medici è pazza, e che se ci fosse stato un letto disponibile l’avrebbero ricoverata in manicomio. Sarà molto difficile, a questo punto, che possa mai trovare marito. Ci si trova di fronte alla sanguinosa realtà di quello stesso orrore che spingeva l’intera popolazione femminile dei paesi della Macedonia a gettarsi dai dirupi piuttosto che cadere in mano degli invasori turchi. Un destino peggiore della morte: in effetti era proprio questo. Pag. 172.
13 agosto 1944
Oggi si è presentata in ufficio una ragazzina sudicia e lacera, che ha detto chiamarsi Giuseppina. Questa dodicenne dall’aria molto sveglia non ha voluto dirmi di sé altro che l’età, che i suoi genitori erano stati uccisi nel grande bombardamento e che vive “sotto una casa” lungo il fiume. Ci sono centinaia di maschietti nelle sue condizioni, orfani scalzi, laceri e affamati, che in un modo o nell’altro tirano avanti, e riempiono i vicoli con le loro risate, ma Giuseppina è stata la prima bambina abbandonata che io abbia visto. Mi ha detto di essere venuta per la coperta, come al solito. Non sapevo cosa risponderle. Le coperte, in questa Italia in rovina, sono una forma di valuta, e piuttosto pregiata, se si considera che il prezzo di un buon articolo australiano o canadese equivale alla paga settimanale di un operaio. Le ho detto che non avevo coperte da darle, e ho proposto un pacco di biscotti, che lei ha rifiutato con garbo. “Non è più il posto di Polizia?” mi ha chiesto. Le ho risposto di si, che lo era, e lei mi ha detto che l’uomo di prima – chiaramente il mio predecessore canadese – le dava una coperta una volta alla settimana. Solo allora ho capito il tragico significato delle richiesta, e che quella creaturina ancora acerba, tutta pelle e ossa era una prostituta-bambina. Pag 195.
23 settembre 1943
…Comunque, accantonando ogni questione sui miei errori personali, sono arrivato alla conclusione che, in cuor suo, questa gente non deve poterne proprio più di noi. Un anno fa li abbiamo liberati dal Mostro Fascista, e loro sono ancora lì, a fare del loro meglio per sorriderci educatamente, affamati come sempre, più che mai fiaccati dalle malattie, circondati dalle macerie delle loro meravigliose città, dove l’ordine costituito non esiste più. E alla fine cosa ci guadagneranno? La rinascita della democrazia. La fulgida prospettiva di poter un giorno scegliere i propri governanti in una lista di potenti, la cui corruzione, nella maggior parte dei casi, è notoria, e accettata con stanca rassegnazione. In confronto, i giorni di Benito Mussolini devono sembrare un paradiso perduto. Pag. 222.
https://www.youtube.com/watch?v=0LwYJOnZMQo
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Ritratto di Andrea Palladio dalla serie degli uomini illustri di Bernardino India (fine XVI sec.) olio su tavola collezione privata
Tutto iniziò nel 1570, quando a Venezia uscì la prima edizione dei “Quattro Libri dell’Architettura” di Andrea Palladio. Consuetudine dell’epoca voleva, infatti, che��gli autori dei trattati inserissero tra le pagine il loro “ritratto ufficiale” per eternarsi insieme alla propria opera. Ma Palladio omise di farlo, e da allora intellettuali e curiosi non hanno mai cessato di interrogarsi su quali fossero le fattezze di quello che secondo molti è il più celebre architetto di ogni tempo. Palladio divenne l'”uomo dai mille volti”: gli inglesi nel 1716 lo hanno proposto giovane e senza barba, oppure sbarbato ma con i baffi; i vicentini invece nel 1733 hanno replicato con un Palladio più anziano e calvo. Ma adesso il “mistero” sembra risolto grazie a un team di esperti: la Polizia Scientifica, gli storici dell’arte del Palladio Museum e i tecnici della Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza hanno restituito all’artista un volto. Le cui fattezze sono svelate dalla mostra “Andrea Palladio. Il mistero del volto”, aperta al Palladio Museum di Vicenza fino al 18 giugno.
Gli studiosi hanno individuato dodici ritratti ritenuti di Palladio, sparsi in due continenti. Due provengono da Londra (RIBA Collections e Royal Collection at Kensington Palace), uno da Copenaghen (Statens Museum), quattro da Vicenza (villa Rotonda, villa Valmarana, teatro Olimpico, villa Caldogno), uno da Notre Dame, Indiana (Snite Museum of Art), uno da una collezione privata a Mosca, uno da Praga (Národní Muzeum), uno da un’asta di Christie’s a New York e un ultimo da un antique shop nel New Jersey. Sono tutti autentici? E l’uomo ritratto è sempre Palladio? Specialisti in diversi campi hanno lavorato insieme per rispondere a queste domande. Mentre gli storici del Palladio Museum hanno fatto ricerche in archivio e biblioteca, i tecnici della Soprintendenza hanno indagato gli aspetti materiali dei dipinti nel proprio laboratorio di restauro di Verona e la Polizia Scientifica ha confrontato fra loro i volti con i metodi della comparazione fisionomica.
“Il Palladio Museum e la Soprintendenza di Verona – racconta Guido Beltramini, curatore della mostra – hanno chiesto aiuto al Servizio di Polizia Scientifica della Polizia di Stato per scrivere finalmente la parola fine su quasi trecento anni di dispute sul volto di Palladio: da quando cioè gli inglesi nel 1716 si sono “inventati” un falso Palladio dipinto da Paolo Veronese. E’ stato un affascinante incontro fra scienze forensi e storia dell’arte, dove ognuno ha cercato di dare il meglio di sé.”
Immagini tratte dal video Andrea Palladio. Il mistero del volto indagini a cura di Polizia di Stato Servizio Polizia Scientifica Soprintendenza archeologica, belle arti e paesaggio per le provincie di Verona, Rovigo e Vicenza Centro Internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio / Palladio Museum
Fabrizio Magani precisa “L’esperienza di studio e ricerca ha sorpreso per le potenzialità tecniche messe in gioco, dimostrando come la semplicità di un tema espositivo possa promuovere pratiche complementari e risultati tutti nuovi”.
“Il mestiere dell’investigatore della Polizia Scientifica ben si sposa con la perizia dell’esperto d’arte, entrambi attenti al metodo scientifico e ai dettagli.” – a parlare è il Prefetto Vittorio Rizzi, direttore del settore anticrimine della Polizia di Stato – “Attraverso la tecnica del confronto dei volti, comunemente utilizzata per identificare gli autori dei crimini più violenti, e quella dell’age progression, normalmente usata per la ricerca delle persone scomparse e dei latitanti, abbiamo confermato i risultati della ricerca storica, risolvendo uno dei cold case più antichi”.
L’allestimento della mostra, progettato da Alessandro Scandurra, restituisce efficacemente l’atmosfera di una detective-story: accanto ad ogni dipinto il visitatore trova dei tavoli luminosi in cui sono presentati i “reperti” dell’indagine: radiografie dei quadri, sezioni stratigrafiche che evidenziano la successione delle pellicole pittoriche, antiche fotografie, documenti. È così possibile verificare le ipotesi proposte in mostra e ritrovare il “proprio” Palladio.
Informazioni Palladio Museum contra’ Porti 11, Vicenza Sito: www.palladiomuseum.org Twitter / Facebook / Instagram: PalladioMuseum [email protected] Tel. +39 0444 323014
#ENIGMI / Svelato finalmente il "mistero" del volto di Andrea #Palladio? #mostre Tutto iniziò nel 1570, quando a Venezia uscì la prima edizione dei "Quattro Libri dell’Architettura" di Andrea Palladio.
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“Così divenni un sognatore… ero ansioso, appassionato, senza ordine”. Le lettere di Coleridge, il romanzo del Romanticismo inglese
C’è un equivoco con la generazione romantica. Intanto, manca una semantica comune a livello europeo inizio Ottocento: Novalis è un barone tedesco che vuole fare della vita un romanzo “che noi stessi scriviamo” e non si offre per un paragone con gli inglesi Wordsworth & Coleridge i quali partono in tromba e a 30 anni sono risucchiati dall’oppio.
In seconda battuta, dentro la parola ‘romantico’ cavata dal frasario della dottrina di Schiller & Schelling l’idea portante è costruire un romanzo, Roman in tedesco, e non una poesia. Il movimento die Romantik – al femminile – è una corrente che i tedeschi fondano sul primo romanzo di sempre, il Chisciotte: lì dentro vanno a trovare un lato umoristico che forse a noi è sfuggito.
Perciò romantici per fare romanzi, non poesie. Chi compone poesia è il movimento Tempesta e Impeto, Sturm und Drang che però precede di un ventennio il movimento romantico. Quella era poesia, tutto sommato, da Antico regime anni Settanta. Quando poi si tratta di puntare tutto su Napoleone, fioriscono i romanzi. Ma questo vale per la Germania, l’Inghilterra fa storia a sé ed è in questo momento che comincia il suo lungo isolamento che la condurrà a produrre i suoi romanzi autoreferenziali fino a sbattere nel vicolo cieco dei Vittoriani.
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Tirando le somme, nella poesia romantica hai uno sfogo, non senti la premura di ritrovare il dettaglio che invece è l’obiettivo del romanzo. Quindi se cerchi un romanzo dei poeti romantici devi andare a trovarlo nelle loro lettere. Ed è una ricerca gratificante. Quando scorri il carteggio di Samuel Coleridge (1772-1834) giovane trovi tante piccole verità: la morte del padre, i fantasmi inventati come in un racconto arabo, il gatto comprato per spaventare la fidanzatina. Come una letteratura autonoma che afferra i dettagli, vi avvicina sopra la lente e – tocco finale – riesce a mettere in ridicolo tutte le pretese universalizzanti che la poesia ha il vizietto di trarre dai dettagli intestinali. A volte, leggendo Coleridge privato, si ha la sensazione che tutti i volti e i luoghi presi dal suo sguardo cinematografico siano così troppo inglesi da sembrarci assurdi. E forse questa è la più bella “universalizzazione” delle sue scritture su fatti minimi.
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Quanto a Samuel Coleridge, basta dire che perse il padre a nove anni e quindi i criticoni hanno sostenuto la teoria del carro attrezzi. Coleridge, a sentir loro, avrebbe covato a lungo il suo senso di colpa, fino ai suoi 23 anni, fino alla Ballata del vecchio marinaio, quando l’orfano tragico si è rappreso in versi. Può anche essere. Queste lettere possono rivelarsi una cura interessante per chi i genitori non li ha conosciuti o per chi, come Coleridge, non li ha avuti abbastanza. (E certamente la cura funzione anche per chi non ne può più dei suoi maggiori)
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Vi metto in guardia. È letteratura eroica. Quando Coleridge fu chiamato alle armi a 22 anni chiuse la lettera di convocazione del comandante, il parente James Coleridge di stanza a Tiverton, scusandosi del ritardo: Sono un cavaliere assai indocile (a very indocile equestrian).
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W. B. Yeats, che del padre artista John ne ebbe abbastanza impiegando del tempo a uscire dalla sua ombra, aveva i numeri per capire i romantici. C’è questa lettera al padre (a 40 anni!) dove gli esprime il suo punto di vista sulla situazione. Parla di Wordsworth ma vale pari pari per Coleridge: “Nei suoi poemi della maturità Wordsworth mi colpisce perché è come se stia sempre a distruggere la sua esperienza poetica, che era chiaramente di valore incomparabile, per mezzo del suo potere riflessivo. Il suo intelletto era però tutto un luogo comune, e sfortunatamente gli era stato insegnato a rispettare quello e basta. Riteneva che la sua esperienza poetica non fosse come la vediamo noi, ‘incomparabile’, considerandola bensì come un meccanismo che potesse esser imbrigliato dal suo intelletto. È tutto ripieno di utilitarismo e di qui capisci perché mai per tutto il resto della vita è come se sia sempre volto all’indietro come verso una visione perduta, una felicità perduta”. Coleridge ci manda ancora i suoi segnali, è un richiamo spinto alla vita dove senti che la prima maturità, tra i 21 e i 25, è un luogo iperletterario. Non c’è chiarezza, tutto è indistinto e la meraviglia ti scorta passo passo.
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Wordsworth rimase orfano di madre a 8 anni e Coleridge di padre alla stessa età. Poi presero strade diverse: il primo andò verso le rivendicazioni operaie, il secondo si mosse in direzione platonica servendosi di oppiacei. Questi erano i romantici inglesi. Da ragazzi avevano gettato le loro fondamenta. (Andrea Bianchi)
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A Thomas Poole 9 ottobre, 1797
Mio caro Poole,
Siccome da bimbetto dopo colazione mio padre mi dava un mezzo centesimo per comprarmi un tortino per la cena e mio fratello non l’aveva mai, la bambinaia prese a guardarmi con antipatia. Io comunque il sabato e la domenica mi concedevo il mio bacon e fagioli. Ma incominciai a diventare ansiosamente triste e timoroso, e per giunta un contatore di storie; e i ragazzi a scuola si allontanavano da me e mi tormentavano sempre e non ebbi grandi gioie dai giochi di cortile, però leggevo senza sosta. La sorella di mio padre aveva un negozio di cianfrusaglie a Crediton e lì lessi tutti quei piccoli libri a copertina dorata che erano disponibili e allo stesso modo tutti i libri che la copertina non l’avevano più: Tom Hickathrift, Jack il grande assassino, etc., etc., etc., etc. E avevo l’abitudine di appoggiarmi al muro e buttarmi giù sinché i miei spiriti se ne andavano verso l’alto e me ne correvo fuori verso lo spiazzo della chiesa mettendo in scena tutto quel che avevo letto, arrivavo fino ai pontili, ai campi d’ortiche (pungenti e non). A sei anni avevo letto Belisarius, Robinson Cruusoe e Philip Quarles e poi scoprii Le Mille e una notte, in particolare un racconto (l’uomo che fu indotto a cercare la vergine pura) mi fece un’impressione così profonda (lo lessi mentre mi madre stava riparando i suoi calzini) che fui perseguitato dagli spettri ogni volta che mi trovavo al buio (…) A questo punto mio padre studiò gli effetti della lettura su di me e bruciò i libri. Così divenni un sognatore e presi un’indisposizione per le attività fisiche; ero ansioso, appassionato ma senza ordine e siccome sapevo leggere e scandire le parole e avevo una memoria e una comprensione incanalate a forza in una maturità del tutto innaturale, ero adulato (e me ne meravigliavo) dalle donne di una certa età. Prima degli otto anni ero un carattere (…) nella prossima ti dirò della morte di mio padre. Dio ti benedica, mio caro Poole, benedica te e il tuo affezionato.
S.T. Coleridge
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A Thomas Poole 16 ottobre 1797
Caro Poole,
(…) Mio padre (che aveva così poca ambizione di genitore dentro di sé da destinare i suoi bambini alla vita da fabbro etc., e non ci riuscì per l’orgoglio di mia madre e per il suo spirito di ingrandire la famiglia) – mio padre si era insomma risolto che io diventassi parroco. Leggevo ogni libro che mi capitasse a tiro senza distinzione e lui mi metteva sulle sue ginocchia per fare insieme lunghi discorsi. Ricordo che a otto anni andammo insieme a un miglio dall’ultima casa di contadino a Ottery e lui mi diceva i nomi delle stelle e come Giove era migliaia di volte più grande del nostro mondo e che le altre stelle splendenti erano soli con mondi che giravano loro intorno; tornati a casa, mi mostrò come giravano intorno. Lo ascoltavo con profonda delizia e ammirazione ma senza la minima meraviglia o incredulità. La mia mente era abituata al Vasto, alle letture delle favole e dei geni della lampada etc. e non trattavo mai i miei sensi, in alcun modo, come criteri per credere. (…)
Dopo un viaggio a Plymouth tornò a casa e ci disse che quando aveva dormito fuori aveva fatto un incubo dove la Morte gli appariva come di solito la raffiguriamo e l’aveva toccato col suo dardo. (…) A casa andò a letto e si lamentò dell’intestino. Mia madre gli portò dell’acqua con della menta pepata e lui dopo una pausa disse “sto molto meglio, cara” e si coricò di nuovo. Dopo un minuto mia madre sentì qualcosa venire dalla sua gola e gli parlò ma lui non rispose. Gli si rivolse invano. Il suo singhiozzo mi risvegliò e io dissi “papà è morto”. Non sapevo che lui fosse tornato a casa ma mi aspettavo una qualche bugia al riguardo. Come venissi a pensare della sua morte non saprei dire; ma andò così. Era morto. Forse per apoplessia. Era un Israelita ma senza acume, semplice, generoso, prendeva qualche passo delle Scritture nel suo senso letterale ed era sempre indifferente al bene e al male di questo mondo. Dio ami te e il tuo
S.T. Coleridge
*Thomas Poole (1766-1837) fu filantropo e sostenitore di Wordsworth & Coleridge.
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A Mary Evans 13 febbraio alle undici di notte
(…) I migliori giudici continuano a dire (e sbagliano anche i migliori) che mi sono fatto assai caruccio ultimamente. Tu prega che io sia aggraziato ma senza esser vanesio. Dopo aver letto Pamela e gli altri romanzi come si fa a non sentire che trappola pericolosa sia la bellezza? La bellezza è come l’erba che cresce al mattino ed è bella che contratta prima di notte. Mary! Non esser vanesia per la tua bellezza!!!
Ho una gatta. Nella strana raccolta di animali di cui mi circondo, penso sia necessario averne qualcuno che sia quieto e di bell’aspetto e che tenga vivo il mio senso sociale. La mia micia, come il suo signore, è un bruto assai gentile e mi comporto col massimo riguardo nei suoi confronti. E davvero il gatto è un animale che val la pena avere. Sinora avevo conosciuto gatti assai maliziosi ma erano comunque belli vecchi – e comunque le loro zampe non sono come le tue mia cara gatterella. Mi auguro che tu perda prima o poi quella pessima abitudine di star attacca al caminetto. Non fa troppo freddo ora.
NB Se mai ti sentissi voglia di passare a visitarmi a Cambridge, ti prego di non considerare di impedimento la mia micia. La terrò con una catenella mentre sei qui.
S.T.C.
*Mary Evans (1770-1843) fu il primo accendino estetico di Coleridge. La donna riuscì a salvarlo in due circostanze: la prima volta sposando un ignoto e non lui; la seconda, trattenendolo dalla follia di emigrare nelle foreste della Pennsylvania.
**traduzione di Andrea Bianchi da Samuel Coleridge, Letters in two volumes, Houghton, Mifflin & Company, Boston 1895; in copertina: Coleridge in un ritratto di Peter Vandyke del 1795 alla National Portrait Gallery
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Tenebre (Swan Song) di Robert McCammon è approdato in Italia sul barcone Mondadori nel 1991. Marinai del settore molto più esperti di questa umile sbarbina hanno faticato instancabilmente per assegnargli un unico genere e il risultato è stato un affascinantissimo ibrido: horror, apocalittico, post apocalittico, fantastico e fantascientifico; ma è stato a lungo e forse lo è ancora tra i migliori cento romanzi horror di sempre.
La storia comincia con noi stupidi umani che tentiamo di bombardarci a vicenda e lo so che sembra un argomento attualissimo (e lo è), ma questa vicenda è avvenuta molto tempo fa e Usa e Russia sono i principali schieramenti. Dopo aver sganciato missili e testate nucleari varie ed eventuali ci ritroviamo a vagare in un paesaggio lunare e deserto, grigio, in cui le polveri tossiche e le continue esalazioni piegano la popolazione sopravvissuta e dà vita a nuove ed originali malattie che si manifestano come rocciose escrescenze sul corpo che ricoprono la testa della vittima. È in questo clima da survivor che facciamo la conoscenza con i nostri protagonisti, alcuni dei quali si muovono per motivazioni pie e giuste e altri un po’ meno. Finiamo al centro dell’eterna lotta tra bene e male, rispettivamente incarnati dalla piccola Sue Wanda – per comodità Swan – e l’uomo che molto simpaticamente si fa chiamare Amico, ma proprio non lo è. Ad accompagnare Swan nelle sue peripezie troviamo un cast di personaggi adorabili e ammirevoli, nonché donne forti e con carattere e uomini grandi e grossi, ma capaci di tenerezza e compassione. A servire l’Amico, Satana, l’Uomo dai mille volti, ci sono ex militari totalmente impazziti e un promettente giovane game player, abile stratega che si trasformerà in una sorta di torturatore professionista. Il mondo riuscirà infine a risollevarsi dall’oscuro abisso in cui l’uomo l’ha gettato?
L’ambientazione da fine del mondo storto è molto dettagliata, non ci viene risparmiata la bruttezza dei bombardamenti, il sangue, la disperazione dei sopravvissuti e aggirarsi per questo mondo butterato è una vera sofferenza soprattutto se guardando dalla finestra si è in grado di percepire quel poco di bellezza che rimane. Il viaggio è lungo e tortuoso, pieno di insidie e pericoli nascosti, gli agguati del male tramano nell’ombra e sfuggirgli diventa sempre più difficile soprattutto se gli unici mezzi che hai sono un paio di piedi malconci e delle scarpe non proprio comode. E vedere, dopo sette anni, la speranza riportata da Swan – una bambina speciale con poteri paranormali – è una piccole luce e una piccola gioia.
Swan porta in sé il dono della vita, pertanto è in grado di restituirla a qualsiasi seme che stia aspettando solo la giusta occasione, a qualsiasi albero che si è finto morto per tanti anni, a qualsiasi persona che fino al suo incontro non avesse avuto speranza o non vedesse futuro. Josh è uno di quei personaggi che gli vuoi bene per forza. Si presenta come un grosso ex-lottatore nero con dei rimpianti, ma che accoglie la bambina come se fosse una figlia e fa per lei quello che qualunque padre vorrebbe fare: amarla, crescerla, accudirla e proteggerla. Sister è una di quelle donne che devi ammirare, anche se all’inizio è pazza e sporca, anche se è strana, perché la fine del mondo le dà l’occasione di redimersi e dà un senso alla sua grigia e triste vita e diventa un’eroina e io le voglio bene. Mi piace molto come l’autore ha fatto crescere la personalità e la consapevolezza dei suoi personaggi, sia quelli buoni che ho già elencato, sia quelli cattivi come il colonnello Macklin di cui assistiamo la veloce e inesorabile caduta nella pazzia e del giovane Roland Croninger che si trasforma troppo facilmente da ragazzino innamorato del survivalismo ad un agente di tortura a comando. E questo ci rivela un po’ di cose sulla natura dell’animo umano, su quanto sia facile plagiarlo e su quanto le nostre scelte influiscano sulle persone che diventeremo.
Fin dalle sue primissime pagine, è stato come fare un salto all’indietro ne L’ombra dello scorpione di Stephen King (trovate la mia recensione qui) per il tema trattato. McCammon però l’ha sviluppato un po’ più coscienziosamente, con personaggi usuali in cui possiamo ritrovarci e una trama più coinvolgente, che quantomeno portasse da qualche parte. Ciò che mi ha attratto maggiormente è l’atmosfera cupa e pesante degna di un qualsiasi horror ben scritto, quello che invece mi ha un po’ destabilizzato durante la lettura è l’elemento fantastico che ho trovato un po’ una forzatura e mina la forte plausibilità della vicenda narrata. Nel complesso, è stata una lettura molto interessante e se vi piacciono questo tipo di storie non potete mancare di leggerla!
Swan Song, Robert McCammon 1991, Mondadori 660 pagine, 8 euro c.ca (in inglese su amazon)
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Tenebre di Robert McCammon Tenebre (Swan Song) di Robert McCammon è approdato in Italia sul barcone Mondadori nel 1991.
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Star Wars: il mito dai mille volti - Intervista all'autore Andrea Guglielmino
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Star Wars: il mito dai mille volti - Intervista all'autore Andrea Guglielmino
Star Wars: il mito dai mille volti (un saggio di antropocinema) è il nuovo saggio scritto da Andrea Guglielmino, pubblicato dall’editore Golem Libri. E’ incentrato sull’immortale epopea di George Lucas; offre una rilettura alla saga come mito contemporaneo. Ripercorre le principali tappe attraverso cui tale mito è nato e si è andato definendo. L’autore ha trattato dei vari sequel, prequel, remake, spin-off, ecc. nello stesso modo in cui un antropologo o uno storico delle religioni tratterebbe le varianti di un mito folklorico di qualche popolazione antica. Inoltre, Contiene una prefazione è di Oscar Cosulich (giornalista per Il Mattino e L’Espresso, condirettore artistico del Future Film Festival e collaboratore di varie testate di settore).
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Star Wars: il mito dai mille volti – Intervista ad Andrea Guglielmino
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1) Partiamo dal concetto di antropocinema. Puoi spiegare ai nostri lettori il suo significato? Il tuo libro, rispetto ad altri saggi, cosa offre di diverso nell’analisi del fenomeno Star Wars?
La definizione ‘Antropocinema��� è un neologismo, unisce le due parole ‘antropologia’ e ‘cinema’ ed era il titolo del mio saggio precedente, pubblicato tre anni fa. Ha funzionato bene, era una parola misteriosa ma con un bel suono, che ha incuriosito i lettori. Il libro trattava le moderne saghe cinematografiche con lo stesso metodo con cui nelle discipline demo-etno-antropologiche e storico-religiose si studiano i miti antichi, ovvero mettendo a raffronto le varie versioni dello stesso mito per comprendere dove differiscono e, di conseguenza, aspetti fondamentali della società che quel mito lo produce. Raramente questo metodo è stato applicato al cinema, anche per una certa avversione accademica a sperimentare strade un po’ diverse dalle classiche tematiche tipiche di quell’ambito di studi, e meno che mai al cinema commerciale. D’altro canto, era comunque un lavoro pensato al di fuori di qualsiasi struttura universitaria, e dunque avevo fatto di tutto per renderlo scorrevole e piacevole anche per chi non aveva mai sentito parlare di antropologia fino ad allora, fornendo con l’analisi anche gli strumenti di base per poterla comprendere. Il successo è andato oltre ogni aspettativa, le copie sono presto esaurite ed il libro è stato ristampato più volte vincendo anche un premio prestigioso, il Domenico Meccoli Scriveredicinema edizione 2015. Naturale dunque voler proseguire il percorso, insieme all’editore Golem Libri, ma ci è sembrata un’idea più simpatica dare vita a uno spin-off (che in prospettiva potrebbe diventare il primo di una serie) più che a un vero e proprio seguito. Uno dei saggi di ‘Antropocinema’, quello conclusivo, era dedicato infatti proprio a Star Wars, ma avevo sempre lamentato di aver avuto poco spazio per una disamina completa di una saga così complessa, e inoltre la redazione del saggio era antecedente all’arrivo del materiale prodotto sotto l’egida Disney.
Aveva bisogno di un aggiornamento e così abbiamo pensato a un saggio monografico, più esile e di facile lettura, che offra agli appassionati della saga uno sguardo diverso su alcuni aspetti poco noti o poco notati, puntando soprattutto sulla continua tendenza della saga a riscriversi, rinnovarsi e rifondarsi in maniera quasi impercettibile, senza mai reboottare completamente, che è esattamente la caratteristica che hanno i miti tradizionali. Secondo una formula notissima consegnata dal grande studioso Angelo Brelich, infatti, il mito ha la funzione di ‘fondare’ quegli aspetti che la società produttrice del mito considera rilevanti. Ma per poter far questo, deve cambiare per potersi adattare ai vari momenti della Storia. Rispetto ad altri saggi, il mio offre una visione che mette al centro della trattazione il pubblico e la sua percezione, la sua influenza sullo sviluppo narrativo ed essenziale della serie e il suo rapporto con i creatori ‘ufficiali’, che si chiamino George Lucas o Disney. L’antropologia studia l’uomo e in questo caso, il ‘modello umano’ di riferimento è per me il fan di Star Wars.
2) Il tuo è uno studio indirizzato solo ai fan o ai patiti di questo genere? Fuori da questo contesto, a chi ti rivolgi?
Come nel caso di ‘Antropocinema’ ho cercato di mantenere la trattazione scorrevole e piacevole. Il mio scopo non è perdermi in paroloni ma permettere a chi non conosce questo genere di studi di approcciarli attraverso qualcosa di familiare e divertente come può essere la saga di Guerre Stellari. Quindi non c’è sicuramente bisogno di essere esperti antropologi per apprezzarlo – senza contare che, nella disamina delle varie versioni del mito, che includono non solo i film ma anche le iterazioni parallele come libri, fumetti e videogiochi – escono fuori un sacco di curiosità. Certo, immagino che ad interessarsi saranno soprattutto quelli che già conoscono e amano la saga e magari hanno voglia di rimettere in discussione la propria percezione e guardarla sotto un’altra luce, per questo non ho ritenuto opportuno perdere troppo tempo dietro alla narrazione delle trame dei film o a cose scontate come la precedenza cronologica degli episodi I, II, III realizzati in anni successivi rispetto agli episodi IV, V, VI. Questo è un libro che approfondisce andando ad analizzare il mito dietro al mito e la leggenda dietro la leggenda. Ma conoscere prima la saga, almeno nei suoi punti essenziali, è quantomeno consigliato.
3) Definisci Star Wars un “mito dai mille volti”. Vogliamo sapere il volto che preferisce Andrea Guglielmino, quello che considera imprescindibile per l’identità della saga di George Lucas.
Il titolo è un’idea dell’editore, che richiama volutamente ‘L’eroe dai mille volti’ di Joseph Campbell, più volte citato dallo stesso George Lucas come fonte di ispirazione. Devo dire che mi piace, è una citazione nobile e suona molto bene, ma il mio titolo era ‘il mito cangiante’, in relazione appunto al carattere di mutevolezza dei miti di cui parlavamo prima. Tornando alla domanda, mi verrebbe da rispondere ‘il volto di Jar Jar Binks’, giusto per fare un po’ di provocazione perché a me questo personaggio odiato da (quasi) tutti piace tantissimo, e lo stesso Lucas lo ha definito ‘La chiave di tutto’ in una leggendaria intervista. Ma scherzi a parte, non posso dire che ci sia un volto che ‘preferisco’, non quando faccio saggistica e non di ordine antropologico. In quel momento cerco di allontanarmi il più possibile dalla critica, ovvero dall’esternare agli altri quello che mi piace di più e quello che mi piace di meno, perché il mio punto di vista è irrilevante, a me interessa il punto di vista del pubblico, in quanto società produttrice di miti, quello del regista in parte (in quanto intermediario tra il pubblico e il mito, come se fosse un operatore sacrale che racconta antiche storie, ambientate tanto tempo fa, in una galassia lontana lontana, intorno al grande focolare che è il cinema) e soprattutto il punto di vista del mito stesso. Perché il mito, nel suo delinearsi e riformarsi continuo, sceglie a volte delle strade autonome e ignote perfino a chi ha contribuito a scriverlo, e sono quelle che maggiormente mi affascinano. Non c’è meglio o peggio, è tutto utile a delineare questa visione, da Una nuova speranza a Gli ultimi Jedi, passando per l’universo espanso che ora è stato escluso dal canone – ma che ha comunque un valore di produzione culturale importante, come i vangeli apocrifi – ai videogiochi. Se invece vuoi sapere quali film mi piacciono di più, ma a questo rispondo da fan e non da studioso, allora non posso negare che la trilogia classica sia quella con cui sono cresciuto e che ho maggiormente amato, che mi ha incantato al punto da prendere per buoni come ‘atti di fede’ anche i cambiamenti applicati in corsa con qualche piccola ‘Forzatura’ da parte di Lucas (e non ho scritto Forzatura con la maiuscola a caso).
4) Come tutti i miti, anche Star Wars deve scontrarsi con la realtà. Secondo te, oggi chi è il più grande antagonista della saga di Guerre Stellari?
Ne ha diversi, ma Internet e i social network per come sono usati oggi sono un po’ nemici della magia del cinema in generale (e quindi anche di Star Wars). Il cinema è magia e dunque ha i suoi trucchi. Tutti i film ce li hanno, la bravura del regista sta a nasconderli bene. Con lo stile, il montaggio, l’epica o quello che vuoi. Ogni cosa va bene pur di conquistare la tua attenzione e la tua ‘sospensione dell’incredulità’. E sicuramente dieci o venti anni fa i registi erano più bravi a nascondere i fili. Però c’è pure da dire che era più facile nasconderli. Non c’era Facebook, non c’era Internet, nemmeno c’erano le VHS quando andavo al cinema io da piccolo, né avevo accanto il collega scafato o l’espertone pronto a sottolineare ogni falla possibile. Avevo mia madre o i miei amichetti, e basta. E tutto restava in quel mondo. Per rivedere il film dovevi aspettare un anno o più, col passaggio tv o (più in là) l’arrivo in home video. Al massimo potevi tornare un paio di volte in sala, ma nel frattempo la tua mente e la tua immaginazione avevano saldato tutto il resto, riempire i buchi, sistemare le incongruenze, sorvolare sui momenti meno riusciti, sull’inquadratura sballata, sulla battuta fuori luogo. Oggi non è così. Si vede il film una sola volta e già siamo in grado di farne un’analisi dettagliata, mettendo nero su bianco tutti i pro e i contro. Questo è un autentico attentato nei confronti della magia e del senso di coinvolgimento. Non voglio fare il vecchio, è così, e ci dobbiamo stare. Ma è innegabile che i nostri processi percettivi siano fortemente cambiati, e così i nostri parametri di giudizio. Oggi rivedo la trilogia classica – che ancora amo tantissimo, si intenda – e mi accorgo che Luke atterrra su Dagobah proprio a tre minuti da casa di Yoda. Su tutta la galassia. Che il suo allenamento dura mezzo pomeriggio, se andiamo ad analizzare l’incastro dei tempi con quello che succede parallelamente su Bespin. La principessa Leia non fa una piega quando davanti ai suoi occhi viene distrutto il suo pianeta natale. Luke dovrebbe restare nascosto dall’Impero e continua a usare il cognome Skywalker. E così via. Ma proprio di queste presunte ‘falle’ e della capacità del pubblico di riempirle ho fatto argomento di trattazione nel saggio, perché è in quel momento lì che il pubblico di Guerre Stellari diventa particolarmente interattivo e partecipa al processo di mitopoiesi quasi alla pari dei creatori, tanto che poi tante soluzioni e aggiustamenti che vengono dal pubblico vengono ripresi dalle fonti ufficiali (che si tratti dei film, dei fumetti, o dell’Holocron Continuity Database) e integrati ufficialmente nel Canones.
5) Come studioso di Star Wars, ci sono altri prodotti legati alla saga e diversi dai film (libri, fumetti, ecc…) che reputi indispensabili?
Nemmeno io li ho letti tutti, sono davvero una quantità sterminata, però conosco molto bene tutto l’Expanded Universe prima dell’avvento Disney e credo che la lettura almeno della trilogia di Thrawn non possa mancare nell’esperienza formativa di un appassionato. Inoltre è interessante vedere come alcuni elementi di tutto quello che è considerato fuori canone tornino a riproporsi in forma diversa, pensiamo ad esempio alla Jyn Erso di Rogue One che richiama chiaramente al personaggio di Jan Orse. Lo stesso Thrawn è stato recentemente reincluso nella continuity ufficiale. Sono questi corsi e ricorsi che permettono di trattare Star Wars come un vero e proprio mito. Per la mia trattazione, poi, è stata fondamentale la lettura del volume ‘Le Guerre Stellari’, ispirato alle primissime bozze di sceneggiatura di Lucas per quello che sarebbe diventato poi Una nuova speranza (che io chiamo ancora Guerre Stellari, essendo un ragazzo del ’76). Lì le figura di Anakin, Darth Vader, Luke e Obi Wan si fondono e si confondono, ed è interessante notare tutti i cambiamenti per capire da dove vengano certe istanze che hanno trovato poi concretezza nelle versioni finali. C’era una fase della sceneggiatura in cui Luke era una ragazza – per avvicinarsi alle istanze femministe di fine anni ’60, inizio ’70 – orfana e confinata su un pianeta desertico. Non ricorda forse la Rey de Il risveglio della Forza?
6) Hai altri sogni nel cassetto legati all’Universo di Star Wars?
Mi sono rassegnato all’idea che una trattazione definitiva su questo universo è impossibile. Questo libro si ferma a Gli ultimi Jedi, abbiamo voluto farlo uscire in concomitanza con l’arrivo di Solo: A Star Wars Story ma già l’anno prossimo – se non prima, considerando romanzi e fumetti – avrò materiale da inserire. Quindi molto probabilmente ci tornerò su, se abbastanza lettori troveranno questo lavoro interessante. Intanto mi aspetta un lungo anno di promozione, che è sempre un processo faticoso considerando che sono molto attivo su più fronti. Tra questi, c’è la mia attività di scrittore di fumetti (lavoro per la Bugs Comics) che sta molto crescendo negli ultimi mesi. Se vogliamo parlare di un sogno sogno (nel senso che non c’è assolutamente niente di concreto in ballo, è solo una cosa che mi piacerebbe) un fumetto ambientato nell’universo di Star Wars lo scriverei molto molto volentieri. Se dobbiamo sognare, facciamolo in grande. E che la Forza sia con voi!
Altre info sull’autore
BIOGRAFIA: Andrea Guglielmino si autodefinisce non scrittore ma ‘scrivente’. Spazia infatti dalla saggistica alla narrativa, dal giornalismo alla critica cinematografica passando per le vignette umoristiche, l’illustrazione per l’infanzia, la letteratura ‘breve’ e le sceneggiature per fumetti. E’ laureato in Filosofia con indirizzo antropologico e storico-religioso. I suoi precedenti saggi sono ‘Cannibali a confronto – L’uomo è ciò che mangia’ (Memori 2007) e ‘Antropocinema – La saga dell’uomo attraverso i film di genere’ (Golem Libri 2015), vincitore del premio Domenico Meccoli ScriverediCinema 2015. Lavora come vice Capo Servizio presso la redazione del portale di notizie cinematografiche ‘CinecittàNews’, daily ufficiale di Istituto Luce Cinecittà, e come redattore esperto presso la rivista ‘8 ½ – Numeri, visioni e prospettive del cinema italiano’. Come fumettista collabora regolarmente con le case editrici Bugs Comics (per le riviste ‘Mostri’, ‘Alieni’ e ‘Gangster’) e Noise Press (per ‘Dead Blood’). Nel 2014 ha illustrato il libro per bambini ‘Mastro Tasso e il suo cappello’, scritto da Ilaria Mainardi e edito da MdS. Dirige dallo stesso anno il sito di vignette umoristiche www.vendicazzariuniti.com. Il suo racconto ‘Maniaci seriali’ ha vinto il primo premio al concorso ‘Dipendenze’ indetto dalla casa editrice MdS nel 2017. Nello stesso anno ha pubblicato il libro di aforismi 2.0 ‘Chi si accontenta, Goldrake!’, per Edizioni Progetto Cultura. Nel 2018 pubblica lo spin-off di ‘Antropocinema’, sempre per Golem Libri, interamente dedicato all’universo di Guerre Stellari: ‘Star Wars – Il mito dai mille volti’.
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SAN BENEDETTO – Grande attesa per Arturo Brachetti che sarà al Teatro PalaRiviera di San Benedetto del Tronto venerdì 2 marzo con il suo spettacolo Solo il nuovo one man show. Ultimissimi biglietti disponibili sui circuiti TicketOne e Ciaotickets.
Il nuovo atteso one man show di Arturo Brachetti Solo, the Master of quick change è un vero e proprio assolo del grande artista, che torna sui palcoscenici come unico protagonista dopo il trionfo dei suoi precedenti one man show L’uomo dai mille voli e Ciak!, applauditi da 2.000.000 di spettatori in tutto il mondo.
Un ritorno alle origini per Brachetti che, in questo spettacolo, aprirà le porte della sua casa, fatta di ricordi e di fantasie; una casa senza luogo e senza tempo, in cui il sopra diventa il sotto e le scale si scendono per salire. Dentro ciascuno di noi esiste una casa come questa, dove ognuna delle stanze racconta un aspetto diverso del nostro essere e gli oggetti della vita quotidiana prendono vita, conducendoci in mondi straordinari dove il solo limite è la fantasia. È una casa segreta, senza presente, passato e futuro, in cui conserviamo i sogni e i desideri … Brachetti schiuderà la porta di ogni camera, per scoprire la storia che è contenuta e che prenderà vita sul palcoscenico.
Reale e surreale, verità e finzione, magia e realtà: tutto è possibile insieme ad Arturo Brachetti, il grande maestro internazionale di quick change che ritorna con un varietà surrealista e funambolico, in cui immergersi l asciando a casa la razionalità.
Nel nuovo spettacolo, protagonista è il trasformismo, quell’arte che lo ha reso celebre in tutto il mondo e che qui la farà da padrone con oltre 60 nuovi personaggi, portati in scena per la prima volta. Ma in SOLO Brachetti propone anche un viaggio nella sua storia artistica, attraverso le altre affascinanti discipline in cui eccelle: grandi classici come le ombre cinesi, il mimo e la chapeaugraphie, e sorprendenti novità come la poetica sand painting e il magnetico raggio laser.
Il mix tra scenografia tradizionale e videomapping, permette di enfatizzare i particolari e coinvolgere gli spettatori nello show. Dai personaggi dei telefilm celebri a Magritte e alle grandi icone della musica pop, passando per le favole e la lotta con i raggi laser in stile Matrix, Brachetti tiene il ritmo sul palco: 90 minuti di vero spettacolo pensato per tutti, a partire dalle famiglie. Lo spettacolo è un vero e proprio as-SOLO per uno degli artisti italiani più amati nel mondo, che torna in scena con entusiasmo per regalare al pubblico il suo lavoro più completo: SOLO.
Famoso e acclamato in tutto il mondo, Brachetti è il grande maestro internazionale del quick – change, quel trasformismo che lui stesso ha riportato in auge reinventandolo in chiave contemporanea. La sua carriera comincia a Parigi negli anni’80 dove esordisce e diventa per anni l’attrazione di punta del Paradis Latin. Da qui in poi la sua carriera è inarrestabile in un crescendo continuo che lo ha affermato come uno dei pochi artisti italiani di livello internazionale con una solida notorietà al di fuori del nostro paese. Si è esibito ai quattro angoli del pianeta, in diverse lingue e in centinaia di teatri. Il suo precedente one man show L’Uomo dai mille volti è stato visto da oltre 2.000.000 di spettatori.
Brachetti vanta oggi una “galleria” di oltre 400 personaggi di cui quasi 100 interpretati in una sola serata, cambiando da uno all’altro in poco più di un secondo, quanto un battito di ciglia. Per tutto questo è stato inserito nel Guinness dei Primati come il più prolifico e veloce trasformista al mondo. Nel 2000 la Francia gli assegna il premio Moliere (il corrispondente francese del Tony Award) come miglior attore teatrale.
Nel 2010 vince il Laurence Olivier Award, riconoscimento teatrale inglese; nel 2011, di nuovo in Francia, viene nominato Cavaliere delle Arti e del Lavoro dal Ministro della Cultura francese. La stampa internazionale parla delle sue incredibili performance e nel 2013 arriva anche la prima pagina del prestigioso quotidiano francese Le Monde. Nel 2014 il Presidente Napolitano lo nomina Commendatore motu proprio.
Nell’evoluzione della sua carriera “il ciuffo più famoso d’Italia” ha toccato il mondo dello spettacolo a trecentosessanta gradi, cimentandosi sopra al palcoscenico, ma anche davanti ad una telecamera e, negli ultimi anni sempre più di frequente, dietro le quinte.
Arturo come regista e direttore artistico mescola sapientemente trasformismo, comicità, illusionismo, giochi di luce e ombre amalgamandoli con poesia e cultura.Tra tutti spicca il lungo rapporto che lo lega al trio comico italiano Aldo, Giovanni e Giacomo, di cui è regista teatrale sin dai loro esordi. Tra le sue direzioni artistiche anche quella del torinese Le Musichall, il nuovo teatro “delle varietà” e allo spettacolo di intrattenimento di qualità.
Arturo Brachetti è un personaggio internazionale spesso in viaggio intorno al mondo, ma forte è il suo legame con l’Italia di cui porta sul palco quei segni distintivi che la rendono famosa in tutto il mondo: qualità, amore per “il bello”, gusto e , soprattutto, fantasia.
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