#Io contro la vita
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kon-igi · 29 days ago
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LA SCATOLA DEL DOLORE
Non basta essere appassionati di qualcosa per diventare automaticamente dei professionisti specializzati, altrimenti il mondo sarebbe pieno di ginecologi e androloghe e infatti per ciò che riguarda il dolore e la sofferenza io non mi ritengo né esperto né professionista, però dopo tanti anni passati a calpestare questa bella terra in balia di mie e altrui fortune altalenanti, posso perlomeno affermare che in genere, se ne parlo, è perché so di cosa parlo.
Esistono differenti tipi di dolore e altrettante differenze scatenanti ma da che ho memoria ho sempre visto entrare nella mia vecchia casa a Viareggio persone con le lacrime agli occhi e poi uscirne, se non proprio sorridenti, perlomeno più serene.
Il fatto è che nella quasi totalità dei casi si trattava di madri e di padri che avevano perso i propri figli e le proprie figlie, genitori desiderosi di chiedere ai propri cari se Oltre ci fosse ancora sofferenza o invece la pace e la serenità che si auguravano.
Mio papà e mia mamma sono stati per la quasi totalità delle proprie vite Mulder e Scully de'noantri, però al contrario: mia mamma vedeva gli spiriti e ci parlava e mio papà scacciava infastidito i negromanti che conficcavano spille nelle loro bamboline per vendicarsi che gli rubavano il lavoro e pure gratis.
Nessun giovane spirito, però, ha mai parlato ai propri genitori - più grande è il dolore meno possibilità ci sono di attingere alle emanazioni della Cosa Una - invece queste madri e questi padri disperati hanno ritrovato una quiete interiore parlando non di chi è andato oltre ma di chi è rimasto.
Io sono forte con i dolori che conosco e assolutamente impreparato e fragile anche solo a pensare al dolore che non è ma che potrebbe essere. Anzi, che per forza di cose sarà.
Che cos'è, allora, la scatola del dolore?
Si tratta di una serie di espressioni emotive che ho incontrato in questi ultimi anni e che ho voluto fissare in una metafora visiva.
Noi siamo scatole, contenitori viventi delle più variegate emozioni che si agitano ad ogni nostro agire, sbattendo contro il nostro cuore e risuonandoci dentro.
Quando subiamo il lutto di una persona a noi cara, diventiamo contenitori di un'unica emozione, enorme, ingombrante e onnipresente: il dolore.
Immaginate il dolore come una palla rossa che a ogni nostro movimento sbatte contro il cuore e ci rimbomba dentro di sofferenza e disperazione. Apriamo gli occhi al mattino e ZAC! una coltellata al cuore, saliamo in macchina e ZAC!, apriamo la porta di casa ZAC! e così in ogni aspetto della nostra vita.
Poi un giorno succede qualcosa di strano... apri gli occhi al mattino e la coltellata non arriva: la palla rossa del dolore non ha colpito il cuore ma... c'è ancora! Rimbalza ovunque ma non tutti i movimenti la fanno sbattere là dove fa più male.
Ma... la palla del dolore si è forse rimpicciolita?
Non sembra sia più piccola, solo che colpisce meno frequentemente il cuore e col passare del tempo la sua capacità di ferire sembra diventare sempre più rara.
No, non è più piccola... è diventata più grande la scatola.
La persona è cresciuta intorno a quel dolore, lo ha accettato, compreso e lo ha reso più piccolo del posto in cui all'inizio esso sembrava spingere e spadroneggiare.
Non lo ha dimenticato, non lo ha seppellito, non è fuggita ma vi è cresciuta faticosamente intorno, fino a che il suo flebile manifestarsi non si è presentato come una piccola fitta di nostalgia velata di sorriso stanco.
Questo è il dolore, quando troviamo la forza di abbracciarlo e comprenderne le oscure motivazioni, perché oltre la cortina di pioggia del rimpianto e del desiderio di non sentire più, la via prosegue senza fine e i nostri sogni appartengono già al domani.
P.S.
Se il vostro dolore sembra essere troppo grande e la vostra scatola troppo piccola, cercatemi su telegram come kon_igi... magari non parleremo con gli spiriti ma vi posso assicurare che se avrete bisogno, cercherò di arrivare alla prima luce del quinto giorno. Quindi all'alba guardate ad Est! ❤️
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ilpianistasultetto · 4 months ago
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Questo governo fascista e' riuscito a farmi sentire un truffaldino. Sento gli occhi di tanta gente addosso, occhi che parlano: " Comunista balordo, hai ristrutturato le tue case facendole pagare a tutti noi. Ladro, ci hai rubato il presente e stai rubando il futuro ai nostri figli. Te e quelli come te, voi radical-chic, voi fancazzisti, voi della ZTL, ci avete messo sulle spalle miliardi di debito pubblico per ristrutturare le vostre case, ville e i vostri castelli. ." Ormai esco guardomi intorno, un po' con il bavero alzato e nelle ore dove in giro c'e' pochissima gente. Per la maggioranza di questo Paese sono io ad aver messo in ginocchio una delle piu' grandi potenze economiche del mondo. Io che in dieci anni riprendo dal fisco 80mila euro. Io che in vita mia non ho mai chiesto nemmeno un bonus-gelato. Io che in 30 anni di lavoro ho versato al fisco almeno 350mila euro senza mai un certificato di malattia all'Inps, pagando per mia figlia la mensa scolastica del nido pubblico 300 euro al mese e 5000 euro per ogni anno di universita' mentre quasi tutto il Paese ne pagava poco o niente. Mi puntano il dito contro milioni di falsi invalidi da una vita che prendono dallo Stato 500 euro al mese, di baby pensionati, di lavoratori pubblici che hanno piu' carriera di aspettativa che di lavoro, di evasori fiscali, di costruttori abusivi, di alluvionati o terremotati a cui sono state ricostruite case a suon di migliaia e migliaia di euro. Di banche e industriali che succhiano miliardi pubblici come idrovore per poi vendere o chiudere tutto appena sciupano i profitti. Ho anche pensato di contattare il mio amico Alfonso, chirurgo plastico a Milano per una nuova identità '. Poi ci ho pensato e mi sono detto: "Ma andate tutti a fanculo, fascisti di merda".. @ilpianistasultetto
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untuffonelpassato · 3 months ago
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La gente scambia dolore per frustrazione.
Ti scaglia addosso la propria vita come se tu dovessi prendertene carico, poiché già esserci, magari non tutti giorni, ma quando possibile, è troppo poco per tali soggetti.
I quali senza conoscerti minimamente per quello che sei davvero, come dico io, dentro, iniziano ad offenderti coi soliti insulti senza arte né parte.
Non solo, con i social che ormai si stanno moltiplicando a dismisura, pur di farti sentire in difetto, sbagliato in tutto e per tutto, postano ripetutamente storielle contro di te, e la cosa triste è che facendo così si annullano da sole.
Io penso che quegli schiaffi che una volta si diceva: “Avresti dovuto prendere più schiaffi da piccolo”, beh, con questi comportamenti è come se ve li tiraste da soli, e fanno molto più male di quelle veri e propri.
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raccontidialiantis · 1 month ago
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Basta, adesso! Magari domani…
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Sono stufa di essere umiliata e maltrattata così da te. Sono cresciuta in una famiglia normale. I miei mi hanno educata e fatto studiare a costo di tanti sacrifici. E grazie all'impegno e alla mia volontà di ferro, sono riuscita a ottenere tutto ciò che volevo dalla vita: un marito, dei figli, una casa, il rispetto di chi mi conosce e la stima di chi lavora con me. Sono una donna di profonda cultura. E senza voler essere falsamente modesta, avrei anche dei gusti raffinati. Resto comunque umile e alla mano. Però non so mentire e mi piace fare le cose alla luce del sole. Il ruolo di amante segreta e traditrice proprio non mi si addice. Eppure, per te e con te faccio tutto. Anche ciò che in materia di sesso neppure pensavo potesse esistere.
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Tutto con grandissimi sensi di colpa e sofferenza interiore; mi trasformo in ciò che non avrei mai immaginato poter essere. Purtroppo a te, bastardo figlio di puttana, non riesco a rinunciare. Ti devo leccare ovunque: mi urge. Adesso. Nel frattempo ora smetti di sorridere, che mi fai morire di voglia. Per favore strappami i vestiti di dosso e facciamo l'amore, ti prego. Ho urgenza di sentire le tue mani che mi frugano ovunque e aspetto impaziente di ascoltare le ulteriori bugie che saprai inventare, per giustificare il fatto che mi eviti da un mese e che mi stai facendo impazzire, dal desiderio di te. Dentro di me. E ci crederò, io cogliona innamorata pazza dei tuoi occhi e del tuo corpo forte e sensuale.
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Crederò a tutto, pur di continuare ad averti, a pensare a te come a qualcosa di bello nella mia vita, anche se invece oggettivamente me la stai distruggendo. Baciami. Subito. Sono annichilita, umiliata e mi faccio schifo. Faccio con te e per te tutte le cose che mi chiedi e contro cui, quando ero coerente con me stessa, puntavo il dito con sicurezza, quando qualche donna veniva scoperta fedifraga. Amica o estranea alla mia cerchia che fosse. Sono diventata di fatto un'ipocrita, troia, sporca, traditrice, disonesta persona. Una puttana affamata di cazzo e assetata di sborra. La tua. Accarezzami tutta, subito. Fammi male infilandomi d'un colpo, spaccami dove e come vuoi. Sono ormai una donna dalla doppia morale. E mi vergogno tantissimo. Ma l'unica lezione positiva imparata dalla mia relazione segreta e aleatoria con te è che veramente non si finisce mai di imparare, di ricredersi: sugli altri e su se stessi. Vieni qui, ora…
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RDA
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ambrenoir · 4 months ago
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LA LETTERA D'AMORE PIU BELLA CHE IO ABBIA MAI LETTO.
"Cara Francesca,
Spero che questa mia lettera ti trovi bene.
Non so quando la riceverai. Quando io me ne sarò già andato.
Ho sessantacinque anni, ormai, e ne sono passati esattamente tredici dal nostro primo incontro, quando imboccai il vialetto di casa tua in cerca di indicazioni sulla strada.
Spero con tutto me stesso che questo pacchetto non sconvolga in alcun modo la tua vita. Il fatto è che non sopporto di pensare alle mie macchine fotografiche sullo scaffale riservato all’attrezzatura di seconda mano di un negozio o nelle mani di uno sconosciuto. Saranno in pessime condizioni quando le riceverai, ma non ho nessun altro a cui lasciarle e mi scuso del rischio che forse ti costringerò a correre mandandotele.
Dal 1965 al 1975 ho viaggiato quasi ininterrottamente. Nell’intento di allontanarmi almeno parzialmente dalla tentazione di telefonarti o di venire a cercarti, tentazione che da sveglio in pratica non mi lascia mai, ho accettato tutti gli incarichi oltreoceano che sono riuscito a procurarmi. Ci sono stati momenti, molti momenti, in cui mi sono detto: << All’inferno, vado a Winterset e, costi quel che costi, porto Francesca via con me>>.
Ma non ho dimenticato le tue parole, e rispetto i tuoi sentimenti. Forse avevi ragione, non lo so. So però che uscire dal viale di casa tua, in quella arroventata mattinata di agosto, è stata la prova più ardua che abbia mai affrontato e che mai avrò occasione di affrontare. Dubito, in effetti, che molti uomini ne abbiano vissute di più dure.
Ho lasciato il National Geographic, nel 1975 e da allora mi sono dedicato soprattutto a fotografare ciò che piaceva a me, prendendo il lavoro là dove potevo, servizi locali o regionali che non mi impegnavano mai più di pochi giorni.
Finanziariamente è stata dura, ma tiro avanti.
Come ho sempre fatto.
Buona parte del mio lavoro lo svolgo nella zona di Puget Sound. Mi va bene così. Pare che invecchiando gli uomini si rivolgano sempre più spesso all’acqua.
Ah, sì, adesso ho un cane, un golden retriever.
L’ho chiamato Highway, e lo porto quasi sempre con me, quando siamo in viaggio, se ne sta con la testa fuori dal finestrino, in cerca di posti interessanti da fotografare.
Nel 1972 sono caduto da una rupe nell’Acadia National Park, nel Maine, e mi sono fratturato una caviglia.
Nella caduta ho perso la catena e la medaglia, ma fortunatamente non erano finite lontano. Le ho recuperate e un gioielliere ha provveduto ad aggiustare la catena.
Vivo con il cuore impolverato, Meglio di così non saprei metterla. C’erano state delle donne prima di te, qualcuna, ma nessuna dopo. Non mi sono votato deliberatamente alla castità: è solo che non provo alcun interesse.
Una volta ho avuto modo di osservare il comportamento di un’oca canadese la cui compagna era stata uccisa dai cacciatori. Si uniscono per la vita, sai. Dopo l’episodio, ha continuato ad aggirarsi intorno allo stagno per qualche giorno. L’ultima volta che l’ho vista, nuotava tutta sola tra il riso selvatico, ancora alla ricerca. Immagino che da un punto di vista letterario la mia analogia sia troppo scontata, ma è più o meno così che mi sento anch’io.
Con la fantasia, nelle mattine caliginose o nei pomeriggi in cui il sole riflette sull’acqua a nord-ovest, cerco di immaginare dove sei e che cosa stai facendo.
Niente di complicato…ti vedo in giardino, seduta sulla veranda, in piedi davanti al lavello della cucina. Cose così.
Ricordo tutti. Il tuo profumo e il tuo sapore, che erano come l’estate stessa. La tua pelle contro la mia, e il suono dei tuoi bisbigli mentre ti amavo.
Robert Penn Warren scrisse: << Un mondo che sembra abbandonato da Dio >>. Non male, molto vicino a quello che provo per te certe volte. Ma non posso vivere sempre coì. Quando la tensione diventa eccessiva, carico Harry e, in compagnia di Highway, ritorno sulla strada per qualche giorno.
Commiserarmi non mi piace. Non è nella mia natura. E in genere non me la passo poi tanto male.
Al contrario, sono felice di averti almeno incontrata.
Avremmo potuto sfiorarci come due frammenti di polvere cosmica, senza sapere mai nella l’uno dell’altra.
Dio o l’universo o qualunque altro nome si scelga di dare ai grandi sistemi di ordini ed equilibri, non riconosce il tempo terrestre. Per l’universo, quattro giorni non sono diversi da quattro miliardi di anni luce. Per quanto mi riguarda, cerco di tenerlo sempre a mente.
Ma, dopo tutto, sono un uomo.
E tutte le considerazioni filosofiche non bastano a impedirmi di desiderarti, ogni giorno, ogni momento, con la testa piena dello spietato gemito del tempo, del tempo che non potrò mai vivere con te.
Ti amo, di un amore profondo e totale. E così sarà sempre."
“I ponti di Madison County”, R.J.Waller
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manubzzz · 10 months ago
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Io credo la Vita debba essere un po' così...
correre a perdifiato e, contro ogni aspettativa, andare a raggiungere il proprio angolo di felicità
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yomersapiens · 19 days ago
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Pistacchione
"Branco di maledetti sfigati" penso tra me e me mentre scelgo di prendere le scale normali, quelle statiche, invece di quelle mobili. Opto per l'opzione sana e sportiva che mi permette di giudicare gli altri e la loro sedentarietà, schiavi delle macchine, pigri, larve. Io sono un uomo migliore, pieno di virtù che mi riconosco giusto un secondo prima di infilarmi in pasticceria e concedermi il più burroso cornetto ripieno al pistacchio che i soldi possono comprare.
Sono dovuto tornare in ospedale, gli occhi hanno ceduto nuovamente. Quello che mi fa ridere è che ieri ho fatto la comparsa in un film. Non era previsto. Ero al corrente di alcuni conoscenti alle prese con questo progetto “cinematografico” ma non pensavo mi avrebbero mai chiamato. Non fosse che avevano il ruolo perfetto per me. "Hai voglia di fare la comparsa e stare seduto in sala d'attesa di un ospedale?". Sembrava veramente fatto apposta. L'ho scritto non so quante volte che uno dei miei più grandi talenti è saper sfruttare i tempi morti e ora l'ho fatto davanti a una cinepresa. Mentre attoruncoli dalle dubbie capacità provavano a ripetere le loro battute io facevo il Paziente n.5, intento a leggere un libro. Un occhio più attento noterà che sto leggendo il mio stesso libro. Un piccolo easter egg che ho inserito per farmi ridere quando guarderò il film. Se gli occhi saranno ancora con me, altrimenti me lo farò raccontare.
Stamattina sono seduto per davvero in ospedale e realmente sto aspettando non che qualcuno urli "azione!" ma che mi dicano cosa fare. Dopo quasi vent'anni ancora mi costringo a non perdere la speranza e dare agli altri la possibilità di dirmi cosa fare, perché se fosse per me saprei benissimo cosa fare.
Mentre arrivava la metropolitana ho guardato lo spazio che c'è tra la motrice e i binari. Se mi butto sotto ma in aria cambio idea e mi rannicchio e mi faccio piccino piccino, riesco a sopravvivere? Riesce a passarmi sopra senza recare alcun danno? Voglio sempre calcolare che ci sia per me la possibilità di tornare indietro sui miei passi, soprattutto quando si tratta di decisioni importanti. Questi pensieri non mi spaventano più perché ho imparato a conoscermi. Sono troppo codardo per fare qualcosa di definitivo. Accetto il lento deterioramento e la fine come inevitabile conseguenza che non posso controllare e mi piace così perché adoro dare la colpa agli altri. Mi immagino a parlare con San Pietro alle porte del paradiso e dire: - Eh no, mi scusi, ma lei mi deve fare entrare, ok che sono stato per tutta la vita un egoista, bastardo e pure vigliacco, ma ha ben visto come è andata a finire, ho allontanato tutti, il mio gatto mi schifa, ho pure perso i capelli e non ho fatto tutto lo sport che ho sempre promesso di fare perché mi sono accettato così come sono e per questo sono stato punito con una morte orribile che non ho scelto! Quindi, mio caro Pietruccio, lei mi deve fare entrare, me lo merito! - Ma veramente qua leggo che la morte è stata causata da soffocamento per eccesso di cornetti al pistacchio… - Suvvia sono dettagli! - …mentre praticava il decimo atto di onanismo della giornata. - Il suo capo non le ha insegnato a perdonare?
Il regista ieri mi ha detto che sono davvero bravo a recitare quello che aspetta di venire chiamato da un dottore. Ho accettato il complimento con un certo orgoglio. Un tempo avrei dovuto combattere contro il mio egocentrismo per essere stato messo sullo sfondo invece di diventare uno dei protagonisti, probabilmente quello più sguaiato e tendente ad urlare. Invece ora guardo queste persone recitare e provarci un sacco a risultare convincenti e sono soddisfatto del mio invecchiamento che mi ha fatto scendere a compromessi con le mie aspettative.
Un giorno, dopo anni di lotta, io e le mie aspettative ci siamo seduti al tavolo e abbiamo iniziato una discussione accesa. Io continuavo a far loro presente che se certe cose non accadono e non sono mai accadute, forse allora, non è sbagliato lasciar perdere, che la speranza è l’ultima a morire quando si tratta di film o racconti per bambini, ma per noi è meglio non dico ucciderla, però farle fare una vacanza a tempo indeterminato. Le aspettative mi hanno ascoltato, anche perché, alla luce dei fatti e del continuo finire ridimensionate un po’ ne avevano le palle piene. Abbiamo trovato un accordo. Abbiamo accompagnato la speranza in aeroporto, dandole un telefono per le emergenze. Ora mi sa che è a Bali, da qualche parte in spiaggia a farsi massaggiare i lunghi capelli da un influencer senza scrupoli. Io e le mie aspettative siamo tornati a casa, abbiamo parlato dei piani futuri e trovato numerosi accordi impensabili su carriera, musica, amore, famiglia, autoerotismo. È stata una trattativa estenuante ma ci siamo riusciti. Ora hanno le dimensioni di un criceto e le ho sistemate sotto alla mia scrivania in una gabbietta piena di paglia. Sono così carine quando si svegliano e si mettono a girare sulla ruota e non vanno da nessuna parte, proprio come nella realtà. Corrono veloci veloci e la ruota gira e gira ma stanno ferme, che spreco di energie! Poi scendono dalla ruota, ci guardiamo soddisfatti e tornano in letargo.
Oggi ho preso il telefono per scrivere un messaggio alla speranza, mentre sta in spiaggia a Bali. Siccome ne ho bisogno le ho chiesto “Andrà tutto bene vero? Mi daranno una nuova terapia che finalmente funzionerà?” e niente, nessuna risposta per qualche ora. Poi si è acceso lo schermo del telefono. “Certo, certo, andrà tutto alla grande. Io invece mi sono infilata un attimo in un megacasino cioè, devi aiutarmi, magari se puoi mandarmi un po’ di soldi, devo pagare non so quanto un influencer che mi ha rifilato una marea di prodotti per capelli promettendomi che avrebbero risolto il problema della calvizie e niente, poi le cose sono sfuggite di mano, pensavo di riuscire a corcarlo di legnate da sola e invece tutti quei muscoli erano veri e non generati da una IA, ora mi ha rinchiuso nella sua cantina e se non pago non mi lascia uscire, quindi dai, in onore dei vecchi tempi, mandami uno dei criceti con banconote di piccolo taglio”.
In ospedale ancora non hanno detto il mio nome. Ancora aspetto. Lunedì tornerò in terapia, non più psicanalisi però. Normale psicologia temo. In tedesco poi. Non tanto perché sento di averne bisogno ma per riattivare il superpotere passivo aggressivo supremo che oramai non posso più usare, quello che mi faceva dire con orgoglio: “Sai, secondo me dovresti provare ad andare in terapia cioè, io ci vado, secondo me farebbe bene anche a te”. Mi manca essere snob e dire agli altri cosa fare. Adesso nessuno mi da ascolto, nemmeno sulla qualità dei cornetti al pistacchio (dato che uno di loro mi ucciderà). Si tratta solo di capire quale sarà l'ultimo. Quello di un’ora fa, o quello che mangerò non appena uscirò dall’ospedale? Chi lo sa! Suspance!
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kon-igi · 24 days ago
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NEL MIO PICCOLO SERVE INCAZZARMI?
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Io e i miei amici di una vita potremmo essere pagati per accettare di essere inseriti in allegato al DSM-6 di prossima uscita, affinché ogni specializzando in psichiatria e psicologia potesse comprendere quanto non ci sia un limite al numero di disturbi mentali con i quali un singolo individuo possa psico-flagellarsi.
Per esempio, in un'ora e diciannove minuti io e il mio amico @salfadog non abbiamo individuato un modo univoco e sicuro per salvare il mondo ma una cosa è certa: abbiamo deciso che dobbiamo salvare il mondo.
Badate, non sto scherzando.
Il fatto è che a livello percettivo, un'affermazione del genere evoca tre tropi classici della letteratura cinematografica:
L'eroe inarrestabile che in maniera indefessa sacrifica tutto se stesso per il bene supremo dell'umanità.
Il villain che vuole annientare l'universo intero per salvarlo da se stesso poiché oramai troppo corrotto per essere recuperabile.
Il tizio con la campanella in mano e il cartello THE END IS NEAR che a Central Park arringa la folla di due casalinghe con neonato e finisce in una cella imbottita imbottito di torazina.
Facciamo che per phisique du role e/o pudore io e lui non si rientri in nessuna delle tre categorie sopracitate, quindi ci siamo fatti una domanda...
Il mondo ha bisogno di essere salvato?
No
(è stata la risposta condivisa... e per 'mondo' intendiamo sia il pianeta che l'umanità)
Ognuno di noi potrebbe decidere di non fare nulla - che poi alla fine è quella la sensazione, se non proprio la realtà dei fatti - e sia il pianeta che l'umanità andrebbero tranquilli per la propria strada evolutiva.
Certo, magari farebbe un po' più caldino e i rifugi sulle alpi avrebbero la loro spiaggia tropicale con meduse, coralli e pesci pagliaccio ma il fatto è che se il globo terracqueo e la globalità umana negli ultimi 100.000 anni sembrano essere andati tranquilli in avanti scuotendosi la polvere dalla spalla come un millenario Luke Skywalker, questo non significa che non vi sia stato il sacrificio di molti per portare avanti i pochi.
A me il fascismo fa molto paura.
Il problema è che non è lo stesso fascismo che fa paura a molti altri.
Nella Treccani il fascismo viene definito come '... una concezione religiosa, in cui l'uomo è veduto nel suo immanente rapporto con una legge superiore, con una Volontà obiettiva che trascende l'individuo particolare e lo eleva a membro consapevole di una società spirituale' ed è proprio in virtù di questo concetto che mi sento di puntare il dito contro una certa visione semplicistica della realtà: fascista non è colui che difende la razza, i confini o l'italianità e vota Fratelli d'Italia... fascista è colui che divide la realtà in due parti e auspica l'annientamento di quella sbagliata. L'altra.
Sembra semplicistica come definizione ma al netto di tutti i paradossi di Popper (vedete di capire cosa sia veramente il paradosso di Popper e non copia-incollate da facebook) alla fine, per sua stessa natura si tratta sempre dello stesso metodo coercitivo di controllo in nome del giusto contro lo sbagliato, la trappola dialettica e sociale in cui cadono tutti.
'Il fascismo non è un opinione, è un crimine'
Coi fascisti non si parla, li si mena.
I partigiani hanno sconfitto i nazi-fascisti coi proiettili e non con le parole.
Io però mi chiedo una cosa, ripetuta nel corso degli anni, che ha sempre avuto la stessa risposta.
Ma tu cosa stai facendo contro il fascismo?
Bada bene, 'tu' collettivo della domanda diretta: io non ti conosco, so solo che sei arrabbiato per un bel po' di ingiustizie ma anche verso alcune persone ipocrite, privilegiate e potenti che contribuiscono ogni giorno a fratturare il mondo in due.
Sì ma oltre a questa consapevolezza, tu cosa stai facendo?
Bada bene ancora, 'tu' collettivo della domanda diretta: la lamentela fine a sé è sacrosanta, catartica e drenante via il veleno dal corpo ma una volta che la piccola bolla che avviluppa ognuno di noi è risuonata dell'eco delle ingiurie, il fascismo è forse diminuito? La tua rabbia ha fatto cambiare idea a qualcuno? Hai 'salvato' qualche vittima?
Non è la prima volta che scrivo quanto andrò ad affermare e non è la prima volta che a fronte di un certo numero di persone d'accordo, puntualmente si palesano quelli che mi spiegano perché sto sbagliando e che i fascisti vanno sempre menati. Pazienza.
Una volta mi trovavo su un autobus e c'era questo uomo di una certa età che stava inveendo contro una ragazza mediorientale, non so per quale motivo ma coi soliti argomenti che puntavano al fatto che se ne doveva tornare al suo paese. La ragazza era spaventata, tutti si facevano i fatti propri e io sono intervenuto come sono sicuro che tutti e tutte voi sareste intervenuti/e ma a differenza di altre volte in cui mi sarei scagliato contro il vecchio benito, mi sono messo invece in mezzo ai due voltandogli le spalle e sorridendo alla ragazza, chiedendole come si chiamasse e chiaccherandoci tranquillamente.
Nessuno scontro, nessuna coercizione, nessuna differenza di valori gettata in faccia ad alcunchì ma una persona sola che non era più sola, anzi, due persone sole, perché io non credo nella malvagità intrinseca del cane cattivo ma nella paura del cane spaventato. E se avessi avuto tempo avrei parlato anche a lui: certo, potevo scoprire che si trattava di una testa di cazzo inguaribile o magari intuire mille altri dolori e solitudini che non avrei mai toccato se gli avessi urlato contro. O lo avessi menato.
Avrei fatto la stessa cosa con un balilla anfichiodato e una mazza con su scritto DUX MEA LUX?
Se un cane mi sta mordendo non gli faccio il 'resta!' col premietto ma mi difendo, quindi vi pongo l'ultima domanda: tutti ma proprio tutti i 'fascisti' mordono oppure è più semplice fare di tutta l'erba un fascio (ba dum tss) e menarli noi per primi?
La risposta che vi darete mi interessa nella misura in cui possa essere più o meno venata di dubbi dall'ultima volta che ve la siete fatta ma non dovete rendere conto a questo perfetto sconosciuto con la campanella, il cartello e poca torazina in corpo... dovete rispondere a quelle persone che avevano bisogno di parole rivolte a loro e non di insulti urlati ad altri, di gentilezza nei loro confronti e non di violenza nel loro nome, dell'inclusione che comprende e non del sacro furore che divide.
Io la mia scelta l'ho fatta già da tempo e non mi interessa vederne i frutti maturi da riempirne le ceste, mi basta quell'unico fiore che aveva paura di sbocciare e alla fine c'è riuscito perché aveva solo bisogno di qualcuno che lo rimirasse.
Grazie della pazienza <3
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@salfadog
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ilpianistasultetto · 8 months ago
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Dopo la morte del bracciante indiano, trasportato e lasciato crepare dal suo datore di lavoro dopo averlo scaricato davanti casa, tutta la politica ha detto le solite frasi di circostanza, quelle che tutti dicono da 50anni dopo eventi simili. Sgranano quei loro occhi da triglia, digrignano quei loro denti da faina e danno vita al coro: "sono cose inaccettabili per un Paese civile". L'Italia un Paese civile? Un Paese che premia i ladri, gli evasori, i furbetti e ogni forma di irregolarita' lo chiamiamo un Paese civile? E' insopportabile cosi' tanta ipocrisia, anche quella di tanti cittadini. Di giorno gridano contro gli immigrati, votano chi promette "tutti a casa loro" e di notte li fanno lavorare in nero e, non paghi, gli affittano anche le case, sempre in nero gonfiando cosi i loro conti bancari. Dove sono i contratti registrati? Ovvio che non ci sono, visto che parliamo di "invisibili". E che pene avranno? Naturalmente, zero di zero. Solo e sempre un chiacchiericcio di fondo senza concretezza, anche perche', prendendo misure serie, certa politica "strillata" perderebbe milioni di voti. Due provvedimenti semplici, se veramente la politica volesse tornare ad essere seria: sigilli per 1anno alle imprese che vengono trovate con lavoratori irregolari e acquisizione al bene pubblico delle case locate senza contratto di locazione, come si fa per i mafiosi. Cosi', quando un immigrato irregolare non ha da lavorare o dove dormire, vedremo quel che accadra'. Io comprerei subito qualche scatolo di pop-corn e mi godrei lo spettacolo. Sara' divertente. @ilpianistasultetto
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frammenti--di--cuore · 3 months ago
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Con me funziona tutto in maniera semplice, forse fin troppo. Con me non devi preoccuparti di fare ritardo, perché io ti so capire ed aspettare e pure venirti incontro se serve. Non devi imbarazzarti di essere te stesso, perché io sono l'essere umano più imbarazzante che abbia mai visto e non giudico nessuno, soprattutto chi è semplicemente se stesso senza fare male a nessuno. Con me puoi prenderti il lusso di sbagliare senza addosso l'ansia delle "punizioni", senza vivere con il dito puntato contro, perché so amare chi amo in una maniera totale e profonda, forse anche sbagliando delle volte, ma non riesco mai a voltarmi dall'altro lato perché troverò sempre una spiegazione ai tuoi errori. Con me è semplice, perché basta semplicemente una panchina per fare la serata, perché ad ogni pazzia che ti viene in mente ti dirò sempre di sì. Con me puoi passarci una vita a fare cose sempre diverse o cose sempre uguali in modo diverso ogni volta. Non posso prometterti che sarò per sempre così, perché spesso ti tocca adattarti alla vita per andare avanti, ma questa volta ho bisogno che sia tu a promettermi che non farai mai l'errore di pensare che una cosa "semplice" puoi anche trascurarla, perché tanto basta poco per ripararla. Solo questo.
zoe, perché le cose così semplici sono quelle che rimpiangi quando tutto diventa estremamente complicato e non sto parlando di oggetti.
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worldofdarkmoods · 4 months ago
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Troppi pensieri per un cervello, troppe ansie per un cuore. Ci sono giorni in cui la mia mente è come una tempesta, un vortice di pensieri che non riesco a fermare, e il mio cuore è come un tamburo che batte incessantemente, intrappolato in un ritmo che non riesco a controllare. Ogni giorno, mi sento come un equilibrista su una fune sottile, costretta a camminare senza mai fermarmi. Da un lato, i pensieri si accavallano come onde in piena, ogni singolo problema sembra amplificato, ogni minima preoccupazione diventa un ostacolo insormontabile. Dall’altro, l’ansia che serra il mio cuore come una morsa e mi lascia senza respiro.
A volte mi chiedo se sono solo io, se questo modo di sentire tutto in maniera così profonda e intensa sia un errore, un difetto nel mio modo di essere. Sembra quasi che il mio cervello non riesca mai a spegnersi, come se fosse perennemente in allerta, a caccia di qualcosa che non va, di qualche dettaglio che mi sfugge, di qualche motivo per preoccuparmi. E il mio cuore, invece di essere un rifugio, diventa un campo di battaglia, dove combatto costantemente contro le mie paure, i miei dubbi, le mie insicurezze. Non riesco mai a trovare pace, e tutto questo mi consuma dall'interno.
Ci sono notti in cui resto sveglia fino all’alba, perché i miei pensieri non mi lasciano dormire. Mi giro e rigiro nel letto, cercando un modo per calmarmi, per trovare un attimo di sollievo, ma non ci riesco. Ogni pensiero sembra accendere una scintilla di paura, e quella scintilla diventa subito un incendio. Mi preoccupo per il futuro, per le cose che ho fatto e per quelle che non ho fatto, per i miei errori, per le mie scelte. E anche quando penso di avere tutto sotto controllo, basta un dettaglio, un’idea, una parola per far crollare ogni sicurezza che pensavo di avere.
Sono stanca di questa guerra costante tra la mente e il cuore. È come se ogni giorno fosse una battaglia, e io non riesco a smettere di combattere. Ma è una battaglia in cui non vinco mai. Anzi, ogni giorno mi sento sempre più debole, sempre più esausto. Ogni pensiero diventa una trappola, ogni ansia una prigione. Mi sento come se fossi intrappolata in un ciclo infinito, incapace di liberarmi, incapace di trovare un momento di serenità.
E il peggio è che, spesso, nessuno se ne accorge. Ad alcuni mostro un volto sereno, una maschera che nasconde tutto questo tumulto interiore. Non voglio che gli altri vedano quanto sto soffrendo, quanto sto lottando. Mi dico che devo essere forte, che devo resistere, che devo andare avanti. Ma dentro di me so che questa forza apparente è solo una facciata, e che, sotto la superficie, sto crollando.
Vorrei poter fermare il tempo, poter mettere in pausa la mia mente e il mio cuore, anche solo per un attimo. Vorrei poter smettere di pensare, di preoccuparmi, di sentire tutto in modo così intenso. Vorrei poter respirare senza sentire questa morsa che stringe il mio petto, senza questa paura che non riesco mai a placare.
E mi chiedo se un giorno troverò mai pace. Se un giorno riuscirò a liberarmi di questi pensieri che mi tormentano, di queste ansie che mi consumano. Ma, al momento, tutto sembra così distante, così irraggiungibile. Mi sembra di essere in balia di una tempesta, e non vedo nessun porto sicuro dove rifugiarmi.
Forse, il vero problema è che non riesco ad accettare che la vita sia fatta anche di incertezze, di errori, di momenti di vulnerabilità. Forse, pretendo troppo da me stessa, cerco di controllare tutto, di avere sempre una risposta, una soluzione. Ma la verità è che, a volte, non ci sono risposte, e non ci sono soluzioni. A volte, bisogna solo accettare di sentirsi persi, di avere paura, di essere vulnerabili.
Ma io non so come fare. Non so come accettare questa parte di me. E così, continuo a lottare, a cercare di tenere tutto sotto controllo, anche se so che è una battaglia persa in partenza. Continuo a pretendere troppo dal mio cervello, e a chiedere troppo al mio cuore, anche se so che questo mi sta lentamente distruggendo.
Non so se un giorno troverò la forza di lasciar andare, di smettere di lottare contro me stessa. Ma, per ora, tutto ciò che posso fare è cercare di sopravvivere a questa tempesta, cercare di mettere un piede davanti all'altro, anche se ogni passo mi sembra sempre più pesante.
Perché, alla fine, non so essere diversa. Non so vivere senza pensare, senza preoccuparmi, senza sentire ogni emozione come un peso sul cuore. E, forse, questa è la mia condanna: troppi pensieri per un cervello, troppe ansie per un cuore che, anche quando è sul punto di crollare, continua a battere, nonostante tutto.
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angelap3 · 9 months ago
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Se avete due minuti, leggetela è bellissima!❤️😘❤️
Mentre mia moglie mi serviva la cena, mi feci coraggio e le dissi:
«voglio il divorzio».
Vidi il dolore nei suoi occhi, ma chiese dolcemente:
«perché?».
Non risposi e lei pianse tutta la notte. Mi sentivo in colpa, per cui sottoscrissi nell’atto di separazione che a lei restassero la casa, l’auto e il trenta per cento del nostro negozio. Lei quando vide l’atto lo strappò in mille pezzi e mi presentò le condizioni per accettare.
Voleva soltanto un mese di preavviso, quel mese che stava per cominciare i’indomani:
«devi ricordarti del giorno in cui ci sposammo, quando mi prendesti in braccio e mi portasti nella nostra camera da letto per la prima volta. In questo mese ogni mattina devi prendermi in braccio e devi lasciarmi fuori dalla porta di casa».
Pensai che avesse perso il cervello, ma acconsentii…
Quando la presi in braccio il primo giorno eravamo ambedue imbarazzati, nostro figlio invece camminava dietro di noi applaudendo e dicendo:
«grande papà, ha preso la mamma in braccio!»
il secondo giorno eravamo tutti e due più rilassati. Lei si appoggiò al mio petto e sentii il suo profumo sul mio maglione.
Mi resi conto che era da tanto tempo che non la guardavo. Mi resi conto che non era più così giovane, qualche ruga, qualche capello bianco.
Ii quarto giorno, prendendola in braccio come ogni mattina, avvertii che l’intimità stava ritornando tra noi: questa era la donna che mi aveva donato dieci anni della sua vita, la sua giovinezza, un figlio. Nei giorni a seguire ci avvicinammo sempre più.
Ogni giorno era più facile prenderla in braccio e il mese passava velocemente.
Pensai che mi stavo abituando ad alzarla, e per questo, ogni giorno che passava la sentivo più leggera. Mi resi conto che era dimagrita tanto.
L’ultimo giorno, nostro figlio entrò all’improvviso nella nostra stanza e disse:
«papà, è arrivato il momento di portare la mamma in braccio».
Per lui era diventato un momento basilare della sua vita.
Mia moglie lo abbracciò forte ed io girai la testa, ma dentro sentivo un brivido che cambiò il mio modo di vedere il divorzio. Ormai prenderla in braccio e portarla fuori cominciava ad essere per me come la prima volta che la portai in casa quando ci sposammo… la abbracciai senza muovermi e sentii quanto era leggera e delicata… mi venne da piangere!
Mi fermai in un negozio di fiori. Comprai un mazzo di rose e la ragazza del negozio mi disse:
«che cosa scriviamo sul biglietto?».
Le dissi:
«ti prenderò in braccio ogni giorno della mia vita finché morte non ci separi».
Arrivai di corsa a casa e con il sorriso sulla bocca, ma mi dissero che mia moglie era all’ospedale in coma…
Arrivai di corsa a casa e con il sorriso sulla bocca, ma mi dissero che mia moglie era all’ospedale in coma. Stava lottando contro il cancro ed io non me n’ero accorto.
Sapeva che stava per morire e per questo mi aveva chiesto un mese di tempo, un mese perché a nostro figlio rimanesse impresso il ricordo di un padre meraviglioso e innamorato della madre.
Lei aveva chiaro quali fossero I dettagli, I semplici dettagli, che contano in una relazione. Non sono la casa, la macchina, I soldi… queste sono cose effimere che sembrano saldare un’unione e invece possono dividerla.
A volte non diamo il giusto valore a ció che abbiamo fino a quando non lo perdiamo.
Autore sconosciuto
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mccek · 1 year ago
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“Nonoo” questa mattina sei venuto a mancare e dopo aver lottato per altri tre mesi, anche se in ospedale ti avevano dato pochi giorni, ininterrottamente non hai mai mollato quel filo sottile che divide la vita dalla morte; anche contro le tue volontà a testa alta col tuo carattere (in cui non mi rispecchiavo) sei riuscito a tenerti vivo, ahimè, purtroppo, la morte vince si tutto, non ha pietà.
Fin da piccolo il tuo sogno era di vedermi guidare, cosa che se pur col tempo ho saputo apprezzare non ho mai amato fare come te, prima che l’infarto ti colpisse definitivamente ti avevo fatto una promessa, di portarti a vedere un gran premio di formula uno, da noi tanto amata, questo seppur per evidenti problemi economici non mi avrebbe mai impedito di non farlo, però non avresti avuto le forze, anche se immagino che ti saresti commosso, anche se una persona come te era difficile vederla piangere.
Abbiamo avuto periodi in cui ci costruivamo mentalmente dei muri invisibili e proprio per la differenza del nostro carattere questo ci ha ferito entrambi, fuori sicuramente eravamo orgogliosi ma il problema poi è sempre dentro, quel peso che a lungo andare ti consuma fino a trasformalo in malattia.
Col senno di poi siamo bravi tutti, tu hai le tue responsabilità e io le mie, non esistono santi, nessuno di noi due ha vinto o perso, nonostante abbiamo sofferto, ci siamo riavvicinati pian piano, con più fiducia e lo abbiamo fatto raccontandoci la mia, la nostra infanzia, nostra perchè alla fine hai passato davvero tanti anni assieme a me quando ero piccolo, io non dimentico i tuoi errori nonno, ma nemmeno il bene che mi hai fatto, la tua immensa disponibilità per me e la mamma quando aveva bisogno di essere portata per lunghi anni su e giù in ospedale, sappi che queste cose rimarranno impresse nella mia testa, perché col tempo, forse crescendo, anche se ancora mi vedo, sai, un po’ bambino, quel Mattia che era il tuo idolo, che doveva essere il migliore di tutti, ma che in realtà voleva solo essere come tutti, e che quei tutti avessero il mio stesso cuore, quella bontà che col tempo è pian piano svanita.
Chi si dimentica di tutta quella gente che ci Incontrava in bici la mattina presto?
La tua felicità negli occhi, nel vedere come tutti si fermassero a guardarmi, a parlarmi e a sottolineare il fatto che il sorriso non mi mancasse mai.
Si andava a prendere il pane, ne volevo subito un pezzo, ci fermavamo a vedere tutti i cani della via con la speranza che rispondessero alle mie parole, e restavo lì convinto fino a quando sentivo abbaiare e tu mi davi conferma delle loro risposte.
Che periodi, cercavo sempre mia mamma, purtroppo per via del lavoro per me era come stesse via intere settimane ma in realtà così non era, però tu ben sapevi quanto io sia legato a mamma, e tranquillo ricorderò sempre quanto anche tu lo fossi, anche se spesso avevi qualcosa da ridere per via del tuo carattere ricorderò le tue ultime parole: “La mamma è la donna più intelligente che ho conosciuto, fin troppo buona e disponibile per tutti, voglio che lei lo sappia”.
Potrei scrivere un libro, non un poema su ciò che abbiamo vissuto insieme, sei stato la mia infanzia, il mio periodo preferito, lo rivivrei mille volte, nonostante il tuo modo di essere, ma chi sono io per giudicare? Certo, quello che penso lo dico, come hai sempre fatto tu, ma allo stesso tempo non mi nasconderò mai come non giudicherò mai!
Ora stai vicino alla nonna, e assieme fatemi il regalo più grande, che non sono i soldi, non sono una vita di successi, ma la speranza di vedere vostra figlia, mia mamma, stare un po’ meglio.
Solo questo.
Il pensiero rimbomberà sempre nella mia testa, fra cose belle e cose brutte, ma per vivere di questi tempi, bisogna affidarsi solo all’amore, lo sai nonno no?
Quella piccola parte di odio che io ho sempre avuto verso la mia generazione, e tu, verso chi ben sapevi, era molto simile, però se fossi qui so che con un sorriso, e magari una lacrima, diresti: “Qua te ghe rason”.
Ciao caro nonno, ti voglio bene❤️
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donaruz · 5 months ago
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25 SETTEMBRE 2005 FEDERICO ALDROVANDI
Canzoni contro la guerra
Verità grido il tuo nome / Per quello che non doveva succedere / Per quello che non è ancora successo / Perché non accada mai più
Io la morte l’ho sempre immaginata
Vestita in nero e incappucciata
Forse non ci crederai nemmeno tu
Ma quella notte la morte aveva una divisa blu
Eran le cinque di mattina
Era l’alba di un giorno e di una vita
Come andò per l’esattezza non ricordo
Ma in quella via ognuno per magia diventò sordo
Verità grido il tuo nome
E migliaia di persone
Riempiranno la città
Per scoprire se abiti anche qua
Ventitré di settembre ed il sole picchia forte
E le loro bastonate non ti uccideran due volte
Ottomila e più persone non si posson far tacere
Non si possono ignorare
Anche se non vuoi vedere
E sprangate pur le porte
E oscurate le vetrine
Grideremo ancor più forte
Da qualche parte ne siam certi ALDROVIVE
Verità grido il tuo nome
E migliaia di persone
Riempiranno la città
Per scoprire se abiti anche qua
E voi divise insanguinate
Chine dietro ad un mantello
La coscienza non trovate
Forse è accanto al manganello
E riempiteci di botte
E con il sangue alle gengive
Noi grideremo ancor più forte
Da qualche parte ne siam certi ALDROVIVE
Nel coraggio di esser forti ALDROVIVE
In chi tiene gli occhi aperti ALDROVIVE
Noi siamo quelli che credono ancora a queste emozioni
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ma-pi-ma · 6 months ago
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Ho trascorso le estati della mia vita a fare propositi per settembre.
Ora non più.
Ora trascorro l’estate a ricordare i propositi che facevo e che sono svaniti, un po’ per pigrizia, un po’ per dimenticanza.
Che cosa avete contro la nostalgia, eh?
È l’unico svago per chi è diffidente verso il futuro. L’unico.
Senza pioggia agosto sta finendo.
Settembre non comincia.
E io sono così ordinario. Ma non c’è da preoccuparsi, va bene. Va bene così.
Paolo Sorrentino, da La grande bellezza
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gregor-samsung · 4 months ago
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" Il 31 ottobre 1926, durante una grande adunata fascista a Bologna, un colpo di pistola viene sparato contro il ‘Duce’. Chi ha sparato? Il fatto è ancora avvolto nel più grande mistero. Un ragazzo di 16 anni, tale Zamboni, ex fascista, viene conclamato autore del gesto e trucidato sul posto, sotto gli stessi occhi del ‘Duce’. È l’uragano che, stavolta, sconvolge tutta l’Italia. Gli oppositori più in vista sono obbligati a sottrarsi alla furia e le loro case vengono saccheggiate. I giornali avversi al regime sono distrutti. Dovunque, sono giornate di terrore. Quel giorno, io ero a Cagliari, a casa mia. Verso le nove di sera, un amico, trafelato, venne ad avvisarmi che i fascisti suonavano l’adunata di guerra. Io uscii con lui per vedere di che si trattava. Sulla porta di strada, un altro amico mi riferì la notizia che era arrivata ai fascisti ed alla prefettura la notizia dell‘attentato al ’Duce’. «Ho potuto segretamente avere copia del telegramma. Qui, tutti i fascisti sono stati convocati d‘urgenza per le rappresaglie. La tua casa e la tua vita sono in pericolo. Abbandona la città o nasconditi in una casa sicura.» Mentre parlava, arrivavano da più parti gli squilli di tromba con cui, nei differenti rioni, gli squadristi suonavano l’adunata. Salii in casa, licenziai la donna di servizio. Non dovevo pensare che a me stesso. Ridiscesi. Altri amici in piazza erano corsi ad informarsi: i fascisti si adunavano nella loro sede centrale; le automobili erano in movimento per il trasporto più rapido, grida di morte si udivano qua e là contro di me. Andai a pranzare in un ristorante, a pochi metri da casa.
Mentre pranzavo, mi giungevano via via le notizie: i teatri, i cinema, i pubblici ritrovi erano stati fatti chiudere tutti; le squadre fasciste circolavano armate; alla sede del fascio organizzavano la spedizione punitiva contro di me; i capi esaltavano i gregari con discorsi incendiari; io ero la vittima designata; fra mezz‘ora sarebbe cominciata l’azione. Il cameriere, che mi serviva, era stato alle mie dipendenze durante la guerra. Era diventato fascista in seguito, ma non poteva dimenticare un certo rispetto per il suo antico ufficiale. Era molto imbarazzato quella sera, e non osava parlarmi. Tentò più volte, ma io non lo incoraggiai. Finalmente mi disse: «Signor capitano, io so quali ordini ci sono. La scongiuro, non ritorni a casa: parta subito. Si tratterà solo di qualche giorno. Poi vedrà che tutto diventerà normale». «Credi tu» gli chiesi «che io abbia ragione o torto?» «Lei ha ragione» mi rispose arrossendo e prendendo macchinalmente la posizione militare d’attenti. «E allora, perché dovrei fuggire?» La mia domanda lo imbarazzò ancor di più. Non aggiunse parola. Andando via, gli chiesi: «Perché sei diventato fascista?» «I tempi sono difficili. Mi hanno promesso tante cose… Chi può vivere contro i fasci?» "
Emilio Lussu, Marcia su Roma e dintorni, introduzione di Giovanni De Luna, Einaudi (collana ET Scrittori n° 1037), 2008⁴, pp. 168-170.
 NOTA: Questo memoriale antifascista fu pubblicato dall'autore in esilio a Parigi dapprima nel 1931 per un pubblico internazionale, quindi nel 1933 in lingua italiana (col significativo sottotitolo Fascismo visto da vicino) dalla casa editrice parigina "Critica". Il libro fu edito in Italia già nel 1945 dall'editore Einaudi nella Collana "Saggi".'
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