#Il mio amico gatto
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apropositodime · 3 months ago
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Atmosfere autunnali 🍁
Certo che Léon sta bene con tutto 😻
Morning di Giovedì
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libero-de-mente · 1 year ago
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Dopo aver postato i miei addii alla chihuahua Minù e al gatto Alvin, scomparsi davvero troppo presto e a distanza di trentasei ore tra di loro, ho potuto constatare quanto la presunzione di superiorità dell'essere umano sia di quanto più lontano dall'essere davvero umani.
Semmai disumani.
Per molti lo strazio che alcuni esseri umani provano per la scomparsa di un animale domestico è una deriva.
Una preoccupante deriva, dove si pongono sullo stesso piano i nostri amici a quattro zampe con la vita di un altro essere umano.
Non credo che una persona psicologicamente equilibrata voglia mai paragonare la perdita di un cane o di un gatto con quella di un genitore, di un amico o un altro parente.
Ma resta sempre un dolore comunque, che può essere molto profondo se per la persona colpita dal lutto, l'animale, era tutta la sua famiglia. Nessun altro.
Un vuoto resta un vuoto.
A prescindere da tutto questo mio preambolo, per esperienza personale, posso dire che il vedere morire un essere umano e vedere morire un animale che ha condiviso la sua vita con te ha dei punti in comune.
Lo sguardo. Ti cercano come per avere la conferma che non saranno soli, in quel momento, che qualcuno a cui hanno voluto bene sia lì con loro.
Ho visto morire mio padre, mi ha guardato e poi con un sorriso ha guardato in alto ed è spirato.
La mattina che Alvin è morto ero uscito per un appuntamento di lavoro, dovevo portarlo al mio rientro dal veterinario eppure prima di uscire, mentre mi ero chinato su di lui per confortarlo, mi ha guardato e con la zampa mi tratteneva il braccio. Usando gli artigli.
Ho interpretato dopo, quando rientrando di corsa l'ho trovato riverso a terra, che probabilmente mi stava chiedendo di non andarmene. Di restare lì con lui.
Ho letto un post recente dove un veterinario affermava che 9 su 10 i proprietari di cani o gatti non vogliono assistere al trapasso dell'animale.
Che questi prima di essere sedati per il trapasso cercano con lo sguardo colui, o colei, per cui è valsa la pena vivere scodinzolando o facendo le fusa.
Molti credono che gli animali non abbiano un'anima, eppure animale è una parola che viene dal latino "animalis" che vuol dire "animato" o qualcosa che crea la vita. Affine al greco "anemos" (vento, soffio) e al sanscrito "atman", di uguale significato.
Anche mio padre cercò qualcuno e c'ero solo io. Altri erano usciti dalla stanza. Qualcuno addirittura se n'era andato, con una scusa.
Eppure l'essenza della riconoscenza verso un'anima sta proprio nello stargli vicino, quando quell'anima lascerà il suo corpo terreno.
Non si dovrebbe privare nessuno di questo riconoscimento, a meno che la morte non giunga inaspettata e all'improvviso sia chiaro.
Nel corso della propria esistenza le persone hanno svariati interessi e priorità. Ma per gli animali, quello che noi definiamo il loro padrone, è la cosa più importante di tutto. Di tutti.
Lo sguardo degli umani, durante l'esistenza, cambia a seconda dei sentimenti. Che sia amore o rabbia, a volte anche odio.
Ma nel momento in cui una persona capisce che è giunta la sua ora cerca il perdono, oppure di perdonare.
Un cane o un gatto non si devono far perdonare nulla da chi li ha amati. Ti guarderanno con lo stesso sguardo del primo giorno che li avrete visti. Con amore incondizionato.
Perché nell'attimo in cui se ne vanno, inizia il ricordo e l'amore si consolida nel cuore. Per alcuni umani invece rimane anche una parte di rabbia e di cose incompiute.
E nell’attimo in cui tutto finisce, niente finisce
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AARGHH! https://www.youtube.com/watch?v=JRfuAukYTKg
LA REALTÀ È UN "CONTORNO" CHE AL GATTO PIACE? La realtà è un "contorno" che al gatto piace? Il gatto non vive una dimensione "altra" rispetto alla nostra. Il gatto è un giorno di sole quando era prevista la pioggia. Il gatto è scoperta. Il gatto è lontano da tutta la grammatica che serve per scrivere.
Il gatto non necessita di essere portato fuori per i suoi bisogni: e i gatti di colonia sono già autosufficienti. Quindi questo impegna solo relativamente? Se chiedo al mio cuore cosa faccia per amore, non penso che mi dica che si limiti al "minimo accettabile sindacale prescrivibile". Il gatto - che non è una medicina, ma mistero regalato all'umanità - fa della tolleranza il suo principio e della libertà la sua "mission" (missione mi piace di più: usare la nostra lingua è bello a prescindere).
La realtà (per dirla tutta) è fatta anche di gatti che si allontanano, di gatti che non possono più stare con il compagno umano, di gatti incidentati per i quali si fa di tutto per ristabilire l'equilibrio di ferite del corpo e dell'anima felina (sul fatto che il gatto abbia un'anima, il rischio è di offendere qualcuno… ma è solo un mio soggettivo pensiero).
Ultimamente amplificano se stesse, e si fanno sempre più strada, le parole come: "empatia; inclusione; resilienza e tolleranza", che solletica - ancor più - il concetto dell' "accoglienza", in senso sia lato sia stretto.
Vuoi un essere speciale? Lo pensi incapace di far del male? Credi nei rapporti simbiotici? Credi che la natura che ama sappia anche lasciarti i tuoi spazi? Pensi che sia un sogno? Che abbia parlato di un essere immaginario? Che la bontà esista solo in una concezione di santità legata a pochissimi? Beh, sì… io non sono un santo. Ma, se esiste un concetto profondo d'etica, che suggerisce alla natura uomo di non insuperbirsi, quest'ultima cosa fa uscire dal cappello delle cose straordinariamente belle? Eh sì, proprio loro… i gatti. E i gatti hanno subito scelto la via dell'amore verso l'uomo. È bello l'impegno umano che - vedendo i gatti - resta estasiato di fronte a questo capolavoro di bellezza e di amore naturale. Un mondo senza gatti è pensabile?
Vi provoco… allora si può pensare che il mondo possa vivere senza che ci sia l'amore?! Il gatto non ha solo migliorato la mia natura imperfetta; il gatto, i gatti mi fanno dire che c'è una natura che ci osserva e verso la quale il senso di responsabilità dev'essere alto, altissimo… infinito. Vedere l'acqua nel deserto rimanda al senso della vita, là dove pare che non possa esistere. Il gatto è l'acqua sempre, ovunque, comunque. Il gatto è l'oceano che separa i "continenti delle contraddizioni".
Essere razionali per spiegare… che essere gatto per amare - disinteressatamente - vuol dire, innanzitutto, che il bene - di per sé - non abbisogna mai di giustificarsi. C'è, e si chiama felino, e si chiama gatto, e si dice amico dell'uomo… e si vede che ci ama senza che nessuno lo obblighi a farlo! E questo resta il mistero che mai svelerò. Se il gatto mi dicesse i suoi segreti, io fermerei all'istante il mio pensiero e la mia penna, che vorrebbe tentare di tradurre il mistero.
Tradurre l'Amore gatto equivarrebbe a svelare il segreto intimo che genera la Vita, ogni Vita nella sua capacità di sapersi donare, senza chiedere nulla in cambio, al di là di ciò che sostiene e alimenta la Vita: (l'amore; il cibo; il gioco; lo scambio). Si cerchi di non tradire mai la natura del gatto, perché, così incredibilmente perfetta, buona e mansueta, in un candore che non adduce spiegazioni razionali… c'è: nell'essenza della bellezza della Vita quand'è - insieme - gioia, grandezza e mistero.
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canesenzafissadimora · 3 months ago
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Ma tu dove hai casa adesso esattamente?
Ogni volta che qualcuno mi fa questa domanda non so mai cosa dire. È quell'avverbio – "esattamente" – che mi ammutolisce, e non solo perché io una casa esattamente non ce l'ho, ma anche perché non sono sicura che la casa rientri nel novero delle realtà esatte.
Se per casa si intende il posto in cui arrivano le multe dell'auto, in cui faccio le lavatrici e in cui il gatto mi riconosce, allora casa mia è Cabras, è Torino, è Roma. Se invece per casa si intende quell'approdo da dove anche chi parte per mille destinazioni ha la tendenza segreta a ritornare, allora l'esattezza va del tutto a farsi benedire e subentra la molteplicità, la sovrapposizione, l'abbraccio tentacolare di mille familiarità.
Perché casa mia è una donna con un rossetto da ragazza che sforna una torta al cioccolato prima di uscire con me, ancora profumata di lievito e vaniglia. È una signora di settant'anni che scova in un armadio un caftano mai messo e se lo infila, perché crede che di feste nella vita gliene spettino ancora. È un gruppo di whatsapp dal titolo surreale che mi regala leggerezza proprio quando il mondo fa di tutto per portarmi a fondo.
Casa mia è un treno che si ferma a Oristano e la donna che scende col cappello rosso lo fa per me. È un amico timido che mi manda sms preziosi, perché un “ti voglio bene” così vero si può confessare solo se non lo sente nemmeno chi lo dice. È una coppia di amici in moto che viaggia verso il mare di notte per fare un bagno con te, nudi come trent'anni fa, lasciando a casa figlie, nipoti e cane.
Casa mia è un fratello capace di prendere in mano il posto che si è divorato la sua adolescenza e trasformarlo nel giardino in cui far fiorire le piante grasse, la sua maturità e i sogni dei suoi figli. È una bambina bionda che mi si addormenta addosso perché non conosce altri modi di dirmi che per lei io sono un luogo sicuro. È la chiave di un appartamento dove un gatto grigio può decidere che, in assenza dei padroni, nel letto gli vado bene pure io.
Casa mia è un amico che ride e canta gli U2 a squarciagola al mio fianco mentre corriamo brilli per le strade della Marmilla. È una donna che sa insegnare alla sua bimba che crescere significa anche accettare di essere misurate da chi ti ama. E' una scritta temeraria col gessetto lasciata di nascosto su una lavagna da una mano che aveva fretta, ma il tempo per quello l'ha trovato.
Soprattutto è l'uomo amato che si sveglia in un'alba di Salisburgo e sa che la sua casa ovunque resto io.
Non c'è niente di esatto in tutto questo ed è meglio così.
Infatti non è utile che mi chiediate dove ho casa.
Io so dire solo in chi.
Michela Murgia
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seduction-fatale78 · 6 months ago
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Al crepuscolo dei miei anni, ho trovato compagnia non nella frenesia della vita, ma negli occhi di un amico leale. Era un randagio, il suo pelo era sporco e il suo ventre vuoto, ma il suo spirito intatto. Con un tocco delicato, mi avvicinai e lui, con una fiducia vasta come il cielo aperto, mi seguì fino a casa.
Ora è più del mio gatto, è il mio confidente, la mia gioia, il mio piccolo faro di speranza. Quando parlo, lui ascolta, rispondendo non a parole, ma con un amore così puro che si parla nel linguaggio silenzioso del suo sguardo e lecca tenere sulle mie mani stanche.
"Fido", sussurro, mentre le ultime monete tintinnano nel nostro barattolo, "pazienza amico mio, perché il nostro banchetto è a un'alba. "
E quando l'alba rompe, restiamo uniti, con volti superati dal tempo, ognuno con copioni di vita ben vissuta. La coda alta di Fido con un piccolo movimento sulla punta che esprime soddisfazione e fiducia, perché sa che oggi, le nostre pance saranno piene e i nostri cuori ancora più pieni.
Il freddo dell'inverno può filtrare attraverso le crepe della nostra umile dimora, ma Fido è vicino, il suo calore scaccia il freddo. Mentre i primi fiori della primavera si svelano, ci godiamo il bagliore dorato, le nostre anime si intrecciano in silenziosa gratitudine.
Dal profondo del mio essere, sale una preghiera, portata in alto dalla brezza mattutina: "Grazie, Divino Creatore, per il dono del gatto, un vero amico che non chiede nulla ma dà tutto".
dal web
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solobrividiecoraggio · 6 months ago
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A un mio amico è morto il gatto. Da quello che mi è stato detto si è ammalato e in una settimana ha finito il suo tempo. Deve essere molto brutto da vivere. Gli ho scritto un messaggio, con le lacrime, mentre Lucky era lì a due passi da me. Non tanto perché il mio messaggio possa cambiare molto la situazione, ma perché è mio amico e deve sapere che ci sono e che gli voglio bene.
Nei prossimi giorni dovrei avere l'opportunità di guardarlo negli occhi, visto che io, lui e un altro amico dovremmo fare una piccola gita per un evento.
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fantasticazioni · 1 year ago
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“Ma tu dove hai casa adesso esattamente?”
Ogni volta che qualcuno mi fa questa domanda non so mai cosa dire. È quell'avverbio – "esattamente" – che mi ammutolisce, e non solo perché io una casa esattamente non ce l'ho, ma anche perché non sono sicura che la casa rientri nel novero delle realtà esatte.
Se per casa si intende il posto in cui arrivano le multe dell'auto, in cui faccio le lavatrici e in cui il gatto mi riconosce, allora casa mia è Cabras, è Torino, è Roma. Se invece per casa si intende quell'approdo da dove anche chi parte per mille destinazioni ha la tendenza segreta a ritornare, allora l'esattezza va del tutto a farsi benedire e subentra la molteplicità, la sovrapposizione, l'abbraccio tentacolare di mille familiarità.
Perché casa mia è una donna con un rossetto da ragazza che sforna una torta al cioccolato prima di uscire con me, ancora profumata di lievito e vaniglia. È una signora di settant'anni che scova in un armadio un caftano mai messo e se lo infila, perché crede che di feste nella vita gliene spettino ancora. È un gruppo di whatsapp dal titolo surreale che mi regala leggerezza proprio quando il mondo fa di tutto per portarmi a fondo.
Casa mia è un treno che si ferma a Oristano e la donna che scende col cappello rosso lo fa per me. È un amico timido che mi manda sms preziosi, perché un “ti voglio bene” così vero si può confessare solo se non lo sente nemmeno chi lo dice. È una coppia di amici in moto che viaggia verso il mare di notte per fare un bagno con te, nudi come trent'anni fa, lasciando a casa figlie, nipoti e cane.
Casa mia è un fratello capace di prendere in mano il posto che si è divorato la sua adolescenza e trasformarlo nel giardino in cui far fiorire le piante grasse, la sua maturità e i sogni dei suoi figli. È una bambina bionda che mi si addormenta addosso perché non conosce altri modi di dirmi che per lei io sono un luogo sicuro. È la chiave di un appartamento dove un gatto grigio può decidere che, in assenza dei padroni, nel letto gli vado bene pure io.
Casa mia è un amico che ride e canta gli U2 a squarciagola al mio fianco mentre corriamo brilli per le strade della Marmilla. È una donna che sa insegnare alla sua bimba che crescere significa anche accettare di essere misurate da chi ti ama. E' una scritta temeraria col gessetto lasciata di nascosto su una lavagna da una mano che aveva fretta, ma il tempo per quello l'ha trovato.
Soprattutto è l'uomo amato che si sveglia in un'alba di Salisburgo e sa che la sua casa ovunque resto io.
Non c'è niente di esatto in tutto questo ed è meglio così.
Infatti non è utile che mi chiediate dove ho casa.
Io so dire solo in chi.
Michela Murgia
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artide · 2 years ago
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grazie a @gimsydelfuturo
1. Are you named after anyone? Mio bisnonno, ma anche mio zio ha come secondo nome il mio. Un amico di mio padre che ora non è più amico ed io non sono più figlio. Un destino un nome
2. Quando è stata l'ultima volta che hai pianto? Mercoledì scorso accarezzando il gatto
3. Hai figli? no
4. Fai largo uso del sarcasmo? Si!
5. Quali sport pratichi o hai praticato? due anni di calcio, tutto il resto senza allenatori
6. Qual è la prima cosa che noti in una persona? Occhi e mani
7. Qual è il colore dei tuoi occhi? Marroni
8. Scary movies o happy endings? Happy endings tutta la vita
9. Qualche talento particolare? Memoria, suonare il violoncello?
10. Dove sei nato? Cagliari
11. Quali sono i tuoi hobby? Leggere, passeggiare
12. Hai animali domestici? Un gatto
13. Quanto sei alto? 163m
14. Materia preferita a scuola? Umanistiche
15. Dream job? Nessuno! Taggo: @principersadanimo @perleaiporci @nusta
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gcorvetti · 10 months ago
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Fase 3.
Dopo aver accompagnato i ragazzi all'aeroporto e consegnato l'auto a noleggio ho preso l'autobus e sono tornato a casa, e mi sono reso conto che è iniziata la fase 3 di questo periodo, la prima era di relax, la seconda con mia figlia. Lunedì è anche un mese che sono qua e Spock mi ha fatto notare che sono venuto per un motivo specifico, già il lavoro, quindi chiuso questo post inizio a fare una prima ricerca. La settimana con i ragazzi è andata bene, sono partiti contenti e con la voglia di tornare perché c'è ancora molto da vedere e per il cibo, si sono rimpinzati a dovere fino a ieri sera con la cena alla pizzeria con i parenti, che è andata abbastanza bene, un pò come sempre quattro risate, foto di rito, baci e abbracci a profusione. Mio cugino-tim (perché lavora nella compagnia telefonica e per distinguerlo perché ne ho una sfilza) mi ha detto che oggi c'è un concerto di un amico suo che con la band fanno brani anni 80, della serie "siete fermi e ristagnate", onestamente non so se andrò perché non mi interessa sentire la solita solfa, però alla fine è sempre musica dal vivo e ci può stare, deciderò più tardi, ho pensato di andare a vedere 'povere creature' visto che tutti ne parlano bene e sono curioso come un gatto. Domani però ci sarebbe Marc Ribot in una solo performance a Palermo, mio cugino-dottore va e mi aveva chiesto se andavo anche io, ma non sono dell'umore giusto anche se il chitarrista è nella mia lista di musicisti da vedere assolutamente, spero di beccarlo in futuro. Non sono ancora convinto che questa mia venuta qua sia stata una grande idea, però il tempo passa ed è meglio che mi do da fare. Vi lascio a Marc.
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apropositodime · 2 years ago
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E io che volevo farti benedire!
#maipoilpapasincazza
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libero-de-mente · 2 months ago
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Il mio amico Holter
Da ieri, e per 24 ore, ho un nuovo amico.
Uno di quelli che come ti vede ti si appiccica addosso.
Dove vado io, viene anche lui. Ovunque.
Siamo inseparabili.
Quando la Prof. Inf. OTA ASA OSS e Signorina Rottenmeier me lo ha "presentato" mi ha dato un ordine. Ca-te-go-ri-co.
Se l'amico Holter comincia a soffiare, con un piccolo fischio, non mi devo muovere. Fermo proprio.
Per me, neurodivergente, questo ordine è diventato perentorio.
Così da ieri, ogni quarto d'ora, io mi blocco.
Un po' come se stessi giocando a "un, due, tre, stella!" o, se vogliamo modernizzarci, come se fossi in una scena di Squid Game con Younghee.
Da questo mio rapporto intimo, con l'amico Holter, ho appreso che se sei mancino devi calcolare bene le tempistiche dei 15 minuti, in modo da evitare le seguenti situazioni che durano circa trenta secondi, ma che diventano un'eternità:
- Salutare un amico, dall'altro lato della strada, con il braccio sinistro alzato. Perché poi, per via della circolazione compromessa, devi aprire e chiudere il pugno alla disperata ricerca di fermare "le formiche". Così passa la gente e tra un "Hasta la victoria" e un "Povero KomunistaH!" rischi pure di litigare con degli sconosciuti.
- Prelevare il biglietto al casello autostradale. Potresti scoprire le nuove tendenza e novità nel campo di maledizioni e blasfemia, da parte degli automobilisti in colonna dietro di te.
- Prendere lo scontrino alla cassa di un supermercato, mentre con la mano destra reggi le borse. Se dovesse capitare in un supermercato, quello delle grandi marche, potresti cavartela con poco. In un discount verresti preso a male parole, iniziando dalla cassiera. Che al pit-stop di un bolide di Formula 1 se la prendono più comoda di una cassa del discount vicino casa.
- Scrivere sui sociallllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllll.
- Dare una carezza innocente a una persona, dopo dieci secondi diventa molestia.
- Alzare il volume della televisione, in 30 secondi si raggiungono picchi di decibel da concerto degli Iron Maiden. Non lo sapevo.
- Bere birra. Dal bere un sorso all'alcolismo esplicito è un attimo.
- Assumere gocce per dormire, da una notte serena a due giorni di coma sonnolento è un attimo.
- Petting. Sul più bello ti fermi, così de botto. "Non ti piaccio più?!", è la prima fase che ti senti dire. "Ecco lo sapevo, ne hai un'altra", la seconda. Poi rimediare è dura.
- Giocare col gatto. Quando giochi con un gatto la tua velocità è fondamentale per la sopravvivenza delle tue dita. Sappiate che sto scrivendo questo post con una sola mano.
- Suonare a un videocitofono, potresti sentire nuove imprecazioni anche in questo caso.
Tra poche ore saluterò il mio amico Holter, un po' mi mancherà. Perché in fondo una vita con ripartenze è meglio di una monotona e scontata.
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susieporta · 1 year ago
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“Ma tu dove hai casa adesso esattamente?”
Ogni volta che qualcuno mi fa questa domanda non so mai cosa dire. È quell'avverbio – "esattamente" – che mi ammutolisce, e non solo perché io una casa esattamente non ce l'ho, ma anche perché non sono sicura che la casa rientri nel novero delle realtà esatte.
Se per casa si intende il posto in cui arrivano le multe dell'auto, in cui faccio le lavatrici e in cui il gatto mi riconosce, allora casa mia è Cabras, è Torino, è Roma. Se invece per casa si intende quell'approdo da dove anche chi parte per mille destinazioni ha la tendenza segreta a ritornare, allora l'esattezza va del tutto a farsi benedire e subentra la molteplicità, la sovrapposizione, l'abbraccio tentacolare di mille familiarità.
Perché casa mia è una donna con un rossetto da ragazza che sforna una torta al cioccolato prima di uscire con me, ancora profumata di lievito e vaniglia. È una signora di settant'anni che scova in un armadio un caftano mai messo e se lo infila, perché crede che di feste nella vita gliene spettino ancora. È un gruppo di whatsapp dal titolo surreale che mi regala leggerezza proprio quando il mondo fa di tutto per portarmi a fondo.
Casa mia è un treno che si ferma a Oristano e la donna che scende col cappello rosso lo fa per me. È un amico timido che mi manda sms preziosi, perché un “ti voglio bene” così vero si può confessare solo se non lo sente nemmeno chi lo dice. È una coppia di amici in moto che viaggia verso il mare di notte per fare un bagno con te, nudi come trent'anni fa, lasciando a casa figlie, nipoti e cane.
Casa mia è un fratello capace di prendere in mano il posto che si è divorato la sua adolescenza e trasformarlo nel giardino in cui far fiorire le piante grasse, la sua maturità e i sogni dei suoi figli. È una bambina bionda che mi si addormenta addosso perché non conosce altri modi di dirmi che per lei io sono un luogo sicuro. È la chiave di un appartamento dove un gatto grigio può decidere che, in assenza dei padroni, nel letto gli vado bene pure io.
Casa mia è un amico che ride e canta gli U2 a squarciagola al mio fianco mentre corriamo brilli per le strade della Marmilla. È una donna che sa insegnare alla sua bimba che crescere significa anche accettare di essere misurate da chi ti ama. E' una scritta temeraria col gessetto lasciata di nascosto su una lavagna da una mano che aveva fretta, ma il tempo per quello l'ha trovato.
Soprattutto è l'uomo amato che si sveglia in un'alba di Salisburgo e sa che la sua casa ovunque resto io.
Non c'è niente di esatto in tutto questo ed è meglio così.
Infatti non è utile che mi chiediate dove ho casa.
Io so dire solo in chi.
Michela Murgia, post dell' 11 agosto 2016
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alessandrovilla1982 · 1 month ago
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Sarà l'età, sarà che sto invecchiando e maturando, saranno le "mazzate" prese o sarà quel che sarà ma, pur rimanendo un sognatore mentre il tempo mi ha reso più maturo e consapevole di me stesso, dei miei difetti e del riflesso che, di me stesso, vedo negli occhi della gente così come nello specchio ma mi sto accorgendo di non essere più lo stesso di una volta e, forse, nemmeno quello di un anno fa quando, incontrandomi casualmente con Jimmy lungo il mio percorso di vita, ancora sperava in un riscatto che Dio soltanto sa se, per il sottoscritto, ci sarà mai...
Lo specchio non mente anche se ci riflette al contrario e la voce non è la stessa che udiamo dalle nostre orecchie purché la sentiamo da dentro.
Ora sono più forte solo di facciata perché, in realtà, la spavalderia che mi caratterizzava da bambino, quando tra gli altri bambini disabili che ho incontrato all'interno della loggia, mi sentivo un passo avanti, non agli altri ma a me stesso, perché sapevo di essere attorniato anche e soprattutto da figure che venivano "dal mondo fuori" a quella "dimensione parallela".
Quella spavalderia però non era nient'altro che l'incoscienza di un bambino che attraversa il bosco a pieni nudi sotto la pioggia, incurante dei pericoli che si possono incontrare lungo una strada che non puoi mai sapere dove davvero ti porta...
Io sbagliato, forse poco, forse tutto, forse niente tanto chissenefrega; ranto "alle quattro sono a casa", alle quattro c'è Uan 012, c'è Bim Bum Bam, ci sono i Power Rangers, c'è Non è la Rai, c'è Ambra Angiolini e "Generazione X", "Favola con Ryan Krause, a casa c'è la musica e ci sono i compagni di scuola di mio fratello che ogni tanto vengono a fare i compiti quindi c'è quel che resta di "quella bimba che all'asilo mi sorrideva"..., già: la mia Pamela Panzeri; chi se la scorda più vestita da Zorro su quella giostrina?
Aaaaahhhh: quanto mi sbagliavo? Chissà se è per quello che, ancora oggi, a Marco Asaro, a Pianeta Musica Erba chiedo di portare al saggio di fine anno scolastico la canzone "Andrea" per ricordarmi che, nonostante tutto, dei miei "amici catodici" coi quali, dialogavo illlusoriamente come farebbe Dale Cooper di Twin Peaks parlando con un registratore mentre prosegue le indagini dell'omicidio di Laura Palmer, sono riuscito a portare "fuori" dal teleschermo Valerio Floriani ed a diventarci amico, io che ascolto ancora Cristina D'Avena forse perché, inconsciamente, a "dirigere la regia di un film immaginario di speranze future" è il mio #Doppelgänger che, scisso dall'integrità di ALESSANDRO VILLA, cerca ancora la sua vera identità scissa passaggio dopo passaggio da una dimensione all'altra, destratificandosi fino a far restare di lui soltanto la versione tulpa mentre, dalla loggia, non vuol buttare via gli insegnamenti di quell'"uomo che canta una canzone" ("MANI" DI Fabrizio Colombo) e lo cerca costantemente negli occhi e nelle inflessioni di Guido Cavalleri da quando, da bambino, lo ha rivisto nei panni di Walter in "Cristina L'Europa Siamo Noi"...!
Tutto questo sono io che mi sono perso nel loop della ciclicità di qualcosa che forse non avrà mai compimento, come un gatto che si morde la coda, forse perché ha paura di perdere anche quel poco che gli resta, quel granello di "Fantàsia" che svanirà se, con l'Auryn, non sarà abbastanza forte da esprimere l'unico desiderio abbastanza potente da sconfiggere il nulla che domina il mondo di una storia infinita senza un centro, senza tempo, senza spazio né una dimensione reale sulla quale appoggiarsi come un cuscino, come il diaframma, come l'aria che, senza una compressione adeguata emette una nota stonata come quella che caratterizza la mia esistenza sin dalla gestione della mia burrascosa gestazione in grembo di mia madre...
Il nastro di Mobius scorre sulle linee del tempo e, manco a farlo apposta, c'è chi sa che, alcune "pagine strappate" della mia esistenza, il destino ha voluto farmele rivivere nel terrore di uno psicodramma che, tra gli alti e bassi di un encefalogramma sul retro del quale ho scarabocchiato i miei sogni che nessuno può davvero vedere ed i segreti che nessuno potrà mai codificare correttamente, proprio in questi mesi nei quali, le lancette del tempo sembrano scorrere alla rovescia anche se ciò che è stato non si può rimediare, nonostante Dale Cooper ci abbia provato cercando di impedire l'omicidio di Laura Palmer...
Ogni cosa che è stata lascia un segno che resta anche quando qualcosa finisce, proprio come quel tatuaggio che ho sul cuore al solo scopo di ricordarmi, quando sarò vecchio, che almeno una volta nella vita sono stato felice di essere me stesso e di capire cosa desiderassi da sempre dalla vita dopo una sequela di "amici virtuali" o di persone apparentemente inutili; l'ho scoperto e l'ho riscoperto dopo sei anni da quel lontano (ma sempre presente nei miei ricordi) 7 Ottobre del 2018 quando, in balia di tutti i miei mostri, demoni e tormenti, non riuscendo a gestire la situazione dell'unica fine che speravo non avvenisse MAI, tutto il mio passato mi ha travolto fino a non desiderare altro che di andarmene per sempre per non essere mai più un problema per nessuno.
Il mio viaggio del ritorno verso casa, verso le persone reali alla ricerca di me stesso...., quel me stesso che non è mai emerso, quel me stesso che non esiste più o che, forse, non è mai esistito come Richard nel mondo illusorio di Twin Peaks nella versione tulpa di Twin Peaks.
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Ecco: "DOPPELGÄNGER (NELL'OSCURITÀ DI UN FUTURO PASSATO)" per me sarà la mia personale spiegazione di tutto questo.
C'è ancora qualcosa da sistemare "di te, di me, di noi" ma, per quello, per metterci un punto definitivo alla catastrofe che mi torna in mente ad ogni fallimento, ad ogni frustrazione, ad ogni mio errore commesso, se tutto andrà a buon fine, ci penserà Mario Montenero prossimamente.
Per il momento aspettate con me il 25 Febbraio 2025 per ascoltare il brano di cui sopra in featuring con Luigi Ghigo Sturdà! 🥰🤟
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canesenzafissadimora · 1 year ago
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“Ma tu dove hai casa adesso esattamente?”
Ogni volta che qualcuno mi fa questa domanda non so mai cosa dire. È quell'avverbio – "esattamente" – che mi ammutolisce, e non solo perché io una casa esattamente non ce l'ho, ma anche perché non sono sicura che la casa rientri nel novero delle realtà esatte.
Se per casa si intende il posto in cui arrivano le multe dell'auto, in cui faccio le lavatrici e in cui il gatto mi riconosce, allora casa mia è Cabras, è Torino, è Roma. Se invece per casa si intende quell'approdo da dove anche chi parte per mille destinazioni ha la tendenza segreta a ritornare, allora l'esattezza va del tutto a farsi benedire e subentra la molteplicità, la sovrapposizione, l'abbraccio tentacolare di mille familiarità.
Perché casa mia è una donna con un rossetto da ragazza che sforna una torta al cioccolato prima di uscire con me, ancora profumata di lievito e vaniglia. È una signora di settant'anni che scova in un armadio un caftano mai messo e se lo infila, perché crede che di feste nella vita gliene spettino ancora. È un gruppo di whatsapp dal titolo surreale che mi regala leggerezza proprio quando il mondo fa di tutto per portarmi a fondo.
Casa mia è un treno che si ferma a Oristano e la donna che scende col cappello rosso lo fa per me. È un amico timido che mi manda sms preziosi, perché un “ti voglio bene” così vero si può confessare solo se non lo sente nemmeno chi lo dice. È una coppia di amici in moto che viaggia verso il mare di notte per fare un bagno con te, nudi come trent'anni fa, lasciando a casa figlie, nipoti e cane.
Casa mia è un fratello capace di prendere in mano il posto che si è divorato la sua adolescenza e trasformarlo nel giardino in cui far fiorire le piante grasse, la sua maturità e i sogni dei suoi figli. È una bambina bionda che mi si addormenta addosso perché non conosce altri modi di dirmi che per lei io sono un luogo sicuro. È la chiave di un appartamento dove un gatto grigio può decidere che, in assenza dei padroni, nel letto gli vado bene pure io.
Casa mia è un amico che ride e canta gli U2 a squarciagola al mio fianco mentre corriamo brilli per le strade della Marmilla. È una donna che sa insegnare alla sua bimba che crescere significa anche accettare di essere misurate da chi ti ama. E' una scritta temeraria col gessetto lasciata di nascosto su una lavagna da una mano che aveva fretta, ma il tempo per quello l'ha trovato.
Soprattutto è l'uomo amato che si sveglia in un'alba di Salisburgo e sa che la sua casa ovunque resto io.
Non c'è niente di esatto in tutto questo ed è meglio così.
Infatti non è utile che mi chiediate dove ho casa.
Io so dire solo in chi.
Michela Murgia, post dell' 11 agosto 2016
da una pagina fb
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elenaragazzoniautrice · 2 months ago
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Buon sabato! L'inverno per me è sinonimo di una calda coperta sulle gambe, una tisana calda, un amico peloso a farci compagnia durante la nostra lettura che potrebbe essere il mio libro "Il tesoro è nei ricordi. Diario di un amore felino" disponibile anche in versione digitale su Amazon 💖
Elena
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mangiaprismi · 4 months ago
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Ho quasi 29 anni, il mio migliore amico sta diventando mio fratello, sto pensando seriamente di prendermi un gatto nero, o nero o niente, e sto nuovamente cercando lavoro. Casa mia non sta più tanto stretta, a starmi stretta sono ancora e sempre io. Vorrei aver il coraggio di realizzare a mano a mano i miei piccoli traguardi. Non sogni. Traguardi. Perché i miei sogni devono rimanere tali per restare freschi e innocenti e perfetti così come li sogno. Ho sempre un capello fuori posto e questa cosa mi fa davvero imbestialire.
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