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#I racconti di Kolyma
abatelunare · 9 months
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È grazie alla capacità di dimenticare che l'uomo riesce a vivere. La memoria vuole sempre dimenticare il male per ricordare unicamente il bene (Varlam Salamov, I racconti di Kolyma).
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mabohstarbuck · 6 years
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Friendship is not born in conditions of need or trouble. Literary fairy tales tell of ‘difficult’ conditions which are an essential element in forming any friendship, but such conditions are simply not difficult enough. If tragedy and need brought people together and gave birth to their friendship, then the need was not extreme and the tragedy not great. Tragedy is not deep and sharp if it can be shared with friends.
Varlam Shalamov, Kolyma Tales
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abr · 4 years
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A proposito del centenario del Pci  -  Nella celebrazione di storici centenari, qui si suggerisce una molto sommaria integrazione per così dire bibliografica (di una bibliografia troppo oscurata o addirittura ignorata) che potrebbe almeno in parte simboleggiare un blando antidoto a una lettura troppo autoapologetica sparsa a piene mani a cento anni da Livorno ‘21. Arcipelago Gulag di Aleksandr Solgenitsin, I racconti della Kolyma di Varlam Salamov, Gulag di Anne Applebaum, Koba il terribile di Martin Amis, Il Grande Terrore di Robert Conquest, Il secolo delle idee assassine di Robert Conquest, Le origini del totalitarismo di Hannah Arendt, La società aperta e i suoi nemici di Karl Raimund Popper, Prigioniera di Stalin e Hitler di Margarete Buber-Neumann, Il corsivo è mio di Nina Berberova, Ritorno dall’Urss di André Gide, Tutto scorre di Vasilij Grossman, Il passato di un’illusione di François Furet, L’epoca e i lupi di Nadezda Mandel’stam, tutte le opere di Osip Mandel’stam, tutte le opere di Marina Cvetaeva, tutte le opere di Anna Achmatova, tutte le opere di George Orwell, L’uomo in rivolta di Albert Camus, La mente prigioniera di Czeslaw Milosz, Un mondo a parte di Gustaw Herling, Il dottor Zivago di Boris Pasternak, Commissariato degli archivi di Alain Jaubert, Buio a mezzogiorno di Arthur Koestler, Il dio che è fallito di Koestler, Silone, Wright, Gide, Spender, Fisher, Novecento il secolo del male di Alain Besançon, I fantasmi di Mosca di Enzo Bettiza, Il regime bolscevico di Richard Pipes, Togliatti 1937 di Renato Mieli, Memorie di un rivoluzionario di Victor Serge, Autobiografia 1945-1963 di Emmanuel Le Roy Ladurie, Nemici del popolo di Nicolas Werth, L’utopia al potere di Mihail Geller e Aleksandr Nekric, Stalin di Boris Souvarine, La scheggia di Vladimir Zazubrin, Viaggio nella vertigine di Evgenia Semionovna Ginzburg, Lettere a Olga di Vaclav Havel, Cime abissali di Aleksandr Zinoviev, tutte le opere di Milan Kundera, Il tempo della malafede di Nicola Chiaromonte, la collezione completa della rivista «Tempo Presente», Intervista politico-filosofica a Lucio Colletti, Atlante.
Un lievissimo Pigi Battista stila la condanna a morte perenne per crimini contro l’Umanità del comunismo e del PCI, sul CdS via https://www.dagospia.com/rubrica-2/media_e_tv/versione-mughini-ndash-quot-controbibliografia-quot-259067.htm
è la lista di libri uno più bello dell’altro che raccontano “il secolo delle idee assassine”, ossia le due idee, “il comunismo” e “il nazismo”, da cui sono venuti i massacri più spaventosi nella storia dell’uomo.  Lo dico in modo ancora più brutale: quanti nel tempo presente hanno chiara l’idea che “i crimini contro l’umanità” nel Novecento sono stati due, l’uno criminale esattamente quanto l’altro, il comunismo reale e il nazismo reale, e che quelle due parole vanno pronunciate entrambe con ripugnanza e disprezzo? (G.Mughini). 
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gregor-samsung · 5 years
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Gli uomini affioravano dal non-essere uno dopo l'altro. Uno sconosciuto si sdraiava accanto a me sul tavolaccio, s'appoggiava la notte contro la mia spalla ossuta dandomi il suo calore - gocce di calore - e ricevendo in cambio il mio. C'erano notti in cui nessun calore riusciva a passare attraverso i buchi del mio giaccone, della giubba e al mattino guardavo il mio vicino pensando fosse morto, e un po' mi stupivo di trovarlo vivo, che si alzasse alla chiamata, si vestisse ed eseguisse docilmente gli ordini. Avevo poco calore in me. Poca carne mi era rimasta attaccata alle ossa. Questa carne bastava solo per provare rabbia, l'ultimo dei sentimenti umani. Non era l'indifferenza, ma la rabbia l'ultimo sentimento umano, quello più vicino alle ossa. L'uomo affiorato dal non-essere di giorno scompariva - alla prospezione carbonifera c'erano molti settori - e scompariva per sempre. Non so chi fossero le persone che mi dormivano accanto. Non ho mai fatto loro delle domande, e non perché seguissi quel proverbio arabo: ‘Non chiedere e non ti mentiranno’. Per me faceva lo stesso che mentissero o no, ero al di fuori della verità, al di fuori della menzogna. Quelli della malavita a questo proposito hanno un rude modo di dire, pervaso da un profondo disprezzo verso chi fa domande: ‘Se non ci credi prendila per una favola’. Io non facevo domande e non ascoltavo favole. Cosa restava con me fino alla fine? La rabbia. E conservando questa rabbia, contavo di morire. Ma la morte, che fino a pochissimo tempo prima era stata così vicina, cominciò pian piano ad allontanarsi. Non fu la vita a prendere il posto della morte, ma uno stato non del tutto cosciente, un'esistenza per la quale un termine appropriato non c'è e che non può essere chiamata vita. Ogni giorno, ogni sorgere del sole portava con sé il pericolo di un nuovo colpo mortale. Ma il colpo non ci fu.
Tratto da Sentenza in:
Varlam Tichonovič Šalamov, I racconti della Kolyma, (traduzione di Marco Binni, Collana Gli Adelphi n° 153), Adelphi, Milano, 1999; pp. 285-86.
Nota: Varlam Tikhonovich Šalamov (1907-1982) fu detenuto per diciassette anni nelle prigioni e nei lager sovietici e compose le memorie della reclusione nei due decenni successivi alla sua liberazione vigilata avvenuta nel novembre 1953, otto mesi dopo la morte di Stalin. Un suo manoscritto raggiunse clandestinamente gli Stati Uniti nel 1966 e singoli racconti furono pubblicati nella New Review fra il ‘70 e il ‘76 mentre l’autore veniva costretto a sconfessare pubblicamente la propria opera in Urss. Seguirono altre edizioni occidentali dichiaratamente prive del consenso di Šalamov per proteggerlo dalle autorità sovietiche. Una scelta dei Kolymskie rasskazy ( I racconti della Kolyma) comparve per la prima volta in Urss nel 1988, durante la Perestrojka, sulle pagine della rivista letteraria Novyj Mir (che nel 1962 aveva pubblicato Una giornata di Ivan Denisovič di A. Solženicyn). Il testo integrale russo vide la luce a Mosca nel 1992 (ed. Russkaja Kniga, 2 voll.) a dieci anni dalla morte dell’autore.
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simonecorami · 2 years
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I racconti della Kolyma di Varlam Šalamov (Adelphi) è  un impegnativo viaggio nell’orrore. E’ la bellezza contaminata dall’inferno. E’ commozione, rabbia, incanto,sconcerto. I racconti della Kolyma è un libro difficile,forse impossibile da raccontare, ma assolutamente da leggere #librospanama1 #librospanama #librospdf #lib #albrookmallpanama #altaplazamall #eldoradomall #librosdigitalespanama #librosdigitalespty #librospanamapdf #librospdfpanama #librospdfpty #ventapdfpty #festivalwear #relatablequotes #beautyinfluencer #liberians #macro #nature #books #bookstagramitalia #bookstagram #bookstagrammer #bookblogger #bookblogger #leggere https://www.instagram.com/p/CdO-dR9tARC/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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giancarlonicoli · 4 years
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13:50
LA VERSIONE DI MUGHINI – LA "CONTROBIBLIOGRAFIA" SUL CENTENARIO DEL PCI STILATA DA “PIGI” BATTISTA IRRADIA VERITA’. QUANTI NEL TEMPO PRESENTE HANNO CHIARA L’IDEA CHE “I CRIMINI CONTRO L’UMANITÀ” NEL NOVECENTO SONO STATI DUE, IL COMUNISMO REALE E IL NAZISMO REALE, E CHE QUELLE DUE PAROLE VANNO PRONUNCIATE ENTRAMBE CON RIPUGNANZA E DISPREZZO?" – LA LISTA DI LIBRI"UNO PIU' BELLO DELL'ALTRO" SUL CENTENARIO DEL PCI, LE DUE MILIONI DI DONNE STUPRATE DAI SOLDATI RUSSI IN GERMANIA E LA CENSURA DE “L’EUROPEO”
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Giampiero Mughini per Dagospia
Caro Dago, oggi alla pagina 23 del “Corriere della sera” c’è un colonnino di piombo che irradia verità. E’ la “Controbibliografia sul centenario del Pci” stilata dal mio vecchio compare Pigi Battista, uno che se ne intende.
In quella lista c’è Solzgenitzsin, lo storico Robert Conquest, l’ex anarchico di sinistra Victor Serge, l’ex fondatore del Pci Angelo Tasca, Nina Berberova, il grande François Furet, Gide appena tornato dall’Urss dove Stalin per tenerselo buono lo aveva fatto circondare da “compagni” aitanti, il meraviglioso piccolo romanzo “La scheggia” dello scrittore russo Vladimir Zazubrin, il libro in cui Renato Mieli (padre di Paolo) racconta che cosa esattamente fece e approvò il Togliatti del 1937. E cento altri.
A proposito del centenario del Pci (episodio sul quale ovviamente non c’è più il minimo dubbio che Filippo Turati avesse ragione, e Antonio Gramsci torto marcio) è la lista di libri uno più bello dell’altro che raccontano “il secolo delle idee assassine”, ossia le due idee, “il comunismo” e “il nazismo”, da cui sono venuti i massacri più spaventosi nella storia dell’uomo. I gulag nazi e i loro 6 milioni di ebrei assassinati? Spaventoso, certo.
E che dire invece degli oltre 5 milioni di ucraini assassinati da Stalin nei primi anni Trenta, al tempo delle “collettivizzazioni” forzate? Lo dico in modo ancora più brutale: quanti nel tempo presente hanno chiara l’idea che “i crimini contro l’umanità” nel Novecento sono stati due, l’uno criminale esattamente quanto l’altro, il comunismo reale e il nazismo reale, e che quelle due parole vanno pronunciate entrambe con ripugnanza e disprezzo? (Due giorni fa sono stato alla Procura della Repubblica di Roma dove mi aspettava una querela che mi ha fatto un tipetto che si autodefinisce leader dei “Centri di appoggio alla Resistenza per il Comunismo”. Nel 2021.)
Naturalmente il 95 per cento dei libri annoverati da Pigi li ho letti. Più che letti, annotati, compulsati, amati, divorati. Ecco, qui è il punto. Quali di quei libri sono entrati non dico della top ten dei libri più venduti (una graduatoria in sé indecente), ma sono stati al centro dell’attenzione di una qualche generazione intellettuale, ad esempio la mia?
Mai da nessuno ho sentito pronunciare il nome di Victor Serge. Chi in Italia conosce lo storico ungherese François Fejto, quello che prendeva a schiaffi culturali il comunista Gyorgy Lukàcs e di cui ricordo nitidamente i momenti in cui lo stavo intervistando su una terrazza parigina e lui era un fiume di intelligenza?
Quanto al genero di Benedetto Croce, il polacco Gustav Herling, uno che nel secondo dopoguerra era fuggito dalla Polonia stalinista ed era venuto a vivere in Italia, Laterza ci provò a pubblicare un suo libro che era un capolavoro ma si accorse che non c’era pubblico per quel libro e lo lasciò marcire negli scantinati.
Così, esattamente così sono andate le cose sino all’altro ieri nell’editoria e nel consumo culturale degli italiani. Quando ero all’ “Europeo” scrissi una sorta di recensione a un libro che raccontava a puntino che cosa avevano fatto, in termini di stupri e di atrocità varie ai danni dei civili, i soldati russi penetrati vittoriosi in Germania. Due milioni di donne stuprate. Il caposervizio cultura dell’ “Europeo” - ho detto “L’ Europeo”, non “Rinascita” - non lo pubblicò mai. Non per eleganza ma per disprezzo intellettuale non ne farò il nome.
CONTROBIBLIOGRAFIA SUL CENTENARIO DEL PCI
Pierluigi Battista per il Corriere della Sera
Nella celebrazione di storici centenari, qui si suggerisce una molto sommaria integrazione per così dire bibliografica (di una bibliografia troppo oscurata o addirittura ignorata) che potrebbe almeno in parte simboleggiare un blando antidoto a una lettura troppo autoapologetica sparsa a piene mani a cento anni da Livorno ‘21.
Arcipelago Gulag di Aleksandr Solgenitsin, I racconti della Kolyma di Varlam Salamov, Gulag di Anne Applebaum, Koba il terribile di Martin Amis, Il Grande Terrore di Robert Conquest, Il secolo delle idee assassine di Robert Conquest, Le origini del totalitarismo di Hannah Arendt, La società aperta e i suoi nemici di Karl Raimund Popper, Prigioniera di Stalin e Hitler di Margarete Buber-Neumann, Il corsivo è mio di Nina Berberova, Ritorno dall’Urss di André Gide, Tutto scorre di Vasilij Grossman, Il passato di un’illusione di François Furet,
L’epoca e i lupi di Nadezda Mandel’stam, tutte le opere di Osip Mandel’stam, tutte le opere di Marina Cvetaeva, tutte le opere di Anna Achmatova, tutte le opere di George Orwell, L’uomo in rivolta di Albert Camus, La mente prigioniera di Czeslaw Milosz, Un mondo a parte di Gustaw Herling, Il dottor Zivago di Boris Pasternak, Commissariato degli archivi di Alain Jaubert, Buio a mezzogiorno di Arthur Koestler, Il dio che è fallito di Koestler, Silone, Wright, Gide, Spender, Fisher, Novecento il secolo del male di Alain Besançon, I fantasmi di Mosca di Enzo Bettiza, Il regime bolscevico di Richard Pipes, Togliatti 1937 di Renato Mieli,
Memorie di un rivoluzionario di Victor Serge, Autobiografia 1945-1963 di Emmanuel Le Roy Ladurie, Nemici del popolo di Nicolas Werth, L’utopia al potere di Mihail Geller e Aleksandr Nekric, Stalin di Boris Souvarine, La scheggia di Vladimir Zazubrin, Viaggio nella vertigine di Evgenia Semionovna Ginzburg, Lettere a Olga di Vaclav Havel, Cime abissali di Aleksandr Zinoviev, tutte le opere di Milan Kundera, Il tempo della malafede di Nicola Chiaromonte, la collezione completa della rivista «Tempo Presente», Intervista politico-filosofica a Lucio Colletti, Atlante
ideologico di Alberto Ronchey, Storia delle democrazie popolari di François Fejto, La nuova classe di Milovan Gilas, Due anni di alleanza germano-sovietica di Angelo Tasca. Tutte le opere di Filippo Turati. Buon centenario e buona lettura.
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pabloestaqui · 7 years
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Non incolpava nessuno di questa indifferenza. Da tempo ormai aveva capito da dove venissero questa ottusità, questo freddo dell'animo. Il gelo, quello stesso che faceva trasformare in ghiaccio uno sputo in volo, era penetrato fino alle anime. Se potevano congelarsi le ossa, poteva congelarsi anche il cervello, poteva congelarsi anche l'anima. Al freddo non si può pensare a nulla. E l'anima si era congelata, rattrappita, e forse sarebbe rimasta ghiacciata per sempre.
Salamov Varlam, da “I racconti di Kolyma”
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leggendolibri · 5 years
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Ricordare, raccontare. Conversazione su Salamov, Gustaw Herling - E' un libro da leggere...
Ricordare, raccontare. Conversazione su Salamov, Gustaw Herling – E’ un libro da leggere…
..ma forse non è per tutti. Racchiude una appassionata riflessione sul mondo Salamov e sulla realtà che purtroppo contro ogni speranza ancora non e’ come sperava Herlig. Il tema della discussione viene generato in occasione dell’intenzione della Einaudi di pubblicare “I racconti della Kolyma” e questa introduzione (rifiutata con futili scuse) che secondo me andrebbe letta dopo il libro e non…
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tmnotizie · 7 years
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PORTO SAN GIORGIO – “Il dovere della memoria, Varlam Salamov: dalla Rivoluzione di ottobre al Gulag” è il titolo del convegno che Comune e Pro Loco hanno organizzato per domenica 24 settembre (ore 18) al teatro comunale.L’evento si inserisce nelle iniziative culturali a 110 anni dalla nascita dell’autore de “I racconti di Kolyma”, deceduto a Mosca nel 1982.
“Sarà l’occasione – hanno spiegato i fautori dell’iniziativa – per conoscere meglio una delle vittime del regime sovietico, tra le più dimenticate”. Gli interventi saranno introdotti e coordinati da Luigi Fenizi. Prenderanno la parola figure di rilievo quali Luigi Vittorio Ferraris (ambasciatore italiano a Bonn dal 1980 al 1987), Maria Pamela Bulgini e Carla Piermarini.
Sono previsti intermezzi musicali a cura di Alice di Monte, Asia Petrozzi, Giulio Tassotti (trio d’archi) e di Luca Gramegna Tota (pianoforte).
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abatelunare · 8 months
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Silajkin aveva principi onesti, ma gli mancavano le abitudini oneste (Varlam Salamov, I racconti di Kolyma).
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random2quote · 10 years
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C’era poco calore in me. C’era restata poca carne sulle mie ossa. Carne che bastava per la rabbia, estremo sentimento dell’uomo. Rabbia, non indifferenza, è l’ultimo sentimento che prova un uomo, quello che è più vicino alle ossa.
{ I racconti di Kolyma | Varlam Tichonovič Šalamov }
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gregor-samsung · 5 years
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I "kombedy" sorsero spontaneamente, come forma di autodifesa dei carcerati, come mutuo soccorso tra compagni. Qualcuno in questo caso si era ricordato appunto dei comitati dei poveri. E chi lo sa, l'autore, quello che aveva dato un nuovo significato al termine vecchio, magari aveva lui stesso fatto parte dei veri comitati dei poveri nella campagna russa dei primi anni della Rivoluzione. Comitati di mutuo soccorso: ecco cos'erano in prigione i "kombedy". Quanto all'organizzazione, il comitato si riduceva alla forma più semplice di solidarietà tra compagni. Quando si facevano le ordinazioni per la bottega, chiunque ordinava qualcosa per sé doveva versare il dieci per cento al comitato. La somma di denaro comune così raccolta veniva suddivisa tra tutti quelli che nella cella erano senza soldi: ognuno di loro riceveva così il diritto di fare un'ordinazione autonoma alla ‘bottega’. In una cella con settanta, ottanta occupanti c'erano regolarmente sette o otto persone senza soldi. Il più delle volte succedeva che più tardi ne ricevessero, e il ‘debitore’ cercava allora di restituire quello che i compagni gli avevano dato; ma questo non era obbligatorio. Semplicemente, quando fosse stato in grado, avrebbe a sua volta contribuito con il dieci per cento. Ogni ‘kombedčik’ riceveva dieci, dodici rubli per la bottega - disponeva dunque di una somma pressoché identica a quella dei compagni ‘coi soldi’. Per il comitato non si ringraziava. Veniva considerato un diritto del detenuto, un indiscutibile costume carcerario. Per lungo tempo, per anni forse, la direzione delle carceri non sospettò dell'esistenza di questa organizzazione, o non prestò attenzione alle fedeli informazioni degli spioni nelle celle e dei collaboratori segreti nelle prigioni.
Tratto da I comitati dei poveri in:
Varlam Tichonovič Šalamov, I racconti della Kolyma, (trad. parziale di Marco Binni, Collana Gli Adelphi n° 153), Adelphi, Milano, 1999; pp. 239-40.
Nota: V. T. Šalamov (1907-1982) trascorse diciassette anni nelle prigioni e nei lager sovietici e compose le memorie della reclusione nei due decenni successivi alla sua liberazione vigilata nel 1953. Un suo manoscritto raggiunse clandestinamente gli Stati Uniti nel 1966 e singoli racconti furono pubblicati nella New Review fra il ‘70 e il ‘76 mentre l’autore veniva costretto a sconfessare pubblicamente la propria opera in Urss. Seguirono altre edizioni occidentali dichiaratamente prive del consenso di Šalamov per proteggerlo dalle autorità sovietiche. Una scelta dei Kolymskie rasskazy ( I racconti della Kolyma) comparve per la prima volta in Urss nel 1988, durante la Perestrojka, sulle pagine della rivista letteraria Novyj Mir (che nel 1962 aveva pubblicato Una giornata di Ivan Denisovič di A. Solženicyn). Il testo integrale russo vide la luce a Mosca nel 1992 (ed. Russkaja Kniga, 2 voll.) a dieci anni dalla morte dell’autore.
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L'uomo vive grazie alla capacità che ha di dimenticare
Varlam Salamov - I racconti di Kolyma
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pangeanews · 5 years
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Nuovo Vocabolario del Virus: “delazione”, “responsabilità”. A chi fa l’elogio del delatore occorre leggere Vasilij Grossman. La poesia rende le nostre case stelle comete
Delazione, responsabilità: Delazione significa essere latore di un fatto, portarlo da un orecchio all’altro. La delazione non è lo scambio di una notizia: si divulga un sentito dire, il sentore olfattivo della colpa. Secondo il dizionario etimologico, il delatore “come apprendesi in Tacito e Svetonio, è la Pubblica spia, che viveva denunziando e raccogliendo accuse contro i suoi concittadini”. Delazione è una parola che sibila, comporta “l’atto di denunciare segretamente, per lucro, per servilismo o per altri motivi, l’autore di un reato… o di fornire comunque informazioni che consentano d’identificarlo” (così la Treccani). Il segreto, che in gergo religioso è l’ambito della rivelazione, qui riguarda il lago d’ombre in cui agisce il delatore, l’uomo che del prossimo vede soltanto la colpa, la presume.
*
La delazione non richiama alla responsabilità perché evade il confronto. Ti denuncio senza attendere la tua risposta (responsabile dipende da respondere): per me sei colpevole e basta. Se delazione è una parola oscura – che agita l’oscuro – il delatore può essere una brava persona, una persona responsabile.
*
In questi giorni viviamo la limitazione radicale della libertà. D’altronde, ci è detto, questo è uno stato di guerra contro l’invisibile; speriamo non diventi un dato di fatto – quando l’emergenza evolve in abitudine fa in fretta a farsi norma e in un lampo il carcere eccezionale si muta nel vivere quotidiano. Naturalmente, tutti fanno la propria parte, occorre sacrificarsi per il bene di tutti. Sappiamo, però, che è proprio a fin di bene che si compiono gli atti più efferati. Per il bene degli altri, ad esempio, recluso per decreto, potrei star male io – qualcuno ha pensato alle crisi depressive che nasceranno da incertezza ed esasperazione? Nessuno ha pensato che più recludi l’uomo per legge più egli, per necessità, tende a esplodere? Ma non è questo il tema.
*
Mi è accaduto di leggere sul Corriere della sera, in questi giorni di comunicazioni lunatiche, un articolo sinistro. Si elogiavano i “delatori a fin di bene” – vieta tautologia: ogni delatore pensa di fare il bene, il proprio, della propria parte, del proprio Stato. I delatori al tempo del virus sono quelli che denunciano alle “forze dell’ordine” chi “trasgredisce le regole”, cioè chi è in strada al posto di stare recluso in casa. Già, ma come fai a sapere qual è il motivo per cui uno è per strada? Non conta: il delatore, appunto, non attende la tua risposta, avanza la denuncia. “I delatori appartengono a varie categorie. Ci sono quelli che alzano la cornetta. Ma ci sono soprattutto quelli del web, che mandano email o utilizzano l’app che garantisce l’anonimato. Quindi gettonatissima”, racconta, pimpante, il giornalista.
*
La meccanica psicologica è primordiale ma efficace. Lo Stato che, per ragioni diverse, ha sottovalutato il problema – dove sono: mascherine, ventilatori, edifici sanitari, alla luce di un contagio noto dai primi giorni di gennaio, almeno – si scaglia contro i cittadini: sei proprio tu, per strada, a essere l’untore, a incrinare il sistema ospedaliero, a contagiare le masse. Il resto lo fa la certezza di ogni uomo di ritenersi giusto, additando la colpa a un altro. La delazione è il nostro modo d’essere: denunciare un altro per sentirci più buoni. La delazione – che paradosso – ci fa sentire responsabili: abbiamo fatto la nostra parte per il bene di tutti.
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Benché la situazione sia eccezionale – per noi, soprattutto, atrofizzati nell’accudire l’imprevisto – un elogio della delazione è un errore, una stortura. Per capire la delazione bisogna leggere i grandi scrittori russi ‘dissidenti’ del Novecento. In quel caso, il contagio era l’idea non conforme al partito, l’individuo ostile al gregge. “Sapete voi cosa c’è di più ripugnante nei delatori?”, scrive Vasilij Grossman in Tutto scorre… “Il più terribile è ciò che v’è di buono in loro; la cosa più triste è che sono pieni di dignità, che sono gente virtuosa. Essi sono figli, padri, mariti teneri e amorosi… Gente capace di fare del bene, di avere grande successo nel lavoro… Questo appunto è il terribile: molto, molto di buono v’è in loro, nella loro stoffa umana. Chi sottoporre a processo, allora? La natura dell’uomo! È lei a generare questi cumuli di menzogna, di abiezione, di vigliaccheria, di debolezza. Ma è pur sempre lei a generare anche le cose belle, buone e pure”. Grossman sa che non esiste giusto tra gli uomini, che giustizia o giustezza sono interpretazioni vaghe, e usa una formula già usata da Dostoevskij. “Non ci sono innocenti tra i vivi, tutti siamo colpevoli: tu, imputato, e tu, procuratore, ed io… Ma perché tanto dolore, tanta vergogna per questa nostra depravazione così umana?”.
*
Tra persuasione e ordine non c’è fiato: la legge può smorzare, intiepidire, ma non soffocare l’indole dell’uomo. La regola dell’Ordine dei Servi di Maria – perfezionata da David Maria Turoldo – parla, di fronte all’errore altrui, di “correzione fraterna” – “ammonitelo subito, affinché il male non progredisca ma sia stroncato fin dall’inizio” – e di “condono delle offese”. Tutti, d’altronde, erriamo nell’errare.
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Consapevole dell’abominio della Storia – “Persino la parola Storia è un’invenzione degli uomini: la storia non esiste, la storia è pestare acqua nel mortaio, l’uomo non evolve dall’infimo al superno, l’uomo è immobile… l’umano non si accresce nell’uomo” – Grossman, tuttavia, chiude il suo romanzo-saggio figurandosi il protagonista, Ivan Grigor’evič, che torna a casa, “immutabile”, e che, silente, ammanta i delatori di una patina di indifesa pietà, di vitale indifferenza. “Costoro avevano tradito, diffamato, rinnegato perché altrimenti non sopravvivevi, eri perduto; e tuttavia erano pur sempre uomini… Quegli uomini non volevano il male di nessuno, eppure avevano fatto del male durante la loro vita. Eppure quegli uomini erano pur sempre uomini. E – cosa fantastica, meravigliosa – lo volessero o no, avevano impedito che la libertà morisse; perfino i più terribili fra loro l’avevano custodita nelle loro orrende, deformi, ma pur sempre umane anime”.
*
Guai all’uomo che biscia dissidio tra gli uomini, che lacera la fiducia. Il virus ha contagiato le relazioni, separa, induce ogni uomo a vedere nel prossimo un nemico: tra senso di giustizia e sfogo, frustrazione, sospetto, l’uncinetto è docile. Gli amati sono inaciditi dal virus come gli sconosciuti; in balia dell’ignoto nuove foghe regolano la convivenza – tutto è forzato, è una forzatura, è uno sforzo.
*
In una lettera a Boris Pasternak, è la vigilia di Natale del 1952, Varlam Salamov, lo scrittore dei Racconti della Kolyma, tradito e condannato al Gulag, dà una folgorante definizione della poesia, che s’incardina nel muscolo osceno della vita. “Capisco che un maestro rigoroso cresca e viva negando e distruggendo se stesso, ma io so anche un’altra cosa. Conosco persone che sono vissute, sopravvissute grazie ai Suoi versi, grazie alla percezione del mondo che i Suoi versi comunicavano. Ha mai pensato a questo? Agli esseri umani che sono rimasti esseri umani soltanto perché con sé avevano le Sue parole? Che i Suoi versi venivano letti come preghiere?”. Nella reclusione, è la poesia a ricordare all’uomo che cosa è l’uomo – nessun bene pubblico, di Stato, di tutti, può sottrarci la potenza di questo bene intimo e feroce. Una poesia letta nel chiuso delle case rende le finestre stelle comete, l’ingresso un buco nero, le labbra una veggenza. (d.b.)
*In copertina: tra i tanti scrittori russi che hanno smascherato la pratica della delazione, Aleksandr Solzenicyn, autore di “Arcipelago Gulag”, Nobel per la letteratura nel 1970
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muyaqbi-blog · 13 years
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leggendolibri · 5 years
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"I racconti della Kolyma", Varlam Šalamov- Così bello da essere difficile da commentare...
“I racconti della Kolyma”, Varlam Šalamov- Così bello da essere difficile da commentare…
…. però grazie ad una mancata introduzione a questo libro (edizione Einaudi e non Adelphi) “Ricordare, raccontare. Conversazioni su Salamov” forse ci riuscirò…
Si parla di lager, quelli Russi attivi nei primi anni del ‘900. Salamov scrive più volte sulla Kolima, tant’è vero che non è un libro unico ma sono 4, composti di tanti mini racconti che focalizzano e ogni tanto riprendono quelli…
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