#Guerra alle donne
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“A Roma, dopo la guerra, facevo il contabile in una casa cinematografica: la Rank Film. Non ero riuscito a inserirmi nell’industria edilizia e una cugina m’aveva trovato quel posto alla Rank. Qui lavoravo, o fingevo di lavorare, con cinque donne: in una stanza tappezzata con i ritratti di attori come James Mason, Patricia Neal, Margaret Lockwood, Phyllis Calvert. Forse influenzato da ciò, lasciavo che le cinque donne sgobbassero per me e passavo le giornate leggendo ad alta voce libri di poesie. Leggevo bene. Un giorno, la signora della stanza accanto mi disse:
«Ho un cognato che recita all’università, vuole che gli parli di lei?». «Magari, risposi». Guadagnavo 28mila lire al mese che se ne andavano in medicine per mio padre ammalato. Mai un cinematografo, mai uno svago, tutt’al più un po’ di biliardo. Mi iscrissi all’università, facoltà di Economia e commercio, per frequentare l’Accademia d’arte drammatica. Mi piacque. Recitai due anni mentre gli amici del quartiere mi prendevano in giro: «Ecché, se’ diventato frocio?».
Poi Luchino Visconti mi vide, per caso, e mi mandò a chiamare: gli serviva un giovane e pensava di scritturarmi. Dissi: «Quanto?». Rispose: «2.500 al giorno». «75mila al mese, Gesù!». Lasciai subito la Rank e per mesi non confessai nulla a mia madre: ogni mattina continuavo a uscire alle otto e a dire che andavo in ufficio. Mi ci volle coraggio per confessare la verità. Lei la prese bene ma sussurrò: «Figlio mio, durerà?». Lo ripete ancora: «Figlio mio, stacci attento. Con tutti i camerieri che hai, con quel che costa la vita. Un buon impiego sarebbe stato meglio». È convinta che, se fossi entrato alle Ferrovie dello Stato, ora sarei capostazione e avrei i biglietti gratis per la famiglia.
Io ho avuto tanta fortuna, solo fortuna. La fortuna che a Visconti servisse un giovanotto rozzo come me. La fortuna che la sua compagnia fosse la più importante e allineasse attori come Ruggero Ruggeri, Paolo Stoppa, Rina Morelli, Vittorio Gassman. La fortuna che Gassman se ne andasse e io prendessi il suo posto. La fortuna che mi offrissero il cinema, infine, grazie a questo nasino che detesto. Ma il successo di un attore non è quasi mai legato a ragioni nobili e serie. A me si addice la battuta che c’è in un film di Federico Fellini: «Ho troppe qualità per essere un dilettante e non ne ho abbastanza per essere un professionista»."
Marcello Mastroianni
Marcello in 8½ di Fellini
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CRIMINI COMUNISTI DURANTE IL SECONDO CONFLITTO MONDIALE. Ecco i liberatori.
Questa pagina è dedicata alla raccolta di testimonianze, aneddoti, racconti, ed episodi inerenti al bagno di sangue che si è verificato nelle nostre zone nell’immediato dopoguerra, successivamente al 25 aprile del 1945, a guerra finita, e alla loro presentazione.
Sul finire dell’ultima guerra mondiale, nel 1945, e anche a guerra già finita, l’Italia ha assistito sul proprio territorio ad una vera e propria escalation di delitti, di stragi, e di vendette, tutti a sfondo politico, che hanno raggiunto punte di ferocia e di malvagità molto elevate.
I responsabili di questa lunga catena di omicidi e di efferatezze, furono i partigiani comunisti, che vollero così imprimere un triste e indelebile segno nella storia dell’Italia, incidendolo con il sangue delle loro vittime.
I partigiani spesso hanno prelevato le persone direttamente dalle loro case e le hanno uccise senza neanche offrire loro un processo sommario, depredandole e infierendo sui corpi con ferocia.
Molti di questi carnefici furono riconosciuti e arrestati, ma a causa dell’amnistia di Palmiro Togliatti furono rimessi in libertà, e spesso si ritrovarono faccia a faccia con i parenti delle loro stesse vittime, potendo così irriderle e dileggiarle impunemente.
Possiamo oggi affermare, nonostante i tentativi degli eredi di Togliatti di nascondere o dissimulare la realtà criminosa, che la vastità dei fatti di sangue imputabili ai partigiani comunisti induca a credere che essi siano stati realizzati seguendo un preciso disegno, uno schema pianificato e organizzato a tavolino, scientemente e criminalmente.
Non è un caso che interi gruppi familiari siano stati sterminati, spesso aggiungendo l’efferatezza della tortura e dello stupro agli omicidi, e che poi i partigiani si siano appropriati dei beni materiali delle vittime.
Non è un caso che dopo la guerra, ci si sia trovati davanti a partigiani improvvisamente diventati ricchi, che poterono così iniziare delle attività imprenditoriali usando i soldi sporchi del sangue delle loro stesse vittime.
La scure comunista si è abbattuta con violenza anche sui rappresentanti del Clero, nel tentativo di decapitare coloro che potevano guidare i cattolici verso destinazioni e percorsi diversi da quelli previsti dal comunismo.
Lo storico Roberto Beretta ci segnala nel suo studio del 2005, “Storia dei preti uccisi dai partigiani”, che il numero dei sacerdoti uccisi dall’odio comunista è stato in totale di 130 vittime !
Dopo aver condotto una vera e propria “caccia alla tonaca”, prodromica ad una lunga serie di esecuzioni, compiute appunto dai partigiani, divenne chiaro il tentativo dei comunisti di impadronirsi “politicamente” della società, mediante la forza e l’intimidazione.
Questa tesi fu sostenuta anche dal Cardinale di Bologna, sua Eccellenza Giacomo Biffi, nel 1995, in occasione del cinquantenario della Resistenza, riprendendo e amplificando ciò che già era stato affermato in precedenza da Don Lorenzo Tedeschi, un coraggioso sacerdote che citò la frase di un comandante partigiano comunista :
"Se dopo la liberazione, ogni compagno avesse ucciso il proprio parroco e ogni contadino il padrone, a quest’ora avremmo risolto il problema. "
Il Partito Comunista Italiano ha provveduto poi a mantenere una totale disinformazione sulle stragi, omettendo di parlarne e di pubblicizzare qualsiasi cosa fosse inerente a tutto ciò, stendendo un velo di minacciosa omertà sull’argomento.
Lo dimostra il fatto che ancora oggi si riferiscano a Togliatti come a : “il Migliore” !!!
i stima che gli uccisi, dopo il 21 aprile 1945 nel bolognese, ammontino a 773, di cui 334 civili (fra cui 42 donne).
Vorrei tentare di dare il giusto ricordo alle vittime, attraverso una serie di rievocazioni storiche, di racconti e di aneddoti, che permetta di collocarle in un contesto non più dimenticato.
Vorrei far riaffiorare le ignobili circostanze attraverso cui sono state messe in atto vere e proprie stragi contro persone spesso innocenti, perpetrate comunque a “sangue freddo”, e cioè a guerra finita, ad armi deposte.
La vigliaccheria è stato il motivo trainante che ha permesso al comunismo di approfittare della violenza insita nei suoi sostenitori per appropriarsi dei beni, oltre che della vita, di centinaia di vittime delle nostre zone.
Sono rimasti in pochi i superstiti, o i figli dei superstiti, o delle vittime, che potrebbero oggi dare luce alle pagine buie degli stermini effettuati dai partigiani nel 1945.
Il 25 aprile non deve essere celebrato per la liberazione dell'Italia perché nella realtà dei fatti passammo dall'occpazione tedesca a quella americana. E, nella sconfitta, ci andò bene perché a Yalta avevano deciso le sfere d'influenza dei vincitori e i comunisti furono esclusi.
(Il sangue dei vinti un bellissimo libro di Pansa)
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Il 12 novembre 1969 Seymour Hersh un giornalista indipendente, svela la storia di My Lai. fu un massacro di civili inermi che avvenne durante la guerra del Vietnam, quando i soldati statunitensi della Compagnia C della 23ª Divisione di Fanteria dell'esercito statunitense agli ordini del tenente William Calley, uccisero 504 civili inermi e disarmati, principalmente anziani, donne, bambini e neonati. Il massacro avvenne il 16 marzo 1968 a Mỹ Lai, una delle quattro frazioni raggruppate nei pressi del villaggio di Sơn Mỹ, sito nella provincia di Quang Ngai e a circa 840 chilometri a nord di Saigon. I soldati si abbandonarono anche alla tortura e allo stupro degli abitanti. Il massacro fu fermato dall'equipaggio di un elicottero statunitense in ricognizione, che atterrò frapponendosi tra i soldati americani e i superstiti vietnamiti. Il pilota e warrant officer Hugh Thompson Jr., affrontò i capi delle truppe americane e disse che avrebbe aperto il fuoco su di loro se non si fossero fermati. Mentre due membri dell'equipaggio dell'elicottero - Lawrence Colburn e Glenn Andreotta - puntavano le loro armi pesanti contro i soldati che avevano preso parte alle atrocità, Thompson diresse l'evacuazione del villaggio. @PiovascoRondo
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I crimini di Israele
e la mission del Sionismo
Quello che i vergognosi media occidentali non dicono
«Ma se gli israeliani non vogliono essere accusati di essere come i nazisti, devono semplicemente smettere di comportarsi come i nazisti»
[Norman G. Finkelstein, intellettuale ebreo i cui genitori furono vittime dell’Olocausto]
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«Alla fine degli Anni Cinquanta, quel grande pettegolo e storico dilettante che era John F. Kennedy mi disse che nel 1948 Harry Truman, proprio quando si presentò candidato alle elezioni presidenziali, era stato praticamente abbandonato da tutti. Fu allora che un sionista americano andò a trovarlo sul treno elettorale e gli consegnò una valigetta con due milioni di dollari in contanti. Ecco perché gli Stati Uniti riconobbero immediatamente lo Stato d’Israele».
Gore Vidal, prefazione del libro “Storia ebraica e giudaismo: il peso di tre millenni” di Israel Shahak
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Una piccola striscia di terra lunga circa 45 chilometri e larga 10 in cui vivono un milione e mezzo di palestinesi è martoriata da oltre 60 anni.
Tsahal, il fiero esercito israeliano da settimane sta letteralmente sterminando una popolazione inerme, come ripercussione, dicono, a lanci di missili da parte di Hamas in territorio israeliano.
Razzi che avrebbero provocato la morte di 5 militari (altri 4 sono stati uccisi dal “fuoco amico" , cioè dagli stessi soldati), mentre nelle fila degli arabi, gli assassinati dal democratico stato di Israele sarebbero oltre 900 con diverse migliaia di feriti.
Numeri purtroppo destinati ad aumentare con il passare del tempo e delle incursioni.
I crimini attuali dell’esercito israeliano
I bersagli preferiti dall’esercito israeliano in diciassette giorni di guerra sono scuole, moschee, abitazioni private e soprattutto ambulanze, queste ultime per impedire il soccorso e il salvataggio di migliaia di feriti, che muoiono agonizzando per le strade.
Quindi non solo obiettivi militari ma soprattutto civili, e questo non a caso, visto che tale strategia si chiamata “guerra psicologica”.
La cosa non deve sorprendere, perché l’85-90% dei morti in tutte le guerre che si ‘rispettino’, sono infatti civili (uomini, donne e soprattutto bambini).
L’esercito di Sion sta utilizzando a Gaza armi vietate dalle Convenzioni internazionali, come le bombe al fosforo bianco (usate in grande quantità in Iraq dalla colazione anglo-statunitense). Lo riporta anche il “Corriere della Sera” dell’11 gennaio.
Nonostante la smentita del portavoce dell’esercito, il quotidiano Times di Londra ha pubblicato delle foto che non lasciano spazio a dubbi sull’uso appunto di queste vergognose e criminali bombe. Arriva infine la conferma da una fonte israeliana, ripresa dalla Radio svizzera italiana e riportata dall'agenzia Ansa (oggi 12 gennaio 2009) secondo la quale si tratta solo di bombe fumogene. Il tutto ovviamente per giustificare il fumo strano prodotto (vedi immagine sotto) dai bombardamenti dell'esercito.
Ma la fonte continua dicendo che "un po' di fosforo nelle munizioni c'è".
Non solo, ma a testimonianze di medici, a Gaza verrebbero utilizzate anche armi a forte potere esplosivo come quelle a base di stando lega di tungsteno.
Insomma i “territori occupati” sono un ottimo “campo di battaglia” per decimare da una parte la popolazione araba e dall’altra per sperimentare nuove armi.
Perché tale guerra?
Qualcuno sostiene che tale criminoso attacco militare da parte di Israele sia per ripicca a causa della grama figura fatta contro Hezbollah in Libano nel 2006.
Purtroppo non è questo il motivo: si tratta di un progetto chiaro e lineare che stanno portando avanti da oltre un secolo i sionisti.
L’attuale attacco è stato preparato infatti con 6 mesi di anticipo, quindi molto tempo prima del lancio di razzi da parte di Hamas!
Lo confermano canali ufficiali come la CNN e giornali come il britannico The Guardian.
Il canale televisivo CNN ha denunciato che la tregua tra Hamas e Israele ha iniziato a vacillare agli inizi di novembre, quando un commando israeliano ha ucciso durante un’incursione sei membri di Hamas, scatenando la ovvia reazione.
Anche il quotidiano Guardian del 5 novembre ha confermato la notizia.
Quindi esistono le prove che a rompere la tregua non è stato Hamas ma bensì lo stato di Israele a novembre del 2008!
Ma per comprendere il quadro generale è necessario fare un passo indietro.
Nascita del Sionismo
“Nell’Europa della fine del XIX secolo una convergenza di ragioni storiche, fra cui le persecuzioni antisemite, spinse un gruppo di intellettuali ebrei a teorizzare la necessità della nascita di una nazione ebraica dove quel popolo potesse finalmente trovare maggior pace e sicurezza.”
Questa teoria, che non è rimasta tale ma è diventata una triste realtà, prende il nome di sionismo.
Il sionismo è per così dire un «movimento» molto complesso, ma dagli obiettivi semplici, nato verso la fine del XIX° secolo qui da noi in Europa.
Il “sionismo” è suddivisibile in tre categorie:
- «Sionismo» propriamente detto, organizzato dal dottor Theodor Herzl, con lo scopo di ricostruire lo Stato ebraico di Gerusalemme in Palestina.
- «Sionismo territorialista», organizzato da Israel Zangwill, con lo scopo di costituire una «terra ebraica» in qualunque parte del mondo, privilegiando però la Palestina.
- «Sionismo socialista», organizzato da Moses Hess, che vuole conservare agli ebrei nel mondo l’identità nazionale, sforzandosi però tutti per un ritorno a «Eretz Israel».
Il «Sionismo territorialista», quello più recente, è stato fortemente voluto da Israel Zangwill (1864–1926), membro di prestigio della società sionistica l’«Antico Ordine dei Maccabei» (1891) e fondatore della rivista umoristica «Ariel». Alla “Dichiarazione Balfour”, che vedremo dopo, rivendicò per tutti gli ebrei del mondo il diritto inalienabile di colonizzare la Terra di Israele.
Il «Sionismo» per così dire ufficiale, è nato nel 1897 durante il primo «Congresso Sionista» di Basilea in Svizzera.
Fu però nel 1895/96 che compare per la prima volta il «Der Juden Staat» («Lo Stato degli Ebrei»), il manifesto scritto da Theodor Herzl in persona.
Più che manifesto si tratta di un vero e proprio libro «scritto in poche settimane, in una specie di delirio misto di fervore mistico e considerazioni pratiche», dove veniva esposto il piano ben preciso per una organizzazione ebraica mondiale.
Un piano precisissimo e completo di rimozione di tutta la popolazione araba, cioè non ebraica, dal futuro stato sionista: la “Gerusalemme liberata” (cioè “liberata” dai goym, dai gentili, dai “sub-umani”, dagli arabi).
Come mettere in atto questo spietato e criminale progetto?
Semplicemente attraverso l’espropriazione dei terreni e delle proprietà!
Quindi l’origine del gravissimo dissidio “israelo-palestinese” non si trova nel XXI° secolo, ma risale alla fine del XIX secolo. E’ proprio in quegli anni che fu ideato il progetto spietato di cacciare dalla Palestina tutti gli arabi, nessuno escluso, quindi ben cinquant’anni prima della nascita stessa dello Stato d’Israele e oltre un secolo prima dell’ennesima e ultima strage di stato che stiamo assistendo impotenti in questi giorni.
L’affare Dreyfus
Il periodo storico quando Theodor Herzl scrisse “Der Juden Staat” era molto caldo perché erano passati solo due anni dall’«affare Dreyfus».
Un affare delicatissimo perché riguardava le accuse (inventate ad hoc per scatenare appositamente l’antisemitismo…) di alto tradimento a carico di un capitano d’artiglieria ebreo (poi reintegrato nell’esercito dal tribunale), il francese Alfred Dreyfus: accusato di passare informazioni segrete all’esercito tedesco.
L’altro sionismo, quello «socialista» e l’«affare Dreyfus» hanno proprio nella Francia il comun denominatore: fu proprio a Parigi che Moses Hess, il padre spirituale del «socialismo sionista», lavorò come corrispondente per alcuni giornali socialisti di Germania e Stati Uniti. Moses Hess viene anche ricordato per la sua opera omnia: «Roma e Gerusalemme», considerata un classico della teoria sionista, e pubblicata in Germania nel 1862.
L’Alleanza israelita universale
Sempre nella capitale francese nasce una delle principali organizzazioni internazionali che promuove l’insegnamento e la cultura ebraica: l’«Alleanza Israelita Universale» (l’«Alliance Israélite Universelle»).
I fondatori di questa «Alleanza» furono «17» giovani e il «17» maggio 1860, grazie ai fondi di Sir Moses Haïm Montefiore e Lord Rothschild, organizzarono un manifesto politico sintetizzando le idee massoniche della «Rivoluzione Francese» del 1789 (il motto: «Liberté-Egalité-Fraternité» era scritto nelle logge massoniche francesi ancora 50 anni prima della Rivoluzione) e i principi del giudaismo.
«L’Alleanza Israelita» promosse nel 1870 a Jaffa (Palestina) la nascita della prima colonia ebraica «Mikweh o Mikiveh Israel». Ma le costruzioni in Palestina erano iniziate qualche tempo prima: il «Misgav Ladach Hospital», è un ospedale sorto nel 1854 e il cui nome originario era «Rothschild Hospital».
E’ facile comprendere che il sionismo non è un semplice movimento politico e/o religioso, come vogliono farci credere, ma un vero e proprio movimento pericoloso il cui obiettivo è quello di liberare, con ogni mezzo lecito e illecito, la “Terra Promessa” dagli arabi (goym) per consegnarla nelle mani del popolo eletto.
Il tutto nell’attesa della venuta del Messia…
La dominazione turco-ottomana
Alla fine del 1800 la Palestina era nelle mani dell’Impero turco-ottomano.
Nel 1915 il governo britannico chiese aiuto militare allo sceriffo della Mecca Hussein (esistono a tal proposito lettere firmate da Thomas Edward D’Arabia, famoso Lawrence d’Arabia, che confermano questo) per cacciare i turchi-tedeschi dalla regione.
In cambio promise la creazione di uno stato arabo indipendente!
Questo è un punto chiave: la promessa agli arabi da parte del governo di Sua Maestà di uno Stato arabo indipendente, in cambio di aiuto.
Gli arabi, vista l’importante promessa, parteciparono in massa e moltissimi persero la vita in combattimento proprio per questo motivo: la liberazione della Palestina assieme alle truppe inglesi.
L’esercito britannico, nonostante la Grande Guerra in corso, spostò un milione di soldati per portarli in Terra Santa. Ci deve essere stato un ottimo motivo per movimentare, cioè togliere dal fronte europeo, tutti quei soldati?
Il motivo c’era eccome!
Accordo Sikes-Picot
Dopo la scontro con l’esercito turco-ottomano, nel 1916 Russia, Francia e Inghilterra siglarono l’accordo di Sikes-Picot, il piano alleato per dividersi l’Impero ottomano in disfacimento.
Nell’accordo la Palestina doveva rimanere internazionalizzata sotto l’amministrazione di tutte e tre.
Il tradimento al popolo arabo
Il vero e proprio tradimento del popolo arabo avviene il 2 novembre 1917 con la «Dichiarazione Balfour»: una lettera che Arthur Balfour, Ministro degli Esteri della Gran Bretagna, inviò al capo della Federazione sionista Lord Rothschild, dove Sua Maestà riconosceva ufficialmente ai sionisti , il diritto di formare uno Stato indipendente in Palestina.
Lettera importantissima perché legittimò e riconobbe il diritto internazionale ai sionisti di creare un «focolare nazionale del popolo ebraico…» in Palestina.
Tale dichiarazione venne firmata da Pichon per la Francia , Wilson per gli Stati Uniti e Sonnino per l’Italia.
Pochi ricordano però come tale «Dichiarazione», cioè lo storico tradimento di tutta la popolazione araba della Palestina da parte inglese, specificava anche che per il raggiungimento dello scopo: «nulla dev’essere fatto a pregiudizio dei diritti civili e religiosi delle comunità non ebraiche esistenti in Palestina…».
E’ avvenuto esattamente il contrario.
Nel 1919 gli inglesi entrano in possesso della Terra Santa e dal 1920 con gli accordi di Sèvres, inizia ufficialmente l’immigrazione ebraica.
La terra indipendente araba rimane una promessa non mantenuta!
Trattato di Sèvres
Nel 1920 il Trattato di Sèvres sancì la spartizione dell’area mediorientale che vide: la Siria assegnata alla Francia e la Palestina alla Gran Bretagna.
Nel 1922 l’Inghilterra ricevette dalla Società delle Nazioni il Mandato per l’amministrazione della Palestina, sotto la cui egida nacque la Jewish Agency (Agenzia Ebraica) per promuovere l’economia ebraica nell’area.
E’ a questo punto che il padre del sionismo, Theodor Herzl, disse di voler: «sospingere la popolazione [ palestinese ] in miseria oltre le frontiere»
Lo scopo dal 1895 ai nostri giorni è sempre stato questo espresso da Herzl.
Peel Report, White Paper e la “Soluzione a due Stati”
Gli anni che vanno dal 1936 al 1947 videro crearsi le basi per la storica guerra arabo-israeliana del 1948.
Cominciano infatti le proposte di formazione di due Stati separati.
Gli inglesi pubblicano il Peel Report (1936) che prevede una separazione di ebrei e arabi secondo la divisione demografica del momento. La proposta non soddisfa le ambizioni territoriali dei sionisti e neppure gli arabi l’accettano perché chiedono che sia fermata l’immigrazione e che s’impedisca l’acquisizione di ulteriori terre.
Sempre gli inglesi pubblicano il White Paper sulla Palestina nel 1939, dove accettano di limitare l’immigrazione ebraica e l’acquisto di terre e promettono la transazione verso un futuro governo palestinese. Solo e sempre promesse come quella tradite dalla Dichiarazione Balfour del 1917.
Il terrorismo in Terra Santa
Prima dell’intervento britannico gli arabi e gli ebrei ottomani (ebrei assoggettati all’Impero ottomano turco) convivevano in una pace secolare, con alti e bassi, ma pur sempre pace.
Quando iniziò l’immigrazione ebraica, cioè quando i sionisti iniziarono a comperare terre e soprattutto dopo il gravissimo tradimento della Dichiarazione Balfour, era pressoché scontato che iniziassero gli scontri tra arabi ed ebrei.
Cosa che avvenne infatti dal 1920 in poi.
Nel 1921 per esempio gli scontri feroci fra arabi ed ebrei (a Jaffa 200 morti ebrei e 120 arabi) furono interpretati dagli inglesi come “scontri spontanei”, ma ovviamente non era così.
Nel 1940 gli ebrei arrivarono a formare il 33% della popolazione in Palestina, e i sionisti già organizzati in gruppi di guerriglia, cominciano gli attacchi terroristici contro gli inglesi e contro i civili palestinesi.
I gruppi più noti furono l’Irgun, l’Haganah e lo Stern.
Questo ultimo, chiamata “Banda Stern” è nata nel 1942 per opera dell’ebreo polacco Abraham Stern.
Una banda che incarnò la variante più violenta e terroristica del movimento sionista.
La loro azione più eclatante fu l’attentato alla sede dell’amministrazione britannica all’Hotel King David di Gerusalemme nel luglio 1946, dove venne fatta saltare una intera ala, con un bilancio di circa 200 vittime!
Tra i capi del comando vi era un certo Menachem Begin[26], che fu Primo Ministro israeliano e Premio Nobel per la Pace con il presidente egiziano Sadat…
Dopo questo e altri avvisi, nel 1947 gli inglesi rinunciano al mandato e lo consegnano nelle mani dell’ONU.
L’Organizzazione delle Nazioni Unite propone nella Risoluzione 181 l’ennesima divisione in Stati separati, gli arabi la rifiutano e di nuovo non senza motivo: agli ebrei sarebbe andato il 54% delle terre anche se erano solo il 30% della popolazione presente all’epoca.
Nella primavera del 1947 iniziano gli scontri militari tra arabi ed ebrei, dove i gruppi terroristici sionisti si distinguono per una lunga serie di crimini efferati: massacri, assassini e pulizia etnica documentati oltre ogni dubbio.
E’ infatti in questo periodo il massacro di 200 palestinesi a Deir Yassin, strage (di civili palestinesi) che passò alla storia e che fu perpetrata sotto la diretta responsabilità sempre di Menachem Begin.
Nascita dello Stato d’Israele.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale e la Guerra d’Indipendenza (1948-49) nasce il 14 maggio 1948 ufficialmente lo Stato d’Israele con la «Dichiarazione d’indipendenza» firmata dal Primo Ministro David Ben-Gurion, e preceduta da una risoluzione ONU, la numero 181 del 29 novembre 1947, che decise la spartizione (che non rispettava la demografia dell’epoca) dei territori.
Inutile dire che tale spartizione territoriale ha accentuato gli scontri tra popolazione, perché più che spartizione possiamo parlare di vera e propria razzia: il 73% della Palestina era diventata territorio ebraico, con oltre 750.000 rifugiati palestinesi.
Dopo soli 2 anni, nel 1950, Israele vota la Legge sulla Proprietà degli Assenti (5710-1950), una legge vergognosa che espropria la terra a tutti i profughi fuggiti durante la guerra.
I palestinesi vengono espropriati di tutto: case, terreni e attività commerciali.
In totale violazione della Risoluzione ONU 194 (12/1948) che sancisce il diritto dei profughi di tornare e di essere risarciti da Tel Aviv. Non solo i risarcimenti non sono mai avvenuti, ma i profughi si sono visti privare della propria casa.
La guerra del 1947/48 era stata preconizzata dal Presidente (dal 1926) dell’Università ebraica di Gerusalemme, Judah Magnes, il quale ha dichiarato che la creazione di uno stato ebraico in Palestina avrebbe condotto «alla guerra contro gli arabi».
Judah Magnes si riferiva al «Programma Biltmore» stilato a New York nel maggio del 1942 presso l’omonimo Hotel Biltmore, da un gruppo di sionisti americani appoggiati sia dai democratici che dai repubblicani statunitensi.
Tale programma del 1942 (ben prima che finisca la Seconda Guerra Mondiale) era appunto l’ennesimo tassello piazzato al posto giusto per la creazione dello Stato ebraico in terra palestinese!
Tra il 1917 e il 1948, e cioè tra la «Dichiarazione Balfour», il «Programma Biltmore» e la «Dichiarazione d’Indipendenza» avviene qualcosa che avrà ripercussioni in tutto il mondo e soprattutto nella causa ebraica: la Seconda Guerra Mondiale con l’Olocausto e l’immigrazione di massa.
Nel 1956 Israele, in accordo con le mire strategiche e gli interessi economici di Gran Bretagna e Francia attacca l’Egitto (che guarda caso aveva nazionalizzato il canale di Suez) conquistando Gaza e il Sinai, ma gli Stati Uniti costringono Tel Aviv a ritirarsi.
Nel 1964 gli stati arabi creano l’OLP (l’Organizzazione per la liberazione della Palestina), e presto questo gruppo darà inizio ad azioni di guerriglia contro Israele.
Nel 1966 la Siria permise a guerriglieri palestinesi di operare sul proprio territorio. Israele ovviamente minacciò ritorsioni per cui la Siria fece un patto di difesa con l’Egitto. In seguito a rappresaglie israeliane in Cisgiordania, Cairo assume un atteggiamento bellicoso, ma non va oltre.
Nel maggio del 1967 Nasser, il presidente egiziano, stringe un patto di difesa con la Giordania , che sembra mirare solo ad un rafforzamento strategico, e non a un effettivo attacco contro Israele.
Israele non aspetta e nel giugno del 1967 attacca l’Egitto, ben sapendo che avrebbe vinto in pochi giorni.
Questa è la nota Guerra dei 6 giorni, che segna l’umiliante disfatta araba.
In un attimo Israele occupa illegittimamente la Cisgiordania , Gaza, Gerusalemme Est, le alture del Golan ed il Sinai (poi restituito all’Egitto) e non si ritirò mai più nonostante le numerose risoluzioni dell’ONU (ad oggi sono circa 70).
Nel novembre dello stesso anno, il Consiglio di Sicurezza dell’ONU condanna la conquista dei territori con la Risoluzione 242 imponendo il ritiro immediato dai Territori Occupati.
Israele accetterà 3 anni dopo tale Risoluzione senza però evacuare i territori, alla faccia del Consiglio di Sicurezza.
Il resto è storia…
Storia sono le condotte di Israele chiamate per ben tre volte “un insulto all’Umanità” dalla Commissione dell’ONU per i Diritti Umani (1977, 1985 e nel 2000).
Storia è anche la Risoluzione ONU A7RES/37/133 che nel dicembre del 1982 definì il massacro di Sabra e Chatila sotto la “personale responsabilità di Ariel Sharon” un “atto di genocidio”
Stiamo parlando di 1700 civili massacrati per due lunghissimi giorni dentro i campi profughi, protetti dall’esercito israeliano, a colpi di machete dai cristiano-falangisti.
L’elenco potrebbe continuare a lungo.
Sionismo cristiano
L’altra cosa da sapere, che non tutti conoscono, è il movimento dei «sionisti cristiani (Christian Zionists).
Anzi, spesso e volentieri, sono stati proprio dei cristiani (come George Walker Bush junior per esempio) che si sono rivelati i più forti sostenitori del ritorno degli ebrei a Gerusalemme.
“La teologia dei cristiani fondamentalisti d’America professa e attende la seconda venuta del Cristo con la conseguente fine del mondo, secondo una interpretazione della bibbia (…)”.
“Ma quell’evento sarà possibile solo quando gli ebrei avranno stabilito uno Stato ebraico su tutta la Palesino , e cioè ben oltre gli odierni confini di Israele "
L’«International Christian Embassy Jerusalem» ha tenuto fino ad oggi almeno quattro congressi internazionali sionisti cristiani: uno a Basilea e tre a Gerusalemme (la città madre del sionismo religioso).
Quindi il sionismo non è solamente un fenomeno ebraico, ma anche cattolico; non è solo un movimento politico ebraico, ma anche occidentale.
Esiste una forte corrente sionista pure tra i membri dell’amministrazione statunitense di ieri e oggi.
Basta leggere con attenzione i nomi della squadra “scelta” dal futuro presidente Obama per capacitarsene.
Pensate che nel 1978 la Camera dei Rappresentanti americana proclamò l’«Education Day USA», cioè il «giorno dell’istruzione». Una festa mobile che un anno cade il 24 marzo, un altro il 2 aprile, il 13 aprile, ecc. Tale data non è fissa perché segue il calendario giudaico-babilonese invece del classico giuliano. La data coincide con l’anniversario del rabbi Menachem Mendel Scheerson, il cosiddetto «rebbe», considerato dalla setta assidica dei Lubavitcher, il vero «Messia».
Come mai tutti i presidenti, da Carter fino a George Walker Bush, hanno ripreso e mantenuto una tradizione «culturale» assai poco laica, per non dire ebraica?
C’è da dire che Carter, mediatore non ufficiale nel 2008 nei processi di pace in Medioriente, ha dichiarato ultimamente che Hamas ha tenuto fede al patto di 6 mesi cessando il lancio di missili, Israele invece no!
Strano a dirsi, ma Israele non ha mantenuto la pace…
L’antisemitismo
Dopo questa delicata trattazione è doverosa una parentesi sull’antisemitismo.
I «semiti» sono: «(…) gli Accadi (Assiri, Babilonesi), i Cananei, gli Arami (fra i quali emergono i Fenici e gli Israeliti), infine gli Arabi».
«Affermare che gli ebrei sono semiti è pressappoco come affermare, per esempio, che i francesi sono europei»
Da questa precisazione si evince che pochissimi ebrei sono veramente dei semiti e che non tutti i semiti sono ebrei (infatti gli arabi sono effettivamente dei semiti).
Come non tutti gli ebrei sono sionisti, anzi i sionisti sono pochissimi, per fortuna!
Siccome oggi tra la popolazione ebraica non esiste praticamente quasi più nessun discendente originario di Sem, accusare qualcuno di antisemitismo equivale accusarlo di antiarabismo.
La conseguenza logica di questa affermazione è che oggi tra i più antisemiti - ironia della sorte – sono proprio i governi d’Israele!
L’antisionismo
Per fortuna anche nel mondo ebraico il sionismo non è, e non era ben visto, ecco cosa diceva nel 1935 lo scrittore israelita Ettore Ovazza: «il miglior alleato della politica razzista è oggi, suo malgrado, il sionismo nazionalista. E’ nostra ferma convinzione che mai la politica antisemita sarebbe giunta agli estremi che ha toccato, se non avesse avuto fra i suoi principali argomenti probatori, il cosiddetto focolare nazionale ebraico. Lo stesso ideale ebraico, dal punto di vista puramente religioso, predica il ritorno a Sion come un ritorno spirituale; ma poiché la nostra dottrina nega il proselitismo, le minoranze ebraiche nel mondo rimangono le legittime depositarie dell’idea monoteistica e della legge mosaica che sta alla base della Bibbia e della moderna civiltà. Nel 1934, voler interpretare il ritorno a Sion in senso strettamente territoriale è segno d’incomprensione storica e religiosa. Noi, per funzione religiosa storica e civile, siamo e dobbiamo essere interamente cittadini delle nazioni dove viviamo da secoli e di cui formiamo parte indissolubile ed integrante. Noi respingiamo nettamente i sionisti nazionalisti che vivono rispettati in parità di diritti civili e politici con tutti gli altri cittadini nelle nazioni d’Europa, e che sospirano invece verso la Palestina ; che con un occhio guardano a Roma e con l’altro a Gerusalemme
Concludo con una grande speranza, quella che riguarda naturalmente la grande pacificazione in Palestina, l’abbandono di ogni crimine e soprattutto l’abbattimento del «muro della vergogna» che è stato innalzato per impedire la creazione de facto dello Stato palestinese.
«Udite governanti…della casa d’Israele, che costruite Sion sul sangue e Gerusalemme con il sopruso!» perché «a causa vostra, Sion sarà arata come un campo e Gerusalemme diverrà un mucchio di rovine…».
L’antisionista e antisemita che ha fatto questa affermazione è il profeta Michea, originario della Giudea e contemporaneo del grande Isaia (VIII a.C.)
Per approfondire l’argomento, consiglio di leggere questi due libri:
- “Perché ci odiano”, Paolo Barnard, ed. BUR
- “Storia ebraica e giudaismo: il peso di tre millenni”, Israel Shahak, ed. Centro Librario Sodalitium
Per approfondire:
- “Il Tradimento degli intellettuali”, Paolo Barnard www.paolobarnard.info/intervento_mostra_go.php?id=86
- “Una guerra non necessaria” Jimmy Carter www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=5453
- “Gaza chi ha violato la tregua?” Miguel Martinez www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=5455
http://www.disinformazione.it/crimini_di_israele.htm
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Tutti gli animali, Uomo compreso, sono di natura empatici, ma mentre i cani, le giraffe o i gorilla, hanno continuato ad esserlo, la Bestia Umana ha sepolto sotto la sabbia dell'indifferenza, l'EMPATIA che provava, temendo d'essere fragile dato che i sentimenti uccidono più di un coltello. Giacomo Rizzolatti, dell'Università di Parma, scopri' che nel cervello umano sono presenti dei "neuroni-specchio" che ci consentono di far nostre le emozioni degli altri.
La presenza o l'assenza di questi neuroni spiega la differenza tra Noi e i Leghisti.
Senza, non c'é condivisione né appartenenza. L' EMPATIA ci consente di metter dietro tutti i ragionamenti pratici, i perché e i percome di una vicenda, mette in risalto l'emozione e la partecipazione alla stessa.
Una barca che parte, carica di Uomini e Donne alla ricerca della Vita, il loro stringersi addosso per mitigare il freddo, per sconfiggere la Paura per trasmettersi l'un l'altro la Speranza, NON puo' lasciarci indifferenti.
Il nostro "non possiamo accoglierli tutti" é la patetica difesa che l'Egoismo mette in pratica per sconfiggere l' Empatia che vorrebbe invece farci aprire le braccia per accoglierli.
E questo vale per tutte quelle storie che ci sfiorano ogni giorno.
Dalle più drammatiche, tipo una Donna che si brucia per disperazione, all'anziano costretto a rovistare nei cassonetti dell'immondizia per racimolare un po' di cibo.
Da un Popolo oppresso come quello Palestinese, ad un Popolo schiavo come quello egiziano. La nostra EMPATIA ci costringe a fare i conti con noi stessi, con le nostre azioni, i nostri pensieri. Ci sbatte in prima linea nella guerra contro l'Indifferenza. Vi auguro di soffrire per chi soffre, di piangere per tutti coloro che piangono, di provare lo stesso freddo, la stessa fame o la stessa sete. Vi auguro di capire. Vi auguro di possedere la Maledetta Benedizione. Solo cosi', forse, un giorno, facendo nostre le altrui difficoltà, riusciremo a fare qualcosa per fermarle. Avremo la capacità di accogliere le barche, proteggere le Donne umiliate e ferite dal "troppo amore" dei loro padroni, proteggere dall'insulto tutti coloro che amano in modo ritenuto stupidamente "diverso" saremo accanto a chi soffre, dividendo con lui la sua sofferenza, stringeremo le mani, abbracceremo i deboli, aiuteremo chi é caduto a rialzarsi. Saremo dentro il cuore degli altri. Non vi dovete vergognare di provare questi sentimenti. Sono l'unica ragione valida per continuare a vivere, per dare uno scopo al quotidiano respirare, per dare un significato vero, alle nostre azioni.
Senza EMPATIA non saremmo che foglie. Io ho la presunzione e il desiderio d'essere un Animale. Nonostante tutto.
(Claudio Khaled Ser)
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L'INCOMPRENSIONE RECIPROCA
G. I. Gurdjieff diceva: "Prima di discutere con qualcuno occorre realizzare fino a che punto quella persona può capire le nostre parole. Il parlare nonostante l'impossibilità di essere compresi dall'altro è sempre una perdita di tempo e di energia. Chi è consapevole, parla solo quando è certo che chi ascolta è in grado di comprendere."
La malcomprensione è la regola tra gli esseri umani. Dalla più piccola lite alla guerra in larga scala. Perché? perché ogni parola assume per ognuno di noi un significato diverso a seconda del proprio vissuto e sopratutto dal livello di coscienza soggettivo. Ecco perché non comprendersi, tra le persone, e' la norma.
Se credete che ogni essere umano debba comprendere le vostre parole o quelle dei Maestri, come arrivano a voi, vi illudete. L'illusione è un fenomeno mentale che ci allontana dalla realtà e dalla sua complessità. La vita segue una sua "logica" che va oltre il nostro concetto di "giusto" e "sbagliato". La vita non è morale e nemmeno immorale ma amorale.
Le nostre credenze sulla realtà non sono la realta' "oggettiva" ma una sua rappresentazione interna delle nostre credenze. Una credenza è un costrutto mentale inserito nella nostra mente dall'esterno. Noi entriamo in conflitto per le credenze che sono spesso più idee che esperienze.
Una persona che, per esempio, non ha mai vissuto l'esperienza dell'amore incondizionato o del perdono potrà parlarne sul piano analitico ma non può sapere di cosa parla se non è passato per quella esperienza. Lo stesso vale per la sessualità, la malattia e il lutto. Come può un prete parlare di sesso senza averlo provato? Come può un terapeuta curare un depresso senza aver mai esperito una depressione?
Esperire vuol dire morire a se stessi… passare attraverso l'esperienza… per andare oltre la logica razionale. Per crescere bisogna morire alle proprie credenze.
Non credete a nessuno, neanche alle parole dei cosiddetti "Maestri" o a quelle che, secondo voi, sono le autorità o si proclamano tali. Non credere neanche a te stesso ma credi solo all'esperienza… nessuno può dirti cosa è giusto o sbagliato e tu non puoi dire a nessuno cosa è giusto o sbagliato.
Decidi cosa è "giusto" o "sbagliato" per te attraverso l'esperienza e prenditi la responsabilità della tua vita ma ricorda che nessuno potrà comprenderti veramente perché siamo sempre soli nella nostra esperienza.
Le parole sono il mezzo con cui comunichiamo anche se ci scontriamo perché utilizziamo termini diversi, secondo noi oggettivi, per dire a volte la stessa cosa. Quello umano è un mondo intersoggettivo e la relazione si basa proprio sulla negoziazione del significato delle parole. E' nella relazione che si costruiscono i significati. Ma la relazione non è fatta solo di parole, anzi le parole spesso ci allontanano.
Le parole dette senza coscienza feriscono, uccidono.
Funzioniamo così: "io ho ragione, secondo i miei schemi mentali, mentre l'altro ha torto perché ha schemi mentali diversi dai miei". Questo fenomeno è amplificato sui social dove ci si irrita, si giudica, si offende l'altro per imporre la propria visione del mondo.
L'Arte, per esempio, nasce all'anima perché usa il linguaggio simbolico che è universale e arriva direttamente al cuore… quella che viene definito "Centro Emotivo Superiore" da Gurdjieff. Senza una comunicazione da cuore a cuore gli esseri umani sono impossibilitati a comunicare.
Dovremmo imparare il valore del silenzio, non per presunzione, ma perché è necessario capire se quello che voglio dire l'altro possa capirlo veramente oppure no.
Ho speso tanto tempo e fiato con persone che pensavo potessero e dovessero capirmi e ho compreso che a sbagliare ero io. Non puoi parlare a chi è sordo e non puoi mostrare il tuo mondo interiore a chi è cieco. Non puoi pretendere che l'altro ti capisca… perché l'altro non è te. L'altro è diverso da te. L'altro non è dentro di te.
Le donne vorrebbero che gli uomini le capissero… gli uomini che le donne li capissero… gli islamici che i cristiani li capissero… i cristiani che gli islamici li capissero… i buddhisti che gli islamici li capissero… è sempre stato così ma niente è mai cambiato.
Chi ha deciso di "svegliarsi" e compiere un lavoro su di sé è pronto per cogliere la verità a seconda dell'impegno che mette nel conoscersi. La Verità non si ottiene volendo avere ragione a tutti i costi e urlandola agi altri ma ascoltando più i silenzi che le parole. Nel silenzio in cui Dio stesso si esprime.
Tiziano Cerulli
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In soli due giorni sono già centinaia le persone uccise in Libano dagli attacchi israeliani. Almeno 500 persone di cui 30 bambini e migliaia i feriti. Alla 79ima Assemblea Generale delle Nazioni Unite in corso a New York il tema è entrato di prepotenza nella discussione. Il padrone di casa, il segretario generale dell’ONU, Antonio Guterres, si è rivolto all’Assemblea partendo proprio dal fatto che Gaza sia un “incubo” e che questa situazione non può che portare sempre più caos nella regione. Proprio come sta accadendo ora in Libano. «Dovremmo essere tutti allarmati da questa escalation». Ha continuato ricordando l’abominevole attacco di Hamas del 7 ottobre dello scorso anno, ma aggiungendo che «niente può giustificare questa punizione collettiva al popolo palestinese». Concludendo su un argomento spesso snobbato: l’impunità. Impunità che sembra dilagare per tutti coloro che violano il diritto internazionale, i diritti umani e le sentenze dei tribunali internazionali. Alle parole di Guterres, si sono accompagnate quelle di Josep Borrell. L’Alto rappresentante dell’Unione Europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza ha parlato di situazione estremamente pericolosa e preoccupante all’Assemblea delle Nazioni Unite. «Il mondo non può permettersi che il Libano si trasformi in un’altra Gaza», anche in questo caso sono i civili a pagare tutto il prezzo degli attacchi israeliani in termini di morti e di comunità distrutte. «È il momento di fare qualcosa. Tutti devono fare tutto il possibile per fare tutto questo, al fine di evitare che l’escalation continui in una guerra totale”. Le parole più dure sono state quelle del presidente turco Erdogan. ‘L’alleanza dell’umanità 70 anni fa ha fermato Hitler. Ora deve fermare Netanyahu” ha detto Erdogan intervenendo all’Assemblea generale delle Nazioni Unite e attaccando ancora Israele e il premier Benjamin Netanyahu. “A causa dei crimini commessi da Israele, Gaza si è trasformata nel più grande cimitero al mondo per donne e bambini”, ma anche il luogo dove ”muoiono i valori morali che l’Occidente dice di difendere”. Di tutt’altro senso sono state le parole del presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, all’ONU. Sostenendo che questa guerra in Medio Oriente è stata iniziata da Hamas e Hezbollah, ma che sono stati uccisi migliaia di civili innocenti e che «È il momento che le parti si mettano d’accordo per una soluzione diplomatica». E poi si sono sentite le parole della Presidente del Consiglio italiana Meloni, che negli USA è stata premiata con il Citizen Awards 2024 dall’Atlantic Council (un Think tank statunitense che ha come scopo quello di promuovere la leadership americana e gli accordi internazionali basati sul ruolo centrale della comunità atlantica). La Meloni ha parlato all’Atlantic Council di come l’Italia sia accanto a chi difende la propria libertà e sovranità, “Non solo perché è giusto farlo, ma perché è nell’interesse dell’Italia e dell’Occidente impedire un futuro nel quale la legge del più forte prevale”. Senza dirlo esplicitamente ha sostenuto così sia la difesa dell’Ucraina, senza sé e senza ma, sia l’aggressione ai “terroristi” che Israele sta compiendo da ormai quasi un anno. Mentre all’Onu si alternano retorica e denunce, ci risuonano ancora nelle orecchie le parole di Marc Botenga, europarlamentare belga di The Left, che in aula a Strasburgo qualche giorno fa aveva chiesto ai suoi colleghi come potessero farsi portabandiera di valori come il diritto internazionale, la democrazia e i diritti umani, mentre l’Unione Europea continua a sostenere Israele. “Parliamoci chiaro, il massacro e il genocidio in corso laggiù sarebbe impossibile senza il sostegno dei paesi e dei governi europei… Perché quando sono i vostri alleati che commettono i crimini a voi va bene? Questa è l’Europa? Questi sono i vostri valori?”.
La guerra in Medio Oriente arriva all’Assemblea dell’ONU. Guterres: “Il Libano non deve diventare un’altra Gaza”
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DAUGHTERS OF MURAD III
As we all know, Murad III was the sultan who had thirty daughters when he died, but in 1598 seventeen or eighteen daughters died due to plaque, so there were twelve or thirteen who were left. There were several daughters of Safiye Sultan, and much more daughters of concubines, who were married in mass ceremony in summer of 1613.
When Murad ascended the throne, Venetian ambassadors started to report about his family composition. Let’s now see reports from early reign of Murad III:
Report from Giacomo Soranzo from 1576 (page 205) (provided by Maria Pia Pedani)
Sultan Amorat III di questo nome, et XIII imperator de Turchi, è al presente di età di 33 anni. Ha una figliola di XII anni et dui figliuoli maschi, il primo, sultan Mehemet, di IX anni, et l’altro sultan Soleiman di VIII.
Report from Giovanni Correr from 1578 (page 239) (provided by Maria Pia Pedani)
Sarebbe, dicono, inclinato per natura a disordinar con le donne, perché si diletta grandemente della conversation loro; pure, con tanta commodità et quantità che n’ha, si tien per fermo che ’l sia contento della sola moglie, la qual se ben non le ha per ancora fatto chebin, che tanto vuol dire come indotata et sposata, ama grandemente, né mai dorme lontano da lei, et con essa ha tre figliuoli, una femina de XI anni et dui maschi, il primo di IX, et l’altro di V anni.
Report from Giacomo Soranzo from 1584 (page 268) (provided by Maria Pia Pedani)
Questo sultan Mehemet, solo et unico figliolo maschio di Sua Maestà con doi figliole femine, se ben ha havuto altri quattro figlioli maschi, che son morti, tutti di una istessa madre, è hora in età di XVI in XVII anni, et la prima figliola di XIIII dissegnata, come si crede, a Ibrain bassà, et [6] l’altra più picciola.
Report from Paolo Contarini from 1583; book Relazioni degli ambasciatori veneti al Senato (page 243):
Ha Sua Maesta un figliuolo unico maschio chiamato Sultan Memet, di eta d’ anni 18, e che l’ anno passato fu ritagliato, com’ e noto alla Serenita Vostra, di maggior vita e di piu bella statura del padre, di color olivastro, e negli occhi mostra esser crudele; s’ intende ch’ egli abbia animo grande, e che spesso biasma il padre, perche dipende dal consiglio delle done e non va in persona alla guerra. Ha pure Sua Maesta due figliuole, una di eta di quattordici anni, che, come ho detto, e destinata per moglie ad Ibraim bassa, e l’ altra e di anni dieci, ne per ancora e destinata ad alcuno, sebben si ragiona che la sultana madre abbia intenzionne di farla dar per moglie a Mamut aga, capigi bassi del serenissimo Signor, allievo e molto favorito di Sua Maesta.
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As far as I understood from reports above:
Beside Mehmed, Safiye gave birth to four sons who died before 1584; one of them was named Süleyman who was year younger than Mehmed, thus being born in 1567. Also, Mahmud and Selim (who were born respectively in 1572 and 1579; see A Comparison of Seyyid Lokman’s Records of the Birth, Death and Wedding Dates of Members of Ottoman Dynasty (1566-1595) with the Records in Ottoman Chronicles by Pazan Ibrahim), were also sons of Safiye, according to birth dates.
Safiye for sure had at least two daughters; Ayşe, who was four years younger than her brother Mehmed, thus being born in 1570, and Fatma, who was four years younger than her elder sister and eight years younger than her brother, thus being born in 1574. Beside them, it seems that Safiye had one more daughter, who was older from Mehmed two to three years, thus being born in 1563-1564.
From later reign of Murad III we have also some informations:
Report from Lorenzo Bernardo in 1590 provided by Maria Pia Pedani (actually the report was made in 1586/87; because this bailo was there until 1587)
Fra tutti questi che a quella Porta potessero far bene e male a questo Senato è la sultana moglie, uno de principali mezi appresso il Gran Signore. Questa è di natione albanese, molto savia e prudente, si è mostrata da un tempo in qua molto bene affetta alle cose della Serenità Vostra, e però mi son trattenuto con lei con alcune galanterie di poco valore, perché non si mostra avida né ha causa di essere tale perché è ricchissima. Il suo favore non solo è da stimare al presente, ma molto più per l’avenire, in tempo che regnasse il prencipe suo figliolo, appresso il quale è di molta autorità. È d’età d’anni 38 in 39, e sono anni 25 ch’hebbe commercio col Gran Signore col quale per anni 18 continui hebbe molti figlioli, de quali al presente ne vivono tre solamente, cioè Meemet prencipe, la figliola maritata in Ibraim bassà et una figliola che hora è da marito.
Safiye’s Household and Venetian Diplomacy; page 29 note 64
16 Aug. 1590 – the marriages of two daughters of the sultan has been arranged; the first is beautiful and will marry the beylerbeyi of Greece; the other is humpback, but not a monster, and she will marry Siyavuş paşa
Safiye’s Household and Venetian Diplomacy; page 29 (note 63 confirms spring 1591 as date)
In 1591 the rich Hümaşah Ayşe, the daughter of Mihrimah and Rüstem, proposed to pay the expenses of one hundred galleys for six months, if her son-in-law Çiğala-zâde Sinan paşa was made kapudanpaşa. At the same time a sister of prince Mehmed tried to obtain the same office for her brother-in-law Mehmed paşa.
Report from Matheo Zane from April 18, 1592, to the Doge and Senate (source: Calendar of State Papers and Manuscripts Relating to English Affairs (1893); page 23 – I will only provide first part of the letter)
The appointment of Sciavus as Gran Vizir was made against the intentions of the Sultan himself, who, in his own mind, had designed to make Sciavus second Vizir, and Sinan Gran Vizir. But Sinan was far away, and his Majesty was aware that there was pressing danger if he refused to satisfy the troops by the removal of Ferrad; he accordingly conferred the seals to Sciavus. This appointment is more popular among the people and the merchants than with the troops, who remember that the disorders of their payment took place in the time of Sciavus, though the head of the Beglierbey of Greece paid the penalty for all. It is thought that if the Sultan’s daughter, who is twenty-six years old, marries Sciavus he will keep his office, if not there is danger of his losing it…
Alphonse la Martine claims in his work History of Turkey (p. 108):
Ferhad-Pasha, grown old in the wars of Persia, was appointed grand vizier in the place of Sinan-Pasha, who returned for the third time into his sumptuous exile of Malghara. Ferhad had espoused the daughter of the Sultana Safiye. This princess governed under her son Mahomet III from the depths of the harem, still more absolutely than under Amurath.
Report from Girolamo Capello from 1600 (p. 416, provided by Maria Pia Pedani)
Rimane per ultimo Sciaus, di nazione ongaro, e per quello che viene detto nato nobilmente. Questo fu grandemente amato da sultan Selim; è persona di bell’aspetto, grave, di poche parole e risoluto, e nessuno vien formato di maggior intelligenza di lui, né più atto a regger tanto peso, essendo stato tre volte primo visir, se bene gl’attribuiscono nome di sfortunato, essendo nel tempo del suo governo successi incendii grandissimi et accidenti infausti, e sempre che si sente voce di mutazione di governo egli viene nominato per primo; ma si giudica che non potrà riuscire per non esser in grazia della regina, essendo che doppo la morte della prima sua moglie, non volse prendere un’altra sultana. Con tutto ciò non manca chi lo pone innanzi. E l’ultimo ordine che diede il Gran Signore a Sciaus, ch’egli non dovesse partir per la Mecca, facendolo ritornar in Costantinopoli mentre era in pronto per andarsene (se bene altri dicono che fosse sua invenzione per vedere come si muoveva il re) lo pose in gran speranza, che Sua Maestà si volesse servir di lui. Nell’amicizia di questo si conserva il medico Benvenisti ebreo, che per vedersi privo del donativo che Vostra Serenità gli faceva già molto tempo di 500 zecchini l’anno, quasi pretesi da lui per obligo di servizi prestati, si rende ora poco ben affetto, se bene lo dissimula. Ma si ha da lodar Dio che Vostra Serenità ora si trova libera dalla mano di tutte quest’arpie delle quali non avrà bisogno, piacendo a Sua Divina Maestà per gran pezzo, e quando anco Sciaus risorgesse, saranno ambedue sempre amicissimi di lei perché sono avarissimi, oltre che Sciaus si è sempre mostrato ben inclinato verso questo Serenissimo Dominio.
From this reports I was able to obtain, I understand next:
Safiye’s daughter Ayşe, who was from 1586 married to Ibrahim Pasha was sent with her husband to Egypt where she lived until end of reign of her father. But, there were at least two daughters of Safiye Sultan in the capital whose marriages occurred, even if their ceremonies was not reported by bailos.
In 1590, two daughters of Murad III (and Safiye) were promised respectively to governor of Rumelia (ambassadors often reffered them as beylerbeys of Greece) and Siyavuş Pasha. It seems that Sultana who was promised to governor of Rumelia was married to him latest in 1591, as her sister tried to obtain function of Kapudan Pasha for her husband (even though daughter of Rustem Pasha succeeded in her intention for obtaining that title to her son-in-law). It also seems that her husband’s identity was Mehmed Pasha, more precisely Nişancı Kara Mehmed Pasha. Sometimes referred as Boyalı Mehmed Pasha. Mehmed Pasha died in June 1593.
I would suggest that this Sultana might be Fatma, as she would be 16 y.o., by the same age her sister Ayşe married Ibrahim Pasha. Also, as Mehmed Pasha died in June 1593, she could soon remarry. Also, there is a interesting quote in work DAMAD HALIL PASHA (d. 1603): THE LIFE AND CAREER OF A “MODERATE” OTTOMAN PASHA (pp. 1643-1644) which says that ‘’the death of Nişancı Mehmed Pasha, one of the dome viziers, on 21 June 1593 seems to have made it easier for Halil Pasha to become vizier’’.
On the other hand, there is a Sultana who was promised to Siyavuş Pasha after he was widowed after death of Fatma Sultan, sister of Murad III. From 1592 report of Matheo Zane, we find out that this Sultana is twenty-six years old and that marriage negotiations are still going on. By report from 1600, it is clear that this Sultana who was engaged to Siyavuş Pasha was Safiye’s daughter, because Girolamo Capello reported that Siyavuş Pasha refused to remarry to Murad III’s daughter and he eventually fell out of favour of Safiye Sultan. It seems that this daughter was the eldest daughter of Murad III, beside Ayşe Sultan and Fatma Sultan, who were married at the time.
Beside that
In Sicill-I Osmani cilt 1, page 26, says that daughter of Murad III named Mihrimah was the eldest daughter of her father when she died and that she married Mirahur Ahmed Pasha. Also in work Bu mülkün kadın sultanları by Sakaoğlu, Mihrimah is claimed as eldest daughter of Murad III, and that she was married to Mirahur Ahmed Pasha in 1604. But, if she was eldest daughter and was married in 1604 to Ahmed Pasha, she was 40 years old, which means she had another marriages during reign of her father and brother about whom we know nothing. I would go with her being the one trying to be married to her late aunt’s husband Siyavuş Pasha. If the description is right, and she was humpback, but not a monster, I would suggest she was maybe retired in her Palace or Topkapi Palace the most of her time because of health problems.
It seems that Murad III also had another daughter, Hümaşah, who was absolutely wronged by Alderson, he assigned her husbands of Şehzade Mehmed’s daughter Hümaşah Sultan and Şehzade Mehmed’s granddaughter Fatma Hanımsultan. Actually, thanks to Ragusan envoys, we know that she was wife of Nakkaş Hasan Pasha. According to Factions and Favourites at the Courts of Sultan Ahmed I, this marriage occurred between January and March 1605, but there are venetian reports which claim differently:
Resta quarlo Visir Assan Nacas, che in turco vuol dir pittore, per qualche gusto che ha di quella professione; e uomo di 54 anni, picciol di persona, nacque in Russia, d’ingegno sottile, poiche oltre il dipingere, sa ancora lavorare un orologio. Fu Silictar del re passato che il fece anco Visir, e gli die’in moglie una sua sorella – zia del presente Gran Signore; onde resta egli ancora parente della Maesta Sua.
Source: Relazioni degli stati Europei lette al Senato dagli ambasciatori Veneti nel secolo decimosettimo, p. 142
Also, in Journal of Ottoman Studies cilt 11 from 1991 (p. 184) and Osmanlı Devletinin Saray Teşkilatı (1984; page 165) from Uzunçarşılı, there are claims of Ahmed I fulfilling his aunt Hümaşah Sultan’s reguest for some appropriate allocations from the imperial kitchen. Most interesting is 82 numarali muhimme defteri, where Hümaşah Sultan gave in 1617 some kethudas to her nephew Ahmed I, he even refers to her as hȃlem Hümaşah Sultan (derived hrom hala, which means aunt). I strongly suggest she being daughter of Safiye Sultan, as she was given name in honour of Şehzade Mehmed’s daughter who gifted her mother to her father. I also suggest she was the youngest of her siblings, being born around 1580. As she was child in 1580s, ambassadors probably didn’t have the chance to see her and she was confined to Topkapi. She received the highest salary for princess, beside four daughters of Kösem Sultan, as she was full-sister of Sultan. She also gifts during reign of Sultan Ibrahim, and on list of fourteen princesses which received gifts from envoys in 1655, in book ‘’Acta et diplomata Ragusina’’ she is reffered as Inasce sultana moglie di Hassan pascia.
Also, there were other daughters of Murad III, who were not daughters of Safiye Sultan.
In mass marriage ceremony in 1613, seven daughters of Murad III who resided in Old Palace were given to court officials. According to book Topçular Katibi Abdülkadir Efendi Tarihi (p. 624), we are given identities of husbands of those Sultanas
Küçük Mirahur Mehmed Aga
Mirahur-I Evvel Muslu Aga
Bostancıbaşı Hasan Aga
Cığalazade Mehmed Bey
Kurşuncuzade Mustafa Pasha
Kefe Beylerbesi Mehmed Pasha
Kapucıbaşı Topal Mehmed Pasha
Also, author puts in footnotes that there was one daughter of Murad III who married in Shaban of 1022 H. (September 1613) governor of Rumelia Ahmed Pasha.
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* In work Bu mülkün kadın sultanları by Sakaoğlu, Fahri Sultan is claimed to be married to Çukadar Ahmed Pasha in 1604, who died in 1618. Year 1604 is incorrect, as she was married to him in 1613. Additionaly, in work Searching for Osman by Tezcan Baki, on page 328, it is claimed that daughter of Murad III who married governor of Rumelia Ahmed Pasha (later governor of Damascus; died 1618) remarried to Çerkez Mehmed Ali Pasha, who was Grand Vizier of Murad IV. Actually, this Ahmed Pasha was Mirahur Ahmed Pasha, who was governor of Damascus from 1617 until 1618 (I checked on world statesmen site). It seems that Çukadar and Mirahur Ahmed Pasha are the same person, but it seems that when Murad III’s daughter Mihrimah Sultan died, pasha was remarried to Fahri Sultan. Additionally, her marriage to Grand Vizier would explain why she received the highest salary of 430 aspers in 1639. She was not daughter of Safiye Sultan, but she was wife of Grand Vizier of Murad III, thus being given the highest salary among full-sisters of sultans. According to Ulucay, Fahri Sultan remarried to Soffi Bayram Pasha, which is true, because she was recorded in 1639 as widow of his, and received gifts from Ragusan envoys as his widow. Interestingly, it seems that she remarried during reign of Sultan Ibrahim to certain Dilaver Pasha, who was vizier under Mehmed IV and died in 1656. In list of gifts, she was referred as Fahre sultan, moglie di Dilaver pascia in 1648, 1662, 1670 and 1676. She is recorded in Acta et diplomata Ragusina, which provides gifts for fourteen Sultanas in 1655 as Faslite sultana, moglie di Lauer bassa. There are also court records from 1662:
Eyüb Mahkemesi (Havass-ı Refia) 74 Numaralı Sicil (H. 1072 - 1073 / M. 1661 - 1662)
III. Murad’ın kızı Fahrî Sultan’ın kocası Dilâver Paşa’dan intikal eden malları satan vekili Süleyman Bey’den herhangi bir alacağı kalmadığı Husûs-ı âti’l-beyânı mahallinde tahrîr için kıbel-i şer‘den bi’t-taleb irsâl olunan mevlânâ Sâlih Efendi b. Mehmed, ol dahi zeyl-i kitâbda muharrerü’l-esâmî olan müslimîn ile medîne-i hazret-i Ebâ Eyyûb el-Ensârî -dâme fî rıdvâni’l-Bârî- de vâki‘ Debbâğlar Deresi demekle ma‘rûf mahalde sâkine fahrü’l-muhadderât zevi’l-muvakkarât tâcü’l-mestûrât aliyyetü’z-zât safiyyetü’s-sıfât Fahrî Sultan bt. el-merhûm el-mebrûr ed-darrâc ilâ medârici rahmeti Rabbihi’l-gafûr Sultan Murad Hân -aleyhi’r-rahmeti ve’l-gufrân- hazretlerinin sa‘âdet-hânelerine varılıp akd-i meclis-i şer‘-i şerîf olundukda, sultân-ı müşârün-ileyhâ meclis-i ma‘kūd-ı mezkûrda, işbu kitâb-ı sıhhat-nisâbın sâhibi kıdvetü’l-emâcid ve’l-ekârim câmi‘ü’l-mehâmid ve’l-mekârim Sultanzâde Süleyman Bey b. el-merhûm Davud Paşa mahzarında tav‘an ikrâr ve takrîr-i kelâm edip bundan akdem fevt olan zevcim merhûm Dilâver Paşa zimmetinde mütekarrir olan mehr-i müeccelim mukābelesinde mecmû‘-ı muhallefâtı hatt-ı şerîf-i sa‘âdet-makrûn ile bana ihsân buyurulmağın ben dahi muhallefât-ı müteveffâ-yı mezbûru izn-i hâkim-i askerî ile sûk-ı sultânîde semen-i misli ile bey‘ ve kabz-ı semen ve bana îsâle mûmâ-ileyh Süleyman Bey’i tarafımdan vekîl ve nâib-i menâb nasb ve ta‘yîn eylediğimde ol dahi vekâlet-i mezbûreyi kabûl ve târih-i mezbûrda mahrûse-i Galata’da kassâm-ı askerî olan Hasan Efendi ma‘rifetiyle muhallefât-ı müteveffâ-yı mezbûru sûk-ı sultânîde bi’l-vekâle bey‘ ve kabz-ı semen eyledikden sonra defter-i kassâm mûcebince makbûzu olan meblağı tamamen bana def‘ ve teslîm, ben dahi kabz ve tesellüm etmişidim el-hâletü hâzihî husûs-ı mezbûra ve mütâlebât ve eymân ve muhâsamâtdan mûmâ-ileyh Süleyman Bey’in zimmetini ibrâ-i âmm-ı kātı‘ü’n-nizâ‘ ile ibrâ ve iskāt eyledim min ba‘d mûmâ-ileyh Süleyman Bey ile merhûm Dilâver Paşa muhallefâtına ve sâir husûsa müte‘allik da‘vâ ve nizâ‘ım yokdur, zuhûr dahi ederse lede’l-hükkâmi’l-kirâm kebîrihimi’llâhi’l-meliki’l-Allâm mesmû‘a ve makbûle olmasın deyicek gıbbe’t-tasdîki’ş-şer‘iyyi’l-vicâhiyyi’l-mu‘teber mâ hüve’l-vâki‘ kayd şüd. Fi’l-yevmi’s-sâbi‘ min şehri Ramazâni’l-mübârek li sene isneteyn ve seb‘în ve elf.
Also, in document dated from late 1662, which is about vakfiye of Fahri Sultan, she mentions at the end her sister Saime Sultan. Source:
11 numarali Istanbul Mahkemesi Defteri (H. 1073) pp. 303-304
On page 304, you will see Fahri Sultan refers to her as kız karındaşım Sâ’ime Sultân hazretlerini.
But, this Saime Sultan was also on list of gifts; in 1642 she was referred as wife of Topal Ahmed Pasha, and in 1648 she is referred as wife of Sarhoş Mehmed Pasha. In 1662 and 1670, she received gifts as widow, but in 1676 she was not mentioned, which means that she died in early 1670s.
One of the daughters of Murad III was Beyhan Sultan. There is a proof of her being daughter of Murad III:
Eyüb Mahkemesi (Havass-ı Refia) 37 Numaralı Sicil (H. 1047 / M. 1637 - 1638)
Beyhan Sultan bt. Sultan Murad Hân’ın tasarrufundaki menzil, bostan, çayır ve tarlaları Fâtıma Hatun bt. Abdüttevvâb’a sattığı Fahrü’l-muhadderât zahrü’l-muvakkarât tâcü’l-mestûrât, iklîletü’l-muhassenât Âişetü’z-zamân Fâtımatü’l-evân Beyhan Sultan bt. el-merhûm el-mebrûr ed-dâricü ilâ medârici’l-rahmeti’l-gafûr Sultan Murad Hân hazretlerinin taraf-ı şerîflerinden bey‘ ve tefvîz-i âti’z-zikri ikrâra vekîl olup vekâleti müşârün-ileyhâ hazretlerin ma‘rifet-i şer‘iyye ile ârifeyn olan zahrü’l-kuzât Mehmed Efendi b. ( ) el-Kadı ve Hâssa Baltacıları kethüdâsı olan el-Hâc Mehmed et-Teberdâr şehâdetleriyle sâbit olan kıdvetü’l-emâsil ve’l-akrân Câbir Ağa b. Abdülmennân mahfil-i kazâda Sultân-ı müşârün-ileyhâ hazretlerinin kethüdâları olan sâhib-i hâze’l-kitâb kıdvetü’l-muhadderât zübdetü’l-muvakkarât Fâtıma Hâtun bt. Abdüttevvâb tarafından dahi ikrâr-ı câ’i’l-beyânı tasdîka vekîl olup vekâleti mezbûre Fâtıma Hâtun’u ma‘rifet-i şer‘iyye ile ârifeyn olan Rıdvan Bey b. Abdullah ve Mustafa Bey b. Abdullah şehâdetleriyle sâbite olan fahrü’l-cüyûş Cafer Çavuş b. Abdullah muvâcehesinde bi’l-vekâle ikrâr-ı da‘vâ edip müvekkilem Sultân-ı müşârün-ileyhâ hazretlerinin silk-i mülk-i sahîhinde münselik olan emlâkinden olup Havâss-ı Aliyye kazâsı müzâfâtından Terkos nâhiyesine Kiteli nâm karyede vâki‘ bir tarafdan Osman Paşa mülkü ve bir tarafdan zikri âtî olan çiftliğe tâbi‘ olan çayır ve bir tarafı Sinan ve bir tarafı ba‘zan câmi‘-i şerîf ve ba‘zan tarîk-i âm ile mahdûd beş bâb tahtânî odayı ve bir sofayı ve bir anbarı ve harâba müşrif hamamı ve bir büyük ahırı ve bir küçük ahırı ve bir fırını ve harman kenarında vâki‘ samanlığı ve câmi‘-i şerîf kurbunda vâki‘ iki bâb tahtânî odayı müştemil çiftlik ta‘bîr olunur mülk menzilini ve menzil-i merkūm dâhilinde üç re’s kara sığır öküzünü ve demiriyle iki sabanı ve bir arabayı ve bir döğeni ve sâir âlât-ı zirâ‘at ve esbâb-ı hırâseti ve menzil-i merkūm kurbunda vâki‘ harman yerini mezbûre Fâtıma Hâtun’a fıddî nakd-i râyicü’l-vakt yetmiş beş bin akçeye tarafeynden îcâb ve kabûlü hâvî ve bey‘-i bâtt-ı sahîh-i şer‘î ve safka-i vâhide ile bey‘ ve teslîm edip ol dahi minvâl-i muharrer üzre iştirâ ve tesellüm eyledikden sonra yine karye-i mezbûre sınırı dâhilinde mevâzi‘-i adîdede vâki‘ ma‘lûmü’l-hudûd olup merhûm ve mağfûrun-leh Sultan Bayezid Hân -aleyhi’r-rahmetü ve’l-gufrân- hazretlerinin evkāf-ı şerîfesinden olan bir kıt‘a bostan yerinin ve beş kıt‘a çayırın ve tahmîmen yetmiş beş müd tohum istî‘âb eder elli kıt‘a tarlaların dahi hakk-ı tasarrufunu, mezbûrü’n-na‘t yirmi beş bin akçe bedel-i tefvîz ve evkāf-ı mezbûre mütevellîsi ma‘rifetiyle mezbûre Fâtıma Hâtun’a tevfîz edip ol dahi minvâl-i meşrûh üzre tefevvuz ve kabûl eyledikden sonra semen-i merkūm yetmiş beş bin akçe ve bedel-i tefvîz olan yirmi beş bin akçe cem‘an yüz bin akçeyi bi tamâmihî mezbûre Fâtıma Hâtun yedinden ahz ve kabz eyledi ba‘de’l-yevm zikr olunan emlâk-i mezbûre Fâtıma Hâtun’un mülk-i müşterâsı ve bostan ve çayırlar ve tarlalar dâhil-i taht-ı tasarrufu olmuşdur. Keyfe mâ teşâ’ ve tahtâr mutasarrıfe olsun dedikde vekîl-i mûmâ-ileyh Çâker Ağa’nın bi’l-vekâle cârî olan ikrâr-ı meşrûhunu vekîl-i âhar Cafer Çavuş bi’l-vekâle vicâhen tasdîk ve şifâhen tahkīk edicek mâ hüve’l-vâki‘ ketb olundu. Hurrire fi’l-yevmi’l-ışrîn min Şevvâli’l-mükerrem li sene seb‘a ve erba‘în ve elf.
It seems that Beyhan Sultan was recorded in 1648 as widow of Nideli Mustafa Pasha, who was actually Nigdeli Mustafa Pasha, who was killed in rebellion 1632. He was briefly Kapudan Pasha, governor of Egypt and defterdar. It seems that Beyhan Sultan was granted almost the highest salary (415 aspers) because of her husband’s positions during reign of Murad IV. She wasn’t of list of sultanas in 1655, so she died before that year.
I just don’t know if Nigdeli Mustafa Pasha is the same Mustafa Pasha that one of the daughters of Murad III married in 1613.
It seems that on list of gifts in 1642, there was daughter of Murad III named Abide Sultan who was wife of Muslu Pasha. Muslu Pasha was one of grooms in weddings of 1613.
There was also daughter of Murad III called Gevherhan Sultan, who died before 1639/1642, but was still alive in 1624, and was most probably wife of Bostancıbaşı Hasan Aga
Rumeli Sadâreti Mahkemesi 40 Numaralı Sicil (H. 1033-1034 / M. 1623-1624)
Vefat eden Hasan Paşa’nın III. Murad’ın kızı Gevherhan Sultan’a mehir borcu olduğu Bi’l-fi‘l atabe-i aliyyede baş defterdâr kāimmakāmı olan emîrü’l-ümerâi’l-kirâm kebîrü’l-küberâi’l-fihâm sâhibü’d-devleti ve’l-ikbâl sâhibü zeyli’l-izz ve’l-iclâl câmi‘u vücûhi’l-emvâl âmirü’l-hazâini bi-ahseni’l-a‘mâl Mehmed Paşa -dâme ikbâluhû- Dîvân-ı âlî -dâme mahfûfen bi’l-me‘âlî-’devüzerâ-i kirâm zümresinden olup azm-i dârü’s-selâm eden merhûm Hasan Paşa’nın halîle-i celîleleri dürre-i iklîlü’d-devleti’l-aliyye gurreti cebînü’l-hilâfeti’l-behiyye tâcü fırakı’n-nisvân min men lehünne ulüvvü’ş-şân sâhibetü’s-sa‘âdeti ve’l-ihsân sâhibetü zeyli’n-ni‘meti ve’l-ihsân Fâtımatü’z-zamân Âişetü’l-evân hazret-i Gevherhân Sultan bt. es-sultâni’l-a‘zam ve’l-hâkāni’l-ekrem el-merhûm el-mebrûr es-sultan Murad Hân -beşşerahullâhü te‘âlâ bi-rahmetihî minhü ve rıdvân- cenâb-ı ismet-meâblarından husûs-ı âtîye vekîl olup vekâleti nehc-i şer‘î üzere sâbite olan merhûm müşârun-ileyhin kethüdâsı fahrü’l-iştibâh Mehmed Ağa b. Abdullah mahzarında takrîr-i kelâm edip merhûm-ı mezbûrun Rumeli’nde vâki‘ hâssları mahsûlü bin otuz üç senesi Martı ibtidâsından sene-i kâmile tamâmına varınca merhûm-ı mezbûrun voyvodalarına ber vech-i maktû‘ deruhde olunmuş olup hâlâ müşârun-ileyh Hasan Paşa merhûm olmağla havâss-ı mezbûre cânib-i mîrîden zabt olunmak lâzım geldikde müşârun-ileyhâ sultan hazretleri dahi sene tamâmına varınca yine havâss-ı mezbûreyi merhûm-ı müşârun-ileyhin voyvodaları zabt edip sene tamâmına değin cümle mahsûlü vezîr-i müşârun-ileyhin mûmâ-ileyhâ sultan hazretlerine mehr-i müeccelinden olan deyni için sultan hazretlerine teslîm olunmak üzere vekîl-i mezbûr Mehmed Ağa yediyle Hazîne-i âmireye on iki yük akçe teslîm olunmağın ber vech-i meşrûh cânib-i mîrîden dahi deruhde olunmuşdur min-ba‘d havâss-ı merkūmeyi sene tamâmına varınca yine merhûm-ı müşârun-ileyhin voyvodaları zabt edip cümle mahsûl sultan hazretlerine teslîm olunup muhassıl ve müfettiş ve ümenâ taraflarından kat‘â dahl olunmayıp ta‘arruz olunmamak üzere yedlerine emr-i şerîf-i âlîşân verilmişdir dedikde gıbbe’t-tasdîk vicâhen mâ-hüve’l-vâkı‘ bi’t-taleb ketb olundu.
Also, there was daughter of Murad III called Rukiye Sultan, but we know nothing about her except she was also daughter of Şemsiruhsar Hatun.
There was one more daughter of Murad III whose name we know, Hatice Sultan. She was married in 1613 to governor of Kefe Mehmed Pasha. She was still alive in 1639, when she was recorded in harem records as wife of late Mehmed Pasha-i Kefe. She was might remarried during reign of Sultan Ibrahim to some Magrip pascia, as she is recorded in 1648.
So, my final stating is as follows:
Mihrimah Sultan (1564 — before 1613); daughter with Safiye. Her marriages went unnoticed, she was might engaged in 1590 to Siyavuş Pasha, who later refused to remarry. She was married to Mirahur Ahmed Pasha in 1604. She died during reign of her nephew Ahmed I, and after her death her husband remarried to her sister Fahri Sultan.
Ayşe Sultan (1570 — 15 May 1605); daughter with Safiye, married firstly in 1586 to Ibrahim Pasha, married secondly in 1602 to Yemişci Hasan Pasha and lastly married in 1604 to Mahmud Pasha.
Fatma Sultan (1574 — 1620); daughter with Safiye. Might married firstly in 1590 to Nişancı Kara Mehmed Pasha, married in December 1593 to Halil Pasha, married in 1604 to Cafer Pasha (vizier, kapudan pasha (1606-1608), governor of Cyprus until his death in 1609). Öztuna claims she married two more times; in 1610 married kubbe vizier Hizir Pasha (d. 1610) and in 1611 to Murad Pasha.
Hümaşah Sultan (1580 — before 1662); daughter with Safiye. Married in late reign of Mehmed III or early reign of Ahmed I to Nakkaş Hasan Pasha. She was still alive in 1655, but died before 1662.
Fahri Sultan (1594? — 1579?); married in 1613 to Ahmed Pasha (once Mirahur), who was once married to her sister Mihrimah Sultan. After his death in 1618, she remarried Çerkez Mehmed Ali Pasha, who was Grand Vizier under Murad IV. After his death she remarried Soffu Bayram Pasha, and after his death she remained a widow for long time, receiving highest salaries among Ottoman princesses as once she was wife of Grand Vizier. During reign of Sultan Ibrahim lastly married to Dilaver Pasha. After his death, she received gifts as his widow in 1662, 1670 and 1676. She was omitted from gifts in late 1670s and she complained to Grand Vizier (Miović; p. 166). She was longest-lived child of Murad III.
Beyhan Sultan (?? — before 1655); married in 1613 to Kurucubasi Mustafa Pasha, remarried later to Nigdeli Mustafa Pasha.
Hatice Sultan (?? — after 1639); married in 1613 to governor of Kefe Mehmed Pasha.
Gevherhan Sultan (?? — after 1624); married to Bostancibasi Hasan Aga.
Saime Sultan (?? — before 1676); had at least three husbands during lifetime. Shie died in first half of 1670s.
Abide Sultan (?? — before 1648); married in 1613 to Muslu Aga. She died during reign of Sultan Ibrahim.
Rukiye Sultan (?? — ??); daughter of Şemsiruhsar Hatun, maybe one of the princesses married in 1613.
2 unknown daughters
I hope you like my analysis, and that I gave you interesting sources, reading and insights. I can't wait for your reaction and comments!
You really worked hard!! Thank you for sharing this with me, I really appreciate it. (I think you should be the one running this blog lmao)
Ottoman history is kind of a pain in the ass because Ottomanists do not speak to each other, apparently; one discovers something but that something gets ignored by everyone else. Also, Turkish historians tend to not use foreign sources, and it’s such a pity because there is so much information in ambassadorial reports.
I’m not sure Mihrimah was the eldest child of Murad III. Only Sicill-i Osmani says this (Sakaoğlu just cites it) and she was not given a “famous” husband, while Ayşe married Damad Ibrahim Pasha. Unless, as you said, she had some health problem so her marriage was delayed until Ahmed I finally “forced” her to get married like his other aunts. I’m sorry if I sound stupid but I don’t understand how you calculated her age 😭. Oh wait, did you just assume a year before Mehmed III? She undoubtedly existed, though.
About the marriages of Ahmed I’s aunts, I would add this from Ragusian diplomats:
30 June 1613: “...quel medesimo giorno che noi arivamo qui si sposso una delle sultane, zia del Gran Signore per suo Capicilar Chiehaia e l’altra si dice che la setimana prosima si sposara per il Beglerbei d’Urumelia stato prima Aga di Gianizari [Mirahur Ahmed Pascià — Mihrimah!!]; et cossi di mano in mano le altre cinque ...” 17 July 1613: “Questi giorni passati dopo l’arivo nostro si sono maritate tre soltane zie del Gran Signore figliole di Murat, et altre quatro sono sposate le quali fra quatro setimane si maritarano ancor loro, le maritate sono una per il Beglerbei di Romania, l’altra per il Bostangi Bascia gran nemico nostro..., la terza soltana vi e maritata per il Capicilar Ciechaia, ancor lui homo di cativo porto, et mal disposto verso le cose nostre..., le quatro soltane sposate vi sono una per il Pascia di Cairo l’altra per l’Aga di Gianizari la terza per il Ciuciuch Ibrachor Basci, e la quatra per Basc Capici Basci del Gran Signore, vi sono adesso quindeci soltane...”
These two dispatches seem to confirm the information you found in Topçular Katibi Abdülkadir Efendi Tarihi.
It would make sense for Safiye to be Ayşe, Fatma, Mihrimah and Hümaşah’s mother because their names carry meaning for Murad III (well, Ayşe and Fatma are for religious reasons) so I would venture they’re his eldest daughters.
About one of the husbands in the 1613 mass marriage, I have found — do not ask me where, I don’t remember — that Sülün Muslu Pasha was a vizier during the reign of Ahmed I. He could be Abide’s husband, as the Ragusians called him “Sulun Muslia”.
What about (in Öztuna):
MlHRBÂN SULTÂN: Med.Murâd III T. =Dâmâd Topal Mehmed Ağa, kapıcıbaşı, izd.21.2.1613.
Did you find anything about her? Uluçay, on the other hand, didn’t assign a husband to her but said that she was buried in the mausoleum of Murad III (the source is Hadikatü’l-Cevami). He also cited Uzunçarşılı’s Osmanlı Devletinin Saray Teşkilatı, page 162, but I couldn’t find anything about her in there. Or maybe it’s just Mihrimah but Hadikatü’l-Cevami called her Mihriban. According to Alderson, she was a consort instead.
Off topic but I can’t believe that Saime is an actual name because it’s so original. I spent hours trying to find an Ottoman name who sounded like Seime, when I first found it in Ragusian reports 😭
Anyway, you’re a really good historian!!
#kehribar-sultan#ask: ottoman history#murad iii#ayse sultan daughter of murad iii#fatma sultan daughter of murad iii#mihrimah sultan daughter of murad iii#fahriye sultan daughter of murad iii#humasah sultan daughter of murad iii#saime sultan daughter of murad iii#beyhan sultan daughter of murad iii#abide sultan daughter of murad iii#hatice sultan daughter of murad iii#gevherhan sultan daughter of murad iii#rukiye sultan daughter of murad iii
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Ieri a S.Anna di Stazzema molte parole, già sentite mille volte, dai rappresentanti delle istituzioni sul palco. Difficile per loro rinunciare all'occasione di sottolineare l'assenza di un rappresentante del governo. Difficile per noi trovare quale differenza abbia determinato questa assenza nel nulla politico dei discorsi.
Se fosse stato installato un filtro antiretorica al microfono, che avesse cancellato le frasi fatte e i buoni propositi da copertina mai diventati azione politica, il silenzio avrebbe accompagnato la manifestazione. Se avessimo potuto non vedere le persone in divisa e con le armi sul piazzale, lo avremmo svuotato della metà. Una manifestazione militare a commemorare centinaia di vittime di militari.
Avremmo sentito solo marce di guerra accompagnare l'ingresso di gonfaloni. Avremmo sentito una serie di ordini di attenti e riposo, Avremmo sentito ripetere decine di volte la parola onore, un balletto di movimenti agli ordini di una voce stentorea per rendere omaggio a donne, uomini e bambini trucidatə. Alla medaglia d'oro al valor - indovinate - militare (!) conferita al comune di Stazzema si rende onore con un minuto di silenzio. Ma prima avremmo sentito echeggiare la marcetta della Leggenda del Piave. Quella del 24 maggio, quella che "non passa lo straniero", ma nessuno sembra trovare fuori luogo la celebrazione guerriera di una vittoria davanti all'ossario delle vittime di S.Anna. Non eroici fanti, se mai ne sono esistiti: solo donne uomini bambine e bambini. Avremmo sentito un coro di voci bianche, bambinə dai 6 ai 12 anni, cantare l'inno nazionale, bambinə che cantano "siam pronti alla morte" davanti alle ossa delle decine di bambini e bambine uccise dai nazisti. Anna Pardini, la più piccola, nata da venti giorni. Avremmo sentito due volte, rabbrividendo, orrore inedito alla commemorazione, il sorvolo di due jet militari, coordinato da un gruppo radio appositamente preparato all'ingresso del piazzale.
Non siamo stati in silenzio. Abbiamo cantato "Bella ciao" come contrappunto alla Canzone del Piave. Abbiamo ricordato con slogan che la Costituzione ripudia la guerra. Abbiamo gridato forte "Vergogna!" dopo il passaggio dei jet militari. E chi ci era amico ed era sul palco ci ha sentito, forte e chiaro. Ci ha ringraziato. E i suoi ringraziamenti, l'aver cercato di dare una dimensione di umanità a questa orribile esaltazione della guerra sotto mentite spoglie, ci ripagano delle critiche ricevute.
Non siamo noi a mancare di rispetto alla memoria.
Marco Frigerio, Facebook
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UCCISI VS MORTI
Non pensavo fosse necessario ma dopo alcuni commenti e messaggi legati al mio post precedente (soprattutto su FB e IG) devo specificare alcune cose: OVVIAMENTE Hamas è una merda e non rappresenta il popolo palestinese (c'era veramente bisogno di dirlo?!) La resistenza palestinese esiste ed è eroica perché il popolo palestinese rappresenta esso stesso il concetto di resistenza eroica se da 75 anni ti violentano la famiglia e la terra che ti appartiene. E non mi riferisco ovviamente alle azioni di una formazione armata fascista islamica che fa gli interessi di altri. Sarò sempre dalla parte delle donne che urlano in faccia ai soldati e ai bambini che lanciano molotov contro i blindati, se volete una versione più "romantica", ma la storia parla da sé, la creazione forzata di Israele è stata l'inizio di una guerra infinita che tutt'oggi porta beneficio a chi vuole mantenere l'assetto mondiale squilibrato. È (e sarà sempre) una questione di potere, militare e d'informazione. Per i giornalisti italiani gli israeliani continueranno a essere stati "uccisi" mentre i palestinesi saranno sempre "morti". È una differenza enorme, per chi legge/ascolta. Ecco perché siamo il 41esimo Paese per libertà di stampa. Servi e lecchini verso ogni tipo di potere, che sia il datore di lavoro, l'Europa, gli USA o quei poveri israeliani che piangono mentre sganciano bombe al fosforo. Saluti.
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" Chi sono gli uomini, i quali, senza che noi ce ne accorgiamo, ci suggeriscono cosa pensare, ci dicono chi dobbiamo ammirare e chi disprezzare, oppure come dobbiamo considerare la proprietà dei servizi pubblici, le tariffe doganali, il prezzo del caucciù, il piano Dawes* o l’immigrazione? Sono sempre loro che ci consigliano l’arredamento della nostra casa, il menu quotidiano, il modello di camicia più elegante, gli sport da praticare, gli spettacoli da vedere, le iniziative benefiche meritevoli di aiuto, i quadri degni di ammirazione, e perfino i termini gergali da inserire durante una conversazione e le battute di spirito che ci dovrebbero far sbellicare dalle risate. Se volessimo compilare l’elenco degli uomini e delle donne che per la loro posizione sociale devono essere considerati come opinion maker, avremmo una lunga lista di nomi recensiti nel Who’s Who. […] Una simile lista comprenderebbe migliaia di persone. Tuttavia sappiamo che molte di esse sono a loro volta sotto l’influenza di individui, spesso noti solo a una cerchia molto ristretta. "
*Piano Dawes: definito da una commissione di esperti finanzieri appartenenti alle potenze vincitrici della I Guerra mondiale presieduta dall’americano Charles G. Dawes, contribuì molto alla ripresa del marco e degli investimenti Usa in Germania. [NdT]
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Edward Louis Bernays, Propaganda. Della manipolazione dell’opinione pubblica in democrazia, traduzione di Augusto Zuliani, Fausto Lupetti Editore, 2008.
[Edizione originale: Propaganda, New York: Horace Liveright publisher, 1928]
#Edward Louis Bernays#Propaganda#manipolazione#opinione pubblica#democrazia#Augusto Zuliani#masse#società dei consumi#consumismo#XX secolo#capitalismo#Stati Uniti d'America#politica#affarismo#corruzione#relazioni pubbliche#influencer#pubblicità#spin doctor#psicologia delle folle#subconscio#fabbrica del consenso#mente collettiva#irrazionalità#desideri#edonismo#narcisismo#comunicazione#multinazionali#immigrazione
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È una guerra alle donne ormai palese. inclusione per transgender ed esclusione per donne portatrici di utero. Uteri che servono per creare figli che saranno rubati alle donne per servire questi gay e travestiti. Chi non lo vede è solo rimbambito dalla propaganda.
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Io sono gen. X.
Se mi avessero detto a 20 anni che sarei inveccchiato in un mondo in cui:
- gli ammiragli americani hanno il cazzo sotto la gonna
- la Disney avrebbe fatto della frociaggine il nuovo nazismo
- i culattoni tifano chi li butta giù dai palazzi
- le donne sostengono i diritti di chi le lapida e stupra
- le miniere di terre rare sarebbero diventate ecologiche
- una illetterata nana con disagi mentali sarebbe stata ricevuta da capi di stato
- la famiglia sarebbe diventata un bersaglio culturale
- uccidere o comprare infanti sarebbe stato proposto come diritto
- difendere i miei cari e miei beni sarebbe stato visto come estremismo
- il mondo si sarebbe difeso da un virus mortale con la mascherina di Hello Kitty
- La guerra è pace
- Il debito è ricchezza
- l’economia di guerra fornirà molti posti di lavoro
- il Dio denaro regna incontrastato in tutti i campi
- una Europa unita dal “mercato” meglio, alle banche tutte rigorosamente riconducibili a pochissimi da cui prende ordini.
Beh, non ci avrei creduto.
Invece, eccoci qui.
(Boc)
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Ammazzatine
La storia non è finita e ce lo comunica attraverso ammazzatine generali che sono il segno tangibile della sua vitalità. Dove non c'è più conflitto c'è fine della storia, uomini e donne annoiati che si danno allo scambismo su internet, ma per fortuna la storia ancora stimola il sistema nervoso centrale organizzando periodicamente delle simpatiche ecatombi al solo scopo di tenere vivo negli uomini il senso e la proporzione delle cose. L'obiettivo è arrivare a una guerra a CO2 interamente compensata entro il 2035.
(Lo scrupoloso occidentale che come una formichina separa diligentemente la carta pulita dalla carta leccata mentre alle sue spalle il fungo di un'esplosione colossale oscura il cielo mandando all'aria dieci anni di certosina riduzione dell'impronta ecologica)
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Bambini in guerra che a scuola non tornano | il manifesto
Una bambina legge nella scuola dell’Unrwa usata come rifugio dai palestinesi - foto Ansa
Il primo giorno. Il primo giorno in classe è il primo giorno del mondo nuovo, il nostro pensiero va a Gaza: buco nero dell’umanità, inizio e fine di ogni principio etico e morale sull’esistere
Pubblicato 21 ore fa
Edizione del 12 settembre 2024
Valeria Parrella
Il primo giorno di scuola è importantissimo, è la notizia, perché la scuola salva la vita, come il servizio sanitario nazionale, né più né meno. E certo tra le istituzioni su cui si incardinano le democrazie ci sono entrambi.
E certo un pronto soccorso ti salva la vita sull’urgenza e la scuola pubblica te la salva sulla lunga percorrenza: sul resto dell’esistenza. E certo per noi sono i pilastri, il fondamento, il motivo per cui siamo sicuri che pagare le tasse non è solo un dovere ma anche un diritto, e questa cosa riesce ancora a essere vera, nonostante da anni i governi che si avvicendano non diano importanza né all’uno né all’altra, smantellandoli nel senso e nelle risorse.
Ma, come meritoriamente Cartabellotta ha lanciato l’appello Salviamo il Servizio sanitario nazionale, così ugualmente dobbiamo fare con la scuola pubblica, salvarla dalla fatiscenza delle strutture, dalla privazione delle risorse, dall’ingaggio truffaldino dei docenti, dalle graduatorie umilianti, dall’emigrazione colpevole, dal reclutamento sine ratione dei docenti di sostegno.
Dobbiamo salvare la nostra scuola dall’indebolimento dell’idea stessa di Scuola, costretta a viversi come un’azienda, con i presidi che si devono chiamare dirigenti. Come se fosse una cosa privata, in cui va meglio chi produce, e di cui però non si sanno valutare i meriti.
E nessuna prova invalsi ha mai provato nulla.
E nessuna corsa alle iscrizioni ha mai provato nulla.
E nessuna graduatoria di «quanti cento alla maturità» ha mai provato nulla.
Da sud a nord la prova di una buona scuola è che ci sono ragazzi che vengono dalle situazioni famigliari più disparate, dalle condizioni economiche e psicofisiche più diverse, e si ritrovano negli stessi banchi, ad ascoltare le stesse parole, a studiare dagli stessi testi, a confrontarsi con le stesse paure, a criticare o amare gli stessi professori.
Entrano insieme ed escono insieme e riescono a dividere tutto. È questa la buona scuola.
Un posto dove sappiamo che i nostri figli sono al sicuro, dove si sentono liberi, dove possono fare domande, ricevere risposte, e anche sconfessarci.
Lì si crea il cittadino, in quel momento lì.
E noi questa cosa la sappiamo, la sappiamo da sempre perché è stato lo strumento con cui si sono emancipate le nostre madri, la sappiamo perché, assieme al voto, è il vero lascito di cui parla Cortellesi nel suo bel film. La sappiamo perché c’è un’ondata di populismo che parte da Trump e arriva a palazzo Chigi in cui si dice il contrario, ci si permettono ignoranze, e grammaticali, e istituzionali, e di contenuti. Si avallano le stesse come se questo garantisse una maggiore aderenza alla realtà. Quando l’unica cosa che garantisce è maggior servaggio. Chi è ignorante può essere condotto, chi studia è libero.
Noi lo sappiamo da sempre, è per questo che mentre ci arrivano nelle chat foto di primi giorni di scuola, di ragazzine con i trolley rosa e giovani genitori alle prese con l’inserimento, il nostro pensiero va a quelle ragazzine a cui è negata l’istruzione, a chi un primo giorno di scuola non ce l’ha perché dei governi oscurantisti vogliono le donne come schiave, e sanno che la prima catena nasce dall’analfabetismo.
Mentre ci arrivano le foto delle nostre bambine che incerte sui passetti vanno a conoscere il mondo il nostro pensiero va a quelle bambine costrette in casa, nei campi, come nei racconti di Carlo Levi: non era molto tempo fa, che una bambina o un asino per portar la gerla erano la stessa cosa, picchiate uguale, asservite uguale, ammogliate senza scelta.
E ma appunto, noi lo guardiamo appena girandoci di 50 anni dietro, ma qui e ora, proprio nello stesso smartphone sul quale ci arrivano le speranze e le emozioni e i saluti delle mamme dei liceali, lì dove ci diciamo «buon primo giorno!» in quello stesso smartphone ci arrivano le immagini senza volto delle stesse bambine, nate qualche meridiano più in là.
Proprio perché sappiamo che il primo giorno di scuola è il primo giorno del mondo nuovo, il nostro pensiero va a Gaza, buco nero dell’umanità, inizio e fine di ogni principio etico e morale sull’esistere. Abominio sotto gli occhi di tutti, luogo perduto- vicino, lontano- dove si scavano a mani nude corpi di altri bambini che la scuola l’avrebbero amata come l’amiamo noi.
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C’è un mondo vecchio, fondato sullo sfruttamento della natura madre, sul disordine della natura umana, sulla certezza che di sacro non vi sia nulla. Io rispondo che tutto è divino e intoccabile: e più sacri di ogni cosa sono le sorgenti, le nubi, i boschi e i loro piccoli abitanti. E l’uomo non può trasformare questo splendore in scatolame e merce, ma deve vivere e essere felice con altri sistemi, d’intelligenza e di pace, accanto a queste forze celesti. Che queste sono le guerre perdute per pura cupidigia: i paesi senza più boschi e torrenti, e le città senza più bambini amati e vecchi sereni, e donne al disopra dell’utile. Io auspico un mondo innocente. So che è impossibile, perché una volta, in tempi senza tempo e fuori dalla nostra possibilità di storicizzare e ricordare, l’anima dell’uomo perse una guerra. Qui mi aiuta Milton, e tutto ciò che ho appreso dalla letteratura della visione e della severità. Vivere non significa consumare, e il corpo umano non è un luogo di privilegi. Tutto è corpo, e ogni corpo deve assolvere un dovere, se non vuole essere nullificato; deve avere una finalità, che si manifesta nell’obbedienza alle grandi leggi del respiro personale, e del respiro di tutti gli altri viventi. E queste leggi, che sono la solidarietà con tutta la vita vivente, non possono essere trascurate. Noi, oggi, temiamo la guerra e l’atomica. Ma chi perde ogni giorno il suo respiro e la sua felicità, per consentire alle grandi maggioranze umane un estremo abuso di respiro e di felicità fondati sulla distruzione planetaria dei muti e dei deboli – che sono tutte le altre specie -, può forse temere la fine di tutto? Quando la pace e il diritto non saranno solo per una parte dei viventi, e non vorranno dire solo la felicità e il diritto di una parte, e il consumo spietato di tutto il resto, solo allora, quando anche la pace del fiume e dell’uccello sarà possibile, saranno possibili, facili come un sorriso, anche la pace e la vera sicurezza dell’uomo.
Anna Maria Ortese, "Corpo celeste", Adelphi, Milano 1997
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