#Frank Chiaro
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The Best Winter Destinations in the United States in 2023
As winter approaches, the United States transforms into a wonderland of diverse landscapes and thrilling activities. Whether you seek powdery slopes, serene hot springs, or sun-drenched beaches, the country has it all. Here’s a guide to the best winter getaways in 2023, offering something for every type of traveler.
Dunton, Colorado:
For a relaxing winter escape, Dunton’s hot springs and wooden lodges offer a serene retreat. Dating back to 1885, the area’s mining history adds a touch of authenticity to the experience, making it an ideal spot to unwind.
Lake Tahoe, Sierra Nevada:
Lake Tahoe, nestled in the Sierra Nevada Mountains, offers a mesmerizing winter scene with its frozen alpine lake surrounded by snow-covered pine trees. Boasting an average snowfall of 400 inches, it’s a top-notch ski destination. Beyond skiing, enjoy activities like ice skating, sleigh riding, and tubing.
Asheville, North Carolina:
Nestled in the Appalachian Mountains, Asheville provides a captivating winter landscape. Drive along the Blue Ridge Parkway, embark on bird watching tours, or enjoy a cozy bar hopping experience in the town.
Sedona, Arizona:
Escape bone-chilling temperatures in Sedona, where milder winters offer a unique desert landscape cloaked in snow. Hike through crimson rock formations, take a hot air balloon ride for a bird’s-eye view, and explore Tlaquepaque Village.
Minneapolis, Minnesota:
Minneapolis, often overlooked, comes alive with winter festivals like the Great Northern and the USA Pond Hockey Championships. The city’s culinary scene thrives in winter, offering tasty delicacies and hot dishes. Explore the hidden winter wonderland with activities like ice skating and snowmobiling.
Jackson Hole, Wyoming:
Jackson Hole’s picturesque setting, surrounded by snow-capped mountains, makes it a haven for winter sports enthusiasts. With an annual snowfall of 458 inches, it’s a paradise for snowy adventures and ecotourism, allowing you to witness impressive wildlife in untouched wilderness.
Vail, Colorado:
Surrounded by alpine slopes, Vail beckons with exciting ski adventures on Vail Mountain. The powdery trails also cater to snowmobiling and snow tubing enthusiasts. Stroll through Beever Creek Village’s classic wooden houses, illuminated with warm lights, and warm up with a cup of hot chocolate.
Kauai, Hawaii:
For a warm winter getaway, head to Kauai, Hawaii’s picturesque island with year-round sunshine. Enjoy outdoor activities like hiking, whale watching, and beach hopping, surrounded by jungle-clad mountains and brilliant blue oceans.
Salt Lake City, Utah:
Nestled in the Wasatch Range, Salt Lake City is a winter haven with storybook houses adorned in white snow. World-class skiing at Deer Valley Resort is a major draw, but if the outdoors isn’t your calling, the city offers diverse alternatives. Indulge in shopping, relax in hot tubs, or savor local cuisine.
New York City:
Experience the vibrant winter vibes of the Big Apple, from Rockefeller’s Christmas tree to open-air holiday markets like Bryant Park Market. Whether you prefer ice skating, cafe hopping, or holiday shopping, New York City offers a mix of indoor and outdoor winter delights.
Burlington, Vermont:
Embrace the freezing winter in Burlington, where European-styled buildings and twinkling lights create a charming atmosphere. Explore Church Street, a four-block pedestrian market, and indulge in the town’s hospitality. Venture out for ski trips to nearby resorts for added winter excitement.
Anna Maria Island, Florida:
Escape to Anna Maria Island for a sun-soaked winter retreat. With powdery beaches, palm-fringed shores, and laid-back beach vibes, it’s the perfect destination for beach hopping, swimming, and witnessing dazzling sunsets.
Originally posted on frankchiaro.net.
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VERONIQUE GABAI - READY FOR ROSÉ - Eau de Parfum - Novità 2023 -
Sublimation of summer. French riviera sun bottled.
There’s a place where the sun is pure gold… Mediterranean landscapes and French Riviera have no secrets for Veronique Gabai. I greatly appreciate and feel much my own indeed her fragrance collection in which she captures the regenerative fullness of her native sun, prizing every creation with a magnetic energy, a charismatic touch that embodies the uniqueness of this terroir. Such a joyful ode to the place where she belongs. A clear invitation to make these wellbeing and cheerfulness feelings your own. Forever and ever.
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Che bella estate quella che affronti con la leggerezza nel cuore, la libertà di sentire più forte e chiaro il ritmo dei tuoi pensieri, di abbandonarti al silenzio e planare su sensazioni dimenticate, acchiappare ogni istante di questo tempo così mutevole, sempre troppo avaro, troppo veloce e sentire di aver fiducia in questo andare controvento, in questo spendersi a solcare oceani di stelle e abissi dove il sole va a dormire.
È un'ottima estate questa, in compagnia di Veronique Gabai e delle sue fragranze. Una collezione ambiziosa e di inusitata raffinatezza che testimonia un meraviglioso sentire. Veronique raccoglie frammenti di vita, ne filtra l'essenza attraverso gioia ed eleganza trasformando il suo vissuto in affabulanti racconti olfattivi.
C'è un profondo rispetto per le proprie radici, la passione per gli aromi che la Costa Azzurra, sua terra d'origine, le ha trasmesso da sempre, l’incanto sensuale del luogo che ispira le sue creazioni, così potenti nel diffondere quell'energia emanata da sole, mare e natura.
Così sentire la meraviglia... è qualcosa di più dell'annusare, più di una sequenza di note olfattive, più di una formula, più di una sbrigativa concessione al sapere di buono. Più di una fragranza, un modo nuovo di percepire le sensazioni che trasmette e apprezzare la sollecitazione al ricordo che affiora nel contatto.
E siamo già altrove, dove il sole è oro puro con Ready for Rosé, fragranza-inno scanzonato all'estate, alla gioia di vivere, alla libertà, paradigma del godersi l'istante, del festeggiare insieme sulla spiaggia, salutare il giorno con un calice alzato sull'orizzonte e, in questo ghiacciatissimo rosé cogliere una nuova effervescente promessa.
Spumeggiante nella sua freschezza floreale, una magnolia che scintilla di rugiada e vento di mare, il suo sentore terso attraversa la composizione e si specchia in note verdi e candide corolle di gelsomino, rosa, fiore d'arancio, fresia.
Sembra dire sono qui per farti felice, regalarti un sorriso nell'allettante sfumatura frizzantina con il retroaroma piacevolmente asprigno del rabarbaro, e infine scoprirla così convincente, sfacciatamente desiderabile nella mutazione più calda e sensuale orchestrata da ambra, cedro e muschio. Divinamente vibrante e lucente su pelle. Così come un'estate che non vuoi scordare.
Creata da Frank Voelkl.
Eau de Parfum 85 ml. nel flacone design ricaricabile. Online qui
Ogni fragranza della collezione è personalizzabile attraverso i booster Eau du Jour e Eau de la Nuit.
©thebeautycove @igbeautycove
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“In tutte le cose c’è un ritmo che è parte del nostro universo. Ha simmetria, eleganza e grazia […] E’ il ritmo delle stagioni, il modo in cui la sabbia modella una cresta, sono i rovi e il profilo delle foglie. Noi crediamo di copiare questi disegni, di trasferirli nelle nostre vite e nella nostra società, di farne rivivere il ritmo, la danza che ci riconfortano. E tuttavia, un pericolo si nasconde nella perfezione finale. E’ chiaro che lo schema ultimo contiene la sua fissità. In questa perfezione ogni cosa procede verso la morte”.
Dune, Frank Herbert
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Come utilizzare al meglio i colori neutri nel design degli interni
Minimalisti ma di classe: il potere dei colori neutri
Ti stai preparando a rinnovare il soggiorno o a cambiare colore alle pareti della camera da letto? Il nostro consiglio è di prendere in considerazione i colori neutri. Queste tonalità sono tutt’altro che noiose, e sceglierle ti faciliterà nel restyling della casa. Infatti, sono la base migliore per sperimentare l’accostamento di tessuti e accessori dai colori più audaci e vivaci. Ma non solo, perché l’uso di colori neutri più luminosi può dare alla tua stanza un aspetto più aperto, pulito e fresco. Inoltre, se stai pensando di vendere la tua casa, i toni neutri sono la scelta giusta in quanto sono rilassanti e consentono agli acquirenti di vedere il potenziale delle stanze.
appartamento di Fantastic Frank
Colori neutri, quali sono?
Nel mondo dell'interior design, neutro significa senza colore. I neutri come beige, avorio, tortora, nero, grigio e le gradazioni di bianco sembrano essere senza colore. In realtà queste tonalità spesso hanno delle sfumature. Quando si abbinano i colori o si sceglie la vernice è opportuno valutare le diverse gradazioni di ciascun colore per trovare quello giusto. C’è chi preferisce i colori neutri caldi, oppure nuance più fredde. Ad esempio, il beige potrebbe avere un sottotono rosato, marrone chiaro, oro o grigio, che costituisce il greige, un neutro più nuovo e molto apprezzato. Il bianco potrebbe essere leggermente avorio, giallo, bluastro o pesca. I neutri possono essere utilizzati nell'arredamento in due modi: completamente neutro o come colore di sfondo per contrasti d’effetto.
immagine via Fantastic Frank
Arredare solo con i toni neutri
Se desideri donare alla tua casa un look completamente neutro, sovrapponi diverse tonalità dello stesso colore. Così facendo otterrai un effetto elegante e coerente. Questa combinazione di colori si abbina perfettamente con tutto ciò che è in legno (arredi e finiture) ma anche mattoni e pietra a vista. Elementi, questi, che aggiungeranno una nota di calore all’ambiente neutro. Ecco alcuni suggerimenti per la scelta e l'accostamento dei colori neutri: - Scegli una tonalità più chiara per le pareti e più scura per i pavimenti. - Aggiungi un tappeto in un colore che si abbini al pavimento ma che non sia troppo più scuro rispetto alla tonalità delle pareti. In questo modo si valorizzeranno gli arredi. - Crea armonia nella stanza con accessori che includano alcune o tutte le tonalità che hai utilizzato.
appartamento di Fantastic Frank
Colori neutri come base
In questo caso, come per l'ambiente completamente neutro, parti dalle pareti. Scegli la tonalità neutra tenendo presente quali altri colori desideri utilizzare, la quantità di luce naturale presente nella stanza e al tuo gusto personale. Preferisce pareti più chiare o più scure? Tieni presente che le pareti più scure sono adatte a spazi luminosi perché fanno sembrare più piccoli gli ambienti. Quindi, se la tua stanza è ampia e luminosa, puoi valutare qualsiasi tonalità. Se, invece, la stanza è piccola e poco luminosa, una tonalità neutra più chiara sarà la scelta migliore. Se ti piace il grigio, decidi se preferisci puntare verso una tonalità calda o fredda. Lo stesso vale per le sfumature del bianco.
immagine Depositphotos Supponiamo che tu scelga un grigio chiaro per dipingere le pareti, puoi valorizzarlo inserendo una poltrona o un divano colorato, ad esempio verde bosco. Aggiungi un tappeto bianco o nella stessa tonalità di grigio delle pareti (va bene anche un po' più chiara). Abbina le tende al colore delle pareti per un look coerente. Inserisci qualche oggetto decorativo o complementi in verde per aggiungere ulteriori tocchi di colore alla stanza. In questo modo, le pareti di colore grigio e il tappeto bianco sono la base neutra alla quale aggiungere dettagli colorati in verde. Read the full article
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Le soluzioni per l'underground: Frank Marrelli
Prosegue il nostro viaggio nell’underverso per trovare le soluzioni al suo stato di stallo. Questa volta è Frank Marrelli, chitarrista dei Les Long Adieux ad esprimersi. Un discorso lucido, pragmatico, ben conscio dei limiti e, soprattutto delle possibilità anche l’underground ha.
Quelli che sono limiti e ‘problemi’ del rock/metal in Italia, soprattutto per quello prodotto nel Belpaese, li conosciamo già. Difficoltà di divulgazione, limitati spazi mediatici, problemi nell’organizzare eventi e via discorrendo. Sono anni che se ne parla, se ne dibatte, se ne discute. Sono anni che, però, si parla e basta. È diventato quasi un mantra autolesionista. La domanda è, assodato quanto sopra, quali potrebbero esse le possibili soluzioni effettivamente attuabili? Non parliamo del: sarebbe bello se. Parliamo del: possiamo fare così.
Facciamo una premessa: non credo che esista una soluzione univoca. Mi spiego meglio: credo che quello che può funzionare per un artista o in un determinato contesto non è detto che possa andare bene in un altro contesto. Detto questo ritengo che il nodo cruciale sia quello del coinvolgimento dei più giovani. Dopo tutto sono loro che muovono il mercato, un tempo acquistando i CD o i vinili, adesso in altra maniera.
Quindi in qualche maniera bisogna sapersi adattare nel trovare il modo di raggiungere questo potenziale pubblico, che (parliamoci chiaro) non si trova nei pochi locali underground che sono rimasti (in questo caso parlo di Roma). In una certa misura la conseguenza è che i social media diventano un male necessario e imprescindibile.
Avere interazioni sulle pagine, una certa attività su YouTube e partecipare a eventi in streaming può essere utile. Poi bisogna vedere a quale pubblico ci si vuole rivolgere. Noi con Les Longs Adieux non crediamo di poter interessare agli adolescenti di conseguenza non usiamo Tik Tok, tanto per fare un esempio.
Tramite gli altri social però abbiamo avuto dei buoni riscontri partecipando a tantissimi eventi in streaming su twitch, soprattutto durante la pandemia, certo non parliamo di numeri enormi, ma rispetto a molti gruppi non ci possiamo lamentare.
Sempre grazie al lavoro in questo senso abbiamo avuto la possibilità di suonare all’estero, senza doverci affidare a booking agency a pagamento… insomma i social sono ormai uno strumento fondamentale. Una postilla però va fatta: non si può vendere fuffa. Faccio un esempio. Conoscevo un coglione che si vantava delle visualizzazioni che aveva fatto col suo gruppo su YouTube.
Ovviamente non la metteva così, ma condivideva questo suo finto successo inviando messaggi su WhatsApp e sbandierandolo ai quattro venti su Facebook. Peccato che le aveva acquistate tramite un’agenzia specializzata in Google Ads.
Il bello è che metteva pure il nome dell’agenzia tra i tag… ecco le sponsorizzazioni fini a se stesse non servono veramente a nulla e di tipi così ce ne sono tanti… ma mi sto dilungando. Ultime due cose: essere il più possibile autosufficienti e non fossilizzarsi sulla propria città.
Soprattutto quest’ultimo punto ritengo sia importante. È possibile che per una serie di motivi le cose nel proprio luogo d’origine non girino al meglio, meglio non farsi il sangue amaro e cercare risposte positive da altre parti.
La sensazione è che si rimanga in attesa che le cose cambino. Che arrivi qualcuno o accada qualcosa per cui la situazione possa mutare. Nel frattempo si vivacchia. Salvo poi, per moltissimi, lamentarsi. Non sarebbe forse meglio cercare di muoversi autonomamente e creare vie di uscita invece di aspettare che qualcun altro lo faccia per noi?
Sarebbe meglio in effetti. Per anni si è aspettato che arrivasse un gruppo di successo che trascinasse tutta una scena locale con sé nell’ Olimpo del rock. Alcuni credevano che tutto questo si fosse concretizzato con i Maneskin, ma ovviamente non è cambiato nulla. Rimaniamo a parlare di un prodotto uscito da X-Factor, che può interessare allo stesso pubblico che ascolta Fedez, Emma Marrone e tutto quel mondo.
Non credo che il ragazzino sedicenne che ascolta i gruppi usciti dai talent lo puoi trovare ad ascoltare gli Obituary il giorno dopo, magari al concerto dei Guns n’ Roses al Circo Massimo sì, ma giusto perché poi può postare la diretta su Instagram.
Manca la credibilità non ti pare? Ti puoi muovere per conto tuo è forse sarebbe meglio, non si può sostenere un mondo che si deve auto alimentare. Cose del tipo: “io vado al suo concerto così lui viene al mio” a cosa servono? Forse solo ad abbassare il livello qualitativo generale.
Non credo che di questi tempi uscirà fuori una nuova Seattle e se dovesse accadere non scommetterei su Roma. Tutto sommato, come dici tu, conviene cercare soluzioni in proprio, ne gioverebbe pure l’originalità probabilmente. I mezzi per muoversi in proprio poi nel 2023 non mancano di certo.
Un difficoltà emersa ascoltando diversi youtuber tra i 20 e i 30 anni che parlano di rock/metal, è il riuscire, per la loro generazione, ad inserirsi nel giro. Molti evidenziano come, a causa della giovane età, vengono spesso dileggiati, non presi sul serio. Quasi che per essere ‘considerati’ debbano superare un esame di ammissione. Il che non favorisce certo un dialogo. È un problema che avete riscontrato?
Innanzitutto bisogna vedere di che giro si parla. Certo nel “giro” underground magari lo Youtuber può essere guardato con sospetto, ma manco troppo. Onestamente nel rock e nel metal non ho mai visto problemi di questo tipo… anzi. Ricordo che una volta vidi un gruppo di liceali (dieci anni fa), si chiamavano White Thunder ed erano fichissimi.
Vidi sempre nello stesso periodo gli Hi-Gh, facevano speed metal ed erano poco più che ventenni, ma fortissimi e apprezzatissimi dal pubblico, però in effetti parliamo di anni fa, ma non credo che il pubblico metal sia diventato meno accogliente in tal senso.
Io dal canto mio sono stato fortunato nell’ambiente metal, avendo esordito presto su disco con i Savers nel 1999, adesso nessuno se li ricorda, ma ai tempi eravamo molto seguiti e questo mi ha fatto inserire bene in quel mondo.
Il discorso cambia in altri ambiti, se penso alla scena goth ad esempio è difficilissimo trovare gruppi locali nuovi che siano seguiti e non siano composti già da persone che stanno da anni nel giro (parlo di Roma, perché fuori non ho riscontrato questo problema). Quindi se non si vuole fare la fine dei dinosauri meglio accogliere i volti nuovi, altrimenti tanto vale fondare una setta o una società segreta.
Le mentalità dei ‘vecchi’ della scena e delle nuove leve, sono davvero inconciliabili o è volontà degli storici non voler ammettere che il tempo passa e che bisogna andare avanti, ‘crescere’ ascoltando anche altro?
Fa quasi ridere che ci si possa scannare per quelle che tutto sommato sono briciole non credi? Bisogna crescere certo, ma in che modo? Io preferirei senz’altro gruppi nuovi che possano proporre cose nuove, roba che vada oltre la lezione studiata su YouTube. Belli i Greta Van Fleet, ma ho già ascoltato i Led Zeppelin.
Oggi tra le novità di Radio Rock ho ascoltato un gruppo che si chiama Dirty Honey (mi pare fosse quello il nome), tutto bello, tutto suonato bene, ma tutto già sentito se hai ascoltato anche solo di sfuggita gli Aerosmith. Gli Airbourne? Stesso discorso di sopra sostituendo i nomi citati con gli Ac/Dc. Dove sta la novità? Dunque torniamo al punto di partenza: mi piacerebbe ascoltare anche altro, ma come verrebbe accolta una cosa nuova dai “vecchi” della scena?
Probabilmente vengono trattati bene i gruppi che ai veterani ricordano i loro anni d’oro. Del tipo “gagliardi ‘sti pischelli! Questi suonano la musica buona, mica le porcate di adesso! E si vestono pure come noi ai bei tempi…”. Ma con questo ragionamento come verrebbe accolto un David Bowie nel 2023? Forse bene, forse no. Un gruppo veramente bravo e originale verrebbe apprezzato o preso per il culo? Credo che lì sia un po’ il caso che decide, insieme al discorso di un’ipotetica credibilità.
Certo le cose nuove all’inizio non è detto che vengano subito apprezzate e questo vale da Frank Zappa fino all’ultimo punk incompreso di provincia. La conseguenza è che a volte l’unico modo che hanno i gruppi nuovi per crearsi una nicchia di rispetto è quello di fare cose vecchie (spesso meglio dei vecchi).
Altro limite evidenziato dai giovani è che quando si recano ai concerti vengono criticati o sminuiti perché non conoscono tutte le canzoni delle band che si stanno esibendo. Dal loro punto di vista questo non è un limite dato che si stanno ‘formando’. È un limite che notate?
Mai vista una cosa del genere, sicuramente però se te lo hanno riportato il fenomeno esiste ed è la cosa più stupida che si possa fare. Perché dileggiare un ragazzino che si vuole vedere un concerto? Si vede che da qualche parte ci stanno dei guru che possono rilasciare il patentino per essere metallaro, goth o punk… non saprei, fa già abbastanza ridere così. Una cosa la posso affermare con certezza: a un concerto dei Metallica probabilmente non saprei riconoscere almeno la metà del repertorio, sono rimasto troppo indietro.
Grazie mille
Grazie a te!
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Monza, Grande spettacolo a The Art of Fighting 3: Luca Cecchetti domina il campione di Spagna Dostin Ortiz, mentre Alessio Lorusso perde il titolo europeo contro Thomas Essomba
Monza, Grande spettacolo a The Art of Fighting 3: Luca Cecchetti domina il campione di Spagna Dostin Ortiz, mentre Alessio Lorusso perde il titolo europeo contro Thomas Essomba. “Un grande spettacolo”, questa è la migliore definizione per The Art of Fighting 3 l’evento di pugilato e kickboxing che si è svolto sabato 20 maggio all’arena di Monza organizzato da Edoardo Germani in collaborazione con la Promo Boxe Italia di Mario Loreni, con la Federazione Pugilistica Italiana, con la Federkombat-Lega Pro Italia e con il patrocinio del Comune di Monza e della Regione Lombardia. Il pubblico ha risposto alla grande: quasi 3.000 persone hanno riempito l’arena di Monza. I due combattimenti più importanti sono stati all’altezza delle aspettative anche se il campionato europeo dei pesi gallo di pugilato tra Alessio Lorusso ed il britannico Thomas Essomba ha avuto un esito diverso da quello che il pubblico si aspettava: Essomba ha vinto ai punti con decisione unanime al termine di 12 riprese in cui ha sempre avuto il controllo della situazione. Lorusso non è mai riuscito a metterlo in difficoltà e a metà match appariva chiaro che Essomba aveva trovato la strada giusta per conquistare la cintura dell’European Boxing Union. Infatti, subito dopo la conclusione della dodicesima ed ultima ripresa, l’allenatore ed i secondi di Essomba sono corsi ad abbracciarlo: erano sicuri di aver compiuto l’impresa e che il verdetto fosse solo una formalità. I tre giudici hanno espresso un verdetto unanime con un largo vantaggio per Essomba: 116-112, 117-111 e 116-112. Francesco Liotti, allenatore di Lorusso, l’aveva detto: “Thomas Essomba è un ottimo pugile che verrà all’arena di Monza per disputare il match più importante della sua carriera. Viene qui per vincere, non per fare il turista.” Nemmeno Alessio Lorusso aveva sottovalutato l’avversario: “ Thomas Essomba ha otto sconfitte nel record, ma il record bisogna saperlo leggere. Contro chi ha perso Thomas Essomba? Contro pugili di altissimo livello come il britannico Sunny Edwards che è ancora imbattuto (19-0) ed è l’attuale campione del mondo dei pesi mosca IBF. Quando hanno combattuto, era in palio il titolo internazionale dei pesi supermosca IBF e l’incontro è finito ai punti (dodici riprese). Contro Marcel Braithwaite, un altro pugile molto quotato, Thomas Essomba ha perso solo per decisione non unanime (un giudice ha dato la vittoria a lui, gli altri due a Braithwaite). Insomma, Thomas Essomba è un avversario che merita rispetto.” Nonostante la straordinaria passione che Lorusso mette nel suo lavoro, il suo indiscutibile talento pugilistico e l’alto livello della preparazione, contro Essomba ha perso nettamente, ma la boxe è bella anche per la sua imprevedibilità e nessuno può dire che l’incontro non sia valso il prezzo del biglietto. Ora il record di Alessio Lorusso è di 21 vittorie, 5 sconfitte e 2 pareggi. Quello di Thomas Essomba è di 12-8-1. Ogni combattimento a The Art of Fighting 3 sarà ricordato dal pubblico per la sua spettacolarità. In particolare quello di kickboxing tra il campione del mondo dei pesi gallo Wako-Pro Luca Cecchetti ed il campione di Spagna Dostin Ortiz. Previsto sulle cinque riprese da tre minuti ciascuna, il match è durato solo tre riprese: Dostin Ortiz è finito al tappeto e ci è rimasto perché i calci alle gambe di Luca Cecchetti gli hanno impedito di proseguire la battaglia. Luca Cecchetti ha conquistato la cintura dei pesi gallo TAF, messa in palio per la prima volta. E’ stato un importante risultato per Luca Cecchetti che il 24 giugno difenderà il titolo mondiale dei pesi gallo Wako-Pro a Venaria Reale (Torino) contro Giovanni Frank Gross nel clou di The Night of Kick and Punch 14. Era importante verificare la forma di Luca Cecchetti e dominare un avversario come il campione di Spagna Dostin Ortiz ha certamente dato un’indicazione positiva a lui ed al suo team. Il record di Luca Cecchetti è adesso di 58 vittorie e 5 sconfitte. Un altro match che ha entusiasmato il pubblico è stato tra i pesi mediomassimi Momo El Maghraby e Franco De Mita. Non c’è stata storia: Momo ha sconfitto l’avversario per la gioia dei suoi tifosi che non hanno smesso un minuto di incitarlo facendo un tifo di tipo calcistico (cantando Forza Momo e Vai Momo per tutte le sei riprese previste). Insieme ai tifosi di Alessio Lorusso, quelli di Momo hanno contribuito a rendere la serata ancora più bella facendo sentire la loro voce e questo non avviene sempre alle manifestazioni di pugilato e kickboxing. Ora il record di Momo El Maghraby è di 7 vittorie consecutive. I risultati degli altri combattimenti: Francesco Paparo (ora 4-0-1) ha vinto agevolmente superando ai punti dopo sei riprese Pietro Caputo. Alessio Spahiu (ora 4-0) ha demolito in cinque riprese Enea Keci. Jonathan Kogasso (ora 8-0) ha battuto ai punti Sergiu Sinigur (ora 6-1). Morgan Moricca (ora 2- 0) ha prevalso su Marco Delmestro per squalifica al quarto round. Christian Chessa (ora 3-0) ha superato Aziz El Ghouiyal per knock out tecnico al quinto tempo. L’organizzatore Edoardo Germani: “Sono molto soddisfatto della riuscita di The Art of Fighting 3. Il successo di un evento si valuta su dati oggettivi, non su opinioni personali. I combattimenti sono stati spettacolari, abbiamo avuto un gran pubblico, una notevole copertura giornalistica e gli incontri più importanti sono stati trasmessi in diretta streaming da DAZN. Inoltre, per la terza volta consecutiva abbiamo riempito l’impianto. Le prime due edizioni di The Art of Fighting si sono svolte a Meda, al PalaMeda che ha 1.200 posti. Per le regole imposte dall’emergenza Covid, alla prima edizione potevamo vendere solo il 60% dei biglietti e ci siamo riusciti. Alla seconda edizione, il limite dei biglietti venduti era stato tolto e abbiamo registrato il tutto esaurito. Alla terza edizione, abbiamo avuto quasi 3.000 spettatori. Alla quarta edizione, sono sicuro che ne avremo ancora di più. Quindi, sono lieto di annunciare The Art of Fighting 4. Nelle prossime settimane renderemo noti i nomi dei combattenti, la data e la sede.”... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Opinione: La Fabbrica Degli Orrori, di Ian Banks
Frank è un diciassettenne orfano di madre che vive su una minuscola isola della Scozia - che non ha mai abbandonato - con il padre, un ex hippy con la fissa della scienza, dedito a strani esperimenti in una misteriosa stanza della casa. Ha un fratello divenuto pazzo dopo un incidente in un ospedale, Eric, un piromane che dà fuoco ai cani, e un amico, Jamie, un nano con cui trascorre le notti al pub, ubriacandosi per rendere interessante una vita assolutamente priva d'interessi. Frank ha un'intelligenza perfida, capace di nascondere la sua perversa attitudine: uccidere bambini innocenti - come il fratellino Paul e i due cugini, Blyth e Esmeralda - nonché piccoli animali, come vespe o conigli, con la sua Fabbrica degli orrori. Egli segue sempre dei riti personali, frutto di una religione primitiva, fatta di simboli e feticci, di luoghi addobbati come templi e santuari. C'è però un terribile segreto che sarà svelato e che gli permetterà di vedere chiaro sulla sua esistenza, sempre confusa e segnata da episodi strani e inspiegabili.
Ripubblicato di recente dalla Fanucci, non se lo è calcolato nessuno praticamente. Grazie ad una pubblicità inesistente, anche. La cosa mi spiace, solo perché è uno spreco di stampa e carta, perché personalmente mi ha deluso moltissimo. Chi legge questi generi già fatica a trovare materiale interessante, se vengono (ri)stampati romanzi del genere...ecco, mi sembra uno spreco per quelle novità potenzialmente molto interessanti che non vengono calcolate a prescindere. Questi piccolo romanzo viene presentato come un horror, ma in realtà gli manca molto per esserlo; mi sono scontrata con qualche scena splatter mescolata a pagine e pagine di descrizioni minuziose (e logorroiche) che definirei abbastanza inutili. Insomma, molto molto noioso. La storia in sé avrebbe un grande potenziale. Ci racconta, attraverso il punto di vista del protagonista, qualche settimana nella sua vita. Un ragazzo di appena diciassette anni che ha dei problemi e lentamente comprenderemo quanto profondi e quanto sia "disturbato". Un piccolo serial killer che, oltre a torturare e uccidere animali, ha già collezionato 3 vittime quando era ancora un bambino. Con furbizia ed astuzia si è liberato di queste tre "seccature" in modi ingeniosi, studiando sempre come cavarsela (ben sapendo cosa stava facendo e le conseguenze). Una mente che poteva essere affascinante da affrontare, ma che risulta fastidiosa nello stile in cui ci viene presentata. Questi tre omicidi infatti vengono raccontati attraverso dei ricordi, ma in brevi frammenti che non riescono a movimentare tutto il resto che verrà raccontato. CI presenterà la sua strana famiglia, dalla madre che lo ha abbandonato, al fratellastro che vede come un Dio, al padre che non si capisce bene cosa faccia. Tutto frammentato. Sta a noi comporre il puzzle. Peccato che quando siamo alla fine, ci dà di botto e senza senso la "spiegazione" (che non è una spiegazione) al perché lui è così. Chiudendo in due pagine il tutto. "ah ecco, è per questo...." Ma anche no! Avrebbe dovuto esserci spazio per approfondire meglio questa "rivelazione", per qualcosa di costruttivo o di distruttivo, che acerbasse questa situazione e desse al lettore quel tocco in più che manca. Invece....Terribile! È stata proprio la goccia che mancava. Fatevi un favore, se proprio siete curiosi prendetelo in prestito in una biblioteca, o se faranno promo digitali. Altrimenti evitate e cercate qualcosa di migliore. PS. Dimenticavo il titolo! La traduzione letterale sarebbe "la fabbrica delle vespe" che ha un senso dentro il romanzo. Non capirò mai perché cambiare queste cose... Va beh.... from Blogger https://ift.tt/XHN8moP via IFTTT
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Jason David Frank: la moglie dell'attore ha rivelato la vera causa della morte
Jason David Frank: la moglie dell’attore ha rivelato la vera causa della morte
Tammie Frank, la vedova dell’attore e star di arti marziali miste Jason David Frank, ha rivelato che suo marito è morto per suicidio. La morte di Frank è stata confermata il 20 novembre. All’epoca non è stata fornita alcuna causa di morte, tuttavia i rapporti indicavano il suicidio. In un’intervista con People pubblicata mercoledì, Tammie Frank ha cercato di mettere le cose in chiaro. “Mentre…
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Storia Di Musica #197 - Molly Hatchet, Molly Hatchet, 1978
La storia di musica di oggi non si sposta dalla Florida. Anzi, non si sposta nemmeno da Jacksonville, la città dei Lynyrd Skynyrd della scorsa settimana. Perchè quando nei primi anni ‘70 Dave Hlubek, chitarrista, voleva fondare una band, ai leggendari concittadini si voleva ispirare. Si aggregano a lui Danny Joe Brown, cantante dalla voce impostata e caratteristica, le due chitarre di Steve Holland e Duane Roland, per una nuova versione della linea a tre chitarre che fece la fortuna dei Lynyrd, una delle sezioni ritmiche più affiatate e toste del rock americano, Banner Thomas al basso e la grande tecnica di Bruce Crump alla batteria. Come nome scelgono Molly Hatchet, da quello di una leggendaria prostituta che durante la Guerra Civile decapitava i suoi clienti più rudi, e il cui fantasma a volte si ripresenta nelle spettrali serate invernali delle paludi di quei posti. L’inizio è complicato, e nonostante una incessante e proficua carriera dal vivo nei club della contea, dovranno passare ben 5 anni prima che vengano notati da una casa discografica. La Epic però gli offre la possibilità di registrare ai famosi studi di registrazione The Sound Pit di Atlanta con la supervisione di Tom Werman, all’epoca uno dei più grandi produttori del rock americano, che lavorerà con alcuni dei più grandi gruppi del rock a stelle e strisce (Ted Nugent, Cheap Trick, Blue Öyster Cult, Mother's Finest, Mötley Crüe). Il disco è registrato proprio durante i mesi della grande emozione per l’incidente aereo dei Lynyrd, con il loro disco appena uscito, Street Survivors, in testa alle classifiche. Molly Hatchet appare nei negozi di dischi il 1 settembre 1978: è un mix di hard rock boogie (marchio di fabbrica di Werman) spinto dal muro sonoro delle tre chitarre e dalla voce, un po’ roca e caratteristica, di Danny Joe Brown. In scaletta 9 brani, scritti insieme dalla band, brani avvolgenti, caldi, che li caratterizzano subito rispetto ad altri gruppi per la loro aria scanzonata e un po’ strafottente. Bounty Hunter è la canzone che apre il disco e mette in chiaro l’energica vena musicale del gruppo; diventerà uno dei momenti più attesi dai fan nei loro concerti dal vivo; Gator Country, altro grande classico, è l’apoteosi del loro suono a tre chitarre, una carrellata di citazioni dei più grandi artisti del Southern (dai Lynyrd a Charlie Daniels, dai fratelli Allman alla Marshall Tucker Band). Big Apple è un rock blues scanzonato che nel testo prende in giro New York ed i suoi abitanti, in pieno stile orgoglio sudista. The Creeper è l’archetipo del classico slow hard rock del genere, di cui i Molly Hatchet diventeranno dei paladini. The Price You Pay è leggera e frizzante, I’ll Be Running è una grande prova della sezione ritmica Thomas/Crump, Cheatin’ Woman è un altro slow rock sofferto che sa di delusione ai banconi dei bar e di malinconia sudista. Trust Your Old Friend è il brano che chiude il disco, un puro boogie rock veloce e elettrico. Ma il grande brano è un altro: ma la riproposizione Dreams di Greg Allman, anche con influenze della cover che ne fece del brano Buddy Guy nel 1970 nel suo disco Them Changes, qui diviene Dreams I’ll Never See ed è un vero capolavoro, con i toni più soft e sofisticati della parte introduttiva che quasi stridono con la forza vigorosa della cavalcata finale, che si lega alla potenza e al carattere degli altri brani. Il disco venderà oltre un milione di copie, i brani della band diventeranno tra i preferiti delle Adult Oriented Rock Radio americane e inizierà un periodo d’oro per la band, che inizierà tournée frenetiche da oltre 250 concerti all’anno. Alla mitologia del disco e della band concorreranno anche le copertine: la prima, leggendaria, prende in prestito The Death Dealer del mitico disegnatore Frank Frazetta, uno dei suoi capolavori, il quale diventerà simbolo di uno dei corpi speciali dell’esercito americano e uno dei dipinti di fumettisti più pagati di tutti i tempi, valendo un originale oltre il milione di dollari. I Molly Hatchet utilizzeranno altri capolavori di Frazetta per il successivi dischi. Flirtin’ With Disaster (1979, in copertina Dark Kingdom), disco della consacrazione con brani mito come la spettacolare Boogie No More, Whiskey Man, It’s All Over Now. Nel 1980 Danny Joe Brown è sostituito dal cantante Jimmy Farrar per problemi di diabete: in copertina uno spettacolare Conan Il Barbaro di Frazetta, ma Beatin’ The Odds, nonostante la spettacolare title track, è stroncato dalla critica, non dal pubblico che regala l’ennesimo disco in classifica. La Band ha un buon seguito fino al 1989, quando Danny Joe Brown, rientrano nel 1985 nello splendido Double Trouble Live (1985), è costretto di nuovo ad abbandonare le scene, e la band si scioglie. La storia dei Molly Hatchet continuerà, tanto che nel 2005 si riformano formalmente, anche con nuovi dischi, ma non paragonabili al furore sudista dei loro grandi capolavori.
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l’amicizia rivendicata
Anne Frank, La Mia Migliore Amica. Ecco. Dopo aver guardato attentamente e profondamente, con gli occhi sbarrati di lacrime questa struggente pellicola dei giorni nostri, si suppone che qualsiasi persona che respiri in questo mondo, capisca una volta per tutte cosa voglia significare il senso, il concetto, il valore intrinseco dell'amicizia. Si suppone.
Perché non basta rivendicarla (magari dopo 4 mesi) come la soluzione più logica oppure confortante ad ogni equivoco (strutturato od accidentale) che nel frattempo abbia potuto palesarsi, perché ad un certo punto della fiera, il sipario con tutte le marionette ha già tolto le tende per dirigersi verso il meritato riposo, oppure verso un nuovo scenario.
Non è mai semplice districarsi in tale labirinto e farlo nel migliore dei modi, mai. Però è altrettanto ragionevole dedurre come delle volte, o meglio il più delle volte, la pezza risulti più lacerante della perdita, o della ferita. Nei rapporti amorosi, fra i sessi questo di sovente accade, e non è mica detto che se accade una, due, tre volte, poi non accada più e quindi non possa accadere una quarta, o magari una quinta.
La morale, la metafora, l'assonanza è semplice: se non vuoi concepire, se vuoi evitare ad ogni costo che si possa farlo, concepire un equivoco, concepire uno scenario catastrofico, cerchi preventivamente di mettere sul tavolo le carte da gioco in chiaro. E lo fai subito.
Tra due ragazzine innocenti cresciute tra la follia delirante dell'arianesimo è palpabile come essa (l'amicizia) sgorghi in maniera fluida, naturale, e senza peccato. Tra un uomo ed una donna adulti invece, in ambiente sterile, è altrettanto palpabile come essa possa risultare l'ultimo scoglio al quale aggrapparsi pur di non perdere quella parvenza di umanità e di socialità che nel frattempo in realtà, è andata a farsi benedire.
Perché nella vita quotidiana di ognuno di noi, purtroppo succede esattamente questo: uno scambio continuo, incessante di fraintendimenti che per pigrizia o altro, non si vogliono in alcun modo chiarire. E' successo, succede e succederà.
La donna da un lato con il suo trono ed il suo esercito di figuranti e giullari. E l'uomo dall'altro, sul suo trono severo, con la sua dignità ed il suo orgoglio. E la distanza che fra i due, diventa sempre più colma, od incolmabile..
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The Power of Color: Understanding Its Psychological Impact in Art
Color is more than just an exciting visual experience; it’s a powerful tool that artists have been utilizing for centuries to evoke emotions, convey messages, and captivate audiences. From the vibrant strokes of Van Gogh to the subtle hues of Monet’s water lilies, color plays a central role in helping to shape the psychological impact of art. Understanding the psychological underpinnings of color can deepen our appreciation for artistic expression and enhance our ability to interpret and connect with artworks on a profound level.
At its core, color psychology explores how different colors elicit emotional and behavioral responses in individuals. Red, for instance, is often associated with passion, energy, and intensity. It commands attention and evokes strong emotions, making it a popular choice for artists seeking to convey themes of love, desire, or urgency. Think of the fiery reds in Picasso’s “Guernica,” symbolizing the horrors of war and the suffering of its victims.
In contrast, blue exudes calmness, serenity, and tranquility. It has a soothing effect on the mind and is frequently used to evoke feelings of peace and introspection. Consider the tranquil blues in Hokusai’s “The Great Wave off Kanagawa,” which captures the sublime power of nature and invites viewers to contemplate the vastness of the ocean.
Each color carries its own unique symbolism and cultural associations, further enriching its psychological impact in art. Yellow, for example, is often associated with sunshine, joy, and optimism, while green symbolizes growth, renewal, and harmony with nature. Artists strategically leverage these associations to convey specific themes or narratives within their work, creating layers of meaning that resonate with viewers on a subconscious level.
Moreover, the psychological effects of color extend beyond individual hues to encompass the interplay of color harmonies, contrasts, and saturation levels within a composition. Analogous color schemes, where adjacent colors on the color wheel are used, create a sense of harmony and unity, while complementary color schemes, where opposite colors are paired, generate dynamic contrast and visual tension. Artists adeptly manipulate these color relationships to evoke different moods, highlight focal points, or create visual narratives that guide the viewer’s gaze.
Furthermore, the psychological impact of color can vary depending on cultural, social, and personal contexts. What may evoke feelings of warmth and celebration in one culture could symbolize mourning or sorrow in another. Similarly, individual experiences and associations with certain colors can influence how they are perceived and interpreted. This dynamic interplay between color and perception underscores the complexity and subjectivity of artistic expression, inviting viewers to engage with artworks in a deeply personal and introspective manner.
In the digital age, where art is increasingly consumed and shared online, understanding the psychological impact of color has become even more pertinent. Artists and designers harness the power of color theory to create captivating visuals that resonate with global audiences across diverse cultural and linguistic backgrounds. Whether through striking advertisements, immersive virtual experiences, or interactive multimedia installations, color serves as a universal language that transcends barriers and communicates on an emotional level.
The power of color in art lies not only in its visual allure but also in its profound psychological impact on the human psyche. By understanding the nuances of color psychology, we gain insight into how artists harness color to convey emotion, tell stories, and provoke thought. As we immerse ourselves in the vibrant tapestry of colors that adorn the world of art, let us appreciate the depth and complexity of this timeless medium and the profound ways it enriches our lives.
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Comunque è chiaro che Frank Herbert fosse presciente e abbia fatte le scelte che ha fatto sul futuro del personaggio di Duncan perché sapeva che un giorno avrebbero scelto Jason Momoa per interpretarlo.
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Soul by Pete Docter
Di recente ho sentito dei paragoni tra Inside Out e Soul, c’è chi dice che Inside Out è un Soul che ce l’ha fatta e chi invece che Soul è un Inside Out che ce l’ha fatta, io non posso che essere d’accordo con la seconda affermazione.
Certamente Soul è un’opera particolare, un pò fuori dal comune per gli standard disney, il motivo di ciò è che è un prodotto che trascende il modo in cui viene generalmente vista l’animazione, cioè come un prodotto che deve avere come target principale i bambini/ragazzi e che al più può ammiccare o risultare piacevole agli adulti.
Certo negli ultimi anni sono stati sempre di più i film animati che hanno iniziato a rivolgersi ad un pubblico quasi esclusivamente adulto (come il recente “Anomalisa” di Charlie Kaufman o “Dov'è il mio corpo?” Jérémy Clapin di recente uscito su Netflix, per non parlare poi delle serie televisive ), ma mai la Disney (in particolare Pixar) si era avventurata così in là e mai con un così grande progetto.
Qua infatti il ruolo si è invertito, non sono più i bambini il target principale, ma gli adulti e ci viene da chiedere dove sta andando la Pixar in questo momento.
Avremo due segmenti? Come in questo caso? Con due film, che teoricamente dovevano uscire a pochissimi mesi di distanza (ma che in realtà la questione covid ha allungato), uno rivolto prevalentemente ai bambini/ragazzini (Onward) e uno più rivolto ad un pubblico adulto (Soul).
Sarebbe molto bello ma penso (e spero di sbagliarmi) che Soul sia stato un caso unico, un progetto fuori dagli schemi seguiti dalla Disney.
Parlando invece più nello specifico del film sono moltissimi i suoi meriti, una “fotografia” eccelsa che gioca con i colori in modo incredibilmente fantasioso ed estremamente realistico, musiche Jazz molto piacevoli ed una colonna sonora eccezionale, si potrebbe continuare all’infinito ad elencare gli aspetti tecnichi che sorprendono.
Il punto forte però a mio parere è il messaggio che viene trasmesso dal film, un messaggio non originale di certo, ma che viene trasmesso in modo incredibilmente chiaro ed efficace, ed è qui che l’uso dell’animazione si fa sentire, Soul poteva anche essere un film in live action, certamente, ma a realizzarlo un film del genere in live action!
Infatti questo film mi ha ricordato, per moltissimi aspetti, un classico del cinema: La vita è meravigliosa di Frank Capra, primo per il messaggio che cerca di trasmettere e secondo per l’ambizione nel voler rappresentare un’ambientazione “trascendentale” nel film.
Certo a vederlo adesso viene un pò da ridere per come ci vengono presentate le scene nello spazio, ma ricordiamoci anche che è un film del 1946, per quel periodo penso fosse già qualcosa di fuori dagli schemi!
In un certo senso, a mio parere Soul ha lo stessa ambizione che, grazie al progresso tecnologico, viene realizzata in maniera straordinaria, già in Inside Out avevamo avuto un assaggio di questo mondo che in questo caso, c’è da dire, viene un pò riciclato ma senza però risultare una copia del lavoro precedente.
Concludo e lascio appositamente questa considerazione verso la fine (per chi è arrivato fin qui) dicendo che forse chi afferma che Inside Out è un Soul che ce l’ha fatta, forse è perché non l’ha capito profondamente questo film o forse perché non è riuscito a digerire completamente la forza del messaggio che cerca di trasmettere, a mio parere non c’è neanche paragone dal punto di vista comunicativo tra i due film.
Così come per “La vita è meravigliosa” sono convinto che questo è un film che è capace di cambiare il modo di vedere la vita o almeno di ricordare quali sono le vere cose che contano.
Ogni tanto capita che ce le dimentichiamo e grazie al cielo esistono film come questi che ce lo ricordano.
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Shoot. Quella pallottola che cambiò la storia dell’arte
Ricordate il film “Ricomincio da capo” del 1993, di Harold Ramis, con Billy Murray e Andie McDowell? No?! quello in cui il protagonista ripete in loop lo stesso giorno perché intrappolato in un circolo temporale... Un po come le nostre vite da un mese a questa parte praticamente. Camera da letto - balcone - salotto - cortile - salotto - balcone - camera da letto e così via. Giorno dopo giorno sempre la stessa routine al punto che ogni tanto penso: “mo mi sparo; giuro che la trovo una pistola e mi sparo!”. Vabbè, diciamo la verità: è strano quando non la dico questa frase... eppure ogni volta che dalle mie labbra escono fuori queste parole, non posso fare a meno di pensare ad una data ed un’ora precisa.
F - SPACE, Santa Ana, California - 19 novembre 1971. Ore 19:45. Un giovane Bruce Dunlamp imbraccia un fucile calibro 22; a cinque metri da lui Chris Burden in attesa che venga sparato il colpo contro di lui. Intorno a loro il silenzio di una platea che vorrebbe bloccare l’azione, ma temendo per la vita del giovane artista, resta immobile; nessuno può intervenire, l’unico modo possibile è assistere in maniera impassibile a quello che sta accadendo. Il momento giunge, Bruce spara, ma all’ultimo secondo gli trema la mano e il colpo vira leggermente verso sinistra, rischiando per poco di forare il petto di Chris all’altezza del cuore. Un cameraman filma l’intera azione, ma la sua inesperienza e i mezzi non adeguati non rendono bene la potenza di quello che era appena accaduto. Quella pallottola che per un istante trapassa il braccio di Chris rappresenta una vera e propria rivoluzione nella storia dell’arte.
Ma chi è questo Chris Burden e perchè si è spinto così oltre quella sera?
Christopher Lee Burden, meglio conosciuto con il diminuitivo di Chris, nasce a Boston l’11 aprile 1946. Figlio dell’ingegnere Robert Burden e della biologa Rohda Burden, trascorre un’infanzia serena a Cambridge, nel Massachussets; successivamente si trasferirà in Francia, prima, e in Italia, poi. All'età di 12 anni ha subito un intervento chirurgico di emergenza, eseguito senza anestesia, al piede sinistro, dopo essere stato gravemente ferito in uno scontro motociclistico all'isola d'Elba; durante la lunga convalescenza che seguì, si interessò all'arte visiva e in modo particolare alla fotografia. Si è successivamente diplomato in arti visive, fisica e architettura al Pomona College e all'Università della California, Irvine, dove ebbe fra gli insegnanti l'artista Robert Irwin, che lo introdusse nel mondo delle installazioni. Oltre alle azioni performative, in un secondo momento, Burden ha prodotto una serie di creazioni ingegneristiche e successivamente una serie di installazioni che riflettono gli aspetti della vita nel nuovo millennio, mediante opere architettoniche di medio e grande formato. L'artista è deceduto a Topanga, il 10 maggio 2015, a causa di un melanoma. Prima di morire stava progettando un mulino ad acqua che avrebbe dovuto affiancare la torre di alluminio di Frank Gehry, presso la LUMA Foundation. Era sposato con l'artista multimediale Nancy Rubins. Ha vissuto e lavorato a Los Angeles, in California. Il suo studio si trovava presso il Topanga Canyon. Dal 1967 al 1976 è stato sposato con Barbara Burden, la quale ha documentato e partecipato a molte delle sue prime opere. Nel 1978 divenne professore all'Università della California, a Los Angeles, una posizione dalla quale si dimise nel 2005. Sebbene non sia chiaro il motivo della sua scelta, alcuni affermano che sia stato accusato di aver violato le norme di sicurezza dell'istituto tentando di usare una pistola durante una performance artistica dimostrativa.
Iniziò a interessarsi alla performance art nei primi anni settanta. In questo periodo trovò nella violenza fisica il suo modo di esprimersi: le prime performance lo misero fisicamente in pericolo. La consapevolezza del corpo e la sua fragilità sono usate dall'artista per riportare violentemente in vita tutte le emozioni. Stiamo parlando di uno degli artisti che ha trasformato tutta la sua vita in una performance, basti pensare a Five Day Locker Piece, azione che venne presentata come tesi di laurea di Burden stesso, in cui l’artista rimase chiuso per cinque giorni e cinque notti nel suo armadietto universitario. L’azione venne successivamente trasformata e venduta come oggetto d’arte. O ancora il 23 aprile 1974 a Speedway Avenue presso Venice (Los Angeles) tenne la famosa Trans-Fixed. Durante la performance si fece letteralmente crocifiggere sulla parte posteriore di una Volkswagen Maggiolino. L'auto venne esposta al pubblico per circa due minuti col motore acceso. Le vibrazioni gli causarono forti dolori alle mani.
Tornando a quella fatidica sera del 1971, Burden era probabilmente inconsapevole che con quella pallottola che gli avrebbe trapassato il braccio da parte a parte, in realtà avrebbe dato un grandissimo scossone all’intero sistema dell’arte, guadagnando un posto d’onore sul podio dei più grandi artisti del XX secolo. E nell’immaginario di tutti, incancellabile come una metafora, una profezia, una coltellata nel cuore del secolo, resta quel proiettile sparato a pochi metri di distanza. Che non raggiunse il cuore, per un soffio. Lo accusarono di voler fare spettacolo, parlarono di violenza, di perversione, di un’arte nichilista, sensazionalista, mortifera e brutale. E invece no. “Penso che molta gente abbia mal compreso […] Era per me un’esperienza mentale (vedere come reagivo mentalmente): era sapere che alle sette e mezza sarei andato a fare un’azione in cui qualcuno mi avrebbe sparato addosso. Era come poter organizzare il destino o qualche cosa del genere, in una maniera controllata”.
Con Shoot, Chris Burden realizza quello che effettivamente è un concetto portato avanti da molti artisti, ovvero quello di morire per l’arte. Ma non morire in senso letterale, in un certo modo sfida la morte guardandola negli occhi, spinge il suo corpo al limite, e nello stesso tempo fornisce allo spettatore un’esperienza unica nel suo genere; dopo di questo tutto è nuovo, è diverso.
Valerio Vitale
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La Spezia: arriva Jacopo Godani con la Dresden Frankfurt Dance Company, una settimana di spettacoli e incontri dedicati alla Danza Contemporanea.
La Spezia: arriva Jacopo Godani con la Dresden Frankfurt Dance Company, una settimana di spettacoli e incontri dedicati alla Danza Contemporanea. “Jacopo Godani, uno spezzino coreografo di fama internazionale, porterà qui alla Spezia un evento senza precedenti per la nostra Città – dichiara il Sindaco Pierluigi Peracchini - Godani metterà in scena alla Spezia, sua amata città natale, due spettacoli del Dresda Frankfurt Dance Company, di cui è Direttore artistico e Coreografo dal 2015. Il Teatro Civico si prepara così ad accogliere le sue due più recenti creazioni: Premonitions of a Larger Plan, in programma giovedì 20 aprile alle ore 21, e Antologia – ritratto di artista, in cartellone sabato 22 aprile sempre alle ore 21. Spettacoli straordinari di chiaro richiamo nazionale e di strepitoso successo di cui noi siamo particolarmente orgogliosi”. “Siamo lieti di promuovere insieme al Comune della Spezia un’iniziativa unica che vede protagonista il coreografo di fama mondiale Jacopo Godani e la sua compagnia – afferma Andrea Corradino, Presidente di Fondazione Carispezia – Un progetto pensato appositamente per la sua città d’origine - in cui ha iniziato a formarsi come danzatore - che, oltre agli spettacoli, prevedrà incontri e workshop rivolti a studenti, artisti e pubblico. Credo rappresenti un’occasione preziosa, in particolare per le nuove generazioni, per incontrare e conoscere meglio il lavoro di una figura d’eccellenza nel mondo della danza”. “Il Teatro Civico accoglie con entusiasmo Jacopo Godani che, dopo anni di successi ovunque, torna nella sua città con un programma davvero notevole, in cui la danza tradizionale incontra il pensiero contemporaneo, dando vita ad un’esperienza unica nel suo genere. – sottolinea il Direttore artistico del Teatro Alessandro Maggi - Una grande iniziativa per la danza, in una città che mostra sempre più attenzione alla promozione della cultura e dell’eccellenza artistica”. Dal 18 al 22 aprile 2023 Il Teatro Civico ospiterà la residenza artistica del coreografo con la Dresden Frankfurt Dance Company per una settimana di spettacoli, incontri, prove aperte al pubblico e workshop. Il programma prevede due spettacoli nei giorni di giovedì 20 e sabato 22 aprile, entrambi alle ore 21. Premonitions of a Larger Plan è uno spettacolo che vede i ballerini della compagnia accanto a tre musicisti, completamente integrati sul palco. La performance racconta una storia di eccellenza artistica, mettendo in luce il lavoro che i giovani artisti fanno per realizzare i loro sogni. Antologia – ritratto di artista mostra il ruolo di Godani nell’evoluzione del balletto contemporaneo con un’ampia selezione delle sue opere. Con musica dal vivo, ha debuttato con standing ovation e ottime recensioni a Francoforte nel dicembre 2022. Martedì 18 aprile la prima serata, dal titolo Framing Reality, nella quale Jacopo Godani presenterà la Dresden Frank Dance Company e il suo lavoro al pubblico spezzino e italiano. La serata, ad ingresso gratuito, inizierà alle ore 20:40 con una performance travolgente, a cui seguirà alle ore 21:00 un incontro con Jacopo Godani e alcuni ballerini, condotto dalla famosa giornalista d'arte, Angela Testa. L’evento è organizzato da Comune della Spezia, Teatro Civico e Fondazione Carispezia. INFO E BIGLIETTI: SPETTACOLI PREMONITION OF A LARGER PLAN (20 APRILE – ORE 21) ANTOLOGIA – RITRATTO DI ARTISTA (SABATO 22 APRILE ORE 21) Platea € 20 I Galleria € 15 II Galleria € 10 Ridotto Scuole di Danza e Studenti € 10 (Platea e I Galleria) Pacchetto per i 2 spettacoli: Platea € 30 I Galleria € 20 II Galleria € 12 Ridotto Scuole di Danza e Studenti € 16 (Platea e I Galleria) Riduzioni per abbonati Stagione di Prosa e per abbonati Stagione Concerti a Teatro Platea: 1 spettacolo € 15 2 spettacoli € 25 I Galleria 1 spettacolo € 10 2 spettacoli € 15 Info e biglietti: Botteghino Teatro Civico La Spezia (ingresso da via Carpenino) – orari di apertura: dal lunedì al sabato ore 8.30/12, il mercoledì anche dalle 16 alle 19 – tel. 0187-727521 – email: [email protected]... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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