#Flavio Lattuada
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alessandro55 · 1 year ago
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Ben Vautier = L'art est pas art
Catalogo a cura di Monica Fornaciari
Lattuada Studio, Milano 2012, 48 pagine, 23,7x30,3cm
euro 35,00
email if you want to buy [email protected]
Mostra a cura di Flavio Lattuada in collaborazione con Roberto Guffanti Gennaio - Febbraio 2012. L'esposizione raccoglie una trentina di opere dagli anni '70 ad oggi e una accurata selezione di documenti e manoscritti che introducono e spiegano la poetica dell'artista e la sua evoluzione.
Nasce a Napoli nel 1935. Ancora giovane, si trasferisce a Nizza, dove continua a lavorare, dopo aver vissuto in Turchia, Egitto e Svizzera. Nel 1954 apre un negozio di dischi usati che, nel 1959, trasforma in un luogo di incontro per persone che desiderano esporre e indagare oggetti nuovi. Negli anni cinquanta inizia la sua produzione pittorica segnata dall'astrattismo, poi nel decennio successivo si avvicina agli ambienti del Nouveau¬Rèalisme, soprattutto a Arman e a Spoerri. Nel 1962 conosce e inizia a frequentare George Maciunas, figura di spicco del gruppo Fluxes, di ispirazione neo-Dada, di cui Vautier diviene membro e sostenitore, condividendo quella filosofia e quella poetica che identifica con l'equazione arte e vita. Negli anni ottanta, passata l'ondata concettuale, inventa per la nuova tendenza pittorica emergente in Francia il termine "Figuration Libre" e introduce nei suoi lavori una componente figurativa ironico-grottesca. In quest'arco di tempo la sua attività non si ferma e prosegue senza soste: vive quindici giorni nella vetrina della One Gallery di Londra, organizza il Festiva] Fluxus, fonda il Théatre Total, tiene performances come Public (in cui la sua azione consiste appunto nel fissare il pubblico), espone una portinaia alla Galerie Zunini di Parigi, gira un film che lo riprende nell'atto d'insultare gli spettatori, pubblica riviste, scrive un volume di interventi teorici, apre una galleria intitolata ai suoi figli , "Malabar et Cunegonde".
14/09/23
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moviemaniac2020 · 11 months ago
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LA ORCA, film "maledetto" del 1976, diretto da Eriprando Visconti, nipote del più noto Luchino, ambientato e girato a Pavia, quando la nostra città in quei decenni era una piccola "Hollywood di provincia", che vide grandi attori e registi aggirarsi per le strade del centro storico e paraggi. Fra le tante pellicole, molte di ambientazioni milanesi, MA girate a Pavia, per ricostruire scenografie caratteristiche o storiche, come "L'Albero degli Zoccoli" di Ermanno Olmi, vincitore della Palma d'Oro al Festival di Cannes, anno 1978 (sequenze in corso Cavour e piazza Botta). Non dimentichiamo Dario Argento e il suo "Le Cinque Giornate", né il romantico "Fantasma d'Amore" di Dino Risi con Marcello Mastroianni e Romy Schneider. Tornando a LA ORCA, con tre giovanissimi Michele Placido, Flavio Bucci e Vittorio Mezzogiorno, opera sesta del Visconti Jr., che immortala la città di Pavia in numerose sequenze, riconoscibilissimi la stazione ferroviaria (interno e piazzale esterno), Piazza della Vittoria, Piazza del Duomo, Corso Garibaldi, Borgo Basso e poi l'immancabile scena al Ponte della Becca - vero e proprio "must" cinematografico in quegli anni (come non citare il duello finale fra il commissario Tomas Ravelli (Thomas Milian) e il capo della banda dei marsigliesi (Gastone Moschin) nell'epico duello de "Squadra Volante" di due anni prima?) - LA ORCA riprende quella sordida Pavia degli anni Settanta, la rende ancora più "poliziottesca" e inquietante dei film di Stelvio Massi ("Mark il poliziotto", "Cinque donne per l'assassino"), più intrisa di lotta politica, più impregnata di sangue, violenza e suspence, dove la delinquenza delle cosiddette "batterie" è di casa, anzi di sotto casa, perché appena esci da uno dei tanti palazzi di via San Giovanni in Borgo e sei figlia di una ricca famiglia borghese pavese vieni sequestrata da tre pochi di buono (nefasta anticipazione a quello che succederà poi, negli anni a venire, a un pavese vero e in carne e ossa come Cesare Casella, tanto da fare uno storico esempio di caso mediatico televisivo). In un claustrofobico casolare nelle campagne pavesi si svolge il resto del film: ruoli che si ribaltano, scene disturbanti fra sequestrante e sequestrata, atmosfere claustrofobiche da clima horror, eros onirico e reale, e un finale da pugno nello stomaco. Dopo la sua uscita nei cinematografi italiani fu la pellicola a essere sequestrata dal Tribunale di Roma per scene di stupro estremamente spinte. Soltanto nel 2006 il film fu rimesso in circolazione tramite trasposizione in DVD. Costato appena 40 milioni di lire, il capolavoro di Visconti incassò più di un miliardo al botteghino finché fu libero di circolare. Fu il maggior successo commerciale del regista, tanto che lo spinse un anno più tardi a dirigere un sequel ("Oedipus Orca"), anch'esso in gran parte girato e ambientato a Pavia (con Miguel Bosè e ancora la protagonista del primo, Rena Niehaus, nel ruolo principale). Senza nulla togliere a capisaldi come "Il Cappotto" di Alberto Lattuada, a "I sogni nel cassetto" di Renato Castellani o a "Paura e amore" di Margherethe Von Trotta, opere classiche girate in riva al Ticino, LA ORCA resta ancora oggi un capolavoro della "Cinematografia alla Pavese", una chicca da vedere e rivedere, per capire com'erano le città di provincia, tipo Pavia, durante i difficili e duri anni di piombo. Assolutissimamente consigliato. DVD ordinabile in edicola, film guardabile in streaming su Prime Video. Cult-movie di nicchia, per pochi, ma senza eguali nel suo genere. LA ORCA (Italia, 1976, drammatico/poliziottesco, 90') di Eriprando Visconti. Con Michele Placido, Rena Niehaus, Vittorio Mezzogiorno, Flavio Bucci.
(rece: Mirko Confaloniera)
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perfettamentechic · 2 years ago
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3 luglio … ricordiamo …
3 luglio … ricordiamo … #semprevivineiricordi #nomidaricordare #personaggiimportanti #perfettamentechic
2017: Paolo Villaggio, è stato un attore, scrittore, comico e sceneggiatore italiano. (n. 1932) 2017: Solvi Stübing, talora Stubing, è stata un’attrice, conduttrice televisiva e produttrice cinematografica tedesca naturalizzata italiana. (n. 1941) 2017: Manlio De Angelis, attore, doppiatore e direttore del doppiaggio italiano.  (n. 1935) 2015: Diana Douglas, nata Diana Love Dill, attrice…
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Renato Pozzetto è nato a Laveno Mombello in provincia di Varese in un’estate di 80 anni fa. Attore comico davvero molto amato dal pubblico, ha recitato con registi come Steno, Risi, Loy, Lattuada, Mogherini per poi girare alcuni dei film italiani più divertenti degli anni 80. Grazie a cosa? Ad un solo ingrediente: Renato Pozzetto. I suoi film migliori sono sempre lì da vedere e rivedere – come nel caso de Il ragazzo di campagna o La casa stregata – decine e decine di volte, anno dopo anno. Mattatore assoluto nelle sue commedie, dicevamo, ma perfetto anche in coppia con grandi comici (Celentano, Verdone, Villaggio),  bellissime attrici (Edwige Fenech, Eleonora Giorgi, Ornella Muti) e persino in coppia con se stesso in E’ arrivato mio fratello. Fu protagonista del film d’esordio di Carlo Vanzina, Luna di miele in tre e da non dimenticare anche la sua partecipazione alla commedia corale Grandi Magazzini.  Tanti auguri Renato! 80 anni…“Eh la Madonna!”
I 15 migliori film con Renato Pozzetto
Per amare Ofelia di Flavio Mogherini (1974)
Paolo Barca, maestro elementare, praticamente nudista di Flavio Mogherini (1975)
Oh, Serafina! di Alberto Lattuada (1976)
La patata bollente di Steno (1979)
Agenzia Riccardo Finzi… praticamente detective di Bruno Corbucci (1979)
Sono fotogenico di Dino Risi (1980)
Mia moglie è una strega di Castellano e Pipolo (1980)
La casa stregata regia di Bruno Corbucci (1982)
Un povero ricco di Pasquale Festa Campanile (1983)
Il ragazzo di campagna di Castellano e Pipolo (1984)
Lui è peggio di me di Enrico Oldoini (1985)
È arrivato mio fratello di Castellano e Pipolo (1985)
7 chili in 7 giorni di Luca Verdone (1986)
Da grande di Franco Amurri (1987)
Le comiche di Neri Parenti (1990)
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LEGGI ANCHE I migliori FILM di ALBERTO SORDI
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Renato Pozzetto compie 80 anni: i 15 migliori film Renato Pozzetto è nato a Laveno Mombello in provincia di Varese in un'estate di 80 anni fa.
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giancarlonicoli · 5 years ago
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19 FEB 2020 09:48“COME FAI AD ESSERE AMICO DI SORDI? AVARO ANCHE DI SENTIMENTI” – L’ULTIMA BOMBASTICA INTERVISTA DI FLAVIO BUCCI BY GIANCARLO DOTTO: "SORDI MI MANDAVA LA SARTA NELLA ROULOTTE A RIMEDIARE TRA GLI AVANZI DEI CESTINI LE OSSA PER I CANI. MA MANFREDI ERA PIU’ ANTIPATICO DI LUI - CASTELLITTO E’ LA MIA CONTROFIGURA. POVERACCIO, SE DEVE FA’ ‘NA PLASTICA”.  "PLACIDO? UNO CHE NON SA DOPPIARE NEMMENO SE STESSO”. NANNI MORETTI? L’INSUCCESSO GLI HA DATO ALLA TESTA”. MONTESANO NON LO SOPPORTO - MASTROIANNI? A CENA CON LA DENEUVE ESPLOSE: “NON TE PIACE NIENTE, PIJATELA NER CULO” - LE DONNE? SONO SEMPRE VOGLIOSO. NON PRENDO FARMACI. LA SANDRELLI? LA PIÙ SUBLIME"  - VIDEO
Giancarlo Dotto per Diva e Donna
Flavio Bucci è un uomo, al confine dei settant’anni, che se ne frega di quello che è stato ieri o che sarà domani e se ci sarà un domani. Gli basta poco. Dategli un pacchetto di sigarette e l’occasione di fare il suo mestiere.  Non ha altro da chiedere. E nemmeno questo chiede. Una bella faccia, anche un po’ sinistra, di uno che ne ha di vite e di storie da raccontare, a cominciare dalla sua. Attore dal talento smisurato, disperso e spesso voluttuosamente sprecato, senza un vero perché, in quarant’anni di cinema, teatro e televisione, da Elio Petri a Paolo Sorrentino, da “La piovra” a “I promessi sposi”.
Alla fine degli anni ’70 era un italiano celebre, un divo nazionalpopolare, nei panni e nella pelle di Ligabue, il pittore lunatico e naif, sceneggiato televisivo Rai da 20 milioni di spettatori a sera. Ha scelto di vivere distratto e smemorato a Passoscuro, contrazione di Passo Oscuro, tanto per darsi un nome adeguato al destino, paesino di pescatori a nord di Roma, fuori dai flussi turistici.
Agli “ergastoli domiciliari”, come dice lui . Da lì si sposta il meno possibile. Eccezione, il volo per Amsterdam, a trovare la compagna olandese e il figlio Ruben. Un fratello, Riccardo, che lo protegge con discrezione dagli ingiuriosi disagi del mondo reale.
Assolutamente ipnotico è il racconto di Flavio a tavola. Sarà per  quella sua voce da caverna, sarà la tavola, sarà il vino bianco che va giù facile, a litri. “Punto, punto e virgola, punto a capo” è la sua locuzione preferita, quando si stufa e deve liquidare un argomento. Si comincia dal Capoccione.
Chi è Capoccione?
“Elio Petri. Il mio indiscusso maestro. Detto così per intuibili motivi”.
Con Petri, la tua prima parte da protagonista, il Total di “La proprietà non è più un furto”.
“Avevo già girato due anni prima “La classe operaia va in paradiso”, un film culto dell’epoca”.
Gli attori di allora. Da brividi.  Gian Maria Volonté. Salvo Randone, Mariangela Melato, Mario Scaccia, Ugo Tognazzi.
“Gian Maria e Corrado Pani sono stati i primi che ho conosciuto a Trastevere, quando arrivo a Roma. Con Volonté parlavamo sempre di politica, con Corrado solo di sesso e di donne”.
Bell’uomo Corrado Pani, ex di Mina.
“Aveva perso la testa per lui. Era quel tipo di figlio di puttana fascinosissimo che piaceva alle donne. Il nostro James Dean, di una simpatia rara. Non so quante macchine ha sfasciato”.
Comunista convinto Gian Maria Volonté.
“Il padre era un gerarca fascista. Busso alla porta di casa sua. Mi vede, neanche mi fa entrare e mi porta a fare la tessera alla vicina sezione del partito”.
E tu l’hai fatta?
“Dovevo mangiare”.
Sei stato anche con Mario Monicelli ne “Il Marchese del Grillo”.
“Quando mi mandò il copione, gli dissi: “Maestro, io piemontese, molisano da parte di padre e pugliese da parte di madre, non posso fare il romano con Alberto Sordi. E lui: “Fa come cazzo te pare, basta che lo fai”.
Enrico Montesano ha riportato di questi tempi il Marchese del Grillo a teatro.
“Attore che non sopporto. Tu mi devi spiegare quale presunzione ti spinge a rifare un personaggio che ha fatto un grande come Sordi. Non è normale”.
Dimmi di Alberto Sordi.
“Impossibile averci a che fare. Un grande attore, ma un pianeta a parte. Indescrivibile”.
Perché impossibile?
“Non l’ho mai sopportato, ma era un grande. Come fai ad essere amico di Sordi? Avaro anche di sentimenti. Neanche Fellini gli era amico. Mi divertivo a provocarlo”.
Come?
“Lo aspettavo fuori del bar di Cinecittà. “Mi offri un caffè?” gli  chiedevo. E lui: “Ma perché me devi rovina’ la giornata?”. Mi mandava la sarta nella roulotte a rimediare tra gli avanzi dei cestini le ossa per i cani”.
Hai incrociato tutti i più grandi della tua e precedente generazione.
“La cosa più curiosa è che più grandi erano e meno se la tiravano. Penso a gente come Mastroianni e Tognazzi”.
Se ti dico che Tognazzi è stato un talento naturale assoluto?
“Dici bene. Amava la vita. Il cibo e le donne. Se l’è goduta”.
Vittima a fine corsa di depressione, come l’amico Gassman.
“Ugo organizzava ogni anno quelle feste a Torvaianica abbinate al tennis, piene di gente famosissima. L’ultima volta non lo vedo. Salgo su, lo trovo sdraiato su un lettino. “Che scendo a fare, non conosco nessuno”.
Diversissimi Gassman e Tognazzi.
“Storie diverse. Vittorio era il teatrante della prosa. Ugo veniva dalla rivista. A me interessa solo l’essere umano. E Ugo era il più grande. Punto, punto e virgola, punto a capo”.
Più vicino, come umano, Mastroianni a Tognazzi.
“Cena di Capodanno. Marcello  stava con Catherine Deneuve. Arriva ogni bendidio. E lei, schizzinosa: “Je ne pas…”. Al terzo o quarto “Je ne pas”, Marcello esplode: “Non te piace niente, pijatela ner culo”.
Grande Marcello.
“Se non c’era, bisognava inventarlo”.
Nino Manfredi, l’altro grande dell’epoca.
“Bravo. Dopo Sordi, c’è lui. Ma più antipatico di Sordi. Un borghese piccolo piccolo. Sordi era talmente surreale da diventare simpatico”.
Hai lavorato con Pasquale Festa Campanile.
“Un geniaccio, completamente fuori di testa. Cominciava a bere gli amari alle quattro di mattina. Faceva il cinema perché gli permetteva di scrivere romanzi. Scriveva di notte. Non dormiva mai. Tranne che sul set”.
Sul set con Toni Servillo ne “Il divo”. Ti piace? .
“No. Lo trovo molto freddo come attore. Nel nostro mestiere tu devi arrivare col cuore allo spettatore dell’ultima fila. Che me ne frega della tecnica”.
Vi confondono ancora tu e Castellitto?
“E’ la mia controfigura. Poveraccio, se deve fa’ ‘na plastica”.
Hai doppiato John Travolta in “Grease” e tanti altri film.
“C’incontriamo in un ristorante a Roma, Lucherini fa a Travolta: “Lui è la tua voce italiana”. E io: “E lui la mia faccia americana”.
Hai doppiato Gerard Depardieu.
“Quasi tutti, tranne uno, che l’ha doppiato Michele Placido. Uno che non sa doppiare nemmeno se stesso”.
Hai prodotto Nanni Moretti in “Ecce bombo”.
“Dio mi perdoni. Un altro borghese piccolo piccolo. L’insuccesso gli ha dato alla testa”.
Hai mai mandato qualche regista a quel paese?
“Alberto Lattuada. Mi aveva chiamato per “Cuore di cane”. “Ti ho fatto preparare un costumino…”. Manco fossi una ballerina del Bolshoi. M’è venuto uno sbocco di sangue. Mai più voluto vederlo, neanche in foto”.
Con “Ligabue” hai conosciuto la nazionalpopolarità, quella vera.  
“Per carattere, non me n’è mai fregato nulla. La gratificazione, se viene, la vivo come un diritto. Fa parte della paga. Non mi monto la testa per queste cose”.
Premi e osanna per la tua interpretazione.
“Ho studiato due documentari su Ligabue e mi sono fidato del mio istinto. Questo è quanto. Me ne sbatto di scuole e maestri. L’unico genio che ho conosciuto nella finzione del gioco si chiama Cesare Zavattini”.
Uomo e attore di una generazione che non ha avuto paura degli eccessi.
“Ho avuto il mio periodo. Alcol e cocaina insieme. Tiravo cinque grammi al giorno e ci mettevo sopra una bottiglia di vodka. Ne ho fatte di tutte. Fumo da sempre. Prima o poi la faccenda si conclude”.
Niente approdo senile al salutismo o alla fede?
“No. Resto un materialista inguaribile. Tutto è opinabile. Si muore a diciotto anni, si nasce morti. Mi rompe i coglioni morire, ma non mi lamento, ho avuto tutto dalla vita”.
Sei stato sposato con la principessa Micaela Pignatelli, anche lei una storia d’attrice.
“Quando arrivava la pasta a tavola e facevo la scarpetta col sugo, la suocera inorridiva: Ma come, due carboidrati? Non poteva funzionare”.
La compagna olandese?
“Tutta un’altra storia. Viviamo separati, ma ne sono ancora innamorato dopo vent’anni”.
I figli?
“Ne ho tre. I primi due non li vedo da una vita. M’incuriosisce che, dei tre, nessuno abbia seguito le orme del padre. Non me ne frega niente, ma lo trovo singolare”.
Ti assolvi come padre?
“Non mi sento un padre che si è comportato bene. Ho tante colpe. Sono stato egoista. Ma sono stato in giro per cinquant’anni. Ancora adesso, che mi sono fermato, ogni tanto mi chiedo dove sto”.
Le ricordi tutte le donne che hai avuto?
“Alcune le ho dimenticate. Anche volutamente”.
Bucci e le donne oggi.  
“Ancora mi piacciono molto. Sono sempre voglioso. Non prendo farmaci. Se ce la faccio da solo, bene. Mi piace proprio la presenza femminile. E’ l’altra parte di noi. Una cena di solo uomini mi rompe”.
Indimenticabile?
“La storia con Stefania Sandrelli. Una donna magica. La più sublime che abbia mai incontrata. Sessualmente e come essere umano”.
La tessera del partito comunista l’hai stracciata?
“Mai stracciata. Non so più dove sia.  La tessera, ma anche il partito…”.
Cosa ti fa stare bene oggi?
“Una sola cosa, il lavoro. Cinema, teatro, qualunque cosa. Del resto non me ne frega niente. Punto, punto e virgola, punto a capo”.
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jucks72 · 7 years ago
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Trieste Coffee Experts Dalla cultura del caffè alle sue prospettive
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Trieste Coffee Experts Dalla cultura del caffè alle sue prospettive
Coffe/R/Evolution, tema della terza edizione del Trieste Coffee Experts, è stato affrontato alla Bazzara Academy da tre differenti prospettive: espresso, bar e formazione. In platea le più importanti aziende di filiera.
La novità più rilevante di quest’edizione è stata la diretta streaming, che ha permesso all’evento di rimanere per addetti al settore ma comunque diventare allo stesso tempo strumento per la divulgazione della cultura del caffè di qualità nel mondo. Elevato il gradimento da parte di tutti i presenti per le tematiche trattate; al termine la consegna del premio Trieste Coffee Experts – Personaggio dell’anno del caffè, consegnato per mano del presidente del Consiglio regionale Franco Iacop al professor Luigi Odello. Tutto si è chiuso con una partita a calcio balilla, un momento di svago ma anche un piccolo gesto di solidarietà per i terremotati.
Cliccando qui, è possibile vedere il video ufficiale dell’evento.
Espresso /R/ Evolution Il primo intervento del summit è stato affidato a Giorgio Grasso, consigliere di amministrazione Arc, che ha affrontato l’evoluzione del mercato del caffè verde in Italia, ha parlato di un raddoppio negli ultimi trent’anni, con un export passato da 6mila a 150mila tonnellate l’anno: una vera rivoluzione per le aziende specializzate. La parola poi passa a Paolo Levi, ad Pacorini Silocaf, che si ricollega all’argomento precedente citando le modalità attraverso cui sono cambiate le operazioni di spedizione e magazzino, con un’accelerazione costante dei tempi in continua crescita. Luigi Odello, presidente Iiac, invece, esordisce dicendo che la vera rivoluzione nel mondo del caffè è l’espresso italiano: ha cominciato dalla sua storia, dalle tecniche di lavorazione odierne come riprese di altre più antiche e dell’ingegno italiano in questo particolare settore, anche in momenti di povertà. La sua conclusione è una domanda: dei 1.250 miliardi di consumazioni annuali di caffè, solamente l’1% corrisponde a miscele italiane – cosa significherebbe per tutta l’economia italiana riuscire ad arrivare ad almeno un 2%? Dell’espresso ha parlato anche il conte Giorgio Caballini (presidente Consorzio di tutela del caffè espresso italiano tradizionale), che ha ripercorso le tappe del progetto iniziato nel 2014 per far sì che il caffè espresso italiano tradizionale possa entrare a far parte del Patrimonio immateriale dell’umanità riconosciuto dall’Unesco.
Bar /R/ Evolution Comincia Luigi Morello, direttore Mumac, Gruppo Cimbali, illustrando come nei luoghi dell’espresso la macchina del caffè si evolva in oggetto di culto: una sorta di paragone tra bar e tempio, dove tutto ha un suo preciso corrispettivo, e che attraversa le varie decadi fino ad arrivare ad oggi, un momento in cui dalle tendenze si è passati alle esigenze e al rialzo costante dello standard qualitativo ricercato. Sergio Barbarisi, general manager Bwt Italia, domanda: «La guerra del futuro sarà la guerra dell’acqua anche nei bar?», una domanda a cui fa seguito una riflessione su quanto in effetti le proprietà dell’acqua influiscano sulla buona riuscita di una tazzina di caffè. Flavio Urizzi, export manager Astoria, conclude questa sezione e anticipa cosa bolle in pentola per i costruttori di macchine per caffè: si parla di caldaie indipendenti o ibride, di sviluppo dell’automazione/robotizzazione e della telemetria.
Academy /R/ Evolution Ad aprire il ciclo di interventi conclusivi è Mauro Bazzara, padrone di casa e ad di Bazzara Espresso: si concentra sul concetto di viaggio, di quei percorsi esperienziali che permettono di capire cosa davvero esista dietro ad una tazza di caffè. Andrea Lattuada, trainer, Maestro di Latte Art e titolare di 9Bar Academy, ha condiviso una sua esperienza: l’aver portato il suo caffè negli hotel cinque stelle della Cina continentale. È Cristina Caroli, coordinatrice nazionale Sca Italia, ad aver chiuso i lavori del Trieste Coffee Experts parlando del fenomeno Specialty come inevitabile futuro del caffè in Italia, tendenza che ha già preso piede all’estero. Fabrizio Polojaz, dal canto suo, presidente Associazione caffè Trieste, si concentra nel suo intervento su chi il caffè lo beve, ovvero il consumatore finale.
Per informazioni: www.bazzara.it
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perfettamentechic · 3 years ago
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3 luglio … ricordiamo …
3 luglio … ricordiamo …
2017: Paolo Villaggio, è stato un attore, scrittore, comico e sceneggiatore italiano. (n. 1932) 2017: Solvi Stübing, talora Stubing, è stata un’attrice, conduttrice televisiva e produttrice cinematografica tedesca naturalizzata italiana. (n. 1941) 2017: Manlio De Angelis, attore, doppiatore e direttore del doppiaggio italiano.  (n. 1935) 2015: Diana Douglas, nata Diana Love Dill, attrice…
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