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#Filippo Orsini
palecleverdoll · 9 months
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Ages of Medici Women at First Marriage
I have only included women whose birth dates and dates of marriage are known within at least 1-2 years, therefore, this is not a comprehensive list.
This list is composed of Medici women from 1386 to 1691 CE; 38 women in total.
Piccarda Bueria, wife of Giovanni di Bicci de’ Medici: age 18 when she married Giovanni in 1386 CE
Contessina de’ Bardi, wife of Cosimo de’ Medici: age 25 when she married Cosimo in 1415 CE
Lucrezia Tornabuoni, wife of Piero di Cosimo de’ Medici: age 17 when she married Piero in 1444 CE
Bianca de’ Medici, daughter of Piero di Cosimo de’ Medici: age 14 when she married Guglielmo de’ Pazzi in 1459 CE
Lucrezia de’ Medici, daughter of Piero di Cosimo de’ Medici: age 13 when she married Bernardo Rucellai in 1461 CE
Clarice Orsini, wife of Lorenzo de’ Medici: age 16 when she married Lorenzo in 1469 CE
Caterina Sforza, wife of Giovanni de' Medici il Popolano: age 10 when she married Girolamo Riario in 1473 CE
Semiramide Appiano, wife of Lorenzo di Pierfrancesco de' Medici: age 18 when she married Lorenzo in 1482 C
Lucrezia de’ Medici, daughter of Lorenzo de’ Medici: age 18 when she married Jacopo Salviati in 1488 CE
Alfonsina Orsini, wife of Piero di Lorenzo de’ Medici: age 16 when she married Piero in 1488 CE
Maddalena de’ Medici, daughter of Lorenzo de’ Medici: age 15 when she married Franceschetto Cybo in 1488 CE
Contessina de’ Medici, daughter of Lorenzo de’ Medici: age 16 when she married Piero Ridolfi in 1494 CE
Clarice de’ Medici, daughter of Piero di Lorenzo de’ Medici: age 19 when she married Filippo Strozzi the Younger in 1508 CE
Filberta of Savoy, wife of Giuliano de’ Medici: age 17 when she married Giuliano in 1515 CE
Madeleine de La Tour d’Auvergne, wife of Lorenzo II de’ Medici: age 20 when she married Lorenzo in 1518 CE
Catherine de’ Medici, daughter of Lorenzo II de’ Medici: age 14 when she married Henry II of France in 1533 CE
Margaret of Parma, wife of Alessandro de’ Medici: age 13 when she married Alessandro in 1536 CE
Eleanor of Toledo, wife of Cosimo I de’ Medici: age 17 when she married Cosimo in 1539 CE
Giulia de’ Medici, daughter of Alessandro de’ Medici: age 15 when she married Francesco Cantelmo in 1550 CE
Isabella de’ Medici, daughter of Cosimo I de’ Medici: age 16 when she married Paolo Giordano I Orsini in 1558 CE
Lucrezia de’ Medici, daughter of Cosimo I de’ Medici: age 13 when she married Alfonso II d’Este in 1558 CE
Bianca Cappello, wife of Francesco I de’ Medici: age 15 when she married Pietro Bonaventuri in 1563 CE
Joanna of Austria, wife of Francesco I de’ Medici: age 18 when she married Francesco in 1565 CE
Camilla Martelli, wife of Cosimo I de’ Medici: age 25 when she married Cosimo in 1570 CE
Eleanor de’ Medici, daughter of Francesco I de’ Medici: age 17 when she married Vincenzo I Gonzaga in 1584 CE
Virginia de’ Medici, daughter of Cosimo I de’ Medici: age 18 when she married Cesare d’Este in 1586 CE
Christina of Lorraine, wife of Ferdinando I de’ Medici: age 24 when she married Ferdinando in 1589 CE
Marie de’ Medici, daughter of Francesco I de’ Medici: age 25 when she married Henry IV of France in 1600 CE
Maria Maddalena of Austria, wife of Cosimo II de’ Medici: age 19 when she married Cosimo in 1608 CE
Caterina de’ Medici, daughter of Ferdinando I de’ Medici: age 24 when she married Ferdinando Gonzago in 1617 CE
Claudia de’ Medici, daughter of Ferdinando I de’ Medici: age 16 when she married Federico Ubaldo della Rovere in 1620 CE
Margherita de’ Medici, daughter of Cosimo II de’ Medici: age 16 when she married Odoardo Farnese in 1628 CE
Vittoria della Rovere, wife of Ferdinando II de’ Medici: age 12 when she married Ferdinando in 1634 CE
Anna de’ Medici, daughter of Cosimo II de’ Medici: age 30 when she married Ferdinand Charles of Austria in 1646 CE
Marguerite Louise d’Orleans, wife of Cosimo III de’ Medici: age 16 when she married Cosimo in 1661 CE
Violante Beatrice of Bavaria, wife of Ferdinando de’ Medici: age 16 when she married Ferdinando in 1689 CE
Anna Maria Franziska of Saxe-Lauenberg, wife of Gian Gastone de’ Medici: age 18 when she married Philipp Wilhelm of Neuberg in 1690 CE
Anna Maria Luisa de’ Medici, daughter of Cosimo III de’ Medici: age 24 when she married Johann Wilhelm, Elector Palatine in 1691 CE
The average age at first marriage among these women was 17 years old.
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noneun · 1 year
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Quel nucleo finale di indeterminazione
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Bohr: Prima che possiamo afferrare qualcosa, la nostra vita è finita. Heisenberg: Prima che possiamo capire chi e che cosa siamo, siamo finiti e ridotti in polvere. Bohr: Sepolti da tutta la polvere che abbiamo sollevato. Margrethe: E prima o poi, verrà il tempo in cui tutti i nostri figli saranno ridotti in polvere; e tutti i figli dei nostri figli. Bohr: Quando non si prenderanno più decisioni, grandi o piccole che siano. Quando non vi sarà più indeterminazione, perché non vi sarà più conoscenza. Margrethe: E quando tutti i nostri occhi saranno chiusi, quando anche i fantasmi saranno scomparsi, che cosa rimarrà del nostro beneamato mondo? Del nostro devastato e disonorato e beneamato mondo? Heisenberg: Ma nel frattempo, in questa preziosissima frazione di tempo, qualcosa c'è. Gli alberi di Faelled Park. Gammertingen e Biberach e Mindelheim. I nostri figli e i figli dei nostri figli. Salvati, forse, da quell'unico breve istante a Copenaghen. Da un qualche evento che non sarà mai esattamente individuato o definito. Da quel nucleo finale di indeterminazione che sta nel cuore delle cose.
—Copenhagen, battute finali dell'opera teatrale di Micheal Frayn, che ricostruisce l'incontro fra il fisico danese Niels Bohr e quello tedesco Werner Heisenberger, avvenuto nel 1941 nella Danimarca occupata dall'esercito tedesco.
Se volete saperne di più sul programma nucleare della Germania nazista, sull'incontro del 1941 che pose fine all'amicizia fra Bohr e Heisenberg e sui dilemmi etici che agitarono le menti di due premi Nobel, fatevi un favore: guardate quest'opera teatrale (link in fondo).
L'argomento, di per sé interessante, lo è ancora di più perché se ne parla molto poco. Il recente film di Christopher Nolan "Oppenheimer" narra ovviamente della ricerca per la creazione della bomba atomica nel versante statunitense, con un singolo breve accenno a Heisenberg. Ma mi sono sempre chiesto cosa fosse successo nella Germania nazista, che cosa impedì di arrivare all'obiettivo, pur partendo in netto anticipo.
Questo spettacolo non solo getta luce su tale quesito, ma mostra un lato fortemente umano della Scienza, del quale troppo spesso dimentichiamo l'esistenza ma che ne influenza enormemente il progresso e la direzione del progresso.
Spettacolo teatrale regia Mauro Avogadro con Massimo Popolizio, Umberto Orsini, Giuliana Lojodice: video su Rai Play
Copione tradotto in italiano da Maria Teresa Petruzzi e Filippo Ottoni: PDF.
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lamilanomagazine · 1 year
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Mantova Teatro, al via alla nuova stagione 2023-2024
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Mantova Teatro, al via alla nuova stagione 2023-2024. Il Teatro Sociale di Mantova riapre le proprie porte per una nuova ed entusiasmante stagione di spettacoli. Dopo l’annuncio del concerto che il 4 ottobre vedrà Carmina Burana di Carl Orff aprire ufficialmente la stagione teatrale, Comune di Mantova e Fondazione U.Artioli Mantova Capitale Europea dello Spettacolo annunciano la nuova stagione di prosa Mantova Teatro 2023-2024. I dettagli della stagione sono stati resi noti venerdì 1° settembre presso il Foyer del Teatro Sociale di Mantova. Ne hanno parlato il sindaco Mattia Palazzi, la presidente della Fondazione Artioli Mantova Capitale Europea dello Spettacolo Federica Restani, il direttore artistico della stagione teatrale Raffaele Latagliata. Il calendario è composto da sette spettacoli, tra grandi classici e opere contemporanee, con nomi di primissimo piano del panorama teatrale italiano come Umberto Orsini, Franco Branciaroli, Francesco Pannofino, Milena Vukotic, Anna Bonaiuto e Vanessa Incontrada e prestigiose firme alla regia come quelle di Ferzan Ozpetek, Geppy Gleijeses, Filippo Dini e Massimo Popolizio. Il cartellone, trasversale e poliedrico, affronterà temi di grande attualità al fine di aprire uno sguardo verso il mondo in cui viviamo e la società che ci circonda con lo scopo suscitare forti emozioni, riflessioni e divertimento nel pubblico che potrà così vivere in teatro la magia irripetibile degli spettacoli dal vivo. La stagione si aprirà martedì 7 novembre con un titolo vincitore del Premio Pulitzer nel 2008: AGOSTO A OSAGE OUNTY di Tracy Letts, per la regia di Filippo Dini, che vede lo stesso artista nei panni di interprete insieme a una ricca compagnia di attori tra i quali Anna Bonaiuto e Manuela Mandracchia nei panni dei ruoli che sul grande schermo furono di Meryl Streep e Giulia Roberts. Lunedì 27 novembre sarà la volta di 1984, adattamento teatrale del romanzo-capolavoro di George Orwell, acclamato dalla critica di Londra e Broadway, la cui visione distopica pone il pubblico davanti a una sconvolgente attualità in un tour de force spettacolare che vedrà sul palco tre grandi protagonisti: Violante Placido, Giancarlo Commare e Ninni Bruschetta, diretti da Giancarlo Nicoletti. Martedì 12 dicembre, il terzo appuntamento della stagione sarà dedicato a una commedia attualissima e divertente: SCUSA SONO IN RIUNIONE... TI POSSO RICHIAMARE? che vedrà sul palco, nei panni dei protagonisti, Vanessa Incontrada e Gabriele Pignotta. Una serie di equivoci ed esilaranti situazioni inviteranno il pubblico a riflettere sull’ossessione del successo che domina la sociatà nei nostri tempi. Il nuovo anno sarà inaugurato da MINE VAGANTI, adattamento teatrale di una delle pellicole più acclamate di Ferzan Ozpetek (2 David di Donatello, 5 Nastri d’Argento, 4 Globi d’Oro, 4 Ciak d’Oro). L’opera teatrale diretta dallo stesso Ozpetek, che tra gli attori in scena vedrà Francesco Pannofino, racconta con l’inconfondibile linguaggio e sensibilità del regista, le storie di una società alle prese con le proprie identità. Martedì 30 gennaio Carrozzeria Orfeo tornerà sul palco del Teatro massimo con un nuovo spettacolo: SALVEREMO IL MONDO PRIMA DELL’ALBA, per la regia di Gabriele Di Luca, Massimiliano Setti, Alessandro Tedeschi. La compagnia, con sguardo lucido, disilluso e divertito, racconta di una società in declino, dove i sentimenti e la gentilezza sono succubi di una sempre maggiore ossessione materialistica. Martedì 13 febbraio, Umberto Orsini e Franco Branciaroli saranno i protagonisti de I RAGAZZI IRRESISTIBILI, di Neil Simon, per la regia di Massimo Popolizio. La commedia di Simon, uno dei maggiori scrittori americani degli ultimi conquant’anni, racconta il riavvicinamento di due vecchi attori sulla via del declino, tra vecchie incomprensioni, fragilità umane e radicate alchimie, in un gioco di comicità geniale e grande tenerezza. La stagione di prosa si chiuderà con uno dei più bei classici di Luigi Pirandello: COSÌ È (SE VI PARE). L’opera racconta di verità individuali, identità vere o supposte, e della ricerca della verità, resa enfatica da una messa in scena di grande effetto. Milena Vukotic vestirà i panni della Signora Frola; insieme a lei, la compagnia di attori tra i quali Pino Micol e Gianluca Ferrato, saranno diretti dalla regia di Geppy Gleijeses. Il Teatro Sociale di Mantova, simbolo e cuore pulsante della città, riapre le proprie porte per accogliere un pubblico trasversale e composito che, grazie al palinsesto eclettico della nuova stagione Mantova Teatro, potrà vivere le grandi emozioni che solo il teatro può regalare. Il Sindaco di Mantova Mattia Palazzi: Dopo le celebrazioni del bicentenario del Teatro Sociale che hanno visto una grande partecipazione di pubblico nel 2022, torna la stagione di prosa di uno dei luoghi simbolo della cultura e della storia della nostra città. Frutto della collaborazione tra Comune di Mantova e Fondazione Artioli Mantova Capitale Europea dello Spettacolo, a partire dal 7 novembre un palinsesto ricco di eventi di alto valore culturale e rivolto ad una platea eterogenea, porterà sul palco artisti di grande caratura nazionale e internazionale, aprendo il sipario ancora una volta su questo straordinario e magico mondo che chiamiamo teatro. Il Presidente di Fondazione Artioli Federica Restani: Sullo slancio della stagione teatrale appena trascorsa che, con sue le oltre 25.000 presenze agli spettacoli programmati e ospiti, ha messo in evidenza il diffuso sentimento di volontà di partecipazione attiva alla vita culturale della città, Fondazione Artioli propone oggi la nuova stagione di prosa. Questo avviene nel riconoscimento del valore del teatro come strumento essenziale per costruire e mantenere attivo il senso di appartenenza su cui si fonda il benessere di ogni comunità. Fondazione esprime una visione culturale che assolve alla duplice funzione di recepire le necessità del territorio e di creare stimoli di riflessione comune. Si offre così la possibilità di tessere un dialogo con la comunità, di produrre la grammatica che serve a rigenerare il nostro senso di appartenenza e a diffondere il lessico che va a fondare il nostro futuro. In questo modo la cultura dello spettacolo che prende vita all’interno del Teatro Sociale consente di conoscere le istituzioni e di abitare gli spazi tornando a viverli in una dimensione di pluralità e di crescita. Il direttore artistico Raffaele Latagliata: Con uno sguardo rivolto alla tradizione teatrale e, al contempo, con un approccio contemporaneo e innovativo, la nuova stagione di prosa offre un calendario di alto livello culturale che diviene specchio della società attuale con una particolare attenzione rivolta alle nuove generazioni. Proprio in ques'ottica si colloca l'importante collaborazione, che si avvia per la prima volta quest'anno, tra la Fondazione U. Artioli e l'Università La Sapzineza di Roma con il prestigioso progetto THEATRON - Teatro Antico alla Sapienza e che vedrà gli studenti impegnati nel progetto esibirsi sul palco del Teatro Sociale nel “Filottete” di Sofocle in una replica mattutina dedicata esclusivamente agli Istituti scolastici di secondo grado del territorio mantovano. Policy Prezzi - Platea: € 30,00; - I, II, III ordine di palchi: € 25,00; - Loggia e loggione: € 15,00; - Studenti superiori (loggia e loggione): € 10,00; - Studenti e allievi Scuole teatro (palchi, loggia e loggione): € 15,00; - Ridotto ass. in conv./Teatrinsieme: € 20,00 per palchi e € 25,00 per la platea; - Abbonamento: € 160,00. Biglietti in vendita - online su Ticketone.it - presso la biglietteria del Teatro Sociale di Mantova, P.zza Cavallotti 14/a - 46100 Mantova: Orari di apertura: Martedì dalle 10:00 alle 13:00, giovedì dalle 16:00 alle 19:00, sabato dalle 10:00 alle 13:00 Telefono: 0376 1590869 (negli orari di apertura) - Mail [email protected]... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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jacopocioni · 1 year
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Enrico VII di Lussemburgo
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L’Imperatore lessato Enrico VII futuro Imperatore del Sacro Romano Impero, figlio di Enrico III Conte lussemburghese, allora facente parte della Germania, e di Beatrice di Avesnes e Baumont, nacque all’incirca fra il 1274 o il 1276. Alla morte del padre nel 1288 nella battaglia di Worringen, gli successe sul trono comitale sotto la reggenza della madre essendo egli ancora un fanciullo. Anni dopo divenuto maggiorenne, iniziò a guidare politicamente il suo paese. Nelle lotte fra Filippo il Bello re di Francia e Edoardo I di Inghilterra, si schierò con il francese, ricevendo in cambio il suo appoggio, quando con l’elezione avvenuta alla morte di Alberto I d’Asburgo, assassinato, divenne re di Germania. Alla sua incoronazione in Aquisgrana nel gennaio 1309, ottenne dal Papa Clemente V, allora residente ad Avignone, il consenso a scendere in Italia a pacificare le due fazioni in lotta dei Guelfi e dei Ghibellini. Nel luglio dello stesso anno, a conferma della promessa fatta ad Enrico, decise di incoronarlo Imperatore nella Candelora del 1312.
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Il titolo imperiale era rimasto vacante alla morte di Federico Ruggero di Hohenstaufen (lo stupor mundi), Re di Germania, dei Romani e Imperatore del Sacro Romano Impero, avvenuta nell’anno 1250. Enrico giurò di proteggere il Pontefice, di difendere la Santa Sede e fare una crociata in Terra Santa, come ringraziamento per la sua elezione. Nell’agosto del 1309 annunciò l’intenzione di scendere in Italia per pacificare le due fazioni in lotta dei Guelfi e Ghibellini. Ricevuto il consenso papale preparò il terreno al suo arrivo inviando ambasciatori, e aver libero il passaggio delle truppe. Nel 1310 per aumentare il suo potere in Germania intervenne in Boemia sollecitato da una parte della nobiltà di quella regione e da alcuni influenti ecclesiastici, scontenti del regime di Enrico di Carinzia. Per legittimare la sua aspirazione alla corona della Boemia per il figlio, organizzo il matrimonio del figlio Giovanni Conte del Lussemburgo con Elisabetta figlia di Venceslao I, guadagnandosi l’ostilità degli Asburgo pretendenti a loro volta alla corona.
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L’Imperatore per dimostrare di essere sceso in Italia pacificamente, a Losanna lasciò il grosso dell’esercito passò dalla Savoia, e si incamminò verso il sud. Ma dovette cambiare idea, per il suggerimento di alcuni signori Ghibellini, i quali lo consigliarono di portarsi dietro l’esercito non fidandosi delle città Guelfe che avrebbe attraversato. Passando da Torino e Milano (la città memore del Barbarossa, si rinchiuse entro le mura, costringendolo a proseguire), ricevette la corona ferrea il 6 gennaio 1311 divenendo Re di Italia e la visita del poeta esule Dante Alighieri che lo omaggiò con queste parole: “sole pacifico” inchinandosi alla sua maestà. Quindi lo invitò a proseguire verso Firenze per uccidere la vipera che la avvelenava. Quando l’esercito imperiale giunse nelle vicinanze, la città impaurita da quei soldati anche se soltanto di passaggio, si rinchiusero dentro le mura. Tanto che Enrico, proseguì verso Roma. La città eterna era in preda alla confusione. Le famiglie Orsini e Colonna erano in lotta fra loro. La prima parteggiava apertamente per Roberto d’Angiò re di Napoli, l’altra era schierata con gli imperiali. Enrico non potette coronare il sogno di essere incoronato in Vaticano Imperatore, non potendoci arrivare, era sotto il controllo degli Orsini; pertanto, dovette ripiegare sulla Basilica lateranense tenuta dai Colonna. Il 29 giugno 1312, in quella chiesa, fu incoronato Imperatore del Sacro Romano impero da dei Cardinali Ghibellini presenti nel suo seguito. Consigliato dai Ghibellini toscani, lasciò la caotica Roma per recarsi nella città ghibellina di Arezzo. Nel mese di settembre decise di muoversi verso Firenze per riportala sotto l’Impero. Nella città, intanto, si erano riunite le altre città guelfe toscane e romagnole, per dimostrare che “i fiorentini mai per niun signore inchinàro le corna”, come aveva detto ai messi imperiali Bette Brunelleschi, quando questi erano giunti ad annunciare la venuta dell’Imperatore. Intanto anche il resto della Toscana e dell’Italia centrale, si preparavano a difendere la loro identità guelfa. L’esercito imperiale era giunto in un luogo vicino alla città e li si era fermato. Si era attendato vicino alla chiesa Vallombrosana di San Salvi (a ricordo dell’assedio di tanti secoli fa, oggi c’è una strada che ha il nome del luogo conosciuto come: Campo di Arrigo). Il tempo passava senza che Enrico prendesse alcuna decisione. Attaccare Firenze per riportarla nella sfera imperiale o attendere non si sa cosa. Questa indecisione avvantaggiava gli assediati. Benché chiusi fra le mura cittadine, continuavano la loro normale vita. I mercanti e gli artigiani lavoravano non curandosi delle truppe assedianti.
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Tutte le porte cittadine erano aperte, e da lì entravano e uscivano le merci e le vettovaglie per la vita dei fiorentini. Rimaneva chiusa la porta di fronte all’accampamento imperiale, i cittadini tutti andavano in giro disarmati. I soldati dell’Imperatore restavano nei loro attendamenti, aspettando inutilmente l’ordine di attaccare. I loro Capitani per ingannare il tempo parlavano con i monaci del convento. Durante una di queste chiacchierate, il Conte di Savoia raccontò di una profezia fatta dall’astrologo di corte ad Enrico. L’Imperatore avrebbe avuto successo, e con il suo esercito vittorioso, sarebbe arrivato “in capo al mondo”.  L’Abate sentendo queste parole rispose “Compiuta è la profezia, che qui dominate ha una via senza uscita, che si chiama Capo di Mondo!”. All’improvviso la notte d’Ognissanti, dopo sei settimane di assedio, forse per stanchezza o per l’ironico commento dell’Abate sulla profezia dell’astrologo di corte, si decise a togliere le tende. Gli assedianti vedendo dalle mura i grandi fuochi accesi, temendo l’assalto decisivo, corsero alle armi per difendersi. Ma quella notte, non accadde nulla! La mattina seguente gli assediati saliti sulla collina di Santa Maria a Montici, per vedere cosa succedeva al campo dei nemici, li scorsero allontanarsi nella nebbia autunnale. L’esercito vagò verso San Casciano, Poggibonsi, Colle Val d’Elsa, decimato dalla malaria albergante in quei luoghi malsani. Nel girovagare l’esercito giunse alla fedele Pisa nel marzo 1313. Enrico stanco e ammalato, senza denaro e scarso di vettovaglie, si fermò in quella città senza sapere che pesci prendere, finché dal re Ferdinando di Sicilia giunsero 200.000 doppie d’oro, come da accordi presi in precedenza, per convincerlo a riprendere il viaggio verso sud. Ammalato di malaria, ma rinfrancato nello spirito si rimise in cammino verso il regno di Napoli. Nell’agosto di quell’anno giunto a Buonconvento, si aggravò e a ora nona del 24 agosto nella chiesa di San Pietro dove era ricoverato, spirò per l’aggravarsi della malaria (oppure da avvelenamento da arsenico con cui era stato curato per infezione da antrace, scoperta fatta dal professor Mallegni riesumando i resti) contratta nel suo peregrinare attraverso il giardino dell’Impero. Finiva così la vita del Conte di Lussemburgo Messia di pace Agnus della Cristianità, Sole dell’Impero, Sposo d’Italia in un convento Toscano. La morte di colui come disse Dante nella Commedia “a drizzar l’Italia prima ch’ella fosse disposta”.
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Per evitare che il cadavere, per il caldo dell’estate andasse in putrefazione, i cavalieri tedeschi, decisero di “lessarlo” sul posto, prima del trasporto della salma alla fedele città di Pisa. Durante il viaggio, a Suvereto vicino Livorno in località chiamata “dell’Insegne”, il cadavere dovette essere sottoposta ad una seconda “lessatura”. Pisa città ghibellina sostenitrice del Sacro Romano Impero, ne accolse le spoglie mortali nella Cattedrale, facendo erigere una tomba monumentale dallo scultore Tino di Camaino.
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Alberto Chiarugi Read the full article
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inviaggiocondante · 1 year
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Simoniaci
Oggi a casa per lo sciopero. SACROSANTO.
Rileggo qualche canto. Mi fermo sui simoniaci.
Tre papi... Nicolò III (un avido Orsini), Bonifacio VIII (che si può dire di buono di questa anima oscura?)... e Clemente V.. il più miserevole.. Colui che soppresse con gesto infame l'Ordine Templare.. e trasferii la Santa Sede in Francia.. dando via a decenni di disordine.
... la testa al posto dei piedi.. i piedi al posto della testa.. la 'sovversione' dell'Ordine naturale, la parodia dell'iniziazione... Questi tre Dante li sistema subito e li 'rivela': sembrarono una cosa, ma in verità erano 'altro'..
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Jacques de Molay veniva bruciato davanti a Notre-Dame nel 1314... né Clemente né l'amico Filippo sopravvissero al 1314...
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thetudorslovers · 3 years
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“the worth was yours; but in loving you, the glory mine.” 
In Renaissance Italy, upper-class courtesans—the cortegiane honorate, or honorable courtesans—often received an education comparable to that of noblewomen. Although they enjoyed a certain degree of social independence not granted to the matron or widow, the cortegiane honorate tread a thin line between respectability and pariah status. Tullia d’Aragona was one such courtesan. Her name derives from the presumption that she was the illegitimate daughter of Cardinal Luigi of Aragon, her mother’s lover. She became a poet much praised by fellow literati. Her frequent moves from city to city—Venice, Ferrara, Siena, Florence, Rome—were in part attempts to escape restrictions imposed on the courtesan, such as dress codes, and in part motivated by a desire to find a sympatico environment for her intellectual abilities. She published two works in 1547: Rime, a collection of sonnets written by Tullia or addressed to her by prominent men of letters; and the Dialogue on the Infinity of Love, Neoplatonic essay on the nature of love in which she insists on women’s autonomy in romantic relationships.
D’Aragona was one of the so-called honest courtesans, of which Veronica Franco constitutes the best-known exemplar.As Georgina Masson pointed out long ago, however, d’Aragona carved a niche for herself as the “intellectual courtesan,” or, as Domenico Zanrè rephrased it, perhaps with a touch of irony, the “courtesan of the academicians.”Numerous of her poetic interlocutors commented on her intellectual qualities, and Duke Cosimo I even exempted her from having to wear the yellow veil required of sex workers owing to her “rare knowledge of poetry and philosophy."
Entering into the world as courtesan at age 18, Tullia became successful as a writer and an intellectual. She was often seen in the company of poets, such as Sperone Speroni. After the Cardinal's death in 1519, Tullia spent seven years in Siena, before she returned to Rome in 1526. Available evidence suggests that she was highly mobile and stayed in Bologna in 1529, where Pope Clement VII and Holy Roman Emperor Charles V were engaged in negotiations after the Sack of Rome in 1527.
In 1531, she became involved with Filippo Strozzi, a Florentine banking magnate who had been famous for a short-lived affair with Italy's most beautiful courtesan, Camilla Pisana. Strozzi became so enamored with d'Aragona that he shared state secrets with her and had to be recalled to Florence. Other lovers included Emilio Orsini, who founded a Tullia Society of six cavaliers who protected her honor.
In late 1545 or early 1546 due to political uprisings, d'Aragona fled Siena to seek refuge in Florence in the court of Cosimo I. By the end of 1546 she was living in a villa just outside of Florence near the Mensola River. She received numerous visitors to her home. Many of which were poets themselves often exchanging verse with her as recorded in her Choral anthology.
In 1547 Tullia was once again charged with disobeying sumptuary legislation. She goes to successfully appeal this charge personally to both Eleonora di Toledo, Duchess of Florence, and to Cosimo I. They acquit her due to her "rare knowledge of poetry and philosophy." Following this episode She publishes both her Choral Anthology, and dialogue with Gabriele Giolito in Venice.
While there, she composed Dialogues on the Infinity of Love (1547), which is a Neo-Platonist assertion of women's sexual and emotional autonomy within exchanges of romantic love. Initially published in Venice, Italy in 1547 (in Italian), the novel has been translated in recent years in English for the first time by Rinaldina Russell and Bruce Merry in 1997. This book of philosophy was the first of its kind, for it cast a female rather than a male as the main commentator/ knowledge holder on the ethics of love. During Tullia's life, all forms of sensual experiences were considered sacrilegious, but Tullia argues in her work that all sexual drives are uncontrollable and blameless, and that they combined with spiritual needs create the only moral form of love. The only way for love to be honorable, according to this piece, is if both males and females accept and acknowledge their sexual and spiritual desires (of their body and soul). This concept not only validated the importance of sexual desires within a society that choose to repress such things, but also vindicated the role and power of women in a society that viewed women as less than. Tullia brings women to an equal level with men in regards to both their sexual nature and their intellect.
As an aging forty-year-old, d'Aragona continued writing sonnets, especially to historian and poet Benedetto Varchi, who inspired her. With his patronage and her intellect, she turned her house into a philosophical academy for the cognoscenti, and she continued to thrive as a writer.
After this, d'Aragona returned to Rome from Florence, and little further is known about her life. She died in March or April 1556 in Rome.After her death, there were posthumous editions of her work in Italian, in 1552, 1694, 1864, 1912, 1974, 1975 and 1980. Her work has been discussed in the University of Chicago's "The Other Voice in Early Modern Europe" series, which deals with texts from Renaissance era female authors, as well as male advocates of women's emancipation from that era.
A spy of Isabella d'Este noted about Tullia:
"This one [Signora Tullia] seems to know everything and can speak with you about any material that you please. Her house is always full of virtuosi and one can always visit her, and she is rich with money, jewels, necklaces, rings, and other notable things, and in the end she is highly adorned with everything."
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the-paintrist · 4 years
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Pompeo Molmenti - Pia de' Tolomei Being Led to Maremma - 1853
Pia de' Tolomei was an Italian noblewoman from Siena.
According to a tradition recorded by early commentators on Dante's Divine Comedy, she can be identified as the 'Pia' mentioned in Canto V of Purgatory, where Dante and Virgil meet those were penitent at the time of their sudden violent deaths – her tale follows that of Bonconte da Montefeltro. She states that she came from Siena and was killed by her husband in the Maremma:
Do thou remember me who am the Pia; Siena made me, unmade me Maremma; He knoweth it, who had encircled first, Espousing me, my finger with his gem.
She refers bitterly to her murderer for his disregard of his marital vows to her and briefly tells Dante her story. She asks the poet – once he has rested from his long journey – to remember her among the living and thus speed her journey through Purgatory. Dante uses the name 'la Pia' not 'Pia', underlining the familiarity between them. She also asks him to pray for her since she knows none of her family do so.
The identification of this 'Pia' with Pia de' Tolomei is now almost universally accepted, although conclusive documentary proof of this has yet to be found. Early commentators on the poem noted that she was to be identified as a woman of the Tolomei family in Siena, wife of Nello dei Pannocchieschi, lord of Castel di Pietra in Maremma, podestà of Volterra and Lucca, captain of the Guelph Taglia from 1284 and alive until at least 1322 (the year he made his will). There is also a surviving record of his second marriage, as a widower, to Margherita Aldobrandeschi, countess of Sovana and Pitigliano. They had one son, Binduccio or Bindoccio, who was murdered, aged thirteen, when Orsini assassins, threw him down a well in Massa Marittima.
The surviving archives do not name Nello's first wife, but she has been identified as Pia. Nello owned Castel di Pietra in Maremma, where it has been suggested he murdered Pia in 1297, either after she found out he was having an affair with Aldobrandeschi or to clear the way for his second marriage. Among the early commentators, Jacopo della Lana, l'Ottimo and Francesco di Bartolo claim that she may have been killed for some crime, while Benvenuto and an anonymous Florentine of the 14th century assert it was due to her husband's jealousy.
Against this identification, the Tolomei family had no daughters or nieces named Pia in Nello's time. However, one male of the family did marry a woman named Pia Malavolti – the marriage did not last long (she had many lovers) and so the Tolomei decided to have Nello, the head of the family, remove her to Maremma, where she died in misery, possibly murdered. A closely related theory is that Pia was born a Malvoti and entered the Tolomei family by her marriage to Baldo d'Aldobrandino de' Tolomei. According to this story, Pia was accused of adultery by her husband, then kidnapped by Nello and taken to Maremma, where she died.
Pompeo Marino Molmenti (8 November 1819, Villanova in Motta di Livenza – 17 December 1894, Venice) was an Italian painter.
He was born in Friuli to Francesco Molmenti, an engineer of comfortable means, who had followed his older brother, Ettore, to Venice. When he was orphaned as a boy, Pompeo was cared for by his uncle Ettore, who encouraged his studies. In 1834, he was enrolled in the Accademia di Belle Arti di Venezia to study under Ludovico Lipparini, Odorico Politi, and Michelangelo Grigoletti. As a student he painted a Murder of Caesar.
One of his early patrons was Count Spiridione Papadopoli (1799-1859) and his wife, Teresa Mosconi, who owned a villa in Villanova, not far from Molmenti's birthplace. As a young man, he had painted a Death of Othello for the Papadopoli family. A second version was completed in 1866. During 1835 to 1840, Molmenti painted a Madonna and child for a lunette at the private oratory of the Papadopolis, which recalled the Renaissance Madonna Giovanelli of Giovanni Bellini. He painted a Santa Teresa (now lost) for the countess, and a San Paolo (destroyed) for the church of San Polo di Piave.
From 1843 to 1844, he accompanied the Duke Saverio di Blancas on a trip through Syria and Greece. During this time he drew many Arab subjects, and painted The Departure of Tobias with Rachel from the House of Laban for his patron Count Papadopoli and Sara gives Agar as wife to Abraham. He then traveled to Florence, Rome, Paris, and Munich. During 1848-1849, he participated in some of the patriotic uprisings.
In 1850, he displayed three paintings: Cimabue discovers in Giotto the Genius of Painting (now lost), a Holy Family copied from the Raphael painting Madonna della seggiola, and a Virgin and child and a St Ursula for the church of Sant'Orsola of Conegliano, now displayed in the duomo. He painted an Immaculate Conception for Malo near Vicenza; a Martyrdom of Santa Filomena for Vidor; a San Rocco for a church of Palmanova; and Jesus gives the key to St Peter for Fontanelle.
In 1851, he became professor at the Academy of Fine Arts, Venice and worked alongside Pietro Selvatico to reform the institution. Among his pupils were Antonio Beni, Giacomo Favretto, Luigi Nono, Bressanesi, Luigi Pastega, Egisto Lancerotto, Tranquillo Cremona, Napoleone Nani, Silvio Rotta and Ettore Tito.[6] He was knighted for the Order of the Crown of Italy.
In 1853 he exhibited a painting on the subject of Pia de' Tolomei, commissioned by the architect Count Giacomo Franco [ and now in the Museo Civico di Castelvecchio. He also painted an Arrest of Filippo Calendario (1854) commissioned by Princess Giovanelli.
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antinous-posts · 4 years
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Lorenzo de' Medici
The Italian merchant prince Lorenzo de' Medici (1449-1492), called "il Magnifico," ruled both the Florentine state and a vast commercial empire. As a poet and a patron of poets, he stimulated the revival and splendor of Italian literature.
At a time when the major city-states of Italy were engaged in a fierce political and economic rivalry with one another, Lorenzo de' Medici managed to preserve the independence and territorial integrity of Florence. If he was the inferior of his Medici ancestors in financial acumen, he was their superior in artistic sensitivity and understanding, so that, during the latter half of the 15th century, when the despots of Italy strove consciously through lavish patronage of artists to enhance the prestige and stability of their houses, Lorenzo was acknowledged as the greatest Maecenas of his age.
Lorenzo de' Medici was born in Florence on Jan. 1, 1449. He was the son of Piero the Gouty and the grandson of Cosimo, Pater Patriae. Cosimo, aware of his son Piero's physical weakness and fearful that Piero would not long survive him, prudently groomed his grandson for the exercise of authority. Lorenzo enjoyed the best education available, learning Greek, Latin, and philosophy, both formally, in rigorous sessions with teachers, and informally, in the company of humanists and statesmen. While still a youth, he began to write sonnets and other poems, usually about love. In 1469, on the advice of his father, Piero, he married Clarice Orsini, thereby establishing a bond with one of the oldest, most powerful noble families of Rome.
Ruler of Florence
Piero died on Dec. 5, 1469, and 2 days later the 20-year-old Lorenzo was asked by a delegation of eminent citizens to take control of the state. This he did, ruling as his father and grandfather had done, from behind the scenes and without holding any public office.
Lorenzo enhanced the prestige and stability of his house when he came to an agreement with Pope Sixtus IV in 1471 by which the Medici would continue to handle the papal finances. And in 1472 he won the hearts of all Florentines by saving the city from an imminent famine. When the bad harvest of that year threatened the population with disaster, it was Lorenzo who imported large amounts of grain.
Pazzi Conspiracy and Aftermath
Although it was a maxim of Medici policy to retain close ties with the Holy See, relations between Lorenzo and Pope Sixtus were not always cordial. The Pontiff was very displeased when Lorenzo's diplomacy achieved an alliance between Florence, Venice, and Milan, for such a combination was more than a match for the armies of the Church. Sixtus felt thwarted in his ambitions to expand the papal territory and uneasy about the safety of what the Church already held. His hostility grew when he learned that Lorenzo was trying to buy the town of Imola, which was strategically important. Consequently the Pope agreed to a plot designed to rid Florence of both Lorenzo and his brother Giuliano. The chief conspirators were the Pazzi family, a rival banking house and bitter enemies of the Medici. The plan was to assassinate the two brothers at a moment when their guard would be down, during the celebration of Mass on Easter Sunday, April 26, 1478. Giuliano was slain, but Lorenzo escaped with wounds. The people of Florence rallied to the Medici standard and visited a terrible retribution on the hapless conspirators, most of whom did not survive the day. Among those killed was Francesco Salviato, Archbishop of Pisa.
The Pope, enraged, excommunicated Lorenzo and placed an interdict on the city. In 1479, in the midst of unbearable tension, Sixtus and King Ferrante (Ferdinand) of Naples declared war on Florence. Lorenzo, knowing that the safety of his city and his dynasty were at stake, undertook the most hazardous adventure of his colorful career. He went by sea to Naples, virtually placing his life in the hands of the King. Ferrante was won over by Lorenzo's charm and his persuasive argument that it would not do for Italy to be divided or Florence destroyed. Lorenzo returned to Florence with the gift of peace and was received with great joy. Sixtus was bitter but grudgingly bowed to necessity and in 1480 made peace. Lorenzo's control over Florence and its possessions would not be challenged again.
A new constitution in 1480 simplified the structure of Florentine government. The Signory, or executive branch, chose 30 citizens, who in turn selected 40 more, all to serve for life in a new council. Hence forward all other branches, including the Signory, were responsible to this permanent Council of Seventy. Since the council was filled with Lorenzo's adherents, the effect of the constitutional change was to make his tyranny more obvious. Under this rule the prosperity of Florence grew, primarily through banking and commerce. Not the least of Lorenzo's contributions to this prosperity was the peace which his diplomacy, from 1480 until his death, maintained between Florence and the rest of Italy.
Cultural Life
The private fortune of the Medici did not fare so well under Lorenzo's management as did the economy of Florence. This is attributable to the fact that he tended to neglect business, so preoccupied was he with diplomatic and cultural concerns. It is not accidental that the last decade of his life coincided with the period of Florence's greatest artistic contributions to the Renaissance. He paid with a lavish hand the painters Sandro Botticelli, Domenico Ghirlandaio, and Fra Filippo Lippi to add beauty to the city. The humanist John Lascaris and the poet Angelo Poliziano traveled great distances at the behest and the expense of Lorenzo in search of manuscripts to enlarge the Medici libraries. What could not be bought was copied, and Lorenzo permitted the scribes of other eager book collectors to copy from his stores. When Poliziano and others scorned the new invention of printing from movable type, Lorenzo had the foresight to recognize its value and encourage its use. The famous Platonic Academy frequently met at Lorenzo's palace, where in lively philosophic discussions the ruler was quite the equal of Giovanni Pico della Mirandola, Michelangelo, and Marsilio Ficino. The University of Pisa owes it revival to Lorenzo.
The prodigious feats of patronage touched upon here, as valuable as they are, are secondary in the scale of Lorenzo's accomplishments. It is not too much to say that Lorenzo, with his verses in the vernacular, elevated Tuscan Italian to the dignity and respect it had known in Dante's time, before the humanists buried it under mounds of classical Latin. Although his friend Poliziano still favored Latin, Lorenzo composed Italian poetry not inferior to anything written in his time. His canti carnascialeschi (carnival songs) are still read with pleasure.
Lorenzo was not an attractive man physically. He had a heavy face with a large flat nose and a swarthy complexion. He was tall and robust and given to athletic exertions. His dignity, charm, and wit lay in his manner rather than his appearance. Physical shortcomings and a reputation for personal and commercial immorality, however, did not prevent him from being loved and admired. He died on April 9, 1492, still a despot, but one whose hand had lain lightly on his subjects.
Further Reading on Lorenzo de' Medici
An old but elegantly written biography of Lorenzo is William Roscoe, Life of Lorenzo de' Medici (1851). See also Cecilia Ady, Lorenzo dei Medici and Renaissance Italy (1955), and the two penetrating studies by Ferdinand Schevill, The Medici (1949) and History of Florence (1936), also published in paperback (2 vols., 1963); the last is the best short history of Florence in English. A recent history of the Medici which includes a portrait of Lorenzo is Marcel Brion, The Medici: A Great Florentine Family (1969), a large-format book that is rich in color plates.
Encyclopedia of World Biography
Your Dictionary
Picture: Seated Lorenzo de' Medici, by Paul Dubois, 1827- 1905, bronze, brown platina
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carol-agostini · 4 years
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Gli amanti del crudo di qualità.
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😍Da anni nel mio ambiente di lavoro prima come artista creativa, ora come esperta enogastronomica assaggio ostriche e cruditè più volte alla settimana, e vi assicuro che non ho ancora una conoscenza tale da potere immediatamente dare un'origine di provenienza, forse mi avvicino alla tipologia e calibro.
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🦀🦞🦑🦐🐙Un mondo quello delle ostriche così vario, che regala sempre "intrigo" per chi se ne avvicina.
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Sono di grande pregio commerciale come tutti sappiamo e possono essere consumate crude o cotte.
🦪🍤Questi molluschi, oltre ad essere diffusi allo stato selvatico, sono oggetto di ittiocoltura (ostricoltura) in molte parti del pianeta.
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Attualmente il prezzo cambia "sensibilmente" con picchi notevoli sia in base alla provenienza, sia in base alla varietà.
Nella cucina centro e sud Europea, oltre che in molti paesi che si affacciano sul mar Mediterraneo, le ostriche rappresentano uno dei prodotti della pesca più diffusi e rinomati.
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🦪Hanno un apporto energico molto basso e contengono soprattutto proteine; ricordiamoci che i lipidi sono scarsi ma il contenuto di colesterolo ne impone un consumo moderato.
Non è trascurabile il rischio igenico-sanitario legato al consumo di quelle crude dalla provenienza selvatica o non garantita.
🦪🦪🍾Alcune tipologie producono perle e sono ampiamente sfruttate nell'industria gioielliera.
🩺Curiosità?
Sono ricche di vitamina A e C.
Altra curiosità come per le cozze mangiatele nei mesi contenenti la lettera “r” al loro interno perché i mitili sono più buoni e ricchi di sapore.
🍾Qualche anno fa si diceva pasteggiare a ostriche e champagne per dire opulenza e ricchezza, oggi tutti almeno una volta nella vita abbiamo provato l'accostamento godereccio ed "afrodisiaco", ricco di associazione erotica/sessuale, con allusioni di vario tipo e simbologia.
🍽Nei nostri ristoranti è un must avere cruditè in abbinamento allo champagne di Piccole Maison selezionate negli ultimi 20 anni, come è must abbinare il calice esatto per rendere il tutto lussuriosamente fluttuante e frizzante, con un tocco di brio speciale.
🌊Cicale di mare ( ricche di vitamina B), gamberi, aragoste, astici ( azione depurativa, lassativa edantiossidante ) cozze, ricci di mare, sardine, aringhe, tonno, salmone, totani, sgombro, calamari e spede spada ( tutti ricchi di Omega3) sono ingredienti deriderati da noi amanti di quella cucina particolare, "alternativa" che sta prendendo sempre più piede in Italia, con contaminazione estera.
‼️Attention!
🆘 Il pesce crudo può essere contaminato da diversi microorganismi che provocano infezioni o tossinfezioni, mi raccomando.
🎬Film?
Vi ricordo "Sotto il Segno dei pesci" di Giorgio Molteni, un nuovo menagé a Trois nella vita di Ambrogio, tra amante e nuova amante, la quale potrebbe essere la figlia; alcuni interpreti sono Gerard Depardieu, Isabella Orsini, Denise Tantucci.
Questi crudi li ho mangiati all' Osteria Billis dai Gemelli Filippo e Alessandro di Tortona.
www.osteriabillis.it
Di Carol Agostini
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armthearmour · 6 years
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A beautiful gilt Sword probably inspired by drawings by Filippo Orsini of Mantua from 1554.
Probably Italian, ca. 19th century, from Pierre Bergé & Associés.
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lamilanomagazine · 1 year
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LIVORNO MUSIC FESTIVAL, XIII edizione 17 agosto - 7 settembre 2023.
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LIVORNO MUSIC FESTIVAL, XIII edizione 17 agosto - 7 settembre 2023. Il 18 agosto, alle ore 21.00, alla Biblioteca dei Bottini dell'Olio di Livorno, avrà luogo il primo dei concerti che più caratterizzano lo spirito del Livorno Music Festival nel suo legame inscindibile con le masterclass per giovani talenti, ossia un faccia a faccia tra alcuni dei migliori studenti e i loro docenti. I maestri protagonisti della serata sono due prime parti del Teatro alla Scala, il flautista Andrea Manco e il clarinettista Fabrizio Meloni, insieme al chitarrista Andrea Dieci, concertista e docente al Conservatorio di Modena. Venerdì 18 agosto ore 21, Biblioteca dei Bottini dell'Olio VIRTUOSITY Domenico Scarlatti Sonata in mi minore K 11 per chitarra, Domenico Scarlatti Sonata in re maggiore K 202 per chitarra, Niccolò Paganini Sonata n.12 in la maggiore MS 84 per chitarra, Niccolò Paganini Sonata Concertata in la maggiore op.61 per chitarra e violino, Felix Mendelssohn Konzertstück n.1 in fa minore op.113 per due clarinetti e pianoforte, Giulio Briccialdi Carnevale di Venezia op.78 per flauto e pianoforte, Ian Clarke Maya per due flauti e pianoforte, Felix Mendelssohn Konzertstück n.2 in re minore op.114 per due clarinetti e pianoforte, Franz e Karl Doppler Rigoletto Fantasy op.38 per due flauti e pianoforte, Béla Kovács Sholem-alekhem, rov Feidman! per clarinetto e pianoforte, Georges Bizet/Michael Webster Carmen Entr'acte per flauto, clarinetto e pianoforte, Dmitri Shostakovich Valzer n.3 op.97c per flauto, clarinetto e pianoforte, Andrea Manco, flauto, Fabrizio Meloni, clarinetto, Andrea Dieci, chitarra, Alessandra Dezzi, pianoforte, Angela Panieri, pianoforte, Talenti del LMF, Irenè Fiorito, violino, Francesco Reale, chitarra, Chiara Corriero, chitarra, Emanuele Orsini, flauto, Marialaura Mangani, flauto, Samuele Di Nardo, flauto, Tommaso Filippo Torrigiani Malaspina, clarinetto, Nicolò Martinelli, clarinetto INFO E BIGLIETTI: € 10,00: posto unico non assegnato. Ingresso gratuito: under 12 I biglietti si possono acquistare alla Biblioteca dei Bottini dell'Olio (Piazza del Luogo Pio 19, 57123 Livorno) il giorno stesso dell'evento a partire dalle ore 20:15. La prenotazione per i concerti è consigliata e si può effettuare tutti i giorni dalle ore 9 alle 17 via e-mail a [email protected] oppure tramite messaggio Whatsapp o SMS al numero +39 327 9344731 scrivendo nome, cognome, recapito telefonico o e-mail e numero dei partecipanti. In caso di rinuncia, si raccomanda di comunicarlo in utile anticipo. Per il programma completo dei concerti del Livorno Music Festival (17 agosto - 7 settembre 2023), tutte le informazioni ed eventuali aggiornamenti, vi invitiamo a visitare il sito WWW.LIVORNOMUSICFESTIVAL.COM... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Sostenibilità, turismo e patrimonio musicale, parte da Roma la Rete Italiana della World Music
Sviluppo sostenibile, rivalutazione dei territori e turismo locale passano anche attraverso il supporto e la promozione della world music, il patrimonio musicale folk e popolare di cui l’Italia è incredibilmente ricca. Intervista a Fabrizio Giordano Cinque Colonne Magazine · Intervista a Filippo Giordano, Presidente Della Rete Italiana Della World Music L'associazione Rete Italiana della World Music È uno degli obiettivi principali della Rete Italiana della World Music, associazione promossa da alcuni tra i più importanti festival di settore, che ha debuttato a Roma martedì 5 luglio con una conferenza a Palazzo Orsini Taverna di Roma, sede di EIIS- European Institute of Innovation for Sustainability.  Un patrimonio musicale da (ri)scoprire L’Italia non è ricca solo di cultura ma anche di musica popolare che deve essere tutelata, valorizzata e promossa nel modo giusto. Laddove questo viene fatto, la risposta del pubblico è piena di entusiasmo: basti citare l’esempio della Notte della Taranta, che nel mese di agosto, da oltre vent’anni, richiama migliaia di appassionati e decine di artisti internazionali nelle piazze del Salento e nel grande concerto di chiusura di Melpignano.  Per questo, uno degli obiettivi principali dell’associazione è proprio quello di mappare e far emergere gli eventi di settore. Significativo, in questo senso, il Piano Borghi previsto dal PNRR. Questo nasce per creare una crescita sostenibile e di qualità su tutto il territorio nazionale, così come ricordato durante i lavori da Santarelli.  Read the full article
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marcoargentati · 6 years
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“Il duomo di Bomarzo, dedicato a Santa Maria Assunta in Cielo, è un edificio religioso sede dell'omonima parrocchia. L'evangelizzazione di Bomarzo deve risalire ad un periodo molto antico se già nel VI secolo possedeva un vescovo ed un capitolo. Lo storico Flavio Biondo ipotizza addirittura che il Papa Sabiniano, pontefice dal 604 al 606, sia nato proprio a Bomarzo. Da ciò possiamo arguire che già in epoca bizantina il borgo fosse anche provvisto di una chiesa di una certa importanza, costruita in stile paleocristiano. In età carolingia il duomo venne probabilmente modificato, come dimostrano alcuni elementi architettonici risalenti al VII-IX secolo. La struttura attuale risale al XV secolo e risente dello stile di Filippo Brunelleschi che in quel periodo operava a Firenze. Nel 1546, sotto la loggia della facciata, fu scavato un pozzo a beneficio della comunità bomarzese. L'opera, voluta dal defunto Signore di Bomarzo Giovanni Corrado Orsini, fu completata dalla di lui nuora Giulia Farnese mentre suo marito, Pier Francesco detto Vicino, era in Germania a combattere per Carlo V. Ulteriori modifiche si ebbero nel Seicento, quando furono completate la facciata e la gradinata di accesso.” (presso Bomarzo)
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Urbanistica in Terra d'Otranto. Il caso di Francavilla e le sue porte urbiche
di Mirko Belfiore
Durante la sua secolare storia, l’abitato di Francavilla poté contare sulla realizzazione di ben tre cinte murarie. La prima, con molta probabilità, fu costruita durante la seconda metà del XIV secolo dopo che, nel 1364, la città ottenne, dal principe di Taranto Filippo II d’Angiò (1329-1374), una concessione per la costruzione di nuove mura, ma di questo tracciato, purtroppo, non rimangono testimonianze.
Alcuni tempi dopo, quando a governare la città giunse il nuovo principe Giovanni Antonio del Balzo Orsini (1401-1463), ritenendo Francavilla non adeguatamente provvista di una perimetrazione difensiva, ordinò la costruzione di una nuova cerchia. Quest’ultima è riconducibile alla descrizione che ne fa l’abate Giovan Battista Pacichelli (1641-1695) il quale, facendo tappa a Francavilla, durante il suo soggiorno nel Regno di Napoli. fra il 1683 e il 1694, ci racconta di come l’impianto urbano fosse organizzato entro mura, torri e sei porte urbiche: “Al numero concorso delle genti, che dalle convicine, e remote parti vennero a farli novelli Cittadini di Francavilla, si formo la Terra circondata da Mura, e Torri, alle qualu furono distribuite sei Porte, tre picciole e tre maggiori, le maggiori furono la prima chiamata Porta grande, hoggi detta Porta della Piazza; la seconda la Porta di Sant’Antonio Abbate, hoggi del Castello; terza, che fu l’ultima a farsi, La Porta Nuova; le tre picciole, la prima fu detta Porta D’Elia, hoggi di San Sebastiano, la seconda Porta di San Carlo, hoggi la Rucirella, e la terza la Porta di S. Nicolò, hoggi detta dal volgo il Cravotto”.
1. Giovan Battista Pacichelli, Il Regno di Napoli in prospettiva, 1703.
  2. Veduta di Francavilla, da Giovan Battista Pacichelli, 1703
  Con i secoli a venire la città non smise di crescere e anzi, sotto l’impulso dei nuovi feudatari giunti da Genova e del ruolo raggiunto dalla stessa Francavilla in Terra d’Otranto, si giunse al superamento della cinta muraria cinquecentesca. La conseguente spinta edilizia incentivò la realizzazione di nuovi quartieri abitativi, congiuntura che spinse il principe Michele III Imperiale a farsi promotore fra il XVII e XVIII secolo, della realizzazione di una nuova cerchia muraria: la terza.
3. Ritratto di Michele III Imperiali Seniore (Anonimo, XVIII secolo, olio su tela, Francavilla Fontana, Castello-residenza).
  Quest’ultima, oltre a difendere il numero sempre più crescente di una popolazione che ormai raggiungeva il migliaio di fuochi, raggruppò le nuove borgate nate a Sud, Est ed Ovest dell’antico agglomerato quattro-cinquecentesco.
Percorrendo l’asse Sud che, dall’antica piazza del Foggiaro, oggi piazza Umberto I, prosegue attraverso il Burgo Grande, si erge in tutta la sua monumentalità la mole architettonica della Porta del Carmine, eretta intorno alla metà del XVII secolo e situata all’imboccatura di Via Roma (già Via del Carmine), una delle arterie cittadine fra le più scenografiche della città, sulla quale si andranno a inserire i più importanti ed eleganti palazzi della nobiltà francavillese.
4. Porta del Carmine, XVII secolo, prospetto principale.
  Ad una prima occhiata, si può notare subito la particolarità del suo prospetto, conforme ai canoni dei trattati cinquecenteschi del Serlio e del Palladio e innalzata quasi a voler imitare gli antichi archi di trionfo d’epoca romana. La struttura, deteriorata nella superficie tufacea dall’erosione degli agenti atmosferici, si presenta articolata in tre fornici, tutte contraddistinte da arcate a tutto sesto e fiancheggiate da semicolonne, quest’ultime poggianti su alti plinti e coronate da pregevoli capitelli compositi. Quattro dadi sporgenti e un cornicione aggettante caratterizzano la trabeazione, mentre due ricche cornici rettangolari, poste in asse coi portali laterali, realizzate forse con lo scopo di accogliere scritte mai eseguite, arricchiscono il prospetto principale.
5. Porta del Carmine. Prospetto interno
  La facciata interna, invece, presenta le medesime modanature ma, in alternativa alle semicolonne, si articola di alcune lesene finemente decorate da festoni floreali.
6. Ritratto di Michele IV Imperiale Juniore – (Anonimo, XVIII secolo, olio su tela, trafugato).
  Lungo la direttrice Sud-Est che, sempre dalla piazza del Foggiaro, procede lungo l’attuale via Regina Elena e insieme a viale Capitano Di Castri crea quell’arteria viaria che mette in comunicazione il centro della città con il Complesso conventuale di Maria S.S. della Croce, fuori le mura, si posiziona la struttura classicheggiante della Porta della Croce (o di Cagnone).
  7. Porta della Croce, 1714, Davide De Quarto e Goisuè Pozzerrese, prospetto principale.
  Costruita secondo le fonti intorno al 1714, dai maestri Davide De Quarto e Giosuè Pozzerrese, essa si caratterizza di un prospetto lapideo a bugnato, composto da una serie di pietre squadrate poste a raggiera che, ricoprendo tutta la facciata, evidenzia gli archivolti dell’arcata a tutto sesto e incornicia in chiave di volta lo stemma feudale dei committenti: gli Imperiale. Le modanature continuano in senso orizzontale lungo tutto il resto del prospetto, venendo interrotte solo dalle due semicolonne, unico elemento verticale. Quest’ultime, incoronate da due corpi lievemente aggettanti e poggianti su semplici basamenti quadrati, concorrono come elementi decorativi a creare un gioco chiaroscurale sulla superficie continua dei pilastri. Il medesimo effetto chiaroscurale si accentua nella doppia modanatura posta a metà della costruzione, da cui parte l’impostazione dell’arco, ripresa nella parte rastremata dalle colonne e conclusa da un capitello dorico.
8. Porta della Croce. Prospetto interno
  La facciata interna, più sobria, presenta alcune profilature che percorrono in senso verticale i fianchi dell’arcata e in senso orizzontale la trabeazione.
Infine, lungo la direttrice Nord-Ovest posta in posizione diametralmente opposta alla Chiesa dello Spirito Santo, in origine Complesso conventuale dei Frati minori cappuccini, trova posto Porta Cappuccini, già Porta Nuova.
9. Porta Nuova, XVIII secolo, Frà Liborio da Manduria, prospetto principale.
  Essa, secondo le fonti coeve, fu costruita durante la seconda metà del XVIII secolo e fu con molta probabilità realizzata dallo stesso artefice della chiesa antistante, fra’ Liborio da Manduria. Porta Nuova, rispetto a quella della Croce, si presenta con linee curve e superfici rotondeggianti, frutto di un’interpretazione del barocco più sobria e misurata. La sua struttura imponente è costituita da un’arcata, sempre a tutto sesto, due semicolonne ai lati, poggianti su un alto basamento e coronate da capitelli compositi, e due ali leggermente rientranti arricchite da un fine arriccio al vertice. La trabeazione è sormontata da un frontone, dai profili curvi e rettilinei, mentre la parte sommitale è caratterizzata da un coronamento dalle spigolature aggettanti e un timpano a mezzaluna.
10. Porta Nuova. Prospetto interno
  Sulla parete interna, l’arco ribassato è mascherato da un arco a pieno centro poggiante su due pesanti lesene. Come per la Porta della Croce, anche questo accesso al borgo seicentesco si presenta oggi isolato e poco valorizzano dalle costruzioni limitrofe, ma contribuisce a rimarcare la teatralità che le porte urbiche francavillesi prospettavano ai viandanti che si apprestavano a varcare le soglie.
A queste architetture civili, vanno aggiunte le ormai scomparse Porta Paludi, Porta Pazzano (o di San Vito), Porta San Lorenzo e Porta San Carlo (o Porta Roccella).
Porta Paludi, situata nel quartiere omonimo e posizionata all’angolo fra via Simeana e la direttrice extramurale di via San Francesco d’Assisi, fu demolita nel 1925 perché: “Oltre a rappresentare uno sconcio evidente, (è)… causa grave di pericolo per la pubblica incolumità, date che, nei tempi di pioggia, quel tratto di strada resta del tutto allagato […] e le acque che là si raccolgono, vanno a formare dei pantani immensi”.
Porta Pazzano invece, posizionata a Nord-Est dell’abitato seicentesco, sulla strada che collega Francavilla a San Vito dei Normanni, venne demolita nel 1952. Tramite un’istantanea dell’epoca, possiamo ricostruirne solo il prospetto Sud, semplice nelle linee e nella mole, se paragonato alle precedenti. Quest’ultimo, composto da un arco a tutto sesto leggermente ribassato e una trabeazione rettangolare coronata da un piccolo cornicione aggettante, presenta alcune modanature distribuite lungo tutta la facies, le quali, nell’insieme, contribuiscono ad aggiungere un po’ di dinamismo al prospetto, altrimenti essenziale.
Di Porta di Brindisi (o di San Lorenzo), situata a cavallo fra le attuali via San Lorenzo e via Francesco Baracca, costruita dai già citati Davide De Quarto e Giosuè Pozzerrese nel 1714 e Porta Roccella, indicata nella veduta del 1643 come Porta San Carlo, quest’ultima posizionata alle spalle del convento dei Padri Redentoristi sull’attuale via Barbaro Forleo, non abbiamo più tracce; forse danneggiate dal terremoto del 1743, ma ancora presenti in una pianta ottocentesca della città, subirono probabilmente la stessa sorte di Porta Pazzano e Porta Paludi e quindi smantellate.
12. Pianta dell’abitato di Francavilla, con il circuito murario degli Imperiale e le porte di città, pianta del XIX secolo.
  Presso queste porte urbiche, poste sulle arterie viarie che dagli agglomerati limitrofi confluivano verso il centro di Francavilla, stazionavano i gabellieri. Quest’ultimi, preposti al controllo delle merci sia in entrata che in uscita, oltre che applicare i dazi preposti, sorvegliavano il flusso e il deflusso degli abitanti, impedendone l’ingresso agli indesiderati. L’importanza di queste strutture era tale che persino la larghezza dei traini era regolamentata seguendo l’ampiezza dei varchi.
Spettatrici di avvenimenti quotidiani quanto di fatti cruenti e sanguinosi, le porte urbiche furono testimoni anche di momenti di giubilo: il 29 marzo del 1740, fra due ali festanti, varcò la soglia di Porta del Carmine, il corteo proveniente da Roma con la principessa Eleonora Borghese, nuova consorte del principe Michele IV Juniore: “con lo tiro a sei, da 40 carrozze a un solo tiro, con una bellissima cavalcata di duecento para di cavalli avanti, con una Infanteria di Libardieri, […]appresso poi da 200 contadini armati sotto lo capitano Scilazza, Alfredo Carlo Di Noi, ricevendola dalla Porta sino alla piazza, sotto una bella e sontuosa Archiata fatta da Core di Donna”.
  BIBLIOGRAFIA
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sciscianonotizie · 7 years
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