#Errori corsa
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sergio-cosmai · 8 months ago
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10 Errori Comuni da Evitare per Migliorare le Tue Prestazioni nella Corsa
Evitare questi errori comuni può aiutarti a massimizzare le tue prestazioni nella corsa e a ridurre il rischio di infortuni.
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solosepensi · 10 months ago
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Ci vorrebbe sempre un giorno di riserva. Per essere sicuri di poter recuperare gli errori. Per poter fare quella telefonata che non abbiamo mai trovato il coraggio di fare. Per arrivare di corsa sotto casa sua con il fiato corto e i capelli spettinati, per chiedere scusa. Ci vorrebbe un giorno di riserva. Uno solo.
Paola Felice
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canesenzafissadimora · 3 months ago
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Ci vorrebbe sempre un giorno di riserva per essere sicuri di poter recuperare gli errori. Per poter fare quella telefonata che non abbiamo mai avuto il coraggio di affrontare. Per arrivare di corsa sotto casa sua, con il fiato corto e chiedere scusa.
Ci vorrebbe proprio un giorno di riserva. Uno solo.
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Paola Felice
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sayitaliano · 2 months ago
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Ciao sono nata in Italia ma il mio italiano fa comunque schifo è incomprensibile. Vorrei migliorare il mio lessico la scrittura e quando parlo ho problemi.
Come posso migliorare? Dovrei avere un tutor?
Ciao!
Da quello che hai scritto non mi sembra che tu abbia grossi problemi, anzi. Vivi sempre in Italia, giusto? Lo sai che noi stessi siamo i primi a non parlare correttamente la nostra lingua, a metterci dentro errori e via dicendo...
Quello che posso suggerirti è di provare a lavorare sulla punteggiatura quando scrivi, e anche quando parli: non ti ho ascoltata e non ti conosco, per cui non so se sia questo il problema, ma non preoccuparti se devi prenderti delle pause per pensare prima di esprimerti. Abbiamo preso la brutta abitudine di fare tutto di corsa, sembra che non abbiamo mai tempo per nulla, invece ne siamo pieni e finiamo anche con l'avanzarlo... Quindi davvero, non preoccuparti.
Per migliorare il lessico (ma anche il tuo parlato/scritto) leggi (dai giornali, ai libri, alle riviste, alle poesie... lo so a scuola ce ne fanno leggere molte, ma ce ne sono di più belle: cerca anche quelle straniere tradotte, prova a capirne le sfumature e cerca di capire se tu avresti usato parole differenti); se non ti piace leggere, guarda serie tv o film anche storici, o documentari (non tutti sono noiosi... prova con argomenti che sono di tuo interesse, anche video su youtube vanno bene). Se trovi parole complesse o sconosciute, cercane il significato sul dizionario e usale in un paio di frasi. Studia la grammatica anche se è noiosissima: diventa curiosa sul perché qualcuno abbia usato quelle parole, quella punteggiatura, quel tempo verbale invece che un altro. Trova gli errori dei giornalisti, per esempio: non per qualcosa, ma per ricordarti di ciò che sai tu. Da quello che ho capito con questo blog, a scuola non ci insegnano molte cose in maniera diretta, ma solo in maniera indiretta: le apprendiamo con la pratica, vivendo, interagendo con gli altri e aprendoci ai nostri errori, che, come detto, ci stanno. Italians are imperfect beings! :P. Ah, vale anche aprire il dizionario a caso e leggere le definizioni di un paio di parole ogni tanto, e provare ad usarle sia in alcune frasi di prova che mentre parli. La decisione finale è la tua, ma non credo che tu abbia bisogno di un tutor: credo che tu possa ancora concederti del tempo, no? Prova a scrivere un diario giornaliero, anche poche parole su quello che hai fatto o inventando storie di poche righe, magari appunto usando parole nuove. Tra un mese dimmi come va, se è cambiato qualcosa oppure no. E poi decidi. :)
Continua a provare ad esprimerti, non chiuderti. Non convincerti di non essere capace di fare qualcosa: questo è il blocco più grande che ci possa essere. Sei tu che ti controlli, e se ti convinci di qualcosa, sarà difficile non seguire quella tua convinzione inconsciamente. Le tue paure e insicurezze prenderanno il sopravvento e ti bloccherai, trovando solo conferme sulle tue incapacità. In poche parole, se ti convinci di non essere abbastanza brava a comunicare o di essere incomprensibile (specialmente se per qualsiasi motivo qualcuno te lo ha detto e tu hai iniziato a crederci), finirai davvero per esserlo perché l'ansia di voler comunicare al meglio ma non sapere come farlo (in realtà lo sai, ma magari hai smesso di fidarti di te), ti saboterà fino a farti balbettare o avere dubbi su qualsiasi cosa. Tante volte le persone si chiudono nelle loro paure, e nel chiudersi ci chiudono fuori a nostra volta. Non sempre hanno ragione però. Non aver paura di essere te stessa, di prenderti del tempo, di parlare a modo tuo con le tue sfumature. Chi vuole aspettarti ti aspetta comunque. Gli altri, lasciali andare. E datti tempo anche tu. ...Forse mi sono lasciata prendere dal momento qui, ti chiedo scusa se ho detto qualcosa che non dovevo o che non c'entra con la tua situazione. Ma succede che ciò che non va sul piano emotivo si rifletta sul piano comunicativo. Siamo esseri complessi...
In bocca al lupo!
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itsmyecho · 8 months ago
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Sono arrivato ad un periodo della mia vita in cui metto tutto in dubbio. La verità è che non ho più certezze. Mi sveglio la mattina e mi sento vuoto; ho sempre parlato di questo e più vado avanti nella vita, più vedo che il sentirsi vuoti può solo andare peggiorando. Ho l'ansia se studio e le volte in cui non sto studiando è perché l'unica forza che riesco a trovare è quella che mi permette di stare coricato con gli occhi aperti a guardare il soffitto, eh sì anche lì mi sale l'ansia per non star facendo niente di produttivo o buono nella vita. Prima mi tagliavo e il mio malessere lo sfogavo in qualche modo, avevo tanti sogni e riuscivo ancora ad aggrapparmici. Adesso ho smesso da 8 anni e ogni tanto ci penso. Penso a quanto fosse facile prima piangere per una ragione, sì una ragione che io stesso procuravo ma almeno era una valida ragione. Vorrei andare da uno psicologo ma il solo pensarci mi fa perdere tempo, ultimamente non riesco a trovare il tempo neanche per lavarmi i capelli o per fare le cose più stupide, anche mangiare è diventato difficile figurati parlare con qualcuno. La verità è che lo so quanto questi non siano i veri problemi della vita e so anche che sicuramente questa sensazione di vuoto sono in molti a provarla o che sicuramente tutto questo è solo svogliatezza e basterebbe solo impegnarsi di più. E allora perché se so queste cose non ci riesco comunque? Perché seppur me le ripeta ogni cazzo di giorno la mia mente si blocca e si risveglia dopo ore. A che scopo continuo a vivere se tutte le cose che mi impunto a fare non vanno mai a termine o finisco per rovinare i rapporti con chi ho intorno? Non devi rispondere per forza, volevo solo dire queste cose a qualcuno che forse può capirmi. Non ho detto tutto ma è quanto basta per sentirmi più leggero. Ho provato a parlarne con alcuni ma o mi bloccavo o non riuscivano a capire il mio sentimento, e lo capisco benissimo. Scusa per lo sfogo
Come posso non rispondere a questo sfogo quando percepisco benissimo quello che stai provando in questo preciso istante? Stai vivendo la tua vita tra la corsa e la pigrizia, dove ti sembra di fare troppo ma non stai facendo tanto. Dove il tempo sembra scorrere troppo veloce per le azioni che compi o che stai per compiere. Purtroppo quando arrivi ad uno stadio di malessere interiore così grande, cadi in questo limbo dove diventi una persona appesa tra la vita e la morte su un filo sottile. Il fatto che non riesci a comunicare perché senti di non essere capito, aggrava la situazione. Hai mai provato ad esprimerti in altri modi? Con dei disegni, delle fotografie, dei dipinti, delle canzoni, dei versi? La scrittura e il dialogo non sono sempre l'unico modo per avere vita salva. Non devi permettere alla società di metterti pressione su ciò che devi o non devi diventare nella vita, ricorda che basta già la tua singola esistenza a contribuire allo sviluppo nel mondo, sia nel bene che nel male. Sei riuscito da solo a dedurre la tua posizione e il tuo status mentale e questo non è da tutti, anzi. Hai già la chiave per guarirti, perché ti riconosci, conosci i tuoi errori e il tuo blocco mentale. Ora manca solo la tua forza di volontà nell'applicare il tuo sapere. Ti posso dare un consiglio per alleviare quella sensazione di vuoto. Vai in un parco dove ci sono dei bambini che giocano, o se riesci.. Sarebbe ancora meglio se ti circondassi per un attimo da loro. Osservali bene, cerca di studiare le loro azioni e prova a capire cosa c'è di diverso tra le tue emozioni e le loro. Scatterà qualcosa dentro di te, ne sono certo!
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roxan-world · 3 months ago
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Ci vorrebbe sempre un giorno di riserva.
Per esser sicuri di poter recuperare gli errori.
Per poter fare quella telefonata che non abbiamo mai trovato il coraggio di fare.
Per arrivare di corsa sotto casa sua, con il fiato corto e i capelli spettinati, per chiedere scusa.
Ci vorrebbe un giorno di riserva ♡
Uno solo 🖤
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altri-menti · 3 months ago
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Ci vorrebbe sempre un giorno di riserva per essere sicuri di poter recuperare gli errori. Per poter fare quella telefonata che non abbiamo mai avuto il coraggio di affrontare. Per arrivare di corsa sotto casa sua, con il fiato corto e chiedere scusa. Ci vorrebbe proprio un giorno di riserva. Uno solo.
Paola Felice
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anchesetuttinoino · 23 days ago
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Cercare la verità è legittimo, ma non si può rovesciare la realtà. Al momento che il militare abbia commesso un errore o un reato è un’ipotesi, tutta da dimostrare, benché due testimoni assicurino di aver visto l’impatto tra volante e scooter. Di sicuro, però, c’è che i due ragazzi di Corvetto hanno commesso una sfilza di errori che li ha portati al disastro: uno si è messo alla guida senza patente; entrambi non si sono fermati al posto di blocco; inseguiti dalle sirene, hanno proseguito la loro corsa; quando Ramy ha perso il casco, il primo a dover frenare la corsa doveva essere il giovane alla guida ma non l’ha fatto; inoltre non si sfreccia in quel modo per Milano (se avessero investito una mamma con un passeggino?); e non si imboccano strade contromano. Inoltre, se non lo avesse inseguito, il militare sarebbe incorso in omissione di atto d’ufficio. E questa non è “una narrazione vergognosa”, come dice Ilaria Salis. Ma un dato di realtà.
Via Il Giornale
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orenzel · 1 month ago
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Freddi e distaccati come se li era sempre immaginati; d'altronde quel tipo di telefonate non potevano avere niente di dilecato. Un estraneo che comunicava al padre il ritrovamento della figlia in stato di semincoscienza sul bordo di un marciapiede per overdose da eroina non poteva avere nessun tipo di calore nel tono. "Arrivo subito!" Gridò Michele al telefono. Via di corsa come quando nacque Sara. Cappotto, ingresso, luce, chiavi e porta chiusa alle spalle. Le nuvole avevano completamente coperto il cielo e venivano folgorate da fulmini che a tratti illuminavano la strada. Fu tutto molto veloce e questa velocità era percepibile anche attraverso il motore dell'auto che coi suoi cavalli filava come una barca sul manto dell'acqua, lo stesso manto che la tempesta aveva riempito sulla strada. L'ospedale non era vicino, mancavano una ventina di minuti all'arrivo ma il padre non si preoccupava della distanza, la sua mente elaborava, com'è natura umana, i peggiori scenari senza condizione di replica da parte del giudizio. "È colpa mia cazzo! Mi dispiace... mi dispiace..." prese a colpire il volante con entrambe le mani "...mi avevi promesso che saresti stata lontana da quella merda Sara...mi hai guardato negli occhi cazzo..." in quell'ultimo momento di silenzio dalla radio gli arrivò alle orecchie la voce di Bob Seger Cause you're still the same (still the same) Baby, baby, you're still the same... e quelle parole relegarono la sua mente nei confini della ciclicità di un qualcosa che si ripete in eterno. Il problema è che le persone non cambiano, nel profondo tutto ciò che ruota attorno all'impegno svanisce nell'impulso alla ricerca del passato. Era stato così per Michele, che più di una volta era ricascato tra le gambe della sua amante. La nocività di un qualcosa di proibito alimenta quelle pulsazioni per cui certe persone sviluppano una dipendenza. Per Michele era la sua amante, per Sara la droga; la ripetizione dei loro errori li rendeva uguali, ma forse, in fondo, questa era una codizione umana universale. Some things never change...
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nerudasullalingua · 6 months ago
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FREUD ERA UN CIALTRONE
Le teorie di Freud sono state ampiamente criticate come non scientifiche, e il trattamento dei disturbi mentali si è sempre più rivolto ai farmaci psicotropi e a terapie efficaci come la terapia cognitivo-comportamentale (CBT). L'impatto di Freud sul pensiero del XX secolo è innegabile, ma ha sbagliato quasi tutto. Crews ha avuto accesso a materiali non disponibili ai biografi precedenti. La vasta corrispondenza iniziale tra Freud e la sua fidanzata, Martha Bernays, è stata rilasciata solo di recente e rivela molto sui difetti di carattere di Freud, le sue attitudini sessiste e il suo uso regolare di cocaina. Freud era formato come scienziato, ma si è allontanato, seguendo intuizioni selvagge, scendendo volontariamente nella pseudoscienza, coprendo i suoi errori e stabilendo un culto della personalità che è sopravvissuto a lungo dopo di lui. Il suo lavoro scientifico iniziale era disordinato e mancava di approfondimento. Ha "criticato abilmente le conclusioni premature raggiunte da altri ma non ha mai testato in modo cruciale nessuna delle sue ipotesi". Era pigro, riluttante a raccogliere prove sufficienti per assicurarsi che una scoperta non fosse un'anomalia; generalizzava da casi singoli, usando persino se stesso come caso unico. In un primo articolo, "On Coca", ha dimostrato scarsa erudizione, omettendo riferimenti cruciali, citando riferimenti da un'altra bibliografia senza leggerli e commettendo errori grossolani (sbagliando nomi, date, titoli e luoghi di pubblicazione). Trattava ricchi mondani viziati. Il suo atteggiamento verso di loro era cinico; fornivano una fonte costante di reddito non guarendo, e in un caso tornò di corsa a vedere un paziente per paura che potesse guarire in sua assenza. Aveva poca simpatia per i suoi pazienti; disprezzava attivamente la maggior parte delle persone, specialmente quelle delle classi sociali inferiori. Era un misogino che credeva che le donne fossero biologicamente inferiori. Trattava sua moglie in modo abominevole. Poche delle sue idee erano originali. Plagiava. Prendeva idee dai rivali ma poi le retrodatava e le trattava come proprie. I suoi debiti verso gli altri erano inizialmente riconosciuti, ma "eventualmente soppressi a favore dell'appeal specioso all'esperienza clinica." Era "attivamente evasivo, malizioso e disonesto" nel coprire i suoi errori. Crews riporta molti casi in cui riscriveva la storia, cambiando la narrazione per mettersi in una luce migliore. Inventava cose al momento, cambiando costantemente le sue teorie e metodi senza fare alcun reale progresso verso un trattamento efficace. Se un paziente non era d'accordo con la sua interpretazione ("No, non sono innamorato di mio cognato."), ciò rafforzava solo la sua convinzione di avere ragione. Violava la riservatezza dei pazienti. Se un ex paziente migliorava dopo aver lasciato il suo trattamento, se ne prendeva il merito. Era cieco ai pericoli del bias di conferma.
I redattori delle lettere di Freud e altri documenti erano membri del suo culto e erano disonesti. Il confronto con i documenti originali mostra che cambiavano parole e omettevano passaggi che pensavano lo avrebbero fatto sembrare male. Hanno "nascosto sotto il tappeto le prove più incriminanti." Per esempio, "Delle 284 lettere che Freud scrisse a Fliess, solo 168 erano rappresentate, e tutte tranne 29 subirono alterazioni diplomatiche e spesso silenziose." Uno dei casi fondamentali della psicoanalisi, il prototipo di una cura catartica, fu il caso "Anna O" riportato in un libro di Breuer e Freud. Dissero che era guarita dopo il trattamento di Breuer, ma non era vero. Infatti, peggiorò e fu ricoverata in ospedale. Dopo aver lasciato il trattamento psicoanalitico, migliorò da sola e alla fine condusse una vita di successo come attivista contro il commercio sessuale. (Questo fu interpretato in termini psicoanalitici come un mezzo per desiderare inconsciamente di impedire a sua madre di avere rapporti sessuali con suo padre!) Probabilmente non aveva nemmeno una malattia psichiatrica, ma piuttosto una fisica, neurologica, e molti dei suoi sintomi più inquietanti furono causati dalla dipendenza da morfina che Breuer le aveva inflitto. L'interpretazione del caso da parte di Freud contraddiceva i fatti: o stava mentendo o esprimeva un suo delirio. Trovò il suo vero mestiere come narratore, usando aneddoti dalla sua storia clinica per illustrare come la sua mente fosse "guarita" dalla confusione sull'origine dei sintomi misteriosi. Descriveva avventure dell'intelletto. Il suo orientamento era più letterario che scientifico. Crews dice: "Freud era una sorta di specialista nel cogliere preziose ammissioni da persone che non potevano essere raggiunte per verifiche." La sua "pratica standard era quella di diffamare i suoi ex associati non appena ponevano un ostacolo ai suoi obiettivi."
testo tradotto da chatgpt (se volete la versione originale in inglese è questo il sito)
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multiverseofseries · 6 months ago
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House of the Dragon 2, Episodio 2 Rhaenyra The Cruel: Inchiostro e Sangue
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Dopo lo sconvolgente finale della season premiere, la stagione 2 di House of the Dragon entra nel vivo e tutti i personaggi devono affrontare le conseguenze di quanto accaduto.
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"Un figlio per un figlio": questo era il titolo del primo episodio della (attesissima) seconda stagione di House of the Dragon, lo spin-off de Il Trono di Spade tratto dal romanzo Fuoco e sangue di George R.R. Martin. Un titolo che non lasciava presagire nulla di buono e, dato che ci troviamo pur sempre nel mondo delle Cronache del ghiaccio e del fuoco, non poteva che essere così.
L'elaborazione del lutto
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Rhaenyra è il cuore e l'anima di questo episodio
Forse è uno stratagemma degli autori, Ryan Condal in primis, per farci vedere l'approccio delle due fazioni in gioco per la corsa al Trono di Spade dopo la morte di Re Viserys. Ma resta il fatto che le reazioni dei Verdi e dei Neri a quanto gli è similmente accaduto tra il finale del ciclo inaugurale e l'inizio di questo secondo, sono molto diverse. Se Rhaenyra dopo la morte di Luke prova a tutti i costi a cercare la pace, prima di andare ufficialmente in guerra con il resto della famiglia, il primo istinto di Aegon II (Tom Glynn-Carney) è vendicare la morte del figlio con fuoco e sangue, nonostante il Concilio Ristretto gli consigli di andarci cauto, verificando i propri alleati tra le varie Case ed essendo sicuro di poter battere la concorrenza nel caso attaccassero: "I want to spill blood, not ink" ("Voglio versare sangue, non inchiostro") dice il giovane Re Usurpatore, confermando il proprio temperamento folle e la propria poca lungimiranza.
Non solo: il Concilio pensa ad un carro funebre in cui esporre il piccolo cadavere per ottenere compassione da parte del popolo. Helaena (Phia Saban) non è d'accordo ma aderisce suo malgrado, convinta dalla madre. La giovane vorrebbe che il dolore fosse solo suo e non di tutti, e qui si instaura un parallelismo con i personaggi pubblici, proprio come le famiglie reali moderne e contemporanee: nulla può essere vissuto in privato ma deve diventare "oggetto di tutti". Ognuno dei personaggi reagisce quindi in modo estremamente diverso nella propria elaborazione del lutto.
Verso la Danza dei Draghi
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Alicent convince i figli a partecipare al carro funebre
La proverbiale guerra civile dei Targaryen si fa sempre più vicina non solo perché una morte sta rapidamente succedendo ad un'altra. Ma anche perché vi sono sempre più attriti anche all'interno delle due fazioni nella lotta per la successione al trono. Appena Rhaenyra (Emma D'Arcy) viene a sapere quanto accaduto, infatti, si infuria con Daemon (Matt Smith) e col suo agire impulsivamente che ritorna prepotentemente. La sceneggiatrice Sara Hess aveva promesso che si sarebbe esplorato meglio il rapporto tra zio e nipote: uno dei confronti fondamentali e più appassionanti di questa stagione avviene proprio in questa puntata e fa emergere come, nonostante non lo voglia per sé, allo stesso tempo è come se Daemon non desideri nemmeno che il Trono vada alla moglie, poiché avrebbe voluto che il fratello gliel'avesse almeno proposto. Sono passati molti anni ma è come se lui fosse rimasto lì, sospeso nel tempo. Questo elemento serve a gettare le basi per la nuova storyline del personaggio.
Senso di colpa
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Ewan Mitchell è uno straordinario Aemond
L'emozione cardine dell'episodio, che si intitola Rhaenyra la Crudele, è il senso di colpa. Da una parte quello di Alicent (Olivia Cooke) e Ser Criston (Fabien Frankel) per essere stati impegnati nella loro relazione segreta, lasciando scoperta la Guardia del Palazzo di Approdo del Re e permettendo ai ratti di Daemon di entrare indisturbati ed uccidere il piccolo erede. Mentre la prima cerca di limitare i danni, il secondo continua a dimostrare il proprio voltagabbana mandando in missione qualcun altro per rimediare ai propri errori. Questo porterà ad uno scontro epico e poetico che ancora una volta mostrerà quanto entrambe le famiglie siano sguarnite verso le incursioni esterne, ricordandoci quanto la saga di Martin sia tutta incentrata sugli intrighi di palazzo e su quello che accade in quegli antichissimi corridoi del potere. Dall'altra il senso di colpa di Rhaenyra per aver lasciato che tutto accadesse sotto i propri occhi, preda del proprio lutto, sentendosi chiamare dal popolo "child killer". Ed ecco che arriva la conferma: i buoni e i cattivi sono ancora meno delineati, chiunque è capace di azioni indegne per il proprio tornaconto o per il bene della propria famiglia. Parallelamente c'è il sentimento della vendetta, che acceca molti dei protagonisti facendo perdere loro la bussola morale, se mai ne avessero avuta una.
Tutto in un bordello
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Gli Hightower sopravvivono ad ogni costo
I bordelli sappiamo quanto siano ricorrenti e rivelatori nel mondo di Game of Thrones. House of the Dragon mantiene la tradizione e ne conferma l'importanza attraverso una scena dedicata a Aemond (Ewan Mitchell), in cui non solo l'attore regala una grande performance ma in cui scopriamo anche di più sul suo carattere sadico e vendicativo e sul suo complesso rapporto materno - è interessante notare come sia lui che il fratello abbiano una relazione quasi assente con Alicent. Per non parlare di Otto (Rhys Ifans), talmente impegnato nei propri giochi di potere da passare tranquillamente da un nipote all'altro, pur di ottenere qualcosa per sé: il suo riuscire a cavarsela sempre in qualsiasi situazione, e reinventarsi continuamente, non può che ricordarci Ditocorto. Un figlio per un figlio, certo. Ma anche una colpa per una vendetta, dando ufficialmente il via ad un pericoloso ciclo di morte che sarà davvero complicato provare a fermare.
Conclusioni
Il secondo episodio della seconda stagione di House of the Dragon si conferma un importante tassello che porterà alla cosiddetta Danza dei Draghi. Si parla di elaborazione del lutto, gestita in modo molto diverso dai vari Targaryen coinvolti, ma allo stesso tempo indice di una cattiveria sovrumana, e di senso di colpa che troppo spesso fa rima con vendetta. Parallelamente vengono approfonditi i personaggi di Aemond e di Otto, tra i più calcolatori di tutta Westeros, due “sopravvissuti” che non guardano in faccia a nessuno. Sangue e inchiostro sono le due anime di questa puntata, solo apparentemente statica ma in realtà ricca di suspense e colpi di scena che preparano il terreno per ciò che verrà.
👍🏻
Rhaenyra.
Il senso di colpa e la vendetta come motori dell’episodio.
L’istinto di sopravvivenza di Otto.
👎🏻
Alcune sequenze potrebbero sembrare inutili e riempitive.
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alonewolfr · 9 months ago
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Ci vorrebbe sempre un giorno di riserva. Per essere sicuri di poter recuperare gli errori. Per poter fare quella telefonata che non abbiamo mai trovato il coraggio di fare. Per arrivare di corsa sotto casa sua con il fiato corto e i capelli spettinati, per chiedere scusa. Ci vorrebbe un giorno di riserva. Uno solo.
|| P. Felice
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alessiazeni · 9 months ago
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Capitolo Bonus La Corte Di Fiamme E Argento Feysand
Avviso: Partendo dal presupposto che non ho studiato per diventare traduttrice, quindi ci saranno SICURAMENTE dei possibili errori di traduzione, grammatica, punteggiatura e/o ortografia, questa è la mia versione tradotta in italiano dei capitoli bonus dei libri di Sarah J. Maas.
«Beh, è andata meglio del previsto» ammise Rhys una volta che tutti se n’erano andati, reclinando la testa contro il braccio dell’ampio divano dello studio. Nesta e Cassian erano tornati alla Casa del Vento, dove mia sorella aveva promesso di trovare un modo per iniziare la ricerca del Forziere della Paura. Il mio compagno aggiunse ironicamente “Nonostante il disastro tra Elain e Nesta.”
Ero tornata dalla chiacchierata con mia sorella sul piccolo, il bambino, trovando Rhys sdraiato sul divano, un braccio posato sugli occhi, probabilmente per trovare un momento di pace dopo aver sopportato l’esuberante euforia di Cassian ed Azriel.
Mi sedetti sul divano di fianco a Rhys, alzando le sue gambe muscolose sistemandomi sotto di esse. «Elain ha mostrato un po’ i denti» osservai. «Non me lo sarei aspettato.» O ciò che aveva detto riguardo al suo trauma persistente. Avevo intenzione di parlarne con Nesta, quante volte mi ero concentrata solamente sul mio terrore durante la sofferenza di Elain?
Rhys mi guardò con occhi semi aperti, il ritratto della grazia oziosa. Ma disse lentamente «Come ti fa sentire?» scrollai le spalle, reclinando la testa contro i cuscini «In colpa. Ha addossato tutta la sua rabbia contro Nesta, ma me la merito anche io.»
Elain ed io ci eravamo avvicinate molto dopo la fine della guerra con Hybern. È vero, potrei non essere mai andata a bere qualcosa con lei nello stesso modo in cui lo facevo con Mor e a volte Amren, ma… beh, con un bambino in arrivo, non potevo comunque più bere. E anche se non sono mai corsa prima da Elain con dei problemi o per consigli, avevamo una pacifica, amichevole comprensione. La trovavo una piacevole compagnia.
Mi chiesi se si sarebbe offesa per quel giudizio. Io sicuramente l’avrei fatto.
Rhys chiese «Hai mai visto Elain così?»
«No.» mi morsi il labbro inferiore. Lo sguardo di Rhys seguì il movimento. «Voglio dire, è stata coraggiosa quando serviva, ma non è mai stata polemica.»
«Forse non le è mai stata data la possibilità di esserla.»
Girai la testa verso di lui. «Credi che la stia soffocando?»
Rhys alzò le mani. «Non da sola.» Osservò lo studio mentre pensava. «Ma mi chiedo se tutti hanno costantemente creduto Elain dolce ed innocente, al punto da spingerla a comportarsi così, per non deludere tutti quanti.» Sospirò verso il soffitto. «Con il tempo e la sicurezza, magari vedremo emergere un altro suo lato.»
«Suona pericolosamente simile a quello che Nesta ha detto sul fatto che Elain stia finalmente diventando interessante.»
«Forse Nesta non ha torto.»
Guardai Rhys in cagnesco. «Credi che Elain sia noiosa?»
«Credo sia gentile, e sceglierei sempre la gentilezza alla cattiveria. Ma credo anche che non abbiamo visto tutto ciò che ha da offrire.» Un angolo della sua bocca si alzò. «Non dimenticare che il giardinaggio spesso risulta in qualcosa di bello, ma serve che le mani di qualcuno si sporchino nel frattempo.»
«E che vengano punte da spine» riflettei, ricordandomi di un mattino dell’estate precedente, quando Elain arrivò a casa, il palmo destro sanguinante a causa di diverse ferite causate da un roseto testardo che le aveva bucato i guanti. Le spine le si erano infilate sotto la pelle, lasciando schegge appuntite che dovetti rimuovere.
Non osai menzionare il fatto che se avesse usato i guanti incantati che Lucien le aveva preso per lo scorso Solstizio, niente gli avrebbe forati.
Sospirai, accarezzandomi distrattamente la pancia ancora piatta. «Concentriamoci sull’aiutare una sorella prima di iniziare con l’altra.»
«Concordo.» biascicò Rhys.
Lo fissai. «Dovevi per forza guardare Nesta come se la volessi uccidere, prima?»
Si mise seduto, l’anima dell’innocenza. «Non so di cosa tu stia parlando, Feyre cara.» Si sporse in avanti, l’aria luccicò brevemente quando lo scudo attorno a me venne abbassato. Le sue labbra mi accarezzarono la guancia. «Non farei mai una cosa simile. Devi pensare al tuo altro compagno.»
«Sì. Quello crudele, iperprotettivo, mezzo fuori di testa.» Sorrisi mentre mi baciava la mascella, poi il collo. Mi si piegarono le dita dei piedi.
«Crudele?» mormorò Rhys contro la mia pelle. «Mi ferisci.»
Gli permisi di adagiarmi sui cuscini, assaporando il suo peso mentre si sistemava sui gomiti. «Sembri felice» disse, il suo sorriso dolce e tenero in un modo che in pochi nel mondo fuori Velaris avevano mai visto.
«Sono felice» dissi. «Sono felice che la nostra famiglia possa condividere la nostra gioia.» A prescindere da quanto fosse diventato difficile il rapporto tra me e Nesta, aveva rischiarato qualcosa nel mio petto quando ci aveva fatto le sue congratulazioni.
«Se credi che sono iperprotettivo» disse Rhys, i capelli scuri che gli scivolarono in faccia «allora aspetta solo che Mor torni da Vallahan. Non lascerai mai la casa senza qualcuno che ti accompagni.»
«Credevo che Azriel e Cassian sarebbero stati quelli di cui preoccuparsi.»
«Oh, saranno tremendi. Ma Mor probabilmente aggiungerà un secondo scudo attorno a te e verrà a controllare sei volte al giorno per assicurarsi che mangi e dormi abbastanza.»
Gemetti. «Che la Madre abbia pietà.»
«Hmmm» disse Rhys, gli occhi luminosi mentre giochicchiava con la fine della mia treccia.
Per un lungo minuto, ci sorridemmo a vicenda. Osservai ogni elegante parte del suo volto, ogni punto che risplendeva di calore e felicità che radiavano da lui. «Cassian ha detto che sei stato lunatico. Perché?» 
Credevo a Cassian, ma Rhys non era stato affatto lunatico attorno a me. Ogni volta che il mio compagno mi guardava negli ultimi tempi, solo puro amore risplendeva nei suoi occhi.
Non mi sarei mai scordata il momento in cui avevamo scoperto che portavo in grembo nostro figlio, quel bellissimo bambino che l’Intagliaossa mi aveva mostrato. Ero seduta davanti ad un cavalletto nella galleria, durante la tarda serata, dipingendo un incubo che avevo avuto il giorno prima.
I bambini erano tornati a casa, ed ero restata da sola, il che era inusuale in quei giorni, e mi era rimasta qualche rara energia in eccesso dopo le lezioni. Le cose che i bambini dipingevano spesso mi facevano piangere, anche se ero sempre attenta a nascondere le lacrime. Ma nonostante la quantità di emozioni complesse che quella giornata di lavoro mi aveva scatenato, si era dimostrato gratificante in un modo che non avrei mai potuto immaginare. In un modo che tutta la mia considerevole magia non mi aveva mai fatto provare.
E l’unica cosa da fare con quelle emozioni era dipingerle.
L’incubo mi aveva lasciata sbilanciata tutto il giorno, restando nella mia mente come una specie di livido. Ero tornata Sotto la Montagna, ad affrontare nuovamente la mia seconda sfida, quegli spuntoni irregolari che scendevano per impalarmi se non avessi tirato la giusta leva in tempo. In qualche modo ero tornata analfabeta, incapace di decifrare i segni sul muro, costretta a scegliere a caso la mia salvezza o la mia fine. Rhys mi aveva salvata, allora, ma nel sogno, lui non c’era.
Solo Amarantha era presente, il re di Hybern un’ombra dietro di lei, ed in qualche modo nessuno sapeva dove fossi, che ero stata riportata lì perché lei aveva capito che la prima volta ne ero uscita imbrogliando, e non sarei mai uscita, mai uscita, mai uscita…
Quello era stato l’ultimo pensiero che ho avuto prima di costringermi a svegliarmi, madida di sudore, il cuore che mi martellava nel petto. Rhys si mosse, mettendomi al suo fianco, la sua ala che copriva entrambi, e nonostante mi accoccolai al suo calore ed alla sua forza, il sonno non mi ritrovò.
Quindi attesi finché i bambini non avevano lasciato lo studio quel giorno, prima di prendere una tela nera e la mia tavolozza. Mi preparai una tazza di the alla menta piperita e radice di liquerizia, poi presi il pennello.
Avevo dipinto quell’incubo per quasi due ore, la schiena rivolta alla porta, quando Rhys entrò. Rimase completamente in silenzio. Non era l’appagato silenzio in cui rimaneva a volte mentre mi osservava dipingere. Era puro silenzio scioccato.
Mi girai verso di lui in tempo per vederlo crollare sulle ginocchia.
E poi si mise a piangere e a ridere e l’unica cosa che riuscii a capire dal suo balbettare estatico fu una parola: bambino. Mi alzai dallo sgabello. Stavo piangendo anche io quando mi lanciai tra le sue braccia, buttandoci a terra entrambi, e mi appoggiò una mano sulla pancia, in meraviglia.
Qualcosa era cambiato nel mio odore da quando l’avevo lasciato quella mattina, forse anche da quando se n’erano andati i bambini. Alla fine la vita si era radicata dentro di me.
Restammo stesi sul pavimento, le nostre risate e le lacrime mischiate assieme e, una volta che ci calmammo, lo baciai. I nostri vestiti svanirono subito dopo e lo cavalcai sul pavimento dello studio, lasciando che la luce dentro di me brillò sufficientemente forte da proiettare ombre nella stanza.
Ricominciò a piangere guardandomi muovere, lacrime silenziose che scivolavano lungo la notte stellata da lui emanata, e quando mi inclinai per leccarle via, venne così intensamente da far raggiungere anche a me l’apice del piacere.
Ed ora, proprio come aveva fatto quella volta nello studio, le sue dita iniziarono a tracciare pigri cerchi sul mio ventre, sui seni, già pesanti e doloranti in un modo che non aveva niente a che fare con il desiderio che stava crescendo tra le mie gambe. Era stato uno dei primi segni, oltre il vomito che nell’ultimo periodo era continuativo: i miei seni si erano gonfiati e facevano male.
Rhys fece un cerchio attorno ad uno dei miei capezzoli, che divenne turgido sotto il suo tocco. Lo osservò diventare un rilievo sotto la maglia, come un gatto osserva un topo.
«Rhys» dissi quando la mia domanda rimase senza risposta. «Perché Cassian ha detto che sei stato lunatico?»
Chiuse la bocca attorno ad un mio seno, i denti che mi graffiavano attraverso la maglia. «Non c’è un motivo.»
«Bugiardo.» gli tirai i capelli, costringendolo a tirare su la testa. «Dimmelo.»
Si liberò dalla mia presa e mise il viso contro il lato del mio collo, abbassando il proprio corpo abbastanza da mostrarmi come sarebbe andata a finire. Non riuscii a fermare i miei fianchi dallo scontrarsi con i suoi. Un altro segno: Ero stata tremendamente affamata. E non solo di cibo.
C’erano state notti in cui avevo a malapena aspettato che Rhys entrasse in camera da letto prima di strappargli i vestiti di dosso, prima di crollare sulle ginocchia per prendere in profondità nella mia bocca il suo membro, o chiedergli di scoparmi contro il muro. C’erano giorni interi in cui scoprivo di avere bisogno di averlo dentro di me, che usai i miei poteri da daemati per chiedergli di incontrarmi alla casa di città per pranzo, dato che era più vicino allo studio, rispetto alla nostra nuova casa.
Quella adorabile, perfetta casa che avevamo costruito, con una camera per bambini che, volesse il Calderone, sarebbe stata occupata verso la fine della primavera.
Rhys fece combaciare la mia interminabile fame con la sua. A volte lo facevamo lentamente, assaporando ogni centimetro dell’altro, l’incarnazione di quello che significa fare l’amore. Altre volte, solitamente, erano pure, rudi scopate. Solo quella mattina, ero stata così assalita dal desiderio che eravamo a malapena riusciti a fare colazione in privato nella nostra stanza, prima che gli andassi sopra cavalcandolo fino a che non restammo entrambi privi di sensi dal piacere.
Chiesi a Madja a riguardo il giorno precedente, se fosse una cosa… normale volerlo così tanto.
«Sì» aveva risposto, con gli occhi che luccicavano. «Molte gestanti non ne parlano, ma ha a che fare con l’essenza alterante del tuo corpo. Non so dirti perché succede, ma è normale. Goditi ogni momento.»
Rhys disse contro il mio collo «Sono stato lunatico perché non ho dormito.» Mi leccò lungo la gola e la sua mano si fece strada nei miei pantaloni. Non lo fermai, non quando le sue dita trovarono l’umidità che lo attendeva. Emise un ringhio soddisfatto. «Visto?»
Sapevo che stava cercando una copertura e lo lasciai fare. Avevo imparato che Rhys mi avrebbe detto cosa lo preoccupava quando sarebbe stato pronto a farlo. Forse Cassian aveva interpretato male il suo comportamento, forse era rivolto verso mia sorella.
Sapevo che era improbabile.
Ma mentre Rhys fece scivolare le sue dita dentro di me, seguendo un perfido ritmo lento, lasciai stare. Era sempre stata una parte della nostra amicizia: darci a vicenda il tempo di decidere quando eravamo pronti a parlare.
E poi c’era il nostro accordo finale, marchiato con l’inchiostro su di noi da quando avevamo sconfitto Hybern… Gli diedi un bacio profondo, la lingua che si aggrovigliava alla sua. Non avremmo passato un momento in questo mondo senza l’altro. Potevo solo pregare che il nostro bambino, un giorno, trovasse un amore del genere.
Rhys mi portò sull’orlo dell’orgasmo e poi la sua mano ed i miei vestiti sparirono. Si sbottonò i pantaloni con tremenda lentezza, guardandomi in faccia mentre liberava la sua considerabile lunghezza. Continuò a guardarmi per tutto il tempo mentre scivolava dentro di me in un’unica, potente spinta, sembrava assaporare ogni mio gemito e supplica senza fiato mentre si muoveva dentro di me.
Come se lo stesse memorizzando, tutto quanto.
Quando fummo entrambi ansimanti, il viso di Rhys ancora affossato contro il mio collo, le mie dita che si aggrovigliavano pigramente nella sua maglia madida di sudore, dissi «Sembra reale ora che anche gli altri lo sanno.»
Rhys sapeva a cosa mi riferivo. «C’è ancora una persona de informare.»
Sorrisi, tirandogli i capelli per costringerlo a guardarmi. Rhys obbedì, guardandomi in faccia. «Vuoi essere te a dirlo a Mor o posso farlo io?»
Lui la conosceva da più tempo, ma io la consideravo la mia più cara amica.
Una sorella, forse anche più di quelle che avevo già.
«Credo che dovremmo lasciare che glielo dica lui» disse Rhys, indicando la mia pancia.
Alzai un sopracciglio. «Come?»
Sorrise ironicamente. «La prossima volta che Mor sarà a casa, lasceremo scendere lo scudo attorno a te. Vediamo quanto ci vuole prima che ti senta. E che senta lui.»
Ricambiai il sorriso. «Mi piace.» Già desideravo avere modo di catturare la faccia di Mor in quel momento. Feci scorrere una mano lungo i capelli setosi di Rhys. «Hai qualche nome in mente?»
Rhys fece un sorrisino. «Oh, sì.»
«Non mi fido affatto di quel sorriso.»
«Perché?» si tirò indietro e con un’ondata della sua magia, ci trovammo entrambi puliti. Repressi la crescente fame che mi si era scatenata guardandolo risistemarsi nei pantaloni. «Non gli darei mai un nome ridicolo.»
«Non ti credo.» Gli toccai il naso. «Il tuo cognome…»
«Non parliamo del mio cognome» disse, mordicchiandomi la punta del dito.
Risi. «Va bene.»
Ma i suoi occhi si oscurarono «E se lo chiamassimo come tuo padre?»
Il mio cuore si tese. «Ti andrebbe davvero bene?»
«Ma certo.»
Dovetti inghiottire il nodo che mi si era formato in gola mentre mi tirai su per sedermi, fronte a fronte con lui. «Magari come secondo nome, ma… no. Voglio che nostro figlio abbia un nome suo.»
Nostro figlio. Le parole erano strane, ma splendide sulla mia lingua.
Rhys annuì, il viso si addolcì, come se le parole avessero commosso anche lui.
Potevo già vedere il padre che sarebbe diventato, lo vedevo ridere mentre lanciava il nostro bambino per aria, lo vedevo sonnecchiare con il bimbo su quel divano, un libro aperto sulle gambe. Nostro figlio non avrebbe mai, neanche per un istante, dubitato di essere amato ed apprezzato. E Rhys sarebbe andato fino alla fine del mondo per proteggerlo.
Sorrisi a quel sogno ad occhi aperti, le mani che già volevano disegnare quelle scene.
Rhys emise un mormorio di contemplazione. «Che ne dici di Nyx?»
Sbattei le palpebre. «Nyx?»
Rhys indicò una delle pareti di libri nello studio. Un tomo rilegato in pelle fluttuò verso le sue dita aperte. Senza dire una parola aprì su una pagina e me lo passò.
Lessi il testo all’interno. «Un’antica dea della notte?»
«Più o meno dei tempi del Forziere, in realtà» disse Rhys. «È per lo più dimenticata, ora, ma mi piace come suona il suo nome. Perché non usarlo per un maschietto?»
«Nyx» riflettei ancora, il nome che riecheggiava nel silenzio dello studio. Mi passai un dito tatuato sulla pancia. La mano di Rhys si sovrappose alla mia ed entrambi sorridemmo alla piccola vita che si stava formando nel mio corpo.
«Nyx» dissi un’ultima volta, e avrei potuto giurare che un potere baciato dalla notte emerse in risposta.
Rhys trattenne il respiro, come se avesse sentito anche lui quel nucleo di potere.
Insieme, guardammo le nostre mani congiunte, il mio ventre sotto di esse.
Insieme, guardammo nostro figlio, ed offrii i miei silenziosi ringraziamenti alla Madre per il bellissimo futuro che era sbocciato di fronte a noi.
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canesenzafissadimora · 7 months ago
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Ci vorrebbe sempre un giorno di riserva.
Per essere sicuri di poter recuperare gli errori.
Per poter fare quella telefonata che non abbiamo mai trovato il coraggio di fare.
Per arrivare di corsa sotto casa sua
con il fiato corto e i capelli spettinati,
per chiedere scusa.
Ci vorrebbe un giorno di riserva. Uno solo.
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Paola Felice
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puravida95 · 11 months ago
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Bisogna aver paura di affrontare le situazioni.
Bisogna urlare a squarciagola e piangere fino ad avere i polmoni che fanno male.
Bisogna essere insicuri e fare errori su errori.
Bisogna dire tutto ciò che conta anche se nessuno lo ascolta.
Bisogna lottare per cambiare chi siamo anche se restiamo come siamo
Bisogna stare soli quando non si vuole ridere in coro
Bisogna odiare chi abbiamo amato e amare chi abbiamo odiato
Bisogna tentare di fare errori diversi anche se facciamo sempre lo stesso
Bisogna toccare il fondo prima di risalire, perché quando ti rialzerai e prenderai la corsa, a fine traguardo sarai sudata, stanca, non ci avrai creduto 1000 volte, ma quando sarai lì..
Ti girerai e quando guarderai indietro avrai capito che tutto questo, le cose successe e gli errori commessi, sono il riflesso di quello che oggi sei diventata. Una persona unica.
Semplicemente tu.
@puravida95
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seduction-fatale78 · 1 year ago
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Ci vorrebbe sempre un giorno di riserva. Per essere sicuri di poter recuperare gli errori. Per poter fare quella telefonata che non abbiamo mai trovato il coraggio di fare. Per arrivare di corsa sotto casa sua con il fiato corto e i capelli spettinati, per chiedere scusa. Ci vorrebbe un giorno di riserva. Uno solo.
Paola Felice
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