#Emily DeVoti
Explore tagged Tumblr posts
pangeanews · 5 years ago
Text
“È stato l’ultimo dissidente, una specie di Teresa d’Avila della fantascienza”. Su Philip K. Dick
La postura sciamanica – anzi, religiosa. Questo affascina, contorce, conturba. Il fatto, ad esempio, che non si parli di opera aperta, ma continua. Un dato. Nel 1954 pubblica 28 racconti e scrive 3 romanzi. Se è per questo, nel 1964 di romanzi ne scrive 6, tra cui Le tre stimmate di Palmer Eldritch e Deus Irae con Roger Zelazny (a cui vanno aggiunti 11 racconti pubblicati). Il dato numerico, in questo caso, misura, parzialmente, l’entità mistica dell’opera di Philip K. Dick. Cosa intendo? Chiamatela “preghiera continua” – senza speculare troppo, pigliate i Racconti di un pellegrino russo (testo più che devoto, pericoloso, che fa pericolante l’anima, la volontà), edizione Bompiani o Città Nuova o Qiqajon o cosa vi va, e capite tutto. Insomma, Dick coltiva la scrittura perpetua, fino a frangerla in orazione, non tanto per forgiare il proprio “immaginario” – per viverlo, piuttosto. In effetti, chi legge Dick lo legge per quello: entrare nella sua testa, restare impaniato in un universo autonomo, autentico. E ciò si attua per dedizione e azzardo. Poligrafo, eremita del verbo, visionario, allucinato pioniere di verità arcaiche, Dick ha scritto cancellandosi. È stato, lentamente, riscoperto, dal cinema, dall’editoria: in Italia, l’editore Fanucci vive, con talento, sulle sue opere, ristampate con costanza monastica – già sei quest’anno, da Ma gli androidi sognano pecore elettriche? a Confessioni di un artista di merda. Negli Usa l’ultimo dei sovversivi, il dissidente letterario, l’uomo che ha capovolto l’icona dello scrittore ‘romantico’ – più che concentrarsi in una sola opera, rivelativa, si è frantumato in centinaia, frutto di un estremismo implacabile – è diventato un ‘classico’, che paradosso. Nella prestigiosa Library of America le sue opere stanno al fianco di Emily Dickinson e John Dos Passos, tra Raymond Carver e T.S. Eliot e Ralph Waldo Emerson. Ne sarebbe felice? Chissà, vero è che l’America ingurgita e partorisce miti. Dick è antologizzato in tre volumi della LOA, Four Novels of the 1960s (dove sono raccolti anche Ubik e Do Androids Dream of Electric Sheep?), Five Novels of the 1960s & 70s e Valis & Later Novels. I libri sono curati dallo scrittore Jonathan Lethem – ben tradotto da noi, ora in catalogo La Nave di Teseo – di cui minimum fax ha pubblicato la raccolta di saggi Crazy Friend. Io e Philip K. Dick. Qui Lethem dice qualcosa intorno al talento narrativo di Dick. Inesplicabile sottraendo i concetti di rischio e ossessione, che vanno percorsi con ferocia lunare. (d.b.)
***
Di tutti gli scrittori di fantascienza del ventesimo secolo, perché Philip K. Dick è colui che – a giudicare dalla ristampa dei suoi romanzi e dei film tratti dalle sue opere – ha catturato maggiormente l’immaginazione popolare?
È popolare in un modo diverso rispetto a qualsiasi altro scrittore. L’ho battezzato come il Lenny Bruce della fantascienza. Venendo dalla stessa tradizione e usando gli stessi materiali di altri scrittori di fantascienza era, in un certo senso, la risposta di quest’ultima alla Beat Generation. Era l’ultimo outsider, l’anticonformista, il dissidente. All’epoca in cui entrò nell’ambiente, la fantascienza era interessata ai veri sviluppi scientifici, al potenziamento dell’esplorazione spaziale e a una cognizione super-razionale. Al contrario, Dick era in sintonia con l’inconscio, l’irrazionale, il paranoico, l’impulsivo. Le sue storie avevano una natura selvaggiamente allucinatoria che trattava come se fosse razionale. Oggigiorno le storie degli altri scrittori di fantascienza non sono così razionali come si sosteneva. Erano, piuttosto, in preda a un’immaginazione favolosa o alla realizzazione del proprio desiderio. Stavano scrivendo fiabe, per lo più. Ma Dick si è impegnato nel modo più diretto narrando il ritorno del terrore e dell’irrazionale nella società tecnologica contemporanea. Ecco perché la fantascienza era importante per cominciare: la fantascienza nel suo modo goffo, sdolcinato e parziale stava prendendo il toro per le corna.
Era solo in questo ruolo oppure faceva parte di un movimento?
All’inizio faceva parte di un gruppo di scrittori piuttosto noti, i Galaxy writers, chiamati così perché avevano pubblicato i loro racconti sulla rivista Galaxy. Robert Sheckley, Frederick Pohl, Cyril Kornbluth, William Tenn e molti altri, stavano spingendo la fantascienza verso un uso maggiore del commento satirico e sociale. Usavano la satira per mostrare alcune trappole, paradossi e perversità del capitalismo di consumo. Dick partecipò a questo movimento e continuò a essere un acuto critico del tardo capitalismo. Intuì la potenza pervasiva dell’era della pubblicità per la coscienza, ad esempio. Quello che ha fatto Dick è stato prendere le tendenze di questo movimento attratte dalle critiche sociali e aggiungere ad esse questa qualità quasi insopportabilmente personale, emotiva, intima. I suoi personaggi non vivono solo in futuri paranoici, ne sono completamente in balia. Un universo assurdo e surreale, come talvolta potevano essere le immagini e le idee dei suoi libri, che Dick analizzava sempre in modo accurato. Le difficoltà dei suoi personaggi non sono mai state divertenti per lui, bensì straordinariamente terrificanti. Questo è ciò che lo rende così distinto, non solo da altri scrittori di fantascienza, ma anche da altri scrittori postmoderni a cui potrebbe essere associato, come Thomas Pynchon, Kurt Vonnegut, Donald Barthelme e Richard Brautigan, che hanno lavorato su materiali paradossali e fantastici. Dick si dedica alle sue visioni con un’intensità emotiva diversa da qualsiasi altro scrittore. Scava più a fondo fino ad arrivare, nelle situazioni narrative edificate nei suoi romanzi, a una scelta di vita o di morte. I suoi libri hanno sempre questa duplicità: c’è uno strato di inventiva satirica o fantastica – una tra le più grandi idee di tutta la storia letteraria – ma c’è anche questo interesse emotivo e personale. Mette sempre a rischio tutto ciò che ha. I personaggi sono profondamente vulnerabili, imperfetti e in balia delle situazioni che vivono.
Questo accade perché c’è meno distacco tra Dick e i suoi personaggi?
C’è un sottile distacco tra Dick e i suoi personaggi. Tutto questo riguarda il fatto che Dick era uno scrittore impulsivo, esplosivo, prolifico e non aveva assolutamente il controllo della scrittura. Questo è il motivo per cui c’è una variazione nella prosa ed è anche il motivo per cui alcune persone trovano in qualche modo imbarazzante la sua scrittura. Scriveva con una sorta di intensità visionaria priva di convenevoli, ripensamenti e revisioni che si potrebbe desiderare che uno scrittore necessitato a fare.
Molti scrittori – penso a Robert Heinlein e Stephen King – ricevono questa critica: le loro idee sono migliori della loro scrittura. Eppure la prosa di Dick sembra godere di una cura speciale…
È uno scrittore così profondamente umano e intelligente, Dick, così impegnato, che la prosa trasmette un’enorme quantità di significati, anche nella sua forma più imbarazzante. Direi che i quattro romanzi raccolti in Four Novels of the 1960s sono tra i più realizzati, i meno infelici fra tutte le sue opere. Ubik, che potrebbe essere il suo capolavoro, ha nei primi capitoli del materiale dispersivo, che fa perdere tempo e un po’ scoraggia il lettore profano. Per questo motivo quando consiglio a qualcuno il lavoro di Dick, dico che il secondo libro diventerà il loro preferito. Per sempre. Qualunque esso sia. Ne hanno letto uno e dicono: “Oh, questo è un po’ strano, un po’ bizzarro. Voglio leggerne un altro”. Poi in qualche modo si spostano nell’ottica in cui lavora lo scrittore e diventano dei devoti.
Questi sono i quattro romanzi migliori di Dick?
Se si deve scegliere un solo decennio emblematico del suo lavoro, allora bisogna prediligere gli anni ’60. Questi anni rappresentano il vertice della sua carriera, ma in quel decennio ci sono almeno altri quattro romanzi affini ai quelli scelti: Cronache del dopobomba, Illusione di potere, Labirinto di morte, Noi marziani. Questi sono tutti romanzi superbi, singolari e completamente realizzati e tutti degli anni ’60, un decennio incredibilmente prolifico in cui Dick ha scritto altri dieci o dodici libri. Questo volume comincia con il miglior libro introduttivo: La svastica sul sole. È un libro che attira i lettori ed è il più avvincente, in particolare per un lettore non di genere. È un’opera straordinariamente appassionante e scrupolosa, ma non è il sogno ad occhi aperti di qualcuno che si è appena chiesto cosa succederebbe se i nazisti avessero vinto la guerra. Tutti i personaggi nazisti minori sono studiati. Dick ha scritto questa realtà quasi come un’alternativa agli studi accademici.
Come spiega la straordinaria produzione dello scrittore?
Merito, in parte, delle anfetamine. Pensare a Dick biograficamente e pensare alle sue abitudini di scrittore può essere affascinante e sconcertante perché nessuno potrebbe spiegare la qualità torrenziale del suo lavoro. Ci sono diverse cose che si possono indicare, ma sono tutte spiegazioni parziali. Le anfetamine sono una di queste spiegazioni. Ci sono buoni motivi per chiedersi se soffrisse di un raro disturbo neurologico chiamato epilessia del lobo temporale, che ha associato esperienze visionarie involontarie alla grafomania – scrittura frenetica, scrittura compulsiva. Se si vogliono fare alcune diagnosi speculative, ci sono delle connessioni con altri mistici e visionari religiosi sono noti per la loro scrittura ossessiva come, per esempio, Santa Teresa d’Avila. Ebbe visioni straordinarie e poi trascorse anni a scrivere infinite spiegazioni di queste visioni in crisi di grafomania. Dick è una figura molto provocatoria a cui pensare in questi termini. È un personaggio esemplare per la strana intensità auto-didattica del suo lavoro.
Nel suo saggio, “You Don’t Know Dick”, racconta le proprie esperienze giovanili rintracciando rare copie fuori stampa di libri tascabili di Dick nelle librerie di Brooklyn. Chi scopre Dick per la prima volta nell’edizione della Library of America vivrà chiaramente un’esperienza completamente diversa…
È una cosa incredibile pensare al viaggio che questo scrittore ha intrapreso. Non si può fare a meno di desiderare che possa in qualche modo sapere che cosa stia succedendo. Era la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80, vivevamo in un mondo diverso, molto meno dickiano di ora. La cosa straordinaria del suo lavoro è quanto il mondo lo abbia raggiunto, aderendo alle sue visioni. Questo è vero in senso generale: l’iconografia della fantascienza, i tipi di materiali, le immagini e le metafore che Dick stava esplorando sono abbastanza comuni nella cultura di oggigiorno. Tutti sono al corrente su cosa sia un androide. Non è esotico. Fa semplicemente parte del vocabolario della cultura. Trenta o quarant’anni fa, non era così. Ma anche, in modi intensamente particolari e peculiari, le visioni di Dick – sebbene non fosse interessato ad essere uno scrittore profeta –, le sue intuizioni sul futuro media, sulla cultura commerciale, erano infallibili. Viviamo in un mondo pieno di pubblicità invasiva che colonizza la mente, nel pieno del marketing virale che aveva predetto quando sembrava assurdo farlo. Viviamo davvero nel suo universo e, in un certo senso, nel suo cervello. Chi lo leggerà per la prima volta, troverà così tanto sul mondo in cui viviamo, in una forma peculiare e strana, ma lo troverà assolutamente pertinente e attuale.
Come vedeva se stesso Dick?
Domanda molto complicata. Aveva tremende e contrastate aspirazioni di essere riconosciuto come scrittore letterario, letterato, tanto da considerarsi fallito in questo senso. Tuttavia, in altri modi, sentiva di aver realizzato – e giustamente – grandi cose in questa forma disprezzata e che non erano state riconosciute. A volte crede di aver compreso ciò che nessuno ha visto, altre di aver perso tutte le sue possibilità. Talvolta era provocatorio e orgoglioso della fantascienza, un antidoto al conformismo, alla docilità e alla tendenza del mainstream a non esaminare lo status quo. Si sentiva un ribelle ed era orgoglioso di esserlo. Non era particolarmente interessato a preparare le persone al futuro o a predire il futuro. Era un fantasista e un narratore e le sue estrapolazioni erano satire del presente piuttosto che previsioni. Eppure, paradossalmente, nella loro accuratezza, nella loro vividezza, nei suggerimenti della realtà che vide incorporati nel mondo degli anni ’50 e ’60, estrapolandoli e satirizzandoli, predisse il futuro in modo accurato.
Dick si considerava un innovatore?
Penso che il radicalismo nel suo lavoro non operi nel modo in cui gli scrittori o i critici di solito pensano allo stile. Ma c’è un radicalismo formale nel suo lavoro, nel modo in cui ha strutturato i suoi romanzi, in cui ha composto le scene, in cui fa evolvere i racconti, in cui confonde diversi tipi di materiale, toni differenti come la tragedia e la satira: questo è il livello nel quale c’è uno sforzo cosciente, orgoglioso, sperimentale, radicale e innovativo. Non è esattamente quello che si pensa normalmente come stile. È più una questione di forma.
Dick si considerava parte di una tradizione americana di scrittura fantastica risalente a H. P. Lovecraft?
Quando, a metà degli anni ’30, gli scrittori di fantascienza iniziarono ad articolare il genere, trassero un po’ di forza dalla consapevolezza degli scrittori horror e fantasy lovecraftiani. Si sono anche definiti in qualche modo in opposizione. L’horror era un tipo oscuro e onirico di scrittura, mentre gli scrittori di fantascienza pensavano che stessero facendo un tipo di scrittura lucido e ottimista. Questa opposizione potrebbe non sembrare così semplice in retrospettiva. Erano tradizioni alleate, alleate dalla loro differenza sulla credibilità letteraria. Dick non ha mai fatto commenti specifici su Lovecraft di cui sono a conoscenza. Ci sono alcune profonde tendenze che hanno in comune. Dick si dilettava in quello che gli scrittori di fantascienza dell’epoca consideravano il genere fantasy. C’è un romanzo, La città sostituita, e alcuni racconti abbastanza realizzati – in particolare, “Il re degli elfi” e “La cosa-padre” – dove Dick sta deliberatamente scrivendo come uno scrittore fantasy o horror piuttosto che come uno scrittore di fantascienza. Dick li avrebbe pensati più come una migrazione consapevole attraverso una “membrana” in un altro campo di operazioni. Queste tradizioni ora sembrano così correlate tra loro che queste distinzioni non sembrano così importanti.
Adesso Dick è molto popolare tra i produttori cinematografici. All’epoca, invece, lavorava con molti scrittori di fantascienza – come Ray Bradbury e Rod Serling – che stavano producendo sceneggiature per la televisione. Dick ha mai vissuto questa esperienza?
Ci ha provato alcune volte perché, per un artista affamato com’era, quello gli sembrava un buono pasto. Eppure non aveva la capacità di calzare il suo stile selvaggio e visionario nella trasposizione in formato televisivo di 30 minuti. I suoi pochi tentativi furono piacevolmente senza speranza. Ha scritto solo una sceneggiatura, un adattamento di Ubik. Ancora una volta, un esperimento senza speranza. Tra i suoi articoli sono stati trovate alcune sinossi per programmi tivù in cui stava ovviamente cercando di commercializzarsi, ma sono troppo eclettici, ellittici, pieni di dettagli. Non poteva semplificare il contenuto al livello che sarebbe stato necessario. Il suo stile compositivo non ha a che fare con le serie televisive di fantascienza degli anni ’60 che ricordiamo.
*L’intervista è stata originariamente pubblicata qui; la traduzione è di Caterina Rosa
L'articolo “È stato l’ultimo dissidente, una specie di Teresa d’Avila della fantascienza”. Su Philip K. Dick proviene da Pangea.
from pangea.news https://ift.tt/3ePdHN0
1 note · View note
larryland · 6 years ago
Text
2019 W.E.B. Du Bois Legacy Festival Opens with Staged Reading of "Beyond the Veil"
2019 W.E.B. Du Bois Legacy Festival Opens with Staged Reading of “Beyond the Veil”
(Great Barrington, MA) On January 25th at 7:00pm, the Town of Great Barrington’s W.E.B. Du Bois Legacy Committee will launch the 2019 Du Bois Legacy Festival with a staged reading of Beyond the Veil, written by Emily DeVoti, directed by Regge Life, and performed by Shakespeare and Company at the Mahaiwe Performing Arts Center(14 Castle Street, Great Barrington). The evening’s lead sponsor is…
View On WordPress
0 notes
terrecorse · 4 years ago
Text
Territoriales 2021 : "Campà Megliu in Corsica-Vivre Mieux en Corse"
Tumblr media Tumblr media
Les candidates et candidats de la liste présentée par le PCF (Photo du Haut Ajaccio photo du bas Bastia)
Présentation originale en 2 lieux différents pour tenir compte des mesures sanitaires mais avec une liste de 63 noms. La première à ce jour.
"Campà Megliu in Corsica-Vivre Mieux en Corse", nous faisons le choix d’intituler ainsi la liste de la gauche sociale et écologiste, à partir de cette phrase que l’on entend souvent dans la rue : « un si pò piu campà, on n’en peut plus ».
C’est une protestation qui nous parle, qui parle aux Corses !
Ecouter cette parole qui vient du peuple, c’est pour nous la meilleure façon d’aborder cette élection et de la relayer sur le terrain politique, le lieu où elle doit trouver un écho et des éléments concrets de réponse.
Ce mot d’ordre « Campà megliu in Corsica, Vivre mieux en Corse », est d’une actualité brûlante. Aggravées par la crise sanitaire, les inégalités explosent, en Corse comme ailleurs ! La pauvreté s’étend. Les responsables publics sont interpellés.
Faute d’orientations clairement inscrites dans les besoins populaires, la déception et la résignation risquent d’éloigner les citoyens des urnes ou de dévoyer leurs colères légitimes vers des impasses politiques.
Nous voulons offrir des perspectives de résistances et de luttes à toutes celles et à tous ceux qui souffrent, qui en ont assez des querelles politiciennes et du matraquage idéologique en lieu et place de la justice sociale et de l’efficacité économique. Ouvrir une perspective de changement social et écologique, c’est le sens de notre engagement de communistes, de citoyen-ne-s de sensibilités de gauche et écologistes, de militants syndicaux et associatifs, et de simples citoyens de gauche.
Notre liste s’appuie sur de jeunes candidates et candidats pour qui c’est souvent le premier engagement public à l’échelle du territoire insulaire, aux cotés d’autres plus anciens. Elle exprime le renouvellement. Elle est riche de personnalités diverses, actives dans le domaine syndical ou associatif, et pleinement inscrites dans les batailles de notre temps, sociales, écologistes, culturelles, antiracistes, féministes porteuses d’espoir.
Elle rassemble parce qu’elle ressemble aux Corses qui aspirent à une juste répartition sociale des richesses produites, à accéder aux créations culturelles et exigent une ambition politique à la hauteur des enjeux environnementaux de préservation des ressources naturelles et de la planète.
Elle rassemble parce qu’elle ressemble aux combats démocratiques et progressistes ceux d’une gauche qui résiste à l’ultra libéralisme.
Candidates et candidats sur cette liste, communistes ou non, elles et ils, comme leurs engagements quotidiens le montrent, proposent d’agir avec celles et ceux qui veulent "Vivre mieux en Corse-Campà megliu in Corsica".
Cette force politique utile à gauche et au peuple doit être présente à l’Assemblée de Corse.
                                                                       Bastia Ajaccio le 02 05 2021
Site internet : michelstefani2021.com/michelstefani2021.corsica
Liste "Campà megliu in Corsica-Vivre mieux en Corse"
1 STEFANI Michel Ancien Conseiller Assemblée de Corse et président des Chemins de Fer (SAN MARTINO)
2 AMZIANE Anissa-Flore Directrice adjointe association environnement (AJACCIO)
3 ALARIS Nicolas Directeur camping social Conseiller municipal de SARTENE
4 OLIVESI Josépha Conseillère Principale d’Education (BASTIA MOCA CROCE)
5 PERRAUDIN Julien Postier Syndicaliste Conseiller municipal de BARBAGGIO
6 SORO Catherine Secrétaire ancienne attachée de groupe Assemblée de Corse (CARGESE)
7 MUSELLI-COLONNA Pierre-Ange Privé d’emploi (AJACCIO)
8 CONTRUCCI Marie-Jo Cadre de santé militante associative (FURIANI)
9 ROSSI Pascal Enseignant militant associatif (LINGUIZZETTA)
10 SOGNO Emilie Auto-entrepreneuse esthéticienne (CUTTOLI-CORTICCHIATO)
11 LEROY Marc-Antoine Assistant d’éducation (ALATA)
12 MEDAILLE Karine Employée Syndicaliste (VENZOLASCA)
13 MARIANI Emmanuel Infirmier hospitalier BASTIA
14 MONDOLONI Jeanine Ancienne directrice d’école Conseillère municipale de SARTENE
15 SANTAMARIA Mickaël Agent CCAS Syndicaliste (AJACCIO)
16 VIGNAROLI Annonciade Retraitée enseignement (VALLECALLE HAUT NEBBIU)
17 FAZZINI Maxime Agent EDF Ancien élu Assemblée de Corse des jeunes (FURIANI)
18 TARQUINY Sophie Chirurgienne-dentiste (PIETROSELLA CALENZANA)
19 TRAMONI Michel Maire de BILIA
20 MAZEAU Sandrine Aide à domicile Syndicaliste (BASTIA)
21 BERNARD Nicolas Ouvrier manufacture Syndicaliste (MOROSAGLIA)
22 LOVIGHI Catherine Cadre Activités Sociales de l’Energie (SARTENE)
23 BASTELICA Etienne Conseiller municipal d’AJACCIO Ancien Président de groupe Assemblée de Corse
24 MASON Séverine Infirmière hospitalière Syndicaliste (BASTIA)
25 BARTOLI Auguste Docker Syndicaliste (BIGUGLIA)
26 BIANCARELLI Viviane Educatrice spécialisée Ancienne conseillère Assemblée de Corse (PORTOVECCHIO)
27 FERRANDINI Jean-François Agent EDF Syndicaliste Conseiller municipal de PETRETO-BICCHISANO
28 LUCIANI Marina Agent territoriale Ancienne conseillère municipale de BASTIA
29 USAI Gilbert Professeur de musique (BASTIA)
30 AGOSTINI Hélène Directrice de camping social (PORTO-VECCHIO)
31 CHIOCCA Laurent Artisan forestier (TASSO)
32 PRUVOT-ROL Sonia Enseignante Militante associative environnement biodiversité Ancienne conseillère Assemblée de Corse (SISCO)
33 BONFANTI Joseph Postier Syndicaliste (BASTIA)
34 FIORI Marie-Pierre Agent hospitalier Syndicaliste (AJACCIO-CALACUCCIA)
35 JOURDAN-MURACCIOLE Antoine Ouvrier menuisier (AJACCIO)
36 MINICUCCI Manon Préparatrice en pharmacie (SISCO)
37 PENCIOLELLI Jean-Marc Conseiller Principal d’Education (CORTE)
38 RASORI Marina Animatrice socioculturelle (SARROLA-CARCOPINO)
39 MURRONI Baptiste Coach sportif (ALATA)
40 MORACCHINI Marie-Ange (TALASANI) Cadre commerciale SNCM ancienne conseillère municipale BASTIA
41 TOMEI Louis Agent territorial Syndicaliste (BASTIA)
42 BARTOLI Françoise agent fonction publique territoriale militante associative (BASTELICACCIA)
43 MATTEI Jean-Marie Agent de la Poste Syndicaliste (AJACCIO-Plaine de CUTTOLI)
44 DEVOTI Toussainte Ancienne adjointe au Maire de BASTIA militante associative
45 GUGLIELMACCI Dominique Retraité SNCM (CALVI)
46 MERCURI Angèle retraitée fonction publique territoriale (AJACCIO)
47 BIONDI Jean-Michel Syndicaliste (AJACCIO-LETIA-VENACO)
48 FILIPPI Valérie Infirmière (ROGLIANO)
49 GIL Jean-Jacques Intermittent du spectacle (BASTIA)
50 PIMENOFF Natacha Ancienne conseillère municipale d’AJACCIO Ancienne Vice-présidente de la CAPA
51 AMIDEI Jean Louis Infirmier libéral Ancien adjoint au maire d’AJACCIO
52 POMMEPUY Eve Employée (BASTIA)
53 DELAVALLE Pierre-Jean Militant associatif Président association RUTONE (AJACCIO-GHISONI)
54 PASQUA Christiane Cadre Education Nationale (CAURO- AJACCIO)
55 ZEDDA Louis Agent territorial (SARTENE)
56 DEVICHI Gisèle Retraitée enseignement (CARDO)
57 RIOLACCI Francis Ancien adjoint au Maire de BASTIA
58 POLI Marthe Agent hospitalier EHPAD de GUAGNO Ancienne conseillère municipale d’AJACCIO
59 LUCIANI Paul Antoine Ancien 1er Adjoint d’AJACCIO Ancien Président de groupe à l’Assemblée de Corse
60 BERTRAND Nicole Retraitée MGEN (PIETRANERA)
61 VITTORI Dominique Retraité INRA 1er Adjoint de VESCOVATO
62 LUCCHINI Viviane (MONACCIA D’AULLENE)
63 BUCCHINI Dominique ancien Président de l’Assemblée de Corse (SARTENE)
Présentée par le Parti communiste français
0 notes
thebeautycove · 7 years ago
Photo
Tumblr media
WIDE SOCIETY • Le Parfum en Liberté - Collezione Fragranze Travel Kits - ACQUA TRAVELIS - UP IN THE AIR - SIGN OF TIMES - NUBES - SUITE #6 - NIGHT TRAIN - Absolu de Parfum - Novità 2018 -  Tra le proposte più interessanti presentate in anteprima all'ultima edizione di Esxence spicca per eccellenza e funzionalità la collezione fragranze del nuovo marchio francese Wide Society, creato da Luc Gabriel, già proprietario di The Different Company, con la complicità dei maestri profumieri Alexandra Monet ed Emilie Coppermann. Un'intuizione semplice trasformata in un nuovo concept olfattivo che gli appassionati di viaggi e fragranze apprezzeranno in assoluto come soluzione definitiva al dilemma della scelta del profumo da mettere in valigia... "Da folli innamorati dei profumi di qualità, spesso costretti a lunghe trasferte di lavoro e a brevi viaggi di piacere" - ci ha confidato Luc Gabriel - "insieme alle mie irrinunciabili partner di questa nuova avventura olfattiva, sognavamo di trovare profumi esclusivi in formati ibridi con un design elegante, che potessero adattarsi alle nostre esigenze nei vari spostamenti, senza per questo dover rinunciare alla qualità, punto fermo e imprescindibile nella selezione del jus. In più desideravamo qualcosa di estremamente personale che completasse sensualmente il viaggio e che esprimesse un'intimità consolidata con la fragranza, anche visivamente, come presenza negli ambienti della nostra quotidianità e, non meno importante, che fosse realizzata con un pack fatto di materiali naturali eco-rispettosi, robusti e maneggevoli. Con tali presupposti si è passati rapidamente dal concetto alla pratica con la creazione di Wide Society, marchio che riassume la filosofia del profumo in libertà, lussuoso onnipresente compagno d'avventure, impeccabile nella sua allure disimpegnata, fedele e indistruttibile". I devoti senza rimedio del profumo non saranno più costretti a struggersi nella scelta della fragranza da portarsi appresso, potranno contare sulle appassionanti sfumature olfattive di sei raffinatissime composizioni, in ogni momento, in ogni dove. La collezione fragranze Wide Society è composta da sei creazioni in Absolu de Parfum, tre a firma Alexandra Monet: • ACQUA TRAVELIS - Superare brillantemente lo scompenso del jet-lag dopo ore e ore di viaggio concedendo ai sensi uno spazio aromatico zen in cui ritrovarsi, per riconnettersi con l'ambiente circostante. Il soffio rinfrescante e vivificante di un'infusione benefica con bergamotto, menta e verbena. • UP IN THE AIR - Un viaggio in prima classe, ritrovare ambienti accoglienti ed esclusivi, rilassarsi nell'avvolgente abbraccio dei sentori cuoiati, un ballon con il rum preferito, le luci soffuse per assaporare in pienezza il piacere dei sensi confortati. Perfetto bilanciamento di note calde, fluide e speziate, accordo cuoio, rum, peperoncino, zafferano, betulla e vaniglia. • NIGHT TRAIN - Il treno dei desideri, una storia d'amore dalla quale fuggire... o da rincorrere. Intensa, imprevedibile, un viaggio tra misteri e fantasie, la fragranza si fa pelle, la pelle si fa fragranza in un intrigante scambio osmotico che prelude ad un finale appassionante. La mai fuggevole armonica bellezza della rosa espressa in essenza e assoluta, il tocco indolico del gelsomino sambac reso penetrante dal patchouli e saturato dal fascino dei muschi, regalano alla fragranza la raffinatezza di un ardore olfattivo da sontuoso orientale. ... e tre siglati da Emilie Coppermann: • SIGN OF TIMES - Il profumo come la coperta di Linus, viaggiare sì ma senza dimenticare e abbandonare le nostre abitudini, il desiderio intimo di sentirsi a casa anche in capo al mondo. Aromi familiari e confortanti, un mix di note che avalla una sensazione di intimità e confidenza. Salvia, pompelmo e la concretezza boisé di legno di cashmere e legno di cedro raccolti intorno al calore interiore di ambra, incenso e muschio. • NUBES - Partire senza meta, liberi improvvisiamo, mille destinazioni ci aspettano. Il piacere del viaggio è il viaggio stesso, non importa l'elemento che attraverseremo, terra, acqua, aria, la nostra mente volteggerà tra le nuvole dell'imprevedibilità e della spensieratezza. Lo spirito guida è la libertà. La libertà non pesa e ti conduce in ogni luogo. Fragranza per vagabondi sognanti sulle note di bergamotto e radici di angelica, iris, violetta e ciclamino accompagnano il cammino in leggerezza bilanciati dalla saggezza odorosa di vetiver, mirra e muschio. • SUITE #6 - Le ore di viaggio sono alle spalle, la destinazione è conquistata, l'attimo è solenne e foriero di meraviglia, di pace, di abbandono a lunghi istanti di piacere. Un crogiuolo di sensazioni dal quale affiora la magia del nuovo, il bisogno di scoprire e comprendere, non prima però di aver fatto completamente propria questa spettacolare suite vista mondo. Comfort all inclusive con pera nashi e foglie di nocciolo, la gentilezza di gelsomino ed eliotropio, l'accogliente perfezione di legno di sandalo, vaniglia e benzoino.
Le fragranze sono presentate in concentrazione Absolu de Parfum in un pack eco-friendly assolutamente accattivante realizzato con materiali cento per cento riciclati e riciclabili. Flaconi in alluminio con finitura laccata opaca blu notte ricaricabili e confezioni in cartone eco-sostenibile declinati nei formati ideali per ogni esigenza di viaggio e trasporto: L'Escapade - deliziosa mini trousse in puro cotone con 3 fragranze a scelta nel flacone spray 10 ml ricaricabile. Ideale per spostamenti e viaggi brevi, da tenere in borsa, in auto, in ufficio, lo scent-kit sopravvivenza base per il retouche profumato on the go. Le Weekender - cofanetto trousse in puro cotone completo di sei fragranze nel flacone spray 10 ml ricaricabile con piccolo imbuto e pochette in lino. Perfetto per il weekend, la settimana bianca, il tour d'arte, il viaggio per la remise en forme o la fuga romantica, una fragranza per ogni occasione e mood. Le Backpacker - per chi desidera rimanere fedele ad una sola fragranza per tutta la durata del viaggio, validissimo il formato da 100 ml, presentato nel pack completo di vaporizzatore, imbuto e pochette in lino. Ideale come fonte per il refill dei flaconi 10 ml. Nelle profumerie concessionarie esclusive. Altre infos sul sito widesociety.com •••
Le parfum en liberté! That’s so me! Love at the very first sight for the entire perfume concept developed by Luc Gabriel for new french brand Wide Society in collaboration with perfumers Alexandra Monet and Emilie Coppermann. Definitely found the perfect worldwide wandering adventures companion! This luxury scent collection of six absolu de parfum is treasured in 3 different convenient eco-friendly design cases to match all scent needs and moods while traveling for just a weekend or longer periods. Perfume lovers finally get the most practical comfy refined solutions when it comes to pick and pack their beloved scents!
©thebeautycove
1 note · View note
pangeanews · 6 years ago
Text
“Gatsby, nella sua grandezza, assiste da spettatore al patetico spettacolo del mondo”. Dialogo con la filosofa intorno al capolavoro di Fitzgerald
Di Gatsby, il Grande, abbacina la bianchezza, come se fosse un Moby Dick in statura umana, l’inafferrabile esigenza della purezza. Nella versione del Grande Gatsby secondo Alessandro Pugliese, usata per la nuova, splendente edizione del capolavoro di Francis Scott Fitzgerald (Marietti 1820, 2019), la parola bianca ricorre 18 volte e la parola bianco 9. Il bianco è censimento di momenti capitali – quando Gatsby bacia Daisy, “e l’incarnazione fu completa”, l’atto accade in “una notte d’autunno… e il marciapiede era bianco al chiarore della luna” – oppure il sigillo che sancisce l’importanza intoccata del personaggio – la casa dell’adorata Daisy è bianca, e da giovane, concupita da tutti, “vestiva di bianco e possedeva una roadster bianca”. D’altronde, Gatsby sfreccia su una macchina bianca, “in un vestito di flanella bianca”, sa che i soldi servono per lo sperpero di sé verso l’amore atteso, attonito e impossibile, che il lusso è un culto di cui altri si sfamano, per lui, il Grande, conta l’aristocratica bianchezza, la nudità. Il bianco come flagello dell’ornamento e dell’accessorio, in precipizio al necessario. Nel fatale film del 1974, è icona l’immagine di Robert Redford e di Mia Farrow, entrambi biancovestiti, una fiamma albina a ustionare il mondo, il mondano. Anche il tempo ha un biancore: si parla della “nostra bianca adolescenza”. Gatsby, in effetti, è il candido Parsifal, puro & folle, alla cerca di Daisy, il Graal: ma tendere a ciò che salva, innocentemente, uccide. Il genio di questa nuova edizione del Grande Gatsby sta nella nota di Carola Barbero, che insegna Filosofia del linguaggio a Torino e che verso la Filosofia della Letteratura (così un suo libro, Carocci, 2013) protende la sua ricerca. Una sua frase, in particolare (“Quanti riescono a vivere l’assenza dell’altro come acuta presenza di qualcosa, tenendone traccia giorno dopo giorno? Pochissimi. Per mancanza di coraggio e di grandezza”), mi ha docilmente costretto a contattarla. Intrecciata a quest’altra, di Fitzgerald – “Non c’è incendio così grande o gradazione di gelo che possa sfidare ciò che un uomo custodirà in fondo al suo cuore spettrale” – ha creato in me una specie di turbamento estatico, che ha richiamato, a trafiggermi, una falange di Achab. (Davide Brullo)
Lei si fa la domanda più vasta – che cos’è l’amore? – transitando per Gatsby. Che cosa la attrae di quel romanzo?
Del romanzo di F.S. Fitzgerald The Great Gatsby mi ha attratto la purezza del protagonista, un uomo che vive cercando di realizzare il proprio sogno, un sogno d’amore che ha un nome, “Daisy”, e un colore, quello della luce verde che brilla sul pontile della casa di fronte alla sua.
La cito: “In un mondo pieno di maschere è il solo ad avere un volto”. Mi spieghi. Qual è l’archetipica identità di Gastby, perché ci parla con tale intuitiva potenza?
Gli altri personaggi hanno una maschera nel senso che recitano talmente a memoria la parte che la società gli ha cucito addosso che hanno perso la loro identità. Gatsby è l’unico che non ha nessun ruolo da recitare e che, nella sua grandezza, assiste da spettatore al patetico spettacolo del mondo. Gatsby ha una identità perché non solo sa chi è, ma sa anche che cosa vuole e che cosa può renderlo felice.
La cito ancora: “Perché se ciò in cui abbiamo sperato si realizzerà, allora avremo la felicità (oltre alla salvezza), se invece non accadrà, avremo comunque avuto la fortuna di credere e sperare in qualcosa”. Ma l’assenza di felicità non inizia proprio quando otteniamo ciò di cui abbiamo brama?
Quando otteniamo ciò che abbiamo sognato tutta la vita (per cui abbiamo aspettato, lottato, sofferto, lavorato), se abbiamo l’intelligenza e la capacità di riconoscerlo, siamo felici. Semplicemente felici. Non si tratta della realizzazione di un desiderio passeggero o di un capriccio, ma di un sogno sedimentato in fondo al cuore, l’unico per il quale si valsa la pena scommettere tutto ciò che avevamo.
C’è un’altra sua frase che mi conquista, questa. “Quanti riescono a vivere l’assenza dell’altro come acuta presenza di qualcosa, tenendone traccia giorno dopo giorno? Pochissimi. Per mancanza di coraggio e di grandezza”. Sembra quasi che l’amare sia proprio qui, fare tenda, attendere, tendere il fuoco nell’assenza. È un amore vasto, che sa di clausura, che sa di dedizione religiosa. Mi spieghi.
Nei suoi Frammenti di un discorso amoroso, Roland Barthes sapientemente domanda “Sono innamorato? – Sì, poiché aspetto”. Chi ama conosce il valore dell’attesa; valore che troppo spesso viene messo in discussione e riempito con qualsiasi cosa, pur di non sentire il silenzio e la solitudine. Ma l’amore che si sa aspettare e che si fa aspettare non conosce sostituti né surrogati, è un amore al quale occorre essere infinitamente e incondizionatamente devoti, perché non c’è nulla che sia più importante. Come recita quel verso di Emily Dickinson, “Che l’amore sia tutto quello che c’è, è tutto ciò che sappiamo dell’amore”.
In Gatsby c’è anche il tema, mi pare, del passato che non può tornare uguale a se stesso, dell’oro della giovinezza inevitabilmente sciupato, nonostante il benessere, e poi la spinta verso l’incendio del futuro. C’è, insomma, il tema del tempo. Anche questo ha a che vedere con l’amore… Mi dica.
Il tempo, spiegava Edmund Husserl nelle sue Lezioni sulla sintesi passiva, è come una stella cometa: la coda è il passato, il centro pulsante il presente e la luce proiettata in avanti il futuro. L’Amore di cui Gatsby è uno splendido esempio non ha paura del tempo che passa (e infatti tiene minuziosa traccia dei giorni che lo hanno separato dalla sua Daisy), forte dell’idea che sia addirittura possibile cambiare il passato (che dipende in qualche modo dal presente dal quale lo osserviamo). Può darsi che non sia così, ma ci conviene credere che il nostro tempo – passato, presente e futuro – sia nelle nostre mani: solo così smetteremo di cercare alibi e proveremo, infine, a vivere.
Lei usa ‘abusare’ della letteratura come contenitore di scintille filosofiche. Così hanno fatto, tra i vari, Sestov, Bataille, Heidegger, Benjamin. Qual è la carica filosofica della letteratura, a suo dire? E poi, che cosa intende per letteratura e cosa legge, oggi, tra i contemporanei?
La letteratura, come diceva Aristotele della poesia, narra di cose che possono accadere; per questo è più universale e potente della storia che narra ciò che è accaduto. Questo significa che grazie alla letteratura possiamo riflettere su corsi alternativi dell’esistenza e, al contempo, capire che cosa vuol dire vedere il mondo da un punto di vista differente. Come sapientemente osserva Hilary Putnam in Literature, Science and Reflection, “Se io leggo Viaggio al termine della notte di Céline non imparo che l’amore non esiste, che tutti gli esseri umani odiano e sono odiosi […]. Ciò che imparo è vedere il mondo così come appare a qualcuno che è sicuro che l’ipotesi sia corretta. Vedo quale plausibilità ha l’ipotesi; che cosa potrebbe succedere se fosse vera; come qualcuno potrebbe pensare che è vera. Ma tutto questo non è ancora conoscenza empirica. Tuttavia non è nemmeno corretto dire che non si tratta di conoscenza, poiché essere consapevoli di una nuova interpretazione dei fatti […] è un tipo di conoscenza. È conoscenza di una possibilità. È una conoscenza concettuale. […] Pensare a un’ipotesi che non si era presa in considerazione prima è una scoperta concettuale; non è una scoperta empirica, sebbene possa trasformarsi in una scoperta empirica se l’ipotesi dovesse rivelarsi corretta”. Che cosa intendo per “letteratura” è una domanda troppo difficile, dovrei richiamarmi ai vari generi e alle diverse teorie filosofiche proposte per trovare una risposta, correndo il rischio di risultare poi noiosa. È più facile dire che sto leggendo in questo momento: D.F. Wallace, R. Gary e R. Saviano.  Appena finito L’eterno marito di F. Dostoevskij e Cento poesie d’amore a Lady Hawke di M. Mari.
*In copertina: Robert Redford e Mia Farrow in una fotografia di scena dal “Grande Gatsby” cinematografico del 1974, diretto da Jack Clayton e scritto da Francis Ford Coppola
L'articolo “Gatsby, nella sua grandezza, assiste da spettatore al patetico spettacolo del mondo”. Dialogo con la filosofa intorno al capolavoro di Fitzgerald proviene da Pangea.
from pangea.news http://bit.ly/31c1wUy
0 notes
pangeanews · 6 years ago
Text
“Essere vecchi è avere stanze illuminate dentro la testa”: le lettere devote di Philip Larkin (traducetelo!) a mammà… ovvero: i poeti e le ossessioni filiali
Stando a una semplificazione piuttosto brutale: Dylan Thomas è l’apocalittico, il visionario, il Rimbaud redivivo in Galles, mentre Philip Larkin è the Master of the Ordinary, come diceva Derek Walcott, il maestro dell’ordinario, l’esegeta del quotidiano. Furono loro due – Thomas e Larkin – i poeti più influenti del secondo dopoguerra. Se nel mondo anglofono è più forte l’impatto di Larkin – Seamus Heaney ne è un discepolo – nel resto d’Europa è lo scintillio inafferrabile del verbo di Dylan Thomas ad avere attecchito. In sintesi: mi domando perché Philip Larkin sia un poeta tanto citato quanto pochissimo tradotto in Italia. Ennesimo sintomo di un Paese che vive nel terzo mondo culturale.
*
Ma andiamo oltre. Se ci sono i letterati castrati dal papà, ci sono quelli devoti a mammà. Larkin è uno di questi. In Letters Home 1936-1977 (Faber & Faber, 2018), James Booth conta “circa 4mila tra cartoline e lettere di Larkin alla madre, di cui ne sono state scelte 607”. Il momento più intenso di attività espitolare è dal 1950, quando Larkin trova lavoro presso la biblioteca della Queen’s University of Belfast, e il 1972, la madre morirà nel 1977. “Per i primi 22 anni di questo periodo, il poeta scrisse alla madre, Eva Emily Day, una lettera ogni domenica e di solito un’altra in mezzo alla settimana”. Anche negli ultimi anni, quando la madre annega in una lenta demenza senile, il figlio poeta non gli fa mancare biglietti o cartoline. Di fatto, scrive Andrew Motion, già poeta laureato inglese e biografo di Larkin, sullo Spectator, “in qualche modo la madre di Larkin ha assunto le fattezze della sua musa”.
*
L’esito del lavoro, ascoltando ancora Motion, è una creatura dal doppio volto. Da una parte, si tratta dell’“ultima, significativa raccolta di documenti sulla vita di Larkin che aveva necessità di essere studiata e pubblicata”. Dall’altra, “la gran parte delle lettere è banale, perché parla degli elementi minimi della vita quotidiana di Eva”. Ma… non è questo il sale della poesia di Larkin? Accendere l’umile quotidiano con una fiammata verbale, sgasare dall’ovvio con uno sguardo intriso di chiodi e di miele. Ovvio, quando Larkin parla dei suoi problemi intestinali – “sono un po’ congestionato perché ho mangiato una scatola di salmone e una scatola di asparagi per cena…” – poco c’importa: un poeta va al bagno come noi comuni mortali. Piuttosto, al di là delle stoccate politiche di Larkin – “Mr Enoch Powell dice che dobbiamo tenere lontani gli immigrati: peccato che non sia il capo dei conservatori” – affascinano alcuni sketch da ritrattista (E. M Forster è “un piccolo adolescente” anche in tarda età; Dylan Thomas è addobbato come un Dioniso metropolitano, “aveva due maglie da marinaio, un misero cappotto sportivo giallo e pantaloni chiazzati di grigio”).
*
Ovviamente, Larkin non confonde la mamma con faccende letterarie – ma c’è una lettera particolarmente ispirata, è il 13 settembre del 1964, il poeta ha 42 anni. “Ancora una volta sono seduto nella mia camera da letto, nel pieno del sole, e mi affido al compito settimanale, ‘scrivere da casa’. Penso di farlo ormai da 24 anni, avanti e indietro, e sono felice di poterlo fare, spero soltanto che le mie effusioni siano di qualche interesse per te il lunedì mattina, quando le leggi”. Il dovere filiale sembra gemello all’arte della scrittura – come se ogni gesto di scrittura, architettato sotto il sole, sia una lettera alla madre. Una parola pari a un gesto d’affetto, il ricamo carnale di due creature.
*
Per la madre, Larkin usa la didascalia, “cara vecchia creatura”. Piuttosto, il poeta è affascinato dall’inclinarsi della madre verso la vecchiaia. Bisogna comparare, allora, queste lettere ad alcune poesie tratte da High Windows, la raccolta più alta, del 1974. Ad esempio, Vecchi scemi – cito, sempre, la traduzione di Enrico Testa in Finestre alte, Einaudi 2002. “Morendo, si va in frantumi: i pezzetti che erano te/ incominciano, in gran fretta, a salutarsi l’un l’altro per sempre,/ inavvertiti da tutti…/ Ma forse essere vecchi è avere stanze illuminate/ dentro la testa, e in esse delle persone, che recitano./ Persone che conosci, ma di cui ti sfugge il nome;/ ognuno appare in lontananza come un vuoto profondo che si colma:/ si volta sulla soglia di casa, sistema una lampada, sorride da una scala…”.
*
In effetti, il viso di Larkin è tra psycho e un peluche, quello sguardo penetrante, capace di marmorizzare un fatto nell’anatema di un paio di aggettivi, di stanare l’amore in un vespaio di versi.
*
Il poeta è un lottatore contro il tempo, contro la memoria che si sfrangia. I poeti osservano i vecchi con accuratezza per acculturarsi riguardo alla morte, per simularne le mosse e scansarsi dal suo ancheggiare. Così Larkin scrive alla madre perché in lei vede l’icona della morte, il segno del precipizio – per questo precipita parole affettuose dentro il suo corpo madido di dolore. Il poeta studia la madre – accoglie il suo disastro – il disagio dei ricordi derelitti. Raccoglie fratture di zattera – questo fa il poeta. (d.b.)
***
L’esplosione
Il giorno dell’esplosione le ombre puntavano verso la bocca del pozzo: il cumulo delle scorie dormiva nel sole.
Giù per il viottolo scendevano uomini con gli stivali tossendo fumo di pipa e discorsi affilati di bestemmie, scrollandosi di dosso la frescura del silenzio.
Uno si mise a rincorrere dei conigli; gli sfuggirono; ritornò con un nido di uova d’allodola; le mostrò agli altri e le depose con cura nell’erba.
Così padri e fratelli, soprannomi e risate attraversarono, con barbe e fustagno, gli alti cancelli sempre aperti.
A mezzogiorno arrivò una scossa; le mucche smisero per un attimo di masticare; il sole, come avvolto nella foschia, si affievolì.
I morti ci precedono, siedono consolati nella casa del Signore, e faccia a faccia li rivedremo tutti –
chiare come le iscrizioni nelle cappelle furono dette queste parole, e per un secondo le mogli videro gli uomini dell’esplosione
più grandi di quanto non riuscissero in vita – d’oro come sopra una moneta, o come in cammino dal sole verso di loro,
uno mostrava le uova ancora intere.
Philip Larkin
L'articolo “Essere vecchi è avere stanze illuminate dentro la testa”: le lettere devote di Philip Larkin (traducetelo!) a mammà… ovvero: i poeti e le ossessioni filiali proviene da Pangea.
from pangea.news https://ift.tt/2ENUdv3
0 notes