#E così imparano a fare i cattivi
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letterboxd-loggd · 5 months ago
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A Bay of Blood (Ecologia del delitto) (1971) Mario Bava
July 21st 2024
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"Bambini sequestrati dagli schermi! Ecco come fare."
Tratto dal mio blog Elena Pedagogista 🌺
"Perché quando arriva da scuola o appena ha un momento libero la prima cosa che mi chiede mio figlio è il tablet, il computer la TV o il telefono? Se gli propongo di giocare con un puzzle, le costruzioni o di fare un giro in bici in giardino mi dice sempre NO?"
Ti spiego perché e cosa fare.
La prima risposta è semplice: perché non vedono più noi adulti fare queste cose. Noi siamo i primi a mostrarci costantemente con uno schermo in mano o acceso. Dovremmo essere noi per primi a ridimensionare l'uso della tecnologia e utilizzarla in modo intelligente.
La tecnologia c'è e ci sarà sempre di più. Non possiamo negarla o privarcene del tutto. Bisogna trovare un equilibrio. Come in tutte le cose. I vantaggi, se usata con intelligenza, sono tantissimi.
Perché i bambini sono così attratti dai videogiochi o dai video, dalla tecnologia ?
Perché la tecnologia, un videogioco, video su YouTube sono tremendamente veloci come i bambini di oggi. Non annoiano.
Inoltre i bambini vivono e imparano per immagini. La loro mente cattura le immagini, memorizza ciò che vede. Pensate ai libri per bambini fino ai 7-8 anni, sono pieni di immagini.
Per i bambini anche l'esempio è un'immagine: "io ti vedo mamma, papà mentre fai delle cose. Guardo il mondo intorno a me mentre si sviluppa. Lo guardo e così lo capisco."
Quindi se volete insegnare loro una cosa la strada migliore è fargliela vedere.
Infine anche se per voi realtà dei videogiochi è virtuale, per i bambini non lo è perché finalmente hanno la possibilità di costruire, vincere delle gare, superare ostacoli, di dimostrare di potercela fare e questa cosa è stimolante per loro.
Se nella vita reale fossero loro offerte le stesse modalità di apprendimento, veloci, visive, non noiose, interattive, stimolanti, non avrebbero motivo di lamentarsi o di ricorrere ad altro.
Come comportarsi per interrompere un videogioco che dura da tempo oppure un video?
Il primo strumento è la relazione che abbiamo con nostro figlio. Che deve essere una relazione di fiducia e comunicazione instaurata ed efficace già da tempo.
Non si può pensare di ottenere risultati intervenendo un minuto prima di far spegnere la TV o i videogioco.
Così diventerebbe una lotta perché non sono risultati che si ottengono in pochi minuti: "Ora spegni, è già passata un'ora. Basta ti ho detto che era l'ultima partita! O spegni tu o lo spengo io! Ti tolgo la spina! Domani non lo vedi più! eccetera...."
Si possono ottenere risultati solo se costruiamo una relazione educativa basata sulla comunicazione.
Il primo passo è condividere, giocare insieme, divertirsi insieme. Se il bambino gioca da solo si imbambola e le 10 volte che lo chiamate per spegnere non vi ascolterà, non vi sentirà proprio. De invece voi siete lì con lui dall'inizio manterrà il contatto con voi condividendo con voi le sue esperienze e il vostro messaggio di spegnere sarà recepito.
Se ci sono reazioni di pianto o rifiuti accogliamo come facciamo sempre frustrazioni ed emozioni.
Quando stabiliamo il tempo diamo sempre indicatori che possono essere compresi: mezz'ora, un quarto d'ora, non sono comprensibili ai bambini e se la partita dopo mezz'ora è ancora a metà non vorrà mai interrompere. Meglio dare indicatori più chiari tipo: tre partite, oppure dopo cento stelline eccetera...
Un ultimo elemento è CONCEDERE.
Noi oggi creiamo relazioni basate su privazioni. "No, non ora. È troppo, uno solo, metà, domani! Ora basta!"
Concedere non significa viziare ma dare nella misura giusta, con equilibrio e intelligenza. "Ti piace questo gioco, vero? Oggi faremo una partita. Lo facciamo anche domani, ogni giorno se vuoi, anche tutta la settimana perché è troppo divertente, hai ragione. Facciamo anche delle gare insieme, è bellissimo!" Anziché dire: "Solo una partita e poi basta! Se non chiudi dopo una partita te lo sequestro per tutta la settimana!"
In questo modo il risultato è lo stesso: fare una sola partita ma il clima che si crea è diverso. Non c'è un genitore in guerra contro un figlio che si sente perseguitato, non capito, trattato male, che vede nella madre o nel padre i cattivi.
Comunicando in modo diverso il messaggio sarà lo stesso ma il clima sarà diverso. Sarà un clima di soddisfazione e collaborazione.
Non ci sarà più nessuna guerra.
Quando comunichiamo non è importante solo il messaggio ma anche il contesto e la relazione i nostri cui quel messaggio è prodotto.
🌼Elena Formisano Pedagogista 🌼
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primusliber-traduzioni · 4 years ago
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Dashboard Confessional - Alter the Ending
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Ancora adesso sento il profumo dei tuoi vestiti
Freschi di lavatrice
Ancora caldi dall’asciugatrice
(da: Even Now)
1. Get Me Right
Rendimi corretto
   Mi sono trascinato a casa
Zoppicando sulle ossa rotte
Uscendo dalla pineta più fitta
Attraversando i confini delle contee
Fino in cima alle tue scale di legno
So che tu sai aggiustare
So che tu hai visto la luce
So che tu mi renderai corretto
Corretto
Corretto
Corretto
   Possiedo un cuore di peccatore
So che la pioggia vien giù forte
So qual è la valuta
So le cose di cui avrai bisogno
Spero che lui senta le mie preghiere
Vedo che ti tagli i capelli
Conosco il tipo di persona che ti salva
So che tu mi renderai corretto
Corretto
Corretto
Corretto
   Ma Gesù, sono precipitato
Non mi turba la pioggia
Se incontro il creatore, incontro il creatore pulito
Ma Gesù, la verità è che faccio davvero fatica a credere che incontrerò il creatore
Ho bisogno del creatore
   Che mi guarisca dal dubbio che ho nel sangue
E mi prosciughi dai peccati che amo
E tiri via da me l’incredulità
Lo so che dovrebbe venirmi facile, ma mi resta dentro
Combatte e mi divora
Mi si rannicchia di fianco
Sussurrando mi convince che quello che penso è corretto
Corretto
Corretto
Corretto
Corretto
Corretto
Corretto
Corretto
Corretto
Corretto
Corretto
Corretto
       2. Until Morning
Fino al mattino
   Era l’anno che ho fatto l’incidente in moto
Mi pare fosse d’estate
Mi pare che tu hai sussurrato
“Quand’è che ti risvegli?
Quand’è che ti risvegli?”
Caro, prendi queste e infilatele sotto la lingua
Piccoli semi di reinvenzione
Nelle mani degli angeli e della medicina dell’uomo moderno
   Aspetta un attimo
Dimmi che non è finita
Resta qui quanto basta
   Se questo è il paradiso o è solo un avvertimento
Di’ che rimarrai con me
Fosse anche solo fino al mattino
Se è finita, perché è così difficile?
Tu di’ che rimarrai con me ancora una notte
   Resta qui
E possiamo ricominciare da capo
E potremmo farci nuovi
Ci sentiranno gridare
“Quand’è che ti risvegli?
Quand’è che ti risvegli?”
Paura?
Beh, paura ce l’hanno tutti
Tu fammi un segnale quando sei pronta
Nelle mani degli angeli dormi beatamente, dormi beatamente
   Aspetta un attimo
Dimmi che non è finita
Resta qui quanto basta
   Se questo è il paradiso o è solo un avvertimento
Di’ che rimarrai con me
Fosse anche solo fino al mattino
Se è finita, perché è così difficile?
Tu di’ che rimarrai con me ancora una notte
   Se sei in fuga dai tuoi segreti, non te li faccio portare dietro
Sono pronto
Ce la posso fare
Non devi per forza portarteli addosso tutti tu
C’è una via d’uscita se vuoi entrare in una fine o un nuovo inizio
Devi solo trovarla con le tue forze
   Se questo è il paradiso o è solo un avvertimento
Di’ che rimarrai con me
Se è finita, perché è così difficile?
Tu di’ che rimarrai con me ancora una notte
Ancora una notte
Ancora una notte
Fosse anche solo fino al mattino
Ancora una notte
Ancora una notte
Ancora una notte
Fosse anche solo fino al mattino
Fosse anche solo fino al mattino
Fosse anche solo fino al mattino
       3. Everybody Learns from Disaster
Tutti imparano dai disastri
   Abbiamo girato la costa in lungo e in largo
Alla fine non c’era più un angolo di costa da visitare
Abbiamo provato ogni singola strada
Tanto per vedere quale ci portava più lontano
Vivevamo da fuggitivi, anche se non c’era nessuno a darci la caccia
Guardavamo se trovavamo l’amore
E flirtavamo con il disastro
Mentre il mondo svanisce
   Siamo rimasti sotto il sole troppo tempo
Ci siamo presi una scottatura tremenda
Beh, tutti imparano dai disastri
Siamo rimasti fuggitivi troppo tempo
Sperando di non fare mai più ritorno
Beh, tutti imparano dai disastri
Abbiamo visto il sole bruciare in un cumulo di ceneri
   Siamo andati verso le pianure
E siamo andati a dormire quando eravamo stanchi
Abbiamo dormito in due su una panchina
E ci siamo stati in tre sotto le coperte
Ci erano rimasti giusto i soldi per fare un pieno e riempire il frigo
E abbiamo acceso di sogni il furgone
Dopo che il sole è bruciato in un cumulo di ceneri
E il mondo svanisce
   Siamo rimasti sotto il sole troppo tempo
Ci siamo presi una scottatura tremenda
Beh, tutti imparano dai disastri
Siamo rimasti fuggitivi troppo tempo
Sperando di non fare mai più ritorno
Beh, tutti imparano dai disastri
Abbiamo visto il sole bruciare
Abbiamo visto il sole bruciare
Abbiamo visto il sole bruciare
Abbiamo visto il sole bruciare in un cumulo di ceneri, di ceneri
Abbiamo visto il sole bruciare
Abbiamo visto il sole bruciare in un cumulo di ceneri
   Siamo rimasti sotto il sole troppo tempo
Ci siamo presi una scottatura tremenda
Beh, tutti imparano dai disastri
Abbiamo visto il sole bruciare
Abbiamo visto il sole bruciare in un cumulo di ceneri, di ceneri
   Abbiamo visto il sole bruciare
Abbiamo visto il sole bruciare in un cumulo di ceneri
       4. Belle of the Boulevard
La bella del boulevard
   In un bar di quartiere
Fuori sul viale
Il suono di una vecchia chitarra ti impedisce di sprofondare
E ce n’è di strada ad arrivare sul fondo
Ce n’è di strada
   Ti rifai vedere come se non avessi subito il colpo
Racconti una barzelletta sporca
Lui ti tocca la gamba e pensa che ormai è quasi fatta
Per ora lo lasci fare
Solo questa volta, solo per adesso
E in men che non si dica, è finita
   Non girarti dall’altra parte
Asciugati le lacrime, asciugati le lacrime
Non aver paura o tenerti tutto dentro, tutto dentro
Quando cadi a pezzi
Asciugati le lacrime, asciugati le lacrime
La vita è sempre dura per la bella del boulevard
   Con tutti i tuoi anelli d’argento
Con tutte le cose di seta
Quella canzone che canti dolcemente ti evita di distruggerti
E ce n’è di strada ad arrivare sul fondo
Ce n’è di strada
   Tornando qui non ti senti mai persa
Ti scrolli di dosso i brividi
Bevi qualcosa per farti venire coraggio
Ti rendi conto?
Solo questa volta, solo per adesso
E in men che non si dica, è finita
   Non girarti dall’altra parte
Asciugati le lacrime, asciugati le lacrime
Non aver paura o tenerti tutto dentro, tutto dentro
Quando cadi a pezzi
Asciugati le lacrime, asciugati le lacrime
La vita è sempre dura per la bella del boulevard
   Ti prego, tieni duro, va tutto bene
Ti prego, tieni duro, va tutto bene
Ti prego, tieni duro
   In un bar di quartiere
Fuori sul viale
Il suono di una vecchia chitarra ti salva
   Non girarti dall’altra parte
Asciugati le lacrime, asciugati le lacrime
Non aver paura o tenerti tutto dentro, tutto dentro
Quando cadi a pezzi
Asciugati le lacrime, asciugati le lacrime
La vita è sempre dura
Aspetta ché ti asciugo le lacrime, ti asciugo le lacrime
Non girarti dall’altra parte
Aspetta ché ti asciugo le lacrime, ti asciugo le lacrime
Non aver paura o tenerti tutto dentro, tutto dentro
Quando cadi a pezzi
Aspetta ché ti asciugo le lacrime, ti asciugo le lacrime
La vita è sempre dura per la bella del boulevard
       5. I Know About You
Io so cos’hai fatto
   Io li riconosco i guai quando i guai cominciano
E li riconosco i segnali di un cuore che si allontana
E le riconosco le avvisaglie di un doppio gioco
Vedo che intorno a te sorgono dei sospetti
Le riconosco le chiacchiere che si fanno strada
Li riconosco i muri che squillano e ripetono
Li riconosco i segreti che dovevano custodire
E vedo che sorgono dei sospetti
   È un peccato, lo so
Ma ci vuole un sacco a scrollarselo di dosso
Quando le pazzie del weekend ti restano appiccicate come il fumo sui vestiti
E la vergogna che ne deriva aumenta quando lo dici piano piano in un bisbiglio
Ma tutti i muri hanno le orecchie, mia cara
E tutte le cose brutte diventano risapute
E io so cos’hai fatto
Io so cos’hai fatto
   Lo riconosco il soffitto quando comincia a bruciare
La riconosco la stagione quando comincia a cambiare
E li riconosco i modelli che imparano a seguire i cattivi
E vedo che intorno a te sorgono dei sospetti
Lo riconosco il sipario e il modo in cui cala
Lo riconosco il fardello e il dolore che causa
Riconosco che sei dispiaciuta per qualcosa, ma non so perché
   È un peccato, lo so
Ma ci vuole un sacco a scrollarselo di dosso
Quando le pazzie del weekend ti restano appiccicate come il fumo sui vestiti
E la vergogna che ne deriva aumenta quando lo dici piano piano in un bisbiglio
Ma tutti i muri hanno le orecchie, mia cara
E tutte le cose brutte diventano risapute
E io so cos’hai fatto
Io so cos’hai fatto
   È un peccato, lo so
Ma ci vuole un sacco a scrollarselo di dosso
Quando le pazzie del weekend ti restano appiccicate come il fumo sui vestiti
E la vergogna che ne deriva aumenta quando lo dici piano piano in un bisbiglio
Ma tutti i muri hanno le orecchie, mia cara
E tutte le cose brutte diventano risapute
E io so cos’hai fatto
Io so cos’hai fatto
Io so cos’hai fatto
Io so cos’hai fatto
       6. Alter the Ending
Altera il finale
   So che ieri è passato
E non mi tornerà più indietro
Ma alla fin fine mi manca
Non dura mai davvero quanto volevamo che durasse
Ci saranno vari colpi di scena a strattonarci e lacerarci
Ma ci vediamo ancora una volta dove eravamo partiti
Perché mi manchi
   Magari abbiamo avuto ragione a tirare avanti, a tirare avanti
Anche quando ci dicevamo che ne saremmo usciti a pezzi
Prendilo come un segno che possiamo ancora continuare
Che il nostro posto è ancora insieme
Anche quando il peggio deve ancora arrivare
   Stiamo solo aspettando che il sole diradi la foschia
Perché non vediamo dove siamo finiti da dove eravamo partiti
Dove abbiamo deviato e dove invece dovremmo essere
Ci saranno cenere e polvere a ricoprirci
Ma io ti tengo pulita
E ci vediamo dove eravamo partiti ancora una volta
   Magari abbiamo avuto ragione a tirare avanti, a tirare avanti
Anche quando ci dicevamo che ne saremmo usciti a pezzi
Prendilo come un segno che possiamo ancora continuare
Che il nostro posto è ancora insieme
Anche quando il peggio deve ancora arrivare
   Poi quando arriva domani
E facciamo a vedere a tutti quello che non ci potranno mai portare via
   Magari abbiamo avuto ragione a tirare avanti, a tirare avanti
Anche quando ci dicevamo che ne saremmo usciti a pezzi
Prendilo come un segno che possiamo ancora continuare
Che il nostro posto è ancora insieme
Anche quando il meglio deve ancora arrivare
   Poi quando arriva domani
E facciamo a vedere a tutti quello che non ci potranno mai portare via
Poi quando arriva domani
E facciamo a vedere a tutti quello che non ci potranno mai portare via
       7. Blame It on the Changes
Dai la colpa ai cambiamenti
   Mi corico, non riesco a dormire
Le solite cose che mi circolano in testa
Fisso il soffitto dal mio lato
Allungo un braccio, sei lì di fianco
Ma ti sei persa tra i dettagli
Aspetto la fine di una lunga nottata
   Puoi dare la colpa ai cambiamenti
Io posso prenderla comunque sia
Ci siamo persi
Ma abbiamo entrambi ritrovato la consapevolezza che ne abbiamo più bisogno che mai
Ce la facciamo a puntare i piedi?
Ce la facciamo a salvare la storia?
Affondare i denti e strapparla a pezzi?
Ce la facciamo a tener botta?
Ce la facciamo a resistere?
Perché ho bisogno di te più di quanto immagini
   Giochiamo come se non lo sapessimo
Mentiamo entrambi, ma non diamo a vedere
Che sta cambiando qualcosa dentro di noi
Partiamo sulla stessa carreggiata
La stessa strada, lo stesso nome
Ma qualcosa di invisibile ci separa
   Puoi dare la colpa ai cambiamenti
Io posso prenderla comunque sia
Ci siamo persi
Ma abbiamo entrambi ritrovato la consapevolezza che ne abbiamo più bisogno che mai
Ce la facciamo a puntare i piedi?
Ce la facciamo a salvare la storia?
Affondare i denti e strapparla a pezzi?
Ce la facciamo a tener botta?
Ce la facciamo a resistere?
Perché ho bisogno di te più di quanto immagini
Perché ho bisogno di te più di quanto immagini
Perché ho bisogno di te più di quanto immagini
   Non fuggire, non fuggire
Perché ho bisogno di te più di quanto immagini
Non fuggire, non fuggire
   Puoi dare la colpa ai cambiamenti
Io posso prenderla comunque sia
Ci siamo persi
Ma abbiamo entrambi ritrovato la consapevolezza che ne abbiamo più bisogno che mai
Ce la facciamo a puntare i piedi?
Ce la facciamo a salvare la storia?
Affondare i denti e strapparla a pezzi?
Ce la facciamo a tener botta?
Ce la facciamo a resistere?
Perché ne ho più bisogno che mai
Perché ho bisogno di te più di quanto immagini
       8. Even Now
Ancora adesso
   Ancora adesso sento il profumo dei tuoi vestiti
Freschi di lavatrice
Ancora caldi dall’asciugatrice
   Ancora adesso sento il profumo della tua pelle
Mentre ti avvolgo in un asciugamano
Ti corico sul letto e cerco di amarti
   Ancora adesso sento le tue braccia
Sento il tuo seno
Sento le tue canzoni
E riesco sempre a ritrovarti
   Ancora adesso sento la tua mano delicata sulla mia
Quasi priva di alcun peso
   Ancora adesso sento i tuoi occhi
Che mi guardano mentre strimpello a notte fonda
   Ancora adesso ti vedo sorridere
Ti sento fischiettare
Ti sento cantare
E riesco sempre a ritrovarti
   Anche nel buio della notte
Anche con la luce più fioca
Anche col mondo fuori che continua a girare
   Ancora adesso sento i tuoi capelli che mi strofinano la guancia
Seduti entrambi su una sola sedia
   Ancora adesso sento la tua faccia appoggiata sul petto
Lotti col sonno e finisci per perdere
   Ancora adesso ti vedo dormire
Ti vedo sognare
Ti vedo volare
E riesco sempre a ritrovarti
E riesco sempre a ritrovarti
       9. The Motions
I movimenti
   Dalle piccole fitte ai bruciori impetuosi
Sono i segnali dei miei nervi che muoiono
Scottati dal caldo delle tue forme e delle tue curve
In un fuoco che riuscirebbe ad abbrustolire la terra
   Faccio le cose come un automa
Faccio le cose come un automa
Faccio le cose come un automa
Come un automa, ma non mi ricordo come si fa a provare qualcosa
   Se è questione di chimica
Eh, se è questione di chimica
Eh, se è questione di chimica
Eh, se è questione di chimica
Allora non ho paura di essere legato agli impulsi della scienza
Se è questione di chimica
Eh, se è questione di chimica
Eh, se è questione di chimica
Eh, se è questione di chimica
Allora non mi vergogno di essere schiavo degli impulsi
   Dalle piccole scariche alle saette che schizzano
Sono i segnali della mia stazione vertebrale
Inviati lungo i fili e le pieghe dei cavi
A una rivolta nel mio lobo frontale
   Faccio le cose come un automa
Faccio le cose come un automa
Faccio le cose come un automa
Come un automa, ma non mi ricordo come si fa a provare qualcosa
Da quando le mie mani ti hanno accarezzata
Nient’altro riuscirà più a farmi dare una calmata ormai
   Se è questione di chimica
Eh, se è questione di chimica
Eh, se è questione di chimica
Eh, se è questione di chimica
Allora non ho paura di essere legato agli impulsi della scienza
Se è questione di chimica
Eh, se è questione di chimica
Eh, se è questione di chimica
Eh, se è questione di chimica
Allora non mi vergogno di essere schiavo degli impulsi
   Da quando le mie mani ti hanno accarezzata
Nient’altro riuscirà più
Da quando le mie mani ti hanno accarezzata
Nient’altro riuscirà più
Da quando le mie mani ti hanno accarezzata
Nient’altro riuscirà più a farmi dare una calmata ormai
       10. No News Is Bad News
Nessuna nuova, cattiva nuova
   Sono qui seduto ad ammirare la tua pausa
Come fai a essere così sicura
Che i nostri peccati non siano l’inizio di qualcosa di interamente divino?
   Non mi piace come suona la faccenda
Nessuna nuova significa cattiva nuova
E tutto tace
E il tuo aspetto non tradisce cosa custodisci o nascondi
Pareti più ampie non hanno protetto niente o nessuno
Nel modo in cui proteggerò io il tuo cuore oberato
   Lo so che ci vai molto cauta, perché mi sono già scottato
E so che queste cose ti rendono cauto
E so che i tuoi sintomi sono complicati dal fatto di dover resistere all’impulso
   Ma se sei da sola, ti senti sola?
Beh, non hai più bisogno di sentirti sola
   Non mi piace l’aspetto che ha la faccenda
Senza di te, non c’è verità
Ma tutti i miei dubbi sulla mia fiducia non tradiscono come mi sento dentro
Pareti più ampie non hanno protetto niente o nessuno
Nel modo in cui proteggerò io il tuo cuore che batte
   Lo so che ci vai molto cauta, perché mi sono già scottato
E so che queste cose ti rendono cauto
E so che i tuoi sintomi sono complicati dal fatto di dover resistere all’impulso
   Ma se sei da sola, ti senti sola?
Beh, non hai più bisogno di sentirti sola
   Sono qui seduto ad ammirare la tua pausa
Come fai a essere così sicura
Che i nostri peccati non siano l’inizio di qualcosa di interamente divino?
   Non mi piace come suona la faccenda
Nessuna nuova significa cattiva nuova
Non mi piace come suona la faccenda
Nessuna nuova significa cattiva nuova
Non mi piace come suona la faccenda
Nessuna nuova significa cattiva nuova
Non mi piace come suona la faccenda
Nessuna nuova significa cattiva nuova
       11. Water and Bridges
Acqua e ponti
   Ci sono cose che so che avrei dovuto accennare prima
Ma non sapevo come farlo
Mi dispiace di averti perduta
Non pensavo che questa cosa potesse frapporsi tra di noi
So che ormai si va di acqua e ponti
Ma che senso ha portarsi dietro questo peso?
Queste parole mi stanno distruggendo
   E ce n’è di che spezzare la schiena
È davvero durissima da accettare
Ma la sto pagando dato che ho fatto scappare la mia ragazza
Ed è indice di un uomo solenne
Trarrò il meglio dal meglio che posso fare
E per me sarà un bene se mai avrò la mia occasione
   Quella faccia… so esattamente a cosa pensi
Ma sono certo che stavolta sia diverso
Ed è per questo che non posso far finta che sia tutto sistemato
So di averci già provato fin troppo
Ma che senso ha portarsi dietro questo peso?
Queste parole ci stanno distruggendo
   E ce n’è di che spezzare la schiena
È davvero durissima da accettare
Ma la sto pagando dato che ho fatto scappare la mia ragazza
Ed è indice di un uomo solenne
Trarrò il meglio dal meglio che posso fare
E per me sarà un bene se mai avrò la mia occasione
   Ah, salvami dalla vita grigia
Ah, salvami dalla vita grigia
Ho pagato il prezzo con l’anima
Ah, salvami
   E ce n’è di che spezzare la schiena
È davvero durissima da accettare
Ma la sto pagando dato che ho fatto scappare la mia ragazza
Ed è indice di un uomo solenne
Trarrò il meglio dal meglio che posso fare
E per me sarà un bene se mai avrò la mia occasione
Se mai avrò la mia occasione
Se mai avrò la mia occasione
Se mai avrò la mia occasione
       12. Hell on the Throat
Un inferno in gola
   Un filo di ciocche a indicare il sentiero
Nessuno ha detto che sarebbe stato facile
Devo ammettere che avevo pensato che il rischio fosse meglio remunerato nelle stagioni più giovani
Ma tutti questi anni al freddo mi hanno reso la gola un inferno
E tutto quello che dico brucia come cenere
   È difficile sentirsi a casa con una ragazza o in una canzone nelle pieghe di un inverno che ti strozza
È strano perdersi
Ancora più strano sentirsi a casa tra le curve delle corde di un filo
   Lungo la via i tornanti sono bruschi
Nessuno ha detto che sarebbero stati facili
Devo ammettere che pensavo che il viaggio fosse meglio fatto nelle stagioni più giovani
Ma tutti questi anni di ricerca hanno reso uomo uno sciocco
E tutte le parole che dico sono risolute
   È difficile sentirsi a casa con una ragazza o in un salmo nel caso di un credente egoista
È strano perdersi
Ancora più strano sentirsi a casa tra le curve delle corde di un filo
   È difficile sentirsi a casa con una ragazza o in un salmo nel caso di un credente egoista
È strano perdersi
Ancora più strano sentirsi a casa tra le curve delle corde di un filo
   E quando la strada avrò percorso dall’erba alla tomba
Io ti amerò ancora
E quando la sabbia sarà trasformata in vetro
E tutto quello che rimarrà sarà il passato
Io ti amerò ancora
       13. Truth of the Matter
La verità
   Sopra la staccionata
Il piede fa leva sulla grata
E poi si appiglia alla corda
Chissà se lo regge il mio peso
Ma anche se si sfilaccia
Persino scalando questi muri
Credo che insorgono guai
E credo che una maledizione mi tiene tra le braccia di lei
E la verità è che ovunque ci sei tu
   Precedo le grida di uno o due miglia
Se salpo verso ovest
Chissà se ci arrivo alle rotaie
Ma anche se non ci riesco
Anche se mi riportano indietro
Credo che insorgono guai
E credo che una maledizione mi tiene tra le braccia di lei
E la verità è che ovunque ci sei tu
E la verità è che ovunque ci sei tu
Ovunque tu, ovunque tu
   Ma anche se sono in salvo
Anche se riesco a uscirne
Credo che insorgono guai
E credo che una maledizione mi tiene tra le braccia di lei
E la verità è che ovunque ci sei tu
E la verità è che ovunque ci sei tu
E la verità è che ovunque ci sei tu
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frontedelblog · 5 years ago
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Bambini, device e creatività ai tempi del coranavirus: scrittura e teatro a Piacenza
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Da Piacenza con Simona, Filippo e Roberto un progetto on line teatrale  e radiofonico che permette a bambini e  ragazzi dagli 8 ai 16 anni di raccontarsi attraverso la scrittura creativa   Non tutti i device sono cattivi.  Biancaneve direbbe "non tutte le mele sono avvelenate". Dipende dall’ uso che se ne fa. Così in Epikurea si trasforma il device da strumento antididattico e antisociale a  strumento di crescita personale e formazione. Una volta c'erano i romanzi di Formazione. Ricordate Salinger ? I laboratori di scrittura creativa de “La stanza dei racconti di Epikurea”  fanno dell’elaborato un racconto, che viene reso radiofonico  e  che si traduce in una rappresentazione teatrale alla fine del percorso creativo. Ogni partecipante avrà modo di imparare a strutturare il proprio  viaggio fantastico attraverso le modalità della "Stanza" di Epikurea.  Il progetto è una realtà in continua evoluzione aperta a chi vuole aggregarsi. E' un appuntamento di radio racconti su radiospoundpiacenza24. Ha suscitato l’interesse dell’Università Cattolica di Piacenza per sviluppi futuri. Ha permesso ai partecipanti al Progetto FUTURO NONNI di trovare nel racconto una nuova modalità espressiva e relazionale. I social  stanno diventando paradossalmente un luogo chiuso di gruppi chiusi con pensieri chiusi.Chi non è in linea è escluso. "La stanza" è un social aperto in cui le distanze,  sia quelle fisiche come il distanziamento sociale, sia quelle di età e culturali,  ci avvicinano perché ci si arricchisce delle store degli altri. Nella nostra "Stanza" virtuale le svariate possibilità di linguaggio creativo,  i device e i giovani stringono un alleanza, comunicano davvero, imparano a esprimersi oltre le frasi fatte dei copia- incolla. Nei laboratori si mettono in gioco e mescolano tutti questi elementi.  Nel laboratorio si da rilevanza alla scrittura del racconto come strumento di comprensione del linguaggio in primo luogo, di come può essere trasposto al meglio  perché  renda i ragazzi  capaci di esprimere esattamente  il proprio  pensiero, finalmente elaborato, in modo personale e unico. Brevemente, in modo logico, semplificando  concetti per poterli comunicare ad altri, fantasticando , rappresentando l e emozioni che proviamo. A qualcuno potrebbe ricordare  i “pensierini” della maestra,  utilissimi anche oggi che viviamo una  moderna mancanza , anche scolastica, di rielaborazione del pensiero. il sistema è antico ma rielaborato in modo da divertire e rendere protagonisti i partecipanti al Social. Le direttive dei pensierini erano legate a delle parole “date”, servivano per  far costruire piccole storie, creare personaggi, antagonisti, luoghi e trame e finali sorprendenti. Nei laboratori ideati da Simona Tonini, arte terapeuta  e Roberto Forti, massmediologo e divulgatore culturale, Il social che è da sempre un potente mezzo di comunicazione diventa un luogo dove imparare a costruire una narrazione, che permetta ai contenuti di  prendere forma per diventare comunicazione ed emozione.  Ieri oggi e domani la scrittura rimane il linguaggio del pensiero,  e la rappresentazione teatrale la sua trasformazione. Atti Creativi  prendono forma da La Stanza dei racconti di Epikurea su fb   Il Teatro Trieste 34 sarà il luogo virtuale e speriamo fisico dove a novembre 2020 (ipotizziamo tenuto conto del coronavirus e dei protocolli) in una giornata organizzata dal Direttore artistico Filippo Arcelloni, saranno coinvolti tutti i partecipanti al progetto. Un momento di incontro “fisico” che andrà a terminare un progetto nato e vissuto on line.  "Gli iscritti avranno così la possibilità di incontrarsi tra loro, conoscersi e fare conoscenza uno del racconto dell’altro, e vedere attori in carne e ossa leggere le storie che hanno creato, per capire che anche nei momenti difficili della vita si possono produrre azioni utili per se stessi e per gli altri che vivono accanto a noi." Il progetto è un iter di formazione continua  quindi ci si può iscrivere  e attivare la  creatività di adulti e ragazzi 8/16 anni  PER INFO  [email protected] o whathapp al 3464247400   Read the full article
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pangeanews · 6 years ago
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“Il pregio maggiore delle nostre vite è che non si fanno irretire dallo sguardo meduseo del verbo essere”: vita a tratti di un uomo che crede in “Rayuela” di Cortázar come nel destino e divide i lettori in ricci o volpi
Non si affezionava alle case. Non era una tipa nostalgica, era sempre proiettata in avanti, piena di idee, di slanci, di imprese mirabolanti.
Amavamo entrambi Rayuela, capolavoro dello scrittore argentino, un libro feticcio che riaffiorava carsicamente nei suoi discorsi.
Poi era comparso lui, col suo sorriso contagioso, il cappellino da baseball, una t-shirt bianca sotto a una tuta rossa a righe e ai piedi strascicanti delle ciabatte aperte, da spiaggia, come se al posto di un bagno di folla stesse per fare una pedalata in pattino. Lui sembrava non sentire minimamente la tensione. “Ciao bomber!”, esclamò vedendomi appena entrato. Anche per mail mi chiamava così, “bomber” o “capo”, e io ogni volta mi sentivo il benzinaio a cui il cliente in Porsche chiede di fare il pieno. Non facevi in tempo a ricambiare il saluto che mi domandava a che punto ero col nuovo lavoro. Faceva sempre così lui. Era molto riservato, non amava parlare di sé, mentre io non avevo remore, probabilmente per deformazione professionale. Invece di rispondere alle mie domande lui le rivoltava piegandole a quello che voleva dire, o facendomi domande a sua volta e costringendomi a dirottare l’attenzione su di me. Il libro che stava scrivendo parlava di case, le case degli artisti che aveva amato e quelle dei suoi genitori. Mi disse che era a buon punto e gli chiesi com’era quella della sua infanzia. Pensavo che ce l’avesse portato lì un pizzico di nostalgia e invece niente. “Non mi affeziono alle case”, rispose con tono risolto, ripetendo le parole di lei e ammiccandole con languore, indirizzandole un occhiolino. “Poi sono sempre vissuto in affitto, sono contro la proprietà, anche la mia”, adesso non disponeva nemmeno di una camera sua perché dormiva dove capitava, e forse presagiva e desiderava fosse la nostra la sua prossima dimora. “La vista era bella, dall’appartamento della mia infanzia”, proseguì, “ma subito davanti c’era un benzinaio”, e il palazzo era una costruzione piuttosto anonima e fredda, sembrava un pezzo di periferia innestato nel centro di Roma.
Insomma, non era neanche lui un tipo nostalgico, non aveva neppure lui la malattia della casa (nostalgia in inglese si dice homesickness), come se più che un posto abitasse un’occasione (I dwell in Possibility, diceva Emily Dickinson, a fairer House than Prose). Anche lui era sempre proiettato in avanti, pieno d’idee, di slanci, di imprese mirabolanti e progetti pazzeschi da realizzare con l’incoscienza e il coraggio dei papaveri che crescono sui binari, mentre io al confronto sembravo una mummia di Ruysch, intento a propiziarmi il passato più che il futuro. Eppure pensavo che a una certa età, la nostra età, quando superati i cinquanta ti rendi conto che quello che ti resta è meno di quanto ti aspetta, la nostalgia fosse qualcosa di inarginabile. Non per forza la cappa pesante che asfissia, ma quel velo sottile che avvolge le cose, tutte le cose, quando realizziamo che siamo solo di passaggio, e che ci induce a ricordare con dolcezza i momenti andati pur godendo appieno del presente, come diceva Julio Cortázar, il nostro fil rouge.
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Scoprii che amava Borges: gli regalai una copia di Finzioni autografata dall’autore, la gemma più preziosa della mia biblioteca.
Era partito tutto da lì, i ringraziamenti, le confidenze, la scoperta che ciò che lo aveva toccato erano anche alcune coincidenze dolorose, come la malattia che aveva afflitto le nostre madri nei loro ultimi giorni di vita. Amavamo entrambi Rayuela, il capolavoro dell’argentino, un libro feticcio che riaffiorava carsicamente nei nostri discorsi. La verità è che ci sono incontri con i libri che non hanno nulla da invidiare a quelli con le persone, incontri che favoriscono un legame affettivo come se funzionassero da agnizione, da riconoscimento reciproco.
“I momenti creativi prendono vita nel silenzio”. La famiglia: “Non ho mai abbracciato mio padre o mia madre, pur volendogli bene”.
A vederlo così indiavolato mentre discuteva per qualche suo astruso principio, quando era così tutto amigdala, energia pura, una scarica ininterrotta di adrenalina, riusciva difficile immaginarlo ensimismado, per usare un termine cortazariano, cioè completamente assorto, rapito dai propri pensieri, immerso in letture dilatate nel tempo e nello spazio da una solitudine inviolata, come si vedeva nelle foto che postava di tanto in tanto su Instagram, eppure le due cose erano mirabilmente collegate. “I momenti creativi prendono vita nel silenzio, si nutrono di solitudine, anche di senso di scoraggiamento”, ho letto in un libro. Ed è proprio alla ricerca di quei momenti che sono progettati i nostri viaggi. Viaggi agli antipodi, di esplorazione della solitudine e dei suoi infingimenti, interrogazioni del vuoto, come per il soggiorno nel deserto raccontato ne I girovaghi di dio, romanzo semisconosciuto edito da una piccola casa editrice di San Marino, in cui si narrano le storie di Maryam e Yusuf, si, Maria e Giuseppe, una giovane coppia senza futuro nel proprio paese, la Somalia, che scappano insieme, insieme attraversano il deserto, passano la Libia, trovano un barcone e insieme salpano, vengono soccorsi e insieme sbarcano a Lampedusa, vengono inviati ALL’UHM di via Mattei e di lì trasferiti, lui a Ravenna, lei a Ferrara. Parte l’iter del ricongiungimento, che non è semplice, perché la prima preoccupazione delle autorità, specie se si tratta di una donna appena maggiorenne, è verificare, giustamente, che il matrimonio sia reale e non la copertura di un caso di tratta. Riescono a ricongiungersi, quando arriva, dopo pochi giorni, la notizia che aspettano un figlio. Dopo qualche mese nasce Abdirizak, che significa ‘figlio di Dio’, e nasce qui, in una terra abituata al sovranismo, al populismo, alle contumelie, ai post cattivi ed inutili, anime che si credono buone e belle, ma anche qui, in questa terra terra, abitata da aria fresca e pura, acqua nuova e chiara, venti speranzosi e ottimisti, vita, miracolo e meraviglia. Altri racconti parlano di convivenze e di nomadi berberi con i quali non si scambia una parola ma ci s’intende a gesti, storie di piccoli che imparano a fare i pastori, e la commovente vicissitudine della capra zoppa che segue il gregge finché non è costretta a tornare indietro perché non regge il passo delle altre. Avvertire in tutto questo una grande disposizione all’ascolto e all’osservazione, che è poi il sintomo più nobile di ogni autentica vocazione artistica, ma anche il bisogno ogni tanto di sparire, di non esserci più per nessuno, neanche per sé stesso, e farsi sguardo stupito e beato, appagato solo della propria assenza.
In quegli accenni si intuisce che lì qualcosa è mancato, come quando si dice “non ho mai abbracciato mio padre o mia madre pur volendogli bene”. “On ne parle jamais de soi sans perte”, avvertiva Montaigne, e forse è quel timore a frenarci dall’aprirci ancora, ma al di là di comprensibili reticenze, il pregio maggiore delle nostre vite è che non si fanno irretire dallo sguardo meduseo del verbo essere, come in quelle esistenze un po’ troppo autobiografiche in cui la star sale sul piedistallo, edifica il monumento di sé stesso, e ammorba l’uditorio ripetendo fino allo sfinimento “io sono, io sono, io sono”.
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Ma che tipo di scrittori siamo e vogliamo leggere? Prendendo per buona la celebre ripartizione di Isaiah Berlin, che si divertì a dividere gli scrittori in due opposte fazioni: i ricci e le volpi, con i primi dominati da un unico, totalizzante principio ispiratore, e le volpi che perseguirebbero invece una molteplicità di fini senza curarsi troppo di tradurli in una visione organica, direi che lui apparteneva sicuramente alla seconda categoria. Ma anche fra i lettori ci sono i ricci e le volpi, e se i primi debbono fare di ogni autore un’esca per i propri fantasmi, i secondi preferiscono fungere essi stessi da esca destinata ad attirare i fantasmi altrui. E anche in questo caso Lui si confermava una volpe, e l’esca per il suo amato Cortázar è il rito della preparazione del mate, grazie al quale si danno convegno le sue creature fantastiche più folli e adorabili, i cronopios e i famas, protagonisti di uno dei suoi libri più fortunati. I famas sono nostalgici per natura, imbalsamano ed etichettano i ricordi, mentre i cronopios incarnano l’intuizione e la poesia, come quando disegnano una rondine sul guscio delle tartarughe per farle sentire più leggere. Eppure, è lo stesso argentino a mettere in guardia il lettore dalla comoda scappatoia della mera contrapposizione. “Non esistono cronopios senza famas, è la dialettica della specie”, perché il fantastico non è che il quotidiano visto sotto una luce di rivelazione. Ecco, a volte i cosiddetti opposti sono categorie relazionali, in cui ciascuno detiene il senso dell’altro, in cui sembriamo Don Chisciotte e Sancho: lui alto, secco e lancia in resta, e io invece Panza di nome e di fatto, leggendo insieme il Don Chisciotte riscritto da Perez Reverte, aggiungendo: “Lo so che non è culturalmente una cosa da dire in giro, ma siccome non l’avevo mai letto mi sono dato alla versione facilitata”. Io incassai l’ennesimo “bomber ” e gli consegnai il pacchetto che mi ero portato dietro, un libro di Piero della Francesca, la copia anastatica del trattato De Prospectiva Pingendi, mi piaceva la prospettiva, e pensai che doveva piacere anche a lui, l’idea che a dispetto delle leggi di questo stupido mondo euclideo, per le quali due linee parallele mantengono sempre la stessa distanza e non s’incontrano mai se non all’infinito, i nostri occhi invece trovano il modo di farle avvicinare e congiungere. Lui sfogliò le tavole con attenzione, si soffermò un attimo su quelle metafisiche dei volti da manichini composti da numeri, poi disse che lo avrebbe mostrato alla figlia, che studia arte e ama tanto il Rinascimento.
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Con lui mi sentivo costantemente in debito da quando parlò del suo libro, e non volevo mai sembrare uno stalker con la mia incondizionatamente e pedissequa ammirazione. D’altronde, sull’ambiguità del rapporto tra idolo e fan c’è una letteratura sterminata, dalle riflessioni di Elizabeth Costello di Coetzee fino all’iperbole macabra di Misery di Stephen King, il libro che mi sarei portato nella tomba come Eleonora d’Aquitania. Infine ci salutammo affettuosamente, e nell’attimo in cui si sciolse l’abbraccio, l’attimo che precede l’allontanamento, quando scivoliamo all’indietro come un moonwalk dell’anima e comincia la prima rotazione del corpo, in quella sorta di stallo, in cui per me si racchiude il mistero e la magia dei rapporti umani, mi sembrò di aver raggiunto l’ultima casella di Rayuela, il mitico Ygdrissil, il centro del mandala.
Luca Gaviani
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emanuelepinelli · 8 years ago
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Intervista a un ministro immaginario della Pubblica Istruzione
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Signor Ministro, buongiorno. Quale sarà la prima azione del suo mandato?
Proverò ad aprire una scuola italiana in ogni Paese del mondo.
Ad oggi una rete di scuole così estesa è un privilegio eccezionale, su cui solo tre Paesi possono contare: Francia, Inghilterra e Stati Uniti. Ma tra poco ci saremo anche noi.
Non le pare un po' bizzarra come priorità?
Certo, perché è un gesto dal valore simbolico fortissimo, che compie uno strappo con il passato e capovolge il modo di vedere noi stessi che abbiamo avuto finora.
Io non sopporto il nostro provincialismo, per cui va di moda dire che l'Italia è inutile, limitata e in agonia, e va di moda provare a "internazionalizzare" le nostre scuole, cosa che poi facciamo con molta goffaggine.
Ci consideriamo una cultura suddita e marginale. Ma per fortuna non è così che ci considerano gli altri. 
L'Italia, anzi, è sinonimo di finezza, estro, genialità, armonia, memoria storica...e lo stesso vale per la nostra lingua, sa? Per tanti sarebbe un sogno sentirla risuonare sulle proprie labbra. Perciò passeremo all'attacco e sfrutteremo questo potenziale.
Eppure l'italiano non serve nel mondo del lavoro. È un lusso poterlo imparare, è una lingua per colti e per ricchi.
Anche se fosse, che male ci sarebbe? La scuola francese e la scuola inglese sono diventate in automatico "scuole di gran classe", e a maggior ragione questo varrà per le scuole italiane. Non sarebbe un'ottima pubblicità per il nostro Paese? 
Già i "colti" e i "ricchi" interessati a studiare “all’italiana” sarebbero migliaia. Le basti pensare che al momento l'italiano è la quarta lingua più studiata nel mondo come lingua straniera...ma non ci scordiamo che la nostra lingua è anche un'opportunità per chi è più povero di noi. Già oggi è molto conosciuta nell'Est Europa, e nulla ci impedisce di finanziare un programma di borse di studio nei 57 Paesi dell'Africa, per poi permettere agli studenti di venire in Italia forti già della più solida istruzione liceale.
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Ecco, a proposito di borse di studio, torniamo con i piedi per terra. In Italia andare all'università è ancora un costo eccessivo per troppi ragazzi?
La risposta è sì. E non basta rivedere gli scaglioni delle rette, allargando la forbice fra le più alte e le più basse, come in tanti giustamente suggeriscono. Perché il problema per tanti ragazzi è pagarsi il soggiorno in un'altra città per tutti quegli anni. O i trasporti, per chi ad esempio vive in provincia e prova a studiare in città, ma deve rimanere accanto alla famiglia per motivi di salute.
Come si può dare loro una mano?
In un mondo ideale, si potrebbe istituire un fondo da cui gli studenti poveri si "scalano" gli abbonamenti dei trasporti, i testi universitari e i contratti di affitto regolari. Un po' come si fa adesso col "bonus diciottenni". 
Questo avrebbe anche il merito di scoraggiare gli affitti in nero. Chissà, si potrebbe anche inventare un contratto apposito per i più giovani, su cui il proprietario paga solo il 10% di tasse ma non può chiedere più di 12€ a metro quadro...ma temo che la burocrazia sia troppo farraginosa per sistemi come questi.
 Facciamo così: se il governo impazzisce e mi dà 150 milioni, ne metto 100 in borse di studio per 20.000 studenti poveri, e 50 per raddoppiare il numero dei dottorandi, superando Francia, Germania e Gran Bretagna.
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Ha citato il "bonus diciottenni". Per lei è una buona idea?
Non è un'idea del tutto malvagia. Invece di dare i soldi subito in mano ai teatri, ai musei e alle case editrici, si è detto: "Facciamoli passare prima per le mani dei ragazzi, così offriamo loro un'occasione per farsi una cultura". E 500€ per quell'età sono una marea. Forse pure troppi. Lo sa che un romanzo in edizione economica costa meno di un pacchetto di Camel? Con 500€, volendo, ci si fa una biblioteca. Oppure si imparano due lingue.
Ma i diciottenni ricchi non ne hanno bisogno.
I diciottenni ricchi sono il 2,6% del totale. 
E poi tra genitori e figli si possono accendere conflitti per mille motivi, perciò non è male che almeno per le sue spese culturali nessun neo-maggiorenne debba dipendere mai dal portafoglio di papà...
E della Buona Scuola che cosa ne pensa? Farà marcia indietro su quella legge?
Quella legge per me ha due pregi: ha dato alla selezione dei professori regolarità e severità. Ogni due anni si faranno i concorsi, e saranno belli cattivi, come ha dimostrato quello del 2016.
Questa regolarità è una garanzia per gli aspiranti professori: se non ce la fai, ci riprovi due anni dopo e nel frattempo fai altro. Non rimani in quel limbo di precarietà dove ogni 1° settembre non sai ancora se, dove e quando lavorerai, e a volte quando lo scopri ti prendi un infarto. 
Tra l’altro potrai salire in cattedra già a 23-24 anni, cosa che prima era impensabile.
La severità, invece, è una garanzia per i ragazzi. Non dico che d'ora in poi tutti i docenti saranno Robin Williams nell’Attimo fuggente, o che spariranno del tutto quei "professori pazzi" che ognuno di noi, non nascondiamocelo, ha avuto. Ma senz'altro ci sarà un minimo di scrematura in più.
Allora quali parti cambierà della Buona Scuola?
L'alternanza scuola-lavoro deve durare meno ore. Per carità, ho visto studenti che hanno fatto cose pazzesche, tipo un'azienda scolastica che produce magliette e devolve il ricavato al WWF, un'altra che produce mappamondi interattivi da passare alle altre scuole...ma per concentrarsi sui pochi progetti di qualità è necessario che le ore siano poche.
Un'altra cosa che cambierei è il primo anno di insegnamento pagato solo 400€ al mese. È vero che prima dovevi addirittura pagare tu per fare la "SSIS" o il "TFA", però è il momento di dare un segnale forte per far capire che in questo Paese ogni ora lavorata deve essere pagata, pagata bene e pagata subito.
Lei è un Ministro maschio, ma quando si tratta di una donna bisogna chiamarla "Ministro" o "Ministra"?
Nel settimo canto dell'Inferno, Dante chiama la fortuna "general ministra e duce" degli splendor mondani. 
Direi che c'è poco da obiettare.
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Crede che la scuola dovrebbe trasmettere agli alunni dei valori particolari?
Mi fa sorridere la reazione della gente quando c'è un problema nella società, che so, la violenza sulle donne, e tutti dicono "Bisognerebbe insegnare nelle scuole a rispettare le donne". Oppure il gioco d'azzardo, e tutti dicono "Si dovrebbe insegnare nelle scuole a non giocare d'azzardo".
Come se i professori fossero onnipotenti, e soprattutto come se il loro ruolo fosse quello di inculcare ai giovani l'uno o l'altro valore, in modo che i genitori e i media se ne possano lavare le mani.
Cocchi belli, non funziona così. Leggete cosa c'è scritto all'articolo 1 del Testo Unico sulla Scuola: "La libertà d’insegnamento è tesa a promuovere, attraverso un confronto aperto di posizioni culturali, la formazione della personalità dell'allievo". 
Sono parole stupende, che sottoscrivo una per una.
Ecco, magari al posto di "confronto" avrei scritto "relazione".
Quindi un professore può "liberamente" raccontare agli allievi qualunque baggianata?
Secondo l'idea prepotente, egoista e consumista che spesso si ha della libertà, sì. Ma non credo sia la stessa idea di chi ha scritto quelle parole.
Affinché un allievo possa confrontarsi liberamente con lei, deve essere il più possibile in salute, protetto dalla violenza, alfabetizzato, capace di affidarsi a qualcuno ma non costretto ad affidarsi a nessuno, in grado di fare sforzi ma non bisognoso di vantarsene...quindi lei, professore, non può andare contro questi princìpi.
Inoltre non deve mai difendere di fronte a un allievo sistemi ideali o politici che negano a qualche essere umano la sua personalità.
Una volta che avrà rispettato queste condizioni, non avrà bisogno di inculcare agli allievi proprio un bel niente.
Un'ultima domanda. Taglierebbe un anno di liceo?
Chiunque abbia insegnato in un liceo sa che sarebbe un gesto un po’ avventato, figlio del nostro solito provincialismo. 
"I ragazzi devono entrare prima nel mercato del lavoro!" si dice. 
A parte che i ragazzi non devono entrare in nessun mercato o supermercato, ma nella vita adulta. Ma poi, anche se dovessero diventare solo bravi lavoratori, sarebbe comunque essenziale capitalizzare al massimo quell'ultimo anno, in cui la loro mente può apprendere in modo più maturo e indipendente che mai.
Se proprio fossimo in vena di avventure, potremmo fare la maturità a marzo, come in Germania, e poi cinque mesi di servizio civile o di esperienza all'estero per tutti. Sarebbe spettacolare...ma si parla di 500.000 giovani ogni anno, non è proprio facilissimo da organizzare!
Il suo ufficio resterà a Viale Trastevere?
Il mio sogno era spostarlo nel piano centrale del Corviale. Ma la Questura non era d'accordo.
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