#Delitti e Omicidi a Roma
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Banda Della Magliana: storia criminale romana
La Banda della Magliana è stata un’organizzazione criminale di stampo mafioso. Ha dominato la criminalità a Roma per oltre un decennio, dal 1970 agli anni ’90. Originaria del quartiere omonimo, è stata la più potente e violenta a Roma. Ha unificato la malavita locale. La banda si distingueva per i suoi legami con la politica e i servizi segreti. Le sue attività illegali includevano traffico di…
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L'incredibile storia del pastore sardo condannato all'ergastolo per tre omicidi a causa di testimonianze influenzate dai poliziotti. L'avvocato Trogu racconta cosa ha portato all'apertura del processo di revisione e alla sua liberazione
Trentadue anni in carcere da innocente. Il prossimo 19 dicembre, salvo sorprese, gli italiani verranno a conoscenza del più grave errore giudiziario della storia del nostro paese. Protagonista, suo malgrado, è Beniamino Zuncheddu, ex allevatore di Burcei (Cagliari) di 58 anni, di cui 32 trascorsi in carcere a causa di una condanna definitiva all’ergastolo per la cosiddetta “strage del Sinnai”: un triplice omicidio avvenuto l’8 gennaio del 1991, quando sulle montagne di Sinnai furono uccisi tre pastori e una quarta persona rimase gravemente ferita.
Inizialmente le indagini non portarono a nessun risultato. L’unico superstite e testimone oculare, Luigi Pinna, riferì agli inquirenti di non aver potuto riconoscere colui che aveva sparato perché aveva una calza da donna sul volto ed era notte. Un pastore della zona disse invece di aver saputo di minacce da parte di Zuncheddu nei confronti di uno degli allevatori uccisi, ma di non aver mai assistito a queste. Tutto cambiò nel giro di un mese e mezzo. “Il cambio di versione di entrambi i soggetti avvenne a seguito dell’opera di convincimento da parte di un poliziotto”, racconta al Foglio l’avvocato Mauro Trogu, che nel 2016 ha preso in carico la difesa di Zuncheddu portando all’apertura di un processo di revisione. “Nel febbraio del 1991 – racconta – entrambi i soggetti cambiarono improvvisamente versione, dicendo a distanza di pochi giorni l’uno dall’altro di aver visto in faccia chi aveva minacciato uno degli allevatori uccisi e chi aveva sparato: Beniamino Zuncheddu”. Zuncheddu fu condannato all’ergastolo. Ha trascorso gli ultimi 32 anni nelle carceri sarde di Badu ’e Carros, Buoncammino e Uta.
Il destino del pastore sardo sembrava ormai segnato, fino a quando nel 2019 l’avvocato Trogu, attraverso le sue indagini difensive, è riuscito a convincere l’allora procuratrice generale di Cagliari, Francesca Nanni, ad aprire un processo di revisione per esaminare le nuove prove a sostegno dell’innocenza di Zuncheddu. “Nell’estate del 2019 la dottoressa Nanni giunse alla conclusione che gli omicidi erano collegati a un sequestro di persona che si era consumato in quella zona nello stesso periodo – spiega Trogu –. C’erano delle strane coincidenze spazio-temporali tra i due delitti. Questi elementi, per esempio il fatto che gli autori della strage apparivano essere più di uno, sarebbero risultati molto utili nel processo a carico di Beniamino, ma non vennero mai presi in considerazione”.
Riaperto il caso, la procura autorizzò nuove intercettazioni ambientali nei confronti del superstite Luigi Pinna dalle quali emersero ammissioni e anche parziali pentimenti sull’accusa rivolta oltre trent’anni prima nei confronti di Zuncheddu. L’ammissione definitiva, tuttavia, è giunta lo scorso 14 novembre nell’udienza del processo di revisione. Pinna ha infatti riferito che all’epoca un poliziotto, Mario Uda, gli mostrò una foto di Zuncheddu prima di essere interrogato dal magistrato. “E’ lui il colpevole”, disse il poliziotto a Pinna, indirizzando le indagini. Pinna accusò così proprio Zuncheddu.
Queste testimonianze hanno indotto la corte d’appello di Roma, dove si sta tenendo il processo di revisione, a concedere dieci giorni fa a Zuncheddu la sospensione provvisoria dell’esecuzione della pena. Dopo 32 anni di carcere, il pastore sardo è tornato in libertà, in attesa che il 19 dicembre i giudici mettano definitivamente la parola fine sulla sua incredibile vicenda giudiziaria.
“Dopo la scarcerazione ho trovato Zuncheddu felice come non lo avevo mai visto”, rivela Trogu. “Le dico la verità. Tra luglio e agosto di quest’anno ho avuto molta paura per le sorti di quest’uomo, perché ha avuto un crollo psicologico preoccupante. In quel momento ho interessato la garante dei detenuti della Sardegna, Irene Testa, anche perché far muovere il servizio sanitario in carcere non è mai facile. Ha vissuto dei mesi di grande pesantezza. Con la scarcerazione c’è stato un ribaltamento. Ora quando lo chiamo ride per un nonnulla, è proprio felice”.
Trogu si dice “molto contento di vedere Beniamino così”, ma non si sente un eroe, anzi: “Continuo ad avere il rimorso di non essere riuscito a fargli ottenere la libertà prima. Ho chiesto la scarcerazione dal novembre 2020 e sento che gli sono stati rubati altri tre anni di libertà senza motivo”.
Trogu aspetta comunque fiducioso la sentenza del 19 dicembre. Nell’ordinanza con cui hanno concesso la sospensione provvisoria dell’esecuzione della pena, i giudici hanno infatti scritto che sono ormai “realtà processualmente accertata” sia “il fatto storico dell’avere” il poliziotto “segretamente mostrato a Pinna la fotografia di Zuncheddu”, sia “l’aspetto dell’avere indotto Pinna a sostenere che quello era lo sparatore da lui visto in viso e a tacere che aveva già visto quella fotografia”. Insomma, i presupposti per vedere confermata la caduta delle accuse contro Zuncheddu ci sono tutti.
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Questura di Latina: si è insediato il nuovo Questore della Provincia, dr. Fausto Vinci
Questura di Latina: si è insediato il nuovo Questore della Provincia, dr. Fausto Vinci. Si è insediato mercoledì mattina il Dirigente Superiore della Polizia di Stato Dr. Fausto Vinci, già Questore di Viterbo, che ha assunto le redini della Questura di Latina. La cerimonia di insediamento si è svolta mercoledì mattina presso la Questura dove l'arrivo del nuovo Questore è stato accolto dai Dirigenti e dai responsabili delle articolazioni interne e delle specialità della polizia di Stato, da una rappresentanza dell'A.N.P.S. di Latina e da un picchetto d'onore schierato. Il Questore, accompagnato dal Vice Questore Vicario, ha poi reso onore ai caduti della Polizia di Stato, con la cerimonia di deposizione di una Corona d'alloro presso la lapide commemorativa sita all'ingresso della Questura. Subito dopo, l'incontro con tutti i Dirigenti della Questura e dei Commissariati distaccati, con il personale in servizio presso i vari uffici e con le delegazioni delle Organizzazioni Sindacali della Polizia di stato. Terminata la cerimonia di insediamento, il Questore ha incontrato il Prefetto della Provincia di Latina, Maurizio Falco per i consueti saluti istituzionali che segnano l'inizio dell'attività del nuovo Questore sul territorio di questa provincia. Il Dr. Vinci 57 anni il prossimo 31 maggio, è nato a Viterbo il 31.05.1967 e si è laureato in giurisprudenza presso l'Università degli studi di Roma "La Sapienza". Nel corso della sua attività professionale ha ricoperto numerosi incarichi; dal dicembre 1986 al 1991 ha frequentato il corso per Vice Commissari della Polizia di Stato presso l'Istituto Superiore di Polizia; dal novembre 1991 al novembre 1995 in servizio presso la Squadra Mobile della Questura di Ravenna in qualità di Vice Dirigente; dal dicembre 1995 al dicembre 2002, alla Squadra Mobile della Questura di Firenze con l'incarico di responsabile delle sezioni Omicidi, della sezione antidroga e del Nucleo che si è occupato delle indagini relative ai delitti del cosiddetto "Mostro di Firenze": dal 2004 al 2011 ha lavorato al Servizio Centrale Operativo della Direzione Centrale Anticrimine ove ha svolto le indagini nei confronti dei responsabili dell'omicidio dell'Onorevole Francesco FORTUGNO, Vice Presidente del Consiglio Regionale della Regione Calabria, nonché numerose attività investigative nei confronti di pericolose organizzazioni mafiose tese anche alla cattura di pericolosi latitanti (l'arresto in Olanda dei responsabili della strage di Duisburg). Ha svolto attività investigativa, in collaborazione con il Federal Bureau of Investigation, nei confronti di organizzazioni criminali di tipo mafioso, con proiezioni negli Stati Uniti d'America (Operazione Old Bridge). Si è occupato dell'arresto dei responsabili di efferati delitti (come l'arresto di IZZO Angelo, detto il "Mostro del Circeo" ed altri casi di rilevanza nazionale). Nel corso di tali attività ha conseguito numerosi riconoscimenti al merito per le operazioni di polizia realizzate. dal 2012 al 2014 quale Direttore della Sezione Cocaina della Direzione Centrale per i Servizi Antidroga ha coordinato direttamente numerose attività investigative nei confronti di pericolose organizzazioni transnazionali dedite al traffico internazionale di droga. dal gennaio 2014 al 2016 ha ricoperto l'incarico di Dirigente della Divisione Polizia Amministrativa e Sociale ed Immigrazione della Questura di Firenze ove ha diretto delicati servizi di ordine pubblico in occasione di manifestazioni "di piazza" di natura politica, di pubblici spettacoli e di manifestazioni sportive che hanno visto la partecipazione di un considerevole numero di persone; dal gennaio 2017 al maggio 2020, come Vice Dirigente dell'Ispettorato di Pubblica Sicurezza "Palazzo Chigi" si è occupato dei servizi di tutela e sicurezza dei palazzi del Governo; dal giugno 2020 all'ottobre 2022 ha ricoperto l'incarico di Vicario del Questore di Brescia; ottenuta la promozione a Dirigente Superiore della Polizia di Stato, dal 9 gennaio 2023 gli sono state affidate le funzioni di Questore della provincia di Viterbo e dalla data di mercoledì ha assunto l'incarico di Questore della provincia di Latina. ... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Violenza sulle donne: il rapporto del Viminale
La violenza sulle donne non si ferma. Due giorni fa, 4 settembre, a Roma, una donna di 52 anni è stata uccisa nell'androne del suo palazzo a Roma con una serie di coltellate. Dopo alcune ore di indagini serrate è stato fermato un ex della vittima. Quante sono le donne uccise finora nel 2023? Diamo insieme uno sguardo al Rapporto del Viminale appena diffuso. Come nascono i report del Ministero dell'Interno Il Servizio Analisi Criminale, presso la Direzione Centrale della Polizia Criminale, elabora a cadenza settimanale un report sugli omicidi volontari commessi nel nostro Paese. Un lavoro che consente di avere una panoramica precisa anche degli eventi delittuosi riconducibili alla violenza di genere. I dati finali sono il risultato di un'opera di incrocio di dati provenienti dalle Forze di Polizia di Stato e di Carabinieri. Sono anche e soprattutto frutto di un costante aggiornamento e confronto con i dati del Sistema di Indagine (SDI). Gli elementi acquisiti permettono anche di ricostruire la dinamica dei singoli eventi e la rete di relazione tra i soggetti coinvolti nell'evento delittuoso. L'ultimo report pubblicato dal Viminale si focalizza sul periodo 1° gennaio - 3 settembre 2023 mettendo i dati a confronto con lo stesso periodo del 2022. Violenza sulle donne: cosa dicono i numeri Dal 1° gennaio al 3 settembre 2023, in Italia, sono stati registrati 225 omicidi. Di questi 77 hanno avuto come vittime donne; 61 di esse sono state uccise in ambito familiare/affettivo e all'interno di questo gruppo 38 dal partner o ex partner. Cosa ci dicono questi dati se confrontati allo stesso periodo dello scorso anno? Nel 2022 gli omicidi erano stati 215 mentre le donne uccise erano state 81. Parliamo quindi di un aumento del 5% degli omicidi in generale e di un calo del 5% degli omicidi di donne. I delitti consumati in ambito familiare/affettivo da gennaio a settembre 2023 sono stati 98, il 2% in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno quando erano stati 96. Il numero delle vittime di genere femminile, invece, è sceso da 71 dello scorso anno a 61 attestandosi su un -14%. Cala anche il numero degli omicidi commessi dal partner o dall'ex partner: da 46 dello scorso anno siamo arrivati a 42 registrando così un -9%. Di conseguenza cala anche il numero delle donne vittime: da 43 del 2022 a 38 di quest'anno (-12%). Nel periodo dal 28 agosto al 3 settembre 2023 sono stati registrati 7 omicidi di cui una vittima era di genere femminile. L'incontro chiarificatore Gli ultimi casi di femminicidio hanno messo in evidenza un dettaglio ricorrente che vale la pena sottolineare. Nella maggioranza dei casi l'omicidio è stato consumato nell'ambito di un incontro chiarificatore richiesto dall'omicidio alla sua vittima. Le donne che sono state uccise hanno accolto l'invito a un presunto ultimo colloquio chiarificatore. Nella speranza di porre fine a quello che verosimilmente era diventato uno strazio, le donne hanno accettato senza rendersi conto che in realtà quell'invito era semplicemente una trappola. In copertina foto di Tumisu da Pixabay Read the full article
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Roma, 1750. Anno del Giubileo. Una serie di omicidi sconvolge il rione di Regola. Le vittime, tutte donne, sembrano essere legate a uno strano e agghiacciante rituale che si consuma nelle varie chiese del quartiere. La gravità degli accadimenti coinvolge la potente e pericolosa famiglia Corneto che a Regola spadroneggia e deve a tutti i costi scoprire chi si cela dietro questi orribili delitti. Cassiopea, la nipote del capofamiglia, una donna intelligente, intraprendente e spietata, cercherà di venire a capo della intricata matassa. Inizierà così un gioco letale tra potere e vendetta, ragione e male assoluto che la condurrà al cuore della Chiesa e all'incontro con Asmodeo Misericordia. Quest'ultimo getterà scompiglio nella sua mente e nelle indagini, fino al clamoroso epilogo. 🔜Dal 30 Gennaio in tutti gli STORE!! Lo trovate già in preview. https://www.instagram.com/p/CKmE0obHNrD/?igshid=jmdp9hcot3qn
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di Tonino Armata (presidente onorario ass. Città dei Bambini)
SAN BENEDETTO – Egregio direttore,
Il 23 maggio di 28 anni fa, a Capaci, polverizzando un Km e mezzo di autostrada e mirando dritto al cuore dello Stato, Cosa nostra sterminava Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e i ragazzi della scorta Antonio Montinaro, Rocco Dicillo e Vito Schifani.
La storia di Falcone è il paradigma di una tendenza del nostro Paese a disegnare la reputazione – anche delle persone migliori – con gli alti e i bassi di un otto volante, in ragione di polemiche scatenate ad arte e/o prive di reale consistenza.
Falcone è stato sulla cresta dell’onda quando il capolavoro del “Maxi-processo” (costruito con gli altri giudici istruttori del pool antimafia di Palermo diretto da Nino Caponnetto) fece emergere – squarciando la cortina di impunità e complicità fin lì dominante – le responsabilità di oltre 450 mafiosi, per un migliaio di delitti distribuiti su decine e decine di anni.
Le condanne in primo grado furono 19 ergastoli e oltre 2600 anni di reclusione (16 dicembre 1987). Ma ancor più importante, si dimostrò che Cosa nostra non è affatto invulnerabile. Può essere contenuta è sconfitta, purché lo si voglia e si sappia (così Falcone) “contrapporre organizzazione a organizzazione”.
Falcone aveva reso un servizio di incalcolabile portata al nostro Paese, ma fu ripagato con una serie di “schiaffoni” che gli italiani della mia generazione stanno dimenticando mentre quasi tutti i giovani ne sanno poco o nulla. Il primo colpo fu il più doloroso.
Dovendosi designare il successore di Caponnetto, con una decisione a dir poco sconcertante, la maggioranza del CSM (19 gennaio 1988) non nomina il più bravo dell’antimafia, il grande protagonista della maxi. Falcone viene scavalcato da Antonino Meli, un magistrato digiuno di processi di mafia, semplicemente più anziano.
Con questa nomina il pool è morto, il suo metodo di lavoro vincente cancellato. Le inchieste (come trent’anni prima) tornano a essere spezzettate e distribuite a pioggia. Il segnale politico è chiaro: anziché proseguire sulla strada del pool che stava portando alla sconfitta della mafia, si decide di fermarsi.
Circondata la fortezza, lo Stato si ritira. Smette di combattere a un passo dalla vittoria. Un suicidio. Per Falcone anche un’umiliazione profonda. Dirà Paolo Borsellino, nel trigesimo della morte dell’amico, che “il paese, lo stato, la magistratura che forse ha più colpe di ogni altro cominciò proprio a farlo morire quel 19 gennaio”, con “motivazioni risibili” e “qualche Giuda che si impegnò subito a prenderlo in giro”.
Intanto si sviluppa una furibonda campagna di delegittimazione nella quale Falcone viene accusato di nefandezze assortite; per esempio di “maccartismo”, per aver costruito col Maxi “un meccanismo spacciato come giuridico” ma utilizzato per altri fini “dai giudici capitanati” da lui (vedi “Il Giornale” del 19 novembre 1988).
Falcone deve anche scontare la “colpa” di non essersi limitato a colpire l’ala militare di Cosa nostra; con lui il pool aveva osato indirizzare le indagini anche verso le complicità esterne ( Ciancimino padre, i cugini Salvo, i Cavalieri del lavoro di Catania…), cioè verso quella “zona grigia” che è insieme spina dorsale e corazza protettiva dell’organizzazione criminale.
Nel 1989 si apre una torbida stagione di dossier, di corvi e di veleni. Cinque esposti anonimi accusano falsamente Falcone, insieme ad altri, di avere consentito al “pentito” Salvatore Contorno di tornare in Sicilia per commettere numerosi omicidi. Tra gli scogli antistanti una villetta all’Addaura affittata da Falcone per il periodo estivo, viene piazzata una borsa per colpirlo con un potentissimo ordigno esplosivo.
L’attentato fallisce per puro caso, ma viene vigliaccamente fatta circolare la voce (perfino nei corridoi del CSM) che Falcone se l’era organizzato da solo per favorire la propria nomina ad Aggiunto nella Procura di Palermo. Qui Falcone subisce una penosa odissea di mortificazioni da parte di un capo che lo emargina e lo costringe ad imbarazzanti ed estenuanti anticamere sotto gli occhi di tutti. Il sindaco Orlando lo accusa pubblicamente di aver tenuto carte importanti in un cassetto.
Falcone si candida al CSM ma i colleghi magistrati della sua corrente gli preferiscono un altro e non lo votano. Non mancano “probi cittadini” che scrivono ai giornali protestando per il fastidio causato alla quiete cittadina dalle auto a sirene spiegate di Falcone, invitato a togliere il disturbo relegandosi in qualche ghetto “fuori porta”. L’aria a Palermo si fa irrespirabile. Alla fine Falcone decide di “emigrare” e di chiedere una sorta di asilo politico-giudiziario al Ministero della giustizia di Roma, dove continua con determinazione il suo impegno antimafia.
Le accuse e gli attacchi ingiusti riprendono con toni di inusitata asprezza quando si avvicina il giudizio definitivo della Cassazione sul maxiprocesso, mentre Falcone è candidato a dirigere l’istituenda Procura nazionale antimafia. Il 29 ottobre 1991, sul quotidiano Il Giornale di Napoli diretto da Lino Jannuzzi compare un articolo (non firmato perciò riferibile al direttore) dal titolo Cosa nostra uno e due. In esso Falcone viene definito uno dei “maggiori responsabili della débacle dello Stato di fronte alla mafia”.
E se Falcone fosse stato nominato PNA, sarebbe stato necessario “guardarsi da due ‘Cosa nostra’, quella che ha la Cupola a Palermo e quella che sta per insediarsi a Roma. E sarà prudente tenere a portata di mano il passaporto”.
Il 30 gennaio 1992 la Corte di cassazione conclude con sentenza definitiva l’iter processuale del “maxi” e sostanzialmente conferma le condanne del primo grado. Ripetiamolo: finalmente (dopo anni di tentativi giudiziari spesso vani) cessa la vergognosa stagione dell’impunità di Cosa nostra.
Nessun risultato avevano ottenuto i pesanti tentativi di aggiustamento del processo posti in essere attraverso vari canali dai boss di Cosa nostra. Uno smacco e un affronto intollerabili. La lacerazione di un patto di scambio nel quale i boss avevano creduto, garantendo agli affiliati l’esito favorevole del processo.
Si apre, per Cosa nostra, la stagione della “resa dei conti”, sul versante “politico” e su quello “giudiziario”. Qui il furioso messaggio di rabbia di Cosa nostra inizia proprio con la strage di Capaci. E Giovanni Falcone torna ad essere considerato (da molti con laida ipocrisia) un eroe: ma solo dopo morto, dimenticando con colpevole disinvoltura i torti che aveva dovuto sopportare in vita.
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Ragusa - Operazione Plastic free
La Polizia di Stato di Ragusa, su delega della Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Catania, ha eseguito 15 ordinanze di custodia cautelare e 5 sequestri preventivi di azienda nel settore del riciclo plastiche. Il provvedimento, disposto dal Giudice per le Indagini Preliminari di Catania, ha permesso di disarticolare un´associazione per delinquere di stampo mafioso denominata "stidda". Tra i reati contestati, commessi tutti con metodologia mafiosa, rientrano l´estorsione pluriaggravata, l´illecita concorrenza con minaccia, le lesioni aggravate, la ricettazione, la detenzione ed il porto di armi da sparo, il danneggiamento seguito da incendio, il traffico illecito di rifiuti aggravato. Le indagini delegate dalla Procura Distrettuale di Catania e condotte dalla Polizia di Stato, hanno preso avvio nel 2014 a seguito di un sequestro, operato a Roma, di calzature contenenti materiali nocivi per la salute. Fu ipotizzata l'esistenza di un´organizzazione dedita al traffico di rifiuti plastici, acquisiti da imprese di raccolta e stoccaggio aventi sede nelle province di Ragusa e Catania ed esportati in Cina, ove gli stessi venivano utilizzati per la fabbricazione di scarpe, poi importate in Italia e commercializzate pur contenendo sostanze tossiche. Nell´ipotesi investigativa, le materie plastiche di scarto -- provenienti dal territorio ibleo - venivano recuperate prevalentemente dai teloni di copertura degli impianti serricoli del vittoriese, e risultavano inquinate da agenti altamente tossici (fitofarmaci e pesticidi). Venne avviata una complessa ed articolata attività di indagine, svolta dai poliziotti delle Squadre Mobili di Catania e di Ragusa con il coordinamento del Servizio Centrale Operativo, dalla quale emergeva che le principali imprese vittoriesi attive nel settore della raccolta e trasformazione di rifiuti plastici si approvvigionavano dei teli di copertura periodicamente dismessi dalle serre presenti nel territorio ricompreso fra le provincie di Ragusa, Siracusa e Caltanissetta. Vennero accertati attriti e contrapposizioni tra gli interessati durante il periodo di dismissione dei teli di copertura delle serre, anche in virtù del rilevante valore economico del settore, pari a svariati milioni di euro all´anno. Di conseguenza vi era una forte concorrenza tra le aziende che si occupavano della raccolta della plastica, le quali cercavano di ottenere il monopolio, anche attraverso il ricorso all´intimidazione mafiosa. I poliziotti hanno dunque accertato che parte dei destinatari dell´odierna misura cautelare, appartenevano ad un´associazione di stampo mafioso "stidda", finalizzata, mediante la forza d'intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva, a commettere una serie indeterminata di delitti contro l'incolumità individuale, la libertà personale, il patrimonio e ad acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di attività economiche legate alla raccolta e al riciclaggio della plastica dismessa dalle serre insistenti in Vittoria e nelle provincia di Ragusa e Caltanissetta. In particolare, è stato accertato che il sistema messo in atto dagli indagati era finalizzato ad ottenere il conferimento, in via esclusiva, della plastica dismessa dalle serre ad una particolare ditta, tanto che il Giudice per le Indagini Preliminari ha applicato la misura cautelare nei loro confronti per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa. I soggetti, titolari di più impianti per il riciclo di materie plastiche, riuscivano ad ottenere tale vantaggio economico attraverso l´intimidazione sistematica dei serricoltori e dei raccoglitori di plastica, messa in atto dall´associazione mafiosa, acquisendo una posizione di sostanziale monopolio nel settore. Di rilievo nella vicenda la posizione di un soggetto, il quale, dopo aver completato il percorso come collaboratore di giustizia, ha fatto ritorno dal 2013 a Vittoria, dove negli anni 80/90 si era reso responsabile di atroci crimini (tra gli altri più di 60 omicidi), assumendo un ruolo fondamentale per l´associazione mafiosa e ponendosi a capo di uno storico clan. In questa occasione lo stesso ha promosso, organizzato e diretto l´associazione, d´intesa con un concorrente esterno e con l´ausilio di un altro soggetto, reclutando e coordinando l´attività di raccolta della plastica. L´intervento del soggetto nel 2015 ha inoltre permesso di raggiungere un accordo criminale con una famiglia gelese (anch´essa colpita da provvedimenti dell´Autorità Giudiziaria nissena nel 2016 per i medesimi fatti) per la spartizione dei terreni. È stato inoltre possibile ricostruire la dinamica di una grave atto intimidatorio per ottenere l´egemonia nel settore della redditizia raccolta della plastica e tra le aggravanti contestate vi è anche la disponibilità di armi da parte degli indagati. Tra i reati contestati (solo a 5 soggetti), vi è inoltre la gestione abusiva di ingenti quantitativi di rifiuti. Gli indagati smaltivano abusivamente i fanghi speciali provenienti dal lavaggio della plastica, nocivi in quanto costituiti da terra mista a fertilizzanti e pesticidi. I rifiuti venivano interrati e ricoperti con cemento e asfalto o ancora occultati mediante sversamento abusivo nei terreni adiacenti la ditta o in altri terreni di Vittoria, creando un grave danno all´ambiente. La Polizia di Stato ha effettuato durante il periodo investigativo anche riscontri mediante videoriprese delle fasi di smaltimento illegale. I reati ambientali commessi dagli indagati hanno permesso di ottenere maggiori profitti, in quanto lo smaltimento abusivo, privo di tracciabilità (per assenza del FIR), non veniva conferito presso una discarica autorizzata, con illecito abbattimento dei costi; è stata elusa anche l´IVA da parte dei commercianti materie plastiche, proprio in virtù di tale smaltimento clandestino. La Procura della Repubblica ha anche richiesto ed ottenuto il sequestro preventivo di 5 aziende riconducibili agli indagati. Il volume di affari complessivo delle aziende sequestrate ammonta a circa 5 milioni di euro. È stato infine nominato un amministratore giudiziario, in modo da consentire la prosecuzione dell´attività imprenditoriale, con salvaguardia dei lavoratori. Read the full article
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"Considerata troppo a lungo di Serie B": Roberti sulla mafia foggiana
"Considerata troppo a lungo di Serie B": Roberti sulla mafia foggiana Il procuratore parla di "difficoltà ad investigare" e spiega come i traffici di droga con l'Albania siano il legame da spezzare per disturbare i clan. Il Comune di Foggia - spiega - non si è costituito parte civile in un importante processo che si è recentemente celebrato contro i clan: "Un segnale estremamente negativo che va stigmatizzato" Il procuratore nazionale Antimafia lo dice senza giri di parole, il giorno dopo la strage di San Marco in Lamis: “La criminalità pugliese e in particolare questa efferatissima forma di criminalità foggiana, è stata considerata troppo a lungo una mafia di serie B“. Intervenendo nella trasmissione 6 su Radio 1, il magistrato ha spiegato che le faide tra clan nel Foggiano vanno avanti da 30 anni e “ci sono stati 300 omicidi, l’80% di questi è rimasto impunito”. Solo da gennaio ad oggi sono stati 17, ai quali bisogna aggiungere almeno 2 casi di lupara bianca, l’ultimo risalente allo scorso maggio quando è scomparso nel nulla Pasquale Notarangelo, nipote del presunto boss Angelo ‘Cintaridd, ammazzato nel gennaio 2015, e figlio di Onofrio, tra i primi caduti del 2017 nella guerra di Vieste. Roberti, inascoltato, aveva ribadito un concetto simile già ad aprile definendo “quarta mafia” quella foggiana. Il numero di omicidi irrisolti, spiega Roberti, “la dice lunga sulle difficoltà di investigare”. “Oggi lo scontro si è acceso attorno al traffico di stupefacenti, in particolare di droghe leggere dall’Albania. Un affare colossale che scatena gli appetiti dei clan e che investe, partendo dal foggiano, tutta la dorsale adriatica fino all���Europa. La mafia foggiana è una costola della camorra napoletana – ha spiegato il procuratore nazionale Antimafia – Negli ultimi tempi sono state rafforzate le strutture investigative sul territorio e credo che si procederà oltre. Ad aprile scorso è stata aperta una sezione del Ros a Foggia che mancava, la Procura distrettuale di Bari si prodiga moltissimo per coordinare le indagini”. Nelle prossime ore, il ministro degli Interni Marco Minniti presiderà il comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza in Prefettura a Foggia e poi incontrerà i sindaci dei Comuni coinvolti nelle faide che stanno insanguinando il territorio. La prima risposta – secondo quanto trapela – sarà proprio il raddoppio della struttura investigativa Anticrimine. Del resto, anche la presidente della Commissione Antimafia, Rosy Bindi, aveva spiegato come “nelle nostre missioni in varie zone d’Italia abbiamo registrato due criticità, una delle quali riguarda Foggia, dove ci è stato sottolineato il problema di immettere personale che abbia la capacità di leggere problematiche che prima non c’erano”. Investigatori ancora più numerosi – e specializzati – per contrastare l’escalation degli ultimi mesi. “Servono più presidi di polizia, più professionalità nelle forze di polizia. Bisogna mandare in quel territorio il meglio delle professionalità investigative, lo ha detto recentemente la presidente della Commissione Antimafia – ha ricordato Roberti a Radio 1 – e io lo condivido perché se questa è una priorità, è non c’è dubbio che il contrasto alla criminalità foggiana sia una priorità assoluta, allora bisogna mettere in campo il meglio delle risorse”. Allo stesso tempo, restano problemi strutturali. Come aveva spiegato ilfattoquotidiano.it a marzo, la Procura di Foggia, dove si fanno i salti mortali per star dietro ai delitti di mafia e a una microcriminalità diffusa, conta 18 sostituti procuratori e due aggiunti. Diciotto sostituti contro 28 clan criminali e circa 8-900 affiliati, secondo le stime del ministero dell’Interno risalenti alla primavera 2015. E invece dovrebbero essere in 22 a sorvegliare sulla Società foggiana e sulla mafia del Gargano. Quattro in meno, dunque, per controllare tutta la provincia più Margherita di Savoia, Trinitapoli e San Ferdinando di Puglia, comuni che appartengono alla provincia BAT ma ricadono sotto la giurisdizione della procura foggiana. A conti fatti vuol dire circa 700mila persone, oltre a circa 30mila irregolari. E la Direzione distrettuale Antimafia è a Bari, oltre cento chilometri di distanza. “Naturalmente bisogna fare di più, anche sul piano della cooperazione internazionale per frenare i fiumi di droghe leggere che arrivano dall’Albania perché sono quelli che stanno scatenando la faida. Siamo andati in Albania nei mesi scorsi a chiedere cooperazione, abbiamo incontrato a Roma il Ministro degli Interni albanese che ha promesso maggiore collaborazione – ha aggiunto Roberti – Bisogna vincere l’omertà e per farlo bisogna creare una cultura della legalità che in quel territorio è ancora molto latente. Il Procuratore capo di Bari, Giuseppe Volpe, fa benissimo a invocare maggiore collaborazione da parte dei cittadini”. Nelle scorse ore, Daniela Marcone, foggiana e vice-presidente nazionale di Libera, ha parlato a ilfattoquotidiano.it di “nuova resistenza” della società civile, necessaria per sconfiggere i clan. E anche secondo il procuratore nazionale Antimafia “con il massimo sforzo da parte dello Stato, io sono convinto che arriverà anche la collaborazione dei cittadini perché senza collaborazione dei cittadini purtroppo non si va molto lontano”, ha concluso. Non prima di aver ricordato come nell’ultimo processo “importantissimo che si è celebrato a Foggia, condotto dalla Procura Distrettuale di Bari per una catena enorme di estorsioni, purtroppo non si è registrata la partecipazione della società civile. Il Comune di Foggia non si è nemmeno costituito parte civile del processo e questo è un segnale estremamente negativo che va stigmatizzato”.
Il procuratore parla di “difficoltà ad investigare” e spiega come i traffici di droga con l’Albania siano il legame da spezzare per disturbare i clan. Il Comune di Foggia – spiega – non si è costituito parte civile in un importante processo che si è recentemente celebrato contro i clan: “Un segnale estremamente negativo che va stigmatizzato” Il procuratore nazionale Antimafia lo dice senza giri…
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Substantia - Recensione di Eleonora Marsella
J
SUBSTANTIA DI SIMONE PINNA
Scritto da Eleonora Marsella il 13 gennaio 2017. Postato in Interviews, Recensioni. Ciò che amo della mia vita sono i libri, le persone e le emozioni e trovare questi tre elementi insieme è come fare BINGO! Simone Pinna racchiude questo e tanto altro ancora all’interno del suo libro Substantia edito da Eremen Edizioni.
L’autore, classe 1989, esordisce nel mondo editoriale con un romanzo unico, ricco, fitto, incalzante. Il genere? Fantascienza, Thriller e Fantasy insieme! I personaggi principali sono tanti e tutti sono caratterizzati da tratti e comportamenti unici. Apparentemente alcune storie, alcune persone, alcune realtà sembreranno scollegate ma.. durante la lettura del libro pian-piano verranno alla luce fattori comunicanti straordinari. 1959- Ufo abbattuto 1979- Anton appare in fin di vita (aspetto che si rivelerà- poi- essere voluto da…) 2040- Un uomo, dopo anni e anni, scopre d’esser un burattino mosso da qualcuno al di sopra di lui e di tanti altri…. Poi c’è Giada, Agatha, Massimo, il Professor Ramiro A.- uno dei protagonisti delle vicende- , Marcus, Michael, i tralicci, Roma, la Toscana, Anton, una serie di omicidi, delitti, ricerche, prove, esperimenti e…. e poi c’è la SUBSTANTIA protagonista indiscussa del romanzo, sostanza che si rivelerà essere poi… calamitante per tutto/i.
Trama, personaggi, ambientazioni e illustrazioni, meritano 5 stelle su 5.
Come nasce il tuo libro?
Substantia nasce in modo inusuale, del tutto fuori luogo, eppure perfettamente calzante con il mio modo di essere. Il mio romanzo nasce da un incubo. Solitamente si scrivono romanzi dopo sogni particolarmente fantasiosi, attimi di profonda ispirazione o provando forti emozioni, ma nel mio caso tutti questi elementi di sono riuniti dando origine a un incubo, che mi ha sconvolto al risveglio e perseguitato per l’intera giornata. Scrivo da molti anni, lo faccio per passione e tengo per me componimenti di ogni sorta e montagne di appunti, ma quel giorno qualcosa è cambiato, perché l’incubo chiedeva a gran voce di indagare sul motivo per cui era stato sognato e ho voluto dargli ascolto. Quella stessa sera ricevetti la conferma che dovevo scavare più a fondo da alcuni amici, a cui decisi di raccontarlo, i quali mi spiegarono che quando ci si sveglia da un sogno la mente perde immediatamente una parte dei ricordi, lasciandoci solo immagini frammentate e stralci di emozioni, ma se si prova a scrivere ciò che si è sognato il nostro cervello compie un atto eccezionale: cerca di chiudere il cerchio che è rimasto aperto, ricordando ciò che si è sognato e dando spesso un senso agli indizi di Morfeo. Cosa è accaduto a me? A dirsi parrebbe semplice, perché la mattina successiva ho provato a mettere su carta i pochi ricordi che mi rimanevano, ed è accaduto l’irreparabile! Fiumi di parole, idee, emozioni, si sono incollate ai fogli che avevo davanti e hanno continuato a sgorgare dalla mia mente per tutto l’anno successivo, dando vita a un romanzo di 340pagine. Questo non è l’unico elemento inusuale di Substantia, perché a metà dell’opera ho sentito la necessità di dare al lettore un’esperienza “completa”, le sole parole non mi bastavano, avevo bisogno di qualcosa che veicolasse le emozioni della trama in maniera decisiva, indelebile nella mente di chi legge. È stato così che ho contattato cinque illustratori professionisti ed ho aperto una campagna di crowdfunding per pagare le spese. In meno di 40 giorni ho raccolto oltre 2000€ con i quali ho pagato gli illustratori e inviato una doverosa copia di ringraziamento ai sostenitori del progetto.
A quale pubblico è rivolto?
Il mio thriller è rivolto a un pubblico adulto, soprattutto per via dei contenuti, a tratti forti, che contiene. Ma al giorno d’oggi nulla vieta che un diciottenne o una quindicenne provi a leggerlo e si immedesimi in uno dei due protagonisti, o veda nei suoi gesti un suo genitore. Substantia è un romanzo duttile perché i contenuti sono alla portata di tutti, lo si può leggere solo per godersi la storia, ma il lettore che ama scavare a fondo troverà pane per i suoi denti: ho disseminato 20 indizi che compongono il disegno di una velata sottotrama, sfidando i più abili lettori di thriller a trovarli tutti per cercare di “anticipare” il finale. Per ora nessuno ci è riuscito a quanto ne so.
Progetti futuri?
Ne ho molti e devo mettere in riga le idee per non perdermi nei meandri della mia fantasia, per adesso sono alla fine della stesura del mio nuovo romanzo, un thriller noir ambientato negli anni 30. Continuerò a scrivere perché mi piace farlo, lasciare che la mia mente crei cose nuove senza doverla imbrigliare mi mette addosso un senso di serenità, scarica la tensione in eccesso ed è il mio palliativo contro lo stress quotidiano. Durante quest’anno sarò presente a molte fiere del libro, quindi se volete venirmi a trovare sarò ben lieto di chiacchierare con voi: Roma, Milano, Napoli, Lucca…sarò un po’ ovunque. Ma intanto il mio più grande ringraziamento va a Eleonora, che ha condotto questa intervista dandomi la possibilità di raccontare la mia passione, e a mia moglie, che sopporta pazientemente i vaneggiamenti di uno scrittore ogni giorno della sua vita. Substantia, di Simone Pinna Pagine: 340 prezzo di copertina: E-book 2,99€ Cartaceo 16,90€ Ti è piaciuta l'intervista? Visita il blog di Eleonora Marsella cliccando sul logo qui sotto!
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Violenza sulle donne: il rapporto del Viminale
La violenza sulle donne non si ferma. Due giorni fa, 4 settembre, a Roma, una donna di 52 anni è stata uccisa nell'androne del suo palazzo a Roma con una serie di coltellate. Dopo alcune ore di indagini serrate è stato fermato un ex della vittima. Quante sono le donne uccise finora nel 2023? Diamo insieme uno sguardo al Rapporto del Viminale appena diffuso. Come nascono i report del Ministero dell'Interno Il Servizio Analisi Criminale, presso la Direzione Centrale della Polizia Criminale, elabora a cadenza settimanale un report sugli omicidi volontari commessi nel nostro Paese. Un lavoro che consente di avere una panoramica precisa anche degli eventi delittuosi riconducibili alla violenza di genere. I dati finali sono il risultato di un'opera di incrocio di dati provenienti dalle Forze di Polizia di Stato e di Carabinieri. Sono anche e soprattutto frutto di un costante aggiornamento e confronto con i dati del Sistema di Indagine (SDI). Gli elementi acquisiti permettono anche di ricostruire la dinamica dei singoli eventi e la rete di relazione tra i soggetti coinvolti nell'evento delittuoso. L'ultimo report pubblicato dal Viminale si focalizza sul periodo 1° gennaio - 3 settembre 2023 mettendo i dati a confronto con lo stesso periodo del 2022. Violenza sulle donne: cosa dicono i numeri Dal 1° gennaio al 3 settembre 2023, in Italia, sono stati registrati 225 omicidi. Di questi 77 hanno avuto come vittime donne; 61 di esse sono state uccise in ambito familiare/affettivo e all'interno di questo gruppo 38 dal partner o ex partner. Cosa ci dicono questi dati se confrontati allo stesso periodo dello scorso anno? Nel 2022 gli omicidi erano stati 215 mentre le donne uccise erano state 81. Parliamo quindi di un aumento del 5% degli omicidi in generale e di un calo del 5% degli omicidi di donne. I delitti consumati in ambito familiare/affettivo da gennaio a settembre 2023 sono stati 98, il 2% in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno quando erano stati 96. Il numero delle vittime di genere femminile, invece, è sceso da 71 dello scorso anno a 61 attestandosi su un -14%. Cala anche il numero degli omicidi commessi dal partner o dall'ex partner: da 46 dello scorso anno siamo arrivati a 42 registrando così un -9%. Di conseguenza cala anche il numero delle donne vittime: da 43 del 2022 a 38 di quest'anno (-12%). Nel periodo dal 28 agosto al 3 settembre 2023 sono stati registrati 7 omicidi di cui una vittima era di genere femminile. L'incontro chiarificatore Gli ultimi casi di femminicidio hanno messo in evidenza un dettaglio ricorrente che vale la pena sottolineare. Nella maggioranza dei casi l'omicidio è stato consumato nell'ambito di un incontro chiarificatore richiesto dall'omicidio alla sua vittima. Le donne che sono state uccise hanno accolto l'invito a un presunto ultimo colloquio chiarificatore. Nella speranza di porre fine a quello che verosimilmente era diventato uno strazio, le donne hanno accettato senza rendersi conto che in realtà quell'invito era semplicemente una trappola. In copertina foto di Tumisu da Pixabay Read the full article
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Costei nella foto é Francesca Mambro Terrorista italiana ed esponente di spicco del gruppo eversivo d'ispirazione neofascista Nuclei Armati Rivoluzionari. Arrestata a Roma il 5 marzo 1982 e processata, é stata ritenuta colpevole di diversi reati e dell'omicidio di 96 persone. NOVANTASEI OMICIDI. Condannata complessivamente a nove ergastoli, 84 anni e 8 mesi di reclusione. E' LIBERA, la sua pena si è estinta dal 2013, dopo essere stata messa in libertà condizionale nel 2008. Dal 1985 è sposata con il terrorista Valerio Fioravanti, suo compagno sin dagli anni settanta e da cui, nel 2001, ha avuto una figlia, Arianna. Come Fioravanti, si è assunta la responsabilità morale di tutti i delitti dei NAR. Fioravanti e Mambro sono stati condannati in primo grado nel 2014 a risarcire 2 miliardi, 134 milioni e 273 mila euro, da versare alla Presidenza del Consiglio e al ministero dell'Interno. Risarcimento che non pagheranno mai, risultando incapienti (cioè nullatenenti). Questa é la Giustizia in ITALIA...... NOVANTASEI MORTI, 2 MESI DI GALERA PER OGNI MORTO. NON mi pare cari amici fascisti del cazzo che abbiate fatto tanto clamore per questa CRIMINALE ASSASSINA in Libertà. VERGOGNATEVI, siete solo letame. Claudio Khaled Ser
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Polizia: in manette responsabili di due omicidi di mafia
OPERAZIONE "OUTSET" LA POLIZIA ARRESTA I RESPONSABILI DI DUE OMICIDI DI MAFIA La Polizia di Stato, a conclusione di complesse attività d´indagine condotte dalle Squadre Mobili di Catanzaro e Vibo Valentia e dal Servizio Centrale Operativo di Roma, sotto il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro, dalle prime ore della mattinata odierna, ha dato esecuzione ad un´ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di 8 soggetti ritenuti responsabili a vario titolo dell´omicidio di Mario FRANZONI, avvenuto nell´anno 2002 a Porto Salvo (VV), dell´omicidio di Giuseppe Salvatore PUGLIESE CARCHEDI e del tentato omicidio di Francesco MACRI´, avvenuti nell´anno 2006 sulla SS 522 tra Vibo Marina e Pizzo Calabro, tutte vittime di agguati mafiosi. L´operazione vede l´impiego di uomini delle Squadre Mobili di Catanzaro, Vibo Valentia e del Servizio Centrale Operativo, con il sostegno operativo del Reparto Prevenzione Crimine di Vibo Valentia. Le attività d´indagine, coordinate dal Procuratore Distrettuale dr. Nicola GRATTERI, dal Procuratore Aggiunto dr. Giovanni BOMBARDIERI e dal Sostituto Procuratore dott. Camillo FALVO ,supportate anche dalle dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia, Giuseppe GIAMPA´, Raffaele MOSCATO, Pasquale GIAMPA´, Andrea MANTELLA, hanno permesso di fare luce sui moventi degli omicidi e sui relativi mandanti oltreché sugli esecutori materiali dei gravi fatti di sangue, tutti riconducibili ad appartenenti alle cosche LO BIANCO e PISCOPISANI di Vibo Valentia oltre che ai GIAMPA´ di Lamezia. In particolare, è stato accertato che l´omicidio di FRANZONI era stato commissionato dal costruttore Francesco BARBA ad esponenti della cosca LO BIANCO, tra cui Andrea MANTELLA, al fine di vendicare un episodio in cui i suoi figli erano stati minacciati con l´uso di una pistola da Mario FRANZONI. Come corrispettivo l´imprenditore edile vibonese BARBA si era impegnato a costruire due villette a Vibo Valentia, cedendole in favore degli esecutori materiali dell´omicidio. In merito al tentato omicidio e successivo omicidio di PUGLIESE CARCHEDI è stato accertato che il movente immediato di tale gesto era da individuarsi in una relazione clandestina da lui intrattenuta con la figlia minorenne di Felice NAZZARENO, esponente di vertice dei PISCOPISANI; relazione che non aveva troncato nonostante i vari avvertimenti a lui pervenuti. Tuttavia, al di là dell´ apparente movente riconducibile all´antico schema del "delitto d´onore", la reale causale del fatto è emersa essere quella dei contrasti in seno alla criminalità organizzata vibonese ed in particolare il fatto che la vittima non riconoscesse l´autorità criminale dei maggiorenti delle cosche perpetrando in assoluta autonomia delitti, anche di natura estorsiva. Click to Post
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Polizia: in manette responsabili di due omicidi di mafia
OPERAZIONE "OUTSET" LA POLIZIA ARRESTA I RESPONSABILI DI DUE OMICIDI DI MAFIA La Polizia di Stato, a conclusione di complesse attività d´indagine condotte dalle Squadre Mobili di Catanzaro e Vibo Valentia e dal Servizio Centrale Operativo di Roma, sotto il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro, dalle prime ore della mattinata odierna, ha dato esecuzione ad un´ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di 8 soggetti ritenuti responsabili a vario titolo dell´omicidio di Mario FRANZONI, avvenuto nell´anno 2002 a Porto Salvo (VV), dell´omicidio di Giuseppe Salvatore PUGLIESE CARCHEDI e del tentato omicidio di Francesco MACRI´, avvenuti nell´anno 2006 sulla SS 522 tra Vibo Marina e Pizzo Calabro, tutte vittime di agguati mafiosi. L´operazione vede l´impiego di uomini delle Squadre Mobili di Catanzaro, Vibo Valentia e del Servizio Centrale Operativo, con il sostegno operativo del Reparto Prevenzione Crimine di Vibo Valentia. Le attività d´indagine, coordinate dal Procuratore Distrettuale dr. Nicola GRATTERI, dal Procuratore Aggiunto dr. Giovanni BOMBARDIERI e dal Sostituto Procuratore dott. Camillo FALVO ,supportate anche dalle dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia, Giuseppe GIAMPA´, Raffaele MOSCATO, Pasquale GIAMPA´, Andrea MANTELLA, hanno permesso di fare luce sui moventi degli omicidi e sui relativi mandanti oltreché sugli esecutori materiali dei gravi fatti di sangue, tutti riconducibili ad appartenenti alle cosche LO BIANCO e PISCOPISANI di Vibo Valentia oltre che ai GIAMPA´ di Lamezia. In particolare, è stato accertato che l´omicidio di FRANZONI era stato commissionato dal costruttore Francesco BARBA ad esponenti della cosca LO BIANCO, tra cui Andrea MANTELLA, al fine di vendicare un episodio in cui i suoi figli erano stati minacciati con l´uso di una pistola da Mario FRANZONI. Come corrispettivo l´imprenditore edile vibonese BARBA si era impegnato a costruire due villette a Vibo Valentia, cedendole in favore degli esecutori materiali dell´omicidio. In merito al tentato omicidio e successivo omicidio di PUGLIESE CARCHEDI è stato accertato che il movente immediato di tale gesto era da individuarsi in una relazione clandestina da lui intrattenuta con la figlia minorenne di Felice NAZZARENO, esponente di vertice dei PISCOPISANI; relazione che non aveva troncato nonostante i vari avvertimenti a lui pervenuti. Tuttavia, al di là dell´ apparente movente riconducibile all´antico schema del "delitto d´onore", la reale causale del fatto è emersa essere quella dei contrasti in seno alla criminalità organizzata vibonese ed in particolare il fatto che la vittima non riconoscesse l´autorità criminale dei maggiorenti delle cosche perpetrando in assoluta autonomia delitti, anche di natura estorsiva. Click to Post
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Polizia: in manette responsabili di due omicidi di mafia
OPERAZIONE "OUTSET" LA POLIZIA ARRESTA I RESPONSABILI DI DUE OMICIDI DI MAFIA La Polizia di Stato, a conclusione di complesse attività d´indagine condotte dalle Squadre Mobili di Catanzaro e Vibo Valentia e dal Servizio Centrale Operativo di Roma, sotto il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro, dalle prime ore della mattinata odierna, ha dato esecuzione ad un´ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di 8 soggetti ritenuti responsabili a vario titolo dell´omicidio di Mario FRANZONI, avvenuto nell´anno 2002 a Porto Salvo (VV), dell´omicidio di Giuseppe Salvatore PUGLIESE CARCHEDI e del tentato omicidio di Francesco MACRI´, avvenuti nell´anno 2006 sulla SS 522 tra Vibo Marina e Pizzo Calabro, tutte vittime di agguati mafiosi. L´operazione vede l´impiego di uomini delle Squadre Mobili di Catanzaro, Vibo Valentia e del Servizio Centrale Operativo, con il sostegno operativo del Reparto Prevenzione Crimine di Vibo Valentia. Le attività d´indagine, coordinate dal Procuratore Distrettuale dr. Nicola GRATTERI, dal Procuratore Aggiunto dr. Giovanni BOMBARDIERI e dal Sostituto Procuratore dott. Camillo FALVO ,supportate anche dalle dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia, Giuseppe GIAMPA´, Raffaele MOSCATO, Pasquale GIAMPA´, Andrea MANTELLA, hanno permesso di fare luce sui moventi degli omicidi e sui relativi mandanti oltreché sugli esecutori materiali dei gravi fatti di sangue, tutti riconducibili ad appartenenti alle cosche LO BIANCO e PISCOPISANI di Vibo Valentia oltre che ai GIAMPA´ di Lamezia. In particolare, è stato accertato che l´omicidio di FRANZONI era stato commissionato dal costruttore Francesco BARBA ad esponenti della cosca LO BIANCO, tra cui Andrea MANTELLA, al fine di vendicare un episodio in cui i suoi figli erano stati minacciati con l´uso di una pistola da Mario FRANZONI. Come corrispettivo l´imprenditore edile vibonese BARBA si era impegnato a costruire due villette a Vibo Valentia, cedendole in favore degli esecutori materiali dell´omicidio. In merito al tentato omicidio e successivo omicidio di PUGLIESE CARCHEDI è stato accertato che il movente immediato di tale gesto era da individuarsi in una relazione clandestina da lui intrattenuta con la figlia minorenne di Felice NAZZARENO, esponente di vertice dei PISCOPISANI; relazione che non aveva troncato nonostante i vari avvertimenti a lui pervenuti. Tuttavia, al di là dell´ apparente movente riconducibile all´antico schema del "delitto d´onore", la reale causale del fatto è emersa essere quella dei contrasti in seno alla criminalità organizzata vibonese ed in particolare il fatto che la vittima non riconoscesse l´autorità criminale dei maggiorenti delle cosche perpetrando in assoluta autonomia delitti, anche di natura estorsiva. Click to Post
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Substantia - Recensione di Eleonora Marsella
SUBSTANTIA DI SIMONE PINNA
Scritto da Eleonora Marsella il 13 gennaio 2017. Postato in Interviews, Recensioni. Ciò che amo della mia vita sono i libri, le persone e le emozioni e trovare questi tre elementi insieme è come fare BINGO! Simone Pinna racchiude questo e tanto altro ancora all’interno del suo libro Substantia edito da Eremen Edizioni.
L’autore, classe 1989, esordisce nel mondo editoriale con un romanzo unico, ricco, fitto, incalzante. Il genere? Fantascienza, Thriller e Fantasy insieme! I personaggi principali sono tanti e tutti sono caratterizzati da tratti e comportamenti unici. Apparentemente alcune storie, alcune persone, alcune realtà sembreranno scollegate ma.. durante la lettura del libro pian-piano verranno alla luce fattori comunicanti straordinari. 1959- Ufo abbattuto 1979- Anton appare in fin di vita (aspetto che si rivelerà- poi- essere voluto da…) 2040- Un uomo, dopo anni e anni, scopre d’esser un burattino mosso da qualcuno al di sopra di lui e di tanti altri…. Poi c’è Giada, Agatha, Massimo, il Professor Ramiro A.- uno dei protagonisti delle vicende- , Marcus, Michael, i tralicci, Roma, la Toscana, Anton, una serie di omicidi, delitti, ricerche, prove, esperimenti e…. e poi c’è la SUBSTANTIA protagonista indiscussa del romanzo, sostanza che si rivelerà essere poi… calamitante per tutto/i.
Trama, personaggi, ambientazioni e illustrazioni, meritano 5 stelle su 5.
Come nasce il tuo libro?
Substantia nasce in modo inusuale, del tutto fuori luogo, eppure perfettamente calzante con il mio modo di essere. Il mio romanzo nasce da un incubo. Solitamente si scrivono romanzi dopo sogni particolarmente fantasiosi, attimi di profonda ispirazione o provando forti emozioni, ma nel mio caso tutti questi elementi di sono riuniti dando origine a un incubo, che mi ha sconvolto al risveglio e perseguitato per l’intera giornata. Scrivo da molti anni, lo faccio per passione e tengo per me componimenti di ogni sorta e montagne di appunti, ma quel giorno qualcosa è cambiato, perché l’incubo chiedeva a gran voce di indagare sul motivo per cui era stato sognato e ho voluto dargli ascolto. Quella stessa sera ricevetti la conferma che dovevo scavare più a fondo da alcuni amici, a cui decisi di raccontarlo, i quali mi spiegarono che quando ci si sveglia da un sogno la mente perde immediatamente una parte dei ricordi, lasciandoci solo immagini frammentate e stralci di emozioni, ma se si prova a scrivere ciò che si è sognato il nostro cervello compie un atto eccezionale: cerca di chiudere il cerchio che è rimasto aperto, ricordando ciò che si è sognato e dando spesso un senso agli indizi di Morfeo. Cosa è accaduto a me? A dirsi parrebbe semplice, perché la mattina successiva ho provato a mettere su carta i pochi ricordi che mi rimanevano, ed è accaduto l’irreparabile! Fiumi di parole, idee, emozioni, si sono incollate ai fogli che avevo davanti e hanno continuato a sgorgare dalla mia mente per tutto l’anno successivo, dando vita a un romanzo di 340pagine. Questo non è l’unico elemento inusuale di Substantia, perché a metà dell’opera ho sentito la necessità di dare al lettore un’esperienza “completa”, le sole parole non mi bastavano, avevo bisogno di qualcosa che veicolasse le emozioni della trama in maniera decisiva, indelebile nella mente di chi legge. È stato così che ho contattato cinque illustratori professionisti ed ho aperto una campagna di crowdfunding per pagare le spese. In meno di 40 giorni ho raccolto oltre 2000€ con i quali ho pagato gli illustratori e inviato una doverosa copia di ringraziamento ai sostenitori del progetto.
A quale pubblico è rivolto?
Il mio thriller è rivolto a un pubblico adulto, soprattutto per via dei contenuti, a tratti forti, che contiene. Ma al giorno d’oggi nulla vieta che un diciottenne o una quindicenne provi a leggerlo e si immedesimi in uno dei due protagonisti, o veda nei suoi gesti un suo genitore. Substantia è un romanzo duttile perché i contenuti sono alla portata di tutti, lo si può leggere solo per godersi la storia, ma il lettore che ama scavare a fondo troverà pane per i suoi denti: ho disseminato 20 indizi che compongono il disegno di una velata sottotrama, sfidando i più abili lettori di thriller a trovarli tutti per cercare di “anticipare” il finale. Per ora nessuno ci è riuscito a quanto ne so.
Progetti futuri?
Ne ho molti e devo mettere in riga le idee per non perdermi nei meandri della mia fantasia, per adesso sono alla fine della stesura del mio nuovo romanzo, un thriller noir ambientato negli anni 30. Continuerò a scrivere perché mi piace farlo, lasciare che la mia mente crei cose nuove senza doverla imbrigliare mi mette addosso un senso di serenità, scarica la tensione in eccesso ed è il mio palliativo contro lo stress quotidiano. Durante quest’anno sarò presente a molte fiere del libro, quindi se volete venirmi a trovare sarò ben lieto di chiacchierare con voi: Roma, Milano, Napoli, Lucca…sarò un po’ ovunque. Ma intanto il mio più grande ringraziamento va a Eleonora, che ha condotto questa intervista dandomi la possibilità di raccontare la mia passione, e a mia moglie, che sopporta pazientemente i vaneggiamenti di uno scrittore ogni giorno della sua vita. Substantia, di Simone Pinna Pagine: 340 prezzo di copertina: E-book 2,99€ Cartaceo 16,90€ Ti è piaciuta l'intervista? Visita il blog di Eleonora Marsella cliccando sul logo qui sotto!
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