#Come sopravvivere al coming out di un(a) figlio(a)
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[Sai ma' sono trans][Emma Mirò]
Emma, una madre adottiva, si ritrova a dover affrontare una verità inaspettata: suo figlio, un ragazzo adolescente, le rivela di essere transgender. La donna, che si è sempre battuta per i diritti di tutte le minoranze, si sente inizialmente persa
Emma vive tra Milano e Torino. Dopo la separazione ha un nuovo compagno che ama moltissimo, e ha un figlio adolescente che è il suo orgoglio. Lo ha adottato quando aveva poco più di un anno. Lui, occhi a mandorla e pelle ambrata, è un ragazzo di una bellezza disarmante. Lo dicono tutti, non soltanto lei che è la sua mamma. All’improvviso, come un fulmine a ciel sereno, una sera d’estate ecco…
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#2023#Come sopravvivere al coming out di un(a) figlio(a)#Emma Mirò#Italia#LGBT#LGBTQ#memoir#nonfiction#Sai ma&039; sono trans#Ugo Mursia Editore
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“L’uomo non vale più di un gatto. La poesia insegna che l’inestimabile è in tutto”: dialogo con Lorna Crozier, poetessa totale
Dotata di energia tripla, quando le chiedo di inviarmi delle poesie, Lorna, con docile audacia, mi invia una silloge sulla “Vita sessuale dei vegetali” – vi siete mai chiesti come copulano le cipolle o come se la godono patate e cocomeri? – una poesia – insieme ironica e malinconica – su come fanno sesso gli anziani e un’altra, di icastica bellezza, quasi conradiana, sulla Paura dei serpenti. Lorna Crozier, nata a Swift Current, dove lo sguardo corre pietoso lungo scurrili praterie, “cresciuta tra le pianure dove gli eroi locali erano giocatori di hockey e bigodini, dove ‘non ho mai pensato di poter diventare scrittrice’” (così nel sito biografico, qui), è uno dei poeti canadesi contemporanei, insieme a Jan Zwicky (che abbiamo intervistato qui), più importanti di oggi. Prima raccolta edita nel 1976 (Inside the Sky), una serie di libri, tra gli anni Ottanta e Novanta (The Garden Going Out Without Us; Angels of Flesh, Angels of Silence; Inventing the Hawk) che le garantiscono il massimo riconoscimento in Canada per la letteratura (il Governor General’s Award), Lorna, capelli ribelli, occhiali romanzeschi e sorriso perpetuo, coltiva una poesia devota al genio della variazione. Con spigliata naturalezza Lorna vi intrattiene sulle perplessità sessuali di Iside (“Quando le fu chiesto di riassemblare Osiride, Iside fu tentata di abbandonare il suo pene o di rimodellarlo?”), ha il coraggio di domande vipere, vispe e vespertine (“Non sarebbe diverso il nostro mondo se il dio del Vecchio Testamento avesse avuto una moglie e una figlia?”) è consapevole che i premi letterari sono nulla (“I premi portano in dono al lettore la pigrizia, e fanno più danni che benefici allo scrittore”), che la poesia non si può insegnare, è un dono.
Lorna Crozier secondo Kevin Konnyu
Eppure, ha dettato i suoi versi davanti alle Regina Elisabetta, dal 2011 è Officer of the Order of Canada, e va in giro per il mondo come una specie di ambasciatrice della poesia canadese. I critici avvicinano la sua lirica all’opera di Alice Munro (canadese, Premio Nobel per la letteratura nel 2013), mentre sul New York Times Book Review Ursula LeGuin, la grande colona della fantascienza, la creatrice del mondo di ‘Earthsea’, leggendola ha esultato, “che gioia leggere un libro di questa meravigliosa, visionaria poetessa canadese!”. Eppure, Lorna (qui trovate informazioni sul suo conto), donna dagli sguardi pregni di compassione, lettrice impareggiabile – da Pasolini a Shakespeare, da Anna Achmatova a Basho – una per cui “le parole possono fare l’amore”, rimane argentata nell’umiltà, riconosce che in fondo “l’uomo non è più importante di un gatto o di un cavallo” e che “l’inestimabile è in ogni cosa”. La poesia – che per Lorna è la vita, “il mio ultimo respiro coinciderà con i miei ultimi versi” – come ricerca dell’inestimabile. Che bello.
Quando è scaturito in lei l’istinto poetico? Quali sono i temi della sua poesia? In sintesi, da Inside in the Sky (1976) a What the Soul Doesn’t Want (2017) come è cambiata la sua ispirazione?
“Per quarant’anni ho scritto e pubblicato poesie. L’istinto al fare è incarnato nel mio sangue e nelle mie ossa. È una parte di me: come respirare, mangiare, dormire e amare chi mi è accanto. Non posso separarlo da ciò che sono. Capisco la pratica dei maestri dell’haiku, che compilano poemi sulla morte. Spero che il mio ultimo respiro coincida con il mio ultimo verso, e che qualcuno di caro sia con me a scriverlo. Spero che questo qualcuno sia anche un buon editor, e che se il poema finale è cattivo, lo getti via! Nella mia poesia, sono sempre stata consapevole che scrivere è un atto che sfonda il silenzio, spesso più eloquente di molti giochi di parole. Molti dei personaggi che adotto non hanno la possibilità di parlare, non sono inclusi nelle pagine dei libri. Tra questi, ci sono i miei genitori. Erano contadini, lavoratori con pochi libri in casa, di certo non erano intellettuali. Nella letteratura del mio paese non ci sono personaggi come loro. Ho trattato i miti, inoltre, ma cambiando il punto di vista, parlando dalla parte di chi non ha avuto voce, le donne, soprattutto. Cosa pensò Sarah, mi domandavo, quando suo marito Abramo, rispondendo al comando del loro dio, andò per uccidere suo figlio? Quando le fu chiesto di riassemblare Osiride, Iside fu tentata di abbandonare il suo pene o di rimodellarlo? Non sarebbe diverso il nostro mondo se il dio del Vecchio Testamento avesse avuto una moglie e una figlia? Mi piace, in poesia, l’impulso del ‘come se’, perché richiede lo scintillio della nostra immaginazione. Sono sempre stata affascinata dagli effetti del paesaggio sui personaggi. Sono nata in un angolo deserto di un mondo senza grandi alberi. Ora vivo in una foresta. Sarei una persona diversa se fossi nata a Vancouver Island piuttosto che a Saskatchewan”.
Che valore ha la poesia, ha un valore ‘etico’ o ‘politico’? Insomma, può il poeta cambiare la storia dell’uomo?
“Per me, leggere e scrivere poesia è un metodo per sopravvivere. Mi fa sentire meno sola. Afferma il mio amore per il mondo nel troppo breve tempo che mi è dato su questa terra. Questo è il massimo risultato per ogni forma d’arte. La poesia, credo, agisce sulle nostre stesse cellule perché è musica. Accelera i battiti del cuore, l’intelletto, la nostra visione luminosa. Può per questo cambiare la storia o gli uomini? Certo, ma forse la incrementa. Ci rende essere umani migliori, in miglior sintonia con le altre forme di vita, meno rigidi, più empatici. Ci rende più prossimi agli animali, un tutt’uno con l’oceano e il vento? Lo spero. Ci fa apprezzare ciò che non può essere venduto e comprato? Lo spero”.
Lei ha ottenuto diversi riconoscimenti, dal governo canadese, dai lettori. Che valore hanno i premi, per un poeta?
“I premi sono magnifici per gli editori e per i librai, non per gli scrittori. C’è un solo vincitore tra centinaia e centinaia di libri e il resto rischia di essere dimenticato. Ho apprezzato i premi in cui la giuria era composta dai miei colleghi e la loro approvazione era autentica. Ma i premi portano più danni che benefici, credo, soprattutto quando i lettori basano le loro scelte di lettura su chi ha vinto qualcosa, ignorando gli altri. I premi portano la pigrizia in dono al lettore. E non è una cosa buona”.
Chi sono i suoi ‘maestri’, autori ‘classici’ o contemporanei? Che cosa le piace leggere, quali poeti ama? Conosce la poesia italiana?
“A scuola, mi innamorai dei poeti romantici, di Shakespeare, di Robert Browning, di Tennyson. Furono i miei primi maestri. Poi c’è stato Thomas S. Eliot, seguito dai grandi canadesi che hanno cominciato a scrivere a metà degli anni Sessanta: Patrick Lane, Margaret Atwood, Alden Nowlan. Ho letto molti poeti in traduzione, Tomas Tranströmer, Rainer Maria Rilke, Rumi… Sono in sintonia con gli scrittori spagnoli più che con quelli italiani, ma amo Eugenio Montale, Pier Paolo Pasolini, Salvatore Quasimodo, Ungaretti. Qualcosa si perde nella traduzione, ma molto rimane. Non riesco a immaginare la mia poesia senza Vallejo, Mistral, Ingeborg Bachmann, Anna Achmatova, Czeslaw Milosz, Osip Mandel’stam e i magistrali haiku di Issa e di Basho”.
Lei insegna scrittura creativa. A suo avviso, è possibile insegnare la ‘creatività’? Come insegna ai suoi studenti a comprendere la propria personale ispirazione poetica?
“La tecnica si può insegnare: il modo di chiudere un verso libero, i rudimenti del ritmo, le scelte che vanno compiute per la cernita delle parole adatte, la necessità di adottare varie forme. Queste cose le puoi imparare da solo, ma con un buon insegnante fai prima. Ma, come ha detto Aristotele, non penso che l’abilità di costruire metafore possa essere insegnata. E questa è una delle abilità più importanti, o meglio, dei ‘talenti’. È un tropo sacro: l’unione di cose dissimili che affermano la connessione tra un uomo e un altro, tra uomo e animale, tra corpo e anima, tra passato e futuro. O il salto verbale, la sintesi, in un poema, che è essenziale perché una poesia non sia mediocre, non si può insegnare. Un insegnante può aiutarti ad affinare qualcosa del genere, ma queste cose o le hai o non le hai. Una cosa che ho fatto come insegnante è stata aiutare gli studenti a credere in se stessi e nelle loro storie, ad affermare che ciò che hanno vissuto importa, senza che importi da dove vengono o quali privazioni abbiano subito durante l’infanzia. Voglio che escano dalla mia lezione come lettori migliori rispetto a quando sono entrati classe. La poesia in sé è la migliore insegnate di poesia”.
Quale idea di vita propone nella sua poesia?
“Spero che la mia poesia trasmetta che la vita è piena di meraviglia, di connessione, di follia, di gioia, di dolore. Spero che suggerisca che c’è un solo canto per tutto e che gli esseri umani non sono i soli a cantarlo. Spero che suggerisca che le parole di una poesia possono placare una sete che non si sapeva di avere, che le parole possano fare l’amore con te, brutalmente o dolcemente, che le parole possano mostrarti ciò che non ti rendi conto di non vedere. Spero che suggerisca che l’umano non ha più valore del gatto, del cavallo, della salamandra, ma che l’inestimabile è in tutti noi”.
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Paura dei serpenti
Il serpente sa separarsi dalla sua ombra, che si muove su nastri di luce, nell’aria, mattino e sera, nell’oscurità al cuore delle cose. Ricordo quando la paura dei serpenti è sparita. Cadde dalle spalle come una vecchia pelle. A Swift Current i ragazzi trovarono un serpente enorme, mi inseguirono lungo i vicoli, Larry Moen lo muove come una torcia verde, gli altri urlano, Buttaglielo sulla schiena, il mio terrore che scivoli lungo il tunnel della mia schiena (Larry, quello che mi ha toccato tra le gambe, il primo, è il ragazzo più grande e noi dovremmo sapere che non dobbiamo avvicinarci a lui con i nostri piccoli vestiti e la pelle morbida), mio fratello che dice, Lasciala andare, e io che mi accuccio dietro la caragana, e guardo Larry che inchioda il serpente al palo del telefono. Si contorceva su due punti di luce, incapace di strisciare rotto dal dolore, la bocca aperta, la rossa lingua che assapora il suo terrore, l’ho amato, allora, quel serpente. I ragazzi stanno lì con le loro mani cretine che penzolano dai polsi, la bellissima verde bocca che si apre, una oscurità tremenda a forma di O che nessuno può udire.
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La mia ultima poesia erotica
Chi vuole ascoltare di due vecchiacci che si montano nel sedile posteriore di una Buick, nel capanno del giardino tra la vermiculite, in cucina dove dovremmo trangugiare ovomaltina e dire no? Chi vuole ascoltare di circa 26 anni di avvitamenti, della nostra non certo seducente carne ora sciolta come pasta per pizza che si attacca tra le mani prima di essere sbattuta?
Chi vuole ascoltare di due vecchi amanti, che si schiaffeggiano come l’acqua sul fango, capelli dove non dovrebbero esserci e poca roba dove dovrebbe esserci qualcosa, il mio piede dall’alluce infiammato che scorre sul tuo polpaccio ossuto, le tue mani callose che sprofondano nello scivolo della mia pancia, i nostri vaghi gemiti, al collasso?
Dobbiamo indossare gli occhiali per vedere qualcosa!
Quando sussurri quello che vuoi io non sento ma fallo comunque, e fallo bene in qualche modo. Rassegnati, alcune notti preferiamo mangiare Haagen Dazs o vedere un film con Nick Nolte che pare messo peggio di noi. Certe notti preferiamo accarezzare i gatti.
Chi vuole sapere come facciamo a farlo sappiamo che siamo entusiasti come la prima volta – onesti – come la prima volta, se solo potessimo ricordarlo, i nostri vecchi corpi fanno ciò che sai i corpi fanno, consumati e belli e spudorati.
Lorna Crozier
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When does instinct for poetry arise in you? What are your main themes in poetry? In short: from ‘Inside in the Sky’ to ‘What the Soul Doesn’t Want’, what has changed in your inspiration?
For forty years, I have been writing and publishing poetry. The instinct to do so is embedded in my blood and bones. It’s as much a part of me as breathing, eating, sleeping, and loving those close to me. I can’t separate it from what I am. I can understand the haiku-master’s practice of writing a death poem. I hope my last breath will end my last line, and that someone dear to me will be there to write it down. I hope this someone dear is also a good editor, and that if the final poem is bad, they’ll throw it out!
In my poetry, I’ve always been aware of writing as an act of breaking through a silence that is often more eloquent than any combination of words. Many of the personas I adopt are those who have not been given a chance to speak, those who have not been included in the pages of books. That includes my parents. They were rural, working class people who had few books around the house and who were not intellectual in any way. I didn’t come across people like them in my country’s literature. I’ve also taken on the retelling of myths, switching the point of view to those who haven’t been offered a voice, mainly women. What did Sarah think, I wondered, when her husband Abraham, on the command of their god, went off to kill their son? Was Isis, when she was asked to reassemble Osiris, tempted to leave off his penis or reshape it? How would our world be different if the Old Testament god had had a mother and a wife? I enjoy the “what-if” impulse in poetry, the part that demands the sparkiest of one’s imagination.
I’ve also been fascinated by the effect of landscape on character. I was born in desert-like corner of the world with no big trees. Now I live in a rainforest. I would be a different person and a different writer if I’d been born on Vancouver Island rather than Saskatchewan.
What value do you give to poetry? Does poetry also have an ‘ethical’ or ‘political’ value? Can poetry change history or men?
Reading and writing poetry is a method of survival for me. It makes me feel less alone. It affirms my love for the world in my too-short-time on earth. That’s a major accomplishment for any art form. Poetry, I believe, acts on our very cells because of its music. It quickens our heartbeats, our intellect, our bright seeing. Can it therefore change history or men? Yes, but perhaps in increments. It’s capable of making us better human beings, more in tune with other forms of life, less rigid, more empathic. Does it make us closer to animals, at one with the ocean and the wind? I hope so. Does it make us value what cannot be bought and sold? I hope so.
I have seen that you have received many awards from the Canadian government and readers. What value do you assign to the prizes?
Prizes are good for publishers and booksellers, but not for writers. There is only one winner out of hundreds and hundreds of books and the rest are in danger of being forgotten. I appreciated winning prizes because the juries were composed of my peers and their approval was affirmative. But prizes bring more harm than good, I think, particularly when readers base their choices on who won this year and ignore the rest. Prizes lead to reader laziness. That is not a good thing.
What are your poetry ‘teachers’? The classical authors, the contemporaries? What do you like to read? Which poets do you love to read? Do you know Italian poets, do you read them?
In school, I fell in love with the Romantic poets, with Shakespeare, with Robert Browning and Tennyson. They were my first teachers. Then there was Eliot, followed by the great Canadians who began writing in the mid-sixties: Patrick Lane, Margaret Atwood, Alden Nowlan. I read a lot of poets in translation now: Transtromer, Rilke, Rumi, etc. I’m more familiar with Spanish writers than Italian though I like Montale, Pasolini, Quasimodo, Ungaretti. Something is indeed lost in translation but so much remains. I can’t imagine what my poetry would be like without Vallejo, Mistral, Bachman, Ahkmatova, Milosz, Mandlestam and the masterful haikuists, particularly Issa and Basho.
I read that you teach creative writing. In your opinion, is it possible to teach creativity? How do you bring your students to understand their poetic inspiration?
Technique can be taught: the way to end a free-verse line, the rudimentaries of rhythm, the choices involved with selecting one word over another, the demands of various forms. You can learn these things on your own, but if you have a good teacher, you can learn them more quickly. But like Aristotle, I don’t think the metaphor-making ability can be taught. And that is one of the most important skills, or I should say “talents.” It’s a holy trope: the bringing together of two unlike things affirming the connection that exists between one human and the other, between human and animal, between the body and the soul, between the past and the future. Or the quick leaping inside a poem that is essential for a poem to be anything but mediocre—that can’t be taught. A teacher can help you hone something like that, but I think you either have it or you don’t. I could be wrong. One of the things I tried to do as a teacher was to help students believe in themselves and their own stories, to affirm that what they have lived matters no matter where they come from or what in their childhood they lacked. I also wanted them to be better readers when they left my class than when they entered. Poetry itself is the best teacher of poetry.
What idea of life do you propose – if it exists – in your poetry?
I hope my poetry proposes that life is full of wonder, connectivity, madness, joy, grief. I hope it proposes that there is a song for everything and that human beings are not the only ones singing. I hope it proposes that words in a poem can slake a thirst you didn’t even know you had, that words can make love to you, rough or gentle, that words can show you what you didn’t realize you couldn’t see. I hope it proposes that the human is no more valuable than the cat, the horse, the salamander, but what a pricelessness there is in us all.
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COMA Hey you caught me in a coma And I don’t think I wanna Ever come back to this… world again Kinda like it in a coma ‘Cause no one’s ever gonna Oh, make me come back to this… world again Now I feel as if I’m floating away I can’t feel all the pressure and I like it this way But my body’s callin’ My body’s callin’ Won’t ya come back to this… world again Suspended deep in a sea of black I’ve got the light at the end I’ve got the bones on the mast Well I’ve gone sailin’, I’ve gone sailin’ I could leave so easily While friends are calling back to me I said they’re They’re leaving it all up to me When all I needed was clarity And someone to tell me What the fuck is going on Goddamn it! Slippin’ farther an farther away It’s a miracle how long we can stay In a world our minds created In a world that’s full of shit Help me Help me Help me Help me Bastard Please understand me I’m climbin’ through the wreackage Of all my twisted dreams But this cheap investigation just can’t stifle all my screams And I’m waitin’ at the crossroads Waiting for you Waiting for you Where are you? No one’s gonna bother me anymore No one’s gonna mess with my head no more I can’t understand what all the fightin’s for But it’s so nice here down off the shore I wish you could see this ‘cause there’s nothing to see It’s peaceful here and it’s fine with me Not like the world where I used to live I never realy wanted to live Zap him again Zap the son of a bitch again Ya live your life like it’s a coma So won’t you tell me why we’d wanna With all the reasons you give it’s It’s kinda hard to believe But who am I to tell you that I’ve seen Any reason why you should stay Maybe we’d be better off Without you anyway You got a one way ticket On your last chance ride Gotta one way ticket To your suicide Gotta one way ticket An there’s no way out alive An all this crass communication That has left you in the cold Isn’t much for consolation When you feel so weak and old But is home is where the heart is Then there’s stories to be told No you don’t need a doctor No one else can heal your soul Got your mind in submission Got your life on the line But nobody pulled the trigger They just stepped aside They be down by the water While you watch ‘em waving goodbye They be callin’ in the morning They be hangin’ on the phone They be waiting for an answer But you know nobody’s home And when the bell’s stopped ringing It was nobody’s fault but your own There were always ample warnings There were always subtle signs And you would have seen it comin’ But we gave you too much time And when you said that no one’s listening Why’d your best friend drop a dime Sometimes we get so tired of waiting For a way to spend our time An “It’s so easy” to be social “It’s so easy” to be cool Yeah it’s easy to be hungry When you ain’t got shit to lose And I wish that I could help you With what you hope to find But I’m still out here waiting Watching reruns of my life When you reach the point of breaking Know it’s gonna take some time To heal the broken memories That another man would need Just to survive COMA Mi hai trovato in coma E mi sa che non mi va Di tornare… nel mondo In coma un po’ mi piace Perché nessuno lo farà mai Tornare… nel mondo Mi sento galleggiare via Non sento pressione E mi piace Ma il mio corpo chiama Non vuoi tornare… nel mondo? Sospeso nel profondo di un mare nero Ho trovato la luce alla fine Le mie ossa sull’albero maestro navigo, navigo Sarebbe facile Mentre gli amici chiamano Dico che loro Mi hanno lasciato lì ad arrangiarmi E io avevo solo bisogno di chiarezza Di qualcuno che mi dicesse Che ca##o succede Porca miseria! Scivolo sempre più lontano È un miracolo quanto riesci a stare In un mondo creato nella mente In un mondo pieno di niente Aiutami Aiutami Aiutami Aiutami Bastardo Ti prego di capirmi Mi arrampico fra i relitti Dei miei segni contorti Quest’indagine da poco non può Trattenere le mie urla E io aspetto al crocevia Aspetto te Aspetto te Dove sei? Nessuno mi darà più fastidio Nessuno mi farà più confusione nella mia testa Non riesco a capire per cosa tutti combattono È così bello qui vicino alla riva Vorrei lo vedessi questo Perché non c’è niente da vedere Qui è tranquillo e io sto bene Non come il mondo in cui vivevo prima Non ho mai voluto veramente vivere Attaccalo ancora Attaccalo di nuovo il figlio di puttana Tu vivi la vita come fosse un coma Dimmi perché dovremmo volerti Quando le tue ragioni Sono difficili da credere Chi sono io per dirti che ho trovato Un motivo per cui dovresti restare Forse è meglio anche senza di te Hai un biglietto di sola andata Il viaggio dell’ultima occasione Un biglietto di sola andata Per il tuo suicidio Un biglietto di sola andata Non ne uscirai vivo Tutto questo parlare maleducato Che ti ha reso un escluso Non è una gran consolazione Quando ti senti debole e vecchio Ma se la casa è dove sta il cuore Allora ci sono storie da raccontare Non hai bisogno di un dottore Nessuno può guarire la tua anima La tua mente è sottomessa La tua vita al limite Ma nessuno ha premuto il grilletto Si sono solo fatti il là Sono sulla riva Li vedi che fanno ciao Ci chiameranno al mattino Aspetteranno al telefono Attenderanno una tua risposta Ma tu sai che a casa non c’è nessuno E quando lo squillo smetterà Non sarà colpa di nessuno solo tua Hai sempre avuto chiari avvertimenti E segnali sottili Potevi accorgertene Ma ti abbiamo dato troppo tempo E quando hai detto che nessuno ti ascoltava Perché il tuo amico migliore doveva forse dire qualcosa? A volte siamo così stanchi di aspettare Una maniera per passare il tempo E’ “così facile” essere socievoli “E’ così facile” essere calmi Si, è facile aver fame Se non hai niente da perdere Vorrei poterti aiutare A trovare qualcuno in cui speri Ma sono ancora qui fuori ad aspettare Guardo le repliche della mia vita Quando arrivi al punto di rottura Sai che ci vorrà tempo Per guarire i ricordi spezzati Che a un’altra persona servirebbero Solo per sopravvivere
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Quando l'epidemia finirà, non è da escludere che ci sia chi non vorrà tornare alla sua vita precedente. Chi, potendo, lascerà un posto di lavoro che per anni lo ha soffocato e oppresso. Chi deciderà di abbandonare la famiglia, di dire addio al coniuge o al partner. Di mettere al mondo un figlio o di non volere figli. Di fare coming out. Ci sarà chi comincerà a credere in Dio e chi smetterà di credere in lui». Per David Grossman, non è detto che l'emergenza coronavirus non possa insegnarci a essere più umani. Il celebre scrittore israeliano ha affidato la sua riflessione a una lettera tradotta da Alessandra Shomroni e pubblicata sull'edizione odierna de La Repubblica.
Pur non minimizzando la situazione e definendo l'epidemia da Covid-19 «più forte di qualsiasi nemico in carne e ossa che abbiamo affrontato o di qualsiasi supereroe che abbiamo mai immaginato o visto nei film», Grossman non crede che il mondo uscirà sconfitto da questa pandemia. «Siamo - scrive l'autore di Che tu sia per me il coltello - sofisticati, computerizzati, equipaggiati con uno stuolo di armi, vaccinati, protetti dagli antibiotici».
Che il coronavirus sia stato sottovalutato, però, è innegabile. Prosegue Grossman: «Di brutto sogno in brutto sogno sono gli uomini a passare... pensavano che tutto per loro fosse ancora possibile, il che presumeva che i flagelli fossero impossibili. Continuavano a fare affari, programmavano viaggi e avevano opinioni. Come avrebbero potuto pensare alla peste che sopprime il futuro?» Tra dati e paura di non sopravvivere alla pandemia, nelle nostre vite oggi va in scena un dramma che Grossman definisce quasi biblico. «Una certa percentuale della popolazione - dice lo scrittore - morir��. Negli Stati Uniti si parla di un milione di probabili decessi. La morte è tangibile». E ancora: «Sulle prime hanno proclamato "cancelliamo i voli". Poi hanno chiuso i bar, i teatri, gli asili, le scuole, le università. L'umanità spegne i suoi lampioni l'uno dopo l'altro».
Secondo Grossman, però, quando l'emergenza sarà finita, l'umanità ne uscirà migliore perché consapevole della sua fragilità e della caducità della vita. Uomini e donne fisseranno nuove priorità e impareranno a distinguere meglio tra ciò che è importante e ciò che è futile. «Ci sarà - spiega - chi, per la prima volta si interrogherà sulle scelte fatte, sulle rinunce, sui compromessi. Sugli amori che non ha osato amare. Sulla vita che non ha osato vivere. Uomini e donne si chiederanno perché sprecano l'esistenza in relazioni che provocano loro amarezza. Ci sarà forse chi si domanderà perché israeliani e palestinesi continuino a lottare a distruggersi la vita a vicenda da oltre un secolo, in una guerra che avrebbe potuto essere risolta da tempo». E conclude: «Ci sarà forse chi, osservando gli effetti distorti della società del benessere, si sentirà nauseato e fulminato dalla banale, ingenua consapevolezza che è terribile che ci sia gente molto ricca e tanta altra molto povera. Che è terribile che in un mondo opulento e sazio non tutti i neonati abbiano le stesse opportunità. E forse anche i mass media, presenti in modo quasi totale nelle nostre vite e nella nostra epoca, si chiederanno con onestà quale ruolo abbiano giocato nel suscitare il generale senso di disgusto che provavamo prima dell'epidemia».
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