#Castello Caracciolo
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VIDEOARTE e Archivi nel secondo TALK del Factory ! “Il caso A.Vi.Mo” con Tommaso Evangelista 🗓️ 11 Ottobre ore 18.00 / Atrio Castello Caracciolo
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Il lungomare di Napoli: una passeggiata tra storia e natura
Il lungomare di Napoli (formata da Via Caracciolo, Via Partenope e Mergellina) è un'arteria pulsante della città che si snoda per circa 4 chilometri lungo la costa, regalando panorami mozzafiato sul Golfo e sul Vesuvio. Costruito nel XIX secolo, il lungomare rappresenta un luogo iconico per i napoletani e un'attrazione imperdibile per i turisti. La sua storia si intreccia con quella della città, subendo trasformazioni e modifiche nel corso del tempo, sempre conservando il suo fascino irresistibile. Un percorso storico e panoramico Partendo da Castel dell'Ovo, un antico castello normanno situato su un isolotto vulcanico, il lungomare si apre verso il mare, offrendo subito una vista spettacolare sul golfo e sulla sagoma del Vesuvio. Proseguendo, si incontra la Villa Comunale, un polmone verde ricco di alberi e giardini. Il lungomare è costellato di monumenti, sculture e opere d'arte che ne arricchiscono il valore storico e culturale. Un luogo di vita e di svago Il lungomare di Napoli non è solo un luogo da ammirare, ma anche un vero e proprio centro di vita cittadina. Piste ciclabili e pedonali si alternano a bar, ristoranti, gelaterie e chioschi che offrono specialità gastronomiche locali. Durante il giorno, il lungomare si anima di famiglie che passeggiano, bambini che giocano e sportivi che si allenano. Con l'arrivo del tramonto, l'atmosfera si trasforma: i caffè si accendono di luci, la musica risuona nell'aria e la gente si riversa sul lungomare per godersi la brezza marina e la vista suggestiva della città illuminata. Eventi e Tradizioni sul Lungomare di Napoli Il lungomare di Napoli è palcoscenico di numerosi eventi e manifestazioni che si svolgono durante tutto l'anno. Tra i più rinomati troviamo il Festival di Piedigrotta, una rassegna musicale che si tiene in estate, e la Festa del Mare, che celebra il legame profondo della città con il mare. Un'altra tradizione imperdibile è quella di passeggiare sul lungomare durante la "movida" napoletana, quando i bar e i locali si affollano di giovani e la musica risuona fino a tarda notte. Foto di Giulia Marotta da Pixabay Read the full article
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MARTINA FRANCA: IL PALAZZO DUCALE.
Martina Franca, TA PALAZZO DUCALE Palazzo Ducale , simbolo del potere del ducato dei Caracciolo sulla città, è la testimonianza della svolta culturale e artistica della città, la quale dall’arte medievale si volgeva ad approdare a quella barocca. Innalzato da Petracone V Caracciolo nel 1668 sul sito dove sorgeva l’antico castello medievale costruito nel 1388 da Raimondo Orsini del Balzo,…
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Festa della Birra e di San Patrizio 2023 a Grazzano Visconti
L’associazione Tipico Eventi propone la sesta Edizione della Festa della Birra e di San Patrizio nel pittoresco borgo di Grazzano Visconti, frazione di Vigolzone, in provincia di Piacenza, il 18 e 19 marzo. Questo evento unisce l'atmosfera della Festa della Birra con il giorno di San Patrizio, celebrando la migliore birra artigianale italiana e internazionale e i partecipanti saranno immersi in una cornice suggestiva e folkloristica, circondati da addobbi a tema e gadget divertenti. Ci saranno molte gamme di birra artigianale, delizioso street food per soddisfare ogni palato, bancarelle di prodotti artigianali e spettacoli di artisti di strada sabato e domenica dalle 14 alle 18. Inoltre, ci saranno due concerti dal vivo, con I Cani della Biscia sabato sera alle 20.30 e Deja Vu domenica sera alle 18.30. La prima volta in cui viene nominato il paese di Grazzano Visconti, situato a metà strada tra Milano e Piacenza, risale all’anno Mille, in una serie di documenti riguardanti alcune donazioni di terre al Monastero di San Savino di Piacenza. Nel 1414 l’Imperatore Sigismondo concesse a Bernardo Anguissola i castelli della Riva, Montesanto e Grazzano. Il privilegio non ebbe effetto fino a quando nel 1438 non fu confermato dal duca di Milano Filippo Maria Visconti assieme a un diritto di regalie che ne permise l’indipendenza dal Comune di Piacenza. Dopo una serie di controversie, nel 1459, il feudo venne affidato dal duca Francesco Sforza a Giovanni Anguissola e alla sua sposa Margherita Pallavicino. Nel 1576 il castello, con le sue terre e tutti i diritti feudali e giurisdizione, venne ceduto ai cugini Teodosio e Alessandro Anguissola, che già possedevano il feudo di Vigolzone. Verso il 1870 la morte di Filippo Anguissola lasciò tutti i beni di famiglia nelle mani della madre Francesca Visconti, che in seguito cedette tutto al nipote Guido Visconti Ma fu il figlio di Guido, Giuseppe, a concepire il progetto di edificare un complesso edilizio in stile quattrocentesco, assieme all’architetto Alfredo Campanini, con cui in soli due anni trasformò in realtà il suo sogno. Il castello, allora dotato di tre torri rotonde e una quadrata, divenne un edificio sviluppato su tre piani, con richiami gotici e varie merlature, mentre il fronte principale venne sormontato da un ingresso ad arco acuto con uno stemma in pietra con le insegne viscontee. Le aree che costituiscono il parco sono sviluppate secondo il modello del giardino all’italiana, con un viale che divide lo spazio in due prati decorati con viali e statue allegoriche, oltre a prati naturali, fontane barocche e un labirinto con all’ingresso due sfingi, mentre sul fondo troviamo un belvedere che si apre sulla campagna. Il borgo fu intermente rimesso a nuovo dal conte Giuseppe, che ne progettò personalmente l’impianto architettonico e la collocazione dei vari edifici. Tutti i muri merlati, cosi come le fontanelle e le varie decorazioni sono cosi ben integrate nel tessuto urbano da far dimenticare che tutto questo risale solo agli inizi del Novecento. Uno dei primi edifici del borgo a essere completato fu l’Albergo del Biscione, noto per la sua insegna in ferro battuto creata dal fabbro di una delle prime officine locali. Seguirono la palazzina dell’Istituzione, le botteghe artigiane, l’edificio delle “Regie poste e telegrafi” e la chiesetta in stile gotico, al punto che già nel 1915 il centro aveva l’attuale topografia. Negli anni successivi sarebbe stata completata la piazza del Biscione con una torre merlata, assieme a una fontana, con un pozzo in cotto e marmo rosa, e il Palazzo Podestarile sopra la palazzina dell’Istituzione. Dal 1946 il borgo fu curato dei figli di Giuseppe, Luigi e Anna Visconti con il marito Adolfo Caracciolo, e in seguito dai nipoti fino a oggi. Read the full article
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The Lives of Others
Sublime Interiors of Extraordinary People
Simon Watson, Contribution by Marella Caracciolo Chia and James Reginato and Tom Delavan
Rizzoli Int.Publ., New York 2020, 336 pages, 978-0-8478-6900-8
euro 65,00
email if you want to buy [email protected]
A privileged invitation into a world of beauty--from a seventeenth-century Italian palace and retreats in the Swiss Alps and Morocco to artists' studios and noble residences in Austria and Spain. Simon Watson takes the reader into highly personal environments that reveal the creativity and personality of their esteemed inhabitants. Since the 1990s, Watson has been one of the most prolific chroniclers of remarkable interiors and portraits, gracing the pages of W magazine, Vanity Fair, AD, and T Magazine. From hard-edged modernity and historical exoticism to pure classicism, the photographer has documented rooms of note in cities, atop mountains, and by the sea. Complementing his masterful images, Watson gives an intimate description of each location. On this journey with the photographer, one experiences the Duchess of Alba's Palacio Liria in Madrid, filled with sixteenth- and seventeenth-century masterpieces; interior designer Roberto Peregalli's splendid riad in Tangier; the magnificent and vast Castello Gardena in the Italian Alps owned by the Franchetti clan; Guinness heir Garech de Brun's hillside retreat in County Wicklow, Ireland; the Renaissance Palazzo Massimo alle Colonne in Rome, designed by Baldassarre Peruzzi in the sixteenth century; shoe designer Christian Louboutin's fanciful Parisian apartment; and many other splendid places around the world.
05/10/20
orders to: [email protected]
ordini a: [email protected]
twitter:@fashionbooksmi
instagram: fashionbooksmilano, designbooksmilano tumblr: fashionbooksmilano, designbooksmilano
#Simon Watson#sublime interiors#Roberto Peregalli#Umberto Pasti#Stephan Janson#Duchess of Alba#Castello Gardena#Palazzo Massimo alle Colonne#Christian Louboutin#interiors photographer#designbooksmilano#fashionbooksmilano
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Stilo a Reggio Calabria è un paese arroccato sulla fiumara a 400mt sul livello del mare Ionio che si ritiene sia stata fondata nel VII secolo dai profughi di una mitica città marittima. La leggenda narra che, per trovare scampo alle continue incursioni che subivano da parte dei Saraceni, gli abitanti una ex colonia greca si rifugiarono in massa ai piedi del monte creando una città denominandola Stilida. Intorno ad essa costruirono altissime mura per rendere quel luogo inespugnabile. Al fine di monitorare l’accesso e l’uscita dal paese, furono costruite cinque grandi porte, che di notte venivano ermeticamente chiuse dall’interno: Porta Stefanina, Porta Reale, Porta Cacari, Porta Scanza li Gutti e Porta Terra. Di queste, tre non ci sono più (Porta Terra, porta Scanza li Gutti e Porta Cacari), mentre fino a meno di un secolo fa esisteva la Porta Reale, di cui rimane solo qualche traccia. La Porta Stefanina invece è ben conservata. Oggi questa bella città offre ai turisti tante attività da svolgere, oltre alle visite guidate presso i luoghi simbolo del territorio: trekking ed escursioni per gli amanti delle attività all’aperto, degustazioni e shopping per un’esperienza locale rilassata e rigenerante. Inoltre nel corso dell’anno si organizzano diverse feste locali, quella dedicata al patrono San Giorgio e varie fiere enogastronomiche. Stilo: cosa vedere A Stilo, in Calabria, le cose da vedere sono tante e attraggono tanti turisti ogni anno. Il centro storico è costituito da piccole viuzze, case attaccate l’una all’altra, cortili e giardinetti, maestosi palazzi nobiliari, chiese e soprattutto le mura di cinta con le torri e le porte urbiche. In particolare, da non perdere sono l’edificio civile appartenuto ai Conti Capialbi nel Rione di Santa Lucia e il grande edificio rurale di nobile fattura nella contrada Nipitino, un tempo appartenuto alla stessa famiglia. La Biblioteca è oggi del comune ed è stata donata nel 1963 dalla figlia dell’ultimo proprietario, il conte Massimo Capialbi: conta ben 7260 volumi. Infine, la Fontana dei Delfini, detta Gebbia, è un’importante testimonianza dell’influsso arabo nella cultura locale, in quanto celebra la cacciata dall’imperatore Ottone. Si trova sulla via che conduce al Duomo, poco prima di oltrepassare l’antica porta della città. La Cattolica di Stilo La Cattolica di Stilo è un edificio religioso di piccole dimensioni alle pendici del Monte Consolino. Il termine “Cattolica” deriva probabilmente dal greco “Katholikon” che indica il luogo di culto di un complesso monastico o il centro di riferimento cultuale per gli eremiti che vivevano nella stessa area. Questo monumento in stile bizantino fu costruito per volere di monaci orientali, tra i secoli X e XI. Molto probabilmente la Cattolica di Stilo faceva parte di un monastero dedicato all’Assunta, come provato dalla sua stessa etimologia e dalla citazione “per dexeteram Catholici”. Restaurata più volte, la parte esterna della Cattolica presenta una ricchezza cromatica e geometrica tipica delle chiese in Oriente: è formata da un cubo, sormontato da quattro cupole più piccole, poste in corrispondenza degli angoli delle facciate e una centrale in posizione elevata rispetto a queste ultime. L’interno della chiesa è composto da uno spazio quadrato e quattro colonne in pianta a croce greca. La prima colonna a destra reca scolpita una croce gemmata con un’iscrizione che recita: “deus venerandus – dominus passus – apparuit – nuper”, un testo biblico relativo all’Epifania che significa: “ci apparve Dio, Nostro Signore”, probabilmente opera di un monaco basiliano che forse si riferisce ad un’apparizione avuta sull’Aspromonte. Sopra l’abside di sinistra, invece, è posta una campana di manifattura locale del 1577 che raffigura a rilievo una Madonna col bambino. Il Castello Normanno di Stilo Il Castello Normanno di Stilo fu costruito nel 1072 d.c. dai conquistatori del borgo di Stilo. Eretto da Ruggero il Normanno nella seconda metà del XI secolo, questo castello medievale domina incontrastato il territorio circostante. La zona centrale del Castello era una chiesa-cappella con un altare principale e 4 altari adiacenti ai muri del locale: oggi sono rimasti solo alcuni tratti dei muri portanti. Era circondato da varie opere di difesa che lo rendevano inespugnabile e di queste se ne possono identificare ancora parecchie lungo l’erta del monte Consolino. La visita al Castello di Stilo è assolutamente raccomandata perché dalla sua posizione è possibile ammirare il paesaggio calabro, che conduce al mare. Inoltre, nel 2015 è stata realizzata una piccola monorotaia, al fine di favorirne l’accesso. Il Duomo di Stilo Il Duomo di Stilo è stato eretto nel 300 e rifatto, quasi del tutto, in stile barocco, nel 700. Pare che i piedi murati nella facciata della chiesa appartenessero ad una statua che rappresentava l’idolo abbattuto dei primi cristiani. Questo e la tradizione orale portano a supporre che sul sito della chiesa, in epoca romana, esistesse un mausoleo pagano. Inoltre è stato scoperto uno stretto cunicolo che dal piano superiore della chiesa conduce ad un punto ancora indefinito, di cui non si hanno spiegazioni. Il Duomo si trova nel centro storico e ospitava un busto-reliquiario ligneo di San Vito, un crocefisso del 700, l’altare del SS. Sacramento e la grande pala d’altare raffigurante la Madonna col Bambino e Santi, opera di Giovan Battista Caracciolo, detto il Battistello. La sua particolarità è quella di essere stata eretta contro un muro, forse a causa del poco spazio a disposizione. https://ift.tt/2ZnRX6l Cosa vedere nel meraviglioso borgo di Stilo Stilo a Reggio Calabria è un paese arroccato sulla fiumara a 400mt sul livello del mare Ionio che si ritiene sia stata fondata nel VII secolo dai profughi di una mitica città marittima. La leggenda narra che, per trovare scampo alle continue incursioni che subivano da parte dei Saraceni, gli abitanti una ex colonia greca si rifugiarono in massa ai piedi del monte creando una città denominandola Stilida. Intorno ad essa costruirono altissime mura per rendere quel luogo inespugnabile. Al fine di monitorare l’accesso e l’uscita dal paese, furono costruite cinque grandi porte, che di notte venivano ermeticamente chiuse dall’interno: Porta Stefanina, Porta Reale, Porta Cacari, Porta Scanza li Gutti e Porta Terra. Di queste, tre non ci sono più (Porta Terra, porta Scanza li Gutti e Porta Cacari), mentre fino a meno di un secolo fa esisteva la Porta Reale, di cui rimane solo qualche traccia. La Porta Stefanina invece è ben conservata. Oggi questa bella città offre ai turisti tante attività da svolgere, oltre alle visite guidate presso i luoghi simbolo del territorio: trekking ed escursioni per gli amanti delle attività all’aperto, degustazioni e shopping per un’esperienza locale rilassata e rigenerante. Inoltre nel corso dell’anno si organizzano diverse feste locali, quella dedicata al patrono San Giorgio e varie fiere enogastronomiche. Stilo: cosa vedere A Stilo, in Calabria, le cose da vedere sono tante e attraggono tanti turisti ogni anno. Il centro storico è costituito da piccole viuzze, case attaccate l’una all’altra, cortili e giardinetti, maestosi palazzi nobiliari, chiese e soprattutto le mura di cinta con le torri e le porte urbiche. In particolare, da non perdere sono l’edificio civile appartenuto ai Conti Capialbi nel Rione di Santa Lucia e il grande edificio rurale di nobile fattura nella contrada Nipitino, un tempo appartenuto alla stessa famiglia. La Biblioteca è oggi del comune ed è stata donata nel 1963 dalla figlia dell’ultimo proprietario, il conte Massimo Capialbi: conta ben 7260 volumi. Infine, la Fontana dei Delfini, detta Gebbia, è un’importante testimonianza dell’influsso arabo nella cultura locale, in quanto celebra la cacciata dall’imperatore Ottone. Si trova sulla via che conduce al Duomo, poco prima di oltrepassare l’antica porta della città. La Cattolica di Stilo La Cattolica di Stilo è un edificio religioso di piccole dimensioni alle pendici del Monte Consolino. Il termine “Cattolica” deriva probabilmente dal greco “Katholikon” che indica il luogo di culto di un complesso monastico o il centro di riferimento cultuale per gli eremiti che vivevano nella stessa area. Questo monumento in stile bizantino fu costruito per volere di monaci orientali, tra i secoli X e XI. Molto probabilmente la Cattolica di Stilo faceva parte di un monastero dedicato all’Assunta, come provato dalla sua stessa etimologia e dalla citazione “per dexeteram Catholici”. Restaurata più volte, la parte esterna della Cattolica presenta una ricchezza cromatica e geometrica tipica delle chiese in Oriente: è formata da un cubo, sormontato da quattro cupole più piccole, poste in corrispondenza degli angoli delle facciate e una centrale in posizione elevata rispetto a queste ultime. L’interno della chiesa è composto da uno spazio quadrato e quattro colonne in pianta a croce greca. La prima colonna a destra reca scolpita una croce gemmata con un’iscrizione che recita: “deus venerandus – dominus passus – apparuit – nuper”, un testo biblico relativo all’Epifania che significa: “ci apparve Dio, Nostro Signore”, probabilmente opera di un monaco basiliano che forse si riferisce ad un’apparizione avuta sull’Aspromonte. Sopra l’abside di sinistra, invece, è posta una campana di manifattura locale del 1577 che raffigura a rilievo una Madonna col bambino. Il Castello Normanno di Stilo Il Castello Normanno di Stilo fu costruito nel 1072 d.c. dai conquistatori del borgo di Stilo. Eretto da Ruggero il Normanno nella seconda metà del XI secolo, questo castello medievale domina incontrastato il territorio circostante. La zona centrale del Castello era una chiesa-cappella con un altare principale e 4 altari adiacenti ai muri del locale: oggi sono rimasti solo alcuni tratti dei muri portanti. Era circondato da varie opere di difesa che lo rendevano inespugnabile e di queste se ne possono identificare ancora parecchie lungo l’erta del monte Consolino. La visita al Castello di Stilo è assolutamente raccomandata perché dalla sua posizione è possibile ammirare il paesaggio calabro, che conduce al mare. Inoltre, nel 2015 è stata realizzata una piccola monorotaia, al fine di favorirne l’accesso. Il Duomo di Stilo Il Duomo di Stilo è stato eretto nel 300 e rifatto, quasi del tutto, in stile barocco, nel 700. Pare che i piedi murati nella facciata della chiesa appartenessero ad una statua che rappresentava l’idolo abbattuto dei primi cristiani. Questo e la tradizione orale portano a supporre che sul sito della chiesa, in epoca romana, esistesse un mausoleo pagano. Inoltre è stato scoperto uno stretto cunicolo che dal piano superiore della chiesa conduce ad un punto ancora indefinito, di cui non si hanno spiegazioni. Il Duomo si trova nel centro storico e ospitava un busto-reliquiario ligneo di San Vito, un crocefisso del 700, l’altare del SS. Sacramento e la grande pala d’altare raffigurante la Madonna col Bambino e Santi, opera di Giovan Battista Caracciolo, detto il Battistello. La sua particolarità è quella di essere stata eretta contro un muro, forse a causa del poco spazio a disposizione. Stilo è uno splendido borgo incastonato in Calabria, dominato dal celebre castello, ricco di monumenti storico-religiosi da visitare almeno una volta.
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Dalì. La Divina Commedia Fino al 5 marzo 2017
INFERNO Acquaviva delle Fonti, Palazzo de’ Mari PURGATORIO Sammichele di Bari, Castello Caracciolo PARADISO Turi, Chiesa di Sant’Oronzo
Cento xilografie di Salvador Dalì raccontano il viaggio metaforico di Dante nei regni ultraterreni. Tre città pugliesi ospitano la sua mostra, invitando il visitatore a ripercorrere il viaggio di Dante: l’Inferno ad Acquaviva delle Fonti, il Purgatorio a Sammichele di Bari e il Paradiso a Turi. L’opera è una delle maggiori espressioni del metodo pittorico “paranoico-critico” dell’artista surrealista.
L’immaginario viaggio di Dante nelle cantiche della Divina Commedia rivive nelle tre città che ospitano la mostra “DALÌ. LA DIVINA COMMEDIA”. Fino al 5 marzo prossimo Acquaviva delle Fonti, Sammichele di Bari e Turi espongoo le opere del grandissimo artista del secolo scorso Salvador Dalì, nell’ambito dell’operazione “Opere fuori contesto”. La mostra è organizzata dalla Società Sistema Museo, gestore del SAC Ecomuseo di Peucetia. “Dalì. La Divina Commedia” prende il nome dall’omonima serie di xilografie nate dal genio dell’estroso artista spagnolo e ispirate al capolavoro dantesco. Composta da cento opere a colori, firmate, numerate e pubblicate da Les Heures Claires a Parigi nel 1960, “La Divina Commedia” riunisce trentatre trittici, ognuno dei quali è composto di tre tavole riferite rispettivamente al Paradiso, al Purgatorio e all’Inferno danteschi. L’opera fonde simboli, allusioni, magia e allegorie in un connubio perfetto, diventando una delle maggiori espressioni del metodo pittorico “paranoico-critico” caratteristico dell’artista surrealista.
Le tre cantiche di Dante sono distribuite nelle tre città pugliesi, rispettivamente l’Inferno ad Acquaviva delle Fonti a Palazzo de’ Mari, il Purgatorio al Castello Caracciolo di Sammichele di Bari e il Paradiso nella Chiesa di Sant’Oronzo a Turi.
Dalì creò questi capolavori nel suo periodo illustrativo migliore e lavorò per quasi nove anni alla realizzazione dei cento acquerelli. In seguito all’esposizione al Musée Galliera di Parigi nel 1960, furono trasposti in altrettante xilografie, dopo quattro anni di assiduo lavoro con il maestro stampatore Raymond Jacquet. Il risultato è eccellente, sia dal punto di vista tecnico che artistico. Il soggetto della Divina Commedia, illustrato in precedenza da Botticelli, Blake, Bocklin e Doré, diventa per Dalì un viaggio nella memoria della sua poliedrica sperimentazione e rappresenta una summa della propria arte. Il maestro spagnolo ha raggruppato qui vari aspetti della sua ricerca stilistica, dalla cosiddetta “estetica del molle” alla curiosità verso i miti classici, dall’interesse per la costruzione michelangiolesca delle figure al gusto per l’incisione circolare che dona loro una forma dinamica. Nell’uso del colore ci si trova davanti ad una vera e propria antologia di modi, dal tratto fragile e guizzante all’uso plastico, come nei panneggi pesanti e materici. Come nella Divina Commedia anche nell’opera di Dalì si respira un’atmosfera di grandezza, di ostentazione consapevole del sublime. La mostra “Dalì. La Divina Commedia si pone all’interno di un più ampio progetto di valorizzazione del territorio, dei suoi beni culturali e paesaggistici che rientra dell’operazione “Opere fuori contesto” del progetto SAC Ecomuseo di Peucetia.
Affiancano la mostra numerose attività collaterali, tra cui visite guidate e laboratori didattici rivolti ai più piccoli con l’obiettivo di far conoscere il linguaggio espressivo di Dalì. I bambini tra i 7 e i 14 anni possono sperimentare di persona la metamorfosi degli oggetti e dei corpi partendo dalle immagini bidimensionali delle xilografie, fino ad arrivare alle immagini create da loro stessi. Per la fascia d’età tra i 10 ed i 14 anni il momento pratico è dedicato anche alla lettura delle opere di Dalì tramite il “Gioco dei cadaveri squisiti” inventato dai Surrealisti. L’attività didattica e le visite guidate sono a cura della Società Sistema Museo.
Informazioni mostra: Call Center 199 151 123 [email protected] – www.sistemamuseo.it
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La Divina Commedia di DALI’ arriva in Puglia fino al 5 marzo Dalì. La Divina Commedia Fino al 5 marzo 2017 INFERNO Acquaviva delle Fonti, Palazzo de’ Mari…
#Acquaviva delle Fonti#Castello Caracciolo#Chiesa di Sant’Oronzo#Dante#INFERNO#La Divina Commedia#La mostra “Dalì.#Palazzo de’ Mari#PARADISO#Purgatorio#Sammichele di Bari#Sistema Museo#Turi#xilografie
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🍎 META - Mercato della Terra e delle Arti 🌿 Siamo al META | 11 maggio 2019 nella splendida cornice del Giardino di Castello Caracciolo, a Sammichele. @spinebookstore e @leggerecoccole vi aspettano per questo primo imperdibile appuntamento con "LeggiAmo la natura" a Sammichele di Bari. Abbiano in serbo per voi tante sorprese! . . #spinebookstore #Spine #Bari #Puglia #Italia #libri #fumetti #autoproduzioni #albiillustrati #microproduzioni #editoria #edizioni #italiane #estere #booking #internazionali #stampe #graphicnovel #illustrazione #arte #poster #bookshop #indipendente #independent #illustration #Europe #presentazioni #autori https://www.instagram.com/spinebookstore/p/BxVMHq8gAmN/?utm_source=ig_tumblr_share&igshid=10avq4pc6yxnz
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Castel dell'Ovo, Napoli. — Francesca M. Girone. | dispensatricediemozioni, on Tumblr.©
#napoli#sea#seascape#castel dell'ovo#casteldell'ovo#lungomare#viacaracciolo#via caracciolo#castello#mare#vesuvio#morning#night#love#dispensatricediemozioni
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Il Peperoncino Jazz Festival prosegue sulla costa tirrenica
Il Peperoncino Jazz Festival prosegue sulla costa tirrenica In occasione della XXI edizione il Peperoncino Jazz Festival dopo alcuni anni è tornato a far tappa nell’accogliente centro storico di Montalto Uffugo e lo ha fatto con un’interessantissima “tre giorni” di jazz internazionale ad ingresso libero fortemente voluta dall’assessore alla Cultura Gianfranco Bria e da tutta l’amministrazione comunale guidata dal sindaco Pietro Caracciolo. Nei primi giorni del mese a salire sul palco sono stati due incredibili artisti americani: lo storico batterista del Pat Metheney Group, Paul Wertico (che in compagnia del notevole contrabbassista Gianmarco Scaglia e dell’eclettico pianista Fabrizio Mocata nella graziosa piazzetta Rizzo ha dato vita ad una serata ricca di suggestioni contemporanee e sonorità moderne, spaziando da composizioni originali all’esecuzione di brani improvvisati sul momento) e il carismatico Eric Daniel, sassofonista dalle mille collaborazioni importanti (tra cui ricordiamo quelle con Zucchero, Natalie Cole, Alex Britti, Andrea Bocelli, Joe Cocker, Gino Paoli, Antonello Venditti, Tom Jones, Amii Stewart, George Benson. E, ancora, Paul Young, Randy Crawford, Jerry Lewis, Stevie Wonder, Ella Fitzgerald, Gil Evans, Eduardo De Crescenzo, Toots Thielemans, Mike e Randy Brecker), che dialogando musicalmente con l’affiatato duo “In Milonga” (composto dal chitarrista Sasà Calabrese e dal fisarmonicista Salvatore Cauteruccio) è stato protagonista di una serata all’insegna del fascino e della sensualità del tango argentino e delle altre musiche caratteristiche del Sud del mondo nello splendido chiostro di San Domenico. Dopo queste prime due riuscitissime tappe, nel corso delle quali un pubblico numeroso e attento ha apprezzato moltissimo il ritorno in città dell’evento a cura dell’associazione Picanto diretto da Sergio Gimigliano, il 21 agosto il festival musicale più piccante d’Italia è tornato a far tappa nel bel chiostro di San Domenico con un terzo concerto, anch’esso a ingresso libero e di rilievo internazionale (patrocinato dalla Fondazione per la Cultura svizzera Pro Helvetia), che ha visto di scena il duo svizzero composto dalla cantante Yumi Ito e dal chitarrista Szymon Mika. Molto affini musicalmente e spiritualmente e soliti mettere in piedi live caratterizzati da una esibizione fortemente sinergica, Yumi e Ito per l’occasione hanno presentato al pubblico il loro nuovo album “Ekual”, proponendo in scaletta brani come “Minha Flor”, “Data” e “Float and Drift”, che evocano la dolce pioggia su una foresta primaverile dove la vita inizia a sbocciare dopo un rigido inverno. I due giovani e talentuosissimi musicisti, già molto apprezzati non solo nella loro patria ma in tutta Europa, attingendo dalla versatilità della voce e degli archi, hanno regalato il loro universo di armonie gentili, accordi ossessionanti, melodie intricate e improvvisazioni esplorative anche al pubblico che il 22 agosto è accorso nello splendido Castello di Sangineto per una serata patrocinata dall’amministrazione guidata da Michele Guardia e fortemente voluta dal consigliere Francesco Terranova. Martedì 23 agosto, poi, l’itinerario musicale (ma anche turistico e culturale) del PJF continuerà ancora sul Tirreno cosentino con una doppia tappa in programma a Belvedere (dove il festival ritorna dopo un’assenza di anni grazie a Raffaela Sansoni, nuova assessora alla Cultura della neo insediata giunta guidata dal sindaco Vincenzo Cascini), con il concerto del fantastico duo composto dalla raffinata cantante Mafalda Minozzi e dal chitarrista americano Paul Ricci in programma alle ore 22 presso il Belvedere di Capo Tirone e a San Nicola Arcella (località nella quale il PJF fa tappa da anni, gli ultimi dei quali grazie alla bella joint-venture con “Un tuffo nel Blues”, evento in memoria di Claudio Tommasini), che nello storico Clubbino (locale che da oltre 30 anni rappresenta un indiscusso punto di riferimento per tutta la costa tirrenica) vedrà di scena, alle ore 23 gli esplosivi Groovin’ High. Il 24 agosto, il PJF dopo alcuni anni di assenza farà una tappa ad Amantea grazie alla collaborazione con un altro importantissimo festival calabrese: La Guarimba Film Festival; per l’occasione, presso Il Terrenito guarimbero, spazio multidisciplinare costruito dagli organizzatori del festival amanteano proprio con l’obiettivo di fare aggregazione, alle ore 22 si esibiranno i Calabrian Jazz Experience. Prima dell’ultima tappa tirrenica (il concerto del portentoso pianista americano David Kikoski realizzato in joint-venture con “Un tuffo nel Blues”) in programma il 29 agosto alle 22 nello splendido belvedere di San Nicola Arcella, dal 25 al 27 agosto ritornerà la “tre giorni” patrocinata dal Comune di Scalea (fortemente voluta dal presidente del consiglio comunale Gaetano Bruno, dal vicesindaco Annalisa Alfano, dall’assessore al Turismo e Cultura Adelina Carrozzini e da tutta la compagine amministrativa guidata da Giacomo Perrotta) all’insegna del “Laos Jazz Fest”, che nelle tre serate alle ore 22 nel suggestivo scenario del giardino di Palazzo Spinelli vedrà di scena, rispettivamente, la poliedrica cantante Ada Montellanico, il talentuoso crooner Walter Ricci e il coinvolgente Terjie Nordgarden, cantautore norvegese che si esibirà praticamente in contemporanea con i sorprendenti AmaJi, che saranno protagonisti nel centro storico di Paola grazie alla collaborazione con il Margini Festival. CONSULTA IL PROGRAMMA COMPLETO ... Read the full article
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Podjgym Avellino, domani il Galà della Scherma nel Castello Caracciolo di Montefredane | www.avlive.it
Podjgym Avellino, domani il Galà della Scherma nel Castello Caracciolo di Montefredane | www.avlive.it
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Un dia a la Chiesa di Santa Chiara.
- Me’n vaig. Tinc coses a fer. - De debò? El què? - Va dir M. Havien estat passejant per la vora del campus (si es que aquell petit edifici central es podia anomenar com a tal) aprop de tres quarts d’hora, i en cap moment na Vale havia comentat res respecte de que havia d’anar-se’n. Per això quan ell la va interpelar va sonar entre sorprés i una mica directe. Després va pensar que pot ser havia estat una mica massa inquisitiu amb ella. Pot ser es va sentir agreujat en la seva masculinitat. Si és així, quina masculinitat més dèbil la de M. - No t’interessa on vaig - va contestar-li, un poc molesta. - Que pasa? És que no puc venir o que? - va demanar-li fent un poc de sorna, però també un poc molest. - Bé, si ho vols saber, vaig a missa - això li va dir Vale mentres s’aixecava del banc on eren asseguts, allunyant-se una mica de M., com per donar-li a entendre que no li havia fet gens de gràcia que li demanés així les coses. - A missa? Què dius ara? no sabia que anessis a missa. - Què vols que et digui? Doncs si que hi vaig. Desde petita. Pot ser sigui d’esquerres, però no som una salvatge - I aleshores va començar a caminar un parell de pases, quedant M. a la seva esquena.
A na Vale, totes aquelles preguntes tan directes, la van fer posar-se a la defensiva. No li agradava haver de donar explicacions a la gent. I creia que no tenia perque donar-lis a M., encara que tampoc li importava gaire, ja que, tot i que feia poc que es coneixien, sentia que d’alguna manera havien connectat. Ell sentia el mateix, i segurament, com que era una persona del sexe masculí, ho sentia amb més vigor si cap.
I havia moltes altres coses que a na Vale no li agradaven, apart d’haver de donar explicacions a la gent. Així, i de primeres, es podria dir que no li agradaven gens, per exemple, els comiats de soltera, ni el reggaeton, ni la democràcia directa, ni els partits d’esquerres, ni els idealistes, ni el coaching, ni els festivals de música, ni la carrera en solitari de John Lennon ni, per suposat, Imagine, ni el crossfit, ni el jäggermeister, ni l’accent argentí, ni els professors d’universitat, ni el gelat de maduixa, ni els llestos, ni la contracultura, ni els que es prenen molt seriosament a si mateixos, ni els emprenedors, ni tots aquells pares que li posen als seus fills noms modernets, ni, tampoc, la Moritz. Tot això, entre moltes d’altres, son coses que a la Vale la disgusten profundament.
- Vols venir? - Va dir-li ella mentre es capgirava. - No sé. A on sols anar a missa? - L’altre dia em vaig ficar a una esglèsia molt guay. Aprop del castell. - Ah si? - Si. Vols venir o què? No em facis perdre més el temps. - Na Vale es va posar seriosa perque va notar que ell es feia de pregar i, també, un poc l’ofés de que ella hagués anat a alguna banda sense dir-li res a ell. O això és el que va deduir d’una resposta tan taciturna. - Si si, clar que venc. - va contestar M. però amb un deix de com llevant-li importància a si venia o no. Com si tant li fos. Quan en realitat, ell sabia, i ella tambe, que si l’acompanyava a missa, era només per estar on ella estava.
Van sortir del pati interior de l’edifici principal de la universitat cap a la Piazza Tancredi, i van girar per Via Roberto Caracciolo direcció al Castello. En realitat va ser na Vale qui va prendre la decisió d’anar per aquest camí, M. només la seguia, tot tractant de anar a la mateixa velocitat a la que caminava ella.
- No et val l’esglèsia d’aquí devora? - Va dir-li M., com volguent fer-li la guitza i d’una forma un poc cínica. - No, vull passetjar un poc. Apart, allà aprop hi ha una gelateria que m’agrada molt - (a la Vale li agraden molt els gelats, especialment un de taronja que fan a una gelateria de Ciutadella, on ella solia estiuetjar amb els pares de petita i on, els darrers anys, hi ha tornat amb cualque novio que ha tengut. En tot cas, detesta el gelat de maduixa) - Em pots convidar al sortir, m´ho deus per fer-te tant de cas. - Ets molt llesta tu. - Si. I tu ets tonto.
M. deia que era ateu, encara que havia rebut una educació totalment catòlica: El van baptiar pel rite catòlic, va anar sempre a escoles catòliques, havia fet la 1ª comunió, va fer d’escolà a l’esglesia del poble i la seva padrina el feia anar a missa amb ella tots els dissabtes al capvespre. Pot ser per tot això, hi va haver un moment, quan anava a l’institut, que va començar a odiar tot allò, al punt que, fins i tot, es va arribar a considerar a si mateix com anticlerical, a la manera dels milicians de la II republica. O això es pensava ell. Segurament, tota aquella flipada, només era una forma un poc burguesa de rebel.lió. La realitat és que, aquell odi que durant els seus anys d’institut i els primers de universitat va tenir envers a la religió catòlica, naixien, únicament, del més absolut desconeixement. Ara, havia après a respectar-la, i, en certa forma, es deixava captivar per la seva bellesa. Pot ser no fos tan ateu com deia, en realitat.
Quan van arribar a l’esglèsia, la missa ja havia començat. Es van senyar, per respecte a la tradició, i es van seure, plegats, al darrer banc de tots. M. no entenia prácticament res del que deia el capellà. No obstant les semblances entre els idiomes, només portaven unes 3 setmanes a Itàlia, i el seu domini de la llengua era encara força precari. Tot i així, si que va encertar a captar un parell d’idees del sermò del capellà, que es podien resumir, basicament, en que, era de bons cristians ajudar a aquells que passaven per una mala situació econòmica. El tema venia al cas, ja que debia ser octubre de 2013, i la situació econòmica al sud de Itàlia no era especialment pròspera. Però, siguem francs, quan ho ha estat pròspera allà abaix? Pot ser que mai. Al igual durant el Regne de Sicilia.
Quan van sortir ja s’havia fet fosc, ja eren al voltant de les vuit del capvespre, i van anar tot d’una cap a la gelateria que li agradava tant a na Vale. Mentre anaven cap allà, M. rumiava sobre qui li havia xerrat d’aquella gelateria o com s’havia assabentat de la seva existència.
- Com vas trobar-la? - va demanar-li M. - El què? - La gelateria a la que em portes. - Ah. M’ho va dir el tio aquell de Málaga, en Dani. El que va parlar amb mí tot el temps el primer dia que vam sortir a ballar. Va dir-me que eren els millors gelats de Lecce.
A M. no li va fer molta gràcia aquesta confessió. Per això no va dir res més i es va callar. Com s’ha de fer en aquests casos, pensa.
Com deia, a Vale li agraden d’una manera disparatada els gelats. Però no es l’única cosa que li agrada a la Vale. De fet, ella te una llista molt gran de coses que li agraden, i les que ara li venen a la memòria, apart dels gelats, son: que la cullin de la mà quan passetja, la musica indie, les nits d’estiu, els McDonalds, les rutines, la gent que no parla massa (especialment de política), una peli que es diu “10 raons per odiar-te”, les lleis, que la ajudin a penjar la seva roba, els dissabtes dematí, la pulcritut i dinar de menu. Tot això, entre d’altres moltes coses, torna boja a na Vale.
Doncs bé, un cop acabada la cerimonia, van anar cap a la gelateria que coneixia ella i que estava a uns 5 minuts caminant. Mentres ho feien, M. contava coses de quan era petit. Van acabar parlant d’això perque ell va dir que, quan era petit, feia d’escolà. I arran d’això ella li va començar a demanar quines altres coses feia quan era més petit. Una cosa va dur a l’altre i Vale va riure molt quan M. li va contar que un cop, un del seu institut va intentar fugir de classe per la finestra i va caure a sobre de les escombreries. Li va dir que els seus amics de l’insti eran imbècils, i que quina sort que hagués sortit així de normal. A la gelateria, M. va demanar un gelat de xocolata i llimona per ell, i un de fiori di latte i taronja per ella, i va pagar els dos. Van seguir passetjant i parlant mentre pegaven llepades al gelat. La Vale es menjava el gelat llepant-lo pomposament, d’una forma que es podia calificar com aristocràtica, embolicava suaument amb la seva llengüa tota la bolla del gelat com si fós un regal de Nadal. M. la mirava mentre ho feia perque li semblava graciosa aquella grandilocuència fent una cosa tan banal. Ell, no obstant, i tractant que no li regalimes el gelat pel con, se’l menjava d’una forma molt més adusta i austera. Acadèmica i pragmática si es vol. No cal dir que els dos van demanar cucurutxos, ja que estaven totalment d’acord en que menjar-se un gelat dins d’una tarrina amb la cullereta era un pecat digne del darrer cercle de l’infern, on és Judes.
- Si feies d’escolà, no entenc per què t’has ficat amb mi per voler anar a l’esglèsia. - Li deia na Vale - Ets un poc idiota tu també. Ho saps, no? - Ostres tu, era petit jo quan feia d’escolà. La meva padrina prácticament m’obligaba. Jo que sé, feia molt temps que no hi anava. Però bé, si tu hi creus en Déu a mi ja em va bé. - No hi crec en Déu jo. Qui t’ha dit que hi cregui? - Que se jo? ningú. Ho he deduit. Doncs perquè hi vas a missa? - No sé, crec que m’agrada. Em fan sentir bé les esglèsies, estar-hi a dins. A la que em anat es diu la Chiesa di Santa Chiara, ho sabies? - Això ho va dir tractant de posar una mica d’accent italià, tot i que no li sortia gaire bé. Però no li sortia bé d’una manera graciosa, o a M. li ho semblava. - No, ni idea. - T’ha agradat? Es xula, no? - Eh, si, si que ho és - va dir M. sortint del pas. - Si no t’ho sembla ho pots dir, saps? Hi ha coses que et parlen i coses que no, no passa res. - A veure, és una esglèsia, a Itàlia pegues una puntada de peu i surten 20 esglèsies.
Van seguir caminant un poc més, però en silenci. Cosa que va incomodar un poc a Vale i va seguir parlant.
- Santa Chiara venia d’una família de nobles, i abans de nèixer, Déu li va dir a la seva mare que la seva llum il.luminaria el món sencer. Quan es va fer monja, el Papa de llavors li va dir que tenia dret a ser pobre si volia. - Com ho saps això? - Ho vaig llegir a un follet pels turistes que vaig trobar per aquí l’altre dia. - Quants de pics has vingut aquí? - No sé. Cuatre o cinc. - Tu tota sola? - Clar, amb qui vols que vengui? - Només demanava. Que se jo.
Es van acabar els gelats i, de manera tàcita, van estar d’acord en seguir passejant una estona més mentre parlaven. La veritat es que feia goig de caminar. El temps era fabulós encara a aquella època de l’any al Salento. No feia vent, la temperatura era ideal i semblava un d’aquells capvespres d’estiu que tan agraden a Vale, i més si es dissabte i hi ha verbena. De fet, aquell estiu M. i Vale es van trobar una d’aquelles nits d’estiu, encara que només es coneixien un poc de vista de la uni, però es van saludar:
- És el meu aniversari avui - va informar ella. - Si més tard et veig et convido a una copa.
Però no es van tornar a trobar. Només va tornar a veure, per sorpresa, a una amiga seva que, quan es van trobar, l’únic que li va dir va ser: “Hola, amigo de Vale”. I ell, com un idiota, es va quedar callat perque no s’esperava aquella trobada ni, tampoc, ser reconegut com amic d’ella.
El cas és que seguien passejant i la Vale portava el pes de la conversa, quan va collir-li a M. la mà mentres li deia:
- Vine, que anirem a fer un poc de història - tot mentre es posava al davant i l’estirava. M., obedient, no va oposar resistència. - On anem? - Refia’t de mi.
Van anar cap a un jardins que després va saber que eren els de Garibaldi, i que estaven allà al vora, i es van seure a un banc. Al banc de devora seien dos homes que jugaven a escacs. Com ara no estaven xerrant de res en particular, la Vale se’ls mirava. - Els escacs és un joc per gent que no te sang a les venes - va dir i això va fer riure a M. - Veus aquell tio d’allà? Crec que és de la Mafia. - Si home, de la Sacra Corona Unita. - Que ès això? - És la mafia d’aquí, sembla mentida que no ho sapigues tu que ets tan viva. - No puc saber-ho tot. - Doncs ja ho saps. I com saps que és de la mafia? - Ho sé perque la propietaria del meu pis és mafiosa, ho sabies? però de las de veritat. Te pisos per tot arreu i sempre m’aconsegueix coses a mi i a les del meu pis en plan colar-nos al banc o que la policia ens deixi passar per un lloc que tenien tancat. No sé, tot molt random. El cas és que aquell d’allà, l’altre dia es va possar a discutir amb ella a la oficina on anam a pagar-li la renda i va sortir enfadadíssim. Quan vam sortir el varem veure caminar i jo i na Chloe el varem seguir fins aquí. Sempre ve aquí. A aquesta hora. No se que fa, l’únic que se és que ve un altre tio, li dona alguna cosa i es piren tots dos. - Ets boja. Si és un mafiós t’ha vist segur si vens cada dia. - Avui el seguirem quan se’n vagi. - Ni de conya. Es més, no vull que venguis més aquí. Vols que et matin o què? - Ets un cagat i no t’he de donar explicacions jo a tu.
Es van callar
- Ets un poc pija tu, ho saps no? - Què dius ara? No ho som gens. Ojalà ho fòs!
Van arribar al portal del pis on vivia Vale, i ella li va dir:
- No vull que intentis donar-me un petó. Això va trasbalsar una mica a M. - Què dius? Que saps tu que anava a fer? - Si ho sé. Se que anavès a fer-ho. Però no vull que ho facis. Encara no se si vull que ens donem besos o no. - Que vol dir que encara no ho saps? - Que ho he de pensar. Encara no ho sé. Però avui segur que no. I no vull que t’enfadis ni res. Per això t’he dit que no vull que ho intentis. - No m’hagués enfadat. - És que series idiota si t’enfades. Però molts homes ho sou. Apart, som colegas jo i tu. - Tu i jo. - Bé, me pir. Ets guay també. - Bona nit, Vale. - Bona nit.
M. va començar a caminar i va somriure pensant amb el que li havia dit la Vale. Va travesar el carrer i, com va començar a fer un poc de fred, es va cordar la jaqueta. Quan va arribar al semàfor es va aturar, i mentre espera a que es poses en verd, va treure el mòbil, va veure que na Vale estava en línia i li va escriure:
- En quin temps creus que ho sabràs?
- No ho sé. Això no es pot saber mai.
- Vale. Tot d’una que ho sàpigues fes-m’ho saber.
- Ok. Però pot ser sigui que no, t’avís.
- Ok.
Es va guardar el telèfon i va creuar el carrer pel pas de zebra. Es va aturar a un quiosc on venien paninis, i se’n va comprar un. Després va seguir caminant en direcció a ca seva.
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L’antichissima e nobile famiglia Imperiale, da Genova in Terra d’Otranto (quarta parte)
di Mirko Belfiore
Andrea, figlio di Michele III Senior, fu mandato a Roma per studiare e formarsi nell’atmosfera ecclesiastica, accanto alla figura dell’illustre prozio Giuseppe Renato. Il carattere del giovinetto non fu mai affine alle vicende romane, quest’ultime intrise di frivolezze e pomposità, caratteristiche che si scontravano pienamente con l’atteggiamento chiuso e sensibile del principino, dedito più che altro alla meditazione e al ripiegamento interiore. Dovette comunque accettare le nozze imposte dal padre con Anna Caracciolo figlia di Giuseppe dei principi della Torella, nipote del signore di Avellino, il 30 giugno del 1717. L’unione portò alla nascita dell’erede Michelino Juniore, nato il 7 luglio del 1719 a Francavilla, evento gioioso che non migliorò, in nessun modo, i rapporti fra padre e figlio, divisi profondamente da due temperamenti agli antipodi. Mentre in Michele era forte il richiamo ai valori feudali e alla tutela del prestigio del Casato, per Andrea tutti questi obblighi erano superflui e inutili.
Importante fu, la politica di promozione economica e di ristrutturazione urbanistica che questo Michele III attuò e sostenne nel feudo di Francavilla. Segni indelebili del suo interesse, sono rimaste le imponenti opere urbane realizzate a Francavilla; la citta si sviluppò intorno ai tre grandi assi viari che vennero tracciati simultaneamente: “la strata longa” o via Michele Imperiali, via Simeana, chiamata così in onore della principessa Irene, sua moglie, e via del Carmine, oggi denominata via Roma. Numerosi inoltre furono gli interventi al Castello, nel cui ampliamento profuse grandi somme di denaro. La dimora subì un imponente ristrutturazione, tanto importante da trasformarla in una residenza aristocratica che non aveva nulla da invidiare alle corti del Regno di Napoli. Una volta succeduto all’avo, anche il giovane Michele IV (1719-1782), si profuse in opere di munificenza e di sviluppo, della città e della sua cittadinanza.
ritratto di Michele IV Imperiale Juniore – (Anonimo, XVIII secolo, olio su tela, trafugato).
Dopo la battaglia di Bitonto del 1734 e la conseguente liberazione del Regno di Napoli dagli austriaci, nel Meridione si venne a insediare una nuova dinastia, con Carlo III di Borbone, figlio del re di Spagna Filippo V.
La situazione economica disastrosa e la persistenza del baronaggio aristocratico, ormai a discapito anche delle classi più dinamiche come la borghesia mercantile straniera adeguatesi alla mentalità tipicamente meridionale, non fermarono la politica illuminata del nuovo reggente. Questa nuova linea fu favorita dalla presenza di un uomo forte e intelligente, il ministro delle Finanze Bernardo Tanucci, il quale con un’azione decisa, compì una serie di riforme strutturali radicali: riduzione dell’immunità ecclesiastica, creazione di un catasto e di un censimento, tassazione uguale per tutte le proprietà, politica di promozione economica delle industrie e tentativo di eliminazione del muro di monopoli e appalti, vero e proprio potere occulto della baronia locale. Il Tanucci, prima di essere rimosso dal suo incarico nel 1777, a causa delle divergenze con Carolina d’Asburgo, moglie dell’erede Ferdinando IV di Borbone, succeduto al padre Carlo III a sua volta nuovo Re sul trono di Spagna, architettò una vera e propria “trappola” ai danni dei feudatari locali per poter eliminare, nel Regno, quel fenomeno parassitario che era il feudalesimo.
Stabilì che lo Stato potesse disporre dei propri beni per la pubblica utilità, dichiarò nulla qualsiasi bolla papale non approvata precedentemente dal re e con estrema furbizia riempì di onori e titoli questa aristocrazia passiva con l’intento di allontanarla dai loro possedimenti e con la speranza che questi ne perdessero l’interesse.
In questo tranello cadde Michele IV Juniore, il quale attirato dalle cariche conferitegli: Maggiordomo Maggiore di Sua Maestà Siciliana, Gentiluomo di Camera e Gran Camerario, insieme alla vita mondana della capitale, dimorò spesso e volentieri fuori dai suoi feudi prendendo residenza a Napoli.
Nel 1740, convolò a nozze con Eleonora Borghese figlia di Camillo, principe di Sulmona. Secondo le fonti, la Principessa ebbe subito modo per farsi amare dai suoi sudditi e l’occasione arrivò, funesta, durante il terremoto del 20 febbraio 1743, evento sismico che sconvolse buona parte della Puglia meridionale. La principessa Borghese dimostrò grande solidarietà umana, non disdegnando di partecipare in prima persona all’opera di soccorso, portando il conforto della sua presenza e sostituendo in modo egregio il marito che si trovava a Napoli.
Ritratto di Michele III Imperiali Seniore (Anonimo, XVIII secolo, olio su tela, Francavilla Fontana, Castello-residenza).
Grazie alla munificenza del Principe, inoltre, fu possibile ricostruire gli edifici compromessi dal sisma: fra tutti ricordiamo la Chiesa Matrice, il convento di Santa Chiara e quello dei Frati Cappuccini. Michele IV contribuì, inoltre, al compimento dei lavori del Castello, completati nel 1739.
Con il passare del tempo però le soste degli Imperiale a Francavilla divennero sempre più rare. Nel 1755 Michele IV prese in affitto una sontuosa dimora per milleseicento ducati l’anno, che fece decorare a proprie spese, per poter ospitare degnamente la nobiltà della capitale e lo stesso re Carlo III. Il Principe morì a Napoli il 10 febbraio 1782 . Non avendo avuto figli, dichiarò suo erede universale il marchese di Latiano Vincenzo Imperiale figlio di Giovanni Luca, suo cugino; ma questi non essendo l’erede naturale, fu contrastato dal Regio Fisco, il quale forte di un diritto di prelazione sui feudi, iniziò il processo di devoluzione annotando e sequestrando tutti i beni e i possedimenti.
Latiano, chiesa del SS. Crocifisso, muro perimetrale, particolare dello stemma lapideo (ph Domenico Ble)
Il Marchese però, fece opposizione. Si aprì un processo che durò a lungo e nel 1785 si stabilì che tutti i beni immobili degli Imperiale, sarebbero passati al Fisco. La disputa quindi si risolse con un accordo e l’erede venne liquidato con la somma di trecentosettantacinque mila ducati, tutti i beni mobili presenti nelle residenze, come gioielli, argenti, librerie, attrezzatura del teatro e i titoli di Marchese di Oria e di Principe di Francavilla. Lo Stato procedette alla vendita dei singoli beni del feudo ai migliori offerenti, decretandone così lo smembramento.
Per la prima parte:
L’antichissima e nobile famiglia Imperiale, da Genova in Terra d’Otranto (prima parte)
Per la seconda parte:
L’antichissima e nobile famiglia Imperiale, da Genova in Terra d’Otranto (seconda parte)
#Andrea Imperiali#Anna Caracciolo#Cardinale Lorenzo Imperiale#Eleonora Borghese#famiglia Imperiale#Giuseppe Renato Imperiale#marchese di Latiano#marchese di Oria#Michele Imperiale#Mirko Belfiore#priincipe di Francavilla#terremoto del 20 febbraio 1743#Vincenzo Imperiale#Pagine della nostra Storia#Spigolature Salentine
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Barisciano è un bellissimo borgo dell’Abruzzo, sorto tra il VI e l’VIII secolo, che si trova in provincia dell’Aquila e che con i suoi circa 1800 abitanti è considerato la Porta del Parco Nazionale del Gran Sasso. Grazie ai suoi mille metri di altitudine, alla vicinanza con il capoluogo abruzzese, dal quale dista solo 18 km, ed alla poca distanza dal mare, gode di un’invidiabile posizione geografica: i dintorni montagnosi a tratti lasciano spazio a inaspettate vallate e altopiani, dando vita paesaggi davvero unici. La sua antica origine si deve all’unificazione di due “ville”, ossia Barisciano di sopra e Barisciano di sotto o Bariscianello, la cui popolazione partecipò attivamente alla fondazione della città de L’Aquila nel corso del Duecento. Barisciano è intriso di storia, di memorie e di tradizioni e la presenza di ampie piazze ed importantissimi monumenti storici ne fanno un luogo dall’incredibile fascino oltre che base di partenza per percorsi alla scoperta degli antichi borghi montani che si trovano nelle prossime vicinanze. Duramente colpito dal terremoto del 2009, Barisciano è oggi uno dei comuni abruzzesi tra i più avanti nel processo di ricostruzione. Molti sono stati i lavori di recupero e mantenimento a salvaguardia soprattutto dei tanti e significativi edifici religiosi e civili presenti nel suo territorio. Il borgo rinato si offre oggi a chi decide di visitarlo come uno scrigno di preziosi tesori di inestimabile bellezza. Cosa vedere e fare nel borgo di Barisciano Uno dei principali punti di interesse del borgo abruzzese è il Castello di Barisciano, una vera e propria fortezza dell’antichità. Eretto nell’XI secolo, fu in passato il luogo adibito ad ospitare tutta la popolazione del paese in caso di pericolo e proprio per questa sua importante funzione, fondamentale nella vita dell’epoca, fu fondato sopra un colle montuoso in una posizione strategica per sovrastare e protegge tutto il borgo medievale sottostante. Durante il periodo del feudalesimo divenne dimora di importanti famiglie aristocratiche del luogo, ma fu oggetto di attacco e venne purtroppo distrutto nel 1424 durante l’assedio alla città per essere definitivamente abbandonato intorno al XVI secolo, quando le esigenze di difesa vennero meno. Dell’antico splendore del castello sono oggi visibili sono dei resti, ciò che rimane di numerosi attacchi e di diversi terremoti che si sono succeduti nel tempo, ma il sito merita sicuramente una visita essendo un’altissima testimonianza delle fortificazioni medievali abruzzesi. Importante edificio religioso, addossato al castello è la Chiesa di San Rocco, che fu eretta a memoria dell’epidemia di peste del 1526 e che venne dedicata a San Rocco, venerato per la sua virtù di conferire miracolose proprietà all’acqua di un pozzo limitrofo. Questa chiesa è oggi meta d’elezione per innumerevoli pellegrini, essendo infatti il luogo al quale si giunge attraversando la celebre Via Mariana: si tratta di un percorso che si snoda lungo un sentiero immerso in un bosco nel quale si trovano cinque nicchie in pietra, custodi dei misteri del Santo Rosario, più una sesta nicchia votiva situata in cima al cammino, dove è stata posta una Madonnina. Il percorso, oltre all’incredibile carica spirituale, gode anche di una notevole bellezza paesaggistica poiché scorre proprio sotto le rovine del Castello di Barisciano. Nel territorio di borgo sono presenti molti altri edifici religiosi che meritano di essere ricordati, come la Chiesa di San Flaviano che risale all’anno 1000 e che fu ricostruita nel 1733 dopo numerosi terremoti o il Santuario della Madonna di Valleverde del ‘500, dal ha un grande valore simbolico in quanto proprio qui furono viste scorrere le miracolose lacrime della Madonna. La Chiesa dell’immacolata Concezione si trova invece a piazza Trieste e la sua costruzione si deve agli antichi feudatari del posto, i Caracciolo, i quali ordinarono l’edificazione di questo edificio di culto proprio accanto al loro palazzo. Particolare importanza riveste tutt’oggi quello che in passato fu sede del Convento Francescano di San Colombo del XIV secolo, oggi meta di pellegrini abruzzesi provenienti da ogni angolo della regione. Il suo nome è dovuto al trasferimento, nel 1740, del corpo di San Colombo Martire dalle catacombe romane di San Callisto all’altare maggiore della chiesa. Oggi le spoglie, che in passato sono state trafugate, non si trovano più nella chiesa e negli ultimi anni il convento è stato convertito in una dimora storica, facendo di questo luogo un punto di incontro, di cultura, di natura e di tradizione, ideale per tutti coloro che desiderano fuggire dallo dallo stress cittadino per rifugiarsi in un luogo di relax e spiritualità. Questo edificio inoltre è anche sede dell’importante Centro Ricerche Floristiche dell’Appennino San Colombo, nel quale vengono conservate e studiate numerose varietà di semi. Al suo interno è ammirabile l’Herbarium Apenninicum è una collezione di piante pressate ed essiccate che conta circa 65.000 campioni meticolosamente catalogati, mentre annesso al centro si trova il Museo del Fiore e dell’Orto Botanico. Barisciano tra natura e tradizioni gastronomiche Il territorio di Barisciano è immerso in un paesaggio incantevole, destinazione perfetta per chi ama i viaggi all’insegna del benessere e del contatto con la natura. Immerso nel Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, il borgo è punto di partenza per escursioni nel verde, passeggiate a piedi, o tour in bicicletta o a cavallo. A pochi chilometri da Barisciano si trovano inoltre altri borghi medievali di spicco come ad esempio la meravigliosa ed imperdibile Rocca Calascio. Per i buongustai e gli appassionati di buon cibo, Barisciano è famosa per offrire alle buone forchette l’opportunità di assaggiare piatti tipici locali e prodotti della saporita cultura enogastronomica abruzzese. Una delle occasioni migliori per visitare il borgo alla ricerca dei suoi segni culinari è la Sagra della Patata che si svolge ogni anno ad agosto: durante la manifestazione è possibile degustare, oltre che il tubero preparato in infinite versioni e ricette, come il baccalà con patate, anche altre prelibatezze della regione, come gli gnocchi con le salsicce, la pecora alla callara, le scrippelle ‘mbusse, gli arrosticini di pecora o le zeppole. Tradizioni e monumenti di pregio si uniscono in questo piccolo comune dell’Abruzzo, per renderlo meta apprezzata durante tutto l’anno, tra eventi, manifestazioni ed un’aria vibrante di cultura, nella cornice di un borgo d’altri tempi tutto da esplorare. https://ift.tt/3dAVYZQ Cosa vedere nello splendido borgo di Barisciano Barisciano è un bellissimo borgo dell’Abruzzo, sorto tra il VI e l’VIII secolo, che si trova in provincia dell’Aquila e che con i suoi circa 1800 abitanti è considerato la Porta del Parco Nazionale del Gran Sasso. Grazie ai suoi mille metri di altitudine, alla vicinanza con il capoluogo abruzzese, dal quale dista solo 18 km, ed alla poca distanza dal mare, gode di un’invidiabile posizione geografica: i dintorni montagnosi a tratti lasciano spazio a inaspettate vallate e altopiani, dando vita paesaggi davvero unici. La sua antica origine si deve all’unificazione di due “ville”, ossia Barisciano di sopra e Barisciano di sotto o Bariscianello, la cui popolazione partecipò attivamente alla fondazione della città de L’Aquila nel corso del Duecento. Barisciano è intriso di storia, di memorie e di tradizioni e la presenza di ampie piazze ed importantissimi monumenti storici ne fanno un luogo dall’incredibile fascino oltre che base di partenza per percorsi alla scoperta degli antichi borghi montani che si trovano nelle prossime vicinanze. Duramente colpito dal terremoto del 2009, Barisciano è oggi uno dei comuni abruzzesi tra i più avanti nel processo di ricostruzione. Molti sono stati i lavori di recupero e mantenimento a salvaguardia soprattutto dei tanti e significativi edifici religiosi e civili presenti nel suo territorio. Il borgo rinato si offre oggi a chi decide di visitarlo come uno scrigno di preziosi tesori di inestimabile bellezza. Cosa vedere e fare nel borgo di Barisciano Uno dei principali punti di interesse del borgo abruzzese è il Castello di Barisciano, una vera e propria fortezza dell’antichità. Eretto nell’XI secolo, fu in passato il luogo adibito ad ospitare tutta la popolazione del paese in caso di pericolo e proprio per questa sua importante funzione, fondamentale nella vita dell’epoca, fu fondato sopra un colle montuoso in una posizione strategica per sovrastare e protegge tutto il borgo medievale sottostante. Durante il periodo del feudalesimo divenne dimora di importanti famiglie aristocratiche del luogo, ma fu oggetto di attacco e venne purtroppo distrutto nel 1424 durante l’assedio alla città per essere definitivamente abbandonato intorno al XVI secolo, quando le esigenze di difesa vennero meno. Dell’antico splendore del castello sono oggi visibili sono dei resti, ciò che rimane di numerosi attacchi e di diversi terremoti che si sono succeduti nel tempo, ma il sito merita sicuramente una visita essendo un’altissima testimonianza delle fortificazioni medievali abruzzesi. Importante edificio religioso, addossato al castello è la Chiesa di San Rocco, che fu eretta a memoria dell’epidemia di peste del 1526 e che venne dedicata a San Rocco, venerato per la sua virtù di conferire miracolose proprietà all’acqua di un pozzo limitrofo. Questa chiesa è oggi meta d’elezione per innumerevoli pellegrini, essendo infatti il luogo al quale si giunge attraversando la celebre Via Mariana: si tratta di un percorso che si snoda lungo un sentiero immerso in un bosco nel quale si trovano cinque nicchie in pietra, custodi dei misteri del Santo Rosario, più una sesta nicchia votiva situata in cima al cammino, dove è stata posta una Madonnina. Il percorso, oltre all’incredibile carica spirituale, gode anche di una notevole bellezza paesaggistica poiché scorre proprio sotto le rovine del Castello di Barisciano. Nel territorio di borgo sono presenti molti altri edifici religiosi che meritano di essere ricordati, come la Chiesa di San Flaviano che risale all’anno 1000 e che fu ricostruita nel 1733 dopo numerosi terremoti o il Santuario della Madonna di Valleverde del ‘500, dal ha un grande valore simbolico in quanto proprio qui furono viste scorrere le miracolose lacrime della Madonna. La Chiesa dell’immacolata Concezione si trova invece a piazza Trieste e la sua costruzione si deve agli antichi feudatari del posto, i Caracciolo, i quali ordinarono l’edificazione di questo edificio di culto proprio accanto al loro palazzo. Particolare importanza riveste tutt’oggi quello che in passato fu sede del Convento Francescano di San Colombo del XIV secolo, oggi meta di pellegrini abruzzesi provenienti da ogni angolo della regione. Il suo nome è dovuto al trasferimento, nel 1740, del corpo di San Colombo Martire dalle catacombe romane di San Callisto all’altare maggiore della chiesa. Oggi le spoglie, che in passato sono state trafugate, non si trovano più nella chiesa e negli ultimi anni il convento è stato convertito in una dimora storica, facendo di questo luogo un punto di incontro, di cultura, di natura e di tradizione, ideale per tutti coloro che desiderano fuggire dallo dallo stress cittadino per rifugiarsi in un luogo di relax e spiritualità. Questo edificio inoltre è anche sede dell’importante Centro Ricerche Floristiche dell’Appennino San Colombo, nel quale vengono conservate e studiate numerose varietà di semi. Al suo interno è ammirabile l’Herbarium Apenninicum è una collezione di piante pressate ed essiccate che conta circa 65.000 campioni meticolosamente catalogati, mentre annesso al centro si trova il Museo del Fiore e dell’Orto Botanico. Barisciano tra natura e tradizioni gastronomiche Il territorio di Barisciano è immerso in un paesaggio incantevole, destinazione perfetta per chi ama i viaggi all’insegna del benessere e del contatto con la natura. Immerso nel Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, il borgo è punto di partenza per escursioni nel verde, passeggiate a piedi, o tour in bicicletta o a cavallo. A pochi chilometri da Barisciano si trovano inoltre altri borghi medievali di spicco come ad esempio la meravigliosa ed imperdibile Rocca Calascio. Per i buongustai e gli appassionati di buon cibo, Barisciano è famosa per offrire alle buone forchette l’opportunità di assaggiare piatti tipici locali e prodotti della saporita cultura enogastronomica abruzzese. Una delle occasioni migliori per visitare il borgo alla ricerca dei suoi segni culinari è la Sagra della Patata che si svolge ogni anno ad agosto: durante la manifestazione è possibile degustare, oltre che il tubero preparato in infinite versioni e ricette, come il baccalà con patate, anche altre prelibatezze della regione, come gli gnocchi con le salsicce, la pecora alla callara, le scrippelle ‘mbusse, gli arrosticini di pecora o le zeppole. Tradizioni e monumenti di pregio si uniscono in questo piccolo comune dell’Abruzzo, per renderlo meta apprezzata durante tutto l’anno, tra eventi, manifestazioni ed un’aria vibrante di cultura, nella cornice di un borgo d’altri tempi tutto da esplorare. Barisciano è un borgo abruzzese che ha saputo rinascere dopo il terremoto dell’Aquila, facendosi apprezzare per la sua storia e le sue bellezze.
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XII EDIZIONE PRESEPE VIVENTE A CELLAMARE
Il Borgo Antico di Cellamare si trasforma in un piccola e suggestiva Betlemme, con la natività ubicata all’interno del magnifico Castello Caracciolo. L’evento sarà accompagnato da degustazioni di frittelle, caldarroste, pignata di legumi, vino novello e altre prelibatezze locali, rallegrato con cantori e musicanti. La rassegna è organizzata dalla comunità parrocchiale.
Dove
Viviamo giorni…
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#Repost @meta_agricultura (@get_repost) ・・・ META | 7 Dicembre - LE ATTIVITÀ PER BAMBINI 👧🧒🍂🍁Leggere Coccole e @spinebookstore aspettano grandi e piccini per un nuovo appuntamento con "Leggiamo la natura". Ci vediamo alle 19:00 nel giardino di Castello Caracciolo a Sammichele di Bari, con nuove affascinanti storie e avventure tra i profumi e i sapori della natura! #META #mercatodellaterraedellearti #metamercato #mercatocontadino #arte #artigianato #natura #bio #km0 #ecosostenibile #ecosostenibilità #sammicheledibari #weareinpuglia #madeinpuglia #puglialovers #pugliakm0 #prodottidellaterra #sammicheledibari (presso Sammichele di Bari) https://www.instagram.com/p/B5vI5P-KVfB/?igshid=1p2dsvkp40b5i
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