#Casale Monferrato cultura
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pier-carlo-universe · 13 days ago
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La Poesia di Leonardo Bistolfi: un restauro che celebra arte e memoria. Presentazione dell’opera restaurata al Museo Civico di Casale Monferrato in onore di Gianni Calvi
Domenica 15 dicembre, alle ore 15:30, presso la Sala Lunette del Museo Civico di Casale Monferrato, si terrà la presentazione del restauro dell’opera La Poesia di Leonardo Bistolfi, unico marmo giunto in città grazie alla donazione Martelli Bistolfi (2021
Un evento per celebrare arte e storia.Domenica 15 dicembre, alle ore 15:30, presso la Sala Lunette del Museo Civico di Casale Monferrato, si terrà la presentazione del restauro dell’opera La Poesia di Leonardo Bistolfi, unico marmo giunto in città grazie alla donazione Martelli Bistolfi (2021-2023). Questa iniziativa è un’occasione unica per ammirare una delle opere più significative dello…
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personal-reporter · 3 months ago
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Festa del Vino del Monferrato Unesco 2024
Venerdì 13 settembre parte la 63a Festa del Vino del Monferrato Unesco, con due fine settimana dedicati alle eccellenze del territorio proposte dalle Pro Loco e dai produttori di vino partecipanti. L’inaugurazione ufficiale, con la cerimonia di apertura alla presenza delle autorità cittadine e del territorio, sarà alle 18 con, subito dopo, l’apertura al pubblico. Sarà un’edizione particolare che…
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delectablywaywardbeard-blog · 9 months ago
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Lamberti: «La cultura a Torino è appannaggio della sinistra. La destra tagliata fuori»
Passeggia in un giardino tra statue virtuali, Manuela Lamberti, quando la contattiamo al telefono. «Si tratta di realtà aumentata» ci spiega la nota manager culturale torinese, in trasferta a Casale Monferrato per studiare come coniugare arte, bellezza e nuove tecnologie. Classe 1970, Lamberti vanta un lungo impegno sul fronte politico. Presidente del Fuan durante gli anni dell’università, si è…
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lamilanomagazine · 2 years ago
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Si rinnova il tradizionale appuntamento con il Calendario CITES dell’Arma dei Carabinieri, dal tema: “La CITES e le Aree Protette del Mondo”
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Si rinnova il tradizionale appuntamento con il Calendario CITES dell’Arma dei Carabinieri, dal tema: “La CITES e le Aree Protette del Mondo”. Si rinnova anche quest’anno il tradizionale appuntamento con il Calendario CITES dell’Arma dei Carabinieri, dal tema: “La CITES e le Aree Protette del Mondo”. Nelle tavole del calendario sono presenti immagini dal forte potere attrattivo rappresentanti dodici specie in via di estinzione tutelate dalla Convenzione di Washington e altrettante Aree naturali protette del Mondo dove queste specie vivono e vengono protette. Il significativo valore conservazionistico che l’Area protetta esprime, essendo questa il primo baluardo di tutela della biodiversità, si lega fortemente con l’equivalente spirito di tutela della Convenzione CITES. La Convenzione internazionale di Washington del 1973 (Convention on International Trade in Endangered Species), conosciuta anche come “CITES”, nasce dall’esigenza di regolamentare e controllare il commercio dei cosiddetti “specimen” (animali e piante, vivi, morti o parti derivate), in quanto il loro sfruttamento commerciale rappresenta una delle principali cause dell’estinzione o diminuzione in natura di numerose specie. L’enorme varietà di specie, sia animali che vegetali, che arricchisce i nostri ecosistemi e che costituisce lo straordinario patrimonio di Biodiversità del Nostro Pianeta deve necessariamente essere protetto dalla persistente pratica del commercio illegale che per mezzo del bracconaggio e dei prelievi non autorizzati, impoverisce sempre di più i nostri ecosistemi. Il progetto del Calendario, che rientra fra le attività realizzate nell’ambito della convenzione sull’attuazione della Convenzione di Washington in atto con il Ministero della Transizione Ecologica, ha visto la preziosa collaborazione dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato per la stampa e la grafica e del Ministero dell'Economia e delle Finanze, che lo ha inserito nell’ambito degli interventi educativi-divulgativi meritevoli di essere sostenuti. Il prodotto editoriale del calendario si pone il principale obiettivo di sensibilizzare il grande pubblico e diffondere la cultura sui temi della conservazione e della tutela ambientale, anche al fine di promuovere un’estesa azione di educazione con particolare riguardo alle scuole e agli studenti. Nel mese di gennaio, il Nucleo Carabinieri CITES di Alessandria ha proceduto alla consegna dei calendari alle scuole primarie e secondarie di primo grado di alcuni degli Istituti comprensivi della Provincia, Istituti che sono stati scelti casualmente tra le città di Casale Monferrato, Tortona, Alessandria, Novi Ligure e Acqui Terme. Contestualmente al Calendario, è stato consegnato un video realizzato dal Nucleo stesso in cui viene spiegata cosa è la CITES e di cosa si occupano i Nuclei Carabinieri CITES; video che grazie alla strumentazione digitale di cui oggi le scuole sono dotate potrà raggiungere tutte le classi, gli studenti e le loro famiglie, permettendo così la più ampia divulgazione e sensibilizzazione di queste tematiche tra la popolazione tutta. Tutti gli Istituti scolastici interessati si sono dimostrati estremamente entusiasti dell’iniziativa, assicurando l’inserimento nelle ore di Scienze e di Educazione Civica anche delle tematiche di tutela della Biodiversità della Convenzione CITES, auspicando quanto prima un incontro in presenza tra i ragazzi e il personale dei Carabinieri Forestali.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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momentonerd · 3 years ago
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CASALE DIABOLIKA 2021 Il 7 novembre il Re del Terrore torna a Casale Monferrato! Condividiamo il programma della giornata: MOSTRE Presso il Castello del Monferrato, visitabili dalle ore 10.00 alle ore19.00 di domenica 7 novembre. - Diabolik a Barcellona. In contemporanea con la mostra ospitata all'Istituto di Cultura Italiana di Barcellona sarà esposta una galleria delle tavole dell'albetto fuori serie realizzato da Daniele Statella, Claudio Stassi e Andrea Cavaletto. - Premio Nuvolosa 2021 Casale Diabolika. Esposizione delle tavole vincitrici del concorso annuale organizzato dall’associazione culturale Creativecomics con il Comune di Biella. I visitatori potranno acquistare albi e merchandising di Diabolik al punto vendita all’interno della mostra gestito dal Diabolik Club. PROGRAMMA - Ore 10.00 inaugurazione mostre. - Ore 10.00-18.30 Aperitivo diaboliko: sarà possibile acquistare un coupon che consente di ottenere un aperitivo con un calice di vino del Monferrato (o variante analcolica) e un disegno sketch a scelta tra gli autori presenti oltre al set di stampe inedite dei disegni realizzati in esclusiva per l’evento. Tra i numerosi autori ospiti ci saranno anche in nostri disegnatori Luigi Merati e Riccardo Nunziati. - Ore 11.00 incontro "Diabolik a Barcellona" Davide Barzi dialoga con Andrea Cavaletto, Daniele Statella e Claudio Stassi autori dell'albetto fuori serie "Colpo a Barcellona" realizzato per l’Istituto Italiano di Cultura di Barcellona. Al termine dell’incontro distribuzione gratuita fino a esaurimento scorte dell’albetto a fumetti. L’evento è organizzato da Mon e dall'Associazione Culturale Creativecomics con il contributo del Comune di Casale Monferrato, si avvale della collaborazione della casa Editrice Astorina e della direzione artistica di Daniele Statella. DOMENICA 7 NOVEMBRE dalle 10.00 alle 19.00. Ingresso gratuito con Green pass obbligatorio. Piazza Castello 1, Casale Monferrato (AL) — view on Instagram https://ift.tt/3vSqCHV
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retegenova · 4 years ago
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Ordinazione episcopale di Mons. Devasini, Vescovo eletto di Chiavari
Ordinazione episcopale di Mons. Devasini, Vescovo eletto di Chiavari
Arcidiocesi: Ordinazione episcopale di Mons. Devasini, Vescovo eletto di Chiavari È una terra gentile quella di Casale Monferrato, una lezione di storia e cultura all’aria aperta. Qui è cresciuto e si è formato il futuro Vescovo di Chiavari. La comunità casalese si prepara all’ordinazione episcopale di Mons. Giampio Devasini, 58 anni, fino ad oggi Vicario della Diocesi e Parroco di Pontestura e…
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la-nico-blog · 7 years ago
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la mia splendida Casale Monferrato è in lizza per essere nominata Capitale della Cultura 2020
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PONTESTURA(AL). TEATRO E SOLIDARIETA': "AMOR VINCIT OMNIA".
PONTESTURA(AL). TEATRO E SOLIDARIETA’: “AMOR VINCIT OMNIA”.
PONTESTURA, TEATRO E SOLIDARIETA’ : IN SCENA “AMOR VINCIT OMNIA” – CARAVAGGIO: LA SPADA ED IL PENNELLO – ATTO UNICO DI E CON CLAUDIO POLITANO. ALLA SCOPERTA DELL’ANIMA PIU’ PROFONDA DEL CONTROVERSO ARTISTA. IL RICAVATO A SOSTEGNO DELL’A.I.D.O.
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Una sera a teatro tra Arte, Cultura e Solidarietà con la Sezione del Comune di Casale Monferrato dell’Associazione Italiana per la Donazione di Organi,…
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pier-carlo-universe · 1 month ago
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Max Ferrigno e “Rosalia”: L’Artista Incontra il Pubblico a Palazzo San Giorgio
Dal 15 novembre al 15 dicembre 2024, l’opera “Rosalia” di Max Ferrigno sarà esposta a Palazzo San Giorgio. Incontro inaugurale con l’artista il 15 novembre alle 15:00.
Dal 15 novembre al 15 dicembre 2024, l’opera “Rosalia” di Max Ferrigno sarà esposta a Palazzo San Giorgio. Incontro inaugurale con l’artista il 15 novembre alle 15:00. L’attesa è finita per gli appassionati d’arte di Casale Monferrato: dal 15 novembre al 15 dicembre 2024, Palazzo San Giorgio ospiterà l’opera “Rosalia” di Max Ferrigno, parte della sua recente serie “BadGirl”. Si tratta di…
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personal-reporter · 5 months ago
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Galleggia non galleggia 2024 a Casale Monferrato
Domenica 21 luglio tornerà a Casale Monferrato  l’ottava edizione dell’evento simbolo tra le iniziative a cura degli Amici del Po, cioè Galleggia non Galleggia. Gli Amici del Po di Casale, ricostituitisi nel 2013, sono un’associazione di volontariato di Casale che ha lo scopo di promuovere lo sviluppo, il mantenimento e la conservazione della cultura, del paesaggio e delle tradizioni fluviali…
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tmnotizie · 6 years ago
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MACERATA – Capitalizzare il lavoro svolto, renderlo strutturato e visibile in una prospettiva triennale attraverso un Grand Tour, il viaggio delle conoscenza, delle città incluse nella top ten delle finaliste per diventare Capitale italiana della Cultura 2020. 
Da qui l’esigenza di arrivare a un protocollo d’intesa condiviso dai vari Comuni che definisca gli obiettivi delle rete, un programma delle attività e delle specificità da promuovere, progetti di formazione, fino a ipotizzare un bando per individuare un’agenzia che possa investire sul “racconto” del Grand Tour e la costruzione di una rete degli uffici stampa degli enti coinvolti.
Queste tra le tante idee emerse nella seconda tappa del percorso intrapreso dalle dieci città finaliste che ha visto la luce lo scorso aprile a  Casale Monferrato e proseguito il 26 e 27 luglio a Macerata, a Palazzo Buonaccorsi, convocato su iniziativa del vice sindaco e assessore alla Cultura, Stefania Monteverde, che ha guidato è coordinato l’incontro.
“Due giorni molto intensi e ricchi, un laboratorio tra comuni che ha dato il via a una infrastruttura culturale per l’Italia, la rete delle piccole e medie città che fanno della cultura un punto di forza per la crescita della comunità. – afferma l’assessore Monteverde,- È un progetto ambizioso e molto importante perché parte dal basso e dalle città che sono periferiche ma rappresentano l’Italia dei comuni. Mettiamo insieme i giovani, le imprese culturali, gli eventi, le storie di ciascuno per percorrere un insolito Grand Tour dell’Italia”
Al tavolo dei lavori hanno partecipato il sindaco di Macerata Romano Carancini, il sindaco e l’assessore alla Cultura di Casale Monferrato, Titti Palazzetti e Daria Carmi, il primo cittadino di Bitonto Michele Abbaticchio, gli assessori alla Cultura di Piacenza e Nuoro Massimo Polledri e Sebastiano Cocco, la responsabile dell’ufficio stampa Antonietta Demurtas e il funzionario alla Programmazione Salvatore Boeddu del Comune di Nuoro, Simona Teoldi responsabile del servizio Beni e attività culturali della Regione Marche, il sovrintendente e la direttrice artistica del Macerata Opera Festival Luciano Messi e Barbara Minghetti, la dirigente del servizio Cultura del Comune di Macerata Alessandra Sfrappini, Massimiliano Colombi e Marco Marcatili, sociologo ed economista coordinatori del dossier di candidatura di Macerata Capitale Italiana della Cultura 2020.
Tema del confronto “Una mappa  di sviluppo territoriale e progettazione integrata” intorno a cui si è sviluppato un intenso e  partecipato dibattito, ricco di contributi, che ha toccato tematiche che hanno visto al centro dello scambio di idee per la creazione della rete della città anche buone pratiche su cui costruire consenso, produzione e condivisione culturale, alleanze economiche con le realtà dei diversi territori. Sottolineata l’esigenza di stringere un rapporto con le varie Regioni di appartenenza e  la necessità di contatti con il Ministero competente.
“Questo secondo incontro – ha detto l’assessore di Casale Monferrato Daria Carmi – è stato fondamentale per delineare struttura o e obiettivi della rete delle dieci città finaliste a capitale Italiana della Cultura 2020. Abbiamo confermato l’impegno a sviluppare politiche cittadine dove la cultura è cuore di crescita e sviluppo”.
Per Sebastiano Cocco, vice sindaco e assessore alla Cultura del Comune di Nuoro “il sistema reticolare, proprio della proposta culturale di Nuoro 2020, trova maggiore compimento nella costituzione della rete delle città finaliste. L’intreccio delle varie specificità, la connessione tra le buone pratiche in ambito culturale, la promozione di una dimensione insolita delle varie realtà italiane, diventando un soggetto unico, rappresenteranno un interlocutore importante per le realtà pubbliche e private, nell’ottica delle rigenerazione dei territori e della creazione di nuove opportunità di sviluppo”.
“L’Italia è l’Italia del Comuni – ha affermato invece nel corso dei lavori l’assessore alla Cultura di Piacenza Massimo Polledri –  dove identità, storia, usanze di vita hanno creato una cultura ineguagliabile. Metterle vicino e accostarle rappresenta un valore umano di convivenze e turistico senza uguali”.
Prossima tappa del laboratorio permanente delle dieci città finaliste al titolo di capitale Italiana della Cultura 2020 sarà  il 28 e 29 settembre a Nuoro dove verrà definito il protocollo d’intesa che ogni Amministrazione dovrà approvare e sottoscrivere,  un comune documento di identità  che aprirà le porte delle successive fasi attuative della rete.
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eco-sin · 7 years ago
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Casale Monferrato tra le 10 città per l’evento del 2020: “Un’occasione di riscatto senza precedenti”.
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lavoripubblici · 7 years ago
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Venerdì 16 febbraio sarà comunicato quale delle dieci città finaliste (Agrigento, Bitonto, Casale Monferrato, Macerata, Merano, Nuoro, Parma, Piacenza, Reggio Emilia e Treviso) sarà designata capitale italiana della cultura 2020
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Nulla da fare per Casale Monferrato, è Parma la Città capitale della cultura 2020
Va a Parma il titolo  di Capitale italiana della Cultura 2020. La decisione è stata comunicata oggi a Roma dal ministro dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo,  Dario Franceschini, presso la  sede del ministero dei Beni Culturali. Nulla da fare per Casale Monferrato, tra le dieci candidate insieme (oltre alla vincitrice) ad Agrigento, Bitonto,  Macerata, […] Per il contenuto completo visitate il sito http://ift.tt/1tIiUMZ
da Quotidiano Piemontese - Home Page http://ift.tt/2o58Zmj via Adriano Montanaro - Alessandria
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allnews24 · 7 years ago
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Capitale della cultura 2020, Nuoro fra le dieci città selezionate
NUORO. Nuoro è tra le dieci città selezionate dalla ministero dei beni delle attività culturali e del turismo per aggiudicarsi il titolo di Capitale italiana della cultura 2020. La Commissione ministeriale, presieduta da Stefano Baia Curioni, ha annunciato le finaliste del bando dello scorso maggio: insieme alla città sarda si contendono il titolo Agrigento, Bitonto, Casale Monferrato, Macerata,…
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giancarlonicoli · 5 years ago
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10 giu 2020 17:06
CESARE PAVESE ERA MIO ZIO – ‘’LE SCEGLIEVA UNA PEGGIO DELL'ALTRA, A PARTE LA PIVANO CHE NON VOLLE SPOSARLO. C'ERA LA DONNA CON LA VOCE ROCA, PER LA QUALE DI FATTO SI FECE MANDARE AL CONFINO: QUANDO TORNÒ, E SEPPE CHE LEI NEL FRATTEMPO SI ERA SPOSATA, CADDE SVENUTO. E POI QUELL'AMERICANA, L'ATTRICE, L'ULTIMA” – ‘’IL MONDO DELLA CULTURA, PIENO DI INVIDIE E GELOSIE, GLI AVEVA FATTO PESARE DI NON AVERE COMBATTUTO, DI NON ESSERE STATO PARTIGIANO, I COMUNISTI SPECIALMENTE. MA LO ZIO AVEVA L'ASMA…”
-
Maurizio Crosetti per “il Venerdì - la Repubblica”
Questo tesoro l' abbiamo tenuto sulla scrivania per quattro giorni, sfogliandolo come il più fragile oggetto del creato. Era rimasto chiuso in una valigia per novant' anni, poi la nipote di Cesare Pavese, una signora di 92 anni di nome Maria Luisa Sini, ce l' ha affidato perché potessimo cercarvi una presenza, un segno. È un dattiloscritto di 304 pagine corrette a penna stilografica con inchiostro nero, la carta quasi una velina, la grafia elegante e nitida.
Il testo è rilegato con due graffe arrugginite e sulla copertina reca, in alto a destra, una serie di monogrammi «CP» vergati dall' autore ventiduenne: per la precisione undici, più uno cancellato. In azzurro chiaro, probabilmente incise con una matita a pastello, due scritte: «Walt Whitman», al centro, e in basso a destra la firma: «Pavese».
Si tratta della prima stesura della sua tesi di laurea, Interpretazione della poesia di Walt Whitman. L' anno era il 1930.
Il mese, agosto. Un documento emozionante e prezioso, pieno di cancellature, correzioni, aggiunte e annotazioni che Pavese inserì nella sua tormentata tesi dapprima rifiutata dal relatore, professor Federico Olivero, perché "troppo scabrosa", poi accettata dal docente di letteratura francese, professor Ferdinando Neri. Un evidente compromesso: in realtà, le ragioni del contrasto erano politiche.
Whitman è un poeta della libertà, e il nascente fascismo non poteva accettarlo. Gli interventi di Pavese nella redazione finale furono molteplici. Eliminò molte parti scritte in inglese, e soprattutto le sue traduzioni di Whitman, rimaste inedite per quasi un secolo. Il Venerdì è in grado di proporne uno stralcio.
Il futuro traduttore di Moby Dick, appena due anni più tardi (1932 per Frassinelli), autore di romanzi fondamentali e ancora ricchissimi di potenza espressiva e poesia, si sarebbe tolto la vita esattamente vent' anni dopo, il 27 agosto 1950.
Nel settantesimo anniversario della morte, l' editore Einaudi, di cui Cesare Pavese fu non solo un grande autore ma un fondamentale e infaticabile redattore, manda alle stampe nei tascabili una riedizione completa di questi classici della letteratura italiana, con nuove prefazioni di alcuni tra i principali scrittori contemporanei della scuderia di via Biancamano (dal 26 maggio in libreria).
L' inedita prima versione della tesi di laurea mostra un Pavese già assai convinto di sé, ai limiti della supponenza. Era solo un ragazzo, ma con il piglio di un critico navigato. È tutta scritta in prima persona ed è, come dire?, parecchio autoriale, in alcuni passaggi decisamente polemica.
La si potrebbe quasi definire «un luogo pavesiano», non dissimile in fondo dalla casa paterna a Santo Stefano Belbo, dalla dimora torinese di via Lamarmora 35, oppure dalla vera casa in collina del celebre romanzo del 1948: non è a Torino, come nella finzione narrativa, e neppure in Langa, ma nel Monferrato Casalese, a Serralunga di Crea, ai piedi del santuario.
Qui Pavese visse da sfollato dall' 8 settembre 1943 fino alla conclusione della Seconda guerra mondiale, abitando insieme alla sorella Maria, al cognato Guglielmo e alle loro figlie Cesarina e Maria Luisa, proprio lei, la signora che ci ha prestato il manoscritto dalla copertina color carta di pane.
La casa di Serralunga è disabitata da vent' anni, ma la famiglia non ha mai voluto venderla. Nel romanzo, il protagonista Corrado passeggia nei dintorni e tra i boschi con il ragazzino Dino, figlio di Cate, che forse è anche figlio suo. Quasi nulla è cambiato. Gli arbusti, il pozzo e il gazebo lasciano immaginare lo scrittore al lavoro, lui che in quegli anni successivi al confino di Brancaleone Calabro insegnò lettere sotto falso nome al collegio Trevisio di Casale Monferrato, dove si presentava come il professor Carlo De Ambrogio.
La scuola era gestita dai padri Somaschi, e in quel periodo Pavese si avvicinò un poco alla religione. Qui a Serralunga iniziò a cercare le radici del mito che tanta parte avrebbe avuto nella sua produzione letteraria. Scriveva seduto al tavolo della cucina, unico locale della casa riscaldato da una stufa. Ma Cesare, ricorda la nipote, «non era mica un freddoloso, si lavava con l' acqua gelata e nel letto non voleva lo scaldino, che a quel tempo si chiamava "il prete". Scriveva e traduceva, e una volta fece per me un tema su Dante: ebbene, la professoressa mi mise un 3, però allo zio non ebbi mai il coraggio di dirlo».
Dentro questa casa grigia, Pavese mangiava pane e salame e raccoglieva in giardino le mele cotogne che divorava senza attendere che ne facessero marmellata. Ora si sentono latrare cani in lontananza, e ogni tanto sfreccia qualche ciclista. La casa è addossata alla strada, tra frassini e castagni.
Si chiama Villa Mario, il nome di un fratello del cognato dello scrittore che morì giovane, combattendo nella Grande guerra. Tra i sentieri che portano al Sacro Monte di Crea, Pavese ebbe la prima ispirazione dei Dialoghi con Leucò, «forse, tra i libri che aveva scritto, quello che lui preferiva», dice la nipote, e l' idea germinale per Il diavolo sulle colline.
Gli abitanti del luogo ne parlavano come di un uomo vestito di nero che fumava la pipa, quando lo vedevano scendere dalla scalinata a colonnine per avviarsi nel bosco. Un solitario, un po' un orso. Uno che non dava confidenza, molto timido e sensibile.
Nei mesi da sfollato fece amicizia con padre Giovanni Baravalle, insieme parlavano di Dio. «Ma una volta tornati a Torino, credo che in chiesa non sia mai più entrato», ricorda Maria Luisa.
La signora ci riceve nel suo appartamento nel quartiere torinese della Crocetta, non lontano da via Lamarmora dove la famiglia della madre e lo scrittore vissero per oltre vent' anni, e dove lei crebbe accanto a Pavese. Maria Luisa Sini è una donna lucidissima e gentile, ex professoressa di italiano.
Ha il viso allungato e serio che un poco ricorda quello dello zio, appeso sul muro in una celebre fotografia. Qui c' è anche la vecchia libreria di Pavese, in legnaccio scuro. Un paio di scaffali contengono dei vecchi volumi appartenuti allo scrittore. «Lì sotto c' erano le scatole con i suoi manoscritti, da bambine ci giocavamo attorno, una volta un coperchio se lo mangiucchiò un cane. In quanto alla tesi di laurea, quasi non ricordavamo nemmeno di averla».
La signora Maria Luisa parla seduta sulla poltrona, nella penombra del pomeriggio, le mani in grembo. È l' ultima testimone diretta dello scrittore grande e tormentato. «Lui era del 1908, io del '28. In casa non avevamo alcuna percezione che lo zio fosse un genio.
Prima che morisse, i suoi libri non mi avevano mai interessato, poi però mi laureai con una tesi su Il mestiere di vivere, il diario in quei giorni ancora inedito, il testo che lo zio aveva sulla scrivania quando si suicidò. Due mesi prima, quando vinse lo Strega (per La bella estate, ndr) gli dicemmo solo "oh bravo, complimenti", ma ricordo che in casa non si fece neppure un brindisi, neanche una piccola cena per festeggiarlo.
Siamo sempre state persone di poche cerimonie, non proprio gente da abbracci. Infatti questi mesi di clausura per il coronavirus non li ho patiti per nulla, anche se per certi aspetti è stato peggio che in guerra: allora dopo il bombardamento era tutto finito, e se eri rimasto vivo continuavi la tua giornata. Qui, invece, quando finirà?».
La nipote ricorda uno zio introverso, solitario e appartato. «Ma molto sensibile, troppo. Non ci parlava mai dei suoi libri: forse non ci riteneva degni. Mia madre lo venerava, e a me e a mia sorella ripeteva sempre di non entrare nella stanza dello zio, di non mettere disordine, di non disturbarlo. In famiglia avevamo per lui una sorta di ossequio reverenziale.
Ogni tanto ci faceva dei regalini, ci dava delle monete, "ecco, compratevi i nastri per le trecce", diceva. Oppure ci portava al cinema. Quando stava scrivendo Tra donne sole, volle sapere da me come sono fatti gli abiti di taffetà, mi chiedeva cose di femmine.
In quel campo, lui, beh, lasciamo perdere... Le sceglieva una peggio dell' altra, oh signùr, a parte la Pivano che non volle sposarlo. C' era la donna con la voce roca, per la quale di fatto si fece mandare al confino: quando tornò, e alla stazione di Porta Nuova seppe che lei nel frattempo si era sposata, cadde svenuto.
E poi quell' americana, l' attrice, l' ultima. Eppure lo zio era un bell' uomo, era alto e non privo di fascino: alle donne piaceva. Ricordo che una sua allieva gli mandava ogni settimana un mazzo di rose rosse, soltanto che lei era brutta, poverina».
Il pensiero va alle ultime settimane della vita di Pavese, agli ultimi giorni.
Il racconto di Maria Luisa è un sussurro. «Si vedeva che non stava bene, altroché. Era deluso anche dopo avere vinto il Premio Strega, stremato dopo avere scritto in due mesi La luna e i falò quasi di getto. Diceva di sentirsi come un fucile sparato. Era nauseato, vittima di maldicenze. Il mondo della cultura è sempre stato pieno di invidie e gelosie.
Gli avevano fatto pesare di non avere combattuto, di non essere stato partigiano, i comunisti specialmente. Ma lo zio aveva l' asma, ogni sera faceva i suffumigi nel bacile: come partigiano sarebbe morto in tre giorni, non era mica Fenoglio! Visse riparato e solo, lavorando sempre».
Fino a quel temporale d' agosto, pochi giorni prima del suicidio: «Si scatenò il finimondo e il vento spalancò le finestre, anche quella della camera di mio zio. I fogli del diario andarono all' aria. Noi entrammo con mille cautele, rimettemmo in ordine ma senza leggere neppure un rigo. Se l' avessimo fatto, forse avremmo capito, forse saremmo riusciti a mandare lo zio da un medico per farlo aiutare».
Sono le celebri pagine finali de Il mestiere di vivere. Sedici agosto 1950: «Chiodo scaccia chiodo. Ma quattro chiodi fanno una croce». Diciassette agosto: «Nel mio mestiere dunque sono re (...) Nella mia vita sono più disperato e perduto di allora. Che cosa ho messo insieme? Niente. Questo il consuntivo dell' anno finito, che non finirò».
Diciotto agosto, ultime righe, nove giorni prima della morte: «Sembrava facile, a pensarci. Eppure donnette l' hanno fatto. Ci vuole umiltà, non orgoglio. Tutto questo fa schifo. Non parole. Un gesto. Non scriverò più».
Non compresero il dramma Maria Luisa e la sorella Cesarina, non il cognato e la moglie Maria. «Però la mamma devo dire che si stupì poco: suo fratello già a quindici anni parlava di suicidio, il vizio assurdo, come scrisse Davide Lajolo. Ma a quel tempo c' era meno attenzione al prossimo, eravamo usciti dalla guerra, si viveva in modo più aspro.
Mio papà faceva l' impiegato, e gli scrittori non erano delle star, guadagnavano anche pochino. Lo zio fu sempre vestito dalla sorella, che non spendeva poi chissà quanto per gli abiti o le scarpe di Cesare: il quale, devo ammetterlo, non era un elegantone. La sua sciarpetta bianca, dopo la morte la regalarono a un contadino.
Abbiamo vissuto per due decenni con Cesare Pavese, eppure lo consideravamo un poco un perditempo, un fafiochè come si dice qui in Piemonte, non proprio un gigante delle lettere. Tra noi e lui c' era una sorta di paratia, non per cattiveria: eravamo fatti così. Dopo la sua morte, a casa vennero Calvino e la Ginzburg per prendere il diario, e nella prima edizione furono tolte alcune parti troppo personali. Così aveva chiesto mia madre, e all' Einaudi si dissero d' accordo. Mi viene ancora in mente lo zio che si riferisce ai fogli del diario sul suo tavolo, e ci ripete: "Questa è una cosa molto importante, non dovete toccare per nessun motivo", e noi purtroppo abbiamo ubbidito».
La signora Maria Luisa fa una pausa. Ha parlato molto. Forse, anche a sé stessa. Ci mostra uno sgabello a righe bianche e rosse: «Lo ricavammo da una poltrona di mio zio». Quando Cesare morì era così giovane, e lei adesso ha superato i novant' anni, due in più del manoscritto che pare fatto d' aria. La signora lo porge dentro un sacchetto di carta, solo a guardarlo si ha paura che si rovini.
«Una cosa che vorrei indietro è la voce di mio zio. Naturalmente ricordo come parlava e non era per niente forbito, usava un italiano normale, lineare, con qualche vocabolo in dialetto. Discorrendo con noi in famiglia, non faceva mai l' intellettuale. Peccato che la sua voce non sia presente in nessun archivio, non sia rimasta incisa su nessun nastro. Ora che sono tanto vecchia sarebbe bello riascoltarla».
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