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#Carlo de la Sera
ghsaz · 25 days
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Charles Leclerc a gagné le GP Monza !
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Les gens qui me connaissent savent que je suis une récente fan de la Formule 1. Je suis entrée dans ce sport il y a presque un an et je suis devenue une tifosi de cœur. Non seulement par le champion du GP de la semaine dernière, Charles Leclerc, mais aussi car je suis une fervente supportrice de son coéquipier, Carlos Sainz. Ces deux pilotes incarnent à la fois talent et détermination.
Mais le 1 septembre dernier sera une date mémorable dans l’histoire de Ferrari en Formule 1. Charles Leclerc, le pilote monégasque de Ferrari, a triomphé lors du Grand Prix d'Italie à Monza, un événement qui a suscité une immense ferveur parmi les tifosi.
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Cette victoire est particulièrement significative pour Ferrari, qui a su profiter de la confiance renouvelée en son équipe et en son pilote vedette. Les célébrations sur le podium étaient empreintes de joie et de fierté, avec des fans en délire accueillant leur héros.
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La victoire de Charles Leclerc au Grand Prix d'Italie est le fruit d'une combinaison parfaite de talent, de stratégie et de passion. Elle confirme son statut de pilote d'exception et renforce les ambitions de Ferrari pour le reste de la saison.
Et c'est un grand accomplissement compte tenu du rythme effréné de la course et de l’imprévu des positions finales après la lutte constante entre McLaren et Ferrari. En effet, les pilotes Ferrari ont commencé la course en quatrième et cinquième positions. Grâce à une stratégie habile et à plusieurs erreurs commises par McLaren tout au long de la course, les Ferrari ont réussi à faire une remontée impressionnante.
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Au final, Charles Leclerc a décroché la victoire, tandis que Carlos Sainz a terminé à la quatrième place. Ce retournement spectaculaire illustre non seulement le talent des pilotes Ferrari, mais aussi la stratégie gagnante de leur équipe.
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raffaeleitlodeo · 10 months
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La controrivoluzione delle élite di cui non ci siamo accorti: intervista a Marco D’Eramo - L'indipendente on line
Fisico, poi studente di sociologia con Pierre Bourdieu all’École Pratique des Hautes Études di Parigi, giornalista di Paese Sera, Mondoperaio e poi per lungo tempo de il manifesto. Marco D’Eramo ha di recente pubblicato il saggio Dominio, la guerra invisibile contro i sudditi (ed. Feltrinelli, 2020), un libro prezioso che, con uno stile agevole per tutti e dovizia di fonti, spiega come l’Occidente nell’ultimo mezzo secolo sia stato investito di una sorta di rivoluzione al contrario, della quale quasi nessuno si è accorto: quella lanciata dai dominanti contro i dominati. Una guerra che, almeno al momento, le élite stanno stravincendo e che si è mossa innanzitutto sul piano della battaglia delle idee per (ri)conquistare l’egemonia culturale e quindi le categorie del discorso collettivo. Una chiacchierata preziosa, che permette di svelare il neoliberismo per quello che è, ovvero un’ideologia che, in quanto tale, si muove attorno a parole e concetti chiave arbitrari ma che ormai abbiamo assimilato al punto di darli per scontati, ma che – una volta conosciuti – possono essere messi in discussione.
Ci parli di questa rivoluzione dei potenti contro il popolo, cosa è successo?
Nella storia i potenti hanno sempre fatto guerra ai sudditi, se no non sarebbero rimasti potenti, questo è normale. Il fatto è che raramente i sudditi hanno messo paura ai potenti: è successo nel 490 a.C., quando la plebe di Roma si ritirò sull’Aventino e ottenne i tribuni della plebe. Poi, per oltre duemila anni, ogni volta che i sudditi hanno cercato di ottenere qualcosa di meglio sono stati brutalmente sconfitti. Solo verso il 1650 inizia l’era delle rivoluzioni, che dura circa tre secoli, dalla decapitazione di re Carlo I d’Inghilterra fino alla rivoluzione iraniana, passando per quella francese e quelle socialiste. Da cinquant’anni non si verificano nuove rivoluzioni.
E poi cosa è successo?
Con la seconda guerra mondiale le élite hanno fatto una sorta di patto con i popoli: voi andate in guerra, noi vi garantiamo in cambio maggiori diritti sul lavoro, pensione, cure, eccetera. Dopo la guerra il potere dei subalterni è continuato a crescere, anche in Italia si sono ottenute conquiste grandiose come lo statuto dei Lavoratori, il Servizio Sanitario Nazionale ed altro. A un certo punto, le idee dei subordinati erano divenute talmente forti da contagiare le fasce vicine ai potenti: nascono organizzazioni come Medicina Democratica tra i medici, Magistratura Democratica tra i magistrati, addirittura Farnesina Democratica tra gli ambasciatori. In Italia come in tutto l’Occidente le élite hanno cominciato ad avere paura e sono passate alla controffensiva.
In che modo?
Hanno lanciato una sorta di controguerriglia ideologica. Hanno studiato Gramsci anche loro e hanno agito per riprendere l’egemonia sul piano delle idee. Partendo dai luoghi dove le idee si generano, ovvero le università. A partire dal Midwest americano, una serie di imprenditori ha cominciato a utilizzare fondazioni per finanziare pensatori, università, convegni, pubblicazioni di libri. Un rapporto del 1971 della Camera di Commercio americana lo scrive chiaramente: “bisogna riprendere il controllo e la cosa fondamentale è innanzitutto il controllo sulle università”. Da imprenditori, hanno trattato le idee come una merce da produrre e vendere: c’è la materia prima, il prodotto confezionato e la distribuzione. Il primo passo è riprendere il controllo delle università dove la materia prima, ovvero le idee, si producono; per il confezionamento si fondano invece i think tank, ovvero i centri studi dove le idee vengono digerite e confezionate in termini comprensibili e affascinanti per i consumatori finali, ai quali saranno distribuiti attraverso giornali, televisioni, scuole secondarie e così via. La guerra si è combattuta sui tre campi della diffusione delle idee, e l’hanno stravinta.
Quali sono le idee delle élite che sono divenute dominanti grazie a questa guerra per l’egemonia?
La guerra dall’alto è stata vinta a tal punto che non usiamo più le nostre parole. Ad esempio, la parola “classe” è diventata una parolaccia indicibile. Eppure Warren Buffet, uno degli uomini più ricchi del mondo, lo ha detto chiaramente: «certo che c’è stata la guerra di classe, e l’abbiamo vinta noi». O come la parola “ideologia”, anche quella una parolaccia indicibile. E allo stesso tempo tutte le parole chiave del sistema di valori neoliberista hanno conquistato il nostro mondo. Ma, innanzitutto, le élite sono riuscite a generare una sorta di rivoluzione antropologica, un nuovo tipo di uomo: l’homo economicous. Spesso si definisce il neoliberismo semplicemente come una versione estrema del capitalismo, ma non è così: tra la teoria liberale classica e quella neoliberista ci sono due concezioni dell’uomo radicalmente differenti. Se nel liberalismo classico l’uomo mitico è il commerciante e l’ideale di commercio è il baratto che si genera tra due individui liberi che si scambiano beni, nel neoliberismo l’uomo ideale diventa l’imprenditore e il mito fondatore è quello della competizione, dove per definizione uno vince e l’altro soccombe.
Quindi rispetto alle generazioni che ci hanno preceduto siamo diventati un’altra specie umana senza accorgercene?
L’idea che ogni individuo è un imprenditore genera una serie di conseguenze enormi. La precondizioni per poter avviare un’impresa è avere qualcosa da investire, e se non ho capitali cosa investo? A questa domanda un neoliberista risponde: «il tuo capitale umano». Questa è una cosa interessantissima perché cambia tutte le nozioni precedenti. Intanto non vale l’idea del rapporto di lavoro come lo conoscevamo: non esiste più un imprenditore e un operaio, ma due capitalisti, dei quali uno investe denaro e l’altro capitale umano. Non c’è nulla da rivendicare collettivamente: lo sfruttamento scompare, dal momento che è un rapporto tra capitalisti. Portando il ragionamento alle estreme conseguenze, nella logica dominante, un migrante che affoga cercando di arrivare a Lampedusa diventa un imprenditore di sé stesso fallito, perché ha sbagliato investimento. Se ci si riflette bene, la forma sociale che meglio rispecchia questa idea del capitale umano non è il liberalismo ma lo schiavismo, perché è lì che l’uomo è letteralmente un capitale che si può comprare e vendere. Quindi non credo sia errato dire che, in verità, il mito originario (e mai confessato) del neoliberismo non è il baratto ma lo schiavismo. Il grande successo che hanno avuto i neoliberisti è di farci interiorizzare quest’immagine di noi stessi. È una rivoluzione culturale che ha conquistato anche il modo dei servizi pubblici. Per esempio le unità sanitarie locali sono diventate le aziende sanitarie locali. Nelle scuole e nelle università il successo e l’insuccesso si misurano in crediti ottenuti o mancanti, come fossero istituti bancari. E per andarci, all’università, è sempre più diffusa la necessità di chiedere prestiti alle banche. Poi, una volta che hai preso il prestito, dovrai comportarti come un’impresa che ha investito, che deve ammortizzare l’investimento e avere profitti tali da non diventare insolvente. Il sistema ci ha messo nella situazione di comportarci e di vivere come imprenditori.
Ritiene che l’ideologia neoliberista abbia definitivamente vinto la propria guerra o c’è una soluzione?
Le guerre delle idee non finiscono mai, sembra che finiscano, ma non è così. Se ci pensiamo, l’ideologia liberista è molto strana, nel senso che tutte le grandi ideologie della storia offrivano al mondo una speranza di futuro migliore: le religioni ci promettevano un aldilà di pace e felicità, il socialismo una società del futuro meravigliosa, il liberalismo l’idea di un costante miglioramento delle condizioni di vita materiali. Il neoliberismo, invece, non promette nulla ed anzi ha del tutto rimosso l’idea di futuro: è un’ideologia della cedola trimestrale, incapace di ogni tipo di visione. Questo è il suo punto debole, la prima idea che saprà ridare al mondo un sogno di futuro lo spazzerà via. Ma non saranno né i partiti né i sindacati a farlo, sono istituzioni che avevano senso nel mondo precedente, basato sulle fabbriche, nella società dell’isolamento e della sorveglianza a distanza sono inerti.
Così ad occhio non sembra esserci una soluzione molto vicina…
Invece le cose possono cambiare rapidamente, molto più velocemente di quanto pensiamo. Prendiamo la globalizzazione: fino a pochi anni fa tutti erano convinti della sua irreversibilità, che il mondo sarebbe diventato un grande e unico villaggio forgiato dal sogno americano. E invece, da otto anni stiamo assistendo a una rapida e sistematica de-globalizzazione. Prima la Brexit, poi l’elezione di Trump, poi il Covid-19, poi la rottura con la Russia e il disaccoppiamento con l’economia cinese. Parlare oggi di globalizzazione nei termini in cui i suoi teorici ne parlavano solo vent’anni fa sembrerebbe del tutto ridicolo, può essere che tra vent’anni lo sarà anche l’ideologia neoliberista.
Intanto chi è interessato a cambiare le cose cosa dovrebbe fare?
Occorre rimboccarsi le maniche e fare quello che facevano i militanti alla fine dell’Ottocento, ovvero alfabetizzare politicamente le persone. Una delle grandi manovre in questa guerra culturale lanciata dal neoliberismo è stata quella di ricreare un analfabetismo politico di massa, facendoci ritornare plebe. Quindi è da qui che si parte. E poi bisogna credere nel conflitto, progettarlo, parteciparvi. Il conflitto è la cosa più importante. Lo diceva già Machiavelli: le buone leggi nascono dai tumulti. Tutte le buone riforme che sono state fatte, anche in Italia, non sono mai venute dal palazzo. Il Parlamento ha tutt’al più approvato istanze nate nelle strade, nei luoghi di lavoro, nelle piazze. Lo Statuto dei Lavoratori non è stato fatto dal Parlamento per volontà della politica, ma a seguito della grande pressione esterna fatta dai movimenti, cioè dalla gente che si mette insieme. Quindi la prima cosa è capire che il conflitto è una cosa buona. La società deve essere conflittuale perché gli interessi dei potenti non coincidono con quelli del popolo. Già Aristotele lo diceva benissimo: i dominati si ribellano perché non sono abbastanza eguali e i dominanti si rivoltano perché sono troppo eguali. Questa è la verità.
[di Andrea Legni]
https://www.lindipendente.online/2023/11/01/la-controrivoluzione-delle-elite-di-cui-non-ci-siamo-accorti-intervista-a-marco-deramo/?fbclid=IwAR0J1ttaujW9lXdoC3r4k5Jm46v3rQM_NMampT4Sd_Q-FX4D-7TFWKXhn3c
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Primavera di libri
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Torniamo a suggerirvi nuove letture e film “raccomandati” dai vostri bibliotecari di fiducia.
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Un autentico caso letterario l’inedito di Gabriel García Márquez Ci vediamo in agosto, che, come narra la leggenda a proposito dell’Eneide di Virgilio, l’autore avrebbe voluto distruggere: “un omaggio alla femminilità, una storia di libertà e di desiderio che non si sopisce con l’età e nemmeno con l’amore coniugale”. I figli hanno consentito la pubblicazione di questo breve romanzo, che esce in contemporanea in tutti i paesi e ci delizia come una sorpresa inaspettata, nonostante la volontà del suo artefice, forse troppo esigente con sé stesso.
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Tutt’altro che deprimente, Piccoli suicidi tra amici di Arto Paasilinna è ormai diventato un classico. Scritto con stile quasi cronachistico, la sua apparente freddezza (che peraltro ben si addice alle gelide lande della Finlandia da cui provengono i personaggi del libro) non fa che accrescere l’ironia, magari un po’ macabra, di cui è pervaso. “… ogni giorno è per ciascuno sempre il primo della vita che gli resta da vivere, anche se siamo troppo occupati per rendercene conto” è la sintesi filosofica di un romanzo divertente, originale, che si risolve in un inno non banale alla vita, alla solidarietà, all’amicizia. Un vero toccasana “per tempi agitati”, citando Mauro Bonazzi, come sono quelli in cui ci troviamo a vivere. Dalla postfazione di Diego Marani: “Una delle cose più belle dei romanzi di Paasilinna è che dopo il tumulto, il fragore e le spericolate rincorse tutto si risolve delicatamente, come una risata di cui resta solo il gioioso ricordo, nell’acqua increspata d’un lago, nel vento della sera, nell’odore di foraggio appena tagliato. … In questo libro la grande beffata è la morte”.
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Ambientato a Bologna durante le festività natalizie tra la fine del 1953 e l’inizio del ’54, Intrigo italiano di Carlo Lucarelli ci ripropone la compagnia del commissario De Luca, sempre ombroso, inappetente e drogato di caffeina. Lo accompagna un giovane poliziotto che lo introduce negli ambienti musicali degli amanti del jazz, di cui era appassionato un noto professore morto in circostanze non chiare. Ma il mistero si infittisce quando anche la vedova viene trovata uccisa e De Luca stesso è controllato dai Servizi Segreti. Non siamo più in tempo di guerra mondiale, ma di guerra fredda e anche i migliori si devono aggiornare. Un giallo di classe, con una ricostruzione storica sempre molto accurata. È del 2022 il ritorno del commissario Marino, segretamente ma attivamente antifascista, in Bell’abissina, dopo l’esordio del 1993 con Indagine non autorizzata, quando era ancora soltanto ispettore. Si tratta di un cold case soltanto apparente, perché la serie di delitti, legati da somiglianze via via sempre più chiare, si protrae dal passato al presente pericolosamente minacciato dall’imminente scontro bellico. Marino ha un temperamento diverso da quello di De Luca e si getta anima e corpo in questa indagine che coinvolge corrotti fiancheggiatori del regime. Un incontro, come dice l’autore stesso nei Ringraziamenti, tra la storia, con la s minuscola, frutto di fantasia, e la Storia, quella del secondo conflitto mondiale che Lucarelli conosce molto bene e che ha trattato anche in diverse trasmissioni televisive.
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Irresistibile la doppietta di Simenon che vi proponiamo. Gli altri, inedito in Italia fino alla pubblicazione di Adelphi del 2023, è scritto in forma di diario-confessione e ci guida con il suo ritmo irresistibile tra i meandri di un suggestivo castello francese, che racchiude, ça va sans dire, una morte misteriosa, una giovane e affascinante castellana, nonché un burbero e attempato maggiordomo, sospettosamente depositario di ogni segreto… Come sempre, con pochi abili tratti l’autore descrive una serie di personaggi che non potrebbero essere fra loro più diversi, anche se appartenenti alla stessa famiglia: la sua penna riesce a far sembrare del tutto naturali e accettabili legami apparentemente inconciliabili e al limite della moralità. Il finale è riservato all’apertura del testamento: a chi andrà la cospicua eredità del vecchio Antoine Huet? Ma soprattutto: in che modo la ricchezza influirà sulla vita e le abitudini dei protagonisti? A voi il piacere di scoprirlo. Il romanzo La prigione inizia ex abrupto con un misterioso omicidio, su cui la polizia indaga. Ma duplice è la ricerca intrapresa dall’autore: da una parte il movente del delitto, dall’altra la psicologia del protagonista, costretto a scavare nella sua vita per scoprire su sé stesso e sulle persone che gli erano più intimamente vicine segreti che ignorava o che, più probabilmente, cercava di rimuovere per superficialità, paura o inadeguatezza. Così la prigione diventa una metafora per descrivere una vita fasulla che implode in un solo istante di un giorno d’autunno. Al di là del caso limite rappresentato dal fatto di sangue e delle inevitabili differenze di carattere, è talmente accurata l’analisi psicologica che ogni lettore potrebbe ritrovare qualcosa di sé nell’indole del protagonista e comprendere i suoi atti apparentemente privi di logica. Simenon, come sempre, con ritmo inesorabile e accanito vaglio introspettivo ci conduce all’unica soluzione possibile.
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Furio Scarpelli e Agenore Incrocci hanno firmato, sotto la nota sigla di Age&Scarpelli, “le più memorabili sceneggiature dell’epoca d’oro del cinema italiano”, da Totò le Mokò di Bragaglia, a La banda degli onesti di Mastrocinque, C’eravamo tanto amati di Scola, I soliti ignoti, L’armata Brancaleone e La Grande guerra di Monicelli, per citarne solo una minima parte. Tra gli inediti di Scarpelli che Sellerio sta ripubblicando (è del 2019 Amori nel fragore della metropoli) vi consigliamo Si ricorda di me, signor tenente?, romanzo che introduce i protagonisti alternando, con la tecnica del flash back, la narrazione contemporanea al memoriale di guerra. Lo scavo nel complesso passato del personaggio principale porterà alla luce gravi traumi, profondi e rimossi sensi di colpa. Ma chi è lo sgangherato seccatore che apostrofa con la domanda del titolo il vecchio Giulio, tranquillo pensionato che passeggia per le vie della Milano del 1999? Un truffatore, un commilitone o un rigurgito della sua coscienza addormentata? Si legge piacevolmente tutto d’un fiato.
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Per una lettura diversa dal solito vi proponiamo Nightmare Alley, La fiera delle illusioni di William Lindsay Gresham, “una tipica storia noir”, da cui sono stati tratti ben due film: un classico con il fascinoso Tyrone Power in una veste per lui inedita e il recentissimo remake di Guillermo Del Toro con Bradley Cooper, Cate Blanchett, Willem Dafoe. Diviso in due parti (con un finale ad anello): da un lato il fantastico, bizzarro, grottesco mondo del circo, con i suoi misteri e le sue crudeltà; dall’altra quello dell’alta borghesia, non meno pericoloso. In sintesi, il libro e i due film sono “Tre facce della stessa storia che presentano tutte letture degne di essere lette e viste per una storia che potrebbe benissimo svolgersi anche al giorno d’oggi. I prestigiatori, che siano o meno appassionati di mentalismo/spiritismo, vi troveranno molti spunti interessanti.”
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Un prezioso suggerimento dal passato: se vi fosse sfuggito, potete rimediare cogliendo dai nostri scaffali Il peso falso di Joseph Roth. Un autentico gioiello che mischia allo stile formulare dei poemi omerici, un’autentica passione d’amore e una finissima riflessione sull’essere umano, dominato dai suoi difetti, quasi deterministicamente volto verso il male, incapace di sfuggire alla tentazione del peccato, anche quando è mosso dalle migliori intenzioni. I temi sono quelli consueti della poetica di Roth, e spesso tornano anche gli stessi personaggi, che inevitabilmente cadono nella colpa: il tutto senza pessimismo né amarezza, anzi forse con una leggera sfumatura di fatalistica ironia.
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Come una diabolica matrioska le vicende biografiche dell’autore, Herbert Clyde Lewis, giornalista e scrittore americano, nato a New York da ebrei russi emigrati, si ripercuotono sul protagonista del romanzo per poi accanirsi inspiegabilmente sulle vicissitudini editoriali dell’opera che vi vogliamo consigliare, Gentiluomo in mare. Sì, perché come l’autore ebbe una vita difficile, nonostante gli incessanti sforzi profusi per affermarsi e l’indubbio talento, così il protagonista di questo delizioso romanzo breve è vittima di “una sorte bizzarra e cattiva”, per citare la splendida canzone di Lauzi-Conte, e infine la novella fu ingiustamente ignorata alla sua prima pubblicazione nel 1937 per essere poi “ripescata” (è proprio il caso di dirlo) dall’abisso dei libri dimenticati per la prima volta in Argentina nel 2010: da quel momento il successo, più che meritato anche se postumo, divenne planetario. Davvero “una perlita”, come fu definito nella recensione argentina.
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semtituloh · 6 days
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Vía Carlos Villanueva
Domingo 22 de septiembre 2024, 6:44 A.M. (hora CdMx), el Sol cruzará el ecuador celeste en su trayectoria de norte a sur, sera el Equinoccio de Otoño y el inicio de la entrada del Otoño y cuando ocurren los fenómenos arqueoastronomicos en varias antiguas ciudades Mayas; en esta imagen el Templo de las Siete Muñecas en la Zona Arqueologica de Dzibilchaltun (15 Mns de Merida, capital de Yucatan) el sol se alinea con precisión en la puerta principal de este antiguo Edificio Maya que servia como observador solar.
Imagen: Redes
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valentina-lauricella · 4 months
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Una poesia di Trilussa dall'aldilà
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"Caro amico, vorresti comporci una poesia intitolata 'Lo spiritismo'?"
La risposta cortese fu la seguente:
"Nel 1916 ho già composto una poesia con questo titolo, ma allora ero scettico; ad ogni modo ve ne farò volentieri un'altra, una quartina per ogni seduta. Trilussa (Salustri Carlo Alberto)"
LO SPIRITISMO
(Dettata medianicamente dopo la morte da Trilussa)
Novembre 1951
Era de moda Eusapia Paladino
e 'gni tanto la sera a casa mia,
s'aridunamio accanto ar tavolino,
pe' conversà co' l'anima de zia.
Lei nun mancava mai l'appuntamenti,
margrado ch'io nun ce credessi affatto
“perchè” pensavo “co' st'esperimenti
c'è caso che diventi mezzo matto”.
Me pare strano assai che li cristiani
pe' potè conversà coll'altro monno
deveno formà un cerchio co' le mani
come li regazzini ar girotonno!
Se sapeva che barba de' scenziati
come Richette, Crocchese e Bozzano,
erano stati in parte cojonati.
“Perciò” pensavo “è mejo annacce piano!”
Però ce stava sempre quarche cosa
che me lassava in dubbio e pensieroso:
l'apporto de' na' foja o de' na' rosa,
un fojo co' no' scritto misterioso,
na' stretta sulle spalle all'improvviso,
l'impronta de' na' mano drento an vaso
un ciancechio come se fusse raso.
Immezzo a sta' buriana er tavolino
ce venne a dì che c'era na' persona
pronta a parlà con me, che poverino
n' fonno n' fonno ero n'anima bona.
A me nun parse vero e n'cominciai
a damandaje chi era e che voleva.
“Stai bene? M'aricordi? Come mai...”
Ma a ste' domanne lui nun risponneva.
De botto ce ordinò de fa silenzio
e incominciò a dettacce adagio adagio
“Sabato venti aprile, via Crescenzio,
nun t'aricordi più?...” e sto' messaggio
era un messaggio de parole belle
che solo io fra tutti li presenti
potevo riconoscele: eran quelle
cose che si so' tue, te te le senti.
La frase che me disse era d'amore,
d'amore puro senza cose strane.
“Amore” disse “m'hai rubbato er core...”
“ma nun durò che poche settimane...”
Che d'è lo spiritismo? In quer messaggio
ce stava n'antra vita; sì, 'un finiva.
Capii ch'er monno è un ponte de passaggio
fatto pe' riportacce all'antra riva.
(Da R. Piergili, Quegli spirti..., Diari - Trascrizione di sedute medianiche del Gruppo spiritualistico "Gastone De Boni", Roma, vol. I)
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Esquel, petite pause bien méritée 😌
Hola todos,
Après le spectacle fabuleux de la Cueva de Las Manos, nous avons mis le cap en direction d’Esquel avec l’idée d’y séjourner 2-3 jours. Nous avons trouvé une cabaña incroyable, si confortable qu’elle nous a même poussé à prolonger le séjour. En tout, nous avons passé 5 jours sur place.
Esquel c’est un petit havre de paix entouré de montagnes avec un paysage très vert. On avait la vague impression de retrouver la Haute-Savoie et nous n’aurions pas été surpris de trouver le Mazot de Charles au détour d’une ruelle.
Durant nos quelques jours sur place nous avons été nous balader dans les environs de la ville, nous avons enfin dégusté la viande Argentine si réputée pour ses saveurs (sans surprise, elle était excellente) et nous avons été au Parque Nacional Los Alceres qui offre de sublimes randonnées au bord d’un lac bordé de montagnes. En bref, un séjour très doux, reposant et qui nous en a mis plein les mirettes une fois de plus.
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Après Esquel nous avons repris la route et nous avons fait une pause d’une nuit à San Carlos de Bariloche. On nous avait décrit la ville comme étant la Suisse de l’Argentine mais, honnêtement, je n’ai pas du tout eu cette impression. Pour accéder au cœur de la ville il faut d’abord traverser un véritable bidonville (ici ils appellent ça « villas ») dans lequel nous avons pu être confronté à la vraie misère que subit le pays depuis la crise économique. Si le centre-ville et la partie plus huppée de la ville servent de cache misère, nous n’avons cependant pas eu l’impression d’être au milieu d’un environnement suisse, plutôt réputé pour sa richesse, ses montres et son chocolat. L’énorme différence entre la partie pauvre et la partie plus riche de la ville nous a néanmoins donné cette petite claque nécessaire, celle qui nous rappelle notre chance d’être deux touristes européens plutôt aisés. La ville est assez sujette aux vols et cela n’a rien d’étonnant, nous nous sentions un peu coupables en déambulant dans les rues touristiques du centre, gavées de gringos venus dépenser leur argent. Nous sommes repartis avec un goût un peu amer en bouche, même si nous avons passé une super soirée en amoureux avant le départ. Point important cependant, nous avons vu notre tout premier Gauchito Gil, une figure sainte pour les argentins. Plusieurs histoires ont fait sa légende mais certains miracles après sa mort l'ont issé au rang de divinité.
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Nous sommes désormais en direction de Mendoza, les températures remontent peu à peu et c’est à nouveau agréable de dormir en tente. Nous avons fait une halte près d’une jolie rivière cette nuit.
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Nous sommes actuellement dans un petit bled perdu appelé Zapla. Charles est tombé un peu malade, il a une vilaine crève, on a donc pris une cabaña pour qu’il puisse se reposer ! Il sera sûrement sur pieds demain, il se sent déjà mieux après une bonne douche chaude.
Je vous tiens au courant de la suite !
Besitos,
Luna
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giuliacolla · 10 months
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Finalmente l’Argentina
L’ho sognata per anni, prima e dopo il corona virus.
Finalmente siam partiti, Giampiero ed io.
In primis Buenos Aires: il cuore pulsante di un paese grande quasi 3 milioni di km².
Nella parte nord della città abbiamo visitato i ricchi quartieri di Palermo
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e di Recoleta, nel cui cimitero riposa Eva Peron.
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Poi Plaza de Mayo con la Casa Rosada, il Parlamento e la Catedral, da cui proviene Papa Francesco.
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Eccellente caffe da “Pertutti”: bar sontuoso, sembrava di essere al S. Carlo di Torino.
Lasciamo B.A. per volare a El Calafate e visitare il Parque Nacional “Los Glaciares”, dove sono presenti tre diversi ambienti:
l’alta montagna, con i famosi ghiacciai Perito Moreno e Upsala
il bosco andino-patagonico, con foreste di Lenga e Nire
la steppa patagonica, settimo maggior deserto del mondo.
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Partiamo per escursione d’intera giornata “Todo Glaciares”, navigando il lago argentino tra gli iceberg, con sosta per il lunch alla base Spegazzini.
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Successiva tappa: Ushuaia. Sorvoliamo lo stretto di Magellano e raggiungiamo questa perla di città ai confini del mondo.
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Qui, sotto l’ottima guida di Mariano, visitiamo il parco nazionale “Tierra del Fuego”, dove i primi abitanti, gli indios Ona, usavano accendere grandi fuochi, da cui il nome dato dai primi colonizzatori.
Segue la navigazione sul canale di Beagle, dove ammiriamo le colonie di leoni marini e di cormorani.
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Al 9° giorno voliamo a Trelew e raggiungiamo Puerto Madryn. visitiamo quindi la Peninsula Valdes, dove alla Estancia S. Lorenzo possiamo camminare in mezzo alla più grande colonia di pinguini del continente.
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Al tramonto ci imbarchiamo a Puerto Piramides per ammirare le balene: eccitante, ma un freddo boia!
Il 4° volo è per le cascate di Iguazù. Le ammiriamo da sopra e da sotto, dal versante argentino e da quello brasiliano: una meraviglia!
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Concludiamo la nostra vacanza con la visita ai quartieri sud di Buenos Aires, S. Telmo e La Boca.
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Alla sera non possiamo mancare lo spettacolo del tango.
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È stato un viaggio magnifico, anche se molto stancante, organizzato dall’agenzia Etlim di Imperia per un gruppo di 22 persone con cui ci siamo trovati bene. Il viaggio è durato 15 gg., di cui 2 di viaggio con Argentina Aerolineas, durata 14 ore (-4 all’andata + 4 al ritorno).
Oltre ai bei ricordi ci portiamo a casa anche quattro riproduzioni di un artista argentino che esponeva a Ushuaia.
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I DREAMED IT FOR YEARS, BEFORE AND AFTER THE CORONA VIRUS.
AT LAST WE DID IT, GIAMPIERO AND I.
FIRST BUENOS AIRES: THE BEATING HEART OF THIS COUNTRY, ALMOST 3 MILLION SQUARE KM. LARGE.
IN THE NORTH OF THE CITY WE VISITED THE WEALTHY NEIGHBORHOODS OF PALERMO AND RECOLETA, IN WHOSE CEMETERY RESTS EVA PERON.
THEN PLAZA DE MAYO WITH THE CASA ROSADA, THE PARLIAMENT AND THE CATHEDRAL, FROM WHICH POPE FRANCIS COMES.
EXCELLENT COFFEE AT “PERTUTTI”: SUMPTUOUS BAR, WE FELT LIKE BEING AT THE S.CARLO IN TURIN.
WE LEAVE B.A.TO FLY TO EL CALAFATE AND VISIT THE PARQUE NACIONAL LOS GLACIARES, WHERE THERE ARE THREE DIFFERENT ENVIRONMENTS:
THE HIGH MOUNTAINS, WITH THE FAMOUS GLACIERS PERITO MORENO AND UPSALA
THE PATAGONIAN-ANDEAN FOREST, MOSTLY COVERED BY LENGA AND NIRE TREES
THE PATAGONIAN STEPPE, THE 7TH WIDEST DESERT IN THE WORLD.
WE HAVE A FULL-DAY EXCURSION CALLED “TODO GLACIARES” SAILING ON THE ARGENTINE LAKE AMONG THE ICEBERGS AND STOPPING FOR LUNCH AT THE SPEGAZZINI BASE. NEXT STOP: USHUAIA. WE FLY OVER THE STRAIT OF MAGELLAN AND REACH THIS PEARL OF A CITY AT THE EDGE OF THE WORLD.
HERE, UNDER THE VERY GOOD GUIDANCE OF MARIANO, WE VISIT THE NATIONAL PARK “TIERRA DEL FUEGO”, WHERE THE FIRST INHABITANTS, THE INDIOS ONA, USED TO LIGHT BIG FIRES, HENCE THE NAME GIVEN BY THE FIRST COLONIZERS.
THEN WE SAIL ON THE BEAGLE CHANNEL, WHERE WE ADMIRE THE COLONIES OF SEA LIONS AND CORMORANTS.
ON THE 9TH DAY WE FLY TO TRELEW AND WE REACH PUERTO MADRYN. WE THEN VISIT THE PENINSULA VALDES, WHERE AT THE ESTANCIA S.LORENZO WE WALK AMONG THE BIGGEST COLONY OF PENGUINS IN THE CONTINENT.
AT SUNSET WE GO TO PUERTO PIRAMIDES TO ADMIRE THE WHALES: EXCITING, BUT FREEZING COLD!
THE 4TH FLIGHT IS TO IGUAZU WATERFALLS. WE ADMIRE THEM FROM ABOVE AND BELOW, BOTH SIDES (ARGENTINEAN & BRASILIAN): A WONDER!
WE END OUR TRIP WITH A LAST TOUR IN B.A., THIS TIME TO THE SOUTHERN PART OF THE CITY: S. TELMO AND LA BOCA. AND IN THE EVENING WE CAN’T MISS THE TANGO EXHIBITION.
IT WAS A MAGNIFICENT JOURNEY, ALTHOUGH VERY TIRING, ORGANISED BY THE ETLIM AGENCY IN IMPERIA. WE WERE A GROUP OF 22 PEOPLE, WE HAD A GOOD TIME. IT LASTED 15 DAYS, 2 OF WHICH TRAVELLING WITH ARGENTINA AEROLINEAS FOR 14 HOURS (-4 TO GO + 4 TO COME BACK)
IN ADDITION TO THE GOOD MEMORIES, WE TOOK HOME FOUR REPRODUCTIONS OF AN ARGENTINE ARTIST WHO EXHIBITED IN USHUAIA.
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libriaco · 1 year
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Sdrùcciolo (e noioso)
Perché quegli accenti?, scrivevo ieri sera, riferendomi alla citazione di Carlo Dossi che ho riportato.
Perché Carlo Dossi, nella "Nota grammaticale" de La Colonia felice, cita Carlo Cattaneo che sosteneva che si doveva iniziare a stampare i testi con le parole accentate propriamente:
E quindi, ad imitazione dei valentuòmini del cinquecento che introdussero fra noi l’uso d’accentare tutte le voci tronche, e ad imitazione degli spagnoli che accentano tutte le voci sdrùcciole, abbiamo tentato introdurre la semplice regola d’accentare tutte le voci che non siano piane. Pertanto collo spàrgere pochi accenti, una ventina o una trentina per pàgina, ogni parola viene a manifestare la sua pronuncia. Poiché, dove l’accento non è segnato, s’intende che cada sulla penùltima sìllaba; e su tutte le altre voci tronche, o sdrùcciole o bisdrùcciole vien sempre indicato. [...] Diremo ora più partitamente come si possa col maggior nùmero di accenti far sì che tutti rimangano contrasegnati (sic). La parte di gran lunga maggiore delle nostre parole è piana. Per non prodigare gli accenti, poniamo dunque per prima règola che una parola non accentata si presume piana. Accentiamo le sdrùcciole, come da tre sècoli abbiamo preso ad accentare le tronche. Queste tre règole si rappresentano facilmente nelle tre voci sèguito, seguito e seguitò. — Per le parole bisdrucciole e trisdrucciole che sono assài disadatte e rare, valga la stessa règola delle sdrùcciole: accentarle perché poco numerose.
C. Dossi, Il Regno dei Cieli - La Colonia felice [1873 e 1874], Napoli, Guida editori, 1985
C. Cattaneo, Alcuni scritti, Vol. I, Milano, Borroni & Scotti, 1846. Online su Archive, alla pagina linkata.
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alexisgeorge24 · 9 months
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28 décembre :
Balade dans Mendoza et au parc San Martin pour y découvrir le peu qu'a la ville à offrir. A 18h30 bus de nuit pour Neuquén, aux portes de la Patagonie.
29 décembre :
Objectif, atteindre San Martin de los Andes dans la région de Bariloche et ses magnifiques lacs. Malheureusement les bus sont complets et je fais une escale de nuit à San Carlos de Bariloche (ou plus communément Bariloche). La ville n'est pas exceptionnelle et son centre n'est bizarrement pas au bord du Lac Nahuel Huapi mais le nombre de brasseries artisanales est impressionnant. Une 2e escale sera donc à prévoir à mon retour de San Martin.
30 décembre :
Mon bus étant à 13h15, j'ai le temps de faire une mini rando au Cerro Otto. Le sommet est atteignable par télécabine mais strictement réservé aux fragiles. Je ne désespère pas et je suis le chemin de maintenance des remontés (ligne droite) et j'atteins le sommet en 30min (530m d+). La vue sur le lac Nahuel Huapi et les forêts s'étendant sur les montagnes est sublime. Je ne connais pas mais j'ai envie de comparer Bariloche à la région des lacs dans les Alpes italiennes. Retour au hostel par un sentier à travers la montagne, douche et 5h de bus pour San Martín. A l'arrivée je ne perds pas de temps; j'ai trouvé une ballade de 4 jours autour du Lac Lácar au parque Nacional Lanín et je compte bien l'initier dès maintenant. Je fais des courses puis je pose ma tente au début du parc à 5km de la ville et au bord du lac. Paysages toujours aussi beaux; je m'y baigne d'ailleurs.
Bilan: 17km, 700m d+
31 décembre :
Grosse journée au programme; ascension du Cerro Colorado (1800m, une colline...), puis du Cerro Sábana, puis d'un 3e sans nom. Sur le chemin j'admire de beaux panoramas sur le Lac Lácar d'un côté, et sur le volcan Lanín de l'autre. Mis à part le volcan qui est une excroissance blanche dominant la région, j'avoue m'être tellement habitué à des vues grandioses depuis avril 2023, que celle-ci ne me fait pas tellement d'effet. Même si les énormes lacs donnent une impression que les Alpes ont déménagé dans le Péloponnèse. A ce stade j'en suis à 16km et 1600m d+, donc content d'entamer la descente vers mon prochain bivouac. Sauf que la descente ne se passe pas du tout comme prévue. Seuls les sommets sont dépourvues de végétations et le reste de la rando se passe dans la forêt; et le sentier est très très mal entretenu, voir pas du tout, et je me retrouve par conséquent souvent hors piste. Le hors piste en moyenne/haute montagne avec ses passages casse gueule je connais, mais le hors piste dans une forêt primitive, ça, c'est un enfers qui ne m'avait pas manqué (depuis la Guyane... ou j'y ai littéralement laissé ma peau). Je galère (évidemment sans machette) à travers roseaux, pins, toute sortes d'obstacle qui à leur contact me hurtique les bras pour essayer à chaque fois de retrouver le sentier. En bonus, des moucherons qui me volent constamment autour de la tête. A un moment je dois faire mes lacets; 30 moucherons me volent autour, je transpire comme Niagara, mon corps me gratte, et je pète un câble et insultant tout ce qui m'entoure. Au passage j'éclate quelque 100aine (sans exagérer) de moucherons m'enduisant de leur jus la peau. Je rêve d'un super pouvoir qui puisse tout brûler autour de moi. Bref! J'y arrive au bout de 2h, et après seulement 2km. Là je me retrouve dans une vallée barricadée par des barbelés. L'Argentine est aussi un pays de cow-boy et des estancias occupent la majorité du territoire. J'enjambe donc les barrières, dis bonjour aux vaches, me fais discrets quand j'aperçois des rancheros (je suis chez eux illegallement), et poursuis mon chemin. A un moment je pénètre une clairière où deux chevaux broutent tranquillement l'herbe. A 10m d'eux, l'un me fixe du regard et se met à taper du sabot. 2 secondes plus tard je suis à 100m de lui, un arc et 10 fléches en bois confectionnées aves les moyens du bord. Puis je le contourne en suivant un rayon de sécurité. J'arrive enfin au bivouac prévu! Un lac sans vue dégagée... mais je m'enfou, je suis exténué et je meurs de faim. Je monte la tente, me fais des pattes, et m'enfonce dans les bras de Morphé. Il me souhaitera la bonne année à 00h00 et je l'ignorerais complètement.
Bilan: 30km, 1900m d+ (et 19kg sur le dos)
1 janvier:
Après une nuit réparatrice je poursuis ma descente jusqu'au lac Lácar où je retrouve la route (non revetue). Je comptais sur du stop pour faire les 13km qui me séparent du prochain sentier mais j'avais oublié qu'en ce jour et à 7 heure les gens normaux dorment. Du coup je marche en faisant du pouce aux peu de voitures qui passent. Toutes me refusent alors qu'elles ont de la place et qu'il n'y a qu'une seule destination... encore une fois j'essaie de faire preuve de tolérance plutôt que de haine. A mi-chemin pourtant une voiture s'arrête pour me prendre. Elle est chargée et le conducteur fait un effort pour me trouver une place. Comme quoi... ce n'est qu'une question de volonté. C'est un immigré anglais donc qui me fera faire les 5km restants. Puis je continue ma marche qui n'a pas trop d'intérêt puisque le sentier et partagé avec des voitures. Après avoir fait un detout pour observer une belle cascade et au bout de 8km, le sentier devient uniquement piéton. C'est beaucoup plus agréable et 8km plus loin j'atteins mon bivouac sur une plage paradisiaque. 2 groupes venus en bateau sont déjà présents mais ils me laissent le terrain libre en fin d'après-midi. Encore une fois j'ai l'impression d'être sur une plage dans les cyclades mais dans les Alpes. Et seul. Le bonheur. Sieste, plouf, miam, zen, dodo.
Bilan: 27km, 800m d+
2 janvier:
Je quitte ce paradis et effectue le 3e tiers de ma boucle. Je longe la côte qui donne d'autres possibilités de bivouacs sur plage paradisiaques puis contourne un sommet qui bloque le chemin de la côte. Petit détour vers la Laguna Escondida, un gros miroir reflétant des sommets enneigées au loin. L'eau est limpide comme le lac d'Annecy. Je finis la ballade à travers un chemin pour 4x4 qui m'expose au soleil et me fatigue. Je me permets donc une sieste à l'ombre d'un arbre dans un clairière et je me réveil à côté de 3 veaux qui me fixe du regard. C'est très mignon et ça me rappel que j'ai faim. Arrivé à l'embarcadère sur le lac Lacar je prends direct un bateau qui me ramène à San Martín. Je pose la tente au camping et je cours me rafraîchir avec une excellente pils. J'ai très faim et je commande une pyramide de frite puis un Burger. Chacun de ses plats étant destiné à rassasier une personne affamée. Précision : 3 paramètres influent sur la quantité de nourriture que je peux avaler.
1: Le circuit de randonnée que je viens d'effectuer. J'ai fait presque 90km et 3600m d+ en jours, un record. J'ai donc rarement eu aussi faim
2: la qualité de l'apéro : les bières sont excellentes et pas chère du tout.
3: la qualité de la nourriture : très bonne et prix correct.
Toutes les conditions sont réunies pour que je m'explose le bide. Je mettrai 5h avant de pouvoir m'allonger sans avoir mal au ventre. Sachant que je suis exténué de ma journée, j'alterne, entre 21h30 et 02h30, marche autour du camping, position allongée, position assise, WC, en boucle...
Bilan: 28km, 900m d+
3 janvier:
Repos et logistique pour gravir le volcan Lanín. Après moultes réflexions et échanges avec guides de montagnes, je décide de faire l'impasse sur ce sommet. Trop chère et prochaine fenêtre d'ascension dans 3 jours. J'organise donc mon prochain trek à partir de Bariloche que je rejoins le lendemain.
4 janvier:
Transfert à Bariloche avec le bus de 15h00 qui me gâche bien la journée puisque j'arrive à 19h00.
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ladrodiciliegie · 1 year
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Alle undici e venti di sera guardavo Los Angeles dall'alto: il reticolo infinito di punti luminosi. Stanco com'ero cercavo di seguire la vibrazione dei motori, così come arrivava al mio sedile attraverso la struttura di metallo in tensione. Ero sicuro di scoprire qualche cambiamento improvviso al ritmo, o vuoto di frequenza. Cercavo anche di leggere le scritte al neon in basso, man mano che venivano a galla nel buio; i contorni della freeways vicino al mare.
Non mi piaceva girare in circoli nel vuoto, inclinato di tre quarti e quasi senza equilibrio; sospeso in aria per pura brutalità di motori. Non mi piacevano le fodere gialle a fiori viola dei sedili, l'effetto d'insieme che creavano fila dopo fila. Non mi piacevano le hostess che parlavano tra loro e si annodavano foulards al collo e guardavano orologi senza occuparsi dei passeggeri.
Andrea De Carlo - Treno di panna - incipit
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vallejos-nobel · 1 year
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RECLAMACIÓN NOBEL 2023 en física Generador de elevación tecnología en Levitación. Concebido por Juan Carlos Vallejos.
Cree esta tecnología para producir fuerza de elevación y de escape antes del 2013, la publique en página web en el periódico el Carabobeño y el periódico el Notirade el 2019.
Nota de prensa:
30/07/2020.
Carabobo Valencia, Venezuela.
Por: Juan Carlos Vallejos.
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Tecnología en Levitación fue publicada por Juan Carlos Vallejos el 2013 en el Carabobeño y en el Notitarde el 2019 de investigaciones anteriores al 2006 concebidas por Juan Carlos Vallejos.
Otras reclamaciones Nobel. Archivos por twitter.
La tecnología que salvo al planeta Tecnología en Levitación, diseñada por Juan Carlos Vallejos.
Levitación tecnología diseñada para la industria aeronáutica y aero espacial.
En el año 2014 se hizo publicación de la tecnología que fue presentada a medios de comunicación por nota de prensa enviada a medios de comunicación y fue diseña en la organización proyecto PGI, Proyecto G. Levitación, diseñada por el aficionado a la astrofísica, física, química, Juan Carlos Vallejos.
La tecnología diseñada es adaptable y se planifica sera utilizada para la fabricación de tecnologías mecánicas, aeronáuticas, industriales en fabricación y ensamblaje de vehículos que utilizan hidrocarburos y que no respetan el medio ambiente.
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La tecnología, Levitación se diseñó para el posicionamiento paneles de nanotubos, en superficies inferiores ya sea de naves, aeronaves o vehículos, paneles adaptables que pueden ser modificados, para varios tipos de dimensiones con materiales flexibles, polímeros, que se planifica serán utilizados para tipos de productos, que se colocan en las zonas inferiores de monta cargas, vehículos, aeronaves y otros tipos de tecnologías que pudiesen ser utilizadas en empresas, industria aeronáutica, aero espacial y para todo tipo de utilización en aeronaves en paneles más pequeños que se colocan en objetos y productos vendidos por diferentes empresas.
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El diseño con el que se comenzó a dibujar algunos plano teóricos fue con nanotubo, pero el diseñador Juan Carlos Vallejos, genero diseños adicionales, algunos de los diseños, espirales impresas en láminas de polímeros, con una tinta especial que incluye partículas de metales conductores, como cobre y otros metales.
El proyecto G. Levitación, fue creado para fabricación en escala de la clasificación de tecnologías en Levitación, para la industria, de fabricación sin líneas de producción con aplicaciones técnicas no muy desarrolladas, las tecnologías de construcción aun cuando costosas nano fábricas, son comercializadas por varias empresas.
El aparato transmisor de fuerzas levitatorias con nano tubos, en el experimento teórico practico incluye los dos tipos de desarrollos, (diseños en nano miniaturización), que teóricamente genera campos eléctricos con fuerzas y potencia suficiente en campos para generar fuerza de escape con un potencial de uso industrial analizadas en el diseño del proyecto para la tecnología en levitación.
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El rebote de ondas es el dato más importante del diseño de la tecnología, con ondas en el espectro electromagnético producen elevación, por rebote de ondas y Potencial de Levitación aumentando el potencial de elevación, por el número de ondas que rebotan, la velocidad de transmisión del transistor, tipo de ondas, tiempo de rebotes de ondas con voltajes muy bajos con respecto a las fuerzas generadas en el área Levitacional, el diseño se creó para el tipo potencial de ondas que se desplazan para rebotar y producir elevación, las ondas rebotan unas contra otras hasta que producen potencia de elevación.
La mayor contribución de la tecnología diseñada por Juan Carlos Vallejos, Tecnología en Levitación es la no contaminación de la atmosfera, para mantener y recuperar el medio ambiente ya que no utiliza, gasolina ni diésel ni hidrocarburos, el uso de estas tecnologías atenúan la contaminación del medio ambiente.
La tecnología por ser una tecnología muy simple es una alternativa para el ahorro de energía, ya que utiliza muy bajo watiaje y produce mucha fuerza para actividades de trabajo empresarial e industrial, es adaptable para la industria, aeronáutica, aero espacial, de países en desarrollo, con pocos tipos de componentes electrónicos que evita el uso excesivo de materiales, desperdicios de construcción y uso de materiales desarrollados para industrias más complejas.
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La tecnología Levitación se diseñó para el posicionamiento de paneles de nanotubos, en superficies inferiores ya sea de naves, aeronaves o vehículos, paneles adaptables que pueden ser modificados, para varios tipos de dimensiones con materiales flexibles, polímeros, que se planifica serán utilizados para los últimos tipos de productos, que se colocan en las zonas inferiores de monta cargas, vehículos, aeronaves y otros tipos de tecnologías que pudiesen ser utilizadas en empresas, industria aeronáutica, aero espacial y para todo tipo de utilización en aeronaves en paneles más pequeños que se colocan en objetos y productos vendidos por diferentes empresas.
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Leopardi a Bologna
«Il mezzo più efficace di ottener fama è quello di far credere al mondo di esser già famoso» (Giacomo Leopardi, Zibaldone di pensieri, Bologna, 21 novembre 1825)
Duecentoventicinque anni fa nasceva a Recanati uno dei più grandi poeti della letteratura italiana: Giacomo Leopardi. A lui dobbiamo liriche intense e penetranti quali “L’infinito”, “Canto notturno di un pastore errante dell’Asia” e “Il sabato del villaggio” e riflessioni filosofiche estremamente attuali come quelle che troviamo nelle “Operette morali” e nello “Zibaldone di pensieri”.
Il poeta marchigiano fu a Bologna per quattro volte: dal 18 luglio al 27 luglio 1825, dal 29 settembre 1825 al 3 novembre 1826, dal 26 aprile al 20 giugno 1827 e infine dal 3 al 9 maggio 1830. In omaggio alla sua permanenza più prolungata (oltre un anno tra il 1825 e il 1826), il comune di Bologna pose una lapide in via Santo Stefano 33 (dove Leopardi alloggiò a lungo) per ricordare «che in questa città dall’ammirazione universale, da care amicizie e da teneri affetti, ebbe conforto il poeta del dolore».
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Da Bologna, Leopardi scrisse alla famiglia e ad alcuni amici, annotando impressioni e riflessioni sulla città interessanti tanto dal punto di vista biografico quanto dal punto di vista storico, sulle quali sono stati scritti numerosi saggi e persino un volume interamente dedicato al rapporto dell’autore de “L’infinito” con la città delle Due Torri, curato dall’editore Massimiliano Boni. Il titolo del libro, “Questa benedetta Bologna” è tratto da una lettera che Leopardi scrisse il 5 giugno 1826 all’amico, oltre che medico di famiglia, Francesco Puccinotti.
I soggiorni bolognesi di Leopardi furono per lui piuttosto piacevoli. A Bologna era presente l’amico Pietro Giordani, ex segretario dell’Accademia di Belle Arti e già ospite a Recanati della famiglia Leopardi, con cui intratteneva scambi epistolari dal 1817. Grazie a lui Giacomo fece alcune conoscenze importanti e fu accolto con favore nei salotti letterari cittadini. A Bologna, Leopardi frequentava spesso il Caffè del Corso, tuttora esistente in via Santo Stefano, dove amava consumare quasi ogni giorno una colazione di cioccolata e biscotti.
Nelle sue lettere descriverà Bologna come una città «quietissima, allegrissima, ospitale», «piena di letterati nazionali, e tutti di buon cuore, e prevenuti per me molto favorevolmente». Ed al fratello Carlo dirà: «Mi sono fermato nove giorni e sono stato accolto con carezze ed onori ch’io era tanto lontano d’aspettarmi, quanto sono dal meritare.» Positivo è anche il giudizio complessivo: «Bologna è buona, credilo a me che con infinita meraviglia, ho dovuto convenire che la bontà di cuore vi si trova effettivamente, anzi vi è comunissima.» Il 31 luglio 1825 Leopardi scriveva al fratello Carlo: «in Bologna nel materiale e nel morale tutto è bello e niente è magnifico.»
Nel 1825 un decreto del cardinale e arcivescovo Carlo Oppizzoni ripristinò l’usanza delle Processioni generali, che coinvolgono ogni dieci anni, a turno, le parrocchie cittadine, secondo un regolare calendario. La prima Festa degli Addobbi, dopo il ripristino, si svolse nell’estate del 1826 nelle parrocchie di Santa Maria Maggiore in via Galliera e di San Giuliano in via Santo Stefano. Su quest’ultima festa vi è il ricordo di Giacomo Leopardi, che la descrive come «una cosa bella e degna di essere veduta, specialmente la sera, quando tutta una lunga contrada, illuminata a giorno, con lumiere di cristallo e specchi, apparata superbamente, ornata di quadri, piena di centinaia di sedie tutte occupate da persone vestite signorilmente, par trasformata in una vera sala di conversazione.»
Nel 1826 Francesco Orioli, professore di Fisica all’Università di Bologna, e Filippo Miserocchi, ingegnere comunale, curarono l’installazione di un impianto parafulmine sulla torre degli Asinelli: i condotti metallici sulla torre ispireranno alcune considerazioni di Leopardi sulle invenzioni del suo tempo, appuntate nello Zibaldone durante il suo soggiorno.
Nello stesso anno il pittore Luigi Lolli di Lugo vinse un concorso per un dipinto a fresco, da eseguire presso l’ingresso della Pinacoteca dal lato dell’Accademia di Belle Arti. L’amico e stampatore Pietro Brighenti, dopo molte insistenze, riuscì a convincere Leopardi a farsi fare da Lolli un ritratto, da allegare alla sua raccolta di poesie: sarà l’unico documento originale della fisionomia del poeta in vita e servirà da base per molti suoi ritratti postumi.
Il 27 marzo del 1826, lunedì di Pasqua, Giacomo Leopardi venne invitato da Vincenzo Valorani a leggere pubblicamente nella sede dell’Accademia dei Felsinei l’“Epistola al conte Carlo Pepoli”, dedicata al vice-presidente dell’Accademia e suo caro amico. Lo stesso Pepoli ricorderà l’argomento nel suo poemetto “L’Eremo” del 1828.
Nello “Zibaldone”, Leopardi si espresse anche riguardo i dialetti del Nord Italia, e in particolare sul bolognese: «Il detto altrove dell’incontrastabilmente maggior numero di suoni nelle lingue settentrionali che nelle nostre, causa, in parte della lor mala ortografia, per la scarsezza dell’alfabeto latino da loro adottato; è applicabile ai dialetti dell’Italia superiore, perciò difficilissimo ancora a bene scriversi. [Giuseppe] Mezzofanti diceva che al bolognese bisognerebbe un alfabeto di 40 o 50 o più segni.»
Il rapporto di Leopardi con Bologna comincò in realtà ancor prima delle ripetute visite del poeta. Nell’agosto del 1824 la tipografia Nobili di Bologna stampò le “Canzoni” di Leopardi. Si tratta della prima edizione collettiva dei suoi versi, realizzata anche grazie all’amico Pietro Brighenti che, oltre a trovare lo stampatore, riuscì ad evitare la censura pontificia. Questa edizione bolognese comprende dieci canzoni, composte tra il 1818 e il 1823: “All'Italia”, “Sopra il monumento di Dante”, “Ad Angelo Mai”, “Nelle nozze della sorella Paolina”, “A un vincitore nel pallone”, “Bruto Minore”, “Alla primavera o delle favole antiche”, “Ultimo canto di Saffo”, “Inno ai patriarchi o de’ principii del genere umano”, “Alla sua donna”.
Il capoluogo emiliano non risparmiò però al poeta recanatese le delusioni d’amore, che sfoceranno in alcune splendide (anche se sconsolate) riflessioni in linea con la sua concezione pessimistica della vita. L’incontro del maggio 1826 con Teresa Carniani, moglie di Francesco Malvezzi de’ Medici, donna coltissima e animatrice di uno dei più importanti salotti letterari della città, regalò a Leopardi inedite emozioni.
«Nei primi giorni che la conobbi, vissi in una specie di delirio e di febbre», confida al fratello Carlo. E ancora: «questa conoscenza forma e formerà un’epoca ben marcata della mia vita, perché mi ha disingannato del disinganno, mi ha convinto che ci sono veramente al mondo dei piaceri che io credeva impossibili, e che io sono ancor capace d’illusioni stabili, malgrado la cognizione e l’assuefazione contraria così radicata, ed ha risuscitato il mio cuore, dopo un sonno, anzi una morte completa, durata per tanti anni». Poco meno di due anni dopo le convinzioni del poeta saranno nettamente in contrasto con quelle maturate inizialmente: «Come mai ti può capire in mente che io continui d’andare da quella puttana della Malvezzi? Voglio che mi caschi il naso, se da che ho saputo le ciarle che ha fatto di me, ci sono tornato, o sono per tornarci mai».
Fonti: Nerio Zanardi, Giacomo Leopardi e la dolce vita bolognese negli anni Venti del secolo XIX, in “Strenna storica bolognese”, 51, 2001; Giacomo Leopardi, “Questa benedetta Bologna”: Impressioni e annotazioni su Bologna tratte dall’epistolario con alcuni appunti tratti dallo Zibaldone, Massimiliano Boni, Bologna, 2002.
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osmosidelladecenza · 2 years
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La fuga dal reale,
ancora più lontano la fuga dal fantastico,
più lontano di tutto, la fuga da se stesso,
la fuga dalla fuga, l’esilio
senza acqua e parola, la perdita
volontaria di amore e memoria,
l’eco
che non corrisponde più all’appello, e questo che si fonde,
la mano che diviene enorme e che sparisce
sfigurata, tutti i gesti insomma impossibili,
se non inutili,
l’inutilità del canto, la purezza
del colore, né un braccio che si muova né un’unghia che cresca.
Non la morte tuttavia.
Ma la vita: captata nella sua forma irriducibile,
senza più ornamento o commento melodico,
vita a cui aspiriamo come pace nella stanchezza
(non la morte),
vita minima, essenziale; un inizio; un sonno;
meno che terra, senza calore; senza scienza né ironia;
quello che si possa desiderare di meno crudele: vita
in cui l’aria, non respirata, mi avvolga;
nessuno spreco di tessuti; loro assenza;
confusione tra mattino e sera, senza più dolore,
perché il tempo non si divide più in sezioni; il tempo
eliminato, domato.
Non ciò che è morto né l’eterno o il divino,
soltanto quello che è vivo, piccolo, silenzioso, indifferente
e solitario vivo.
Questo io cerco.
Carlos Drummond De Andrade
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spring-mornings · 2 years
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"Daniel" dice lei.
"Clare" dice lui, attraversato da una scossa a sentirsi chiamare per nome.
"Stai a sentire" dice lei.
"Domani sera sono sotto casa tua" dice lui; chiude la comunicazione prima che lei possa continuare. Subito dopo gli sembra che camminare avanti e indietro per il soggiorno non gli basti più: esce di casa, va giù per le scale, cammina a passi feroci lungo il marciapiede quasi sciolto dal caldo, con i polmoni infuocati, senza capire se abbia appena conquistato un piccolo margine di possibilità aperte, o se lo sia fatto sfuggire definitivamente.
— Leielui, Andrea De Carlo
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actu24h · 5 days
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Ancelotti : "Bellingham doit jouer avec la protection pour être plus en sécurité"
RÉAL MADRID Ancelotti s'est exprimé avant le duel contre Alavés et a déclaré que “Bellingham sera disponible” et que “Carvajal sera là dimanche”. L'équipe blanche disputera au Bernabéu la septième journée de la Ligue, avec les absences de Brahim, Ceballos, Carvajal, Alaba et Camavinga. Carlo Ancelotti a comparu devant les médias dans la salle de presse de la Ciudad Real Madrid, à Valdebebas,…
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ilsecartoons · 8 days
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No esperaba nada y aun así me siento decepcionada de alguna forma, es 20 no se por que creó que me daria algo jajjajaa mañana no me dara nada, no se por que me estrese mucho ayer ai al fina ni siquiera le voy a dar algo hoy supo que es por que esperaba algo, realmente no importa jajajaja 🫠 yae hice a la idea de que simplemente soy esa clase de chica la no se le da flores, bueno quizás cuando muera. o bueno quien sabe capaz ni mi familia quiera poner flores en mi "tumba " si es que llegó a tener
Simplemente esas cosas no son para mi
Me.pregunto si carlos si cumpliría su promesa y de seguir gustos me hubiera dado mis tulipanes naranjas simplemente no lo se, a lo mejor peor no creo que en algun punto lo pueda ver en persona jajajajaj
Mañana sera un dia muy largo sin duda si hoy lo esta haciendo me me quiero imaginar mañana
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