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Il Generale Andrea Paterna, Comandante della Legione Carabinieri “Piemonte e Valle d’Aosta”, in visita ad Alessandria
Alessandria – Il Comandante della Legione Carabinieri “Piemonte e Valle d’Aosta”, Generale di Brigata Andrea Paterna, ha fatto visita al Comando Provinciale di Alessandria per lo scambio degli auguri natalizi in vista delle prossime festività.
Alessandria – Il Comandante della Legione Carabinieri “Piemonte e Valle d’Aosta”, Generale di Brigata Andrea Paterna, ha fatto visita al Comando Provinciale di Alessandria per lo scambio degli auguri natalizi in vista delle prossime festività. Al comando della Legione dal mese di luglio, il Generale Paterna ha voluto portare il proprio saluto ai Carabinieri alessandrini, per stringere rapporti…
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Palermo: Inaugurata "Una stanza tutta per sé", destinata alle audizioni protette di donne e vittime vulnerabili All'interno della Stazione dei Carabinieri di Capaci, è stata inaugurata una stanza destinata alle audizioni protette di donne e vittime vulnerabili, realizzata nell'ambito del progetto "Una stanza tutta per sé". Alla semplice ma partecipata cerimonia, hanno preso parte il Generale di Brigata Luciano Magrini, Comandante Provinciale dei Carabinieri di Palermo, il dott.... 🔴 Leggi articolo completo su La Milano ➡️ Read the full article
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Il prefetto di Napoli visita il Comando provinciale dell'Arma
“Arma e Prefettura devono poter migliorare la vita della comunità. Il nostro interlocutore deve essere il cittadino con i suoi diritti”. Lo ha detto il prefetto di Napoli, Michele di Bari, che ha compiuto oggi una visita istituzionale presso la caserma Pastrengo, sede del Comando Provinciale dei Carabinieri di Napoli. Accolto dal Comandante provinciale, il generale di brigata Enrico Scandone,…
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UN FATTO RIPORTATO IN MANIERA ROMANZATA SU "TASK FORCE 45, SCACCO AL CALIFFO", DOPO ANNI DIVENTA PUBBLICO PER LA CONCESSIONE DELLE ONORIFICENZE AI PROTAGONISTI -
Herat 3 novembre 2011 - Afghanistan (Leggete con pazienza)
Nella prima mattina del 03.11.11 un team di sette guerriglieri talebani irrompe nella sede della società Esko International, a 300 metri dall’aeroporto di Herat. Due talebani hanno cinture esplosive. All’interno decine di impiegati sono presi in ostaggio, tra cui alcuni italiani.
Il compound con gli ostaggi si trova a meno di un chilometro da Camp Arena, base Nato. Un chiaro segnale per dimostrare il controllo del territorio da parte dei terroristi.
Alle 0935 circa, appena giunta la notizia alla base, il comando italiano (RCWEST Force Commander: Gen. B. Luciano PORTOLANO e RCWEST Deputy Force Commander: Col. Emilio MOTOLESE, entrambi Ufficiali di provata esperienza di combattimento in operazioni fuori-area) decide una reazione immediata.
Da Roma nessuno risponde.
Da Roma tutti vogliono sapere ma nessuno dice cosa fare.
Dopo un brevissimo brainstorming, il Gen. B. Portolano si assume la responsabilità di un intervento rapido e deciso per liberare la trentina di lavoranti civili ( 31, tra i quali 6 italiani, 12 indiani, 12 altri stranieri e 1 afgano etc ) chiusisi all’interno del compound.
Il compound è circondato da due plotoni (Rapid Reaction Force della Brigata “Sassari”) e si attiva immediatamente la Task Force 45 (le SF GIS e GOI).
Viene pianificata una azione diretta con vie di accesso multiple e in contemporanea da porte, finestre e tetto.
Deve essere una azione rapida e risolutiva.
L’azione viene eseguita perfettamente, tutti i terroristi sono eliminati, uno di essi attiva la cintura esplosiva provocando il ferimento di un GIS, il M.llo Masala.
Tutti gli ostaggi sono liberati, incolumi.
Medaglia d’Oro al Valore dell’Arma dei Carabinieri al Mar.A.s.UPS Lorenzo Masala e Medaglia d’Argento al Valore dell’Arma dei Carabinieri al Magg. Walter Calvi, al Brig. Nicola Guzzo e al V. Brig. Massimiliano Temperini: “Militari effettivi alla 2^ Brigata Mobile, evidenziando altissimo senso del dovere, spiccata professionalità e singolare perizia, partecipavano a delicata e pericolosa operazione per la liberazione di ostaggi in territorio afghano. Fatti segno a proditoria e violenta azione di fuoco, nel corso della quale rimaneva gravemente ferito il Mar.A.s.UPS Lorenzo Masala investito dall’esplosione di una bomba a mano, non esitavano a rispondere con una controffensiva che si concludeva con la liberazione di 31 ostaggi. Chiaro esempio di elette virtù militari e altissimo senso del dovere”. Herat (Afghanistan), 3 novembre 2011;
Qui c’è materiale per un film, libri, celebrazioni, ricorrenze. Tutto invece scivola via, quasi con imbarazzo viene nascosto sotto il tappeto delle cerimonie ufficiali dai toni ampollosi. Il low profile ci ha ampiamente dimostrato essere una solenne presa in giro. Gli eroi sono scomodi? Meglio se morti, medaglie alla memoria. Meglio se non hanno ucciso nessuno ma si sono immolati. Meglio se gente comune, uomini qualunque. Costano poco, non chiedono nulla.
I professionisti invece pretendono in termini oggettivi. Ma servono. E allora teniamoli così, nell’ombra, quasi fosse una necessità e non debbano essere emulati. Quando i professionisti diventano eroi, li troviamo sulla Gazzetta Ufficiale, e basta così, sono medaglie silenziose.
In Italia nessuno saprà nulla o poco.
Gli ostaggi tutti in salvo.
Gli Ambasciatori di India e Pakistan ringrazieranno il Gen. Portolano per aver salvato i propri connazionali con quel blitz rapido , determinato e risolutivo.
Il Comando ISAF si complimenta per l’azione e per la gestione degli ostaggi (responsabilità del controllo, verifica e sicurezza degli stessi da parte del Col. Fabio ASSO).
Dall’Italia ……. nulla.
L’Italia non è pronta, gli italiani non devono sapere di altri italiani che combattono e uccidono e muoiono e tutti i giorni nelle strade del nostro paese e nei deserti e sulle montagne in terre lontane tengono un po’ più lontane barbarie e odio e morte dalle nostre case, tutelano la nostra libertà ed il nostro benessere.
A volte questi dati non sono nemmeno facili da trovare, meglio cercare in inglese su altri motori di ricerca. Tutto molto low profile. Si sì. (Tratto da https://www.facebook.com/tacticalife/?tn-str=k%2AF&hc_location=group_dialog)
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Raddoppiano denunce e arresti per furti. Il bilancio di un anno di attività dei carabinieri
Raddoppiano denunce e arresti per furti. Il bilancio di un anno di attività dei carabinieri
Livorno 6 giugno 2023 – Raddoppiano denunce e arresti per furti. Il bilancio di un anno di attività dei carabinieri Il punto sull’attività svolta, ricordando i risultati conseguiti dai Carabinieri in tutta la provincia di Livorno e sul significativo impegno in Italia e all’estero dei militari della 2^ Brigata Mobile. I Carabinieri del Comando Provinciale hanno assicurato la loro vicinanza ai…
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16 Agosto 1944 a Rimini nella piazza principale vengono impiccati tre partigiani. I tre giovani partigiani, attivi nella Resistenza riminese sin dai primi giorni successivi all'Armistizio, nell'estate del 1944 facevano parte del medesimo Distaccamento della 29ª Brigata GAP"Gastone Sozzi". Il 13 agosto 1944 si decise, insieme agli altri gappisti del suo distaccamento (Cristoforo Greppi, Sergio Giorgi, Alfredo Cecchetti, Gino Amati, Adelio Pagliarani e Luigi Nicolò) la cui base era situata nella caserma di via Ducale, di incendiare una seconda trebbiatrice dopo un analogo sabotaggio riuscito il giorno precedente. Prima di partire i giovani decisero di scattarsi alcune fotografie. Il rullino fu affidato a Giorgi che insieme ad Amati e Cappelli si avviarono verso l’entroterra in bicicletta. Lungo la strada si dovettero fermare a Spadarolo poiché Giorgi aveva un’infezione al piede che avrebbe potuto pregiudicare l’azione. Stabilirono di passare la notte presso la casa di Greppi dove era stato approntato un nascondiglio sicuro. Nel frattempo la trebbiatrice fu incendiata dagli altri gappisti insieme a un certo Leo Celli che fu riconosciuto dal proprietario della macchina. Denunciato, Celli fu arrestato dai tedeschi e indotto a confessare l’identità dei suoi compagni. Fu fatto il nome di Cecchetti e l’indirizzo della base partigiana. Alle ore 17.30 del 14 agosto la base fu accerchiata da fascisti e nazisti. Si trovavano al suo interno Pagliarani, Nicolò e Capelli che nel frattempo era rientrato in città. I tre gappisti furono arrestati e nella notte furono condotti nella sede del Comando tedesco di polizia IC (Ufficio politico) per essere interrogati. Nonostante le torture i tre giovani non misero a repentaglio i loro compagni di lotta. La mattina del 15 agosto si riunì la Corte marziale, presieduta dall’oberstleutnant Christiani, del 303º reggimento della 162º divisione di fanteria turkmena comandata dal generale Ralph von Heygendorff. I tre furono condannati a morte per impiccagione sulla pubblica piazza, l’esecuzione doveva essere eseguita entro 24 ore. Trascorsero la notte nel convento delle Grazie sul Covignano dove era stato trasferito il comando dei carabinieri. Ebbero modo di scrivere gli ultimi messaggi ai famigliari e di consegnarli al sacerdote Giovanni Callisto di Vecciano che aveva ottenuto il permesso di incontrarli prima dell’esecuzione. Nell’avviso pubblico, affisso il 16 agosto 1944, firmato dal Commissario straordinario Ughi si legge che i tre giovani furono accusati di «ammassamento clandestino di armi e munizioni a fine terroristico e di reati di sabotaggio e attentati contro cose e persone» e che la loro impiccagione pubblica doveva servire da «esempio e di remora a chiunque». Le vittime Mario Capelli Luigi Nicolò Adelio Pagliarani
grazie a @ANPI_Pianoro
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Lo strano comportamento della Procura di Roma - Osservatorio Repressione
La Procura di Roma accusa Paolo Persichetti di avere diffuso informazioni riservate ma ignora le ripetute fughe di notizie segretate che hanno contrassegnato l’attività della commissione Moro presieduta da Fioroni
I tre anni di attività della seconda commissione parlamentare sul rapimento e l’uccisone di Aldo Moro sono stati contrassegnati dalle ripetute violazioni del protocollo interno che regolava il regime dei documenti da mantenere riservati o segretati. Durante i suoi lavori abbiamo assistito ad una continua rincorsa all’anticipazione di notizie, o presunte tali, dove il più delle volte roboanti effetti d’annuncio servivano a colmare l’assenza di fatti nuovi. E’ andata avanti così fino al febbraio 2018 quando a causa della conclusione della legislatura la commissione ha dovuto chiudere anticipatamente i battenti senza essere in grado di produrre una relazione conclusiva. Nel frattempo commissari e consulenti avevano intrattenuto relazioni privilegiate con la stampa, fatto filtrare veline, notizie, documenti, fake news, avvalendosi anche di giornalisti che svolgevano la funzione di house organ, e ognuno come poteva si era avvalso di consulenze esterne e informali. Normale amministrazione di un organo eminentemente politico che però nella legge istitutiva si era dato anche delle prerogative giudiziarie, dando vita ad un ibrido dalle molte e irrisolte ambiguità.
Le ripetute fughe di notizie riservate ignorate dalla procura
Nonostante queste continue fughe di notizie siano avvenute sotto gli occhi di tutti la procura di Roma, che pure con la commissione intratteneva continui scambi, ha sempre girato il capo altrove ignorando le ripetute irregolarità.
Una rapida inchiesta ci ha permesso di individuare almeno cinque episodi (ma il numero è probabilmente superiore) nei quali esponenti della commissione hanno diffuso sui media notizie o documenti riservati o segretati. Queste violazioni, due delle quali avvenute prima del dicembre 2015, hanno riguardato la diffusione di verbali segretati di tre testimoni, due escussi dai consulenti della commissione e dallo stesso presidente, uno audito in seduta segreta dalla commissione stessa, e due notizie riservate raccolte dai consulenti. Si trattava di materiale documentale di prima mano funzionale allo sviluppo di successivi approfondimenti investigativi la cui divulgazione poteva nuocere allo sviluppo degli ulteriori accertamenti. A questa prima circostanza bisogna aggiungere che la divulgazione sui media è avvenuta spesso attraverso un uso sapientemente selezionato di stralci e notizie tale da distorcere il contenuto stesso delle informazioni presenti nei verbali e nei documenti, dandone in pasto all’opinione pubblica una versione finalizzata ad avvalorare ipotesi cospirazioniste che i commissari o i consulenti protagonisti di queste indiscrezioni appoggiavano. In questo modo accanto alla violazione delle regole di riservatezza si è dato corpo anche alla circolazione di fake news, in taluni casi di vere e proprie azioni di depistaggio informativo.
Primo episodio
Il 13 marzo 2015 il deputato Gero Grassi, membro tra i più attivi della commissione, rivelava l’acquisizione da parte della commissione di alcune musicassette ritrovate nell’aprile del 1978 in via Gradoli. L’informazione era contenuta in una informativa riservata prodotta dal magistrato Antonia Gianmaria, una consulente che lavorava per la commissione. La notizia appariva sui maggiori quotidiani, Corriere della sera, Repubblica, Stampa. «Da quel che si conosce dagli atti – spiegava imprudentemente Grassi – erano 18 le cassette registrate ritrovate nel covo e mai ascoltate: ad oggi ne manca dunque una. Per il momento le cassette sono nella cassaforte della Commissione, presto ne conosceremo il contenuto e valuteremo la rilevanza per le nostre indagini». L’entusiasmo appena velato di Grassi era dovuto alla convinzione che le audiocassette contenessero gli interrogatori di Moro. Non era affatto vero: i nastri provenivano da tre sequestri avvenuti in epoche diverse nelle basi brigatiste di via Gradoli, via delle Nespole e nell’abitazione di viale Giulio Cesare. Contenevano in prevalenza selezioni musicali, come riferivano i verbali dell’epoca acquisiti successivamente dalla prima commissione Moro. All’appello non mancavano cassette: alcune erano vuote, altre contenevano canzoni di Francesco Guccini, Gabriella Ferri, Bob Dylan, Enzo Jannacci, il duo di Piadena, canti rivoluzionari, gli Intillimani, il sax di Fausto Papetti, una – recitava il verbale – era «registrata da ambo le parti in lingua inglese», senza specificare se si trattasse di canzoni, discorsi, corsi di lingua o cos’altro. Altre due cassette repertate in viale Giulio Cesare, dove Faranda e Morucci avevano trasferito l’archivio della “Brigata contro” dopo la loro uscita dalle Br, contenevano il messaggio telefonico di un mitomane e le dichiarazioni di una teste (Chiarantano) interrogata da un membro delle forze di polizia nel corso di indagini condotte contro ambienti della estrema sinistra genovese. Si trattava di materiale di provenienza processuale e le dichiarazioni della teste erano riportate integralmente sulle pagine di Lotta continua dell’epoca.
Un testo dell’Ansa del 16 marzo 2015, ore 8,27, che riprendeva le affermazioni di Grassi raccoglieva anche le proteste del vicepresidente della commissione Gaetano Piepoli: «Il riserbo e la prudenza – dichiarava – sono l’unica bussola che la ricerca della verità ha per non smarrirsi nel labirinto delle infinite ipotesi».
Secondo episodio
Per due giorni consecutivi, il 17 e il 18 novembre 2015 sulle pagine di Repubblica il giornalista Paolo Berizzi ebbe modo di riportare ampi stralci del verbale segretato dell’escussione di Raffaele Cutolo, avvenuta il 14 settembre precedente nella sezione 41 bis del carcere di Parma. Le ennesime dichiarazioni dell’ex capo della Nuova camorra organizzata sulla vicenda Moro erano state raccolte dal tenente dei carabinieri Leonardo Pinelli e dal magistrato Gianfranco Donadio, entrambi consulenti della commissione e che il giorno successivo protocollarono il verbale insieme alle osservazioni e proposte di approfondimento investigativo. Qualche manina interessata farà pervenire due mesi dopo a Repubblica il documento segretato. La vicenda provocò anche una coda polemica: un membro della commissione, il deputato Fabio Lavagno, denunciò la fuga di notizie in una dichiarazione pubblica sottolineando per altro come fossero riportate in modo distorto. Il giornalista di Repubblica replicò che le fonti che avevano ispirato i suoi articoli erano interne alla commissione.
Terzo episodio
Il 5 settembre 2017 viene audito dalla commissione in seduta segreta Pietro Modiano, ex direttore generale di Intesa san Paolo, divenuto nel frattempo presidente della società che gestisce gli aeroporti milanesi. Modiano viene sentito in relazione all’ipotesi di legami tra le Brigate rosse e la ‘ndrangheta calabrese durante il rapimento Moro. Il contenuto dell’audizione era stato anticipato all’Ansa il giorno precedente dal solito Gero Grassi: «uno dei commissari che ha segnalato la volontà di Modiano di far conoscere quello che apprese anni fa spiega quello che potrebbe essere almeno uno degli elementi rilevanti dell’audizione» – scriveva l’Ansa: «Modiano era molto amico di Don Cesare Curioni (Il capo dei cappellani delle carceri italiane utilizzato come canale di trattativa con le Br dal Vaticano) e quindi potrebbe rivelare particolari inediti sulla conoscenza che il sacerdote aveva del mondo brigatista. Ricordando anche che don Curioni era presente all’obitorio quando fecero l’autopsia ad Aldo Moro». Secondo quanto riportato da Gero Grassi nel suo Aldo Moro, la verità negata, Pegasus edizioni 2018, durante l’audizione segreta Modiano avrebbe rivelato che poco dopo l’omicidio Moro il sacerdote suo amico gli avrebbe riferito «che chi ha sparato materialmente è Giustino De Vuono, calabrese». Al netto del gioco di specchi dei de relato, dove amici e conoscenti riportano fantasmagoriche affermazioni di defunti, assolutamente non verificabili, ciò che qui interessa è la circostanza che il contenuto dell’audizione segretata, oltre ad essere anticipata appare su due lanci dell’Ansa del 5 settembre, ore 17,37 e in un libro.
Quarto episodio
Il 20 Settembre 2017 è lo stesso presidente della commissione, Giuseppe Fioroni, a rivelare all’Ansa il ritrovamento del corpo di Giustino De Vuono nonostante l’informazione fosse contenuta in un atto da lui stesso classificato riservato. L’episodio, alquanto surreale, viene raccontato da Fabio Lavagno nel volume, Moro. L’inchiesta senza finale, Edup ottobre 2018, scritto insieme a Vladimiro Satta. A p. 56 si riportano gli stralci essenziali della dichiarazione di Fioroni: «Il Presidente della commissione d’inchiesta sull’assassinio di Aldo Moro, Giuseppe Fioroni, a proposito della figura del criminale Giustino De Vuono […] rende noto che ‘tramite l’Arma dei Carabinieri è stato possibile stabilire con certezza la sua data di morte e il luogo di sepoltura: De Vuono, ristretto, nel carcere di Carinola dal 16 marzo 1991, venne ricoverato il 1 novembre del 1994 nell’ospedale di Caserta, già operato per aneurisma fissurato, e lì morì il 13 novembre dello stresso anno. La salma di de Vuono venne tumulata nella tomba di famiglia presso il cimitero di Scigliano […]». La figura di De Vuono, come abbiamo visto, è ritenuta centrale da alcuni narratori complottisti. A loro avviso infatti era presente in via Fani e sarebbe stato l’esecutore materiale dell’uccisione di Moro, per questo aiutato dai Servizi ed esfiltrato all’estero. Da qui le strenue ricerche condotte dalla commissione per infine ritrovarlo inumato in un paesino della provincia di Cosenza.
Quinto episodio
Il 17 marzo 2016 Francesca Musacchio sul Tempo riportava ampi stralci del verbale segretato di escussione che Angelo Incandela, ex maresciallo delle guardie di custodia del supercarcere di Cuneo, aveva rilasciato dieci giorni prima, il 7 marzo, nei locali della questura di Torino davanti al presidente della commissione Giuseppe Fioroni e al consulente Guido Salvini (p. 200 della relazione sull’attività svolta dalla commissione, dicembre 2017). Incandela avrebbe riferito di un incontro con il generale Dalla Chiesa, presente anche Pecorelli, e poi di carte che il generale gli avrebbe chiesto di nascondere all’interno del carcere e successivamente ritrovare con una perquisizione camuffata. L’ex maresciallo lasciava intendere che si trattasse del memoriale Moro o di parte di esso ritrovato dagli uomini del generale in via Monte Nevoso a Milano.
Lo strabismo investigativo della procura e la caccia al reato
Dopo cinque anni di assoluta inerzia davanti alle continue fughe di notizie provenienti dall’interno della commissione Moro 2, alla fine del 2020 la procura di Roma si è improvvisamente interessata ad alcune mie mail. Si trattava dell’invio ad una cerchia ristretta di persone di alcune pagine della prima bozza di relazione annuale nelle quali si affrontava l’abbandono delle macchine del commando brigatista in via Licinio Calvo. La trasmissione era avvenuta l’8 dicembre 2015, meno di 48 ore prima della sua pubblicazione ufficiale. Secondo la procura quella spedizione costituiva una fuoriuscita di documentazione riservata, nonostante fosse di natura ben diversa rispetto ai documenti segretati resi pubblici nei cinque episodi prima descritti. La relazione è un testo politico, sottoposto ad emendamenti e voto finale, che riassume per sommi capi audizioni – già pubbliche – e l’indirizzo delle indagini intrapreso dalla commissione non un verbale di interrogatorio o una relazione su indagini in corso scritta dai consulenti.
L’inchiesta della procura partiva da una serie di informative della polizia di prevenzione realizzate dopo una lunga attività investigativa, nata almeno un paio di anni prima e scaturita dal monitoraggio dei rifugiati politici degli anni 70. In un rapporto del novembre 2020 la Dcpp ipotizzava la presenza del reato di rivelazione di segreto d’ufficio (326 cp), accusa mossa contro ignoti. In un nuovo rapporto del mese successivo venivo identificato come il responsabile della divulgazione di questo materiale e contemporaneamente veniva modificato il titolo del reato da rivelazione di segreto d’ufficio a favoreggiamento (378 cp). Dopo le dichiarazioni del presidente della defunta commissione Moro 2, Giuseppe Fioroni, sentito come teste informato, il pubblico ministero titolare dell’inchiesta introduceva una nuova imputazione: associazione sovversiva con finalità di terrorismo (270 bis) a corredo del favoreggiamento. Nello scorso mese di luglio, il tribunale del riesame, chiamato a pronunciarsi sulla legittimità del sequestro del mio materiale d’archivio, dei miei strumenti di lavoro e dei documenti e materiali amministravi, sanitari e scolastici dei miei figli, avvenuto l’8 giugno precedente, riteneva la sottrazione del materiale legittima se inquadrata sotto un diverso titolo di reato: la rivelazione di notizie riservate stabilite dall’autorità (262 cp), smontando di fatto il quadro accusatorio disegnato della procura. Nel giro di 8 mesi ho così assistito alla successione di ben quattro imputazioni per un unico episodio. Questa difficoltà nell’inquadrare giuridicamente il presunto fatto-reato addebitatomi rivela quanto sia fragile e pretestuosa l’inchiesta condotta dalla polizia di prevenzione e dalla procura di Roma che con tutta evidenza mira ad altro.
Le insinuazioni del presidente della commissione Moro 2
Tra i contatti a cui avevo inviato alcune pagine della bozza di relazione, tutti legati al lavoro di ricerca storica che stavo conducendo insieme a Marco Clementi e Elisa Santalena in vista della pubblicazione di un libro sulla storia delle Brigate rosse e del sequestro Moro uscito nel 2017 (Brigate rosse, dalle fabbriche alla campagna di primavera, edizioni Deriveapprodi), erano presenti persone coinvolte nel sequestro. Si trattava di ex militanti delle Brigate rosse a cui avevo chiesto di vagliare il capitolo della “Relazione” e fornire la propria versione dei fatti, spunto da cui partire per una ricostruzione minuziosa poi sfociata in un capitolo del libro.
Nel corso della sua testimonianza Giuseppe Fioroni aveva insinuato un diverso scenario, sostenendo che fossero le informazioni contenute nella bozza il vero movente della divulgazione anticipata. Secondo l’ex presidente, le indagini condotte dalla commissione sulla possibile presenza di un garage compiacente o di una base dei sequestratori nei pressi della zona di via Licinio Calvo, avrebbero messo in allarme l’ambiente degli ex brigatisti. Da qui l’insinuazione che la diffusione in un circuito ristretto di quelle pagine non fosse dettata da ragioni di polemica storica, ovvero l’intenzione di contrastare le ricostruzioni dietrologie promosse dalla commissione perché travisavano i fatti, ma dalla necessità di carpire notizie in anticipo (48 ore sic!) sulla direzione delle indagini. Io sarei stato dunque una sorta di agente infiltrato!
Il capitolo su Licinio Calvo non conteneva anticipazioni o notizie riservate
Fioroni tuttavia dimentica di dire che il capitolo su via Licinio Calvo non conteneva notizie riservate ma fantasie ampiamente note. Il teorema del garage compiacente e di una base brigatista prossima al luogo dove vennero lasciate le vetture utilizzate per la prima fase della fuga e addirittura – secondo alcuni oltranzisti – prima prigione di Moro, è un clamoroso falso che circola da diversi decenni. Ne parlò già nel dicembre 1978 un articolo della rivista glamour Penthause, divenuta una delle maggiori referenze della commissione Fioroni. Soprattutto entrò nella sfera giudiziaria quando il pm Amato raccolse questa voce durante le udienze del primo processo Moro. Successivamente se ne occupò la prima commissione Moro e la leggenda fu ripresa nella pagine del libro di Sergio Flamigni, La tela del ragno, pubblicato per la prima volta nel 1988 (Edizioni Associate p. 58-61), divenendo uno dei cavalli di battaglia della successiva pubblicistica dietrologica. Alla luce di questi precedenti, con buona pace del povero Fioroni, l’allarme tra gli ambienti vicini ai brigatisti sarebbe dovuto scattare diversi decenni prima.
Il presunto favoreggiamento
C’è un altro aspetto davvero singolare di questa vicenda che merita di essere sottolineato: nelle informative della polizia di prevenzione mi viene contestato di aver riportato nelle pagine del libro dedicate a via Fani solo parte di quanto contenuto nelle mail intercorse tra me e uno dei partecipanti al rapimento Moro. Ad avviso dei funzionari di polizia avrei trattenuto dei passaggi che avrebbero consentito di attenuare il ruolo di Alvaro Loiacono Baragiola nella vicenda. Affermazione davvero ardita perché oltre a non esser vera in punto di fatto, nel volume si ricostruisce nel dettaglio – come mai era avvenuto in precedenza – il ruolo avuto da “Otello” in via Fani, dal punto di vista giuridico (che poi è l’argomento dirimente in questa circostanza) l’eventuale difesa di una persona, per giunta condannata in via definitiva per quei fatti, non comporta alcun favoreggiamento penale. Altrimenti quanti scrittori o giornalisti che hanno scritto libri o preso le difese pubbliche di un imputato o di un condannato avrebbero dovuto essere accusati di favoreggiamento? Mi pare superfluo ricordare che l’intento del mio lavoro non era quello di difendere o condannare qualcuno ma ricostruire, il più fedelmente possibile, contesto e dinamica dei fatti.
«Chi controlla il passato controlla il futuro»
La vera questione che questa indagine solleva è l’inaccettabile intromissione del ministero dell’Interno e della procura della repubblica nel lavoro complicato e complesso di ricostruzione del passato. In una delle ultime relazioni dei servizi di sicurezza (2019) si puntava l’indice contro la ricerca storiografica indipendente sugli anni 70. A preoccupare gli apparati era la presenza di una lettura non omologata di quel periodo, etichettata come «propaganda», rispetto alle versioni storiografiche ufficiali. Il pericolo – scrivevano gli estensori del testo – è quello di «tramandare la memoria degli “anni di piombo” e dell’esperienza delle organizzazioni combattenti», un «impegno divulgativo, specie attraverso la testimonianza di militanti storici e detenuti “irriducibili» che – sempre secondo i Servizi – rischia di trovare consensi «nell’uditorio giovanile».
Siamo un Paese dove polizia e magistratura pretendono di decidere cosa un ricercatore debba scrivere in un libro
Nonostante il quasi mezzo secolo trascorso gli anni 70 fanno fatica a ritagliarsi un posto nella storiografia suscitando ancora grossi timori in settori di peso delle istituzioni che pretendono di mantenere una tutela etica su quel periodo, estendendo all’infinito la logica dell’emergenza antiterrorismo fino ad occupare il campo della conoscenza del nostro passato. Da alcuni anni è venuto meno il monopolio delle fonti sugli anni 70, un accesso più fluido alla documentazione (direttiva Prodi e Renzi) ha democratizzato la ricerca storica, in passato nelle mani della magistratura e delle commissioni parlamentari con la loro scia di consulenti e periti. Agli apparati, come ai dietrologi, tutto ciò non piace. Per decenni l’accesso riservato alle carte aveva messo nelle loro mani un formidabile strumento per mistificare la storia, costruire un discorso funzionale ai poteri, una narrazione ostile alla storia dal basso, che nega alla radice l’agire dei gruppi sociali fino a negare la capacità del soggetto di muoversi e pensare in piena autonomia, secondo interessi legati alla propria condizione sociale, politica, culturale, dando vita ad una sorta di nuovo negazionismo storiografico. Recintare lo spazio storiografico degli anni 70, stabilire chi può fare storia è l’obiettivo di fondo di questa inchiesta giudiziaria.
Paolo Persichetti
da insorgenze.net
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Il mio Pappalardo immaginario, contro le mascherine e i preservativi: lasciatelo gridaaare! Ci sono i malati immaginari e anche i “Pappalardi”, questo è il mio: Tutti lo sanno ormai: il generale di brigata Antonio Pappalardo è contro l’uso del preservativo. Le sue motivazioni sono nobili e hanno anche una matrice storica, sentiamo le sue parole: “Il preservativo? Una cosa ignobile! Non capisco come un eminente medico come Falloppio, quello delle tube, abbia potuto inventarlo. Il preservativo è orrendo, è contronatura ed è anche contro l’Arma dei Carabinieri, pensate a quanti carabinieri non sono potuti nascere a causa di questa guaina diabolica!”. Secondo Pappalardo il preservativo è “figlio” della dittatura delle multinazionali del lattice, e come dargli torto? Pappalardo è anche contro le aspirine, parla di una dittatura dell’effervescenza, per non parlare delle supposte, un generale di brigata non si può sottomettere alla dittatura delle supposte, e ancora una volta: come dargli torto? Veniamo a fatti più recenti, come sapete Pappalardo ha una vera e propria insofferenza nei confronti delle mascherine, queste “mutande da viso”, per lui è un affronto che qualcuno voglia coprire il suo bel volto di generale di brigata, come osa questo fantomatico comitato tecnico-scientifico mancare di rispetto ai lineamenti del suo volto? Sentiamo ancora le sue parole: “Certo il Covid esiste ma non è per nulla una pandemia, è un virus del quartierino, un virus-Ricucci, quindi non c’è assolutamente bisogno di tutto questo chiasso, e che sarà mai?”. Ancora una volta ci è difficile dare torto a un generale di brigata, come tutti sanno per diventare generale di brigata bisogna avere studiato Medicina ed essere specializzati in Virologia. E lasciatelo gridare questo benedetto generale, lasciategli gridare la sua verità. “Senza i medici non esisterebbero le malattie”, pare che abbia detto di recente in una trasmissione televisiva, e per l’ennesima volta non riusciamo a dare torto al nostro Pappalardo che per affetto chiameremo “Pappi”, in effetti filosoficamente una malattia è tale solo se si entra in una prospettiva di cura, se non si ponesse il problema del “curare” le malattie sarebbero solo normalissime alterazioni del nostro essere, Pappi si rivela anche fine filosofo, oltre che virologo e generale di brigata. Il generale Pappi ha un grande seguito tra i cittadini che masticano la gravitazione universale di Newton a colazione e non fanno differenze tra il caffè ristretto e la teoria della relatività ristretta di Einstein, sono tutte persone colte, informate sui fatti e sui misfatti, gente perbene che vuole volti scoperti e costituzionalmente corretti, gente del fare e del disfare, commercianti pronti a sfidare il Conte Dracula che vuole dissanguarli con norme e divieti che sono assolutamente inutili e controproducenti. “Non sarà un virus-Ricucci a fermarci!”, queste le ultime parole gridate a un megafono immaginario, prima di essere trasportato con la camicia di forza nella mia fantasia. Ricky Farina
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Un grido di battaglia (o grido dell'arme) è una frase o una parola comune agli appartenenti a un esercito o a un'unità minore. Il grido può servire come elemento di riconoscimento per i capi militari o per le stesse unità per distinguere le une dalle altre, ma esso serve soprattutto ai soldati per motivarsi prima del combattimento e spingersi di là dai loro limiti.
I gridi sono frequentemente riportati sugli stemmi delle unità che li impiegano e in questo caso sono scritti su listelli svolazzanti posti al di sopra dello scudo o dell'elmo che lo timbra.
A chi la vittoria? A noi! oppure abbreviato "A noi!" È stato il segnale di attacco degli Arditi nella Prima guerra mondiale contro le prime linee nemiche. Urlato in contrapposizione al grido "Avanti Savoia" in uso nell'Esercito Regio fino a quel momento. Venne ripreso poi dal regime fascista.
Alalà per gli Ateniesi nelle guerre persiane e in quella del Peloponneso.
Signa inferre! (Portare avanti le insegne!) per le legioni di Roma.
Ambrones per gli Ambroni nella battaglia delle Aquae Sextiae (secondo Plutarco).
Amit! (Uccidi!) per i musulmani nella battaglia di Badr.
Aragó! e Sant Jordi! (Aragona e San Giorgio) per i Catalani e gli Aragonesi.
Avanti Sardegna! per i fanti della Brigata Sassari durante la Prima guerra mondiale.
Banzai! (letteralmente Diecimila anni!) per i soldati dell'esercito imperiale giapponese durante la Seconda guerra mondiale.
Boo-Ya! per il 75º reggimento rangers dell'esercito degli Stati Uniti d'America.
Bourgogne! per gli eserciti del duca di Borgogna del XV secolo.
Caelum denique! (Infine, il cielo) per i crociati.
Desperta ferro! per gli Almogaveri catalani durante la Reconquista; oggi è utilizzato dai paracadutisti spagnoli.
Deus vult (Dio lo vuole) per i crociati e i cavalieri del Santo Sepolcro.
Dex Aie! (Dio ci aiuti) per i Normanni alla battaglia di Hastings; questo grido fu ripreso dalla Royal Guernsey Light Infantry durante la Prima guerra mondiale.
Eja Eja Alalà! per la conquista di Fiume da parte di D'Annunzio.
Fino alla morte! per i pirati prima degli assalti nei mari durante il XVII e il XVIII secolo.
Folgore! per i paracadutisti italiani, dal nome della Divisione che inquadrò i reparti paracadutisti durante la Seconda Guerra Mondiale, poi ricostituita come Brigata paracadutisti "Folgore" nel dopoguerra.
Geronimo! per i paracadutisti degli Stati Uniti d'America.
Ghere ghere ghez! per le compagnie aeree italiane, nato nel 1921 dal primo reggimento Spinotti.
Guyenne! Saint Georges! per i Guasconi schierati con gli Inglesi nella guerra dei cent'anni.
Heb Hep Hierusalem attribuito ad alcune unità romane dopo la distruzione di Gerusalemme.
Hey-Ah! citato in numerose occasioni nella Bibbia.
Hooah! per i fanti dell'esercito degli Stati Uniti d'America.
Hooka Hey! per i Sioux Lakota di Cavallo Pazzo e più in generale per i Sioux dopo la sua morte.
Hoorah! per i Marines degli Stati Uniti d'America.
Hooyah! per i Navy SEAL degli Stati Uniti d'America.
Hrr na ně! (A loro) per gli ussiti durante le guerre ussite.
Huj, Huj, Hajrá! (Più presto, più presto) per i conquistatori ungheresi.
Huzzah! Huzzah! Huzzah! (etimo incerto) per i fanti inglesi nel XVII e XVIII secolo.
На Нож! pronuncia Na Nozh! (Alla baionetta) per l'esercito bulgaro fin dalle guerre balcaniche e utilizzato ancora oggi.
За Сталина идём вперёд! (in nome di Stalin andiamo avanti) seguito da prolungati hurra!, per i soldati dell'Armata rossa nella Seconda guerra mondiale.
Helis Helis Arborea Arboreaǃ (etimo incerto) per le armate sarde del Giudicato di Arborea.
Largo Savoia! per il Regio Corpo Truppe Coloniali del Regno d'Italia.
Lepanto! per il Corpo Militare Speciale Ausiliario dell'Esercito Italiano dell'Associazione dei Cavalieri Italiani del Sovrano Militare Ordine di Malta.
Marzocco! per la cavalleria di Parte Guelfa di Firenze nelle battaglie dal XIII secolo e per tutta l'epoca del Granducato di Toscana.
Mon Dieu grido personale del principe Eugenio di Savoia prima di lanciarsi nella mischia della battaglia.
Montjoie! Saint-Denis! per gli eserciti dei re di Francia fino a tutto il XVI secolo, dal nome del santo patrono di Francia.
Nembo! per i paracadutisti italiani, dal nome della Divisione Nembo che inquadrò i reparti paracadutisti durante la Seconda Guerra Mondiale, poi ricostituita come Reggimento e in seguito Battaglione fanteria meccanizzata Nembo fino al 1991.
Nobiscum Deus (Dio è con noi) per il tardo impero romano e quello bizantino.
Non-Lèi! per i cavalieri occitani che avevano partecipato alla difesa dei catari durante la Crociata contro gli albigesi (1209-1244).
Olicrosse! e Godamite! (Holy Cross e God Almighty) per la guardia sassone nella battaglia di Hastings.
Parvati Pateyah Har Har Mahadev (Vittoria al dio supremo (Šiva), signore di Parvati in sanscrito) per gli Indiani del Medio Evo in combattimento contro invasori stranieri e per gli hindu Maratha nelle guerre contro i Moghul musulmani.
Pastrengo!, per il 4º Reggimento carabinieri a cavallo.
Pe Zena e Pe San Zorzo!(Per Genova e San Giorgio) per la flotta genovese attiva nel Mediterraneo sin dall'Alto Medioevo
Portugal e São Jorge! (Portogallo e San Giorgio) per gli eserciti portoghesi dopo il XIV secolo; in precedenza i Portoghesi usavano il motto spagnolo Santiago!.
Prény! Prény! per gli eserciti del duca di Lorena.
Remember Fort Alamo! per i ribelli texani in ricordo dell'omonima battaglia.
Saint George! per gli eserciti medievali del re d'Inghilterra Fair Saint George! (Bel San Giorgio!) nel XV secolo.
San Marco! per il reggimento Lagunari "Serenissima".
Santiago! e Santiago y cierra, España! per i cristiani spagnoli durante la Reconquista.
Santiago! Castilla! per gli eserciti del re di Castiglia nel basso Medio Evo.
Scala! Scala! per le truppe dei signori di Verona, i della Scala.
Savoia! o Avanti Savoia, per le truppe del Regno di Sardegna e del Regno d'Italia.
Semper fi! (Semper Fidelis = Sempre fedele) e Oorah! per i marines degli Stati Uniti d'America.
Sempre e ovunque, Settimo! 7º Reggimento (già Battaglione) Carabinieri "Trentino-Alto Adige"
Sha! Sha! Sha! (Uccidi! Uccidi! Uccidi!) per i ribelli nella Ribellione dei Boxer (1900-1901) e per i soldati e gli appartenenti alla resistenza cinese durante la Seconda guerra cino-giapponese (1937-1945) e la Seconda guerra mondiale.
Sieg Heil! (Saluto alla vittoria!) o Für das Vaterland! (Per la Patria!) per i Nazisti durante la seconda guerra mondiale o prima di essa.
¡Tierra y Libertad! (Terra e libertà!) per i rivoluzionari messicani di Emiliano Zapata.
Tora, tora, tora! letteralmente Tigre, tigre, tigre! per i piloti e i kamikaze giapponesi durante la Seconda guerra mondiale.
Tohu! per i giocatori di rugby māori.
Ut! Ut! Ut! (Out! Out! Out!) per le truppe di Aroldo II nella battaglia di Hastings.
Viva San Marco! per l'esercito della Repubblica di Venezia.
Volòire! per gli artiglieri del Reggimento Artiglieria a Cavallo (Batterie a Cavallo) dal 1946 (si pronuncia come si legge, non alla francese!).
Gott mit uns nato dai cavalieri teutonici, dopo la sconfitta di questi passò alle armate protestanti di Prussia fino alla Germania imperiale.
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Oggi la più pericolosa forma di razzismo odio e guerra si chiama antifascismo. L'antifascismo è quell' idea che da la convinzione a chi l'abbraccia di aver ragione a prescindere e comunque , dove qualunque azione od espressione sono autorizzate legittimate giustificate, se sei antifascista puoi offendere bastonare minacciare augurare le peggiori pene, testa in giù piazzale Loreto, inneggiare alle foibe e ai morti di Nassiriya. l'antifascismo militante è come la polizia islamica, se non sei come loro son botte torture sputi e minacce, l'antifascismo è l'integralismo bieco oscuro ignorante di chi vuole sovverchiare in toto l'avversario e chi non la pensa allo stesso modo, l'antifascismo è negazionismo e giustificativo di stragi morti stupri e sevizie, in nome dell'antifascismo tutto è possibile , nessuna differenza rispetto ad una guerra di religione.
Gli antifascisti hanno la faccia di vauro che giustifica l'assassinio a guerra finita degli alpini della divisione julia, l'antifascismo ha la faccia di quelli del pd che non hanno sentito gli insulti e non Han visto gli sputi dei loro cani da guardia i centri sociali nei confronti della brigata ebraica, gli antifascisti sono come Emanuele Fiano che sbandiera la sua religione ebraica per attaccare gli altri partiti, gli antifascisti sono i david parenzo che inventa balle e cattiverie pur di tirare merda addosso ad una donna Giorgia Meloni colpevole solo di non pensarla come lui e quindi calunniabile.
L'antifascismo è quello di un prete che si arricchisce alle spalle del migranti per non parlare del suoi vizietti sessuali don biancalani...
L'antifascismo è quello che dedica una sala del parlamento a Carlo Giuliani morto mentre lanciava un'estintore addosso ai carabinieri, mentre di contro toglie la targa da un ponte dedicato a Fabrizio quattrocchi.
Questo è l'antifascismo militante, il cancro del nostro secolo.
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Bari: Visita del Sindaco Vito Leccese al Comando Legione Carabinieri "Puglia"
Bari: Visita del Sindaco Vito Leccese al Comando Legione Carabinieri "Puglia". Il Sindaco di Bari, dott. Vito Leccese, ha visitato il Comando Legione Carabinieri "Puglia", che ha sede nella storica "Caserma Bergia" sul Lungomare Nazario Sauro. A ricevere il Sindaco è stato il Comandante della Legione, il Generale di Brigata Ubaldo Del Monaco, alla presenza degli Ufficiali dello Stato Maggiore nonché del Comandante Provinciale di Bari.... Leggi articolo completo su La Milano Read the full article
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Se ne sentono tante, se ne dicono tante ma… questa strana coincidenza di quanto accaduto in questo infausto Sinodo e la quasi “vigilia” di Halloween, non ci sembra del tutto casuale!
Dall’IRONIA IDOLATRA, vedi qui, cliccando sulle immagini
al pseudo serio briefing per tentare di smentire ora tutto, ora il nulla, affermare che non si trattava di una divinità ma addirittura che – la Pachamama – potesse essere niente meno che la Beata Vergine Maria amazzonica… vedi qui, fino a ri-smentire se stessi per dire che – gettare a fiume un idolo – sarebbe stato un gesto di cattiveria e di poco rispetto agli indigeni… il dispiacere di un Papa che “come vescovo di Roma” chiede perdono agli illustri ospiti del Sinodo, per il crudele gesto, promettendo una rivincita ossia, che la Pachamama ripescata dal Tevere sarà portata in processione nuovamente per la chiusura del Sinodo….
Insomma, c’è di che rimanere imbarazzati trovandoci, forse, davanti a dei bambini viziati e capricciosi ai quali, tolto loro un giocattolo pericoloso…. hanno cominciato a piangere e a sbattere i piedi, fino a quando non sarà dato loro l’oggetto del desiderio. Ma ci troviamo nella quasi vigilia di Ognissanti che, in verità è oggi oscurata da Halloween…. la notte in cui si vorrebbe soddisfare ogni desiderio, la notte in cui si ESORCIZZA tutto, la notte in cui le tenebre la fanno da padrona. “Il Papa e le statuette, una situazione surreale” dice a ragione Riccardo Cascioli qui….. il Papa chiede perdono a quanti si sono sentiti offesi per le «statue della pachamama che sono state tolte dalla chiesa nella Traspontina, che erano lì senza intenzioni idolatriche e sono state buttate al Tevere» ma, ci chiediamo… come è possibile che NON si sia sentita, e non si senta, la necessità di una Messa di RIPARAZIONE per aver portato quell’oggetto insano in una chiesa vedi qui, anziché venerare la Beata Vergine Maria e adorare Gesù nella Divina Eucaristia?
I briefing fatti e le contorsioni di Tornielli sull’accaduto, fanno comprendere bene il loro stesso imbarazzo nello spiegare un fatto che, senza precedenti nella storia della Chiesa, è diventato un vero preludio all’Halloween di questi tempi cupi… “il passaggio più assurdo, spiega Riccardo Cascioli: sarebbe il Comandante dei Carabinieri a suggerire l’esposizione delle statue in questione nella messa conclusiva del Sinodo. Non ci sono neanche parole per commentare questa incredibile affermazione. E poi la delega della decisione al cardinale Parolin. Dopo tutto questo bel discorso (del Papa), perché scaricare sul segretario di Stato una decisione che a questo punto, qualunque sia, sarà sbagliata? Un altro personaggio da eliminare? Ci auguriamo almeno che il segretario di Stato abbia la lucidità e il coraggio per evitare uno scandalo dalle conseguenze imprevedibili…”.
Ci accusano di usare il termine “bergoglionate“…. e come vorreste definire tutto quanto sta accadendo ed è accaduto in questo mese che avrebbe dovuto essere il mese dedicato al Santo Rosario di Maria?
E bene! Il Sinodo per l’Amazzonia è in dirittura d’arrivo, come una purga imposta a tutta la Chiesa è giunto alla sua conclusione lasciando una scia di assurdità e di grave spaccatura e ciò accade quando, a protezione di un sinodo si mette il demonio stesso o, addirittura un popolo (per altro assai minoritario) che si vorrebbe far entrare nella Chiesa, ma senza abbandonare i propri idoli…. vedi qui: Dopo il fumo di Satana entrato in Vaticano. Ora lo si porta in processione…
Offriamo ora una breve riflessione dell’amico Claudio Gazzoli.
IL SINODO VERSO HALLOWEEN
Chissà se i “padri sinodali” e il loro Gran Mogol avranno pensato di spostare la data di chiusura del Sinodo dell’Amazzonia in modo da farla coincidere con la festa di Halloween ? Così potranno finalmente indossare costumi macabri, neri e rossi o viola, gli stessi della talare che, con ovazioni da stadio, hanno deciso “finalmente” di accantonare. Potranno truccarsi da vampiri, zombie, lupi mannari, fantasmi, scheletri e sciamani, in perfetta continuità con i prodromi del sinodo, nell’inclusione blasfema di tutto il demoniaco.
Potranno recarsi in casa dei cattolici che non ci stanno, la sera di Halloween, a proporre “dolcetto o scherzetto”….. anche se molto più di uno “scherzetto” hanno già preparato. Potranno festeggiare, tutta la notte di Ognissanti, assieme al grande protettore, anche se a loro insaputa, perché non ci credono, tanto i Santi, ormai, non li ricorda quasi più nessuno.
Sarebbe la naturale conclusione dei riti idolatrici, iniziati all’interno delle mura vaticane, che nessuno aveva osato profanare dai tempi del sacco dei Lanzichenecchi. Solo che loro erano protestanti, avevano in odio la Chiesa di Roma e agivano dall’esterno di essa…
Anche se non lo faranno, è più che evidente una perfetta contiguità con il contesto, l’habitat in cui si sta svolgendo il Sinodo.
Ma non vi VERGOGNATE di aver portato in processione una canoa o la statua di un idolo profano ? chissà se qualcuno di voi ha mai portato in spalla la statua della Madonna o di un Santo….
Ma non vi VERGOGNATE di aver partecipato a riti di adorazione di idoli pagani ?
Ma non vi VERGOGNATE di consentire di profanare le chiese sotto la vostra competenza con ogni sorta di abominio ?
Ma per vergognarsi, davanti a Dio ovviamente, occorre avere il pieno dominio della propria coscienza. Voi non potete vergognarvi perché l’avete svenduta a Moloch con la mediazione di Marx e compagni. Per vergognarsi davanti a Dio, come hanno fatto Adamo e Giuda, occorre CREDERE IN DIO.
Ma viene un sospetto: che tutto questo sia stato organizzato anche con l’intento di distogliere l’attenzione su quello che realmente sta avvenendo all’interno del sinodo e sulle sue conclusioni…. che ci auspichiamo, a questo punto, non ci siano… per cause del tutto naturali…
Stanno facendo terra bruciata attorno ai cattolici normali, che non ci stanno, isolando i sacerdoti che vogliono testimoniare la Verità.
Conosco persone che cercano, disperatamente, di parlare con qualche religioso normale. Una di loro mi ha riferito che i sacerdoti, da cui si è recata per confidare le proprie dolorose perplessità, hanno avuto reazioni diverse, ma tutte sulla linea della reticenza grave e complice. Alcuni hanno replicato “schhhh……. non farti sentire da nessuno…”. Altri hanno risposto “… ma nooohh… sono tutte chiacchere dei conservatori tradizionalisti e anticonciliari… si metta l’anima in pace, non sta accadendo nulla di grave… questo papa è il nuovo Cristo inviato dallo Spirito Santo…”.
Chiedono anche a me, che sto “assillando” quei pochi che conosco.
Eminenze ed eccellenze, avete tradito la PREGHIERA DI ORDINAZIONE:
«..Dona, Padre onnipotente, a questi tuoi figli la dignità del presbiterato. Rinnova in loro l’effusione del tuo spirito di santità; adempiano fedelmente, o Signore, il ministero del secondo grado sacerdotale da te ricevuto e con il loro esempio guidino tutti a un’integra condotta di vita. Siano degni cooperatori dell’ordine episcopale, perché la parola del Vangelo, mediante la loro predicazione, con la grazia dello Spirito Santo, fruttifichi nel cuore degli uomini, e raggiunga i confini della terra.»
«La parola del Vangelo, mediante la loro predicazione, con la grazia dello Spirito Santo, fruttifichi nel cuore degli uomini, e raggiunga i confini della terra». La “PAROLA DEL VANGELO” non gli scritti di Leonardo Boff, di Gustavo Gutierrez, le smanie lascive di J. Martin, le farneticanti dichiarazioni della bambina svedese o quelle sconnesse e stravaganti del Gran Mogol: “Dio ha voluto tante religioni perché vuole essere adorato in tanti modi…”.
Da molti anni avete preparato il terreno sul quale, ora, state raccogliendo frutti copiosi, con la manovalanza di quelli che avete ammaestrato e che ora formano l’ossatura della struttura che avete conquistato. Avete avvinto le persone inermi che non hanno potuto fare a meno di seguirvi. Potevate separarvi fondando una setta tutta per voi (come tante altre…), ma non vi bastava una brigata sgangherata, volevate tutto l’esercito.
Liberate la Chiesa dai miasmi della putrefazione della carne, che tanto amate, perché state mettendo a rischio la salvezza di una moltitudine di anime, alcune delle quali non sanno a chi rivolgersi per la loro consolazione. Oppure ritiratevi, a vita, in un monastero, magari uno di quelli che, così, potreste preservare dall’intento di farli chiudere.
Rivogliamo la certezza austera del peccato con la speranza dolorosa del perdono.
Anche se le forze da cui traete, inconsapevolmente, ispirazione, vi fanno sentire invincibili, non ce la farete a portare a compimento il vostro proposito devastatore. Perché la Chiesa non è vostra ! Perché noi non molleremo. Non ripiegheremo di un centimetro. Come gli “angeli” che hanno liberato quella chiesa dai totem profanatori. Perché gli Angeli hanno sempre la meglio sui demoni.
Claudio Gazzoli – Monterubbiano (Blog dell’Autore)
Il Sinodo verso…. Halloween? Se ne sentono tante, se ne dicono tante ma... questa strana coincidenza di quanto accaduto in questo infausto Sinodo e la quasi "vigilia" di Halloween, non ci sembra del tutto casuale!
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Carabinieri: gli auguri Di Staio, 'sono orgoglioso di voi'
Il comandante della legione carabinieri Piemonte e Valle d’Aosta generale di brigata Antonio Di Stasio, ha fatto visita al comando provinciale di Torino e al suo comandante colonnello Roberto De Cinti, per il tradizionale scambio di auguri in occasione delle festività natalizie e di fine anno. Di Stasio ha incontrato tutti gli ufficiali dell’Arma, una rappresentanza di comandanti di…
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Era lo zio dei cantautori Francesco De Gregori e Luigi Grechi. De Gregori fu militare di leva negli Alpini in Alto Adige (vedi canzone "Generale")
Fu alla fine Partigiano della Osoppo e fu ucciso a tradimento nell'eccidio di Malga Porzus in Friuli per mano di partigiani comunisti della garibaldi-natisone assieme a militi del IX Korpus Sloveno IV Armata Yugoslava. Fortunato chi morì subito a Malga Porzus ..... i sopravvissuti vennero portati dai monti di Faedis fino a Cividale, Bosco Romagno, e qui dopo maltrattamenti (definiamoli cosi....) furono brutalmente uccisi. Caso simile, e per mano degli stessi gruppi, fu quello di Malga Bala ...... in questo caso le vittime erano Carabinieri........
……. e questi sono episodi conosciuti con tanto di testimonianze ………. ma basta chiedere nel cividalese quante squadre/reparti della brigata Osoppo sparirono senza lasciar traccia ………. oppure sono state trovate massacrate e naturalmente la colpa è ricaduta sui nemici nazifascisti di cui , però, non era registrata alcuna presenza. Anche la strage di Porzus fu addebitata a forze nazifasciste ma la fortuna volle che “centina” nome di battaglia di Aldo Bricco, Ufficiale dell’8 reggimento alpini “Cividale” nato a Pinerolo, 23 giugno 1913 – morto a Pinerolo, 2 luglio 2004), si salvò malgrado fosse stato crivellato da ben 6 proiettili, e racconto’ la verità altrimenti ……….. sarebbe stata un’altra formazione della brigata “Osoppo” annientata da forze nazifasciste. Questa è STORIA.
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I Carabinieri celebrano il Precetto Pasquale
I Carabinieri celebrano il Precetto Pasquale
Livorno 8 marzo 2023 Nella suggestiva cornice del Santuario della Madonna delle Grazie di Montenero, l’Arma di Livorno ha celebrato il Precetto Pasquale, con una Santa Messa officiata dal Cappellano Capo della Legione Carabinieri Toscana, don Pietro Folino Gallo. Alla presenza del Comandante della 2^ Brigata Mobile, Generale di Brigata Stefano Iasson e del Comandante Provinciale di Livorno,…
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