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#Berlino metropolitana
diceriadelluntore · 5 months
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Duecento Di Gioia
il 7 maggio del 1824, 200 anni fa al Kärntnertortheater di Vienna (il Teatro di Porta Carinzia), uno dei più belli della capitale dell'allora Impero Asburgico, è in programma una prima sinfonica. L'ultimo lavoro di un musicista che già all'epoca era una leggenda vivente. Ma che era stato lontano ben 12 anni dalle scene. Ludwig van Beethoven ha 54 anni, è quasi completamente sordo, soffre di atroci dolori da ulcere che lo porteranno alla morte di lì a due anni. Nonostante sia benestante, vive in uno stato di profonda malinconia, misoginia, tristezza, solitudine, in una stanza con fogli di musica sparsi dappertutto, cibo nei piatti ad imputridire, bottiglie vuote.
Eppure la sua ultima opera, la Nona Sinfonia in re minore per soli, coro e orchestra op. 125, è un percorso mistico, intrigante, misterioso alla fratellanza, al dialogo, al confronto.
Divisa in quattro movimenti, i primi tre puramente sinfonici, e il quarto che include il coro sui versi dell'ode Alla gioia di Friedrich Schiller.
Già quella sera vi fu un tripudio di pubblico: il compositore, che si racconta fu in tensione nervosa per tutta la durata dell'esecuzione (racconto questo che due professori di controfagotto, che parteciparono all'esecuzione, raccontarono nel 1842 alla formazione della prima orchestra della Filarmonica di Vienna, di cui facevano parte) fu richiamato dal pubblico per 5 volte, e gli furono sventolati fazzoletti bianchi in segno di giubilo.
È così leggendaria che esistono moltissimi miti su di essa: tra i più curiosi, che per "rispetto" tutti i compositori successivi si siano fermati a Nove Sinfonie (un caso a volte fortuito, a volte tragico, come nel caso di Mahler morto mentre stava componendo la sua Decima) oppure che la durata di musica in un cd sia di 75 minuti, come la durata della sinfonia (in verità, secondo le varie esecuzioni, dura un po' di meno, e anche questa è una bella leggenda metropolitana). E non si contano i saggi storici, psicoanalitici, i romanzi, su questo che è, con pochi eguali, uno dei pinnacoli della storia culturale umana, come, per fare qualche esempio, l'opera di Shakespeare, il David di Michelangelo, una cattedrale gotica europea del 1300.
Rimane uno una delle opere più note ed eseguite di tutto il repertorio classico ed è considerata uno dei più grandi capolavori della storia della musica, anche in quanto simbolo universale di unità e fratellanza tra gli uomini: il tema finale, nella nota riedizione del Maestro Herbert von Karajan, è stato adottato nel 1972 come Inno europeo.
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Pagina del manoscritto originale della sinfonia, conservato nella Staatsbibliothek di Berlino: la Nona Sinfonia viene conservata in condizioni speciali, nel buio assoluto, ad una temperatura di 18 gradi e a un tasso di umidità del 50%.
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enkeynetwork · 5 months
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lamilanomagazine · 7 months
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Napoli: "A 80 anni dalle Quattro Giornate", al Chiostro monumentale del Complesso di S. Maria La Nova la mostra che racconta Napoli e la Campania nelle relazioni italo-tedesche tra il 1936-1943
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Napoli: "A 80 anni dalle Quattro Giornate", al Chiostro monumentale del Complesso di S. Maria La Nova la mostra che racconta Napoli e la Campania nelle relazioni italo-tedesche tra il 1936-1943. Apre al pubblico la mostra fotografico-documentaria "A 80 anni dalle Quattro Giornate. Sguardi su Napoli e la Campania nelle relazioni italo-tedesche dall'alleanza dell'Asse all'occupazione nazista dell'Italia (1936-1943)" che resterà visitabile per 2 mesi presso il Chiostro monumentale del Complesso di S. Maria La Nova (Largo S. Maria La Nova 43 | lunedì-venerdì ore 9.00-19.00). Il progetto espositivo, che ripercorre i rapporti tra Italia e Germania a partire dall'alleanza italo-tedesca dell'Asse Roma-Berlino e fino all'occupazione nazista dell'Italia con uno sguardo privilegiato agli avvenimenti di Napoli e Campania, arriva al Complesso di Santa Maria La Nova grazie al sostegno del Comune di Napoli e della Città Metropolitana di Napoli. La mostra, finanziata dal "Fondo per il Futuro" del Ministero degli Esteri della Repubblica Federale di Germania e curata dal Dipartimento di Studi Umanistici dell'Università Federico II di Napoli in collaborazione con il Goethe-Institut di Napoli e l'Istituto Storico-Germanico di Roma, verrà presentata in un allestimento inedito, dopo il successo della prima tappa presso il Chiostro dei Marmi dell'Archivio di Stato di Napoli. "Dopo aver celebrato l'80° Anniversario delle Quattro Giornate di Napoli con un programma di oltre 50 iniziative tra cerimonie, spettacoli musicali e teatrali, convegni e attività per le scuole, grazie alla collaborazione interistituzionale che rappresenta una cifra distintiva delle politiche culturali intraprese dall'Amministrazione comunale, torniamo a riflettere su uno dei periodi più bui della nostra storia, da cui è scaturita quell'incancellabile prova di resistenza civile e democrazia che ha portato alla liberazione della città dal giogo nazifascista" dichiara Sergio Locoratolo, coordinatore delle politiche culturali del Comune di Napoli. Attraverso immagini fotografiche e documenti spesso inediti, provenienti da archivi pubblici e privati italiani e stranieri, sarà possibile ripercorrere le tappe più significative della relazione tra Italia e Germania a partire dal 1936: le visite di Hitler e dei gerarchi nazisti a Napoli, la presenza dei soldati tedeschi in città e la loro relazione con la popolazione, il drammatico cambio di prospettiva dell'8 settembre 1943, con il periodo di gravi violenze degli occupanti nazisti che condusse all'insurrezione popolare delle Quattro Giornate di Napoli. Il progetto di mostra è stato ideato da Andrea D'Onofrio (coordinatore del Corso di Studi in Storia dell'Università di Napoli Federico II), Lutz Klinkhammer (vicedirettore dell'Istituto Storico Germanico di Roma) e Maria Carmen Morese (direttrice del Goethe-Institut di Napoli) che, con Candida Carrino, Paolo Fonzi, Carlo Gentile, Gabriella Gribaudi e Fabio Romano, compongono il comitato scientifico-organizzativo del progetto. Tra i numerosi archivi coinvolti per le ricerche documentali: l'archivio fotografico Landwehr e le fonti fotografiche del Bundesarchiv (l'Archivio Federale tedesco), del Public Record Office (London), dei National Archives and Records Administration (NARA, Washington), dell'Air Force Historical Research Agency (AFHRA Maxwell, Alabama), dell'Archivio di Stato di Napoli, del Fondo Parisio-Troncone, dell'Istituto Campano per la Storia della Resistenza, dell'Archivio Carbone e dell'Istituto Luce.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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crossroad1960 · 11 months
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Perché a Chicago, durante una manifestazione propalestinese, sono stati aggrediti degli ebrei? Perché sugli usci delle case abitate da ebrei a Varsavia si disegna la stella di David? Perché nei cortei pacifisti romani si dichiara Israele stato nazista e terrorista? Perché i partecipanti agli stessi cortei strappano la bandiera di Israele dalla Fao? Perché nei cortei pacifisti milanesi si chiede di aprire i confini per andare ad ammazzare gli ebrei? Perché nell’aeroporto di Makhachkala, Dagestan, si organizza una caccia all’ebreo? Perché fuori dallo stesso aeroporto un bambino dice di essere andato lì per veder uccidere gli ebrei? Perché una ragazza esibisce un cartello con la stella di David infilata nella spazzatura per far pulizia nel mondo? Perché nelle università americane si inneggia al pogrom di Hamas come igiene mediorientale? Perché a Tunisi si assalta la sinagoga e si dà fuoco ai testi sacri? Perché a Lione la sinagoga viene vandalizzata? Perché a Berlino una sinagoga è colpita da una bomba molotov? Perché i ragazzi di Sydney chiedono la riapertura delle camere a gas? Perché nella metropolitana di New York si scrive di uccidere gli ebrei? Perché in Circassa si sollecita di espellere tutti gli ebrei? Perché a Stanford un professore mette gli studenti ebrei in un angolo? Perché a Seul si inneggia alla soluzione finale contro gli ebrei? Perché nessuno si sogna né si sognerebbe mai (e ci mancherebbe) di dire o fare altrettanto con i palestinesi? Perché con gli ebrei sì e coi palestinesi (e ci mancherebbe) no? Perché, se non è precisamente antisemitismo? Il nostro solito, vecchio, mai scomparso antisemitismo? (Mattia Feltri)
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nontuttihannoleali · 4 years
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Le facce della gente nella metropolitana erano delle maschere spaventose.
Christiane F.
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zuccherodisqualo · 7 years
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D’un tratto mi mancano la metropolitana e i supermercati di Berlino.
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abr · 4 years
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Guida ragionata per (non) partecipare alle celebrazioni dei 100 anni dalla nascita del Pci, Partito comunista italiano. 1 Il Pci è stato un partito costituente della prima repubblica (...) 2 Il Pci è stato l' eterno secondo dello schieramento politico, dietro la Dc. (...) 3 Il Pci ha impiegato 63 anni (..) per diventare, anche se solo per una volta, il primo partito italiano, ma gliene basteranno solo 7 (e due segretari: Alessandro Natta e Achille Occhetto) per scomparire. 4 L' auto storytelling del Pci si nutre di alcuni miti. A cominciare da quello della «guerra di Liberazione», come se la cacciata dei nazifascisti non sia stata merito degli angloamericani, ma esclusivamente dei partigiani, e manco di tutti: solo di quelli «rossi» (...).  5  (...). A risultare intollerabile è la pretesa -"egemonica» (...) del monopolio sulle battaglie contro la criminalità organizzata e negli anni di piombo. Anche perché bisognerebbe non dimenticare quanto scritto da Rossana Rossanda sul Manifesto durante il sequestro Moro: «A leggere i comunicati delle Br si ha l' impressione di sfogliare un album di famiglia» . 6 Altro mantra fondativo: la «diversità», da cui discende come corollario la «superiorità etica» di dirigenti e militanti. Diversi perché migliori, Togliatti «il Migliore» per antonomasia. A cancellare le tracce dei propri errori, di sicuro. Connivenza con lo stalinismo? Ma quando mai. Il silenzio sulla repressione in Ungheria nel 1956 e in Cecoslovacchia nel 1968? Passiamo oltre. (...)   7 E la retorica sulle «mani pulite», l' onestà, il «buon governo» nelle regioni rosse? In realtà, una perfetta macchina organizzativa, anche del consenso (...). E anche sorvolando sul coinvolgimento del dirigente Primo Greganti nella Tangentopoli (..:), che dire della valigetta con un miliardo di lire di Raul Gardini entrata nella sede del partito a Roma, «e arrivata ai piani alti» (così Antonio Di Pietro)? E della sentenza di condanna per fatti antecedenti, 1987, ovvero le tangenti prese dal Pci sugli appalti per i lavori della metropolitana milanese? 8 Cosa aggiungere sul «consociativismo», la partecipazione del Pci alla spartizione di posti, leggi lottizzazione, negli enti pubblici tipo la Rai? (...) 9 Sbriciolatisi il muro di Berlino e l' Urss, sepolta dalle macerie la prima repubblica, (...) il Pci si dissolse. Per mimetizzazione. Trasformandosi prima in Pds, segretari: Occhetto e poi Massimo D' Alema. Poi in Ds, segretari: D' Alema e poi Walter Veltroni, già capo dell' ufficio propaganda del Pci, che nel 2011 negherà in una lettera a La Repubblica di essere mai stato «ideologicamente» comunista. A seguire Piero Fassino, un altro comunista della vecchia scuola (...), che accompagnerà i Ds alla fusione con la Margherita di Francesco Rutelli nel Pd, primo segretario, ça va sans dire: l' ex-non comunista Veltroni. 10 Il Pd, erede del Pci, negli ultimi 10 anni è riuscito a governare per 8  anni (...). Ma, al solito, chiamandosi fuori da ogni responsabilità: la politica è in crisi? Prevale il populismo? E che colpa abbiamo noi?, sembrano gorgheggiare molti suoi esponenti, come la band dei Rokes. In prima fila, gli ex comunisti.  Morale: Il passato di un' illusione, è stata la sentenza sul comunismo dello storico francese François Furet nel 1995. L' illusione è trapassata. I finti illusi sono ancora tra noi.
Franco Piroso su LaVerità, via https://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/come-vivere-bene-senza-comunisti-ndash-antonello-piroso-scodella-257552.htm
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annalisalanci · 4 years
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Le premesse del Novecento. L'art nouveau
L'arte è una
L'Art nouveau fu una risposta a una delle questioni ricorrenti nell'arte del Novecento: le diverse arti (architettura, pittura, ornamentazione) vanno considerate come rami di un medesimo albero o come discipline radicalmente diverse? L'Art nouveau si schierò a favore della prima ipotesi: l'arte è una, diverse sono soltanto le sue molteplici tecniche espressive. Sorta nell'ultimo decennio del'Ottocento, l'Art Nouveau dilagò a partire dalla Gran Bretagna verso tutte le capitali europee e negli Stati Uniti. Anche l'Italia venne toccata benché con qualche ritardo. Questa vasta diffusione ebbe tutte le caratteristiche della moda, la quale riguardò la ricca borghesia che si era affermata insieme allo sviluppo dell'industrializzazione. L'Art Nouveau nacque, in stretta relazione con l'avanzare della società industriale: essa si configurò come un modo per rendere più accettabile il frequente uso del ferro nelle architetture temporanee delle Esposizioni universali; per dare uno stile nuovo alla grafica delle riviste, la cui circolazione iniziava ad essere internazionale; per rispondere alle esigenze della grafica pubblicitaria e addirittura della segnaletica stradale, caratteristiche di una civiltà in fase di rapida urbanizzazione. Il nuovo linguaggio pervase, tutti i settori della figurazione, superando la distinzione classica tra le arti maggiori (pittura, scultura e architettura) e le arti minori (dal mobile alla suppellettile, dal gioiello al cartellone pubblicitario). L'Art Nouveau rappresentò il primo modo in cui la società industriale cercò di darsi un'estetica e quindi può essere posta alla radice del Razionalismo stesso. Essa è stata comunque importante per diversi motivi: - ha spazzato via l'eclettismo e l'accademismo ottocentesco, soprattutto in ambito architettonico; - ha unificato il gusto europeo superando i regionalismi; - ha dato un'interpretazione pregante e calata nel quotidiano del concetto romantico secondo cui l'arte non deve essere separata dalla vita; - ha rappresentato un terreno fertile su cui ha posto le proprie radici l'astrattismo; - ha consolidato la neonata alleanza tra arte e industria. L'Art Nouveau ebbe varianti nazionali: Jugendstijl nell'area germanica; Modern Style in Gran Bretagna; Liberty (in riferimento alla ditta Liberty di Londra) o Floreale in Italia, Modernismo in Catalogna.
Gli elementi stilistici costanti
Gli elementi costanti furono il ricorso all'asimmetria e l'ispirazione alla natura; linea avvolgente, che mimetizzava gli angoli retti a imitare le spirali di fumo, le onde del mare o ancora il colpo di frusta; animali sinuosi come cigni, serpenti, farfalle o vegetali come glicini e tulipani. La linea era assunta come espressione di forza e dinamismo, cioè come simbolo di vitalità: alla base di questo gusto stava una forte fiducia nel progresso, nel futuro, nel "nuovo". Alcuni studiosi fanno iniziare il cosiddetto Modernismo proprio con l'Art Nouveau. Il revival neogotico, con le sue forme organiche e decorate, dall'altra l'influsso dell'arte giapponese con le sue particolari strutture asimmetriche e i colori piatti delle sue grafiche. Il clima in cui l'Art Nouveau si sviluppò fu quello dell'arte simbolista dell'estetismo letterario.
Inghilterra e Scozia
Il precedente più diretto viene trovato in Gran Bretagna è legato al nome del pittore, architetto e teorico inglese William Morris (Walthamstowh 1834-Londra 1896). Nel 1861 fondò una società che produceva tappezzerie e vetrate oltre che mobili. La sua invenzione più caratteristica fu l'arabesco floreale, di chiara ispirazione orientale con il quale creava i suoi pattern decorativi: il classico segno a colpo di frusta (la curva di una linea subisce un improvviso cambiamento di direzione, come accade in un colpo di frusta) uscì per la prima volta dal suo studio. Tipico rappresentante dell'Art Nouveau in Gran Bretagna fu Aubrey Beardsley (Brighton 1872-Mentone 1898), che si espresse quasi esclusivamente nella grafica. La sua opera più nota è costituita dalle illustrazioni per il poema Salomé di Wilde, dove l'ambiguo erotismo espresso dallo scrittore venne raffigurato attraverso una bidimensionalità dell'immagine, appiattita sui toni contrastanti del bianco e nero e caratterizzata dalla linea serpentinata, dalle code di pavone stilizzate, dalla testa viperina di una donna ossuta e longilinea. In Scozia emerse una delle personalità più innovatrici e geniali del momento: Charles Rennie Mackintosh (Glasgow 1868-Londra 1928). L'architetto di Glasgow diede un'interpretazione dell'Art Nouveau del tutto personale fondata sulla sintesi delle forme: gli infissi diventano anche armadi o cimaises, gli arredi sono spesso concepiti anticipando l'idea del componibile, il singolo pezzo deve sempre potersi integrare e mimetizzare nell'insieme. Nella Biblioteca della scuola d'arte di Glasgow è impossibile distinguere gli elementi strutturali architettonici da quelli che hanno funzione di arredo: l'esterno sembra scaturire dall'interno, essendo entrambi compenetrati in un unicum organico.
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Charles Rennie Mackintosh, Sedia dallo schienale alto, 1903, Frassino dipinto, 141x41x35  cm, Glasgow, Hill House
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William Morris, Narcisi, 1891. Tessuto di chintz.
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Aubrey Beardsley, Climax, 1894. Disegno per il dramma Salomé di Oscar Wilde.
L'asse Glasgow-Vienna
Mackintosh fu estremamente influente in Austria dove comparve nelle esposizioni della Secessione: è stato perciò identificato un asse Glasgow-Vienna caratterizzato dalla supremazia del volume sulla linea della logicità delle strutture come valore che prevale sulla loro piacevolezza, dalla tendenza a pensare un design riproducibile nonostante la massima parte dei mobili creati in quest'ambito siano poi stati pezzi unici. Risposero all'influenza di Mackintosh soprattutto Josef Hoffmann (Pirnitz 1870-Vienna 1956), che espresse il suo geometrismo rigoroso soprattutto in ville private come Villa Moser a Vienna (1903), e Joseph Maria Olbrich (Troppau 1867 - Düsseldorf 1908), che progettò l'edificio della Secessione viennese. In questo caso dell'Art Nouveau austriaca, Jugendstijl, le tendenze funzionali e geometriche si incrociano con suggestioni floreali e rifermenti all'architettura mediterranea, soprattutto islamica, che Olbrich aveva assorbito nel corso di un suo viaggio in Tunisia.
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Charles Rennie Mackintosh, Facciata della Scuola d'Arte di Glasgow, 1907-1909, Glasgow, Gran Bretagna
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Josef Hoffmann, Villa Moser, 1903, Vienna, Austria
L'asse Londra-Belgio-Parigi
Dal punto di vista culturale il Belgio era molto vicino alla Gran Bretagna oltre che alla Francia. Fu proprio a Bruxelles che l'Art Nouveau trovò le sue espressioni più forti, sia nel campo dell'architettura sia in quello delle arti applicate. Il primo interprete significativo fu Victor Horta (Gand 1861-Bruxelles 1947), il cui Hotel Tassel di Bruxelles (1892-1893) venne considerato uno dei manifesti più espliciti dell'Art Nouveau. Vi si ritrova una ridefinizione della pianta, con la sostituzione di un atrio poligonale al più tradizionale corridoio; l'utilizzo in funzione sia strutturale sia decorativa del ferro; il ricorrere di motivi quali il colpo di frusta e il richiamo al mondo vegetale stilizzato; l'impiego dell'artigianato di più alto livello e una definizione unitaria degli spazi, idealmente collegati alla sinuosa scala interna. La Maison du Peuple (1897, oggi distrutta), concepita su una precoce associazione di ferro e grandi vetrate e sul principio generale secondo cui "la linea è una forza": ogni traccia architettonica o decorativa descrive un andamento che on è solo funzionale né solamente simbolico, ma contiene in sé un andamento dialettico che rispecchia le forze della vita: a ogni azione corrisponde una reazione, a ogni orizzontale un contrapposto verticale, a ogni spinta in avanti un regresso all'indietro. Tutti questi elementi di pensiero trovano una puntuale conferma in tutti i diversi elementi dell'ambiente. Henri Van de Velde (Anversa 1863-Zurigo 1957), diede un'impronta così forte al nuovo stile che esso passò anche sotto il nome di Style Van de Velde. Il concetto era che la progettazione di una sedia, di un tavolo o di una casa avesse la medesima dignità artistica. Per questo le abitazioni che firmò erano costruzioni unitarie, che seguivano le esigenze dei committenti, ma rispettavano anzitutto un principio di coerenza interna. Per di più ogni elemento dell'ambiente doveva porsi in una relazione di affinità con gli altri e di simpatia psicologica con chi avrebbe dovuto abitarlo.
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Victor Horta, Hotel Tassel, 1892-1893, Bruxelles, Belgio
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Henri van de Velde, Scrivania per la redazione della Revue Blanche, 1898, Legno di quercia, 76x261x100 cm, Vienna, Österreicher Museum.
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Henry van de Velde, Hotel Otlet, 1894, Bruxelles, Belgio
Francia
In Francia l'Art Nouveau trovò notevoli esempi soprattutto nell'arte applicata, grazie ad esponenti della scuola di Nancy come Emile Gallé (Nancy 1846-1904), autore di vetri opalescenti e policromi che hanno iniziato una diffusissima produzione. Nel settore dell'oreficeria ricordiamo René-Jules Lalique (Ay 1860-1945), grande innovatore delle tecniche di produzione degli oggetti. Il risultato più noto furono le insegne per gli ingressi della metropolitana disegnati da Hector Guimard (Parigi 1867-New York 1942), realizzati in ghisa per favorirne la resistenza e talvolta coperti da tettoie di vetro per proteggere i viaggiatori dalla pioggia.
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R.J. Lalique, Pendente, 1900 circa. Argento, vetro, smalto, perla barocca
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Hector Guimard, Ingresso di una stazione della metropolitana, 1899-1904. Ghisa, vetro e ceramica. Parigi, Francia
Germania
In Germania l'influsso dell'Art Nouveau fu relativamente modesto, da Peter Behrens (Amburgo 1868-Berlino 1940), di cui si tratterà più avanti in quanto rappresentò un personaggio-ponte verso le esperienze espressioniste e razionaliste.
Stati Uniti
Negli Stati Uniti, lo stile Art Nouveau si espresse soprattutto nell'arte applicata e nella gioielleria, portata al massimo livello dai disegni di Louis Comfort Tiffany (New York 1848-1933).
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L.C. Tiffany, Vaso a forma di fiore, 1900 circa, Vetro fravile
Glittica.
Tecniche di intaglio e incisione delle pietre dure e delle gemme per ottenere oggetti d'uso o d'arte.
Vetro favrile.
Tecnica brevettata di lavorazione artigianale del vetro, che dona al materiale opalescenze ed effetti metallici. Dall'inglese favrile glass.
Italia
L'Art Nouveau in Italia arrivò con ritardo, perché il giovane stato unitario spingeva l'architettura verso un eclettismo revivalistico. Nell'ambito che si definì comunemente Liberty si mossero comunque alcune personalità di rilievo in differenti regioni. Tra queste ricordiamo Raimondo d'Aronco (1857-1938), che progettò il Palazzo delle Esposizioni a Torino, Ernesto Basile (1857-1932), autore di Villa Igea a Palermo (1899-1932) e Giuseppe Sommaruga (1867-1917), che realizzò Palazzo Castiglioni a Milano (1903).
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Giuseppe Sommaruga, Palazzo Castiglioni, 1903, Milano.
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gregor-samsung · 4 years
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“  Disertori tedeschi, russi jugoslavi polacchi fino allora nascosti, operaie russe, detenuti evasi dal lager, un paio di ebrei che si erano rintanati: come fare a stabilire chi di loro era stato un collaborazionista e chi no, e in che campo andava schierato ciascuno? Quelli certo avevano creduto che la classificazione nazisti e antinazisti fosse più semplice, un po' troppo semplice; non era semplice affatto, invece, come si erano immaginati loro nel loro animo infantile. Ora bisognava ordinare e classificare tutto, e quando finalmente arrivò Hubert, direi ai primi di maggio, ormai si cominciava a vederci un po' più chiaro, ripeto: soltanto un poco, e non ne faccio certo un mistero: ho fatto largo uso di timbri e dichiarazioni, influendo sul destino di parecchia gente; che ci stanno a fare, se no, timbri e dichiarazioni? Hubert, ad esempio, arrivò in un'uniforme italiana: glie l'avevano regalata, a Berlino, dei compagni coi quali aveva sgombrato ripari e gallerie della metropolitana. Avevano riflettuto esattamente che andarsene verso occidente in veste di carcerato tedesco era troppo pericoloso; tra Berlino e il Reno c'era un bel po' di nidi nazisti dove lo avrebbero impiccato; per andarsene in giro in borghese era troppo giovane; coi suoi quarantacinque anni sarebbe finito prigioniero di guerra di qualcuno: russi, inglesi o americani. Così si fece passare per italiano, che non era un'assicurazione sulla vita ma una trovata abbastanza intelligente: i nazisti li disprezzavano, gli italiani, perciò non andavano subito matti a impiccarli, ed era proprio questo l'importante: non essere impiccati o fucilati su due piedi, il problema era questo qui, e Hubert infatti, con la sua uniforme italiana e il suo "Nix versteh Deutsch", ha avuto fortuna. Solo che, d'altra parte, sarebbe stata un'assicurazione sulla vita piuttosto scarsa essere deportato in Italia in un'uniforme italiana e là, poi, venire identificato per tedesco! C'era da rimetterci la pelle. Ma insomma, ce l'ha fatta, e arrivò qua tutto allegro, allegro, le dico, un uomo più allegro lei non può nemmeno immaginarlo. Ci ha detto: «Ragazzi, sono fermamente deciso a trascorrere sorridendo, sorridendo, il resto della mia vita». “
Heinrich Böll, Foto di gruppo con signora, (traduzione di Italo Alighiero Chiusano), Einaudi (collana Tascabili), 1972.
[ Edizione originale: Gruppenbild mit Dame, Verlag Kiepenheuer & Witsch, Köln, 1971 ]
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goodbearblind · 4 years
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Posted @withregram • @supercalifragilistiche 4 maggio 1958 nasce Keith Haring Nasce a Reading in Pennsylvania Keith Haring, uno dei maggiori esponenti dell’ arte di strada della New York degli anni Ottanta. Convinto della fondamentale indipendenza dell’artista, elabora uno stile che porta in primo piano l’elemento della linea.Tra il 1980 e il 1985 i suoi graffiti spuntano numerosissimi sui muri della metropolitana di New York: è l’inizio del riconoscimento internazionale. Tra i suoi lavori, i bambini che si tengono per mano dipinti sul muro della città di Berlino. E a New York dove scrive su una grande murata sulla East Harlem Drive, nel ghetto di Harlem, le parole: Crack is wack (Il crack è una porcheria). Haring muore nel 1990 a soli 31 anni di AIDS. #keithharing https://www.instagram.com/p/B_w1GNRqd57/?igshid=13i6lxggpgp54
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levysoft · 5 years
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Philippe Daverio, 69 anni, alsaziano di nascita e milanese di adozione, ha vissuto tante vite in una. Gli manca solo di andare nello spazio. Critico d'arte, saggista, autore-conduttore tv, animatore culturale, politico e instancabile viaggiatore. «Quello che mi piace di più? - fa eco alla domanda il professore seduto nel suo affascinante studio tra quadri, oggetti carichi di memoria, computer - quello che sto facendo ora, scrivere un libro a favore dell'Europa».
Roba da niente, insomma. Sempre avventure di un certo peso; chissà che cosa si immaginava della sua vita quand'era giovane. «Inizialmente, quando ero francese, volevo fare il funzionario pubblico. Diventato italiano ho pensato che era corretto campare. Credo alla Provvidenza e che se uno dà retta al piano di sopra la strada gli viene indicata».
Nato in Francia, si considera un immigrato?
«No, eravamo degli europei di base. In casa si parlavano tre lingue e due dialetti; mio nonno fece il servizio militare a Berlino e il mio prozio a Parigi, mio nonno era italiano, insomma una famiglia Ue. Siamo venuti qui per una grossa operazione immobiliare a Varese fatta da mio padre».
Che ricordi ha della sua educazione giovanile?
«Ho avuto una educazione ottocentesca in un collegio episcopale (mostra la foto, ndr). Ricordo ancora una severità assoluta. Alzarsi alle 5 del mattino, ritmo di vita durissimo, ogni giorno l'obbligo di giocare per mezz'ora a football. Penso ancora a quel pallone scuro e gelido, di cuoio, che quando ti colpiva portava via un pezzo di pelle. Ma quella scuola mi ha lasciato una formazione di base con la quale ho vissuto di rendita a lungo, una bella formazione per la crapa (testa in milanese, ndr). Nella provincia francese la borghesia veniva tutta formata lì, in quel luogo».
Può dipingere un ritratto di famiglia?
«Mio padre era piccolo e napoleonico come il suo nome, Napoleone appunto, molto grintoso e totalmente lumbard; parlava in alsaziano. Un suo prozio fece le Cinque Giornate di Milano. Come carattere ho preso da papà, ma forse di più dalla mamma, Aurelia, un colonnello molto umano e con una inclinazione a difendere il gusto».
Uno come lei non può non avere un po' di sangue nobile, o no?
«C'è l'elenco dei milanesi doc del XII secolo e il nome Daverio è già lì. Perciò non ho fatto altro che andare alla radice, come un salmone che ritorna alla fonte. Sento di appartenere a Milano, e me lo dice la memoria dei cromosomi. Che mi suggerisce pure che appartengo al posto di mio nonno, Berlino».
Sembrerebbe che alle origini ci tiene proprio...
«Per evitare che questo discorso sull'appartenenza fosse una pazzia letteraria, ho chiesto a mio fratello, il meno letterato, Paul, che è uno dei più noti chirurghi plastici svizzeri. Gli ho domandato ma quando sei a Berlino come ti senti? e lui mi ha risposto: A casa. Insomma lo sa pure mio fratello che non ha letto la letteratura guglielmina».
Non solo la provenienza, nella vita contano pure scelte e bivi, ne vuole rivelare almeno uno?
«Beh, quando ho deciso di mollare gli studi. Non mi sono laureato all'università Bocconi. Mi ero rotto, non avevo più voglia di stare lì. Ero sessantottino, come me diversi miei amici anche loro sessantottini non si sono laureati. Ho dato l'ultimo esame, non la tesi. Ho deciso di fare altro nella vita».
Qual è stato il suo primo lavoro?
«Lasciata l'università mi sono messo subito a fare il mercante d'arte. Prima l'ho fatto stando a casa, subito dopo ho aperto una bottega vera e propria nel centro di Milano. Allora fare questo era una cosa facilissima».
Milano è stata almeno un po' buona con Daverio?
«Una mattina sono uscito di casa e mi sono detto voglio trovare una bottega. Avevo 27 anni, ne ho parlato con mia moglie. Quel negozio l'abbiamo cercato in Montenapo, l'ho trovato subito, ce n'era uno in affitto. La città a quei tempi offriva tante opportunità ai ragazzi, occasioni che nessuno ora si può immaginare. Adesso Milano offre decisamente meno».
Ci fa un bilancio delle sue avventure lavorative?
«Per quanto riguarda l'editoria, decine di libri scritti nel campo dell'arte. Scrivere è il modo più personale e libero per guadagnare denaro. Una persona sta in casa, apre il computer, digita i tasti e via. La sopravvivenza si fa con le dita. È un lavoro artigianale fantastico».
E quali sono gli argomenti che l'appassionano di più?
«Sostanzialmente quelli di cui mi occupo. La storia dell'arte, un po' la politica. E la musica, naturalmente. Dove lavoro e abito ci sono più pianoforti. Ho studiato e mi piace moltissimo suonare Mozart. La musica serve per calmare i nervi ed è inoltre propedeutica all'estetica, tutti i concetti di armonia sono legati alla musica».
In tutto questo che spazio hanno gli affetti?
«Sono fondamentali, senza questi una persona non carbura. Credo che la famiglia non sia una roba del tutto sbagliata. Il pregio numero uno è che rappresenta la prima struttura di solidità alla quale uno appartiene. Vengo da una famiglia enorme ma vivo in una piccolina: io, mia moglie, il figlio, la sua ragazza e poi abbiamo allargato con cinque cani».
Vissi d'arte e di famiglia, e le amicizie dove le mettiamo?
«Importantissime, quelle vere, quelle che legano al destino. Io devo gran parte della mia fortuna milanese al fatto di avere avuto tre o quattro persone, di una generazione anteriore alla mia, che mi hanno dato una mano a fare quello che ho fatto».
E se (ri)pensa alla politica...
«Come assessore leghista mi sono trovato benissimo, perché c'era un sindaco come Marco Formentini. Lui parlava francese e inglese come l'italiano. Era di ottima famiglia, suo zio aveva seguito gli scavi archeologici della Lunigiana, c'è un museo. Io sono arrivato a lui perché era molto amico dell'editore Mario Spagnol e io pure. Ai tempi amavo la forza di rottura rivoluzionaria che aveva la Lega, che ora però è diventata rurale».
I suoi amici quella scelta non l'hanno presa benissimo...
«C'è una persona alla quale ero molto legato, amico pure di mia moglie, il giornalista Giorgio Bocca. Lui mi sostenne contro tutta la buona borghesia. Perché quando feci la scelta di Formentini, la mia buona borghesia di Montenapo mi guardò male. Ma io forse per genesi francese, sono un po' giacobino».
Di cosa va fiero di quell'esperienza?
«Quando ero assessore ho lavorato anche all'idea della cosiddetta Città metropolitana, la sua genesi; un'idea che ancora oggi credo sia importante. Ho spinto tanto in questa direzione ma la cosa non è ancora sbocciata, sono convinto che nei prossimi anni succederà, ce lo chiederà l'Europa».
Cambiamo canale: dalla pubblica amministrazione alla tv...
«Ho fatto Passepartout sui canali Rai, trasmissione nata per caso e nata con uno spirito anti-televisivo che si occupava di storia dell'arte. Abbiamo dimostrato che esiste una fascia di italiani interessati all'argomento, avevamo un 5% di audience, circa tre milioni di persone. Poi, purtroppo, la televisione non si interessa a noi, le nicchie in Italia sono proibite».
Televisione o no, come speaker si trova a suo agio?
«Io faccio molte conferenze pubbliche ed lì che trovo il rapporto fisico con il lettore. In questo senso devo la mia fortuna ai quattro anni di politica che ho fatto. Prima avevo paura a parlare in pubblico. È stato come imparare a nuotare cadendo in un canale».
E nei panni del critico (o giudice)?
«Una faticaccia davvero anche se molto bella. Sono presente sia nello Strega sia nel Campiello e devo occupami di centinaia di libri ogni anno. Lo faccio ricorrendo pure a un meccanismo di annusatura dell'opera. È come negli esami all'università, si capisce subito se uno studente c'è oppure proprio non c'è».
A questo punto della sua vita, ha altri progetti?
«Assolutamente sì. Da pochi giorni sono entrato nel settantesimo anno di vita, è stato uno choc psichico ma il primo progetto che ho è quello di non rimbambire. Adesso ci sono tempi e progetti molto più brevi. Ho degli amici novantenni che sono molto svegli, per me sono un modello da seguire».
Come vede il futuro, c'è qualcosa che le fa paura o terrorizza?
«Una cosa che mi fa paura, vivendo in Italia, è la povertà. Sono molto riconoscente alla nostra sanità per le cure che ho ricevuto in passato, ma qui se si diventa poveri è una catastrofe, non ti risollevi più. So che fino a quando posso lavorare vado bene, nel caso contrario diciamo che mi potrei sentire un po' imbarazzato».
C'è qualcosa a cui non vorrebbe mai rinunciare?
«Vorrei ancora avere una possibilità di partecipare alla politica. Penso che questo sia molto importante per ogni persona. Potrei accettare una proposta in questo senso in un'unica direzione, in una sorta di europeismo riformato. Io sono fautore non dell'Europa di oggi, ma assolutamente dell'Europa sì, e la vorrei composta di cinquanta regioni, che è l'unica soluzione vera che possiamo avere».
Ma di tempo libero per sé ne ha?
«In generale no, poi c'è da dire che il tempo applicato alle cose è più bello. Se c'è da cucinare un piatto mi piace molto farlo, mia moglie mi frena perché sporco troppo le pentole. Ero legato alla cucina delle mie origini, amo gli arrosti, amo il puree, amo certe zuppe francesi. Però amo molto anche l'italianità. Senza spaghetti non si può vivere, il risotto è fondamentale».
Qualche giorno per le vacanze lo scova da qualche parte?
«I viaggi hanno un senso quando non sono solo turistici, quando dietro c'è un progetto. Una volta con sei amici abbiamo preso in affitto un rompighiaccio alle Isole Svalbard per andare al Polo Nord. Oppure apprezzo gli spostamenti che nascono per motivi di lavoro. Per esempio in Cina a fare un video, all'Avana per un trasmissione. Ancora ricordo la trasferta per la Biennale di Dakar».
Per i viaggi intellettuali e artistici lo spazio lo trova...
«Beh noi siamo sempre stati legati alla musica. Quindi in questo senso viaggi tanto. Mi piace l'opera lirica, perché è una delle identità dell'italianità. L'Italia non è un Paese fondato sul lavoro ma sul melodramma; la Germania sulla tragedia e la Gran Bretagna sull'arrivo dall'estero di forze musicali. Senza Haendel non ci sarebbero stati i Beatles. La Francia, infine, ama la musica pomposa».
Con l'opera ha mai avuto «incontri ravvicinati» di qualche tipo?
«Nel 2008 sono stato chiamato dal regista Pier Luigi Pizzi a interpretare il narratore Njegus nell'operetta La vedova allegra di Franz Lehár, in scena al Teatro alla Scala. È stata un'emozione formidabile perché sono rimasto in scena per tutta la durata dello spettacolo».
Che rapporti ha con il Teatro alla Scala?
«Attualmente sono nel consiglio di amministrazione. In verità i miei ruoli gestionali si sono svolti tutti qui, a Milano: prima a Palazzo Marino, poi mi sono occupato del Duomo e del suo museo, e ora il Piermarini, tutti luoghi che raggiungo a piedi».
Con tutte queste esperienze che cosa ha capito dell'Italia?
«A proposito ho scritto un libro. L'Italia è un Paese diverso da tutti gli altri Paesi europei, con parametri aggregativi differenti. Tutta l'Europa è monarchica, noi siamo comunali, una sommatoria di comuni. L'Italia è unita con la forchetta e con il bicchiere».
Gioco della torre: un quadro, un brano, un libro, un film che non butterebbe giù, che salverebbe...
«Per l'arte La colazione sull'erba di Monet perché riassume il passato e anticipa il futuro. Per la musica L'arte della fuga di Bach, è una costruzione colossale. Riguardo ai libri la Crocifissione rosea di Henry Miller, c'è tutta la complessità del nostro mondo moderno. Infine il film, penso a Senso di Luchino Visconti, è il più bel riassunto epico del nostro Paese».
Ultima domanda su Dio.
«Sono religioso ma non baciapile. Il rapporto col piano di sopra è fondamentale e faccio di tutto per mantenere un dialogo costante».
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euroedo2016 · 2 years
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BERLIN!
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Ci vorrebbe come minimo un mese per illustrare ciò che è la capitale della Germania. Tra la storia della metropoli tedesca, i suoi musei e i suoi monumenti, le sue strade ricche di fascino -specialmente nella parte orientale-, e l'argomento che attiene il blog, ovvero la mobilità, Berlino richiederebbe un tempo davvero molto lungo e forse mai abbastanza esauriente, al solo pensare di ogni novità e aggiornamento che riguardano le opere viarie, del traffico e anche le varie situazioni che descrivono al meglio il passato della città berlinese. E come non trascurare i luoghi del divertimento, i ristoranti e i locali dove trascorrere del tempo libero e le occasioni svago oppure i più prestigiosi centri dello shopping?
Ma, essendo questo blog, l'occasione per spiegare in qualche modo ciò che è l'andamento del traffico, informiamo subito che la rete dei trasporti di Berlino è suddivisa in tre zone concentriche: la zona A arriva fino all'anello della S-Bahn e comprende il centro della città. La zona B finisce ai confini della città. La zona C comprende l'hinterland berlinese (ad esempio l'aeroporto Flughafen Berlin Brandenburg BER, Potsdam, Oranienburg). In base alle necessità si possono acquistare biglietti combinati per le zone AB, BC e persino ABC. La tariffa ordinaria vale per gli adulti, quella scontata per i bambini dai 6 ai 14 anni, mentre i bambini fino a 6 anni viaggiano gratuitamente. I biglietti si possono acquistare presso uno dei numerosi punti vendita della rete BVG o dell'S-Bahn di Berlino
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(foto dal sito "visitberlin.de")
o presso i distributori automatici direttamente nella stazione. I distributori automatici sono facili da utilizzare grazie a un menu in 6 lingue (tedesco, inglese, francese, spagnolo, turbo e polacco) e funzionano 24 ore al giorno.
Berlino ha una nutrita rete di collegamenti di autobus gialli, a due piani, che collegano la zona del centro. Le linee hanno numeri a tre cifre preceduti da una X. Mentre le linee di autobus e tram preceduti da una M servono zone senza collegamenti diretti di U-Bahn e S-Bahn.
Nei giorni feriali le linee della U-Bahn seguono un orario che va dalle 4.00 di mattina alle 1.00 di notte. Le tre ore di chiusura sono dedicate alla manutenzione e alla pulizia dei treni; in queste tre ore di chiusura, il trasporto pubblico di Berlino è assicurato dalle linee di autobus notturni.
Uno stesso biglietto vale su tutti i mezzi (U-bahn, S-bahn, tram, bus, treni regionali), dura 90 minuti ed è valido solo in una direzione. In U-Bahn, S-bahn e treni il biglietto va acquistato e obliterato prima di salire, mentre sui tram e bus è invece possibile acquistarlo a bordo.
Sugli autobus il biglietto si paga all'autista, sui tram alle biglietterie automatiche all'interno dei treni. Nelle stazioni più grandi, la S-Bahn e la BVG
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(foto dal sito "visitberlin.de")
offrono anche biglietterie automatiche. I biglietti possono essere acquistati anche tramite l'app gratuita della BVG.
Anche chi desidera spostarsi su rotaia avrà ampia scelta: la metropolitana di Berlino, la U-Bahn, consiste di 9 linee attive praticamente tutto il giorno e molto frequenti, mentre il sistema di treni rapidi, la S-Bahn, dispone di ben 15 linee.
Se ti stai chiedendo cosa vedere a Berlino in 4 giorni, prova il nostro itinerario.
#1 Alexanderplatz,
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Mitte e Porta di Brandeburgo. ...
#2 Prenzlauer Berg e Mauerpark. ...
#3 Friedrichstain-Kreuzberg e East Side Gallery. ...
#4 Checkpoint Charlie,
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museo del Muro di Berlino e Friedrichstrasse.
La metropolitana di Berlino, anche detta è la U-Bahn, corre per circa 146 chilometri sottoterra e serve ben 173 stazioni.
La rete, composta da nove linee, si estende per 155,9 km e 208 stazioni con maggiore densità nella zona occidentale della città (nella ex Berlino Ovest).
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(foto dal sito "visitberlin.de")
Il prezzo base di un taxi, a Berlino è di 3,90 Euro, il prezzo al chilometro è compreso tra 1,65 Euro e 2,30 Euro. Per i tempi di attesa in piedi e di attesa vengono addebitati 33 Euro all'ora. Sul sito del Tema di Taxi Berlino potete conoscere, grazie al calcolatore della tariffa Tarifrechner (Tedesco), il costo approssimativo della corsa.
Se -all'aeroporto- atterrate o ripartite dal Terminal 5, la scelta migliore è prendere uno dei treni di superficie S-Bahn. La linea S9 è consigliata per raggiungere il centro (considerate 50 minuti per raggiungere Hauptbahnhof)
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mentre la linea S45 per i quartieri sud. La frequenza dei treni è circa ogni 20 minuti.
Il biglietto 24h dei mezzi pubblici di Berlino ha un costo di €8,80 (AB) o €10,00 (ABC) a persona.
DOVE ACQUISTARE IL BIGLIETTO A 9 EURO? Lo potrete acquistare da subito presso le macchine distributrici di biglietti, i centri passeggeri e la comodissima app della BVG. Il biglietto riporta stampato il nome del mese per il quale è stato comprato e quindi non va timbrato e vale solo per il mese in corso.
Come arrivare in città dall'aeroporto di Berlino-Brandeburgo BER
Il centro città è collegato all'aeroporto dalle linee S-Bahn S 9 e S 45, che partono a intervalli di 20 minuti, fermandosi anche alla stazione del Terminal 5.
L'Airport Express vi porta in soli 30 minuti alla stazione centrale di Berlino.
Tre giorni sono considerati il tempo minimo per visitare Berlino, quanto basta per farsi un'idea della città e cogliere alcuni aspetti. Riuscirete a vedere alcune delle principali attrazioni senza andare troppo oltre la superficie.
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Itinerario di Berlino e dintorni in 7 giorni
Giorno 1: Alexanderplatz e Isola dei Musei.
Giorno 2: Duomo, Pergamonmuseum, Porta di Brandeburgo, Memoriale Olocausto.
Giorno 3: Reichstag, Sony Center, Checkpoint Charlie, Museo Ebraico.
Giorno 4: Tiergarten, Bellevue Palace, Zoo di Berlin
La Berlin Welcome Card (che consente di visitare i principali luoghi di interesse) può essere acquistata online prima di partire oppure direttamente in città in uno dei Berlin Tourist Infos, in alcuni hotel o nei punti vendita della S-Bahn o della BVG, la compagnia di trasporto pubblico berlinese.
Le zone più raccomandate dove dormire a Berlino sono Mitte, che è il centro della città, e i diversi quartieri che la circondano come Charlottenburg, Tiergarten, Schöneberg, Kreuzberg o Prenzlauer Berg. Gravemente danneggiata durante la seconda guerra mondiale, la città si è notevolmente ricostruita.
Dove mangiare in centro a Berlino?
Cocolo Ramen (Mitte)
Mustafa's Gemüse Kebap (Friedrichshain-Kreuzberg)
Standard (Prenzlauer Berg)
Lebensmittel in Mitte (Mitte)
Horváth (Friedrichshain-Kreuzberg)
Mrs Robinson's (Prenzlauer Berg)
Duc Anh Vietnamese Street Food (Lichtenberg)
Lecker song (Prenzlauer Berg)
Ci sono due aeroporti vicino a Berlino. L'Aeroporto Internazionale Berlino-Tegel era l'aeroporto principale di Berlino, ormai chiuso. L'altro scalo internazionale rappresentato dall'Aeroporto di Schönefeld è stato assorbito dal nuovo progetto.
Cosa fare a Berlino in inverno?
Berlino in inverno: cosa vedere e come sopravvivere al freddo
Visitare i mercatini di Natale.
Pattinare sul ghiaccio.
Fare shopping.
Visitare i musei.
Andare a teatro.
Godersi il cibo tedesco.
Bere il Luft.
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(continua...)
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lamilanomagazine · 8 months
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Milano, sviluppo economico, "0100 conference mediterranean" evento internazionale dedicato all'industria del Private equity e del Venture capital
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Milano, sviluppo economico, "0100 conference Mediterranean" evento internazionale dedicato all'industria del Private equity e del Venture capital Si svolgerà a Milano dal 28 al 30 ottobre presso la sede della Borsa Italiana a Palazzo Mezzanotte l'edizione italiana del prossimo Zero One Hundred Conference, l'evento leader in Europa dedicato al Venture capital e al Private equity che da anni permette l'incontro, lo scambio e le relazioni tra fondi di investimento locali, globali e il grande panorama degli innovatori internazionali. Merito di una joint venture tra l'Assessorato allo Sviluppo Economico del Comune di Milano e Milano&Partners (l'agenzia ufficiale della Città di Milano creata dal Comune di Milano e dalla Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi per attrarre turismo, talenti, investimenti in città), che insieme hanno condotto la trattativa per portare nel capoluogo lombardo l'evento che negli ultimi 7 anni ha ospitato oltre 11.500 delegati, di cui almeno 6.000 investitori e che ha toccato molte città europee tra cui Amsterdam, Berlino, Lussemburgo, Dublino, Copenaghen, Vienna, Praga, Tallinn, Limassol e Bratislava. Dopo l'edizione tenutasi a Roma nel 2023 rivolta in particolare all'ecosistema del capitale privato nel Sud Europa, per il 2024 il format Zero One Hundred Conferences approda per la prima volta a Milano, capitale italiana dell'Innovazione, culla di idee imprenditoriali che possono trasformarsi in business, come dimostra la fotografia dell'ecosistema cittadino dell'innovazione restituita dalla YesMilano Innovation Map - risorsa online open-access recentemente lanciata Milano&Partners e sviluppata sull'infrastruttura tecnologica di dealroom.co - che indica la presenza di 2.740 startup innovative (il 20% del totale italiano), 174 investitori VC attivi e 1.695 funding rounds aperti dal 2010. Milano è leader italiana anche sul fronte dei brevetti europei depositati, che nel 2022 nella città metropolitana di Milano sono 726 su 4.773 in tutta Italia (15,2%) (fonte: elaborazioni Unioncamere - Dintec su dati EPO). "Dopo aver incontrato la maggior parte degli operatori del settore di Milano e aver accolto le loro sollecitazioni, mi sono impegnata per attrarre un evento di caratura internazionale dedicato a Venture capital & Private equity - afferma Alessia Cappello, assessora allo Sviluppo Economico del Comune di Milano -. Milano è diventata negli ultimi anni il principale hub dell'innovazione italiana, è la città in cui si decidono strategie e si valutano investimenti per il futuro, ed era necessario riuscire a portare qui una grande piattaforma di scambio, incontro e network tra fondi di investimento internazionali e locali per facilitare le transazioni future. Sono contenta di aver trovato il partner ideale e di ospitare per la prima volta a Milano un grande evento come Zero One Hundred Conference". "Noi di Zero One Hundred Conferences siamo orgogliosi ed entusiasti di ospitare la nostra '0100 Conference Mediterranean 2024' a Milano, il cuore finanziario dell'Italia e del Sud Europa. L'ecosistema italiano del private equity e del venture capital lascia ora intravedere opportunità senza precedenti per gli investitori pronti ad entrare in questo mercato. Siamo certi che questa tre giorni aprirà la strada a un networking di qualità e porrà le basi per collaborazioni di alto livello - ha dichiarato Mauro Marconi, Executive Director 0100 Conference Mediterranean. "Milano&Partners lavora per rafforzare il posizionamento di Milano destinazione di riferimento per gli investimenti internazionali, in particolare in 3 settori strategici: Life Sciences, Fintech & DeepTech - conclude Fiorenza Lipparini, Direttrice Generale dell'agenzia -. In una Milano che si sta trasformando, M&P vuole essere un fattore abilitante del cambiamento, sfruttando al massimo le opportunità generate dalla collaborazione pubblico-privato, per costruire una città capace di accogliere e supportare tutti gli innovatori".... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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u2clubitalia-blog · 6 years
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#OnThisDay Un anno fa, #Bono e #thedge si esibirono in un mini concerto acustico alla stazione della metropolitana di Berlino #deutschoper #u2 https://www.instagram.com/p/BrDwMbIINI-/?utm_source=ig_tumblr_share&igshid=1ezpddoe0cloj
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needa-bara-soapa · 6 years
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(timeless) (presso Alexanderplatz (metropolitana di Berlino))
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robertchi-blog1 · 6 years
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(Scroll down for the English version)
Riassunto dell’itinerario in breve: 5 giorni
Volo: Milano Orio al Serio / Porto
Porto – Fatima – Lisbona (giorno 1)
Lisbona: MATTINA:  Giardini Amalia Rodríguez – Parco Edoardo VII – Av. de Liberdade – Praca Rossio – Elevador de Santa Justa –  Bairro Alto, Baixa, Praca do Commercio; POMERIGGIO  Praca do Martim Moniz – Miradouro de Nossa Senhora do Monte – Castelo de Sao Jorge – Alfama – Chiesa di Santa Engracia –  SERA: Bairro Alto   (giorno 2)
Lisbona:  MATTINA: Ponte del 25 Aprile, Monumento alle Scoperte, Torre di Belem;  POMERIGGIO: Parco delle Nazioni, Acquario Oceanografico di Lisbona –  SERA: Barrio Alto  (giorno 3)
Lisbona – Cabo da Roca – Nazarè – Porto (giorno 4)
Porto: giro in sightseen bus per il poco tempo a disposizione e rientro a Bergamo (giorno 5)
Nella primavera dell’anno scorso, prima di iniziare a scrivere questo blog, ho fatto un viaggio molto bello, ormai reso classico dai voli Ryanair; la destinazione di cui molti amici mi hanno parlato bene è infatti Porto; Non ero mai stato in Portogallo, ma, prima di prenotare ho deciso di non fermarmi solo in questa città come meta ma di girare un po’.
eccovi quindi il mio itinerario Porto – Lisbona – Porto di  5 giorni.
Eh si, se avete qualche giorno perché limitarsi ad una città piccola come Oporto quando potete con 10 euro al giorno noleggiare un Auto e muovervi un pochino lungo il Portogallo?
Atterriamo al mattino a Porto, ma la nostra destinazione principale per i primi giorni è Lisbona, quindi dopo aver sbrigato tutte le pratiche del noleggio auto imbocchiamo l’autostrada E1 verso sud; in realtà l’obiettivo è di arrivare a Lisbona entro le 18:00 facendo una tappa lungo il percorso, visto che l’autostrada passa per Fatima; facciamo quindi la prima tappa per visitare il Santuario costruito sul luogo dove nel 1917 i pastorelli portoghesi Lucia, Jacinta e Francisco iniziarono a vedere la Madonna.
Siamo fortunati, la giornata è bella e il santuario non è preso d’assalto, c’è molta gente ma è vivibile, facciamo un giro nella chiesa, e nella grande piazza e accendiamo un cero; questo luogo così mistico, va visitato di sicuro se siete in zona e rimarrete colpiti dall’aura di misticismo e fede di cui è intriso.
Ci rimettiamo in strada direzione Lisbona che raggiungiamo anche prima del previsto . Calcolate che la distanza Porto – Lisbona è di 320 km più o meno quindi non vi ci vuole molto. A Lisbona, ho trovato un appartamento molto carino in un quartiere tranquillo appena fuori dal centro, con garage, dove poter lasciare l’auto per un paio di notti; a Lisbona non vi serve, dato che la rete metropolitana e di trasporti pubblici è molto efficiente.
L’appartamento è stata un ottima soluzione – economico, bello, ben arredato e in ottima posizione: qui il link dell’appartemento su booking.com http://www.booking.com/Share-i5KfqN 
Usciamo a fare un giro per il centro dirigendoci nella zona di Baixa per cenare e fare due passi e rientriamo prima di mezzanotte in metrò.
GIORNO 2:
All’indomani facciamo colazione in appartamento avendo fatto un po’ di spesa in un supermercato sotto casa e ci incamminiamo verso il centro passando per i Giardini di Amalia Rodríguez con il suo punto panoramico (dovete tenere conto che Lisbona è una citta che si trova su varie colline ed è quindi tutto un saliscendi anche molto ripido, ma è anche ricca appunto di miradori, delle terrazze panoramiche, da cui godere di una vista della città circostante dall’alto).
Continuiamo la camminata attraverso Parco Edoardo VII e Avenida de Liberdade (la via dello shopping e delle boutique di lusso), ci incantiamo a guardare alcuni tram caratteristici di questa città che si inerpicano su per le ripide salite della città, passiamo per alcune piazze fino all’Elevador de Santa Justa che altro non è che un ascensore in ferro del 1900 con terrazza panoramica che serviva ad unire la parte bassa a quella alta del Bairro Alto. Giriamo su e giù per queste caratteristiche viuzze del centro senza una meta ben precisa, e attenzione, non perché non sappiamo dove andare, ma, proprio perché Lisbona per certi versi va proprio visitata così, perdendosi e girando a casa tra le sue vie. Riscendiamo dalle viuzze del Bairro dove abbiamo già deciso di passare la serata in quanto è in queste vie che si svolge l’animata vita notturna di questa città, e ci ritroviamo nella grande Praça do Commercio. Qui in zona mangiamo un panino prima di dirigerci in Praça do Martin Moniz perché da qui c’è la partenza del tram 🚋 storico 28 che si inerpica su per i colli della città antica . Arrivati alla partenza però ho due problemi, il primo è che c’è una folla di turisti allucinante e quindi già immagino che sul tram si starà come le sardine e difficilmente si potrà godere di una bella vista; il secondo problema è invece la mia caviglia che inizia a dolorare (mi hanno levato il gesso in seguito ad una frattura circa due settimane prima, e quindi dopo i km di questa mattina zoppico) . Trovo subito però la soluzione a me più congeniale, sul marciapiede opposto una ragazza di fianco al suo tuc tuc mi guarda e mi sorride come avesse già capito cosa stavo pensando. Mi fa segno di raggiungerla e dopo una breve contrattazione ci offre un giro di 2 ore e mezza con lei come guida del tuc tuc e guida turistica e con un itinerario di diverse tappe su per i colli della città antica, seguendo in parte lo stesso percorso del tram 28. Inoltre ci avvisa che nel percorso farà diverse tappe dove possiamo smontare a fare delle foto o visitare il luogo. Sarebbero 70 euro a gruppo, noi siamo in due e riusciamo a scendere il prezzo a 50 euro. Vista la bella giornata calda, e la mia caviglia dolorante devo dire con il senno di poi che questi sono stati i 25 euro (la mia quota) meglio spesi della mia vita; montiamo e viaaaa si parte. Gabriela è una ragazza molto spigliata alla guida e con un ottima conoscenza della storia e delle curiosità della città e quindi ci allieta nel percorso con cenni storici e aneddoti. Nel giro saliamo verso il Castelo de Sao Jorge e facciamo una tappa al Miraduro de Nossa Senhora do Monte punto più alto della città (devo dire che Senza tuc tuc visto quanto è ripida la salita, non ci saremmo mai arrivati). Gabriela, ci offre una limonata fresca prima di ripartire passando per la Chiesa di Santa Engracia (che i portoghesi chiamano la loro S.Pietro, vista la somiglianza con la chiesa vaticana) e scendendo verso il quartiere di Alfama . Facciamo qualche altra tappa prima di ritornare al punto di partenza. Alla fine ci abbiamo messo tre ore, ma abbiamo visto un sacco di cose, col minimo sforzo (la mia caviglia ringrazia😜) e alla fine lasciamo pure una mancia a Gabriela.
Rientriamo per una doccia e un riposino in appartamento e usciamo sul tardi per cenare e vivere un po’ di vita notturna di questa città. Andiamo quindi nelle stradine del Barrio Alto, piene di pub, bar, birrerie e piene di gente che si diverte. Ceniamo in un piccolo ristorante di tapas e ci beviamo un paio di birre in alcuni rumorosissimi locali. Devo dire che la vita notturna di Lisbona, è molto movimentata e divertente.
GIORNO 3: 
Ci svegliamo l’indomani con calma, e con il metrò scendiamo verso piazza del commercio da dove prenderemo un trenino verso la zona di Belem.
Scesi dal trenino, camminiamo lungo il Tago, da qui si gode di una vista stupenda sul Ponte del 25 Abril uno dei luoghi più famosi di Lisbona ed è un ponte che ricorda il Golden Gate Bridge di San Francisco. Continuando la passeggiata verso la famosa Torre de Belem passando per il monumento alle Scoperte . Pranziamo in uno dei tanti ristorantini con tavoli all’aperto, con il tempo per essere aprile siamo fortunatissimi, sole e caldo.
il pomeriggio dovremo spostarci a qc km da qua dall’altra parte della città al Parco delle Nazioni, zona dell’Expo  Universale del 1998, e definita la zona più futuristica della città. Qui facciamo visita al famoso Oceanario, davvero molto bello.
siamo soddisfatti, abbiamo visto la città in lungo e in largo, e devo dire che Lisbona è una di quelle mete che non mi sono mai venute in mente prima, ma che da oggi è per me una delle capitali più belle d’Europa.  Quindi quando pensate a cosa visitare e vi viene in mente Parigi, Londra, Berlino, pensateci meglio perchè Lisbona è molto molto meglio (per quanto anche le altre città siano belle) ed è anche molto più economica.
GIORNO 4:
La mattina salutiamo il padrone di casa a cui abbiamo riconsegnato le chiavi, e risaliamo sulla nostro Fiat Punto a noleggio; guardando la cartina ho deciso che per oggi invece di rientrare lungo l’autostrada fatta all’andata, di fare una variante lungo oceano e di fare due tappe, la prima a Cabo Da Roca e la seconda  a Nazarè prima di arrivare a Porto meta del nostro ultimo giorno prima di rientrare a casa.
Cabo da Roca: è il punto più occidentale del continente Europeo, ed altro non è che una stupenda scogliera a picco sull’Oceano Atlantico, che nulla ha da invidiare alle Cliffs of Mohar irlandesi.  Mentre sto facendo alcune foto, sento qualcuno che mi chiama, e non posso fare a meno che pensare che il mondo è proprio piccolo: incontro infatti qui per caso alcuni miei compaesani; quattro chiacchiere e poi via di nuovo verso Nazarèdove abbiamo letto se il mare è mosso si possono vedere le onde più alte del Mondo. Facciamo tappa alla praja do Northe, la giornata è stupenda, la spiaggia bellissima, ma mai visto il mare così calmo in vita mia, quindi niente onde, ma comunque un panino in spiaggia per pranzo ci stà.
ci rimettiamo in marcia e raggiungiamo il nostro hotel a Porto verso le 17:00. Lasciamo le nostre cose e facciamo subito un giro in centro.
Porto è una città piccolina, famosa soprattutto per le sue cantine di vino e con un centro storico davvero affascinante: il quartiere Ribeira è appunto la zona centrale ricca di antiche case, strette vie acciotolate e numerosissimi ristoranti e bar.
Le numerose cantine di Vino, dall’altra parte del fiume, dove si produce il Porto appunto.
Mangiamo in un ristorante lungo il fiume, e assaggiamo alcuni vini locali tra cui il Porto che tra un bicchiere e l’altro si fa notte. L’indomani, non abbiamo molte ore, nel pomeriggio dobbiamo tornare in aeroporto, quindi anche a causa della mia solita caviglia, decido per la prima volta in vita mia di prendere uno di quegli autobus turistici aperti sopra che fanno tutto il giro della città. Riusciamo così a vedere Porto stando comodi, prima di rientrare, e devo dire che sono sempre più convinto di aver scelto il giro giusto, Lisbona da visitare con calma e bellissima, e Porto per quanto molto carina non merita più di un paio di giorni al massimo.
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Questo il mio primo approcio con il Portogallo, ma devo dire che mi ha piacevolmente stupito, per la sua bellezza, per la gente, per la vita, tanto che ho deciso di tornarci quest’estate per fare un po’ di mare nella zona Sud, in Algarve.
e voi ? siete mai stati in Portogallo? che ne pensate?
Summary of the itinerary in brief: 5 days
Flight: Milan Orio al Serio / Porto Port – Fatima – Lisbon (day 1)
Lisbon: MORNING: Amalia Rodríguez Gardens – Eduardo VII Park – Av. De Liberdade – Praca Rossio – Elevador de Santa Justa – Bairro Alto, Baixa, Praca do Commercio; AFTERNOON Praca do Martim Moniz – Miradouro de Nossa Senhora do Monte – Castelo de Sao Jorge – Alfama – Church of Santa Engracia – EVENING: Bairro Alto (day 2)
Lisbon: MORNING: 25th April Bridge, Monument to the Discoveries, Belem Tower; AFTERNOON: Nations Park, Oceanographic Aquarium of Lisbon – EVENING: Barrio Alto (day 3)
Lisbon – Cabo da Roca – Nazarè – Porto (day 4)
Porto: tour in sightseen bus for the short time available and return to Bergamo (day 5)
In the spring of last year, before starting to write this blog, I had a very nice trip,  in fact, the destination of which many friends have spoken to me very well is Porto; I had never been to Portugal, but, before booking, I’ve decided not to stop only in this city as a destination but to go around a little bit.
so here is my itinerary Porto – Lisbon – Port of 5 days.
Oh yes, if you have a few days why limit yourself to a small city like Porto when you can rent a car with 10 Euro /day and move a little along Portugal?
We land in the morning in Porto, but our main destination for the first days is Lisbon, so after hurrying all the car rental practices we take the E1 highwayto the south; in reality the goal is to arrive in Lisbon by 18:00, making a stop along the way, as the highway passes through Fatima; there we make the first stop to visit the Sanctuary built on the place where in 1917 the Portuguese shepherds Lucia, Jacinta and Francisco began to see the Madonna.
We are lucky, the day is beautiful and the sanctuary is not crowded, we walk around the church, and in the large square and light a candle; this place so mystical, should be visited for sure if you are in the area and you will be struck by the aura of mysticism and faith that is soaked.
We get back on the road towards Lisbon that we reach even earlier than expected.
The apartment was a great solution – cheap, nice, well furnished and in a great location: here the link of the apartment on booking.com  http://www.booking.com/Share-i5KfqN
We go out for a walk around the center heading into the Baixa area for dinner and take a walk and return before midnight in the subway.
DAY 2:
The next day we have breakfast in the apartment having done a little ‘shopping in a supermarket under the house and we walk towards the center through the Amalia Rodríguez’s garden with its vantage point (you have to keep in mind that Lisbon is a city that is on various hills and is therefore all a steep up and down, but it is also rich of the so called  miradori, the panoramic terraces, from which to enjoy a view of the surrounding city from above).
We continue the walk through  Edoardo VII Park and Avenida de Liberdade (the shopping street and luxury boutiques), we are enchanted to watch some characteristic trams of this city that climb up the steep hills of the city, we pass through some squares until ‘Elevador de Santa Justa which is nothing more than a 1900 iron elevator with a panoramic terrace that served to connect the lower part to the high one of the Bairro Alto. We turn up and down these characteristic alleys of the center without a precise goal, and attention, not because we do not know where to go, but, just because Lisbon in some ways goes so well visited, getting lost and wandering through its streets. We descend from the alleys of Bairro where we have already decided to spend the evening as it is in these streets that takes place the animated nightlife of this city, and we find ourselves in the great Praça do Commercio. Here in the area we eat a sandwich before heading to Praça do Martin Moniz because from here there is the departure of the historic tram 28 which climbs up the hills of the ancient city. Arrived at the start but I have two problems, the first is that there is a crowd of tourists waiting to climb in the tram, and so I already imagine that on the tram will be like the sardines and you can hardly enjoy a nice view; the second problem is instead my ankle that starts to ache (I have removed the plaster after a fracture about two weeks before). But now I find the solution most congenial to me, on the sidewalk opposite a girl next to her motorcycle tuc tuc looks at me and smiles as she already understood what I was thinking. She beckons me to join her and after a short bargaining she offers us a two and a half hour tour with her as a guide to the tuc tuc and tour guide and with an itinerary of different stages on the hills of the ancient city, following in part the same path of the tram 28. It also warns us that in the path will make several stops where we can take off photos or visit the place. It would be 70 euros per group, we are two and we can get down to 50 euros. Given the beautiful hot day, and my ankle ache I must say with hindsight that these were the 25 euros (my share) better spent my life;
Gabriela is a very sensible girl  with an excellent knowledge of the history and the curiosities of the city and therefore she gladdens us on the path with historical notes and anecdotes. In the ride we climb to the Castelo de Sao Jorge and make a stop at the Miraduro de Nossa Senhora do Monte highest point of the city (I have to say that Without tuc tuc, seen how steep the climb, we would never have arrived there). Gabriela, offers us a fresh lemonade before leaving again through the Church of Santa Engracia (which the Portuguese call their St. Peter, given the similarity with the Vatican church) and descending towards the Alfama district . We make a few more stops before returning to the starting point. In the end it took us three hours, but we saw a lot of things, with the least effort (my ankle thanks) and at the end we leave a tip to Gabriela
We return for a shower and a nap in the apartment and go out late to have dinner and live a bit ‘of nightlife in this city. So we go in the streets of the Barrio Alto, full of pubs, bars, pubs and full of people having fun. We have dinner in a small tapas restaurant and drink a couple of beers in some very noisy places. I must say that Lisbon’s nightlife is very lively and fun.
DAY 3:
The day after we reach with the subway the Commecio square from where we will take a train to the Belem.
Once out of the train, we walk along the Tagus, from here you can enjoy a wonderful view of the 25th April Bridge one of the most famous places in Lisbon and is a bridge that recalls the Golden Gate Bridge in San Francisco. Continuing the walk to the famous Belem’s Tower passing  the Monument to the Discoveries. Lunch in one of the many restaurants with outdoor tables, with the time to be April we are lucky, sun and heat.
In the afternoon we will have to move  from here on the other side of the city to the Park of Nations, area of ​​the Universal Expo of 1998, and defined the most futuristic area of ​​the city. Here we visit the famous Oceanarium, very beautiful, worht a visit.
We are satisfied, we have seen the city far and wide, and I must say that Lisbon is one of those destinations that I have never thought of before, but that today is one of the most beautiful capitals in Europe for me. So when you think about what to visit and you can think of Paris, London, Berlin, think better because Lisbon is much much better (although the other cities are beautiful) and it is also much cheaper ..
  DAY 4:
In the morning we say goodbye to the landlord to whom we have handed the keys back, and we go back to our rented Fiat Punto; looking at the map I decided that for today instead of returning along the same highway of the first day, to make a long ocean variant and to make two stops, the first in Cabo Da Roca and the second in Nazarè before arriving in Porto our last day before returning home.
Cabo da Roca is the westernmost point of the European continent, and is nothing more than a beautiful cliff overlooking the Atlantic Ocean, which has nothing to envy to the Irish Cliffs of Mohar. While I’m taking some pictures, I hear someone calling me, and I can not help but think that the world is really small: in fact I meet some of my fellow citizens here; a chat and then off again to Nazarè where we read if the sea is rough we can see the highest waves in the world. We stop at the praja do Northe, the day is beautiful, the beautiful beach, but never seen the sea so calm in my life, so no waves.
we get going again and we reach our hotel in Porto around 17:00. We leave our belongings and immediately take a ride downtown.
Porto is a small town, famous above all for its wine cellars and with a really fascinating historical center: the Ribeira district is precisely the central area full of ancient houses, narrow cobbled streets and numerous restaurants and bars.
  The numerous wine cellars, on the other side of the river, where the Port is produced.
We eat in a restaurant along the river, and taste some local wines including the Port that night falls between one glass and another. The next day, we do not have many hours, in the afternoon we have to go back to the airport, so also because of my usual ankle ache, I decide for the first time in my life to take one of those tourist sightseen buses all the way around the city. So we can see Porto being comfortable, before returning, and I must say that I am more and more convinced that I have chosen the right round, Lisbon to visit calmly and beautiful, and Porto, however pretty, does not deserve more than a couple of days maximum.
This is my first approach to Portugal, but I must say that I was pleasantly surprised, for its beauty, for people, for life, so much so that I decided to come back this summer to do a little ‘sea in the South , in the Algarve.
and you ? have you ever been to Portugal? what do you think?
Porto – Lisbona, 5 days for a small Spring’s adventure (Scroll down for the English version) Riassunto dell'itinerario in breve: 5 giorni Volo: Milano Orio al Serio / Porto…
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