#Beatles storia
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Un disco dei Beatles sotto l’albero. Library Concert: un omaggio a John Lennon e ai Beatles a Serravalle Scrivia
Serravalle Scrivia si prepara a ospitare un evento unico e carico di emozione: il Library Concert dedicato a John Lennon, organizzato dal Comune di Serravalle Scrivia negli spazi accoglienti della Biblioteca Comunale “Roberto Allegri”.
Serravalle Scrivia si prepara a ospitare un evento unico e carico di emozione: il Library Concert dedicato a John Lennon, organizzato dal Comune di Serravalle Scrivia negli spazi accoglienti della Biblioteca Comunale “Roberto Allegri”. L’appuntamento è fissato per giovedì 12 dicembre alle ore 17, un’occasione imperdibile per gli amanti della musica e per tutti coloro che desiderano ricordare uno…
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La storia della Musica!!!!
Tre giorni di pace e musica. Tre giorni che hanno fatto la storia. Si celebra oggi il 51esimo anniversario del più grande evento di libertà, umanità e lotta pacifica: il Festival di Woodstock. Più che un concerto un pellegrinaggio, una fiera di arte e musica, una comunità, un modo di vivere che ha cambiato per sempre il concetto di libertà. Sul palco, a Bethel (una piccola città rurale nello stato di New York) si sono alternati per tre giornate alcuni tra i più grandi musicisti della storia. Musicisti che provenivano da influenze, scuole musicali e storie differenti ma che avevano in comune ciò che più contava in quei favolosi anni ’60: la controcultura.
Si passava dal rock psichedelico di Jimi Hendrix (che, pur di essere l’ultimo a esibirsi, salì sul palco alle 9 di lunedì mattina per un concerto di due ore, culminato nella provocatoria versione distorta dell’inno nazionale statunitense) e dei Grateful Dead ai suoni latini dei Santana (che regalarono un memorabile set, impreziosito dallo storico assolo di batteria del più giovane musicista in scena: Michael Shrieve) passando per il rock britannico di Joe Cocker (che regalò in scaletta le splendide cover di Just Like a Woman di Dylan e With a Little Help from my Friends dei Beatles) e degli Who all’apice della loro carriera (celebre l’invasione di palco dell’attivista Habbie Hoffman, durante il loro concerto, quasi quanto il lungo assolo di Pete Townshend durante My Generation, con lancio di chitarra finale).
C’era poi il folk, con una splendida Joan Baez su tutti, che suonò nonostante fosse al sesto mese di gravidanza, genere tipicamente statunitense che si alternava a suoni più esotici e orientali, come il sitar di Ravi Shankar. Impossibile dimenticare infine l’intensa performance della regina del soul Janis Joplin, la doppia esibizione (acustica ed elettrica) di Crosby, Stills, Nash e del “fantasma” di Neil Young, che rifiutò di farsi riprendere dalle telecamere e il divertente show dei Creedence Clearwater Revival.
1969, il ‘Moon day’ in musica..
Concerti che rimarranno nella memoria di chiunque ami la musica come simbolo di cambiamento, pace e libertà. D’impatto i presenti come pesanti furono le assenze di John Lennon, che si rifiutò di esibirsi per il mancato invito di Yoko Ono, Bob Dylan, padrone di casa (lui che all’epoca viveva proprio a Woodstock) assente per la malattia del figlio, i Rolling Stones, ancora scossi per la morte di Brian Jones e i Doors, alle prese con una serie infinita di problemi legali.
Il vero protagonista dell’evento fu però il pubblico, la “vera star” secondo l’organizzatore Michael Lang, eterogeneo quasi quanto i generi musicali. Da tutta America arrivarono studenti liceali e universitari, hippie, veterani del Vietnam, filosofi, operai e impiegati. Nessuna differenziazione di razza, etnia o colore della pelle: tutti uniti dalla voglia di stare insieme in libertà con il fango a livellare ogni diversità e i capelli lunghi come simbolo di ribellione. Un sogno che oggi sembra lontano anni luce, nelle ideologie come nell'organizzazione.
Da quel 1969 si è provato a più riprese a riproporre Woodstock, con scarsi risultati culminati nell'annullamento del concerto in programma per questo cinquantesimo anniversario, organizzato proprio da Lang e non andato in porto tra una defezione e l’altra, forse perché indigesto ai grandi organizzatori di eventi musicali mondiali. Forse, a conti fatti, meglio così: quell'atmosfera irripetibile era frutto di una spontaneità organizzativa di altri tempi, una magia fuori da ogni schema il cui risultato sensazionale, iconico e significativo fu chiaro solo anni dopo anche agli stessi partecipanti.
Vanni Paleari
PhWoodstock, 1969
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Storia Di Musica #340 - INXS, Kick, 1987
La band di oggi, a metà anni '80, era tra le più famose del mondo. Ma credo che anche all'epoca pochissima sapessero che il nucleo centrale di questo gruppo australiano fosse formato da tre fratelli. tutto inizia a Perth, nel 1979: i fratelli Farris, Tim, Andrew e Jon che avevano già un gruppo dal nome, inequivocabile, di The Farris Brothers, aggiungono al nucleo fondativo Kirk Pengilly, Garry Beers e un cantante, amico di liceo di Tim, Michael Hutchens. Si spostano a Sydney, dove cambiano nome in INXS ( da leggere come "In Excess") dove ottengono un contratto con una piccola etichetta indipendente, la Deluxe, con cui pubblicano il primo singolo, Simple Simon. Erano gli anni della pulizia dal rumore del punk, dell'arrivo della elettronica "dolce" e della new wave. È in questo solco che la band si muove, ma si apre in maniera piuttosto originale al funk e a piccoli innesti dance. All'inizio concentrano le energie nella nativa Australia, dove ottengono un buon successo con il loro primo disco, del 1980, intitolato INXS, che si ripete nel 1981 con Underneath The Colours, con la prima hit, una cover di un classico della musica australiana coverizzato, The Loved One, successo del 1966 dei The Loved Ones. Nel 1982 tentano il grande salto. Vanno in Inghilterra, dove li scrittura la WEA e la Atlantic li distribuisce negli Stati Uniti. Shabooh Shoobah del 1982 ha il primo singolo di successo mondiale, Don't Change, e il seguente tour internazionale al seguito di The Kinks e Adam And the Ants li fa conoscere in mezzo mondo. Nel 1984 ancora maggiore successo ottiene The Swing, trascinato dal singolo Original Sin, prodotto da Nile Rodgers. Il successo è sempre crescente: nel 1985 partecipano da Sydney al Live Aid, nel 1986 suonano con i Queen alla Royal Albert Hall, Hutchens addirittura esordisce come attore protagonista in Dogs In Space, film che lo vede interpretare Sam, il frontman avvezzo alla sostanze di una band post punk nel 1978 a Melbourne.
Dopo un tour lunghissimo, e con il management che ne programma uno nuovo in Europa, la band torna in studio. Guidati dal produttore Chris Thomas, uno dei grandi produttori inglesi (a lavoro con The Beatles, Pink Floyd, Procol Harum, Roxy Music, Badfinger, Elton John, Paul McCartney, Pete Townshend, Pulp, The Pretenders) le prime prove avvengono addirittura nella spettacolare Sydney Opera House. Il suono è più maturo, gli innesti da altri generi eclettici, i riff invidiabili e la voce di Hutchens è ormai una garanzia. Thomas però vorrebbe più canzoni, anche in previsione dell'atteso e imminente tour europeo, quindi manda Hutchens e Andrew Farris a Honk Kong, dove i due acquistarono un appartamento. Un giorno, mentre è in attesa di un taxi, a Andrew viene in mente una melodia, proprio mentre il taxi è arrivato. Chiede al tassista di aspettarlo cinque minuti, ma lui sale nel suo appartamento, scrive e registra i demo di una canzone, la riporta sulla cassetta e 45 minuti dopo, nonostante la furiosa cazziata del tassista, la porta a Hutchens che lo aspettava in un bar, e in dieci minuti ne scrive il testo, per quello che sarà il singolo di apertura, e hit mondiale, del nuovo disco.
Kick esce il 19 ottobre del 1987, un mese prima, il 21 Settembre, fu preceduto da quella canzone: Need You Tonight, dal ritmo funky, la voce sensuale di Hutchens e un bellissimo video musicale (che vinse nel 1988 5 MTV Video Music Awards) trascinano il brano in cima alle classifiche (primo negli Stati Uniti e secondo in Gran Bretagna) e proietta il disco e la band in una nuova dimensione. Tutte le canzone sono scritte dal duo Hutchens - Andrew Farris, che mediano tra il suono molto funk dei primi dischi a quello mainstream rock dei primi dischi a distribuzione internazionale. Più che altro, hanno il tocco magico di scrivere canzoni che diventano famose per come rimangono in testa: New Sensation, Devil Inside, Mystify, la toccante Never Tear Us Apart, la ripresa di The Loved One ne fanno un disco di grande qualità e di grande successo, con una serie di ganci musicali memorabile. Il disco venderà milioni di copie e li fa diventare rockstar.
Arriveranno anche al Festival di Sanremo del 1988, però perdono il tocco magico: nonostante tour seguitissimi, in studio perdono la magia e X (1990) e Welcome To Wherever You Are (1992) sono accolti con freddezza e non regalano grandi canzoni. Parallelamente, Hutchens diventa molto più famoso dell'intera band, complice anche la relazione con Paula Yates, giornalista musicale famosa per le sue interviste particolari fatte in programmi come The Tube o The Big Breakfast, dove intervistava gli artisti in un letto e dal 1986 al 1996 moglie di Bob Geldof. Hutchens pensa ad una carriera solista, ma il 22 novembre del 1997 viene trovato morto impiccato in una camera di Hotel in Australia. In un primo momento si scatenano le voci incontrollate di un tragico gioco erotico, in seguito un'inchiesta medico legale, contestata da Yates, accerta che la morte del cantante è suicidio, cosa che non interrompe minimamente il gossip sulla vicenda.
La band, scossa dall'accaduto, sostituirà per un tour celebrativo Hutchens con Terence Trent D'Arby (che fu amante di Paula Yates quando era ancora sposata con Bob Geldof), inaugurando il nuovo stadio Olimpico di Sydney, e nel 2000 alla chiusura dei Giochi Olimpici nella città australiana del 2000. La band continuerà in maniera discontinua anche a suonare dal vivo fino al 2012, ma senza mai arrivare alla qualità di questo disco. Ci sono da raccontare ancora due aneddoti: Hutchens era probabilmente molto simpatico, perchè era amico di tantissimi musicisti. Simon Le Bon dei Duran Duran, scrisse per lui prima della sua morte, Michael, You've Got A Lot To Answer For dall'album Medazzaland del 1997, canzone che Le Bon non è mai riuscita a cantare dal vivo per l'emozione. E Bono dedicò all'amicizia con Hutchens un brano molto famoso, Stuck In A Moment You Can't Get Out Of, da All That You Can't Leave Behind del 2000, che immagina un impossibile dialogo tra i due con Bono che cerca di convincere Hutchens a non farlo:
I never thought you were a fool
But darling, look at you
You gotta stand up straight, carry your own weight
These tears are going nowhere, baby
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Una ricerca scientifica ha dimostrato senza possibilità alcuna di errore che George Harrison è stato la persona più buona del mondo.
#the beatles#paul mccartney#george harrison#giovinastri che hanno cambiato la storia#art photography
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Come ogni anno, l'otto di dicembre, mi soffermo a riflettere - e ricordare - un artista la cui scomparsa è e rimane uno degli eventi più drammatici nella storia della musica. L'anno scorso ricordai questo giorno con un brano nostalgico e pieno di affetto di Paul Mccartney (Here to Day/ 1981), quest'anno ho deciso di mostrare il dolore di una città intera come New York il giorno del funerale di Lennon.
Questo è un estratto del bellissimo documentario Imagine.
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Ho appena finito di guardarlo. Sono passati 60 anni, ma i sentimenti che scatenavano sono sempre lì, intatti.
Paul dice una cosa molto vera. Le prime canzoni erano dedicate ai fan (Love me do, From me to you, She loves you) e noi ce ne accorgevamo. E aggiunge che le canzoni e gli album comunicavano quanto loro si fossero divertiti.
Anche noi ci divertivamo ascoltandoli. Energici e sfrontati loro erano i Beatles, certo, ma erano come noi (o come noi avremmo voluto essere).
E noi lo sentivamo.
Ecco perché la nostra generazione li ha “vissuti” in maniera così intensa e viscerale.
Chi è venuto dopo li ha potuti amare, suonare e studiare, ma è tutta un’altra storia.
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22 DICEMBRE 2014 moriva JOE COCKER, quel soul che arrivava dalle miniere
Oscurò i Beatles con "With a little help from my friend".
Un tono inconfondibile, un crepuscolo da Sinatra del rock
Joe Cocker, il "leone di Sheffield", la più grande voce blues della storia del rock britannico, è morto all'età di 70 anni.
Per oltre cinquanta (aveva esordito nel 1963 con la band degli Avengers, quando aveva solo 15 anni), aveva segnato la storia del rock con il suo tono roco e caldo, insegnando a un paio di generazioni di cantanti come si potesse cantare il blues ed il soul pur non essendo afroamericani, anzi arrivando dal cuore minerario dell'Inghilterra.
Impossibile non amarlo, come fecero tutti quando salì nel 1969 sul palco di Woodstock e cantò, strappando le note con la carta vetrata della sua gola, una versione incredibilmente intensa di "With a little help from my friend", facendo diventare la sua versione l'originale e cancellando addirittura quella già famosa dei Beatles cantata da Ringo in "Stg. Pepper".
Cocker aveva uno stile inconfondibile, chiaramente ispirato alla lezione dei grandi bluesman afroamericani, ma riportato nel pieno dell'evoluzione del rock, venato di gospel e di psichedelia, sostenuto con l'elettricità e caricato con la passione.
E con queste caratteristiche era riuscito negli anni a diventare la voce più riconoscibile del rock, soprattutto all'alba degli anni Settanta quando con Leon Russell e i mad Dogs & Englishman aveva conquistato l'America con uno straordinario tour e, sull'onda di quel successo, aveva spinto legioni di giovani cantanti a mettersi sulle sue orme. Imitatori del suo stile ce ne sono stati tanti, ma nessuno è riuscito a eguagliare il maestro, che sapeva essere interprete sopraffino, in grado di prendere una canzone scritta da altri e trasformarla in qualcosa di suo.
Era successo così con molte canzoni dei Beatles, dei quali era diventato eccellente interprete, ma anche con molti altri classici del rock, del soul e del ryhthm'n'blues che nei primi anni Settanta aveva inciso in album molto belli, ricchi di brani come la leggendaria "You are so beautiful".
Poi gli eccessi, l'alcol e la droga, molte crisi e difficoltà prima della rinascita, negli anni Ottanta, prima con la clamorosa vittoria dell'Oscar per "Up where we belong", cantanta con Jennifer Warnes e compresa nella colonna sonora di "Ufficiale e Gentiluomo", poi con album del calibro di "Sheffield Steel", e poi ancora con la planetaria affermazione di "you can't leave your hat on", che diventa il brano trainante del film "9 Settimane e 1/2".
Da quel momento in poi, complice la ritrovata serenità personale e familiare, con l'amore della sua vita, la moglie Pam, Cocker ritorna al successo, si trasforma in una sorta di "pontefice" del soul bianco, diventa il "Sinatra" del rock, in grado di invecchiare con infinita classe e saggezza, producendo dischi di ottimo livello, dei concerti sempre emozionanti e attraversare il passaggio del millennio come una star.
Ci manca Joe Cocker, il suo stile appassionato e travolgente, la sua inarrestabile simpatia, la disponibilità di un'artista di altri tempi, per il quale il rock non era mai morto, il soul era il sale della vita e la musica la cosa più importante del mondo.
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Fiona Apple
Fiona Apple, pianista, compositrice e cantautrice è tra le artiste più interessanti della sua generazione.
Tra i tanti premi e nomination ricevute, spiccano tre Grammy e due MTV Video Music Award.
Nel 2023 la rivista Rolling Stones l’ha inclusa tra le 200 cantanti più brave di tutti i tempi.
Ha composto ballate con liriche drammatiche e intimiste che testimoniano la sua personalità tormentata e i problemi psicologici cominciati dalla violenza sessuale subita a dodici anni da uno sconosciuto, nel garage di casa.
All’anagrafe Fiona Apple McAfee-Maggart, è nata a New York il 13 settembre 1977, dall’unione tra Brandon Maggart e Diane McAfee, entrambi attori che si sono separati quando lei era ancora molto piccola.
A otto anni ha iniziato a suonare il piano e a undici ha scritto la sua prima canzone.
La sua ascesa artistica è iniziata quando, nel 1994, un’amica ha fatto ascoltare una sua cassetta a Kathryn Schenker (che ha prodotto anche Sting e Smashing Pumpkins), per la quale lavorava come babysitter, che le ha subito procurato un contratto con la Sony.
Ha esordito a soli diciotto anni con Tidal del 1996, disco di platino che ha venduto oltre tre milioni di copie solo negli Stati Uniti e con cui ha partecipato al primo festival tutto al femminile della storia, il celebre Lilith Fair. L’album ha riscosso subito un grande successo di pubblico e di critica e le ha portato il primo Grammy Award nella categoria Best New Artist in a Video per il brano Criminal.
Il suo carattere difficile e la resistenza ad accettare le leggi dello star system che la voleva sex-symbol a tutti i costi, mal si adeguavano alle sue ambizioni artistiche. Nel 1997, agli Mtv Video Music Awards, ritirando il Best New Artist Award, ha dichiarato che quel mondo faceva schifo e concluso con la frase della scrittrice Maya Angelou Go with yourself.
Nel 1999 è uscito il suo secondo album When The Pawn Hits The Conflicts He Thinks… che ha venduto oltre un milione di copie ottenendo il disco d’oro e portandole ulteriori candidature ai Grammy. Il disco è entrato nel Guinness dei Primati come album dal titolo più lungo mai entrato nelle classifiche statunitensi, è infatti, una poesia di 90 parole.
Tra i vari progetti collaterali, nel 1998 ha contribuito anche alla realizzazione della colonna sonora del film Pleasantville interpretando Across the Universe��dei Beatles.
Il terzo album di inediti, Extraordinary Machine, è uscito nel 2005, portandole il disco d’oro, una candidatura ai Grammy e molte recensioni positive dalla critica. La casa discografica ne aveva bloccato l’uscita ritenendolo poco vendibile, allora venne distribuito in rete, tanto da mobilitare i suoi fans in una raccolta di firme e coniare lo slogan “FreeFiona!
Nel 2006 ha interpretato una cover di Sally’s song inclusa nell’edizione speciale della colonna sonora del film di Tim Burton Nightmare Before Christmas.
Nel 2011 ha partecipato all’album di cover in onore del cantante Buddy Holly, Rave on Buddy Holly, interpretando il famoso brano Everyday.
Nel 2012 ha pubblicato il quarto album, un altro titolo lunghissimo, The Idler Wheel Is Wiser Than the Driver of the Screw and Whipping Cords Will Serve You More Than Ropes Will Ever Do, svettato subito alla terza posizione della classifica statunitense.
Dopo quasi otto anni di parziale assenza dalle scene musicali, nel 2020, ha pubblicato Fetch the Bolt Cutters, interamente registrato a casa sua, che è stato uno degli album maggiormente acclamati nella storia della musica, vincitore del Grammy Award al miglior album di musica alternativa nel 2021.
Fiona Apple ha iniziato come una tenera e languida cantautrice di storie intrise d’angoscia e malinconia, in eterna lotta con il music business, con un carattere difficile e ribelle che l’ha portata a porsi contro chi voleva affibbiarle etichette di bella, sexy e ricca. Oggi è un’artista che non ha dimenticato nulla, che ha imparato a convivere col caos dei suoi sentimenti, pronta ad accusare in pieno ogni nuova ferita. E ad apprezzarne morbosamente le ripercussioni.
Tra uscite di scena, silenzi infiniti e improvvisi ritorni, la sua carriera è un grande gioco di magia che continua a lasciarsi dietro applausi e commozione. Prosegue così come vuole lei, coi suoi tempi e la sua libertà.
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Gaia Giani
Playlist Playlast. The impossible Karaoke – Partecipative Performance
Micamera, Milan + More
Se mi lasci ti cancello è un film di 20 anni fa in cui per smettere di soffrire per amore si immagina di eliminare dalla memoria chi non ci ama più. Ora che le tracce digitali delle nostre relazioni sono ovunque e sempre a portata di smartphone, quando finisce un amore dobbiamo decidere che cosa farne, se no quella memoria resta sempre con noi. Non si tratta solo di messaggi, foto, link e video, ma anche di canzoni. L'artista visiva Gaia Giani e il suo compagno hanno condiviso esattamente 2244 brani, ovvero 200 ore e 41 minuti di musica (il corrispettivo di 9 giorni e notti) per colmare la distanza di 10mila km e 9 ore di fuso orario tra Italia e Arizona di una relazione durata oltre 4 anni, iniziata a novembre 2019 quando si sono conosciuti a Milano, e vissuta du- rante la pandemia, che ha posticipato a gennaio 2021 la prima volta in cui si sono potuti rivedere. Le canzoni sono state il loro linguaggio, come lettere d'amore per dire ciò che si vuole esprimere senza dirlo esplicitamente, creando un'ambiguità fantasmatica che si alimenta di bellezza e di struggimento. È stato lui a iniziare Gaia a questa arte delicata di fare playlist: il giorno di Natale 2019 le ha inviato un dono digitale, una playlist privata su Spotify dal titolo Photo-Karaoke (sono entrambi artisti e la prima sera in cui sono usciti sono andati al karaoke). Nel corso della relazione hanno creato insieme altre 16 playlist tematiche (Summer Dream in a Pandemic Year, Ninna Nan- na-Close Your Eyes etc...) come loro dialogo quotidiano intimo: lui postava una canzone e Gaia rispondeva con un'altra e così via, e il brano che lui aggiungeva alla playlist la sera era la prima cosa che Gaia ascoltava al mattino. Ogni playlist era un viaggio e un'attesa tra un viaggio e l'altro e i testi rappresentavano tutte le parole non dette, le emozioni, la seduzione e il desiderio; chiama- vano la loro relazione creativa "our hood", la nostra capanna, il nostro cappuccio di felpa sotto cui sentirsi al caldo. Quando a marzo di quest'anno Gaia si è sentita dire che non era una buona idea andarlo a trovare, ha capito che era finita e senza un vero perché. Da allora ha iniziato a indagare, partendo da quello che aveva di più vicino, il profilo di lui su Spotify, e si è resa conto che, a partire da un certo momento, lei non era più il "my first and only Spotify love" come lui le aveva scritto. Le dichiarazioni d'amore non durano in eterno, e quando ha realizzato che era proprio finita, si è proiettata alla ricerca di un perché. Da lettere d'amore le playlist si sono trasformate in possibili indizi della fine di una relazione e Gaia ha passato molto tempo a ricostruire quello che era suc- cesso controllando capillarmente l'attività di lui sulla piattaforma musicale. Per aiutarla a uscire da questa ossessione, le persone a lei più vicine hanno iniziato a suggerirle di buttare via tutte le playlist come atto catartico e poi, un po' per gioco, è nata l'idea di farlo insieme, inventando un rito collettivo da vivere con gli amici: una performance-karaoke per cantare e ballare assieme un'ultima playlist creata per l'occasione e battezzata Playlist Playlast, ricavata autorizzando gli amici a entrare nelle 17 playlist private della loro relazione e a selezionare con la sua supervisione 17 canzoni per raccontare la sua storia. Il primo brano è Eight Days a Week dei Beatles e l'ultimo è Dancing with Myself di Billy Idol, come un punto esclamativo finale. Un atto di cura verso se stessa e di guarigione dal dolore.
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TAYLOR SWIFT: Fenòmeno o Feno méno?
La nota scrittrice Meghan Murphy si è espressa sul fenomeno Taylor Swift, ormai osannata più di Maria Callas e Maria Curie messe assieme:
"Taylor Swift has a boring face, a boring personality, a boring life story, and worst of all her music is boring."
(Taylor Swift ha una faccia noiosa, una personalità noiosa, una storia noiosa e, quel che è peggio, la sua musica è noiosa).
Giudizio condiviso da molti altri cantanti, scrittori e da gente comune, cioè DA ME :p
Accusata di parlare contro le donne e di non essere femminista, Meghan Murphy ha risposto: "io non mi definisco femminista, mi definisco una scrittrice" "Devo parlare bene per forza di una cantante scadente?".
Perché questo successo planetario che risolleva il PIL dell'Uruguay e riempie gli stadi di milioni di ragazzine fan sfegatate in delirio?
Sempre secondo la Murphy (e secondo me) perché la stragrande maggioranza delle ragazzine è "boring" come Taylor Swift.
Le sue canzoni hanno testi di una banalità talmente sconcertante che è ovvio suscitino un amore furente. Perché la maggioranza dell'umanità è banale e conformista e le fan di Taylor Swift non fanno eccezione.
Il fatto che sia immensamente ricca e abbia un successo planetario che batte perfino i Beatles, che sia "Madonna of now" non significa che sia la migliore cantante esistente, significa che il pubblico ha il peggior gusto esistente.
Le rime dei suoi testi sono facilissime: far con bar ecc., parla sempre di ragazzi che la lasciano, proprio le ovvietà alla Maria de Filippi che provocano immedesimazione.
Anche il fatto che sia totalmente inespressiva, con tratti un po' volgari da impiegata del catasto di Milwaukee, carina ma non troppo, truccata benino ma non troppo, suscita il fervore da immedesimazione di una gioventù totalmente dedita a seguire le Internet Aesthetics, l'estetica coquette, l'estetica Barbie, l'estetica clean girl....
La sua potentissima e protettiva famiglia le gestisce benissimo questo carrozzone di conformismo e il gioco è fatto.
Eppure Harvard ha istituito un corso di Taylorswiftologia applicata I e II🧐, i cui professori decantano l'aspetto post-moderno del suo rossetto e discettano sulla profondità del suo retropensiero, ondeggiante tra Husserl e Sartre.
Per me è semplicemente una cantante mediocre con la faccia da scema, che fa canzoni di mer*a, idolatrata da milioni di ragazzine che riescono a immedesimarsi solo nella banalità.
Però Taylor Swift ha anche qualche difetto ����😂😂
Da Antonio Barbieri.
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Mia mamma non amava i Beatles. Ai genitori di oggi piacciono i Maneskin. Il conflitto è diventato una sorta di baratto. La rivoluzione dei ragazzi è stata taciuta dalla comunità, che l’ha avvolta in un conservatorismo estremo. Pasolini sarebbe molto preoccupato, la sua denuncia del consumismo si è inverata. Oggi il nonno compra le stesse cose dei suoi nipoti, non è mai successo nella storia umana. Quella cesura era un fatto salutare, ognuno viveva il tempo giusto della sua esistenza. Oggi i genitori vogliono essere più giovani dei figli, tutto questo appiattisce e amicalizza un rapporto che invece deve essere fondato sul riconoscimento dei ruoli. Non esiste più il capitano, il punto di riferimento. È forse il compimento del ‘68, dalla rivolta antiautoritaria. Ma ora una generazione che ha contestato i padri è diventata serva dei propri figli. Non è capace di dire i no, di orientare senza usare l’autoritarismo, ma l’esperienza. C’è un armistizio: io ti faccio fare quello che vuoi, tu non mi infliggi la tensione di un conflitto. Ma così si spegne il desiderio di autonomia, l’ansia di recidere i cordoni, l’affermazione piena della propria identità. Il conflitto generazionale è sparito. E non è un bene».
«Se hai tutto, non cerchi nulla. Una delle applicazioni di intelligenza artificiale più usate dai ragazzi si chiama “Replica”. Non è assurdo? Ogni generazione ha cercato di creare, non di replicare. Si voleva non ribadire, ma stupire, non accettare il frullato di quello che c’è, ma l’invenzione del nuovo. Noi stiamo diventando soli e ne siamo contenti. Abbiamo smesso di parlarci. Nelle scuole, in famiglia, nelle sezioni, nelle parrocchie, nei circoli o nelle piazze. Se vogliamo salvarci dobbiamo disallinearci, dobbiamo rinunciare all’ovvio, vivere la vita da un punto di vista originale. Non dobbiamo replicare, dobbiamo inventare».
E la sessualità?
«Oggi è vissuta senza desiderio. I ragazzi che frequentano giovanissimi i siti porno aumentano la fruizione ma finiscono col banalizzare il meraviglioso mistero del sesso. L’erotismo è scoperta, non fruizione. Casanova diceva “L’erotismo è l’attesa” e invece ora è tutto spiattellato. Troppo e troppo presto. Celebriamo la libertà sessuale uccidendo l’erotismo
Paolo Crepet
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Paul & me
Stanotte ho fatto un sogno straordinario e bellissimo. Eravamo io e Paul McCartney seduti a chiacchierare e lui mi raccontava tantissimi episodi della sua vita, tra le altre cose di un cortometraggio che aveva girato da ragazzo: la storia di un orologio. Aveva anche un grande libro fotografico e ogni tanto lo sfogliava per farmi vedere delle immagini. Verso la fine gli chiedevo quale fosse la domanda che più spesso gli avevano rivolto, lui stava per rispondere quando io l'ho anticipato: "Chi ha deciso il nome "Beatles", tu o John?". Subito scoppiavamo a ridere e poi Paul mi diceva: "Adesso ti faccio vedere la foto dei Beatles a cui tengo di più", sfogliava il libro e quindi mi indicava l'immagine in bianco e nero di un vecchio sull'altalena, nel guardarlo si metteva a piangere, mi mettevo a piangere pure io e poi mi sono svegliato. Commosso.
E insomma adesso so un sacco di cose su Paul McCartney e sui Beatles che voi neanche ve l'immaginate.
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La storia della Musica
Oggi è il 9 Ottobre ed in questo giorno, nel 1940, a Liverpool, nel Regno Unito, nasceva il musicista John Lennon. Fu cantautore, polistrumentista, paroliere, attore e regista. Fin dagli inizi fu uno dei più rappresentativi membri dei “Beatles”, scrivendo, in coppia con Paul McCartney, i maggiori successi del mitico gruppo. Ebbe un'infanzia travagliata, con la figura del padre praticamente assente fin da subito ed allontanato dalla madre, considerata irresponsabile, dall'età di 5 anni. La zia Mimi che se ne prese cura, accortasi del talento di John nel disegno, quando fu il momento, lo iscrisse al College Of Art di Liverpool, dove John si appassionò alla musica, imparando da autodidatta a suonare l'armonica ed a suonare la chitarra regalatagli dalla madre, la quale gli insegnò i primi accordi al banjo. A 16 anni formò las sua prima band ( I Quarrymen) e proprio durante un concerto con questo suo gruppo, conobbe Paul McCartney, che entrò a far parte del gruppo, e nel quale, dopo un po' entrò anche George Harrison. Nel gruppo entrò infine il bassista scozzese Stuart Sutcliffe, con il quale John Lennon decise un nuovo nome del gruppo, che passando per “Johnny and The Moondogs”, “Beatals”, “Silver Beetles” e “Silber Beatles” arrivò al definitivo “The Beatles”. Il gruppo, nel 1960, era inizialmente formato da John Lennon, Paul Mc Cartney, George Harrison, Stuart Sutcliffe e Pete Best per poi arrivare alla formazione definitiva nel 1962, con l'uscita di Best e Sutcliffe e l'ingresso di Ringo Starr alla batteria, che arrivò ai massimi successi mondiali del secolo scorso. Dopo la sua attività con i Beatles, conclusasi con lo scioglimento del gruppo, nel 1970, oltre che continuare l'attività musicale come leader, fu anche attivista politico e paladino del “pacifismo”, attività che gli causarono varie difficoltà e per le quali fu considerato un sovversivo (con relativi rifiuti di concessione della Green Card in diverse occasioni). John Lennon risulta il cantautore di maggior successo nella storia delle classifiche musicali britanniche ed un sondaggio della BBC del 2002 decretò Lennon all' 8° posto tra le 100 personalità più importanti di tutti i tempi del Regno Unito. Secondo la rivista “Rolling Stone” Lennon viene considerato al 5° posto nella lista dei 100 migliori cantanti e 55° nella lista dei 100 migliori chitarristi. Sia Julian (figlio ottenuto con la prima moglie Cynthia Powell) che Sean (avuto con il secondo matrimonio con l'artista Yoko Ono) hanno seguito la sua attività artistica. Fu ucciso con 4 colpi di pistola da un suo stesso fan, squilibrato, nel 1980, a New York.
Bruno Pollacci
Direttore dell'Accademia d'Arte di Pisa
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Storia Di Musica # 342 - The Beach Boys, Pet Sounds, 1966
Per cause di forza maggiore, loro che sono stati i sovrani delle copertine con le spiagge non sono comparsi tra le scelte del mese scorso. Ma si rifanno con i fiocchi nell'ultimo appuntamento dei dischi di band con più di due fratelli. I congiunti della band di oggi sono tre, Brian, Dennis e Carl Wilson, a cui si aggiunsero un cugino, Mike Love, e il compagno di liceo di Brian, Al Jardine che formano la line up originale di uno dei gruppi più importanti della storia della musica occidentale, The Beach Boys. In seguito, nel 1964, dopo che Brian Wilson si prese una pausa almeno dai concerti per problemi di salute, dopo una serie clamorosa di 12 album usciti nei primi quattro anni (1960-1964) si aggiunse la star della musica country, e già collaboratore musicale dei nostri, Glen Campbell. Questi nel 1965 lasciò in maniera fragorosa il gruppo e fu sostituito da Bruce Johnston, che suonava le tastiera e come gli altri era bravissimo a cantare.
I Beach Boys non solo sono uno dei gruppi più di successo nella storia (si calcola in 400 milioni di copie le vendite totali di tutte le loro pubblicazioni), 36 singoli nella Top 40 statunitense e 56 nella Top 100, 4 numeri uno, ma sono tra i pochi che hanno non solo segnato l'immaginario musicale, ma hanno creato un genere, il surf rock, che ha portato la California ad essere la meta dei sogni degli anni '60 dei giovani di mezzo mondo.
La storia del disco di oggi tuttavia inizia quando, nel dicembre del 1965, dopo il successo di Barbara Ann, uno dei loro brani iconici, Brian Wilson ha tra le mani Rubber Soul dei Beatles, uscito qualche settimana prima. Rimane affascinato dalla coerenza del disco, dal fatto che è composto solo di brani autografi e dal suono fresco e coinvolgente che i quattro di Liverpool furono capaci di fare. Si mette in testa di realizzare "il più grande disco rock mai realizzato". Manda gli altri in tour nelle Hawaii e in altre zone dell'Oriente e inizia a lavorare a questo progetto. Chiama un pubblicitario, Tony Asher (che diventerà un fido collaboratore futuro) a scrivere dei testi, organizzandosi così: lui dava ad Asher delle idee generali, Asher li trasformava in testi. Brian Wilson, a cui non mancavano tempo e risorse, continuò a lavorare su questo progetto per altri 5 mesi, un'enormità rispetto ai ritmi di un disco ogni 2 mesi fino ad allora mantenuto. Spese 75 mila dollari, una cifra spaventosa all'epoca, per le registrazioni, con un'orchestra intera, i migliori musicisti sulla piazza anche di musica classica e di jazz (gruppo che arrivò a contare 75 persone, soprannominato The Wrecking Crew) e un'idea musicale che si ispirava al wall of sound di Phil Spector: Wilson creò prima le basi con l'intera orchestra che suonava dal vivo, per poi aggiungere le parti vocali. Proprio come Spector, Wilson fu un pioniere dell'uso dello studio come strumento: esplorava le nuove combinazioni di suoni che emergevano dall'uso simultaneo di diversi strumenti elettronici e le univa alle voci con eco e riverbero. Spesso raddoppiava le parti di basso, chitarra e tastiere, accorpandole con suoni di strumenti insoliti per inventare nuovi sound, spesso usando novità assolute per la prima volta: nella sua orchestra insieme ai violini, ottoni, pianoforte, clavicembalo, armonica, fisarmonica, sassofono, flauto, clarinetto, vibrafono, triangolo, marimba, tamburello, campanelli, due bassi, chitarre, batteria, percussioni varie c'era, per la prima volta su un disco pop, una variante del theremin. Wilson registrò tutto, e attese gli altri solo per le parti vocali e per qualche aggiunta strumentale. Ma la reazione degli altri fu niente affatto entusiasta: il più arrabbiato fu Mike Love, che impaurito che questo distacco dal suono familiare della band potesse essere un fiasco disse "Chi ascolterà questa merda? Le orecchie di un cane?", da cui Wilson in maniera beffarda scelse il titolo a questa opera, Pet Sounds.
Uno degli album più importanti di tutti i tempi esce nei negozi il 16 maggio del 1966, in copertina delle foto scattate allo Zoo di San Diego dopo che fu scelto il nome, con le caprette che mangiavano bocconcini dalle mani dei nostri. Eppure il primo brano, divenuto celeberrimo, era molto rassicurante: Wouldn't Be Nice non si scosta tanto dal suono "surfin'" del repertorio precedente, ma è quasi un gioiello canoro per sviare dal resto, fatto di brani dove la stratificazione musicale e vocale arriva a vette insuperate, come nei primi singoli Caroline, No (che nasce da un errore, Asher scrisse Caroline, I Know, ma Wilson sbagliò a cantare il testo), dolente e malinconica, e da Sloop John B, in origine un vecchio brano folk tradizionale caraibico delle Indie occidentali, intitolato The John B. Sails, portato al successo dal Kingston Trio: Al Jardine, grande appassionato di musica folk, fece sentire la melodia a Brian, che prima in maniera timida, poi più convinto, ne fece una cover cambiando anche leggermente il testo. Il disco è dominato dalla malinconia, nelle memorabili Don't Talk (Put Your Head On My Shoulder), I Know There's An Answer, I'm Waiting For The Day. Ma c'è un aspetto più sottotraccia, che lo stesso Love anni dopo userà per attaccare Brian, e cioè l'uso dell'LSD come "motore ispiratore", che non fece altro che sprigionare tutto "l'ego" di Wilson: tra l'altro i brani, pur se nei crediti hanno i nomi dei vari componenti, furono tutti opera di Brian, che concesse agli altri solo minime correzioni. Non si può lasciare in questo disco altre due perle, una che c'era, e l'altra che all'ultimo momento fu scartata. God Only Know, quella che c'è, è una delle primissime canzoni a far comparire Dio nel titolo, uno dei pezzi più sofisticati, per melodia e orchestrazione mai registrati su un disco pop; Good Vibrations, che non c'era, fu concepita per essere una sorta di "sinfonia tascabile: registrata secondo la leggenda in 26 take, con le più sofisticate tecniche dell'epoca, sembrava pronta, ma all'ultimo momento Brian decise di scartarla, non ancora contento. Ci lavorò ancora per mesi, finchè non uscì come singolo nell'ottobre del 1966.
Il disco è una pietra miliare: presente in tutte le classifiche dei dischi più importanti di tutti i tempi, fu un pugno nello stomaco. Come preannunciato da Love, il disco fu di minor successo commerciale, ma fu il motore creativo che Wilson si preannunciava. I Beatles, sentito Pet Sounds, si innamorano di questa idea di album totale, e l'anno successivo sfornarono Sgt. Pepper's And Lonely Hearts Club Band. Wilson, così fiero del suo lavoro, ascoltando il capolavoro dei Beatles, e così follemente innamorato di quella musica, decise di raccogliere nuovamente la sfida, spronato a rispondere a quell'opera d'arte. Ma quel progetto, Smile, lo portò ad una sorta di esaurimento nervoso che ne segnerà la carriera. Una sfida alla perfezione che in quel momento lo vide soccombere: riprenderà quel progetto solo quasi 35 anni dopo, pubblicandolo nel 2011.
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Mia mamma non amava i Beatles. Ai genitori di oggi piacciono i Maneskin. Il conflitto è diventato una sorta di baratto. La rivoluzione dei ragazzi è stata taciuta dalla comunità, che l’ha avvolta in un conservatorismo estremo. Pasolini sarebbe molto preoccupato, la sua denuncia del consumismo si è inverata. Oggi il nonno compra le stesse cose dei suoi nipoti, non è mai successo nella storia umana. Quella cesura era un fatto salutare, ognuno viveva il tempo giusto della sua esistenza. Oggi i genitori vogliono essere più giovani dei figli, tutto questo appiattisce e amicalizza un rapporto che invece deve essere fondato sul riconoscimento dei ruoli. Non esiste più il capitano, il punto di riferimento. È forse il compimento del ‘68, dalla rivolta antiautoritaria. Ma ora una generazione che ha contestato i padri è diventata serva dei propri figli. Non è capace di dire i no, di orientare senza usare l’autoritarismo, ma l’esperienza. C’è un armistizio: io ti faccio fare quello che vuoi, tu non mi infliggi la tensione di un conflitto. Ma così si spegne il desiderio di autonomia, l’ansia di recidere i cordoni, l’affermazione piena della propria identità. Il conflitto generazionale è sparito. E non è un bene». «Se hai tutto, non cerchi nulla. Una delle applicazioni di intelligenza artificiale più usate dai ragazzi si chiama “Replica”. Non è assurdo? Ogni generazione ha cercato di creare, non di replicare. Si voleva non ribadire, ma stupire, non accettare il frullato di quello che c’è, ma l’invenzione del nuovo. Noi stiamo diventando soli e ne siamo contenti. Abbiamo smesso di parlarci. Nelle scuole, in famiglia, nelle sezioni, nelle parrocchie, nei circoli o nelle piazze. Se vogliamo salvarci dobbiamo disallinearci, dobbiamo rinunciare all’ovvio, vivere la vita da un punto di vista originale. Non dobbiamo replicare, dobbiamo inventare». E la sessualità? «Oggi è vissuta senza desiderio. I ragazzi che frequentano giovanissimi i siti porno aumentano la fruizione ma finiscono col banalizzare il meraviglioso mistero del sesso. L’erotismo è scoperta, non fruizione. Casanova diceva “L’erotismo è l’attesa” e invece ora è tutto spiattellato. Troppo e troppo presto. Celebriamo la libertà sessuale uccidendo l’erotismo Paolo Crepet
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Beatles in vetta alle classifiche inglesi, nuovi record a 60 anni dal primo successo
(Adnkronos) - I Beatles sono in vetta alle classifiche inglesi con il loro nuovo singolo, 'Now and Then'. I Fab Four diventano così, nella storia della musica britannica, la band con l'intervallo più lungo tra il primo e l'ultimo numero 1 in classifica. Sessant'anni fa, infatti, nel 1963 'From Me to You' fu il primo singolo della band di Liverpool a raggiungere la vetta delle classifiche inglesi (ma ebbe poco successo negli Usa). Non solo: 'Now and Then' è anche il singolo in vinile più venduto di questo secolo, sempre secondo le certificazioni della Official Charts Company inglese. Il brano 'Now and Then' nasce da un demo registrato da John Lennon nel 1997. La canzone fu rielaborata nel 1995 con parti di chitarra da George Harrison ed è stata poi ultimata nel 2022 con il basso di Paul McCartney e la batteria di Ringo Starr per uscire il 2 novembre scorso. Il brano lo realizzò John Lennon e registrato su una audiocassetta su cui l'artista aveva scritto "Per Paul", poi consegnata dalla moglie Yōko Ono a McCartney nel 1994. Nel febbraio dell'anno seguente Paul McCartney tentò di sviluppare il brano, ma le condizioni non ottimali della registrazione gli impedirono di proseguire. Per il brano, George Harrison realizzò un assolo di chitarra che venne registrato prima del suo decesso. Nel 2022, grazie alle più moderne tecnologie, si è riusciti a estrapolare la sola voce di Lennon dal resto dei suoni della cassetta originale e da questa base è iniziato il lavoro per la realizzazione del brano. I Beatles sono stati in cima alle classifiche inglese, l'ultima volta, con 'The Ballad of John and Yoko' nel 1969. Con il ritorno al primo posto di questa setttimana hanno superato il record dei 44 anni di stianza tra primi posti in classifica detenuto da Kate Bush per 'Wuthering Heights' (1978) e 'Running Up That Hill' (2022). Ad oggi i Beatles superstiti sono anche la band con i componenti più anziani che abbia mai raggiunto la prima posizione: Paul McCartney ha infatti 82 anni e Ringo Starr 83 anni. Paul e Ringo sono anche il secondo e il terzo artista più anziano ad aver raggiunto la vetta delle classifiche inglesi, dopo Sir Captain Tom Moore, 99 anni, la cui cover di 'You'll Never Walk Alone', cantata con Michael Ball, ha raggiunto il primo posto in classica nel 2020. 'Now and Then' ha debuttato la scorsa settimana in Inghilterra in 42esima posizione, dopo l'uscita il 2 novembre, ma il dato si basava su sole 10 ore di vendite. Questa settimana ha scalato 41 posizioni, diventando il 18esimo singolo dei Beatles che raggiunge il primo posto in Gran Bretagna. I Beatles sono la band britannica con il maggior numero di singoli al primo posto nella storia delle classifiche del Regno Unito: solo il cantante statunitense Elvis Presley ne ha di più, con 21 singoli in vetta alle classifiche. Martin Talbot, capo della Official Charts Company, ha dichiarato: "Il ritorno di John, Paul, George e Ringo con l'ultimo singolo dei Beatles ha cementato la loro leggenda infrangendo una quantità di record. E così facendo ha sottolineato la straordinaria portata del loro fascino duraturo, che attraversa tutte le generazioni, con un numero enorme di streaming, download e singoli in vinile". La canzone ha totalizzato 78.200 copie vendute nelle classifiche del Regno Unito tra negozi di dischi e streaming, con le più grandi vendite fisiche in una settimana in quasi un decennio, con 38.000 copie: il dato più alto in vendite fisiche da quando il vincitore dell'edizione inglese di 'X Factor 2014' Ben Haenow vendette 47.000 copie di 'Something I Need'. Nella classifica italiana dei singoli stilata da Fimi-Gfk, 'Now and Then' è solo 52esimo. [email protected] (Web Info) Read the full article
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