#Adriano Gramigni
Explore tagged Tumblr posts
Text
“Don Giovanni, di Wolfgang Amadeus Mozart” aprile 2023″ – I&f RotoWeb Illustrato Arte Cultura Attualità
"Don Giovanni, di Wolfgang Amadeus Mozart"
Sul podio della Sala Grande, alla testa dell’Orchestra e del Coro del Maggio, il Direttore emerito a vita Zubin Mehta.
La regia del capolavoro di Mozart, proposto nell’allestimento del Festival di Spoleto, è di Giorgio Ferrara, ripresa da Stefania Grazioli.
Anche l’allestimento, applaudito sia dalla critica che dal pubblico, è quello del Festival di Spoleto, con le scene del tre volte vincitore del Premio Oscar Dante Ferretti e di Francesca Lo Schiavo, i costumi sono di Maurizio Galante, mentre le luci sono curate da Fiammetta Baldiserri.
La compagnia di canto è formata da Luca Micheletti nella parte del protagonista Don Giovanni, Markus Werba nei panni del suo servitore Leporello, Jessica Pratt nel ruolo di Donna Anna, Ruzil Gatin come Don Ottavio, Anastasia Bartoli come Donna Elvira mentre Benedetta Torre interpreta la parte di Zerlina.
Completano il cast Eduardo Martinez come Masetto e Adriano Gramigni nella parte del Commendatore.
Il Maestro del Coro del Maggio è Lorenzo Fratini.
Il 26 aprile 2023 la prova generale è stata offerta in anteprima al pubblico Under 30 che ha gremito la sala e ha tributato un calorosissimo “tifo da stadio” al Maestro Mehta e a tutti gli interpreti.
La conferenza stampa di presentazione e avvenuta oggi 27 aprile 2023 al Teatro del Maggio alla presenza del Maestro Zubin Mehta e della compagnia al completo.
Riccardo Rescio
Firenze 27 aprile 2023
Italia&friends Toscana Italia&friends I&f Arte Cultura Attualità
Teatro del Maggio Ministero della Cultura Ministero del Turismo Città di Firenze Cultura Regione Toscana Fondazione CR Firenze
Elena Tempestini Etpress Comunication
0 notes
Text
E TRASCORSA UNA SETTIMANA DALLA CONCLUSIONE DELLA MIA PERSONALE AL “MUSEO DELLA FESTA DELL’UVA “ A IMPRUNETA E IL MOMENTO DI RINGRAZIARE TUTTI COLORO CHE MI HANNO AIUTATO E SOSTENUTO CON LORO PRESENZA Riccardo Lazzerini, Tullio Del Bravo e tutto il consiglio direttivo del museo, Tina Pelaia Baroncini, Alessandro Sarti, Giuseppe Ciccia, Giusy Ciccia, Pino Marcosano, Susi La rosa, Ugo Barlozzetti, Fabrizio Borghini, Marco Baroncini, Marta Borgioli, Cristina Falcini, Stefano Graziani, Mauro Boninsegi, Lauretta Torsoli, Elisabetta Corti, Loretta Camilloni, Giusy Gramigni, Maurizio Biagi, Lucia Raveggi, Andrea Nappini, Danilo Forgeschi, Simonetta Fontani e Roberto, Diana Polo, Roberto Catelani, Anna Casu, Riccardo Baroncini e compagna, Carlo Tesori, Enzo Meli e Romana, Sabrina Valentini e Leonardo, Emanuela Degan e Lorenzo, Romano Sisto, Anna Bini, Carlo Rizzo, Filomena Marcusano, Silvia Mecheri, Rossana Rossi, Barbara Canzi, Graziano Cicogni, Emanuele Andrulli, Katrin Costanza e Daniele, Nadia Baroncini, Alessandro Stecchi, Adriano Bolognesi, Franca Parigi, Fiorella Noci, Paolo Luzzi, Barbara Parrini, Andrea Rufini, inoltre ringrazio tutti gli abitanti di IMPRUNETA che sono venuti a trovarmi in questi 2 mesi di grande soddisfazione. Ringrazio tutti coloro che mi hanno seguito su i social…. Che sono veramente tanti….se ho dimenticato qualcuno non me ne voglia non era mia intenzione e mi scuso.
0 notes
Text
Al Festival Verdi, la prima volta di Lenz Rifrazioni è Verdi Re Lear, l’impossibile omaggio al cigno di Busseto.
È una (discutibile) convenzione ormai canonicamente accettata quella che segna nell’età risorgimentale della seconda metà del XIX secolo l’avvio della Storia d’Italia con le ideologie di patria e nazione, i movimenti di popoli e di idee, le circolazioni di merci e persone indiscusse protagoniste dei discorsi di storici, intellettuali e politici.
Al club dei padri si iscrive necessariamente Giuseppe Verdi, tra i compositori più grandi di sempre, maestro di livello internazionale per tecnica ed eleganza esecutiva, nonché incarnazione – non a caso al pari di Alessandro Manzoni – dello Spirito di una nazione, la cui identità culturale e sociale si palesò da subito tanto problematica, quanto con quella innaturale ovvietà che, come tutte le imposizioni dall’alto, fu figlia di necessità politiche volte incoerentemente e/o paternalisticamente al bene comune, essendo in realtà espressione del blocco storico ormai dominante (la borghesia).
Con un drammatico ribaltamento di priorità (in primis l’Italia, poi gli italiani), l’Unità fu, soprattutto a livello popolare, vissuta quale dominio da parte di chi pensava che, «fatta l’Italia, fare gli italiani» fosse una sorta di mission laica (Mazzini), economica (Cavour) o religiosa (Manzoni), così edificando il primato storico dell’essenza sull’esistenza, del dover essere sull’essere autenticamente.
Disvelando – attraverso l’arte – il complesso rapporto tra normalità e diversità, tra cultura e potere, tra norma e rivoluzione, quella antinomia si destruttura sul solco delle analisi di Lenz Rifrazioni delle origini della nostra cultura, il cui conformismo (reale e drammaturgico) ha ridotto al soliloquio un intero mondo di shakespearean fools ritenuto non funzionale ai meccanismi e ai dispositivi di produzione e omologazione. Sfuggendo a ogni tentazione di caduta estremistica e compensandosi in un fantastico equilibrio tra ricerca estetica ed analitica esistenziale, quello raggiunto da Francesco Pititto e Maria Federica Maestri è un compiuto formalismo. Audace nello spingersi oltre, cosciente nel fissare la propria direzione drammaturgica e sempre mirabile nel restituire capolavori della cultura nazionalpopolare in vesti rinnovate e perfettamente aderenti, lo abbiamo ammirato da I Promessi Sposi all’Adelchi, fino a Il Furioso (da Ludovico Ariosto), esemplari diversamente modulati di una poetica in grado di sfoggiare vertici assoluti in termini di esperienza e qualità attorale, registica e scenica.
Da tali premesse archeologiche (culturali e teatrali), ma con un inedito privilegio accordato alla resa estetica, prende corpo Verdi Re Lear – L’Opera che non c’è, ambizioso progetto volto alla realizzazione di ciò che rimase incompiuto, dunque non esistente e impossibile da porre definitivamente di fronte agli occhi: l’opera di Giuseppe Verdi «mai musicata e di cui esiste solo il libretto di Antonio Somma contenente le correzioni dello stesso compositore».
La dimensione itinerante – che, per esempio, ne I Promessi Sposi costituiva la declinazione immersiva attraverso cui dare corpo alla responsabilità del pubblico – viene spezzata senza essere interrotta, resa anch’essa incompiuta perché affidata alla centralità della prospettiva di visione e confinata al momento di cambio di sala tra il primo e il secondo atto, la cui successione diacronica puramente casuale (a sorteggio) scardina aprioristicamente ogni aspettativa e intreccio narrativo.
Due allestimenti nell’allestimento, dunque, che, grandiosi nell’intenzione e titanici nella realizzazione, hanno visto la splendida collaborazione del Conservatorio di Musica A. Boito di Parma con la consulenza musicale di Carla Delfrate, quella al canto di Donatella Saccardi, e la partecipazione di eccellenti cantanti lirici.
Ad accogliere i due gruppi di spettatori sono cast e scenografie diverse. I primi – pur nella diversità tra gli atti – sono abitanti erranti di un mondo cui sono con-segnati per inscenare «la materialità dei corpi che, dialogando con l’immaterialità dell’immagine, genera un’immagine-sogno», realistici brandelli del rapporto asintotico tra libertà e dovere, tra ragione e follia, tra naufragio dell’ego e deriva dei sentimenti, ovvero di quella tragedia dell’eccedenza che fu il King Lear del Bardo. Le seconde, entrambe poste oltre «velari trasparenti» su cui – a seconda della sala – si vedranno agire corpi e volti in proiezione, colpiscono per la diversità e l’efficacia dell’impatto visivo, ma, forse e ancor di più vista la commistione di sensibilità in scena, per la comune capacità di concorrere alla costruzione di una tipica veste operistica povera, condividendo tale merito con la densità sonora delle rivisitazioni verdiane di Scanner, strabilianti per come riescono letteralmente a vestire i volti e le interpretazioni di differenti tonalità caratteriali e drammatiche.
Una rappresentazione, allora, «impassibile e si divide, si sdoppia, senza rompersi, senza agire, né patire» (Gilles Deleuze, Logica del senso), che, nonostante una diversa impressione di omogeneità, dalle strepitose geometrie e coralità della Sala Est all’intensità plastica a tratti calante della Sala Majakovskij, si pone in sublime coerenza con il progetto di Lenz Rifrazioni, testimoniando in pieno la forza, l’urgenza e la potenzialità dell’arte quale strumento espressivo e contesto non coercitivo in cui lasciare che ognuno possa realmente affermare «diventa ciò che sei».
Lo spettacolo è andato in scena all’interno del Festival Verdi: Verdi Re Lear da Re Lear di Somma-Verdi prima versione con le varianti e King Lear di William Shakespeare ricerca, drammaturgia e imagoturgia, regia Francesco Pititto music + live electronics Robin Rimbaud aka Scanner installazioni e costumi Maria Federica Maestri consulenza musicale M° Carla Delfrate consulente al canto Prof. Donatella Saccardi con Rocco Caccavari, Paolo Maccini, Franck Berzieri, Carlo Destro, Paolo Pediri performer Valentina Barbarini – Cordelia/Delia, Barbara Voghera – Fool/Mica, Giuseppe Barigazzi – Lear in immagine cantanti Haruka Takahashi – Regan/Regana soprano, Ekaterina Chekmareva – Goneril/Gonerilla mezzosoprano Gaetano Vinciguerra – doppio Lear baritono, Lorenzo Bonomi – doppio Lear/Edgar/Edgardo baritono Andrea Pellegrini – doppio Lear basso, Adriano Gramigni – Gloucester basso voce over Rocco Caccavari cura Elena Sorbi organizzazione Ilaria Stocchi comunicazione Violetta Fulchiati ufficio stampa Michele Pascarella direzione tecnica Alice Scartapacchio assistente alla regia Valeria Borelli équipe tecnica Gianluca Bergamini, Gianluca Losi, Stefano Glielmi, Marco Cavellini produzione Lenz Fondazione in collaborazione con il Conservatorio di Musica A. Boito di Parma
Verdi Re Lear | Festival Verdi Al Festival Verdi, la prima volta di Lenz Rifrazioni è Verdi Re Lear, l'impossibile omaggio al…
#Adriano Gramigni#Andrea Pellegrini#Barbara Voghera#Carla Delfrate#Donatella Saccardi#Ekaterina Chekmareva#Festival Verdi#Francesco Pititto#Gaetano Vinciguerra#Giuseppe Barigazzi#Giuseppe Verdi#Haruka Takahashi#Lorenzo Bonomi#Maria Federica Maestri#Recensione Verdi Re Lear#Robin Rimbaud#Rocco Caccavari#Scanner#Valentina Barbarini#William Shakespeare
0 notes