#365 Days of Alla Antica
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latinabiz · 5 years ago
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Premier Inglese Boris Johnson positivo al COVID19
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Premier UK Positivo al test Coronavirus . La notizia del contagio del premier Boris Johnson e del ministro della Salute, Matt Hancock, ha fatto scattare l'allarme a Downing Street. Dopo il principe Carlo, anche il premier britannico è risultato positivo al test effettuato nelle ultime ore, come ha annunciato lui stesso in un video su Twitter . Boris Johnson è nato a New York il 19 giugno 1964 da una benestante famiglia britannica di religione anglicana e di origini inglesi, turche, russe, ebraiche, francesi e tedesche, con la quale all'inizio ha vissuto in un appartamento di un edificio nei pressi del Chelsea Hotel. Johnson per molto tempo è stato in possesso anche della cittadinanza statunitense ottenuta per nascita. È laureato in Lettere classiche presso l'Università di Oxford, con una tesi in storia antica. Nel 2006, non ritenendo corretto mantenere un doppio passaporto per un politico, aveva comunicato la sua intenzione di rinunciarvi; tuttavia, in un'intervista concessa a David Letterman nel 2012 affermò di avere ancora la doppia cittadinanza e aggiunse con ironia: «Tecnicamente, potrei diventare presidente degli Stati Uniti». La rinuncia alla cittadinanza statunitense è stata da lui attuata nel 2016. Nell'agosto del 2008 ha rotto il consueto protocollo osservato dai politici inglesi in carica commentando le elezioni di altri Paesi e auspicando la nomina di Barack Obama a Presidente degli Stati Uniti, salvo descriverlo come diffidente verso il Regno Unito a causa della sua origine "mezza keniota" quando successivamente Obama si espresse contro la Brexit. Durante gli anni in cui ha vissuto a Bruxelles ha studiato alla scuola europea, poi a Eton e a Oxford. È anche un giornalista e autore, ed è stato direttore dello Spectator. Per molti anni, ha tenuto una rubrica molto seguita (e di forte impronta conservatrice) su The Daily Telegraph, quotidiano presso il quale ha lavorato anche come inviato. La sua carriera di giornalista, invece, è iniziata a The Times, quotidiano per il quale ha lavorato in gioventù. Sindaco a Londra È stato eletto al Parlamento britannico per il collegio di Henley nel 2001 ed è stato ministro ombra della Cultura nel 2004, nel governo di Michael Howard, e dal 2005 dell'Istruzione, nel governo di David Cameron, fino alla candidatura alle elezioni amministrative di Londra del maggio del 2008. La sua vittoria elettorale, a spese del laburista Ken Livingstone, è stata annunciata il 2 maggio 2008: al ballottaggio Johnson ha ottenuto 1.168.738 voti (il 53,18%) mentre Livingstone 1.028.966 (46,82%), guadagnandosi anche la maggioranza per governare tranquillamente in consiglio comunale. Centrale per Johnson la "politica verde" del traffico, promossa da un lato attraverso l'installazione di numerose stazioni di ricarica per le auto elettriche e, dall'altro, con la realizzazione delle cosiddette cycle superhighways, vere e proprie autostrade cittadine per le biciclette. Per le Olimpiadi del 2012 ha creato una flotta di taxi a idrogeno, grazie al sostegno dell'UK Government Technology Strategy Board. Il 4 maggio 2012 è stato rieletto al ballottaggio per un secondo mandato Sindaco di Londra con 1.054.811 voti, pari al 51,53%, battendo l'ex primo cittadino londinese il laburista Ken Livingstone, che ne ha ottenuti 992.273 pari al 48,47%. Tuttavia il partito di Johnson, il Partito conservatore, perse la maggioranza nella Autorità della Grande Londra, il consiglio comunale di Londra, governato allora dal centrosinistra (12 consiglieri labour e 2 verdi), mentre il centrodestra era all'opposizione (con 9 consiglieri conservatori e 2 liberaldemocratici). Nelle elezioni generali britanniche il 7 maggio 2015, Boris Johnson è stato rieletto al Parlamento britannico, per il collegio di Uxbridge and South Ruislip Regno Unito dall'Unione Europea: una mossa vista immediatamente come il trampolino di lancio ideale per sostituire David Cameron alla carica di primo ministro. La vittoria del 23 giugno del fronte Brexit ha costretto Cameron ad annunciare le proprie dimissioni (previste per ottobre), ponendo Johnson in pole position nella campagna per la nuova leadership Tory e, quindi, del Governo nazionale. Dopo l'annuncio di Michael Gove, suo cruciale alleato nella campagna referendaria del Leave UE, di voler candidarsi alla guida del partito, e le critiche di Theresa May e altri tories, il 30 giugno Johnson ha rinunciato a correre per la leadership, sorprendendo tutti. Il 13 luglio è stato nominato dal nuovo Primo Ministro, Theresa May, Segretario di Stato per gli Affari Esteri e del Commonwealth. Si è dimesso dalla carica il 9 luglio 2018, venendo imitato dal ministro per la Brexit David Davis in contrasto con la linea "morbida" per l'uscita dall'Unione europea sostenuta dal governo May; come suo successore agli esteri è stato nominato Jeremy Hunt. Primo Ministro e leader del partito conservatore In seguito alle dimissioni di Theresa May dalla guida del Partito Conservatore e Unionista, Johnson si è candidato alla guida del partito, contrapponendosi al candidato europeista Jeremy Hunt. Il voto degli iscritti si è concluso il 22 luglio 2019 e Johnson risultava vincitore con il 66% dei voti (92.153 preferenze), contro il 34% (46.656 preferenze) di Hunt. Il 23 luglio 2019 Johnson è ufficialmente proclamato nuovo leader del Partito Conservatore e Unionista. Il giorno seguente (23 luglio 2019) la Regina Elisabetta II, dopo aver accettato le dimissioni di Theresa May dalla carica di Primo ministro, ha incaricato Boris Johnson di formare un nuovo governo. Nel suo primo discorso in carica, Johnson ha promesso di far uscire il Regno Unito dall'Unione europea entro il 31 ottobre 2019 con o senza accordo. In serata è stato presentato il nuovo gabinetto di governo. Il 28 agosto 2019 Johnson ha chiesto alla regina Elisabetta II di sospendere i lavori del Parlamento per 5 settimane, dal 10 settembre al 14 ottobre, al fine di evitare l'approvazione di una legge che impedisca l'uscita senza accordo dall'Unione Europea il 31 ottobre. La sospensione è accordata dalla regina lo stesso giorno. Le conseguenze: crollo della sterlina, dure polemiche e proteste nel paese, il presidente della Camera dei Comuni, John Bercow, parla di "oltraggio alla Costituzione", supera il milione di firme una petizione contro la sospensione, si dimettono la leader del partito conservatore scozzese, Ruth Davidson, convinta "remainer", e il capogruppo dei Tory alla Camera dei Lord George Young. Johnson discute della Brexit con il presidente francese Emmanuel Macron a Parigi nel 2019 Ci sono altre dimissioni (tra cui anche quella del fratello minore, Jo Johnson) ed espulsioni dal partito conservatore (compreso il nipote di Churchill, sir Nicholas Soames), all'inizio di settembre 2019 Johnson perde la maggioranza assoluta nella Camera dei Comuni in seguito alla defezione del deputato conservatore Phillip Lee che si unisce ai Lib Dem, ed è battuto da una mozione anti-No Deal. Il 24 settembre 2019 la Corte Suprema britannica, con verdetto unanime degli 11 giudici, dichiara non legale la sospensione (prorogation) del Parlamento voluta da Johnson fino al 14 ottobre, accogliendo gli argomenti dei ricorsi presentati. Johnson insiste sulla data del 31 ottobre per l'uscita dalla Ue ("altrimenti meglio morto in un fosso") ma senza successo, il 17 ottobre è finalmente trovato un accordo tra il Regno Unito e l'Unione europea. L'intesa è firmata dal presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, e dallo stesso Johnson. La Camera dei Comuni, chiamata a votare su questo accordo il 19 ottobre, rinvia il voto a tempo indeterminato in modo da poterlo esaminare dettagliatamente ed essere in grado di decidere in tempo senza rischiare una Brexit senza un accordo. Johnson è quindi costretto a chiedere alle istituzioni europee un rinvio sulla data del 31 ottobre ma lo fa con una lettera non firmata e assicurando che avrebbe fatto comunque di tutto per far uscire il paese dall'UE entro il 31 ottobre. Gli altri 27 Stati membri dell'UE concordano di posticipare la data di recesso del Regno Unito dell'Unione al 31 gennaio 2020. Determinato a realizzare la Brexit "a tutti i costi",, Johnson riesce a convincere l'opposizione laburista a sostenere la convocazione di nuove elezioni che, dopo l'approvazione da parte della Camera dei Comuni, sono fissate per il 12 dicembre 2019. Nel Regno Unito non si votava in dicembre dal 1923. Il 6 novembre è formalizzato lo scioglimento della Camera dei Comuni. Alle elezioni politiche del dicembre 2019 conquista una vittoria storica ottenendo la maggioranza assoluta a Westminster con 365 seggi e annuncia la Brexit entro il 31 gennaio 2020. Read the full article
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fondazioneterradotranto · 5 years ago
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Gli Arcadi di Terra d'Otranto: Gregorio Messere di Torre S. Susanna (20/20)*
di Armando Polito
* Questo post corregge ed integra quanto apparso in http://www.fondazioneterradotranto.it/2015/10/23/gli-emblemata-di-gregorio-messere-1636-1708-di-torre-s-susanna-13/
http://www.fondazioneterradotranto.it/2015/10/25/gli-emblemata-di-gregorio-messere-1636-708-di-torre-s-susanna-23/
http://www.fondazioneterradotranto.it/2015/10/26/gli-emblemata-di-gregorio-messere-1636-1708-di-torre-s-susanna-33/
La prima biografia del nostro (1636-1708), originario di Torre S. Susanna1, è la Vita di Gregorio Messere Salentino detto Argeo Caraconasio scritta dal D. Gaetano Lombardo Napolitano detto Emio Caraconasio, in  Le vite degli Arcadi illustri scritte da diversi autori, v. II, De Rossi, Roma, 1710, pp. 47-59, col testo preceduto dal ritratto che riproduco di seguito.  Va rilevato, anzitutto, che al Caraconasio del titolo, replicato a p. 58 dove sono riportate due dichiarazioni di voto favorevole alla pubblicazione della biografia, a firma la prima di Milesio Meneladio (nome pastorale di Giusto Fontanini di Cividale del Friuli e di Faunio Stomiate (nome pastorale di Biagio Garofalo di Napoli), la seconda di Arato Alalcomenio (nome pastorale di Domenico De Angelis di Lecce), si oppongono il Choraconasio della didascalia del ritratto e il Coraconasio presente in una delle pagine iniziali, non numerate, dell’indice.
C(OETUS) U(NIVERSI) C(ONSULTO)
ARGEO CHORAGONASIO PASTORI ARCADI
D(E)F(UNCTO) PHILOLOGO EMIUS CHORAGONASIUS
PASTOR ARCAS PRAECEPTORI ET
DECESSORI B(ENE) M(ERITO) P(OSUIT)
OLYMPIAD(E) DCXXI AN(NO) III AB A(RCADIA) I(NSTAURATA)
OLYMPIAD(E)  V AN(NO) II
(Per decisione dell’intera assemblea/ad Argeo Coragonasio pastore arcade filologo defunto Emio Coragonasio, pastore arcade, al maestro e predecessore benemerito pose. Olimpiade 621a del terzo anno dall’istituzione dell’Arcadia/Olimpiade quinta anno secondo2)
Ai due angoli inferiori il nome degli autori: P(etrus) L(eo) Ghezzius del(ineavit)=Pietro Leone Ghezzi disegnò e D(ominicus) Franceschini sculpsit=Domenico Franceschini incise. Il Franceschini, tra i più famosi incisori Romani del XVIII secolo, fu autore, fra gli altri, del frontespizio di Collectanea antiquitatum Romanarum quas centum tabulis aeneis incisas et a Rodulphino VenutiAcademico Etrusco Cortonensi notis illustratas exhibet Antonius Borioni, Bernabo, Roma, 1736. La sua arte immortalò anche in una incisione donata a Vincenzo Giustiani  l’uccisione di un capodoglio avvenuta nei pressi del porto di Pesaro  il 18 aprile 1713, secondo la notizia che si legge in una lettera indirizzata da Vito Procaccini Ricci a Ottaviano Targioni Tozzetti e pubblicata in Giornale di fisica, Chimica, Storia naturale, Medicina ed arti, decade II tomo VIII, Fusi, Pavia, 1825, p. 46. Pier Leone Ghezzi è famoso per gli affreschi di Villa Falconieri a Frascati e per le caricature. Le sue opere raggiunsero quotazioni elevate mentr’era ancora in vita. Non era digiuno di poesia se nel 1702 sul retro del suo primo autoritratto (1702) vergò questi versi: Pier Leone son io/di casa Ghezzi che dì 28 giugno/quando al mille e seicento/anni settanta quattro ancor/s’aggiunse io nacqui e si congiunse/a questi l’età mia di vent’ott’anni/ch’ora nel mille settecentoedue/mi mostra il tempo, e le misure sue./Or mentre questo fugge e mai s’arresta/io mi rido di lui e mi riscatto/col dar perpetua vita al mio ritratto.   
In Vittorio Giovardi3, Notizia del nuovo teatro degli Arcadi aperto in Roma l’anno MDCCXXVI, Antonio De Rossi, Roma, 1727, p. 21-22: Voltando la fronte verso il Portone si comincia a godere della veduta di Roma, e insensibilmente salendovi si rimirano a destra, e a sinistra ripartiti in quattro quadrati i folti Lauri, che dividendosi, formano di quà4 , e di là due brevi, ma spaziosi viali, al fine dei quali con vaga, e propria simmetria vengono collocate le Lapidi di Memoria de’ nostri defunti Pastori, che in numero fin’ora di quarantadue sono state dalla nostra Adunanza inalzate, e sono le seguenti …
Questa trascrizione appare decisamente sciatta, tanto più che si presume frutto di un esame autoptico. Sorprende non tanto CHORAGONASIO/CHORAGONASIUS quanto PHILOGO, errore di cui ci si dovette accorgere troppo tardi, visto che si rimediò dopo qualche decennio,  essendo custode dell’accademia Michele Giuseppe Morei, in Memorie istoriche dell’adunanza degli Arcadi, De Rossi, Roma, 1761, p. 133, dove, però, permangono CHORAGONASIO/CHORAGONASIUS. 
Apprendiamo, così, che il dedicatore della tavola fu Emio Coragonasio, nome pastorale di Gaetano Lombardo di Napoli, cioè l’autore di questa prima biografia, che nella seconda parte del nome pastorale assunse quella del suo maestro, il che appare confermato dal fatto che in L’Arcadia del can. Gio. Mario Crescimbeni, Antonio De’ Rossi, Roma, 1708, p. 116 compare solo la prima parte (Emio)5. Chi pensa che su Coragonasio il discrso finisce qui, si sbaglia di grosso.
In Domenico De Angelis, Le vite de’ letterati salentini, s. n., Firenze, 1710, v. I, a p. 167 leggo: nostro saggio, e dotto Emio Caraconasio.
In Acta Eruditorum anno MDCCXIII, Muller, Lipsia, 1713, a p. 502 si legge Argeus Carconasius.
In Dell”istoria della volgar poesia  scritta da Giovan Mario Crescimbeni, Basegio, Venezia, 1730, v. V, a p. 316 si legge Argeo Caraconasio e a p. 365 Argeo Coraconasio.
In Biografia degli uomini illustri del Regno di Napoli, a cura di Domenico Martuscelli, Gervasi, Napoli, 1817, s. p., in cui è inserita la seconda biografia di cui ci occuperemo fra poco, si legge: Argeo Caraconessio e il bello è che dopo qualche parola si fa riferimento preciso (con citazione della p. 47) alla prima biografia con cui ho iniziato.
E poteva mancare, a questo punto, l’Argeo Caroconasio che si legge in Versi d’occasione e scritti di scuola/ Giambattista Vico ; con appendice e bibliografia generale delle opere a cura di Fausto Nicolini, Laterza, Bari, 1941, p. 42?.
In conclusione: mi pare che la forma corretta tra tante, esclusa l’ultima, pressoché contemporanee, debba individuarsi in Coragonasio, non solo per il carattere “ufficiale” del ritratto ma anche perché esso fu il secondo nome pastorale (il primo è Astildo), oltre che, come s’è detto, del Lombardo, anche di Giovanni Battista Lanfranchi Lanfreducci di Pisa.
Definito questo dettaglio (ma le altre varianti sono solo per il momento accantonate) , prima di accennare alla seconda biografia, cercherò di dare ragione del nome pastorale nelle sue due componenti.
Argeo è piuttosto ambiguo (e tale ambiguità, forse, anche in questo caso fu assunta ad arte) perché può derivare direttamente dal latino Argeus=argivo (Argo era considerata dai Greci come la loro città più antica), ma Argo era anche il nome del mostro della mitologia greca, fornito di molti occhi (e in senso  figurato può valere come persona alla quale nulla sfugge). Come non pensare, però, pure al greco ἀργός (leggi argòs), che significa splendente, luminoso e al suo omofono che significa pigro? Tutto ciò, secondo me,  è perfettamente in linea col Gregorio ironico ed autoironico tramandatoci dalle biografie, col suo spirito direi socratico, consapevole dei suoi mezzi ma anche dei loro limiti. E questo, sempre secondo me, spiega abbondantemente il fatto che di lui non ci sia rimasta nessuna opera autonoma, ma solo componimenti in versi, inseriti, come vedremo, in raccolte curate da altri6.
Coragonasio (parto dalla variante che ho appena ritenuto la più attendibile) appare come forma aggettivale di Coragonaso. La seconda parte dei nomi pastorali�� spesso è legata ad un toponimo (detto campagna, quasi ideale ambiente personale del socio che, com’è noto, era chiamato pastore), ma poteva pure evocare un personaggio del mito o contenere altri riferimenti più o meno criptici. Coragonasio (parto dalla variante che ho appena ritenuto la più attendibile) appare come forma aggettivale di Coragonaso. La seconda parte dei nomi pastorali  spesso è legata ad un toponimo  (detto campagna, quasi ideale ambiente personale del socio che, com’è noto, era chiamato pastore), ma poteva pure evocare un personaggio del mito o contenere altri riferimenti più o meno criptici. Escluso il toponimo7, si può supporre che sia un nome composto (poteva esserlo pure l’eventuale toponimo); e qui il ventaglio delle voci, tenendo conto pure delle varianti, che potrebbero entrare in campo, è abbastanza ampio: χώρος (leggi choros) o  χώρα (leggi chora)=terra+ἀγών (leggi agòn)=lotta+ ἄζω (leggi azo)=rispettare; χορός (leggi choròs=coro)+le due altre componenti indicate per l’opzione precedente; per coraconasio: χώρος/χώρα+ἀκοναῖος (leggi aconàios)=pietroso oppure χορός+ἀκονάω (leggi aconao)=eccitare oppure κόραξ (leggi corax)=corvo+νήσιον (leggi nèsion)=isoletta; per Caraconasio il primo componente potrebbe essere κάρα (leggi cara)=testa. Lascio alla fantasia del lettore la possibile giustificazione semantica di ogni combinazione, convinto del fatto che solo l’interessato, qualora se ne fosse dato cura, avrebbe potuto lasciare un lumicino acceso a diradare, almeno in parte, le tenebre.
Di Andrea Mazzarella da Cerreto, invece, è la seconda biografia inserita nel tomo IV di Biografia degli uomini illustri del Regno di Napoli, op. cit., preceduta dal ritratto, un’incisione, cosa ricorrente in questa raccolta, della scuola di Raffaello Morghen (1758-1833). Il nome pastorale che qui si legge è, come s’è detto, Argeo Caraconessio, per il quale, come se non bastasse quanto al riguardo s’è detto, potrebbe essere messo in campo come componente finale Νέσσος (leggi Nessos)=Nesso, il mitico centauro ucciso da Ercole.
S’è detto che del Messere non c’è neppure una pubblicazione esclusiva. Nella compilazione di quella che vuole essere ambiziosamente la documentazione testuale (per così dire dal vivo, con immagini in dettaglio tratte daile pubblicazioni originali)  di tutta la produzione del nostro con l’aggiunta di qualche mia nota di commento,  non trascurerò quanto da lui scritto prima del 1690 (data di fondazione dell’Arcadia), anche se la suddivisione adottata è, dal punto di vista artistico, piuttosto fittizia.
PRIMA DEL 1690
Sono tutti componimenti encomiastici, in distici elegiaci, di un’opera altrui, inseriti in questa, insieme con quelli di altri letterati, nelle pagine iniziali per lo più non numerate.
In Notizie di nobiltà. Lettere di Giuseppe Campanile8 Accademico Umorista et Ozioso indirizzate all’Illustrissimo et Eccellentissimo D. Bartolomeo di Capova Principe della Riccia, e Gran Conte di Altavilla etc.,  Luc’Antonio di Fusco, Napoli, 1672, s. p.:
(Del signor Gregorio Messere. Afflitto gemerà a causa delle lacrime di Partenope spuntate poiché la terra ha sepolto illustrissimi cavalieri. Frattanto passa a volo la fama e si sfiora le ali. Una piuma e solo una cade sul lido campano. Campanile è lì: prende la piuma caduta dal cielo, la prende e comincia a celebrare le gesta per gli uomini estinti. Lui comincia, gli eroi, abbandonate le tombe, cominciano a risorgere e ad essere elevati alle stelle mentre la morte manifesta il suo malcontento. Dico evviva Giuseppe! Ora lo grida l’illustre sirena; mentre tu fai tali doni, dico evviva. Evviva, ma vivrai in eterno: i tuoi scritti degni del cielo già ti hanno fatto meritare eterna vita)
In Giovanni Giacomo Lavagna, Poesie,  Conzatri, Venezia, 1675, parte I, p. 245:
(Quale musa t’insegnò la poesia, quale sirena la musica? Quale fiume ti offrì un’acqua tanto dolce? Tu agiti il plettro: l’onda della Sebetidea immobile tace; pizzichi le corde:  muovi le pietre e i cuori crudelib. O Lavagna, o sarai, lo dirò io, un poeta ismarioc o la lira ismaria a te è stata mandata dal cielo)
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a Patronimico, epiteto attribuito alla figlia del fiume Sebeto inteso come divinità.
b Così, secondo il mito, faceva Orfeo con la sua lira.
c Dell’Ismaro, monte della Tracia, dove, secondo le fonti più antiche, a Lebetra, era nato Orfeo.
In Tomaso di S. Agostino, Strada franca al cielo per il peccatore, Mollo, Napoli, 1677, s. p.:
(Se, dice il Poeta a, è facile la discesa dell’Averno ma tendere in alto questo è il compito, questa la fatica, con questo libro pra è facile la scalata dell’Olimpo né è una fatica andare verso il cielo)
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a Virgilio, Eneide, VI, 126-129: … facilis descensus Averno:/noctes atque dies patet atri ianua Ditis;/sed revocare gradum superasque evadere ad auras,/hoc opus, hic labor est. Da notare che Averni è la lezione di alcuni manoscritti abbandonata per Averno dagli editori moderni.
In Stefano Tropeano Sessa, Il palagio della sapienza fondato sù le sette colonne dell’arti liberali, Porsile, Napoli, 1680, s. p.:
(Per il nobile furto stellare di Stefano Tropeano Sessaa. Ora è tempo di sollevare audaci sguardi al cielo, ora di apprendere i vari moti degli astri. Il Toro percorre l’ultima orbita mentre le stelle brillano  e il Capricorno è sommerso dalle acqueoccidentali. Arturo, Cefeo, Procione, Delfino, Orione, Auriga e Perseo, Pegaso, Andromeda e l’erculeo Leone ammirano il furto di suo nipote, furto degno della fatica di Prometeob. Piccolo uccello illustre nei segni di Archimede per il quale volle la sfera, mentre il cielo stupiva. Qui si affretti chi vuole essere un grande indovino: con questo libro da scorrere potrà conoscere cose acute)
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a Nel frontespizio del volume correttamente si dichiara che essa è una traduzione da Latino nell’Idioma Italiano dall’Opere manoscritte (sull’astrologia) del Dottissimo Sig. D. Fabrizio Sessa suo Zio, e maestro.
b Rubò il fuoco agli dei per donarlo rlo agli uomini. Zeus lo punì incatenandolo ad una rupe ai confini del mondo dove un’aquila gli rodeva di giorno il fegato ricresciuto durante la notte e poi facendolo sprofondare nel Tartaro, al centro della Terra. È uno dei simboli della lotta del progresso e della libertà contro il potere.
In Giovanni Canale, Amatunta, dedicata all’Illustrissimo Signore Antonio Magliabechi eruditissimo Bibliotecario del Serenissimo Cosimo Terzo Gran Duca di Toscana, Conzatti, Venezia, 1681, s. p.:
(Epigramma del tarantinoa Gregorio Messere. Come Arione canta tra i veloci delfini, come il Cigno canta presso le rive dell’Eridanob, così la zampogna del defunto Sinceroc cantò presso le onde, così prossima a Sincero canta la tua musa)
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a Segue l’opinione, errata, di Carlo Susanna, per cui vedi nota 1.
b Nome mitico e poetico del Po.
c È il nome del pastore personaggio principale dell’Arcadia di Iacopo  Sannazzaro (1457-1530), dietro il quale si nasconde lo stesso autore, il cui nome umanistico era Actius Sincerus.
  DOPO IL 1690
In Componimenti recitati nell’Accademia a’ dì 4 di Novembre ragunata nel Real Palagio in Napoli per la ricuperata salute di Carlo II, Parrino. Napoli, 1697, pp. 170-172.
(Mio re austriacoa  insigne per devozione e valore militare, grazie al quale solo protettore la luna barbarab cadrà, giace con una gran debolezza negli anni giovanili. Onnipotente, avendo pietà, portagli aiuto! Ti muova il gemito del Libano, la flebile onda del Giordano, i pii voti di Sionc . Viva, e mi liberi dalle catene, cinte le tempie delle palme idumeed, importante si diriga alle stelle. Aveva detto Gerusalemme in lacrime. Tuona l’alto Olimpo, la malattia è scomparsa, viene l’amica salute)
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a Carlo II d’Asburgo (1661-1700) re di Spagna, dei territori spagnoli d’oltremare, nonché re di Napoli col nome di Carlo V. Fu di salute cagionevolissima.
b La mezzaluna, simbolo della potenza turca.
c Sineddoche per Gerusalemme, che è costruita sul monte Sion.
d Idumea era il nome di una contrada della Palestina.
(Smetti, o Vesuvio, di scuotere gli astri col terrificante gemitoa; placide acque del Sebeto, non addoloratevi; tu, Mergellina, dirigi sul monte le allegre danze: tu Antinianab, cingi le chiome di nitide rose! Toccate, o Sirene, toccate le corde dal dolce suono; o Amadriadic, giocate, o Nereidid, applaudite! O muse, aprite il Parnasoc e muovete i canti! O secolo felice! O giorno benigno! Vive la nostra salvezza,vive l’unica speranza del mondo: Carlo, gloria degli Austriaci, sta bene)
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a L’anno 1697 registrò un’intensa attività eruttiva del vulcano.
b Nome di una ninfa che Giovanni Pontano (1429-1503) s’inventò come trasfigurazione di Antignano, località sulla collina del Vomero, dove c’era la sua villa, in Ad Bacchum consecratio, quinto carme del secondo libro del De amore coniugali.
c Un particolare tipo di Driadi , cioè di Ninfe boscherecce, la cui vita dipendeva da quella delle querce. La voce è dal greco  ἁμαδρυάδες (leggi Amadriuàdes), composto da ἄμα (leggi ama)=insieme+δρῦς (leggi driùs)=quercia.
d Ninfe acquatiche, figlie di Nereo.
e Monte della Grecia. Nell’antichità sacro ad Apollo e a Dioniso e considerato sede delle Muse,divenne simbolo della poesia.
(Tespiadia Muse, figlie di Giove, date inizio al canto, battete il barbitob o la lira. Sul Pindo eseguite danze coi morbidi piedi. Si gioisca delle argentee acque di Castaliad. L’austriaco Carlo, che lo splendente Apollo ha amato, Carlo, luce dell’Oriente e dell’Occidente, si è liberato della mancanza di forze, sta bene. O giorno armonioso, o età felice, o beata notizia!)
a Perché  onorate a Tespie, città della Beozia.
b Specie di lira.
c Monte della Grecia sacro ad Apollo ed alle Muse.
d Mitica fanciulla di Delfi che per sfuggire ad Apollo si suicidò gettandosi in una sorgente presso il santuario di Delfi, che da lei ebbe nome. Coloro che si recavano a consultare l’oracolo dovevano compiervi un bagno di purificazione. Dai poeti romani le fu attribuita la virtù d’ispirare la poesia.
Lo stesso destino, quello di non comparire in una pubblicazione destinata solo a loro, toccò agli Emblemata, che risultano inseriti in Pompe funerali celebrate in Napoli per l’eccellentissima signora D. Caterina d’Aragona e Sandovale, duchessa di Segorbia, Cardona etc., con l’aggiunta di altri componimenti sul medesimo soggetto, Roselli, Napoli, 1697, pp. 57-68.  Lo stesso volume, sul quale ritornerò più avanti, ospita pure alle pp. 185-189 altri componimenti del nostro, cinque in latino e due in greco. Il numero complessivo di pagine del volume ospitanti il Messere (17 su un totale di 165) è prova evidente del credito di cui egli godeva e in particolare l’estensione degli Emblemata (12 pagine) non avrebbe certo fatto gridare allo scandalo se l’autore li avesse pubblicati come un opuscoletto, tanto più che essi appartenevano ad un genere letterario che vantava nobili natali9. A tal proposito vale la pena approfondire. Emblèmata è voce latina trascrizione dal greco ἐμβλήματα (leggi emblèmata) plurale di ἔμβλημα (leggi èmblema). All’ἔμβλημα greco corrisponde in latino emblèma, da cui la voce italiana usata nel senso generico di simbolo. In greco la parola [derivata dal verbo ἐμβάλλω (leggi emballo)composto da ἐν (leggi en)=dentro e da βάλλω (leggi ballo)=gettare]  indicava qualsiasi cosa inserita, come, fra l’altro le tessere del mosaico; tale significato passò in latino, dove emblema veniva chiamato l’intero mosaico. Ed è proprio partendo dall’idea delle tessere musive che è nato il significato generico moderno di simbolo[non a caso dal latino symbolu(m), trascrizione del greco σύμβολον (leggi siùmbolon), composto da σύν (leggi siùn)=insieme e dal già visto βάλλω . Ciò avvenne nel XVI secolo con l’avvento di un vero e proprio genere letterario che ha il suo antesignano in Andrea Alciato (1492-1550) e nei suoi Emblematum libellus10, raccolta di rappresentazioni simboliche accompagnate talora da un titolo e sempre da  una didascalia per lo più in versi, il tutto in funzione moraleggiante.
Passeremo ora in rassegna i veri e propri emblemi contenuti nelle pp. 57-68, successivamente quelli delle pp. 185-189, che per comodità definirò spuri in quanto mancanti, a differenza degli altri, dell’immagine.
Ricapitolando: in base a quanto si legge nel frontespizio  le Pompe in morte di Caterina sono dedicate a suo figlio Luigi della Cerda, discendente di Ludovico. I meriti di quest’ultimo sono indicati nella seconda dedica ed occupano la prima pagina della stessa e la parte iniziale della seconda. Luigi ricompare ancora in DI TANTO PRINCIPE, ma è evidente come la composizione tipografica faccia risaltare, con gradazioni diverse, il nome della defunta [DI D(ONNA) CATERINA D’ARAGONA] con quello che sembra essere il suo merito principale (DEGNISSIMA MADRE) e quello di Napoli (PARTENOPE) che le tributa l’omaggio.
Passo ora agli emblemata spuri delle pp. 185-189.
Tre suoi componimenti, sempre in distici elegiaci (il primo in latino, gli altri in greco), sono in Componimenti in lode del giorno natalizio di Filippo V, Re di Spagna, di Napoli, etc. recitati a dì XIX di Decembre l’anno MDCCIV nell’Accademia per la Celebrazione di esso Giorno nel Real Palagio tenuta dall’illustriss. ed eccellentiss. Signor S. Giovanni Emanuele Pacecco Duca di Ascalona, Vicerè, e Capitan Generale del Regno di Napoli, Niccolò Bolifoni, Napoli, 1705, pp. 259-261:
(Quando l’alma genitrice partorì dall’augusto grembo FILIPPO DI BORBONE a, le fatidiche Parche tessendo gli aurei filib dissero: – Nasci, nasci, grande fanciullo. Ti attendono come re i duplici confini del mondo, quelli dell’Europa da soli non sufficienti al tuo impero)
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a Filippo V. figlio di Luigi, il gran Delfino, e di Anna Maria di Baviera, nonché nipote di Luigi XIV, era nato nel 1683 e diventerà re di Spagna nel 1700. Qui si direbbe che il Messere riveli doti profetiche, se non fosse più che normale per un rampollo di discendenza reale l’augurio che il salentino gli esprime nei due versi finali.
b Nella mitologia greca le tre Parche (Cloto, Lachesi ed Atropo) rispettivamente tessevano, misuravano e tagliavano il filo simboleggiante la vita di ogni uomo. Si fosse trattato di un poveraccio, il filo sarebbe stato di materiale infradiciato; trattandosi di un futuro re, poteva non essere d’oro?
(Filippo, re potente e buono delle regioni  occidentali, amato allo stesso modo dagli dei e dagli uomini, oggi è nato presso le dolci sponde del Rodano. Correte, Muse dell’Olimpo, incoronate i capelli di fiori primaverili, battete le corde dal bel suono, ascoltate anche le notizie della nascita del Borbone, ascoltate! Egli certamente con molte vittorie, con molti trionfi farà giungere di nuovo l’età dell’oro sulla terra)
  (Per la nascita dello stesso monarca. Quando il sole è nel segno del toro nella stagione primaverile spunta la rosa, ma dura poco. Il fiore borbonico nato nel bel mezzo dell’inverno è sempre rigoglioso di foglie di oro)
Un distico elegiaco funge da didascalia al ritratto di Antonio Sanfelice senior (1515-1570) frate minorita autore di Campania uscito per i tipi di Cancer a Napoli nel 1562. Il ritratto è a corredo dell’edizione curata da Antonio Sanfelice iunior (vescovo di Nardò dal 1707 al 1736) uscita per i tipi di Giovanni Francesco Pani a Napoli nel 1726 e dedicata dal fratello di Antonio, architetto, a Benedetto XIII. In basso a destra si legge And(reas) Maillar sc(u)lp(sit)=Andrea Maillar incise. Il Maillar, nato a Napoli verso il 1690, incise soggetti storici alla maniera di Solimena e , fra gli altri ritratti, anche quelli dei membri della famiglia Carafa. Il concittadino architetto Giovanni De Cupertinis m’informa che il disegno del ritratto del frate fu eseguito dall’architetto Ferdinando Sanfelice, che per l’occasione realizzò un bozzetto a penna, acquerello e sanguigna, attualmente conservato presso il Gabinetto dei Disegni del Museo di Capodimonte di Napoli.
O utinam posset pingi, ut mortalis imago,/sic genus et Pietas, CUIUS ET INGENIUM./d. Gregorius Messerius.
Volesse il cielo che si potesse dipingere come l’immagine mortale così la nobiltà e la devozione e la sua indole.
__________
1 Carlo Susanna erroneamente lo crede tarantino in Vita di Carlo Buragna inserita in Poesie del Signor D. Carlo Buragna, Castaldo, Napoli, 1683, s. p. e pure, probabilmente da lui attingendo, Giangiuseppe Origlia Paolino in Istoria dello studio di Napoli, Giovanni Di Simone, Napoli, 1754, v. II, p. 102.
2  Antonio Caraccio, l’arcade di Nardò, op. cit., p. 58 n. 27
3 Di Veroli; il suo nome pastorale era Zetindo Elaita. Nell’opera descrive il Bosco Parrasio, la villa fatta costruire dall’accademia, grazie alla munificenza di Giovanni V di Portogallo. Fu la sua prima sede stabile, inaugurata il 9 settembre 1726. Dal volume la tavola che segue: disegno di Antonio Canevero, incisione di Vincenzo Franceschini  (Roma 1680-Firenze 1740; quest’ultimo, della stessa famiglia di Domenico autore del ritratto inserito nel volume del 1710, risulta vincitore del primo premio della terza classe della pittura nel 1711 (Le belle arti pittura, scultura, e architettura, compimento, e perfezione delle bellezze dell’universo mostrate nel Campidoglio dall’Accademia del disegno il dì 24 settembre 1711, essendo Principe della medesima il Sig. Cavalier Carlo Marattti  e Viceprincipe il Signor Cavalier Carlo Francesco Person. Relazione di Giuseppe Ghezzi pittore, e segretario accademico e fra gl’Arcadi Afideno Badio dedicata dagl’Accademici  alla Santità di N. S. Clemente XI Pont. Ott. Mass., Zenobi, Roma, 1711, s. p.
4 Forma in uso fino agli inizi del XX secolo.
5 Così anche in Vincenzo Lancetti, Pseudonimia ovvero tavole alfabetiche de’ nomi finti o supposti degli scrittori con la contrapposizione de’ veri, Luigi Di Giacomo Pirola, Milano, 1836.
6 In prosa ci restano tre  lezioni tramandateci da un manoscritto settecentesco in due volumi (mss. 9221 e 9222), custodito presso la Biblioteca Nazionale di Spagna, intitolato Raccolta di varie lezioni accademiche sopra diverse materie, recítate nell’Accademia dell’Eccmo. Signore Duca di Medina Celi & c., Vicere et Capitan Generale 6 C. nel Regno di Napoli. Nel primo volume: Dell’Imperador Nerva Cocceio (carte 168r-174v) e Della vita di Trajano Imperadore (carte 175r-199v); nel secondo: Della poesía (carte 195r-203v).  La raccolta è stata pubblicata a cura di Michele Rak per dall’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici a Napoli  dal 2000 al 2005.Nel manoscritto si leggono pure lezioni di altri arcadi: Giuseppe Valletta (nome pastorale Bibliofilo Atteo)  Sopra la vita dell’Imperadore Galba Ragionamento 1° cc. 36r-48v, Ragionamento 2° carte 49r-59v, Ragionamento 3° carte 60r-69v, Della vita dell’Imperadore Pertinace lezione unica cc. 355r-363v, Della vita di Massimino Imperadore carte 364-374, Della vita di Gordiano Imperadore carte 375r-384v, Della vita di Aurelio Alessandro Severo Imperador di Roma carte 385-393; Niccolò Crescenzi (nome pastorale Liburno  Sopra la vita di M. Aurelio filosofo Lezione 1a carte 255r-262v, lezione 3a carte 263r-271v, lezione 4a carte 272r-282v, Della vita dell’Imperador Lucio Antonino Commodo (carte 283r-312v, Considerazioni su l’lmperio di M. Didio Severo Giuliano Imperador di Roma carte 313r-323v), Della vita di Settimio Severo Imperador Romano carte 324r-335r, Della vita di Aurelio Antonino Bassiano detto Caracalla (carte 336r-342v), Considerazione sopra la vita e l’Imperio di Opilio Macrino carte 343r-354v; Filippo Anastasio (nome pastorale Anastrio Liceatico) Intorno all’arte nautica carte 183r-194v; Giuseppe Antonio Cavalieri (nome pastorale Floridano Ateneio) Delle Sibille carte 216r-228v; Giuseppe Lucina (nome pastorale Filomolfo Corebio) Dell’agghiacciamento e della cagione di quello carte 236r-245v.
Le lezioni sulla poesia sono conservate pure in un manoscritto (ms. XII G. 58)custodito presso la Biblioteca Nazionale di Napoli.
7 Vorrei tanto chiedere all’autore della scheda in wikipedia
(https://it.wikipedia.org/wiki/Gregorio_Messere), dove si legge  Coraconasio, “dalle campagne dell’isola Coraconaso”, visto pure il virgolettato, da dove ha tratto il nome di questa fantomatica isola. La disgrazia è che in rete l’invenzione in rete è destinata a diventare infezione molto più rapidamente di quanto succede con la carta stampata.
8 Pubblicò anche:
Parte prima delle poesie, Cavallo, Napoli, 1648.
Prose varie, divise in Funzioni Accademiche, mandate al Sig. D. Francesco Carafa Principe di Belvedere, in ettere Capricciose al Sig. Principe di Sant’Agata D. Pietro Farao, in Dialoghi morali a’ Sign. D. Pietro, e D. Lorenzo Casaburo, suoi Amici, Luc’Antonio di Fusco, Napoli, 1666.
9 Tanto più che, a quanto ne so, fu l’unico salentino ad applicare originalmente questo genere alla commemorazione funebre, quasi una versione dotta dei “ricordi” in uso ancora oggi spesso con l’immagine del defunto (in passato un’altra con il tema cristiano della morte e della resurrezione) e una frase più o meno importante, per lo più una citazione di carattere sacro, raramente poche semplici parole. Da aggiungere anche all’originalità l’abilità nel trattare ripetutamente  in modo non banale lo stesso tema. Al solito, dominante sottofilone filosofico-letterario, invece, è da ascrivere l’unico emblema di un altro salentino, il neretino Alberico Longo, inserito nell’opera di Achille Bocchi (alle pp. CCCXL-CCCXLI) registrata nella nota successiva a questa.
(FILOLOGIA SIMBOLICA. Dì che bisogna avere
grande indulgenza per le fatichea)
10 Wechel, Parigi, 1534. Solo nel corso del XVI secolo l’opera contò altre 8 edizioni. Ne seguirono 6 nel secolo successivo, in cui ne uscì pure una (la prima e l’ultima che conosco) con la traduzione in italiano di Giacomo Pighetti (tozzi, Padova, 1626). Dopo l’Alciato, solo per citare i nomi più importanti:
Achille Bocchi, Symbolicarum quaestionum libri quinque, Società tipografica Bolognese, Bologna, 1574
Cesare Ripa, Iconologia overo descrittione dell’immagini universali cavate dall’antichità et da altri luoghi, Eredi di Giovanni Gigliotti, Roma, 1593 (altre 8 edizioni nel secolo XVII)
Jean Jacques Boissard, Emblematum liber, Theodor de Bry, Francoforte sul Meno, 1593
Giorgio Camerario, Emblemata amatoria, Tipografia Sarcinea, Venezia, 1627
Non  tardarono a mancare, data l’ampiezza di scelta del materiale pubblicato e del successo editoriale del genere, i compilatori fin dal secolo XVII; basti citare Filippo Piconelli, Mondo simbolico, Pezzana, Venezia, 1678 (650 pagine escludendo i corposissimi indici).
(FINE)
Per la prima parte (premessa): https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/07/08/gli-arcadi-di-terra-dotranto-premessa-1-x/       
Per la seconda parte (Francesco Maria dell’Antoglietta di Taranto): 
https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/07/15/gli-arcadi-di-terra-dotranto-2-x-francesco-maria-dellantoglietta-di-taranto/   
Per la terza parte (Tommaso Niccolò d’Aquino di Taranto):
https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/07/23/gli-arcadi-di-terra-dotranto-3-x-tommaso-niccolo-daquino-di-taranto-1665-1721/   
Per la quarta parte (Gaetano Romano Maffei di Grottaglie):
https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/07/31/gli-arcadi-di-terra-dotranto-4-x-gaetano-romano-maffei-di-grottaglie/    
Per la quinta parte (Tommaso Maria Ferrari (1647-1716) di Casalnuovo): https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/08/16/gli-arcadi-di-terra-dotranto-5-x-tommaso-maria-ferrari-1647-1716-di-casalnuovo/
Per la sesta parte (Oronzo Guglielmo Arnò di Manduria,  Giovanni Battista Gagliardo, Antonio Galeota e Francesco Carducci di Taranto):
https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/08/26/gli-arcadi-di-terra-dotranto-6-x-oronzo-guglielmo-arno-di-manduria-giovanni-battista-gagliardo-antonio-galeota-e-francesco-carducci-di-taranto/  
Per la settima parte (Antonio Caraccio di Nardò):
https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/09/17/gli-arcadi-di-terra-dotranto-7-x-antonio-caraccio-di-nardo/  
Per l’ottava parte (Donato Capece Zurlo di Copertino): https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/09/21/gli-arcadi-di-terra-dotranto-8-x-donato-maria-capece-zurlo-di-copertino/  
Per la nona parte (Giulio Mattei di Lecce): https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/09/28/gli-arcadi-di-terra-dotranto-9-x-giulio-mattei-di-lecce/ 
Per la decima parte (Tommaso Perrone di Lecce): https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/10/03/gli-arcadi-di-terra-dotranto-10-x-tommaso-perrone-di-lecce/ 
Per l’undicesima parte (Ignazio Viva di Lecce): https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/10/11/gli-arcadi-di-terra-dotranto-ignazio-viva-di-lecce-11-x/ 
Per la dodicesima parte (Giovanni Battista Carro di Lecce): 
https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/10/18/gli-arcadi-di-terra-dotranto-12-x-giovanni-battista-carro-di-lecce/ 
Per la tredicesima parte (Domenico de Angelis di Lecce): 
https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/10/21/gli-arcadi-di-terra-dotranto-13-x-domenico-de-angelis-di-lecce-1675-1718/ 
Per la quattordicesima parte (Giorgio e Giacomo Baglivi di Lecce): 
https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/10/26/gli-arcadi-di-terra-dotranto-14-x-giorgio-e-giacomo-baglivi-di-lecce/ 
Per la quindicesima parte (Andrea Peschiulli di Corigliano d’Otranto): https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/10/31/gli-arcadi-di-terra-dotranto-15-x-andrea-peschiulli-di-corigliano-dotranto/
Per la sedicesima parte (Domenico Antonio Battisti di Scorrano): https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/11/05/gli-arcadi-di-terra-dotranto-16-x-domenico-antonio-battisti-di-scorrano/
Per la diciassettesima parte (Filippo De Angelis di Lecce):
https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/11/24/gli-arcadi-di-terra-dotranto-17-x-filippo-de-angelis-di-lecce/
Per la diciottesima parte (Mauro Manieri di Lecce) https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/12/02/gli-arcadi-di-terra-dotranto-18-x-mauro-manieri-di-lecce/
Per la diciannovesima parte (Felice Zecca di Lecce, Tommaso possente di Trepuzzi, Riccardo Mattei e NiccolòArnone di Alessano):
https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/12/23/gli-arcadi-di-terra-dotranto-19-x-felice-zecca-di-lecce-tommaso-possente-di-trepuzzi-riccardo-mattei-e-niccolo-arnone-di-alessano/
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tourindiaenepal · 7 years ago
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13-02-2018 11° giorno, Kathmandu – Patan – Kathmandu (26 km)
Alle 09.17 partiamo per visitare “Swayambhunath -traduci Alberi Sublimi- un antico complesso religioso situato in cima a una collina nella valle di Kathmandu il più sacro fra i luoghi di pellegrinaggio buddisti, secondo solo a Boudhanath. Il sito ha due punti di accesso: una lunga scalinata, con 365 gradini, che conduce direttamente alla piattaforma principale del tempio -percorso che noi seguiamo- e una strada intorno alla collina che conduce all'ingresso situato a sud-ovest. Il complesso è costituito dallo stupa Swayambhunath e da una serie di santuari e templi, alcuni risalenti al periodo Licchavi. Un altro monastero tibetano, il museo e la biblioteca sono stati aggiunti recentemente. ” Lasciamo il sito alle 10.37 e raggiungiamo il centro storico di Kathmandu alle 10.55. “Il centro urbano della città presenta un nucleo storico risalente perlopiù al XVII secolo che si sviluppa intorno alla celeberrima Durbar Square, ricca di templi induisti.” In tempo per le 11.00 entriamo nel cortile del Kumari Bahal, il Palazzo della Dea Vivente dove puntualissima, e solo per 1 minuto, si affaccia Kumari Devi, la Dea Bambina Vivente -vietato fotografare durante l'apparizione. Notate il piccolo cortile con mura in mattoni rossi, pesanti telai in legno nero per gli infissi e palificazioni a puntellare le pareti anti crollo-. La nostra guida fatica non poco a farci comprendere questa tradizione Nepalese. In sostanza una bambina vergine viene scelta tramite un processo ad eliminazione – simile alla scelta del Dalai Lama in Tibet- e rimane isolata nel palazzo fino alla prima ciclo mestruale. Partecipa agli eventi pubblici e religiosi; studia da privatista; ogni suo desiderio deve essere esaudito. Dopo il periodo da Dea torna alla vita “normale”. Godrà di una pensione tre volte più alta di uno stipendio medio nepalese e altri privilegi come treni e bus gratuiti. Proseguiamo la visita prima della sosta pranzo in ristorante dalle 12.28 alle 13.34. Poi ci imbarchiamo e in 5' siamo a “Patan, oggi praticamente fusa con Kathmandu, anche conosciuta come Lalitpur. E' una delle maggiori città del Nepal, ed è considerata la più antica e bella tra le città reali della valle di Kathmandu a tal punto che l'UNESCO l'ha dichiarata Patrimonio dell'Umanità. Si ritiene che sia stata fondata nel III secolo a.C. dalla dinastia Kirat e successivamente ampliata dai Licchavi nel VI secolo.” Alle 15.00 visitiamo un centro eco solidale dove ci presentano le innumerevoli virtù della campana tibetana. Alle 15.30 visitiamo il Patan Museum e subito dopo giro libero fino al rientro in hotel delle 16.50. Arriviamo alle 17.10 e 15' dopo sono fuori in solitaria. Arrivato sulla strada principale mi accorgo che hanno bloccato il traffico. Forse per una processione o forse per altro. Mi siedo su una ringhiera e resto in attesa. Dopo pochi minuti passa un veloce corteo di auto scortate da moto. E' il Presidente della Repubblica del Nepal che si reca in un campo recintato -che abbiamo intravisto per strada con gente assembrata- per una funzione civile. Riesco a scattare qualche foto. Subito dopo entro in un supermercato. Mentre memorizzo i vari prezzi di te e incenso, vengo avvicinato da due giovani. Dalle prime domande gentili, ma decise, capisco che sono agenti in borghese. Mi chiedono perché ho fatto delle foto al corteo; dove alloggio; da dove vengo; perché sono in città; etc.; etc. Rispondo come posso nel mio inglese sgrammaticato. Mi offro da subito di eliminare le foto fatte e li invito in hotel per il passaporto che ho lasciato nella cassetta di sicurezza. Non vogliono che cancelli niente e non vengono in hotel. Verificano la mia storia visionando le foto di Varanasi dal mio smartphone e mi lasciano. Resto perplesso a rimuginare. - Quando domani racconto tutto alla nostra guida, lui mi ribadisce che non è vietato fotografare il Presidente.- Decido di continuare la mia uscita e proseguire per il mercato Thamel. Sovrappensiero, sul punto di rientrare in hotel, perdo la strada dentro il mercato. Me ne accorgo perché non ci sono più negozi turistici e le luci in strada sono scarse. Ho una mappa con me, ma senza indicazioni stradali è inutile. Entro in un piccolo albergo e mi faccio aiutare. Subito disponibili mi danno la dritta giusta -sono indietro di una cinquantina di metri rispetto a quanto pensassi- e riprendo il mio rientro. Incontro sulla strada un piccolo tempio in cui stanno celebrando un rito con il fuoco. Sono in hotel alle 18.55. Dopo doccia e cena a letto alle 22.25.
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francescoponty · 8 years ago
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Cosa vedere a Berlino
Il Reichstag di Berlino
Sfondo di una delle fotografie più famose al mondo, che segna la caduta del Nazismo e immortala un soldato sovietico mentre issa la bandiera con falce e martello sulla sua sommità, il Reichstag è la sede del parlamento tedesco e come la maggior parte dei  monumenti berlinesi, porta tutti i segni della Seconda Guerra mondiale e ha una storia tutta sua da raccontare.
Nato come edificio per ospitare le camere del Parlamento Tedesco, fu proprio da una delle finestre del Reichstag che nel 1918 venne proclamata la nascita della Repubblica Tedesca, segnando il tramonto della monarchia e della dinastia degli imperatori di Germania. Nel febbraio del 1933, un terribile incendio distrusse quasi completamente il palazzo e durante la seconda guerra mondiale fu utilizzato come clinica per le nuove nascite.
Un anno dopo la caduta del Muro, fu proprio al suo interno che il 2 ottobre 1990 si celebrò la cerimonia ufficiale della Germania riunificata. Solo nel 1999, ben 66 anni dopo il grande incendio, è ritornato ufficialmente il simbolo della democrazia tedesca ospitando nuovamente le camere del Parlamento. La splendida cupola in vetro e acciaio che vediamo oggi è stata progettata dal rinomato architetto inglese Sir Norman Foster, come simbolo di apertura dopo il periodo buio della divisione e attraverso le sue vetrate si vede tutta Berlino e la zona interna del Parlamento.
Il Muro di Berlino
“Mr Gorbaciov, tare down this wall!” esclamò il presidente americano Ronald Regan, durante un suo famoso discorso tenuto a Berlino nel 1987. Solo due anni dopo, la notte del 9 novembre 1989, il Muro di Berlino venne abbattuto e con esso tutte le barriere ideologiche e politiche che per 28 anni hanno materialmente e crudelmente spaccato in due Berlino e la Germania.
Nell’agosto del 1961 il volto della città cambiò completamente: 170 km di cemento alto 10 m segnavano la divisione del mondo in due sfere, quella americana e quella sovietica. Valicare il confine era impossibile, si contano almeno 136 persone morte nel tentativo di fuggire a Berlino Ovest, altri usarono i mezzi più disparati e impensabile nel disperato tentativo di oltrepassare il muro: mongolfiere, aerei superleggeri e documenti falsi con l’intestazione delle Nazioni Unite sono solo alcuni esempi.
Il 9 novembre 1989 le parole del presidente Reagan trovarono concretezza quando, in seguito alla caduta del Comunismo, gli esponenti del governo della DDR annunciarono che i berlinesi dell’est avrebbero potuto attraversare il confine e il muro cadde sotto i colpi dei martelli e dei picconi dei berlinesi. Solo 1 km di cemento è rimasto intatto e nel 1990 artisti venuti da tutto il mondo hanno celebrato la riunificazione della Germania a colpi di bombolette spray, dipingendo i resti del muro con coloratissimi murales, alcuni dei quali sono diventati opere famose in tutto il mondo come ��The mortal kiss” che immortala il bacio sulla bocca tra Honecker e Breznev, e il “Test the best” che raffigura l’auto “ufficiale” della Germania Est che sfonda il muro.
Questi e tanti altri graffiti compongono quella che oggi viene chiamata East Side Gallery, una vera e propria galleria d’arte all’aperto, tutelata dal governo tedesco come un monumento a tutti gli effetti.
Checkpoint Charlie a Berlino
Teatro di uno dei momenti più caldi della Guerra Fredda, il Checkpoint Charlie era uno dei luoghi di passaggio tra la Berlino Est e la Berlino ovest, blindato e controllato dai militari americani, costruito nel tratto di muro dove confluiscono due delle arterie principali della città: tra la  Friedrichstraße e la  Zimmerstraße.
Fu qui che il 25 ottobre del 1961 i carri armati sovietici e americani si schierarono gli uni di fronte all’altro, in un’azione di forza terminata a favore delle truppe americane che si assicurarono il diritto di muoversi liberamente per Berlino. Con la città spaccata in due, era necessario assicurare che nessun abitante della DDR cercasse di andare nella zona Ovest, per questo vennero installati diversi punti di controllo che prendono il nome dall’alfabeto fonetico della Nato: il Checkpoint Alfa separava la Germania Est dalla Germania Ovest; il Checkpoint Bravo separava la Germania Est dalla parte ovest di Berlino e il Checkpoint Charlie, il terzo nell’ordine, aveva l’arduo compito di vigilare il confine tra americani e sovietici.
Con il muro è stato smantellato anche il Checkpoint Charlie e quello che vediamo oggi è una riproduzione realizzata nel 2000, con le suggestive gigantografie di due soldati: uno americano con lo sguardo rivolto verso Berlino Est e uno sovietico che guarda verso la zona Ovest, e il celebre cartello che annunciava “You’re leaving the american sector – state per lasciare il settore americano”.
I più appassionati possono visitare anche il museo “La casa del Checkpoint Charlie”, in cui è allestita un’esposizione permanente sulla storia del Muro e sono esposti gli oggetti più strambi usati per i più mirabolanti tentativi di fuga degli abitanti della Berlino Est.
Il Duomo di Berlino
A due passi dall’Isola dei Musei, si staglia imponente il sontuoso Duomo di Berlino, il cui aspetto attuale risale al 1904, dopo che nel 1894 l’imperatore Gugliemo II ordinò che fosse demolita la precedente della cattedrale, troppo semplice e classica, per far posto a un duomo che rispecchiasse adeguatamente la grandezza della religione luterana e la potenza della dinastia reale.
Nel suo stile barocco con forti influenze del Rinascimento italiano, il Berliner Dom è lungo 114 metri, largo 73 e alto 116, sovrastato da una maestosa cupola in rame, il cui interno è decorato con dipinti che raffigurano eventi del Nuovo Testamento e del periodo della Riforma. Salendo 270 gradini, inoltre, si giunge alla sua sommità dalla quale si gode un incantevole panorama su Berlino. Neanche il Duomo è sfuggito alla furia del bombardamenti della II guerra mondiale che ne danneggiarono gravemente il tetto, al punto che inizialmente ne fu sistemato uno provvisorio per preservare quel che restava dell’edificio e i lavori ricostruzioni iniziarono solo nel 1975. La cattedrale venne riaperta nel 1993, dopo ben 18 anni, e per fortuna ancora oggi è possibile ammirare al suo interno l’altare maggiore, risalente al 1850; la Cripta degli Hohenzollern e il maestoso Organo Sauer di 7000 canne.
Alexander Platz a Berlino
Disordinata, frenetica, corredata da discutibili opere architettoniche, Alexander Platz è da sempre la piazza più famosa di Berlino. Il suo nome risale al 1805, quando in occasione della visita a Berlino dello zar Alessandro I, la piazza che ospitava il mercato del bestiame e della lana, Ochsenmarkt (mercato dei buoi, appunto), venne ribattezzata Alexander Platz.
Di seguito, la piazza è stata teatro dei principali eventi della storia berlinese e snodo cruciale per il traffico della capitale: ben 20 linee di tram e bus si intersecano in questo punto.
L’aspetto che conserva oggi è una chiara testimonianza dell’architettura socialista, tutta circondata da ingombranti palazzoni come “La Casa dell’insegnante”; “La Casa del viaggio”; “La Casa dell’Industria elettronica”. Ma l’edificio-icona di Alexander Platz è senza dubbio la Torre della televisione, che con i suoi 365 metri di altezza, ogni metro per ogni giorno dell’anno, domina dall’alto la città ed è la struttura più alta dell’Europa Occidentale. Un ascensore che sale alla velocità di 6 metri al secondo, porta i visitatori alla sfera d’acciaio, a quota 203 metri, dalla quale si gode una spettacolare vista su tutta Berlino. Infine, corredano la piazza alti due simboli iconici: l’Urania Weltzeituhr, l’orologio che segna le ore delle principali città del mondo, e la Brunnen der Völkerfreundschaft, la fontana che domina il centro dell’area pedonale della piazza ed è dedicata all’amicizia tra i popoli.
L'Isola dei Musei di Berlino
Dalla Porta di Brandeburgo si snoda la Unter den Linden, letteralmente il viale “sotto i tigli”, il boulevard più famoso di Berlino che si estende per oltre 1 km fino all’Isola dei Musei, dichiarata Patrimonio Mondiale dell’Umanità dall’Unesco sia per la singolarità architettonica e sia per l’inestimabile patrimonio custodito nei suoi musei.
Avreste mai detto di trovare un’isola proprio al centro del fiume che attraversa la città? E non un’isola qualunque, ma l’unica al mondo che può vantarsi di ospitare 5 musei di fila, ognuno con i suoi tesori che ripercorrono le tappe della storia dell’umanità.
L’Altes Museum, non a caso “Museo Vecchio”, è stato il primo dei cinque ad essere costruito, tra il 1823 e il 1830, che nelle sale del piano terra ospita collezioni di opere e oggetti del mondo dell’Antica Grecia, mentre il piano superiore è dedicato a uno straordinario viaggio nel tempo alla scoperta degli oggetti di vita quotidiana degli Etruschi e alle testimonianze della Roma antica e imperiale. Altri reperti dell’antichità classica e le favolose opere egizie sono ospitate dal Neues Museum, il “Museo Nuovo”, sorto subito dopo l’Altes. Tra i suoi tesori può vantare il busto in pietra di Nefertiti, risalente al 1340 a.C., la Collezione dei Papiri e diverse opere della Preistoria europea. Nella Alte Nationalgalerie, invece, trova spazio la più importante raccolta di pittura e scultura tedesca del XIX secolo e una collezione di opere dell’Impressionismo francese e tedesco. Il Bode Museum, dal nome dell’architetto che lo progettò, è stato costruito nel 1904 e vanta una splendida collezione di monete con circa 500.000 pezzi, oltre alle testimonianze di arte bizantina e sculture del Mondo Classico.
Completa la rosa dei musei il Pergamon Museum, punta di diamante dell’isola, che prende il nome dall’opera più importante in esso custodita: l’altare di Pergamo, risalente al II secolo a.C., cui seguono altre meraviglie architettoniche come la maestosa Porta del mercato di Mileto, costruita nel 120 a.C., e la Porta di Babilonia, costruita per volere del sovrano Nabucosondor e consacrata alla dea Ishtar, impreziosita da meravigliosi mosaici.
La Porta di Brandeburgo a Berlino
Con la Porta di Brandeburgo si completa il trio dei simboli-icona della Guerra Fredda, sfondo di una delle immagini che ha fatto il giro del mondo e baluardo della Berlino divisa.
Quando la notte del 9 novembre 1989 il muro venne abbattuto, migliaia di persone si radunarono proprio di fronte la porta, che dal 1969 era rimasta chiusa in quella “terra di nessuno” tra i due settori della città. Ma la storia della Porta di Brandeburgo parte da molto lontano, quando nel 1788 Guglielmo II, grande appassionato di arte e mitologia greca, commissionò la costruzione di una delle 18 porte di accesso alla Città di Berlino sulla falsariga della porta d’ingresso all’Acropoli di Atene. Sulla sommità di questo maestoso arco sorretto da 12 colonne alte 26 metri, svetta una Quadriga che raffigura la Dea della Vittoria a bordo di un carro trainato da 4 cavalli.
Come ogni monumento di Berlino, anche la scultura che sovrasta la Porta di Brandeburgo ha una sua storia travagliata da raccontare: nel 1806 fu il bottino di guerra di Napoleone quando conquistò la città, fu presa e portata a Parigi per poi ritornare a Berlino nel 1814, e durante la seconda guerra mondiale fu distrutta dai bombardamenti. La Quadriga che vediamo oggi è stata rifusa nel 1953 e riposta su uno dei monumenti più significativi della storia del XX secolo. 
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guanellafilippine · 8 years ago
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News from Manila #28 - 20 gennaio 2017
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Carissimi Amici l’augurio a tutti Voi di un felice anno nuovo. Chiediamo al Signore che questo nuovo anno possa essere ricco di buoni frutti e di tante grazie che Lui nella sua bontà vorrà donarci.
Nelle Filippine abbiamo da poco concluso il periodo natalizio con la grandiosa festa del Santo Niño de Cebú (Santo Bambino di Cebú, città capoluogo della regione del Visayas Centrale). E’ una veneratissima statua del Bambino Gesù risalente al XVI secolo e conservata presso la Basilica Minore del Santo Niño nella città di Cebú. Probabilmente la più antica immagine religiosa esistente nelle Filippine, la statua fu donata come regalo di battesimo, nel 1521, dall'esploratore Ferdinando Magellano alla Regina di Cebú all'epoca della esplorazione del navigatore portoghese in quelle terre. I fedeli hanno festeggiato l'icona sacra la terza domenica di gennaio con una grande processione (tre milioni le persone presenti) che si svolge nella basilica di Cebú e in ogni località dove il Santo Niño è venerato. Anche noi nella nostra missione guanelliana di Quezon City  abbiamo celebrato la festa del Santo Niño con i bambini che frequentano il nostro centro.
 I Missionari italiani nelle Filippine
All’interno del quadro delle iniziative di animazione e di cooperazione la CEI (Conferenza Episcopale Italiana) ha organizzato nelle Filippine un incontro con i Missionari Italiani come segno di comunione e di dialogo tra la Chiesa Italiana e le Chiese locali. Nei giorni 8-11 Gennaio 2017 ha avuto luogo in Tagaytay – City, il quinto Convegno triennale nelle Filippine dal titolo: MISSIONARI ITALIANI NELLE FILIPPINE: SFIDE PASTORALI IN UN PAESE CHE CAMBIA.
Obiettivi principali dell’incontro sono stati: favorire momenti di fraternità, di riflessione e di scambio a partire dalla prassi pastorale dei missionari e missionarie italiani (sacerdoti, religiosi/e e laici) in servizio nel paese; rinsaldare i contatti tra i missionari e la Chiesa italiana, favorendo la dinamica feconda dello scambio tra Chiese sorelle. 
La delegazione italiana era formata da Mons. Gianfranco Todisco, vescovo di Melfi – Rapolla – Venosa, membro della Commissione Episcopale per l’Evangelizzazione dei Popoli e la Cooperazione Missionaria tra le Chiese, don Michele Autuoro, direttore di Missio con una relazione dal titolo: “Quali sfide di conversione pastorale e missionaria per la Chiesa italiana con  echi dal Convegno di Firenze”, don Giuliano Zanchi della diocesi di Bergamo che ha tenuto una relazione su: “Provocazioni, sfide, interrogativi partendo da Evangelii Gaudium”, don Felice Tenero come membro dell'equipe del Cum di Verona.  All'inizio dell'incontro hanno partecipato don Mario Vincoli aiutante di studio CEI e don Leonardo di Mauro direttore ufficio interventi caritativi della CEI. Abbiamo avuto la gioia di avere tra noi alcuni rappresentanti della Chiesa Filippina Locale, tra cui S.E. Mons. Rolando J.Tria Tirona, Arcivescovo di Caceres che ha presentato una relazione dal titolo: “Papa Francesco, icona della nuova evangelizzazione oggi, la realtà delle Filippine oggi: dopo 500 anni di evangelizzazione, significato e contributo di missionari che vengono da altrove”.
Un bel clima di fraternità e di condivisione ha contribuito alla riuscita dell’incontro. E’ bello, e a me ha fatto molto bene, vedere Missionari di “una certa età” ancora vivaci, pieni di entusiasmo e di voglia di donare. Un bel esempio che infonde speranza ai missionari da poco arrivati in questa terra e che ci incoraggia.
Con i teologi in visita a Baguio
Nelle prime settimane di gennaio, durante il periodo delle vacanze scolastiche sono andato con i nostri 4 Teologi (Alfie, David, Erwin, Christian) e P. Battista Omodei in visita alla città di Baguio. Giorni di condivisione e di fraternità in una delle località “più fresche” delle Filippine. Baguio è conosciuta come la Capitale Estiva delle Filippine, è situata nella Provincia di Benguet. Il nome della città deriva da bagiw, parola Ibaloi che significa “muschio”. La città è stata fondata dagli Americani nel 1900 come stazione collinare nel sito di un vilaggio Ibaloi chiamato Kafagway. L’Ibaloi è la lingua indigena parlata nella regione Benguet.
Essendo situata a un altitudine di circa 1.500 metri sul livello del mare, ed essendo annidata nella Cordillera montuosa, la città ha una media di temperature di 7-8°C più bassa rispetto ai luoghi nelle aree più basse. Inoltre, a differenza di altre zone delle Filippine dove le temperature possono raggiungere anche 38° o 40°C, è raro che a Baguio le temperature superino i 26°C anche durante i periodi dell’anno più caldi. Questo rende la città una famosa destinazione per i turisti locali (e stranieri) durante la stagione estiva, per sfuggire alla calura e durante le vacanze di fine anno per godere delle basse temperature difficilmente viste in altre province.
Al di là delle caratteristiche naturali e geografiche di Baguio, ci sono molti luoghi turistici e mercati che si possono visitare. La città è facilmente raggiungibile in auto grazie a due strade principali che la collegano. In città ci sono hotel e ristoranti per ogni fascia di prezzo e vi dico che i prezzi sono veramente bassi nonostante Baguio sia una località turistica.
Per visitare la cultura e la vita del gruppo indigeno più rappresentativo della regione, chiamato “Igorot” abbiamo visitato il villaggio Tam-Awan. Altre destinazioni famose che erano nel nostro itinerario erano: il parco Burnham, il parco Mines View, il Convento Good Shepherd, la Mansion House, il Wright Park, il Camp John Hay, il Santuario Butterfly (vera e propria serra di farfalle tropicali), il Giardino Botanico (con piante e fiori tropicali), le piantagioni di fragole (fioriscono e maturano tutto l’anno) e di insalata (che viene prodotta tutto l’anno), il Museo Baguio e il Museo BenCab. Tutte le montagne e colline di Baguio sono circondate da pini che rendono l’aria fresca e respirabile rispetto ad altre città delle Filippine dove traffico e caldo incrementano l’inquinamento e rendono l’aria irrespirabile. Beh, in pochi giorni ci siamo ripuliti i polmoni dallo smog di Manila!!!!
Il capodanno cinese
L’anno cinese non ha l’esatta durata di quello europeo -365 giorni- ma può variare di qualche giorno. Comunque, l’arco temporale che ricopre è approssimativamente quello dell’anno solare e il Capodanno cinese cade, ogni anno, in una data compresa tra i nostri 21 gennaio e 20 febbraio. L’anno cinese, infatti, segue il calendario lunare.
Quest’anno, il Capodanno ufficiale cinese cadrà il 28 gennaio 2017. I cinesi, per festeggiare il proprio Capodanno, hanno l’abitudine di indossare colori vivaci e accesi, in particolare il rosso, considerato il colore fortunato del nuovo anno. Un’altra usanza tipicamente cinese è quella di pulire la casa nell’ultimo giorno del vecchio anno e non sul nascere del nuovo, per evitare di spazzare via la fortuna che questo porta con sé.
Qui la nostra Comunità si sta preparando al grande evento, quel giorno sarà giorno festivo per l’intera nazione filippina. Una delle ragioni è l’elevato numero di popolazione cinese presente nella nazione. I nostri giovani seminaristi Vietnamiti ci hanno detto che ci riserveranno un buongiorno mattutino tutto all’insegna della tradizione cinese, dai saluti alla colazione, a segni tipici e tradizionali di questa festa.  Non vedo l’ora che arrivi il 28!!!
Quello che si appresta a finire è l’anno della Scimmia e, più precisamente, della Scimmia di fuoco. Gli animali che danno nome agli anni indicano anche il corrispondente segno zodiacale cinese che, al contrario del nostro, non dipende dal mese. I nati sotto il segno della Scimmia sono ambiziosi, irritabili e avventurosi. Il nostro 2017, invece, è per i cinesi l’anno del Gallo. I nati sotto il segno del Gallo dovrebbero essere persone affidabili, puntuali e responsabili sul lavoro. I 12 animali dello zodiaco furono scelti deliberatamente dopo attente revisioni. Gli animali sono collegati alla vita giornaliera degli antichi Cinesi oppure hanno un significato simbolico di fortuna. 
Il bue, il cavallo, la capra, il gallo, il maiale e il cane sono sei degli animali domestici allevati dalla popolazione Cinese. Esiste un detto popolare che dice “la prosperità dei sei animali domestici” e simboleggia appunto la prosperità della famiglia ed è questo il motivo per cui furono scelti.
Gli altri animali: il topo, la tigre, il coniglio, il drago e la scimmia sono animali adorati dalla popolazione Cinese, per esempio il drago è un animale leggendario che nella cultura Cinese è simbolo di buona fortuna e di potere. Vedremo sicuramente dragoni e leoni in giro per la città di Manila. Bene non ci rimane che auguraci 新年快乐 (xīn nián kuài lè)  Felice anno nuovo! Nella foto che ho allegato cercate nella tabella il vostro anno e saprete a quale  “animale” dello zodiaco appartenete.
Ricordando mio papà
Poco meno di un mese fa il mio caro papà Giuseppe ci ha lasciato per raggiungere l’eternità. Vorrei ricordare questo passaggio dalla vita alla vita eterna con alcune frasi di Papa Francesco:
“Parla ancora di speranza, il Papa, nella catechesi nell’Udienza generale. Quella speranza che, “davanti alla morte, davanti al pericolo, si esprime in preghiera”. Sembra paradossale ma è proprio il timore della morte, il sentore del pericolo, la paura del buio, ad avvicinare a Dio l’uomo che “fa completa esperienza della propria fragilità e del proprio bisogno di salvezza”.
“L’istintivo orrore del morire svela la necessità di sperare nel Dio della vita”, sottolinea il Papa. Tuttavia, aggiunge, “troppo facilmente noi disdegniamo il rivolgerci a Dio nel bisogno come se fosse solo una preghiera interessata, e perciò imperfetta. Ma Dio conosce la nostra debolezza, sa che ci ricordiamo di Lui per chiedere aiuto, e con il sorriso indulgente di un padre risponde benevolmente”.
“Sotto la misericordia divina, e ancor più alla luce del mistero pasquale, la morte può diventare, come è stato per san Francesco d’Assisi, ‘nostra sorella morte’ e rappresentare, per ogni uomo e per ciascuno di noi, la sorprendente occasione di conoscere la speranza e di incontrare il Signore”.
L’auspicio del Papa è, dunque, “che il Signore ci faccia capire questo, il legame fra preghiera e speranza. La preghiera ti porta avanti nella speranza e quando le cose diventano buie …  più preghiera! E ci sarà più speranza”.
Carissimi un saluto a tutti e  vi chiedo una preghiera per la nostra Missione.
 Maraming Salamat po!                                                                  Fr. Mauro
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allaantica · 2 years ago
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365 Days of Alla Antica, Day #1
(365 Days of Alla Antica is a project I am intending to run during 2023, where every day I post a little shred of lore about my worldbuilding project. I hope you all enjoy!)
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“Many are the theories surrounding the Architect, all from Its presence and purpose, to whether a figure such as It ever indeed existed. Most scholars, myself included, are skeptical of a being so powerful and potent that It could reshape the world and bring life to us mortals without being a God. Would this then suggest that the Architect is Drikohl, God of Crafts as the Ohlists believe? Does that not invalidate the notions of billions of others who hold their own stories? Though it is true that, regardless of nation, language, or creed, all folk of Pyr appear to refer to the Yitinnim, Abyaddim, Qarebbim, Uzzim, and Eqlim collectively as the ‘Heirs of the Architect’, which implies some prior pan-Pyrric culture long lost to the dusts of time. Perhaps such a being did exist, and we are merely Its orphans.”
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The Architect was a deathless being born into existence with the first blooming of Life at the dawn of everything. It was a member of the species known as the Ancients — vast, immortal, purely Real creatures that neither ate nor slept — which saw the universe as theirs to control. Millions of years ago, the Architect found a primordial planet that could support life, and began to change it, moving it closer to its star and shaping the continents to Its will. Upon this garden world — later known as Pyr — It crafted the five species that were thereafter known as the Heirs, to act as Its slaves.
At some point, thousands of years ago, the Architect fashioned great monuments known as Mirrorliths to channel magical energy out of Unreality, which fractured time and space irreperably. Shortly before fleeing Pyr, the Architect built a great shield around the planet to keep it “pristine” for Its eventual return. No hint of It has been seen since...
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During the 15th Century of our real world — deep into the European Renaissance — Italian artists, architects, and philosophers reached a level of self-awareness. They recognised the cultural revolution that they were undertaking, and to describe it, they coined the phrase “alle romana et alla antica” or “in the manner of the Romans and the ancients.”
These artists, occultists, and theologians believed — in their arrogance — that by emulating the past they were bringing the world towards an era of light. But their self-awareness was incomplete, and they paid no mind to the sins of the past which they replicated.
Through their foolishness, they doomed the future — our present — to untold struggles in the manner of the ancients — “Alla Antica.”
Thus, the Architect is the catalyst for all the ills on Pyr, and the central antagonist — even if entirely absent — for Alla Antica. It stands as an overbearing, impossibly powerful symbol of colonisation and imperialism, believing nothing is beyond its ambition and arrogance to manipulate. It is a eugenicist in the extreme, and utterly inimical to everything I believe is worthwhile and righteous. Indeed, the entire project is named after Its crimes.
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allaantica · 2 years ago
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365 Days of Alla Antica, Day #2
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(Note, the above map is still largely a Work in Progress!)
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“The Oshaym is a curiosity for those who dwell on its myriad coastlines — that is, a curiosity much like the Sun, the Eye of Aryohl, or any other casual phenomenon. It is at once a place of bounty, bringing up from its depths fish and whale oil, as well as lost treasures from ancient empires, whilst also being a vast sea of stinging salt that harbours countless dangers in the forms of the Uhdinnim and the dreaded Zroh. The Oshaym at once provides and imperils, protects and undermines, defines and defies.”
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The Oshaym — meaning "Bone Sea" in the primary trade language, Dabru, spoken across the Nepshe Confederacy — is a vast sea connecting to the outside ocean only via a small channel running through the Gap of Inkyss at its western-most edge. It is named the Bone Sea for the spectral salt-encrusted white towers that occasionally thrust up from its depths, and can be seen in its shallower reaches, the last evidence of a once enormous ancient empire that spanned the salt flats of the Oshaym before it was flooded. Since the explosion of Hror Inkyss millenia ago, those same salt flats have played host to the high-salinity sea, allowing new nations to form along its banks.
The Oshaym is largely under the control of the Protectorate of Kaisor, the chief state of the Nepshe Confederacy, though their rivals in the Protectorate of Azriqor control some of the south-west coast, whilst the Zholik Timocracy and the scattered tribes of the Jugvod-Lumbad control portions of the eastern stretch known as the Mayym. The only free archipelago within the Oshaym, outside of these larger polities, is the Aħ-Ħsari Syndicate, who hold out from their home of Meħbe-set Dujru.
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The Oshaym is, quite clearly, the Pyrric take on the Mediterranean Sea, with lots of inspiration drawn from its folkloric elements, especially those taken from my own culture of Ammi Maltese. Tales of Atlantis inspire the Uhdinnim Empire, the Zanclean flood inspired its downfall, and the scattering of the Late Bronze Age Collapse inspired the different peoples around the rim. The entirety of Alla Antica began because I wanted to imagine what the real world would be like if Carthage won the Punic Wars, rather than Rome, and whilst it has gone VERY far from that original inspiration, the first foundations of that were laid in the Oshaym which still exist in the setting today...
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allaantica · 2 years ago
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365 Days of Alla Antica, Day #6
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"Faith. Such a curious concept. All about us are the signs of power: the works of the Gifted, the marvels of the Enlightened. And yet, the Gods ask of us to believe, to hold out in hopes that they will outstretch their hands and deliver us from darkness. The Blessed will say that the Gods work in mysterious ways, but any student of philosophy could run the numbers and determine the odds of a God listening. Why gamble with such? Well, you see, a God's power is unbounded, and rules of Reality are merely pretension."
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Faith exists as one of the three "mysteries" in Alla Antica, the other two being magic — the Gift, the ability to manipulate the Mirrors of Unreality — and the marvels of science created by the Enlightened. Faith, unlike the other two, is a) boundless and not governed by strict rules on what is possible to manipulate and to what scale, and b) unpredictable and utterly unreliable. The Gods — whether those of Order, Discord, or those Inbetween — do not see Reality on the same terms as a mortal, they do not experience time like we do, and they rarely interpret prayers accurately. Think of them like the most powerful monkey's paw in the cosmos: they can and will change things on a whim, but you cannot be certain how, when, why, or what they will ask in return.
All cultures on Pyr have some kind of faith structure, whether it is the straight forward approach of the Nepshe Ohlists, who believe in Gods, or the Aħ-Ħsari Pacts which bind them to certain virtues, or even the Lumbaddad Animal Souls which grow as they are nurtured within the individual. By focusing these beliefs, the mortals of Pyr can ask for great and terrible things that put the most potent magics or wonderous scientific marvels to utter shame.
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allaantica · 2 years ago
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365 Days of Alla Antica, Day #5
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"History is a funny thing: we mortals choose to carve it into hard statements of truth, yet the act of such is deeply political, subjective, and thus as far from 'fact' as can be. Consider even the eras of the world; where we draw lines, others elide, where others hold deep value and consequence, we scarcely consider. So too is there much conjecture, for if memories are merely the Mirror of Lies acting on the Mirror of Thought, then our discernments of the past must be the same. In the end, all can only be as we choose to recall it, giving ever greater strength to those of your kin, my most glorious patron."
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Pyr's history is long, and though the vast majority of it is unknown to anyone on the world, it's useful for us to know its eras. The following gives a brief overview of the ages of the world:
1. The Primordial Era: indescribably long ago, lasting for hundreds of millions of years. The time before the Architect found Pyr, and the planet existed as a cold terrestrial world on the edge of the Goldilocks Zone of its star. The Zroh at this time were a calm algae species. Life exists and is abundant, but is simple at this stage. This era ends when, approximately 250 million years ago, the Architect discovered the world and claimed it as Its own.
2. The Era of Meddling: millions of years ago, lasting until approximately 15,000 years ago. The Architect moves Pyr closer to its star, and uses Its magic to shift the tectonic plates, and shape the planet more in-keeping with Its desires. It then began a program to manufacture the species which would come to be known as Its Heirs. The Architect constructs the Mirroliths to consolidate and strengthen Its grasp on the Mirrors of Magic, and inadvertently begins the Outer Wars by truly awakening the Gods of Order, Discord, and Inbetween. The Outer Wars see incursions of Jhannim onto Pyr, attacking from the breaches caused by the Mirrorliths, and from the stars. The Heirs of the Architect fight a losing battle against the interlopers, until the Architect Itself fears for Its survival and flees Pyr. This era ends with the Architect sealing away the planet from the rest of the universe using the magic of the Mirroliths, to keep it safe for its return, under the Mirrolithic Ward.
3. The Era of Wandering: 15,000 years ago, lasting approximately 10,000 years. The Heirs are left to their own devices and spread across Pyr, fighting the Zroh who have proliferated in the depths due to the meddling of the Architect. This is an age of migration and cultural development, when the Heirs are free to shed their “purposes” and live as relatively normal creatures. During this time, the Gods Inbetween which awoke at the beginning of the Outer Wars whisper to these nomadic peoples, and religions are formed, and the Architect begins to be forgotten. This era ends with the rise of the Uhdin Empire.
4. The Era of Ambition: c.−5000 NC to c.−1500 NC. The Uhdin Empire rises around the base of what is now Hror Inkyss, and subjugates the other Heirs they come into contact with. Using this massive enslaved workforce, they built the greatest empire seen since the flight of the Architect, and which hasn’t been rivaled in size since. Around c.−1750, a series of rebellions begins due to famines, droughts, and other natural distasters that see the Empire weakened. To regain their strength, the Udhinnim create the Beacon of Light to attract the Architect back, which ultimately shatters the mountain of Hror Inkyss, and floods the eastern basin, forming the Oshaym. Further, the Mirrolithic Ward is cracked, and Jhannim begin a slow incursion. This era ends with the demise of the Uhdin Empire.
5. The Era of Upheaval: c.−1500 NC to 0 NC. Globally, there is cultural upheaval as the Uhdin Empire is destroyed almost overnight, and the Oshaym forms a new massive inland sea. New faiths rise up to explain what has happened, and the Architect as an actual physical presence is largely forgotten. This era ends with the rise of the Nepxe culture on the eastern coast of the Oshaym.
6. The Era of Prosperity: 0 NC to 800 NC. The Nepxe spread across the inner-rim of the Oshaym, trading with the peoples they encounter. Trade outposts are established, which eventually turn into colonies, then cities, then kingdoms on their own. One rises to prominence and subjugates the rest as its client states, creating the Satrapies of the Nepxe Empire. The Nepxe Empire reforms their faith, which becomes the first true organised religion on Pyr. This inspires other faiths to similarly organise and prosthelytize. Their Empire also attracts scholars and Gifted, and the Colleges of the Mirrors are first established. Infighting begins between the Satrapies, as they become hereditary seats and discontent grows regarding centralised rule. Additionally, enslaved revolts, and rebellions spring up everywhere, fracturing the Empire. This era ends with the collapse of the Nepxe Empire due to constant infighting.
7. The Era of Isolation: ~800 NC to 1201 NC. The scattered Satrapies fight near constantly with one another, and the cultures become increasingly insular, developing in dramatically distinct ways due to the relative isolation. The memory of the Uhdin Empire has completely faded, only picked out by ruins rising from the Oshaym. Science, magic, and faith are almost entirely trained towards social control and warfare, with other aspects of society stagnating, and common people suffering. Satrapies fracture into petty kingdoms, further splitting into warring fiefdoms and clannish infighting. Some groups manage to consolidate power, but this is done with an iron fist, and they end up fighting more internal wars than externally for conquest. Eventually, power consolidates around a handful of powerful Satraps within the remnants of the Nepxe Empire, but beyond their borders they hold little sway, and internally they face constant politicking and infighting from factions that make up every branch of power. This era ends with the rise of the Nepshe Confederation, and the enforced alliance of various Satrapies under the Articles of Mutual Confederacy.
8. The Era of Awakening: 1201 NC and Beyond. With the “re-unification” of the Confederation, cultural exchange begins again in earnest, and teachings are shared between the Faithful, the Gifted, and scholars who develop a new social strata of the Enlightened. A rising middle class develops to capitalise on the trade which is able to flourish due to the relative safety afforded between the Satrapies. A cultural revolution begins, and the “mysteries” of the Nepxe Empire, the Uhdin Empire, and even the Architect itself begin to be uncovered, though misinformation is rampant, and these discoveries are muddied for political gain. Everyone with influence agrees that the old ways — alla antica — are the “right ways”, but there is a lot of infighting over what exactly that means. There is also widespread ignorance over what actually happened, with those with power blindly following in the same footsteps that led to all the prior strife, anyway. This Age hasn’t ended yet, but it shouldn’t be long…
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allaantica · 2 years ago
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365 Days of Alla Antica, Day #3
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"Named for the primary culture who spearheaded its foundation — those self-same illustrious people that you and I are blessed to belong to — the Confederacy is the successor state to the Nepxe Empire of yore. Where the Empire controlled through a single head of state, the Confederacy now acts through the old satrapies that still remain, comprised of the Protectorates of Kaisor and Azriqor, the Kingdom of Tlitelind, and many of the Lumbad satrapies. Though technically within the Confederacy, the Ispari Eñagousoi Dynasty is a subject, rather than a member state, and thus lacks most of the military and economic protections afforded to its betters."
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The Nepshe Confederacy is a economic and monetary union, a coalition of otherwise independant — and often warring — nations which are under the thumb of the imperialistic Protectorate of Kaisor. The Satrap of Kaisor enforces strict economic controls on its member states, forcing them to conform to the Kaisorri Lira as a monetary standard, among many other rules (such as restrictions on growing coffee, particular standards for production of metals, and the like). Though the member states field their own armies, have their own governments, and are free to pursue whatever cultural and religious practices they desire, they are still firmly in the grip of the Kaisorri market. In essence, the Confederacy is a guild of sorts, though instead of independant traders, its members are nations, all dancing to the tune of a foreign ruler.
Though at least it’s not an Empire. Right?
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