#11 condannati a morte
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In Iran ci sono 11 condannati a morte e 400 sono in carcere fino a 10 anni tra le persone coinvolte nelle proteste. #teheran #11condannatiamorte #18milaarresti #448manifestantiuccisi #ayatollah #crepenelbloccodipotere #FabrizioSbardella #iran #MahsaAmini #MohsenShekari #muharebeh #MajidRezaRahnavard
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Erba, l'ex comandante dei carabinieri per la prima volta: "Frigerio in lacrime mi disse che poteva essere stato Olindo"
Per la prima volta parla a “Quarto Grado” Luciano Gallorini, l’ex comandante dei carabinieri di Erba, della strage avvenuta l’11 dicembre 2006. Nella casa dove vivevano i Castagna trovarono la morte Raffaella e il figlioletto Youssef, Paola (nonna del piccolo), e la vicina di casa Valeria Cherubini. Per il massacro sono stati condannati all’ergastolo i coniugi Olindo Romano e Rosa Bazzi. I due,…
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Roma: commemorata la morte dell’agente Antonio Galluzzo, vittima del terrorismo
Roma: commemorata la morte dell’agente Antonio Galluzzo, vittima del terrorismo. Ricorre oggi il 41esimo anniversario dell'uccisione dell'agente della Polizia di Stato Antonio Galluzzo ad opera di un commando composto da quattro terroristi dei NAR che, il 24 giugno 1982, attaccarono una pattuglia della Polizia di Stato in servizio di vigilanza fissa presso l'abitazione del capo della rappresentanza dell'OLP in Italia, Nemer Hamad. Dopo aver disarmato i due agenti, i terroristi esplosero alcuni colpi d’arma da fuoco contro i poliziotti, ferendoli entrambi. Antonio Galluzzo, a seguito delle ferite riportate, morì durante il trasporto in ospedale. Mentre Giuseppe Pillon, l'altro agente rimase gravemente ferito. Le indagini della Digos della Questura di Roma permisero, in meno di una settimana, di arrestare due degli autori dell'omicidio che, a seguito dei vari gradi di giudizio, nel 1988 furono condannati: Gilberto Cavallini e Walter Sordi alla pena dell'ergastolo, mentre Vittorio Spadavecchia e Pierfrancesco Vito coinvolti nel grave attentato furono condannati rispettivamente a 14 e 10 anni di reclusione. In sua memoria, alle ore 11 odierne, il Vice Questore Vicario di Roma Francesco Rattà ha deposto una corona di alloro, a nome del Capo della Polizia, Direttore Generale della Pubblica Sicurezza Prefetto Vittorio Pisani, alla presenza della vedova, di familiari, e di autorità civili, militari e religiose, sulla lapide collocata all'interno del Commissariato di P.S. "Sant'Ippolito", dove l'agente Galluzzo prestava servizio.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Quesito Carissimo Padre Angelo mi sono ritrovato per caso la sua risposta con la sua Benedizione. Vi ringrazio; una benedizione “regalata” fa sempre piacere. Colgo il piacere non a caso e Vi invito a leggere su quanto detto da me a mia figlia Lina Maria sul mito di Ulisse, che in sostanza supera gli Dei, perché la “sete di conoscenza di sapere cosa c’è dopo la morte” gli consente di rifiutare l’immortalità di proposta da Calipso, cosa che appunto agli Dei gli è negata in quanto condannati ad “essere sopra gli uomini”, ma nel contempo di interessarsi sempre delle cose terrene. (seguono alcuni passaggi della questione). Risposta del sacerdote Carissimo, 1. qualcosa di analogo al mito di Ulisse che rifiuta la proposta della ninfa Calipso di diventare immortale e che con questo mostra di saperne più degli dei perché conosce quello che non è loro ammesso di conoscere, e cioè la morte, e che pertanto la sua sorte è migliore della loro che sono condannati a essere immortali vivendo una vita monotona, ripetitiva e alla fine insopportabile, lo troviamo anche in una pagina molto bella di papa Benedetto XVI nell'enciclica Spes salvi (30 novembre 2007). 2. Benedetto XVI non prende lo spuntino dall’Odissea da Sant'Ambrogio, il grande vescovo di Milano e dottore della Chiesa. Ecco che cosa scrive Papa Ratzinger: “Continuare a vivere in eterno – senza fine – appare più una condanna che un dono. La morte, certamente, si vorrebbe rimandare il più possibile. Ma vivere sempre, senza un termine – questo, tutto sommato, può essere solo noioso e alla fine insopportabile. È precisamente questo che, per esempio, dice il Padre della Chiesa Ambrogio nel discorso funebre per il fratello defunto Satiro: «È vero che la morte non faceva parte della natura, ma fu resa realtà di natura; infatti Dio da principio non stabilì la morte, ma la diede quale rimedio [...] A causa della trasgressione, la vita degli uomini cominciò ad essere miserevole nella fatica quotidiana e nel pianto insopportabile. Doveva essere posto un termine al male, affinché la morte restituisse ciò che la vita aveva perduto. L'immortalità è un peso piuttosto che un vantaggio, se non la illumina la grazia» (De excessu fratris sui Satyri, II, 47). Già prima Ambrogio aveva detto: «Non dev'essere pianta la morte, perché è causa di salvezza...» (Ibid, II, 46)” (SS 10). 3. Prosegue Benedetto XVI: “Qualunque cosa sant'Ambrogio intendesse dire precisamente con queste parole – è vero che l'eliminazione della morte o anche il suo rimando quasi illimitato metterebbe la terra e l'umanità in una condizione impossibile e non renderebbe neanche al singolo stesso un beneficio. Ovviamente c'è una contraddizione nel nostro atteggiamento, che rimanda ad una contraddittorietà interiore della nostra stessa esistenza. Da una parte, non vogliamo morire; soprattutto chi ci ama non vuole che moriamo. Dall'altra, tuttavia, non desideriamo neppure di continuare ad esistere illimitatamente e anche la terra non è stata creata con questa prospettiva. Allora, che cosa vogliamo veramente? Questo paradosso del nostro stesso atteggiamento suscita una domanda più profonda: che cosa è, in realtà, la «vita»? E che cosa significa veramente «eternità»?” (SS 11). 4. A chi ha proposto la speranza dell'uomo nel progresso scientifico e nelle risorse della tecnica, come a suo tempo aveva detto Ernst Bloch, Benedetto XVI risponde: “Non è la scienza che redime l’uomo. L'uomo viene redento mediante l'amore. Ciò vale già nell'ambito puramente intramondano. Quando uno nella sua vita fa l'esperienza di un grande amore, quello è un momento di «redenzione» che dà un senso nuovo alla sua vita. Ma ben presto egli si renderà anche conto che l'amore a lui donato non risolve, da solo, il problema della sua vita. È un amore che resta fragile. Può essere distrutto dalla morte. L'essere umano ha bisogno dell'amore incondizionato. Ha bisogno di quella certezza che gli fa dire: «Né morte né vita, né angeli n
é principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezze né profondità, né alcun'altra creatura potrà mai separarci dall'amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore» (Rm 8,38-39). Se esiste questo amore assoluto con la sua certezza assoluta, allora – soltanto allora – l'uomo è «redento», qualunque cosa gli accada nel caso particolare. È questo che si intende, quando diciamo: Gesù Cristo ci ha «redenti». Per mezzo di Lui siamo diventati certi di Dio – di un Dio che non costituisce una lontana «causa prima» del mondo, perché il suo Figlio unigenito si è fatto uomo e di Lui ciascuno può dire: «Vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me» (Gal 2,20)” (SS 26). 5. E conclude: “La vita nel senso vero non la si ha in sé da soli e neppure solo da sé: essa è una relazione. E la vita nella sua totalità è relazione con Colui che è la sorgente della vita. Se siamo in relazione con Colui che non muore, che è la Vita stessa e lo stesso Amore, allora siamo nella vita. Allora «viviamo» (SS 27). 6. Ecco ciò che Ulisse non conosceva ed ecco anche quanto molti uomini del nostro tempo non conoscono. Solo la comunione con Dio, solo la comunione con Gesù Cristo sazia il cuore dell’uomo. Non è una comunione solipsistica tra noi e Dio, tra noi e Gesù Cristo, ma tra noi e Cristo “che ha dato se stesso in riscatto per tutti noi” (cfr 1 Tm 2,6). In lui pertanto troviamo la comunione con tutti. Con l'augurio che questa pienezza di vita sia incoativamente di qua e nella sua pienezza nella vita eterna, ti benedico e ti ricordo nella preghiera. Padre Angelo
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Iran, 11 condannati a morte e 400 in carcere fino a 10 anni
Iran, 11 condannati a morte e 400 in carcere fino a 10 anni
Read MoreAttivisti: ‘Pena capitale anche per un’altra dozzina di detenuti’Attivisti: ‘Pena capitale anche per un’altra dozzina di detenuti’RSS di – ANSA.it
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Nasrin Sotoudeh
https://www.unadonnalgiorno.it/nasrin-sotoudeh/
Nasrin Sotoudeh avvocata e attivista simbolo della lotta per la giustizia in Iran.
Ha vinto il premio PEN/Barbara Goldsmith per la libertà di scrittura e, nel 2012, il Premio Sacharov per la difesa dei diritti umani.
Ha dedicato la vita allo Stato di diritto, ai diritti dei prigionieri politici, alla difesa degli attivisti dell’opposizione, delle donne e dei bambini di fronte al regime iraniano.
Nata a Tehran, il 30 maggio 1963 è laureata in diritto internazionale. Nonostante fosse abilitata, per otto anni non le è stato consentito esercitare la professione. Ha allora collaborato con diverse riviste riformiste iraniane provando a denunciare, coi suoi reportage, le tante violazioni dei diritti umani del suo paese, soprattutto verso le donne.
Si è sempre battuta per garantire procedure legali adeguate a donne, prigionieri di coscienza, attivisti politici e dissidenti.
Ha difeso minori condannati a morte prima di raggiungere la maggiore età e organizzato attività extragiudiziali per salvare gli adolescenti dal braccio della morte.
Si è spesa per la tutela dei minori e delle donne maltrattate in ambito domestico, pretendendo l’intervento di perizie psicologiche e specialisti per verificare i casi di abuso.
Presa di mira e perseguitata dalle autorità, è stata arrestata, per la prima volta, nel settembre 2010 con l’accusa di diffusione di propaganda contro lo Stato e condannata a 11 anni di carcere, col divieto di esercitare la professione legale per venti anni oltre a una restrizione sui diritti sociali e i viaggi all’estero. La sentenza è stata poi commutata in sei anni di reclusione e dieci di divieto di esercitare la professione. Durante la prigionia è stata tenuta per lunghi periodi in isolamento in cui le veniva negato il diritto di vedere il marito e i figli. Nel 2013 una grande protesta nazionale e internazionale ha portato alla sua liberazione. Dopo un anno di protesta e ricorsi, è riuscita a farsi ridurre e poi revocare la sospensione a esercitare l’avvocatura.
Il 13 giugno 2018 è stata di nuovo arrestata e condannata a 33 anni di carcere e a 148 frustate per aver assunto la difesa di Shaparak Shajarizadeh e di altre donne che protestavano contro l’obbligo d’indossare lo hijab.
Ha lavorato a stretto contatto i difensori del Centro per i diritti umani e col Premio Nobel per la pace Shirin Ebadi che, dopo il suo arresto, ne ha chiesto insistentemente il rilascio esprimendo forte preoccupazione per il suo stato di salute.
Nel 2020, mentre era detenuta durante la pandemia da Covid-19, ha portato avanti uno sciopero della fame durato sei settimane, per protestare contro le condizioni di detenzione dei prigioneri politici. Dopo essere stata ricoverata, senza ottenere le cure adeguate, è tornata in carcere molto provata fisicamente.
Amnesty International ha indetto da anni una campagna per la sua liberazione.
Le accuse contro di lei sono la conseguenza del suo pacifico lavoro in favore dei diritti umani, la sua difesa delle donne che protestano contro l’obbligo di indossare il velo e la sua pubblica opposizione alla pena di morte.
Nel 2020 è stato anche realizzato, in maniera clandestina, un film sulla sua storia dal titolo Nasrin che ha visto la partecipazione di rappresentanti del mondo della cultura e dell’attivismo che hanno rischiato la galera per averne fatto parte e che è stato presentato nei più importanti festival internazionali sui diritti umani.
Da novembre ha ottenuto un congedo sanitario con domicilio coatto nella sua abitazione per gravi problemi di salute e da lì, sprezzante del pericolo e della sua incolumità continua a far sentire potente la sua voce di dissenso in sostegno delle proteste che stanno coinvolgendo la cittadinanza in Iran.
Un grande esempio di coraggio e forza.
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FRATELLO SATANA. IL FRATE FRANCESCANO CHE SGOZZAVA I BAMBINI SERBI Miroslav Filipović, frate francescano, durante la Seconda Guerra Mondiale in Jugoslavia partecipò all'assassinio dei serbi, degli ebrei e dei rom, nonché dei dissidenti croati perpetrato dal regime croato degli Ustascia, operando in particolare modo nel campo di concentramento di Jasenovac un luogo di prigionia definito, in una lettera del 24 febbraio 1943 dal Cardinale Alojzije Viktor Stepinac indirizzata al capo dello Stato Ante Pavelić una "vergognosa macchia per lo Stato Indipendente Croato. Per la sua crudeltà gli vennero attribuiti gli epiteti di "Il diavolo di Jasenovac" e di "Fratello Satana". (...) Nel 1941, dopo la costituzione dello Stato Indipendente di Croazia, uno Stato fantoccio instaurato dalle Forze dell'Asse che abbracciava la Bosnia-Erzegovina e la maggior parte della Croazia, Filipović ricevette l'ordine di affiancare un cappellano militare in una città nel nord dell'Erzegovina, ma non assunse mai l'incarico. Solo nel gennaio 1942, dopo aver completato i suoi esami teologici a Sarajevo, divenne cappellano militare degli Ustascia. Filipović, meglio conosciuto come Tomislav Filipović-Majstorović, venne assegnato al battaglione del corpo di guardia di Poglavnik II dove iniziò la sua attività. Secondo le dichiarazioni di due testimoni e di un generale tedesco il 7 febbraio 1942, Filipović accompagnava i membri del suo battaglione in un'operazione volta a cancellare i serbi nell'insediamento di Drakulić, nella periferia settentrionale di Banja Luka e in due villaggi vicini, Motike e Šargovac. In questa operazione più di 2.300 civili serbi furono uccisi. Secondo i rapporti inviati a Eugen Dido Kvaternik, capo del servizio di sicurezza interna dello Stato, dal suo ufficio di Banja Luka e datati 9 e 11 febbraio 1942, risultò che le vittime a Šargovac comprendevano 52 bambini uccisi nella scuola elementare del villaggio. Due insegnanti che sopravvissero alla strage della scuola: Dobrila Martinović e Mara Šunjić, testimoniarono contro Filipović al suo processo postbellico a Belgrado. Nella loro deposizione dichiararono che Filipović non solo partecipò attivamente ai crimini, ma invitò i suoi colleghi Ustacia ad agire con estrema crudeltà. In particolare Filipović, soprannominato dalle sue truppe "il glorioso", venne accusato di aver ordinato che i ragazzi serbi della scuola venissero portati davanti a lui e con un altro sacerdote collaborazionista, padre Zvonimir Brekalo, uccisero gli studenti sgozzandoli uno alla volta. Altri episodi crudeli, raccontati da testimoni oculari, videro il religioso come protagonista. (...) Dopo la sospensione e la riduzione allo stato laicale, venne arrestato e inviato al campo di concentramento di Jasenovac. Attraverso l'intervento diretto di Vjekoslav Luburić, responsabile dell'amministrazione del sistema dei campi di prigionia, Filipović fece carriera all'interno del campo: da prigioniero divenne capo-guardia, responsabile delle esecuzioni, poi luogotenente del comandante Ljubo Miloš e successivamente, per alcuni mesi, coprì il ruolo di direttore del campo principale pro-tempore fino al ritorno dello stesso Matković. Dalla fine del 1942 e fino al 27 marzo 1943 venne inviato a dirigere il Campo di Stara Gradiška. Il sotto-campo di Stara Gradiška, attivo sin dall'estate 1941 come prigione per politici, fu convertito in campo di concentramento per donne e bambini dall'inverno 1942 all'aprile 1945. È tristemente famoso per le brutali condizioni cui furono condannati i prigionieri. Vi trovarono la morte serbi, ebrei e zingari. Il numero delle vittime è 13.000, per la maggior parte bambini serbi. Tornato nell'aprile del 1943 a Jasenovac, collaborò con i suoi superiori alla gestione del campo fino alla fine della guerra. Nel 1946 Filipović fu portato a Belgrado per essere giudicato da un tribunale civile per i suoi crimini di guerra. Durante il dibattimento collaborò con il collegio giudicante ammettendo la sua partecipazione ad alcuni degli episodi raccontati dai vari testimoni, ma negando il coinvolgimento in altri. Tra l'altro dichiarò di aver ucciso personalmente almeno 100 prigionieri e di essersi attivato durante la sua permanenza nei campi di concentramento per l'eliminazione di circa 30.000 internati. La corte lo dichiarò colpevole degli atti ascrittogli, condannandolo a morte per impiccagione. Il giorno dell'esecuzione indossava le vesti dell'ordine francescano. Fabio Casalini
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Pestaggi e abusi in 18 carceri: da Torino a Melfi - Osservatorio Repressione
L’ associazione Antigone è attualmente coinvolta in 18 procedimenti penali che hanno per oggetto violenze, torture, abusi, maltrattamenti o decessi avvenuti negli ultimi anni in varie carceri italiane. Alcuni di essi si riferiscono alle presunte reazioni violente alle rivolte scoppiate in alcune carceri tra il marzo e l’aprile 2020 per la paura generata dalla pandemia e per la chiusura dei colloqui con i parenti.
Come ha evidenziato l’avvocata Simona Filippi durante la presentazione del rapporto di Antigone, c’è il caso del carcere di Melfi che avrebbe avuto lo stesso modus operandi dei fatti di Santa Maria Capua Vetere. «È ancora più marcata la distanza temporale tra le rivolte dei detenuti, avvenute il 9 marzo – ha spiegato l’avvocata -, e l’intervento degli agenti nella notte tra il 16 e il 17 marzo con il trasferimento dei reclusi ad altri carceri». Proprio quella notte, ricostruisce Filippi, ci sarebbe stata una sorta di rappresaglia, sullo stile del carcere campano, almeno stando ai racconti «dettagliati e analoghi» raccolti dall’associazione che si è opposta all’archiviazione del caso.
Antigone è attualmente impegnata in 18 provvedimenti, la maggior parte in corso di verifiche. Il rapporto di metà anno, riporta alcuni di questi procedimenti. Si parte dal carcere di Monza. Il 6 agosto 2019, Antigone riceve una telefonata da parte di una persona che racconta di una violenta aggressione fisica che sarebbe stata subita dal fratello da parte di alcuni poliziotti penitenziari. Il 25 settembre 2019 Antigone deposita un esposto denunciando i fatti. Antigone si costituisce parte civile. Nell’udienza del 2 luglio 2021 il Gup dispone il rinvio a giudizio per 5 poliziotti penitenziari per lesioni aggravate e/ o per altri reati. La prima udienza dibattimentale è fissata al 16 novembre 2021.
Il 28 agosto 2019, invece, viene emessa ordinanza di misura cautelare per 15 agenti del carcere di San Gimignano per un brutale pestaggio avvenuto l’ 11 ottobre 2018 ai danni di un signore di 31 anni. Nel dicembre 2019 Antigone presenta un esposto e si costituisce parte civile. Il 26 novembre 2020, 5 agenti che non hanno optato per il rito abbreviato vengono rinviati a giudizio per tortura. La prossima udienza del dibattimento è fissata al 28 settembre 2021. I 10 agenti che hanno scelto il rito abbreviato sono stati condannati per tortura e lesioni aggravate, con pene che vanno dai 2 anni e 3 mesi a 2 anni e 8 mesi. Un medico è stato condannato a 4 mesi di reclusione per rifiuto di atti d’ufficio.
C’è il caso del carcere di Torino. Nel luglio 2021 è stato richiesto il rinvio a giudizio per 25 tra agenti e operatori ( tra cui il direttore del carcere) per violenze avvenute nell’istituto tra il 2017 e il 2018. Tra i reati contestati c’è anche quello di tortura. Nei confronti di 13 persone era stata emessa un’ordinanza di misura cautelare. Il 25 novembre 2019 Antigone aveva presentato un esposto.
Ancora in corso l’accertamento dei pestaggi del carcere di Opera. Nel marzo 2020 Antigone viene contattata da molti familiari di persone detenute che denunciano violenze subite il 9 marzo dai propri familiari a rivolta ormai finita. Vi avrebbero preso parte anche rappresentanti della Polizia di Stato e dei Carabinieri. Il 18 marzo Antigone deposita un esposto contro gli agenti di polizia penitenziaria per le ipotesi di abusi, violenze e torture.
Non può mancare il caso inquietante del carcere di Modena. A seguito della rivolta scoppiata l’ 8 marzo 2020 e della morte di nove persone detenute, il 18 marzo Antigone deposita un esposto contro gli agenti polizia penitenziaria ed il personale sanitario per omissioni e colpe per la morte dei detenuti.
Il 7 gennaio 2021 l’associazione deposita una integrazione al primo esposto a seguito della denuncia presentata da cinque persone detenute per le violenze, in particolare durante il trasferimento presso la Casa circondariale di Ascoli Piceno. Nell’atto vengono anche denunciate gravi omissioni che sarebbero state commesse e che avrebbero determinato il decesso di Salvatore Piscitelli presso la Casa circondariale di Ascoli Piceno. Il 26 febbraio 2021 la Procura della Repubblica ha avanzato richiesta di archiviazione, ritenendo escluso qualsiasi profilo di responsabilità in merito al decesso dei detenuti. Il 19 marzo Antigone ha presentato opposizione alla richiesta di archiviazione. Il 16 giugno il giudice ha emesso ordinanza con cui dichiara inammissibile l’opposizione alla richiesta di archiviazione avanzata da Antigone e dal Garante nazionale.
Ovviamente, nel rapporto di metà anno, c’è il caso del carcere di Melfi, questione affrontata sulle pagine de Il Dubbio. Nel marzo del 2020 Antigone viene contattata dai familiari di diverse persone detenute che denunciano gravi violenze subite nella notte tra il 16 ed il 17 marzo 2020 come punizione per la protesta scoppiata il 9 marzo. Secondo la ricostruzione di Antigone i detenuti sarebbero stati denudati, picchiati ( anche con manganelli), insultati, messi in isolamento. Molti di essi sono stati trasferiti in condizioni degradanti.
Ai detenuti sarebbero state fatte firmare dichiarazioni in cui avrebbero riferito di essere accidentalmente caduti, a spiegazione delle ferite riportate. Il 7 aprile 2020 Antigone deposita un esposto contro agenti di polizia penitenziaria e medici anche per il reato tortura. Il 3 maggio 2021, la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Potenza ha avanzato richiesta di archiviazione. Il 3 giugno Antigone ha presentato opposizione all’archiviazione.
Indagini in corso per il caso del carcere di Pavia. A marzo 2020 Antigone viene contattata da alcuni familiari di persone detenute. Questi denunciano violenze e abusi, nonché trasferimenti arbitrari posti in essere nei giorni successivi alla protesta dell’ 8 marzo 2020. La polizia avrebbe usato violenza e umiliato diverse persone detenute, colpendole, insultandole, privandole di indumenti e lasciandole senza cibo. Il 20 aprile 2020 Antigone deposita un esposto contro la polizia penitenziaria per violenze, abusi e tortura.
Per concludere, non può mancare la mattanza del carcere di Santa Maria Capua Vetere. Ad aprile del 2020 Antigone viene contattata da familiari di persone detenute che denunciano torture subite il 6 aprile dai loro cari nel reparto Nilo, dove circa 300 agenti di polizia penitenziaria sarebbero entrati in tenuta antisommossa, con i volti coperti dai caschi, cosa che in seguito impedirà il riconoscimento. Le immagini delle videocamere interne, in seguito diffuse dai media, hanno documentato le brutali violenze. I medici non avrebbero refertato le lesioni. Il 20 aprile Antigone deposita un esposto contro la polizia penitenziaria, per ipotesi di tortura e percosse, e contro i medici, per ipotesi di omissione di referto, falso e favoreggiamento.
Precedentemente informa il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria. A fine giugno 2021 il Gip, su richiesta della Procura, ha emesso un’ordinanza con la quale ha disposto misure cautelari nei confronti di 52 persone.
Damiano Aliprandi
da il dubbio
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Il soldato ruffanese Rocco Gnoni e le fucilazioni sommarie nella Prima Guerra Mondiale
di Paolo Vincenti*
Giovani soldati che verranno cancellati dal tempo
e dimenticati come cenere dispersa nel vento
figli di una terra che non vuole più tenerseli accanto
cosa rimane dopo un sacrificio inutile
di questa vita già finita in un istante soltanto il mio onore
il bene più importante
(Enrico Ruggeri, Il mio onore)
Una dolorosa pagina di storia nazionale, una delle più inquietanti della Prima Guerra Mondiale, è quella delle fucilazioni sommarie, che vide alcune centinaia di soldati morti per repressione interna, ovvero uccisi sul fronte dallo stesso esercito italiano per episodi di insubordinazione o resistenza agli ordini, diserzione o altro ancora. Nella Prima Guerra Mondiale non si moriva solo di fame, di freddo, di stenti, di malattie contratte nelle trincee, o sotto i colpi dell’esercito nemico.
In migliaia di processi sommari a discapito di soldati italiani, mandati alla sbarra per futili motivi, molti di questi soldati con estrema superficialità vennero condannati. Soldati innocenti, con un banale pretesto, venivano accusati di gravi misfatti e passati alle armi, assolvendo alla funzione di capro espiatorio, secondo la più classica concezione di derivazione ebraica.
E anzi se la guerra stessa, secondo l’interpretazione antropologica abbondantemente sviluppata da Renè Girard della violenza fondatrice della nazione, sta alla base della odierna società[1], a maggior ragione, il sacrificio di un drappello di soldati, per giunta giovani, si presenta come una specie di macabra sineddoche, pars pro toto, cioè, della guerra, che è essa stessa sacrificio di massa, secondo Roger Caillois[2]. Le motivazioni spesso addotte dai tribunali erano del seguente tenore: «il tribunale non ritiene di dover concedere le attenuanti generiche nell’interesse della disciplina militare per la necessità che un salutare esempio neutralizzi i frutti della propaganda demoralizzatrice». Ossia, le condanne venivano comminate anche «in chiave di ammonimento e di prevenzione generale», fedelmente al motto di Mao Zedong “colpirne uno per educarne cento”, poi fatto proprio dalle Brigate Rosse italiane negli anni del terrorismo. L’arroganza del Generale Cadorna, il senso di sfiducia e di sospetto da parte del Comando Supremo nei confronti dei soldati, generato dalla consapevolezza della palese impreparazione del nostro esercito rispetto alle forze nemiche, portarono alle sanguinose repressioni di militari sui militari. Queste repressioni avvenivano per i più svariati motivi, quali diserzione, comportamenti indisciplinati, atti di autolesionismo. Quello che è peggio è che questi severi provvedimenti venivano lasciati all’arbitrio degli ufficiali sul campo, i quali erano costretti ad assumere delle decisioni fatali senza il giusto discernimento, turbati dalla grave tensione del momento o dal timore di essere essi stessi oggetto di provvedimenti disciplinari per mancato decisionismo. Il tragico conto finale delle fucilazioni è di 750 soldati con processi dei tribunali militari e oltre 300 vittime di giustizia sommaria, come approfondiremo in questa trattazione.
Il problema era anche dovuto alla vetustà della normativa militare italiana in vigore nella Prima Guerra Mondiale. Infatti, il codice penale militare risaliva al 15 febbraio 1870 e questo, a sua volta, riproduceva, con solo lievi modifiche, quello dell’esercito sardo dell’ottobre 1859. Dobbiamo le notizie che riportiamo in questo saggio a due libri fondamentali: Plotone di esecuzione. I processi della prima guerra mondiale, di Enzo Forcella e Alberto Montico ne[3], e Le fucilazioni sommarie nella prima guerra mondiale, di Marco Pluviano e Irene Guerrini[4].
«L’edizione del 1914 del codice penale per l’Esercito del Regno d’Italia prevedeva la pena di morte per un’ampia casistica di reati commessi in tempo di guerra, quali lo sbandamento o l’abbandono di posto in combattimento, il tradimento, la diserzione, lo spionaggio, la rivolta, le vie di fatto contro un superiore, l’insubordinazione in faccia al nemico, la mancata consegna o l’abbandono di posto da parte di vedetta o di sentinella di fronte al nemico; la sollevazione di grida allo scopo di obbligare il comandante a non impegnare un combattimento, a cessare da esso, a retrocedere o arrendersi; inoltre lo spargimento di notizie, lancio di urla per incutere spavento o provocare il disordine nelle truppe, nel principio o nel corso del combattimento. La pena capitale era riservata anche ai comandanti, per reati particolarmente gravi, quali ad esempio la resa di una fortezza senza aver esauriti gli estremi mezzi di difesa e l’abbandono di comando in faccia al nemico»[5].
E l’Italia non era nemmeno la nazione ad avere il codice penale più obsoleto, in quanto, «ad esempio, l’esercito tedesco impiegò nella Grande Guerra il codice penale militare del 20 giugno 1872, mentre quello austro-ungarico risaliva al 1868 (modificato nel 1869 e nel 1873)»[6]. Agli ufficiali era conferito il potere di emanare dei bandi, in base all’articolo 251 del codice penale militare, ai quali tutti dovevano rigidamente attenersi. Tali bandi prevedevano delle norme di comportamento draconiane e delle pene durissime per i trasgressori. Queste pene, poi, data l’ampia facoltà discrezionale dei comminatori, si potevano trasformare in definitive, capitali. Gli inferiori erano tenuti ad ubbidire senza pensare, a dimostrarsi forti, coraggiosi, sprezzanti del pericolo in ogni circostanza.
Si può capire come questi episodi contribuiscano a smontare del tutto i luoghi comuni sulla “guerra gloriosa” che l’enfasi patriottarda ha stratificato per anni nell’immaginario collettivo che sempre si alimenta di esempi edificanti quanto edulcorati. La guerra perde così qualsiasi aura di “guerra giusta”, perde ogni legame con l’aggettivo “grande”, che la pubblicistica le ha cucito addosso, per rivelarsi ai nostri occhi per quello che essa è, cioè guerra, anzi «Guerra! Guerra!», come grida la Norma di Bellini (“guerra, strage, sterminio”), maledetta, come tutte le guerre.
La dura repressione partì da una Circolare del Generale Cadorna che nel maggio 2015 stabiliva: «Il Comando Supremo vuole che, in ogni contingenza di luogo e di tempo, regni sovrana in tutto l’esercito una ferrea disciplina». Per mantenerla, era scritto, «si prevenga con oculatezza e si reprima con inflessibile vigore»[7]. Nel settembre di quell’anno, venne emanata un’altra Circolare, col n. 3525, secondo la quale, al verificarsi di atti di «indisciplina individuale o collettiva nei reparti al fronte», bisognava rispondere con un immediato intervento di repressione, che prevedeva anche la fucilazione, come giustizia sul campo, sommaria, se i sintomi di tale insubordinazione fossero stati gravi[8]. Si lasciava cioè ai militari superiori, ufficiali e Regi Carabinieri, una enorme discrezionalità nelle decisioni da adottare e, in buona sostanza, il diritto di vita e di morte sui loro sottoposti. Se poi non fosse stato il caso di intervenire immediatamente con la condanna capitale, questi atti di insubordinazione sarebbero stati giudicati dai tribunali militari e ad essi deferiti i soldati che se ne fossero resi colpevoli. «Il superiore ha il sacro diritto e dovere di passare immediatamente per le armi i recalcitranti e i vigliacchi. Per chiunque riuscisse a sfuggire a questa salutare giustizia sommaria, subentrerà inesorabile quella dei tribunali militari. Ad infamia dei colpevoli e ad esempio per gli altri, le pene capitali verranno eseguite alla presenza di adeguate rappresentanze dei corpi. Anche per chi, vigliaccamente arrendendosi, riuscisse a cader vivo nelle mani del nemico, seguirà immediato il processo in contumacia e la pena di morte avrà esecuzione a guerra finita»: così il testo della Circolare[9].
Facendosi più cruente le fasi della guerra, anche l’autorità statale diventava più stringente e pervasiva; di pari passo con i poteri speciali del Comandante di Stato Maggiore Cadorna, aumentava la severità delle sue disposizioni, mentre veniva quasi esautorato il ruolo del Parlamento. Tutte le funzioni ricaddero progressivamente nella competenza dei tribunali militari e le pratiche autoritarie imposte dalla legislazione di guerra si facevano aberranti. «Al culmine dello sforzo bellico funzionavano complessivamente 117 tribunali militari in Zona di Guerra, marittimi, nel Paese e in Colonia»[10]. Tutto ciò, oltre ad indebolire lo stato democratico, «era funzionale alle sempre più forti pulsioni autoritarie che percorrevano la nazione. Queste, sostenute da larga parte della stampa e in particolare dal Corriere della Sera trovavano nel Generale Cadorna uno dei punti di riferimento più autorevoli»[11]. E non solo gli ufficiali che dovevano mantenere la disciplina venivano costretti ad essere inflessibili con i loro sottoposti, ma anche i giudici dei tribunali militari erano continuamente richiamati ad una maggiore severità nella comminazione delle condanne; il Generale Cadorna riteneva che molti di essi fossero troppo teneri e che la procedura concedesse troppe garanzie ai processati[12]. Al tempo stesso, se gli atti di insubordinazione si erano resi così frequenti, Cadorna era convinto che ciò fosse dipeso proprio dalla debolezza degli ufficiali superiori e poi dei giudici e propose di istituire un maggior numero di tribunali militari con una distribuzione capillare sul territorio, sicché essi, come si può capire, finirono con l’avocare a sé anche le competenze di quelli civili. In pratica, nulla di minimamente rilevante, sia civilmente che penalmente, in Italia, soprattutto nelle zone di guerra, poteva sfuggire alla giustizia militare[13]. Per l’effetto contrario di ogni inasprimento legislativo, però, i reati che si volevano colpire aumentavano. «Dall’analisi di Giorgio Mortara sull’operato della giustizia militare risultò che i reati più frequenti furono: diserzione volontaria per 162.563 casi, indisciplina per 24.601, cupidigia per 16.522, mutilazione volontaria per 15.636, resa o sbandamento per 5.325 e violenza per 3.510»[14].
Anche Bruna Bianchi, nel suo libro La follia e la guerra, riporta i dati dell’Ufficio Statistico del Ministero della Guerra pubblicati da Giorgio Mortara nel 1927, dai quali si evince che «le denunce per renitenza dal 24 maggio 1915 al 2 settembre 1919 furono 470.000 (di cui 370.000 italiani residenti all’estero); le denunce per diserzione furono 189.425», ma indica che «nell’arco del conflitto si conclusero 162.563 processi e furono emesse 101.685 condanne»[15].
Leggere la pubblicistica sulla materia ci fa capire come ai concetti alla base dei reati sopradetti fosse data dai tribunali militari una interpretazione estensiva, su sollecitazione del Generale Cadorna, in modo da colpire quanti più soldati possibile.
Pluviano e Guerrini spiegano come, fra le carte d’archivio, sia avvenuto il fortunoso ritrovamento della Relazione sulle fucilazioni sommarie durante la Prima Guerra Mondiale, redatta nel 1919 dall’Avvocato Generale Militare Donato Antonio Tommasi, sulla quale torneremo. Questa relazione, insieme agli Allegati, ritrovati da Giorgio Rochat (che firma la Prefazione del loro libro) il quale li ha messi a disposizione, hanno costituito la base del volume[16]. Nel mentre gli autori proseguivano nell’indefesso lavoro di ricerca negli archivi, essi hanno presentato una prima ricognizione del loro studio nella relazione Il memoriale Tommasi. Decimazioni ed esecuzioni sommarie durante la Grande Guerra[17]. Prima di questi lavori, le cifre sui fucilati di guerra erano piuttosto vaghe, certamente discordanti. Gli studiosi si barcamenavano fra le cifre fornite dalla politica che indicavano le vittime della giustizia sommaria in poche centinaia e quelle fornite dal giornale socialista «L’Avanti» che parlava di più di 1000 morti. Pluviano e Guerrini si sono invece basati sulla Relazione del Generale Tommasi, integrandola con le risultanze della istituita Commissione d’inchiesta parlamentare del 1919[18], e poi con molte altre fonti emerse durante il lavoro di ricerca, fra queste anche le dichiarazioni dei parlamentari durante i lavori della Commissione.
Fra le varie fonti dirette, una delle più accreditate «è la relazione “Dati di statistica giudiziaria militare” del giugno 1925. Si tratta della statistica delle sentenze e dei procedimenti penali dei tribunali militari presso l’esercito operante e di quelli territoriali fuori e dentro la zona di guerra. Secondo questa relazione, furono comminate nel corso del conflitto 4.028 condanne a morte, delle quali 2.967 in contumacia, 311 non eseguite e 750 eseguite. Di queste ultime, 391 riguardarono il reato di diserzione, 5 la mutilazione volontaria, 164 la resa o sbandamento, 154 atti di indisciplina, 2 la cupidigia, 16 per violenza, 1 per reati sessuali, le rimanenti per reati diversi. Un’altra fonte importante ai fini della quantificazione è una tabella del Reparto disciplina, avanzamento e giustizia militare del Comando Supremo dal titolo “Specchio dei giudizi durante la campagna” datata 24 dicembre 1917 e relativa al periodo giugno 1915 – settembre 1917, conservata presso l’archivio dell’Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito. Tale tabella è importante perché è l’unica a contenere anche il dato dei giudizi sommari: 112, che coincidono in buona parte con quelli riportati da Forcella e Monticone, fino all’agosto 1917. Nel settembre 1919 il ministro della guerra Generale Albricci, in sede parlamentare, ammise 729 condanne a morte eseguite durante tutta la guerra, mentre “le tristi esecuzioni sommarie superano di poco il centinaio”»[19]. Nel maggio-giugno 1916, a seguito dell’offensiva austro-ungarica, il regime disciplinare fu inasprito con l’ordine di ricorrere alle fucilazioni sommarie con ampia libertà, fino a colpire anche gli ufficiali. Dopo lo sfondamento austro-ungarico della nostra resistenza, il Comando Supremo ordinò al comandante delle truppe operanti sull’altopiano di Asiago di prendere le più energiche ed estreme misure: «faccia fucilare, se occorre, immediatamente e senza alcun procedimento, i colpevoli di così enormi scandali, a qualunque grado appartengano. […] L’altopiano di Asiago va mantenuto a qualunque prezzo. Si deve resistere o morire sul posto»[20]. Inoltre, di fronte «alle diserzioni, che sempre più numerose si manifestavano sia presso i reparti schierati in zona di guerra che all’interno, nel dicembre 1916 il Ministero della guerra decise di togliere il sussidio economico ai famigliari dei colpevoli del grave reato, i cui nomi furono pubblicati nei loro comuni natii»[21]. La pena capitale, specie per i soldati che si erano macchiati del reato più grave, la diserzione, avveniva con fucilazione alla schiena. «Altre norme legislative emanate durante la permanenza di Cadorna alla carica di capo di Stato Maggiore dell’Esercito furono il bando del 28 luglio 1915 del Comando Supremo contro la diffusione di notizie sulla guerra e la denigrazione dell’esercito o della guerra stessa ed il decreto luogotenenziale del 19 ottobre 1916 n. 1417 per la repressione dell’autolesionismo»[22].
Di fronte al numero spropositato di esecuzioni, si avvertì l’esigenza di istituire una commissione interna che vagliasse le tante condanne comminate ed i metodi usati nella spregiudicata gestione Cadorna. Questa commissione venne affidata all’Avvocato Generale dello Stato Donato Tommasi, sul modello della già costituita “Commissione d’inchiesta sugli avvenimenti militari che hanno determinato il ripiegamento al Piave”, comunemente definita “Commissione d’inchiesta su Caporetto”, di nomina regia, istituita nel 1918, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, che era nata in seguito all’ondata di paura e malcontento generatasi dopo la clamorosa sconfitta di Caporetto[23]. Già dalla Commissione d’inchiesta «il ricorso alla decimazione[24] fu stigmatizzato … e definito “provvedimento selvaggio, che nulla può giustificare” tra l’altro per via della pena di morte così ingiustamente comminata a numerosi innocenti»[25].
Il Generale Tommasi[26] stilò una Relazione, in base alla quale i fatti vennero così suddivisi: Esecuzioni sommarie che appaiono giustificate; esecuzioni sommarie che appaiono ingiustificate; esecuzioni sommarie per le quali l’azione penale è improcedibile; esecuzioni sommarie per le quali manca nei rapporti ogni elemento di giudizio[27]. Dei vari tipi, riportiamo alcuni esempi.
Per le esecuzioni sommarie giustificate: Brigata Messina, 93°reggimento, 30 giugno 1915, numero imprecisato di vittime, diserzione in complotto al nemico; Brigata Verona, 85° reggimento, 31 ottobre 1915. 1 fucilato. Abbandono del posto in faccia al nemico; Brigata Acqui, 18° reggimento, 22 aprile 1916. 3 fucilati, rivolta; Brigata Ancona, 69° reggimento, 13 giugno 1916. 3 fucilati. Sbandamento e mancata possibile difesa: Brigata Pavia, 27° reggimento, 11 novembre 1916. 1 fucilato. Insubordinazione e omicidio; Brigata Verona, 85° reggimento, 6 agosto 1916. 1 fucilato. Abbandono del posto e rifiuto di obbedienza in presenza del nemico: Brigata Catanzaro, 141° e 142° reggimento, 16 luglio 1917, 28 fucilati, rivolta. Per le esecuzioni sommarie ingiustificate: Brigata Ravenna, 38° reggimento, 21- 22 marzo 1917, 7 fucilati, rivolta. Per le esecuzioni sommarie per le quali l’azione penale è improcedibile: Brigata Salerno, 89° reggimento, 2 luglio 1916, numero imprecisato di morti. Diserzione al nemico, 3 luglio 1916, 8 fucilati, istigazione alla diserzione. Per le esecuzioni sommarie per le quali manca ogni elemento di giudizio nei rapporti e documenti esaminati: Brigata Catanzaro, 141°reggimento, 27 maggio 1916, Altipiano d’Asiago, 12 fucilati, sbandamento di fronte al nemico; Brigata Lazio, 131° reggimento, 15 giugno 1916, basso Isonzo, 1 fucilato, minacce e vie di fatto o rifiuto di obbedienza; 14° reggimento Bersaglieri, XL battaglione,16 giugno 1916, Altipiano d’Asiago, 4 fucilati, sbandamento; 5° reggimento Genio, 31°compagnia minatori, 26 luglio 1916, luogo imprecisato, 1 fucilato, vie di fatto a mano armata contro superiore; XLVII battaglione Bersaglieri, 5 agosto 1916, quota 85 Monfalcone, 3 fucilati, diserzione; Brigata Regina, 9° e 10° reggimento, 13 maggio 1917, vallone di Doberdò, 6 fucilazioni non confermate, diserzione; Brigata Toscana, 77° reggimento, 23 giugno 1917, retrovie di Monfalcone, 2 fucilati, rivolta. Alla fine, “caddero vittime della giustizia sommaria 262.481 soldati e di essi 170.064, cioè il 62%, subirono una condanna. Furono comminati 15.345 ergastoli, dei quali 15.096 per diserzione. Le percentuali sono impressionanti: il 6% dei mobilitati fu rinviato a giudizio e quasi il 4% subì una condanna penale. Dei 262.481 processati, 177.648 passarono dai tribunali dell’esercito operante, mentre gli altri 84.883 furono giudicati dai tribunali territoriali. Sebbene i primi fossero più severi (ritennero colpevole il 66,3% dei processati), anche i tribunali territoriali condannarono il 61,8% dei giudicati”[28].
Fra le vittime della giustizia sommaria, anche un soldato salentino. E veniamo così all’oggetto della nostra trattazione.
Rocco Gnoni, questo il suo nome, era nato a Torrepaduli, frazione di Ruffano, il 6 agosto 1888. Figlio di contadini, Rocco aveva sposato una sua compaesana di nome Giovanna Crudo; il matrimonio fu celebrato l’11 gennaio 1915. Pochi mesi dopo, il 29 maggio 1915, Rocco partì per la guerra, come riportato sul suo foglio matricolare n.31904. Dal foglio matricolare apprendiamo che Rocco Gnoni, di professione contadino, già ritenuto «rivedibile» a causa della «debole costituzione fisica», viene poi arruolato nell’11 Compagnia di Sanità (44° Divisione Sanità) e viene considerato «disperso nel fatto d’armi dell’ottobre 1917»[29].
Dopo quasi due anni di servizio al fronte, Rocco ottenne con ogni probabilità una licenza, durante la quale lui e sua moglie concepirono l’unico figlio, Donato, che venne alla luce il 19 novembre 1917. Gnoni però non poté mai conoscere il bambino, perché morì pochi giorni prima della sua nascita.
Pluviano-Guerrini riportano nel Capitolo «La Relazione Tommasi. Esecuzioni sommarie per le quali manca ogni elemento di giudizio nei rapporti e documenti esaminati»[30], un corpus molto più consistente di esempi. Fra questi, oltre a quelli sopra elencati: Brigata Ivrea, 162° reggimento, 21 febbraio 1917. 2 fucilati. Diserzione; Brigata Palermo, battaglione complementare, 20 maggio 1917. 3 fucilati. Rivolta; e poi 44° sezione di sanità, 4 novembre 1917. 1 fucilato. Accusa sconosciuta. Quest’ultima è quella che a noi interessa, perché il soldato fucilato per motivi sconosciuti è Rocco Gnoni, «un ventinovenne nato a Ruffano, provincia di Lecce. L’ordine di fucilazione fu impartito dal comando della 2°armata il 3 novembre 1917, mentre la ritirata era ancora in corso. L’esecuzione sommaria avvenne presso il Cimitero di Porcia, nel Pordenonese, alle 6.15 del 4 novembre 1917, quando i reparti italiani si apprestavano ad abbandonare la zona. Il plotone di esecuzione era composto da dodici carabinieri della 128° sezione, addetta al comando della 2° armata. La scheda compilata da Tommasi e i documenti allegati non riportano la ragione della condanna, e questo è un fatto di particolare gravità perché la fucilazione avvenne per ordine di un comando d’armata»[31]. Gli autori inoltre riportano in nota che nell’Allegato 40 sono contenute «la lettera di trasmissione del comandante dei carabinieri dell’armata al comando della 2°armata, il processo verbale dell’esecuzione sommaria, a firma del tenente dei carabinieri Nicola Crocesi, comandante del plotone di esecuzione, e l’atto di morte del soldato Gnoni, redatto dal capitano medico Ario Airaghi, sempre il 4 novembre 1917»[32]. Si apre allora una incongruenza nella ricostruzione della vita di Gnoni. L’Albo d’Oro dei caduti della Grande Guerra, infatti, dice di lui che fu disperso in battaglia il 30 ottobre, «nel ripiegamento al Piave», dopo la tragica sconfitta di Caporetto[33]. E anche il foglio matricolare, come già detto, annota «disperso» e «rilasciata dichiarazione di irreperibilità»[34]. Come tale viene ricordato nella targa commemorativa del Monumento ai Caduti del suo paese, la piccola frazione di Torrepaduli. In realtà, egli fu fucilato, come dimostrano inconfutabilmente Pluviano e Guerrini sulla base dei documenti ufficiali. Fu vittima della repressione interna, uno di quei capri espiatori, di cui si diceva all’inizio.
La storia ci insegna che la guerra, come evento straordinario, che sconvolge cioè il regolare procedere del tempo ordinario, frange prassi, codici, norme di comportamento e garanzie. Ogni guerra porta esecuzioni sommarie, decimazioni, pene di morte, e non solo scombina le regole del vivere civile ma sovente calpesta la stessa etica militare. La Prima Guerra Mondiale non fa eccezione: questa fu la grande delusione che già nel 1916 si impossessò dei ragazzi che con entusiasmo e fiducia erano partiti per il fronte. Nihil novi sub sole è il motto tragicamente fatalistico che si potrebbe trarre. E non meno che appropriato ci appare l’aggettivo fatalistico, se pensiamo che ad una vera e propria roulette russa era affidata la vita di questi soldati, nelle parole del Generale Cadorna: «non vi è altro mezzo idoneo a reprimere reato collettivo che quello della immediata fucilazione dei maggiori responsabili, allorché l’accertamento dei responsabili non è possibile, rimane il diritto e il dovere ai comandanti di estrarre a sorte tra gli indiziati alcuni militari e punirli con la pena di morte»[35].
Subito dopo la guerra, ci fu molta confusione sul numero esatto delle vittime di esecuzioni sommarie. Questo numero oscillava fra 109, indicato dall’On. Vito Luciano alla Camera dei Deputati il 19 settembre 1919[36], 152, il numero avanzato dall’Avvocatura generale militare, e più di 1000, come sosteneva il giornale del Partito Socialista «L’Avanti». Come già detto, Pluviano e Guerrini, utilizzando le due fonti di segno opposto, ossia quella ufficiale della Relazione sulle esecuzioni sommarie del Generale Tommasi e quella non ufficiale e antimilitarista dell’Avanti, integrandole con i tanti documenti rinvenuti nell’Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito (USSME) e dalla memorialistica e dai resoconti di guerra, hanno calcolato questo numero in 750 fucilati[37].
Dopo il conflitto, la Relazione del Generale Tommasi restava la fonte più credibile sui fucilati di guerra, anche se il numero che presenta è in difetto e tende a colpevolizzare esclusivamente il Generale Cadorna facendo credere che col Generale Diaz la situazione fosse cambiata e le esecuzioni del tutto cessate (è invece dimostrato che vi fossero ancora dei casi), ma queste erano le pressioni che Tommasi aveva ricevuto dall’alto. In effetti, il Generale Cadorna nel frattempo era stato sostituito da Diaz.
Tuttavia, il destino della Commissione fu di essere insabbiata, analogamente a quella su Caporetto. Le sue risultanze vennero dimenticate e nessuno degli ufficiali colpevoli fu processato per i delitti commessi.
La linea del Parlamento italiano divenne quella di elogiare e ringraziare l’esercito e i suoi vertici per l’alto eroismo (dando avvio alla magniloquenza propagandistica che caratterizzerà tutto il dopoguerra fascista) e sostanzialmente perdonare i responsabili della carneficina, considerando quanto avvenuto come un male necessario, nonostante l’unica voce dissonante in Parlamento, quella del Partito Socialista, si alzasse contro simile conclusione. Di conseguenza, siffatti crimini contro l’umanità rimasero impuniti e un velo di oblio cadde sulla triste vicenda fino quasi ai giorni nostri[38]. Bisognerà attendere la pubblicazione dei libri di Forcella e Monticone del 1968[39] e di Procacci del 1993[40], basati sull’inchiesta del Generale Tommasi del 1919 fino ad allora segretata, per avere chiarezza. Queste ricerche hanno permesso anche di venire a conoscenza della vera fine del soldato Rocco Gnoni.
Nel 2016 è stato anche organizzato dall’Istituto Comprensivo Statale di Ruffano un incontro dal titolo “I fucilati per mano amica nella Grande Guerra: verità e riabilitazione. La storia del soldato ruffanese Rocco Gnoni”. Gli organizzatori di quell’incontro, in primis il prof. Roberto Molentino, referente del progetto “Cento anni fa… la Grande Guerra”, ed i docenti coinvolti, hanno voluto far luce sulle vere cause della morte di questo concittadino. Hanno ricercato il Verbale di esecuzione sommaria del soldato Gnoni Rocco, dal quale risulta che «detto militare venne fucilato il 3 novembre 1917 in Porcia per ordine del Comando della 2° Armata. Non vi è alcun accenno ai fatti che determinarono detto giudizio sommario e pertanto occorrerebbero nuove indagini per poter esaminare se l’ordine del detto Comando fu conforme alla legge». La fucilazione dunque avvenne nei pressi del cimitero di Porcia, paesino in provincia di Pordenone. «Al soldato Rocco Gnoni furono sparati in due riprese complessivamente 12 colpi di moschetto M.1891, che lo resero all’istante cadavere»[41]. Sempre secondo il verbale, il cadavere del soldato fu seppellito all’interno del Cimitero di Porcia.
Per saperne di più, gli studenti del progetto scolastico coordinati da Molentino hanno intervistato il nipote del soldato, Gino Gnoni, il quale ha detto di essere a conoscenza del fatto, anche se non in grado di provarlo.
Gino ha sostenuto che suo padre, Donato, non voleva ricordare e non parlava mai di ciò che era accaduto a Rocco, anche se provò per tutta la vita sentimenti ostili nei confronti dell’arma dei Carabinieri[42]. Nonna Giovanna, vedova di Rocco, raccontava invece che un reduce le aveva riferito quanto accaduto al marito: sembra che mentre si trovava in un’osteria a rifocillarsi dopo le dure battaglie delle settimane precedenti, fosse stato redarguito da un superiore a cui, forse, rispose in modo irrispettoso. Questo segnò il suo destino.
Quanto scoperto trova un riscontro anche nel libro Nel vortice della grande guerra. Porcia nell’anno dell’invasione di Sergio Bigatton e Angelo Tonizzo, pubblicato dal Comune di Porcia nel 2010[43]. Il volume, incentrato sulla partecipazione della cittadina del Pordenonese alla Prima Guerra Mondiale, riporta nella seconda parte il Discorso pronunciato dal generale Umberto Pastore a Palse per l’inaugurazione del mausoleo ai Caduti in guerra, l’opera di don Francesco Cum Le memorie di un parroco dell’anno dell’invasione, e gli scritti di Antonio Forniz La prima guerra mondiale nei piccoli ricordi di un friulano adolescente. Sono riprodotti inoltre alcuni passi del diario del pittore futurista e scrittore Ardengo Soffici, scritti dal Castello di Porcia, dove soggiornò durante la ritirata di Caporetto. Infine, alcune memorie di Pietro Masutti e di Luigi Del Ben. In Appendice, sono riportati i nomi dei caduti di Porcia. Fra questi caduti non figura Rocco Gnoni, ma gli autori riferiscono un episodio che a Porcia era ben conosciuto e che ci fa chiaramente pensare al Nostro. Parlano della storia-leggenda di un povero soldato giustiziato di cui a Porcia girava insistente la voce, un «soldato italiano fucilato dai suoi al cimitero di Porcia durante la ritirata», individuato dagli autori grazie al ritrovamento di una planimetria del cimitero dove, fra i morti sepolti, viene ricordato anche un «Italiano fucilato»[44]. Ne parla con un fugace cenno il religioso Don Francesco Cum nel suo discorso (stampato a Udine nel 1920), che gli autori riportano nella seconda parte del libro[45]. Uno degli autori, Sergio Bigatton, contattato dagli organizzatori della manifestazione ruffanese, ha affermato che il soldato cui si accenna nel libro è senz’altro Rocco Gnoni. A maggior conferma, l’episodio dell’uccisione di Gnoni si potrebbe ricavare da un’altra fonte, che è il libro di Ardengo Soffici, La ritirata del Friuli. Note di un ufficiale della Seconda Armata[46], in cui il pittore e poeta futurista narra la sua esperienza nella prima guerra mondiale. Nella notte fra il 3 e il 4 novembre, scrive che, mentre era uscito con alcuni compagni a fare due passi nel paese, nel buio più fitto, avvertì dei rumori nei pressi del cimitero e fu attirato dalla luce di una lanterna. Incontrò alcuni uomini, dei carabinieri, e ai loro piedi un uomo morto, che Soffici ed i compagni scambiarono per una donna, in quanto l’uomo era acconciato in abiti femminili, probabilmente per sfuggire ai suoi assalitori. I carabinieri riferirono a Soffici e compagni che il loro superiore aveva ordinato di ammazzare sul posto quell’uomo, e loro avevano eseguito immantinente l’ordine, fucilando il malcapitato. Si trattava di una punizione esemplare. Anche se Soffici non fa il nome di Gnoni, è facile supporre che si tratti di lui[47].
Non sorprenderebbe che il soldato ruffanese si trovasse in un’osteria a sbronzarsi. Il vino e la prostituzione erano fin dall’inizio della guerra i soli due svaghi consentiti ai soldati nella terribilità del momento. Si trattava di svaghi autorizzati o meglio “istituzionalizzati” dalle autorità[48]. Il vino in trincea era un farmaco potentissimo, ne parla anche Emilio Lussu in Un anno sull’altopiano[49]. Utilizzato in quantità massicce dai soldati per fare fronte alla drammaticità della situazione, esso dava loro sollievo, potenziandone l’audacia e la bellicosità in alcuni casi, fungendo da oppiaceo e quindi anestetizzando la paura e il dolore in altri. Comunque, sia che lo usassero come coadiuvante per darsi forza e coraggio, sia come tranquillante per attutire nei fumi dell’alcol lo shock di un impatto emotivo devastante, tutti i soldati ne diventavano dipendenti. Tanto vero che anche nelle cosiddette Case del soldato[50], circoli ricreativi religiosi, creati dalla chiesa per contrastare le case di tolleranza (e fu una battaglia persa fin dall’inizio di fronte al proliferare delle case chiuse e al massiccio ricorso dei militari al sesso a pagamento), i soldati bevevano[51]. Anzi, una delle voci di spesa più alte negli acquisti delle Case del soldato era proprio quella per il vino, poiché i preti ritenevano che un consumo, sia pure moderato, della bevanda alcolica dovesse comunque essere permesso, anche per contrastare il ricorso alla prostituzione: come dire, si sceglieva il male minore[52]. Mons. Giuseppe Pellizzo, Vescovo di Padova, in una lettera affermava che avevano come unico pensiero quello di svuotare le cantine nei paesi abbandonati ed erano talmente attaccati alla bottiglia che se le montagne fossero state damigiane i soldati le avrebbero custodite meglio, essendo sempre aggrappati ad esse[53]. Questo scritto è anche più importante per quanto il prelato sostiene dopo[54], cioè che proprio a causa dell’ubriachezza, alcuni giorni prima un battaglione aveva rifiutato di andare avanti ed era stata sorteggiata una compagnia e decimata. Importante dappiù, questa lettera di Mons. Pellizzo, per la data in cui viene inviata, ossia il 31 maggio 1916, in un periodo in cui nessuno dei soldati dal fronte osava confessare tale pratica aberrante. L’alcol, dunque, veniva largamente usato nelle trincee e finanche incoraggiato dal Comando supremo. Esso costituiva proprio la benzina dei soldati, come dice Emilio Lussu.Ma poi, fuori dalle trincee, per somma incoerenza, specie con la gestione Cadorna, esso veniva proscritto, quasi demonizzato nelle Circolari del Generale che imponevano ai soldati, negli ambienti civili, assoluta sobrietà ed un severo contegno in ogni circostanza. Gnoni pagò con la vita la sua mancanza di contegno.
Nel 2015, gli Onorevoli Giorgio Zanin e Gian Piero Scanu hanno voluto proporre una legge sulla riabilitazione di questi caduti della prima guerra mondiale. In effetti, nel 2014, nell’ambito delle celebrazioni in occasione del centenario della Grande Guerra, si segnalava l’iniziativa di un gruppo di 50 intellettuali che inviavano un appello al Presidente della Repubblica per la riabilitazione dei soldati fucilati. Essi si costituirono in un Comitato nell’ambito del Ministero della Difesa. All’iniziativa di questo Comitato si unirono i deputati Gian Piero Scanu e Giorgio Zanin, rispettivamente primo firmatario e relatore alla Camera dei Deputati della proposta di legge n. 2741 finalizzata «ad attivare il procedimento per la riabilitazione dei soldati italiani condannati alla pena capitale nel triennio 1915-18, nonché per restituire l’onore militare e riconoscere la dignità di vittime di guerra a quanti furono passati per le armi senza processo con la brutale pratica della decimazione o per esecuzione immediata e diretta da parte dei superiori. Verrà così restituito l’onore militare e la dignità di vittime della guerra a quanti vennero fucilati. Infatti, una volta approvata la legge verranno inseriti nell’Albo d’oro del Commissariato generale per le onoranze I caduti»[55]. Giorgio Zanin venne anche invitato a Ruffano nel già citato Convegno del 2016 e in quell’occasione si è soffermato su questa triste vicenda e ha sottolineato l’alto dovere morale e civile di riaprire una delle pagine più nere della storia d’Italia.
Nella maggior parte dei casi, i sospetti e le accuse di delazione, spionaggio, intelligenza col nemico, diserzione, di cui erano fatti oggetto taluni soldati, rimasero tali, solo frutto di menti paranoiche o soggiogate. Le fucilazioni che ne seguirono furono invece reali, come molta memorialistica conferma e certa stampa dell’epoca andava denunciando. Soprattutto nelle interviste ai reduci, nelle testimonianze orali e in tanti diari pubblicati dopo la guerra, molto vivi e brucianti i ricordi delle esecuzioni sommarie[56]. Non così invece nelle lettere, quelle inviate dal fronte, che erano sottoposte a censura[57].
Alle esecuzioni dei militari, bisogna aggiungere quelle dei civili. Le fonti dimostrano che fin dai primi giorni del conflitto il nostro esercito si macchiò di vari delitti perpetrati a danno delle popolazioni di confine, uccidendo tantissimi abitanti dei territori occupati, con esecuzioni sommarie[58].
Una certa pubblicistica antimilitarista sostiene senza indugio che i veri eroi furono proprio questi, i disertori, i ribelli, i fuoriusciti. Questa pubblicistica porta a sostegno della propria posizione un abolito articolo della Costituzione, per l’esattezza l’articolo 50, poi divenuto articolo 54 che, al secondo comma, poi cassato, recitava: «Quando i poteri pubblici violino le libertà fondamentali ed i diritti garantiti dalla Costituzione, la resistenza all’oppressione è diritto e dovere del cittadino»[59]. Ma al di là delle posizioni di un certo pacifismo radicale, tutto l’orientamento dell’opinione pubblica in questi ultimi anni in Italia è stato quello di riabilitare non solo i fucilati di guerra ma anche i renitenti e i disertori, considerati anch’essi vittime della sofferenza procurata dalla guerra. Un articolo pubblicato su «La Repubblica» nel 2014 dà voce al Vescovo Santo Marcianò, Ordinario Militare, il quale parla delle diserzioni come di «un fenomeno che coinvolse tutte le forze in campo, alimentato non tanto dalla paura quanto dalla nostalgia per la famiglia e odio per l’ingiustizia delle autorità militari. Le condanne furono circa centomila. Impossibile sapere con esattezza i fucilati, almeno un migliaio»[60].
Come non vedere, in questi soldati ingiustamente massacrati, come Rocco Gnoni di Ruffano, dei martiri laici? Eroi minori di una beffarda tragicommedia.
Per concludere con le parole di Ardengo Soffici: «sono forse costoro dei vinti, dei disertori, dei rivoltosi, dei traditori? O sono, diciamo la parola, dei vigliacchi? No. Basta vederli. Basta lasciare entrare la loro anima nella nostra. Sono delle vittime. Sono degli incoscienti. Sono degli illusi – e il male non è qui. … il male è nelle radici – il male è laggiù sotto di noi: nell’ignominia di chi divide, di chi baratta, di chi mente, di chi mercanteggia. Di chi abbandona. Il male è dappertutto; ma non è qui. Qui si soffre soltanto. Non è la via dell’infamia, qui. È la via della croce»[61].
* Società di Storia Patria per la Puglia, [email protected]
Vivamente ringrazio gli amici Francesco Frisullo, che per primo ha fatto luce sulla storia del soldato Rocco Gnoni, e Roberto Molentino, che mi ha messo a disposizione alcune fonti documentarie.
Note
[1] R. Girard, La violenza e il sacro, Milano, Adelphi, 1980.
[2] R. Caillois, L’uomo e il sacro, Torino, Bollati-Boringhieri, 2001.
[3] E. Forcella – A. Monticone, Plotone di esecuzione. I processi della prima guerra mondiale, Bari, Laterza,1968, 2° ed. , 2014.
[4] M. Pluviano – I. Guerrini, Le fucilazioni sommarie nella prima guerra mondiale, Udine, Gaspari, 2004, p.12.
[5] F. Cappellano, Cadorna e le fucilazioni nell’esercito italiano (1915-1917), p.1, in www.museodellaguerra.it/wp-content/…/09/annali_23_Cadorna-e-le-fucilazioni.pdf. L’autore si rifà al libro di Forcella e Monticone, Plotone di esecuzione cit.
[6] Ivi, p.36.
[7] Circolare n. 1 Disciplina di Guerra in data 24 maggio 1915, conservato presso l’archivio dell’USSME (Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito), repertorio L3, b. 141, fasc. 3, riportato in M. Pluviano e I. Guerrini, Le fucilazioni sommarie cit., p.36.
[8] Circolare n. 3525 in data 28 settembre 1915, Disciplina di guerra, USSME, Ivi, p.36.
[9] Ibidem.
[10] Ivi, p.14.
[11] Ivi, p.15.
[12] Ivi, p.20.
[13] Ivi, p.21.
[14] Ivi, p.23.
[15] Ministero della Guerra, Ufficio Statistico, Statistica dello sforzo militare italiano nella guerra mondiale. Dati sulla giustizia e disciplina militare, a cura di G. Mortara, Roma, 1927, in B. Bianchi, La follia e la fuga. Nevrosi di guerra, diserzione e disobbedienza nell’esercito italiano 1915-1918, Roma, Bulzoni, 2001,
[16] Ivi, pp.1-6. Sulla copertina del libro è raffigurata un’immagine tratta dal film di Francesco Rosi Uomini contro, del 1970, ispirato al romanzo di Emilio Lussu, Un anno sull’Altipiano.
[17] Letta al convegno “Scampare la guerra”, tenuto a Fogliano Redipuglia nel 1990. Questa relazione è poi confluita nel libro con cui si pubblicarono gli atti: 1914-1918 scampare la guerra : renitenza, autolesionismo, comportamenti individuali e collettivi di fuga e la giustizia militare nella Grande Guerra, a cura di L. Fabi, Ronchi dei Legionari, Centro culturale pubblico polivalente, 1994, pp.63-75. Guerrini – Pluviano sono anche autori di La giustizia militare, in Dizionario storico della Prima Guerra Mondiale, a cura di N. Labanca, Roma-Bari, Laterza, 2014, pp. 137-146.
[18] Commissione d’inchiesta Dall’Isonzo al Piave. 24 ottobre-9 novembre 1917, Roma, Stabilimenti tipografici per l’amministrazione della guerra, 1919. Istituita con R.D.12 gennaio 1918, n.35.
[19] Atti parlamentari, Camera dei Deputati, legislatura XXIV, 1ª sessione, discussioni, tornata del 12 settembre 1919, in F. Cappellano, Cadorna e le fucilazioni nell’esercito italiano cit., p.12.
[20] Lettera in data 26 maggio 1916 del capo di Stato Maggiore dell’Esercito al Generale Clemente Lequio – USSME, in Filippo Cappellano, op. cit., p.6.
[21] Circolare n. 32800 in data 28 dicembre 1916, Conseguenze del reato di diserzione, Comando 3ª Armata. Altre conseguenze di legge del reato di diserzione erano: interdizione perpetua dei pubblici uffici, interdizione legale con la perdita di amministrazione dei propri beni, patria podestà, autorità maritale e capacità di fare testamento: fonte USSME, in F. Cappellano, op. cit., p.7.
[22] Ivi, p.11.
[23] M. Pluviano – I. Guerrini, Le fucilazioni sommarie cit., p.41.
[24] La decimazione, che consisteva nel tirare a sorte il nome dei fucilati,come esempio di estrema disciplina militare inflitta ai soldati era una pratica già conosciuta dai Romani ma fu nella Prima Guerra Mondiale che se ne fece largo uso.
[25] Relazione della Commissione d’inchiesta, Dall’Isonzo al Piave 24 ottobre – 9 novembre 1917, vol. II, Le cause e le responsabilità degli avvenimenti, 1919, in F. Cappellano, op. cit., p.7.
[26] Il giurista Donato Antonio Tommasi (1867-1949), tarantino di nascita, era leccese. Stimato magistrato, durante la guerra ricoprì il ruolo di Avvocato Generale presso il Tribunale supremo di Guerra e di Marina e poi dell’Esercito. Fu parlamentare, eletto nelle file del Partito Popolare, negli anni Venti. Strenuo oppositore del Fascismo, in occasione della Marcia su Roma, redasse il decreto per lo stato d’assedio per conto del Presidente del Consiglio Luigi Facta che venne respinto dal Re Vittorio Emanuele III. Per questo, fu ostracizzato dal regime. Partecipò alla Seconda Guerra Mondiale e venne ferito dallo scoppio di una bomba lanciata sul centro militare clandestino che dirigeva a Roma, e fu onorato della medaglia d’argento al valor militare: M. Pluviano – I. Guerrini, Le fucilazioni sommarie cit., p.48.
[27] Ivi, Le fucilazioni sommarie cit., p.47.
[28] Ivi, p.19.
[29]Archivio di Stato di Lecce, Vol. 194, Ruoli matricolari soldati appartenenti alla classe 1890.
[30] M. Pluviano – I. Guerrini, Le fucilazioni sommarie cit., pp.113-130.
[31] Ivi,p.125.
[32]Ivi, p.129.
[33] Albo d’Oro, Volume XVIII, Puglie, N. 902. Nell’Albo d’Oro, giusta circolare del Ministero della Guerra, 8 giugno 1926, sono inclusi tutti i militari del R. Esercito, della R. Marina, della R. Guardia di Finanza, il cui decesso o scomparsa sia avvenuta per causa di guerra dal 24 maggio 1915 al 20 ottobre 1920, data di pubblicazione della pace.
[34] Archivio di Stato di Lecce Vol. 194, Ruoli matricolari soldati appartenenti alla classe 1890. La dichiarazione di irreperibilità veniva rilasciata dal CIFAG (Centro interministeriale per la formazione degli atti giuridici) di Roma, ora soppresso.
[35] Telegramma circolare nr. 2910 del 1 novembre 1916 del Comando Supremo, in Filippo Cappellano, op.cit., p.7.
[36] M. Pluviano – I. Guerrini, Le fucilazioni sommarie cit., p.2.
[37] Ivi, pp.2-3.
[38] Ivi,pp.5-6.
[39] E. Forcella- A. Monticone, Plotone di esecuzione. I processi della prima guerra mondiale, Bari, Laterza, 1968 (poi 2014).
[40] G. Procacci, Soldati e prigionieri italiani nella Grande Guerra, Roma, Editori Riuniti, 1993. Sulle punizioni esemplari e le fucilazioni anche: A. Cazzullo, La guerra dei nostri nonni, Milano, Mondadori, 2014, p. 24.
[41] Si veda il Verbale della fucilazione allegato.
[42] Sul ruolo dei Regi Carabinieri: F. Angeletti, Il ruolo dell’arma dei carabinieri durante il primo conflitto mondiale: il fronte interno, in «Eunomia. Rivista semestrale di Storia e Politica Internazionali», a. IV, n. 2, 2015, pp.371-386.
[43] Nel vortice della grande guerra. Porcia nell’anno dell’invasione. Documenti e memorie sulla prima Guerra mondiale, a cura di S. Bigatton e A. Tonizzo, Pordenone, Sage Print, 2010.
[44] Ivi, pp.39-40.
[45] Ivi, pp.81-107.
[46] A. Soffici, La ritirata del Friuli. Note di un ufficiale della Seconda Armata, Firenze, Vallecchi, 1919.
[47]Ivi, pp.192-193.
[48] Sulle case di tolleranza, si veda E. Franzina, I casini di guerra, Udine, Gaspari, 1999.
[49] E. Lussu, Un anno sull’altopiano,Torino, Einaudi, 1964.
[50] Don G. Minozzi, Ricordi di guerra, Amatrice, Vol. I, 1956.
[51] E. Franzina, I casini di guerra cit., p. 192. Sull’argomento, anche P. Vincenti, Tra vergogna e onore: le prostitute di guerra, in L’officina del sentimento. Voci gesti segni femminili in Terra d’Otranto davanti alla Grande Guerra (1915-1924), a cura di G. Caramuscio, in corso di stampa.
[52] M. Pluviano, Le case del soldato, in «Notiziario dell’Istituto Storico della Resistenza in Cuneo e provincia», n.36, dicembre 1989, pp.5-88.
[53]I vescovi veneti e la Santa Sede nella guerra 1915-1918, a cura di A. Sciottà, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1991, p.73. Mons. Pellizzo, fondatore del giornale cattolico «La difesa del popolo», scrive tra il 1915 e il 1918 ben centocinquantasei lettere a Papa Benedetto XV per informarlo sul drammatico andamento della prima guerra mondiale.
[54] Pubblicato da I. Guerrini – M. Pluviano, in Il memoriale Tommasi. Decimazioni ed esecuzioni sommarie durante la grande guerra, in 1914-1918 scampare la guerra cit., pp.63-75.
[55] Disposizioni concernenti i militari italiani ai quali è stata irrogata la pena capitale durante la Prima guerra mondiale https://www.camera.it › leg18
[56] M. Pluviano – I. Guerrini, Le fucilazioni sommarie cit., p. 239.
[57]Ivi, p. 240. Le lettere dal fronte avevano degli speciali censori che erano spesso gli ufficiali austriaci e tedeschi, incaricati di leggerle, allo scopo di emendarle da eventuali informazioni poco opportune e pericolose. Fra questi ufficiali, Leo Spitzer, il filologo austriaco al quale si deve il primo studio organico di carattere linguistico sulle lettere dei soldati dal fronte. Leo Spitzer, Lettere di prigionieri di guerra italiani: 1915–1918, a cura di L. Renzi, Torino 1976, nuova ed., Milano 2016. Si veda anche D. Octavian Cepraga, Scritture contadine e censori d’eccezione: le lettere versificate dei soldati romeni della Grande Guerra, in Memorialistica e letteratura della Grande Guerra. Parallelismi e dissonanze Atti del Convegno di studi italo-romeno Padova–Venezia, 8–9 ottobre 2015,a cura di D. Octavian Cepraga, R. Dinu e A. Firţa, Quaderni della Casa Romena di Venezia, XI-2016, Istituto Romeno di Cultura e Ricerca Umanistica di Venezia, 2016, p.189.
[58] Ivi, pp. 196 -197.
[59] https://www.nascitacostituzione.it/02p1/04t4/054/art054-011.htm
[60] P. Gallori, Grande guerra, l’ordinario Militare: “Riabilitare i disertori come Caduti”, in «La Repubblica», 6 novembre 2014
[61] A. Soffici, op. cit.,p.202.
Ringrazio gli amici Francesco Frisullo, che per primo ha fatto luce sulla storia del soldato Rocco Gnoni, e Roberto Molentino che ha messo a disposizione alcune fonti documentarie.
#fucilazioni sommarie#Paolo Vincenti#prima guerra mondiale#Rocco Gnoni#Miscellanea#Pagine della nostra Storia#Spigolature Salentine
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Chi non conosce le galere avrà difficoltà a capire cosa significa in un carcere (e in particolare nei carceri più duri) non avere la possibilità di usare il fornelletto e cucinarsi un piatto di pasta. Chi si ripete la retorica secondo la quale i detenuti stanno in albergo, mangiano e dormono a spese del contribuente, dovrebbe sapere che il nostro codice penale sancisce che “il condannato è obbligato a rimborsare all’erario dello Stato le spese per il suo mantenimento negli stabilimenti di pena, e risponde di tale obbligazione con tutti i suoi beni mobili e immobili, presenti e futuri”. (Art. 188 cod. pen.) E dovrebbe anche sapere che quel cibo (che il detenuto paga) fa schifo. Che viene normalmente detto “sbobba della casanza”. Il cittadino medio dovrebbe sapere che i detenuti fanno l’impossibile per comprare (e pagare per la seconda volta) il cibo che si cucineranno da soli. Quel cibo si chiama “sopravvitto” e viene venduto al prezzo del supermercato (non-discount) più vicino con un bell’introito per chi se ne occupa. E che può capitare che per qualche “accidente” arrivi già scaduto, avariato. Perciò il detenuto ha diritto a lamentarsi se paga il cibo che non mangia e vorrebbe pagarlo una seconda volta nella speranza di mangiarne un po’. Questa è la chiave di lettura per leggere la notizia di oggi su Cesare Battisti. Purtroppo è una storia che conosciamo e della quale avevamo previsto lo svolgimento. Basta leggere la lettera scritta 11 anni fa da un gruppo di detenuti che copio dopo l’articolo della Repubblica di oggi. A quel tempo il Brasile negò l’estradizione. Ecco perché il giudice brasiliano aveva ragione a non mandarlo da noi in Italia. ____________ DALL’ARTICOLO DI REPUBBLICA: «… Viene servito poco cibo e di scarsa qualità: questo il contenuto del ricorso presentato al tribunale di Sorveglianza di Cagliari dall’ex latitante Cesare Battisti detenuto nel carcere di Massama a Oristano dove, ancora in regime di isolamento, sta scontando i due ergastoli cui è stato condannato per quattro omicidi commessi alla fine degli anni Settanta. "Gli altri detenuti di Massama hanno la possibilità di cucinare, mentre lui no, perché è in isolamento e, dunque, non può che servirsi dei cibi preconfezionati che passa la struttura" ha raccontato alla stampa il difensore di Battisti. L'avvocato Sollai ha già depositato la richiesta per ottenerne l'uscita dal regime di isolamento che il suo assistito avrebbe dovuto scontare solo per sei mesi, ma ancora in corso per carenze strutturali. "Battisti - spiega Sollai - si trova suo malgrado in isolamento forzato, per mancanza di spazi adatti alla sua situazione di alto sorvegliato di tipo 2. Il regime di isolamento per lui è scaduto formalmente il 14 luglio dello scorso anno (2019) e, nonostante le nostre richieste, ancora vive di fatto isolato, senza poter fare alcune attività ricreativa né socializzare” …» Repubblica, 11.07.’20 ____________ LA LETTERA DEI DETENUTI NEL 2009 Sulla mancata estradizione di Cesare Battisti dal Brasile e sull’intenzione del ministro della giustizia brasiliano di concedergli l’asilo politico il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano si è dichiarato: “Stupito e rammaricato”. Difende l’Italia dall’accusa implicita nella decisione del Brasile, che i detenuti in Italia vedono violati i propri diritti. (Fonte il Manifesto del 18 gennaio 2009). La decisione del governo brasiliano dimostra, invece, che le massime cariche dello Stato o non conoscono la realtà italiana o che la retorica dei loro discorsi ufficiali non basta a nascondere la realtà, peraltro ben nota, ormai, al di fuori dei confini nazionali. Infatti, anche un giudice americano nel 2007 ha negato l’espulsione di un italiano accusato di mafia, avvalendosi della testimonianza di un agente F.B.I., il quale a proposito del 41 bis in Italia ha riferito al giudice: “Lo useranno per ottenere informazioni”. Il giudice ha motivato la negazione dell’estradizione: “C’è il rischio che venga sottoposto al regime di carcere duro, previsto dall’art. 41 bis del codice italiano, un trattamento che equivale alla tortura”. Il premio Nobel Bassiouni ha condiviso la sentenza, per le pressioni psicologiche attuate nel regime del 41 bis italiano. (Corsera 16/10/07). Ricordiamo al presidente Giorgio Napolitano che la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha condannato l’Italia per il regime di tortura del 41 bis. Non a caso il presidente dell’Alta Corte Americana, mister Scalia – di origine italiana – alla domanda come giudica la giustizia italiana, qualche anno fa, rispondeva: “Da tutti i giudici mi farei giudicare, ma non da quelli italiani”, dimostra di saperne di più dei nostri governanti. Ricordiamo al nostro presidente che la retorica dei discorsi ufficiali non cancella il fatto che l’Italia, unico paese al mondo, ha una pena ostativa come l’ergastolo che a tutti gli effetti si estingue solo con la morte. Non cancella il fatto che quello che sta avvenendo attualmente nelle carceri italiane non è aderente ai principi costituzionali su cui è stato fondato questo Stato. In Italia in otto anni sono morti all’interno delle carceri duemiladuecento detenuti, un terzo dei quali per suicidio. Quello che si consuma all’interno delle carceri italiane, non è lontanamente paragonabile al passato della storia penitenziaria italiana, né della storia irachena, né a quella statunitense dove è pur in vigore la pena di morte. In Cina, in Iran, in Iraq, ammazzano in un colpo solo, in Italia gli ergastolani che non possono ottenere i benefici penitenziari vengono psicologicamente uccisi ogni giorno e ogni giorno sempre di più. Ricordiamo al nostro presidente che Pianosa non è stata diversa da Abbu Graib e Guantanamo, solo perché si sono insabbiate le inchieste o perché è stato occultato alla gente cosa è avvenuto in quei luoghi. La retorica dei discorsi ufficiali o le amnesie non cancellano il fatto che oggi nelle sezioni del 41 bis vegetano da decenni esseri umani che hanno figli anche ventenni che non hanno mai avuto la possibilità di conoscere o semplicemente abbracciare, mentre persino il regime fascista raccomandava gli operatori penitenziari: “Le relazioni tra le famiglie e i detenuti si mantengano affettuose, esortando le famiglie a dare ai detenuti frequenti notizie e buoni consigli”. Non cancellano il fatto che in Italia vi sono detenuti entrati in carcere diciottenni/ventenni che dopo 20/30 e più anni di detenzione, ormai cambiati, non hanno possibilità di rifarsi una vita, solo perché rientrano nel comma 1 dell’art. 4 bis, per effetto del quale gli ergastolani italiani con l’ergastolo ostativo non possono coltivare alcuna speranza di reinserimento nella società. Non possono e non devono essere reinseriti, non per provare, personali e contingenti esigenze di sicurezza, ma per il reato per il quale sono stati condannati. Condannati molte volte solo perché accusati di quel reato e non per le specifiche, personali e provate colpe. Come gli ebrei nella Germania nazista, attraverso il reato d’autore gli ergastolani non devono essere restituiti alla vita, perché, nel paese patria del diritto romano occidentale, ormai è regola che dal momento dell’arresto, il titolo del reato fa perdere all’individuo ogni diritto e ogni uguaglianza di giustizia nel processo prima e durante l’espiazione della pena. Carmelo Musumeci Sebastiano Milazzo Giovanni Spada Ivano Rapisarda Ergastolani in lotta per la vita di Spoleto – gennaio 2009
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Fucilazione di Galeazzo Ciano e di altri gerarchi fascisti, Verona, 11 gennaio 1944
L’11 gennaio 1944 i gerarchi fascisti Galeazzo Ciano, Emilio De Bono, Luciano Gottardi, Giovanni Marinelli e Carlo Pareschi furono fucilati a Verona da un plotone di esecuzione, formato da militi della neonata Repubblica Sociale Italiana.
Il processo sommario si era svolto in soli due giorni, dall’8 al 10 gennaio precedenti.
L’accusa era quella di tradimento nei confronti di Benito Mussolini, essendo gli imputati accusati di aver firmato l’ordine del giorno Grandi il 24 luglio 1943, durante una seduta del Gran consiglio del Fascismo, che aveva praticamente causato la caduta del governo Mussolini e quella del fascismo stesso.
Diversi altri accusati erano latitanti, quasi tutti perché rifugiati nell’Italia meridionale, già occupata dagli Alleati anglo-americani.
Il capo di accusa non aveva base legale, in quanto mancavano le prove di collusione tra i firmatari dell'Ordine del giorno Grandi ed il re Vittorio Emanuele III e l'accusa di tradimento non era dimostrabile, perché il Duce era a conoscenza dell'Ordine del giorno Grandi, che fu messo regolarmente ai voti, e senza alcuna contestazione in merito da parte di Mussolini stesso, che anzi accettò la votazione, senza annullarla.
Ma i gerarchi più intransigenti del nuovo governo repubblicano, tra cui spiccava Alessandro Pavolini, e lo stesso Hitler, volevano una condanna esemplare.
E così fu: tutti gli imputati vennero condannati a morte, tranne Tullio Cianetti che, avendo ritirato la sua firma subito dopo la votazione dell’ordine del giorno Grandi, fu condannato a trent’anni.
Le domande di grazia non vennero nemmeno inoltrate al Duce, in quanto si temeva che le avrebbe accettate, dato che uno dei condannati, Galeazzo Ciano, era suo genero.
Il giorno seguente la sentenza, l’11 gennaio 1944, la sentenza fu eseguita tramite fucilazione alla schiena, dato che i condannati erano stati giudicati traditori.
Poco più di un anno dopo, il 28 aprile 1945, Mussolini fu giustiziato e molti gerarchi fascisti, presi prigionieri dai partigiani, furono anch’essi fucilati a Dongo, sul lago di Como.
(fonti e link a Wikipedia)
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A luglio 2016 morirono 20 persone in un bar-ristorante di Dacca https://ift.tt/34snLHb
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Il primo maggio 1886, a Chicago, oltre 50.000 lavoratori proclamano lo sciopero per imporre al padronato le otto ore. In un clima di tensione, e di numerose provocazioni poliziesche, si susseguono cortei, comizi ed iniziative varie. Il 3 maggio, davanti alle fabbriche Mc Cormick, in Haymarket square, si svolge un presidio di lavoratori per impedire azioni di crumiraggio, durante il quale prendono la parola gli esponenti più importanti del movimento operaio, tra cui i militanti anarchici, che consideravano la campagna per le otto ore solo come un primo passo verso la rivoluzione sociale. Al termine dell’iniziativa, alcuni agenti delle “forze dell’ordine” caricano i manifestanti, iniziando a sparare all’impazzata. Il risultato è di quattro morti e centinaia di feriti. Il 4 maggio 1886, ad Haymarket Square, a Chicago, durante un raduno di lavoratori\lavoratrici ed anarchici in solidarietà con i lavoratori\lavoratrici in sciopero, una bomba fu lanciata su un gruppo di poliziotti, di cui uno morì all’istante. Questo fatto fu usato dalle istituzioni come scusa per reprimere il movimento anarchico. Il processo che ne seguì portò alla condanna a morte per impiccagione di sette anarchici (due di loro furono in seguito graziati), poi riconosciuti innocenti, e ad una condanna a 15 anni. I condannati sono passati alla storia come “Martiri di Chicago”. August Spies, uno dei condannati, dopo la lettura della sentenza dichiarò:«Vostro onore, la mia difesa è proprio la sua accusa, miei presunti crimini sono la mia storia. Può condannarmi, però almeno che si sappia che nello Stato dell’Illinois otto uomini furono condannati per non abiurare la loro fede nel trionfo finale della libertà e della giustizia». Adolph Fischer, August Spies, George Engel e Albert Parsons vengono impiccati l’11 novembre del 1887. Louis Lingg sfugge alla forca, a cui era stato condannato, suicidandosi in carcere il giorno prima dell’esecuzione. A Samuel Fielden e Michael Schwab, in seguito alla domanda di clemenza rivolta al governatore Richard James Oglesby, la pena viene commutata nell’ergastolo. Nel 1893 il governatore dell’Illinois, John Peter Altgeld, concederà loro la grazia. Stesso provvedimento riceverà Oscar Neebe, che invece era stato condannato a 15 anni. Il giorno del funerale dei martiri anarchici, il 13 novembre, 200.000 lavoratori e lavoratrici parteciparono con l’intento di commemorare il sacrificio degli anarchici assassinati dalla giustizia dello Stato. In seguito il movimento internazionale dei lavoratori, nel 1889 a Parigi, propose di ricordare in una giornata di sciopero generale fissata appunto per il primo maggio di ogni anno gli avvenimenti di Chicago. Questa data avrebbe dovuto rappresentare una scadenza fissa di lotta e per ricordare le vittime della repressione padronale. Insomma, il Primo Maggio avrebbe dovuto rappresentare una giornata di lotta e di memoria storica.
fonte: https://freccia.noblogs.org/post/2013/11/12/11-novembre-i-nostri-martiri/
-Campetto Occupato-
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Ma sarà troppo tardi. Non si può tornare indietro giunti a questo stadio. Avete fatto la vostra scelta in questa vita...
La realtà dell’Inferno.
Scegliete le menzogne sostenute dal Seduttore – la principale é che Dio, il Mio Eterno Padre, non esiste – e sarete condannati. Entrando le porte dell’Inferno prenderete coscienza del terribile errore che avete fatto. CredeteMi, figli Miei, se poteste solo essere testimoni dello shock e del sentimento di orrore di queste anime quando sarà rivelata loro la verità finale dopo la morte, non sareste in grado di resistere nemmeno un istante a questo tormento. Se foste testimoni anche solo da una fessura di questo luogo, in termini umani, cadreste morti di colpo per il terrore vedendo la sorte che si abbatte su coloro che hanno scelto la via del peccato.
Questa via che sembra così attraente, seducente, gloriosa e piena di miracoli cambia appena siete arrivati a metà strada. I cambiamenti che incontrerete giunti a metà percorso vi mostreranno che non siete soddisfatti. Questo strano sentimento di vuoto e di delusione si insedierà senza sosta per il resto del vostro viaggio. Non potrete capire perché vi sentite così. Le vostre esperienze, soddisfacenti esteriormente, sono piene di turbamenti inattesi, di sentimenti deludenti mescolati con la collera, la frustrazione, la solitudine e la paura. Solamente alla fine del vostro viaggio, quando incontrerete il vostro idolo e guarderete i suoi occhi malvagi che danzano con un benevolo divertimento, griderete finché la vostra voce diventerà rauca. Solo in quest’ultimo momento chiederete il Mio aiuto. Ma sarà troppo tardi. Non si può tornare indietro giunti a questo stadio. Avete fatto la vostra scelta in questa vita, e benché Io pianga lacrime amare di profondo dolore per ciascuna delle Mie anime perse, a quel punto non posso più salvarvi. Il vostro libero arbitrio, col quale avete scelto il vostro destino, sarà totalmente fuori dalle Mie mani.
Con questo messaggio, per quanto duro, dono al mondo l’ultimo avvertimento ad ognuno di voi per puro amore. Vi supplico infine di ascoltare la Mia voce ora in modo che possiate salvare le vostre anime.
Il Vostro amato Gesù Cristo, Salvatore dell’umanità e Giusto Giudice.(Gesù, Libro della Verità,11 Gennaio 2011 – 2011, l’Anno della Purificazione.)
Messaggi da meditare nei prossimi giorni (dal 27 aprile 2022)
- 6 settembre 2013 – La Madre della Salvezza: sarà dichiarata una nuova, amara guerra mondiale
- 4 marzo 2014 – Le guerre aumenteranno, finché verrà dichiarata la Grande Guerra
- 24 Agosto 2014 – La Madre della Salvezza: Pregate per la pace nel mondo
- 11 Gennaio 2011 – 2011, l’Anno della Purificazione.
http://messaggidivinamisericordia.blogspot.com/2022/04/messaggi-da-meditare-nei-prossimi.html
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Libro della Verità- Mini webcast parte 6- La Medaglia della Salvezza e il Sigillo del Dio Vivente, qua Libro della Verità- Mini webcast parte 1- L'Avvertimento e la Seconda Venuta di Gesù, qua
Libro della Verità- Mini webcast parte 3- Preparazione spirituale e fisica, qua
Tutti i video esplicativi si trovano qua
-✝✝ 🛐DIRETTA GRUPPO DELLA CROCIATA DI PREGHIERA. Mercoledì 25 maggio 2022 alle 21,30 trasmetteremo in diretta l’ orazione di un gruppo della Crociata di preghiera. * Invitiamo tutti a unirsi, qua
- ✝✝ 🛐🔴 ► Tre giorni di preghiera per l'Esercito Rimanente, Benedetto XVI e MDM, (Venerdì, Sabato e Domenica) , qua
- ♥♪♫ Maggio, Mese dedicato a Maria. Itensifichiamo la recita del Santo Rosario, Crociata di Preghiera (26) –, qua
♦ IN EVIDENZA, le informazioni da non perdere. GIORNATE DI PREGHIERA, •♥ Maggio ♥••.●*°•.¸ ☆ il mese di Maria S.S., qua
- ●☆● Nuovo blog per seguire questo gruppo e rimanere sempre uniti in preghiera, qua
-.♥´´¯`•.¸¸.☆Questo è un semplice gruppo della crociata di preghiera, che desidera aiutare Gesù con le nostre umili preghiere a salvare le anime.
“I Gruppi della Crociata di Preghiera salveranno miliardi di anime e voi dovete diffondervi e moltiplicarvi. Le Grazie di Dio si riversano su tutti i Suoi figli che partecipano a questi gruppi di preghiera. Essi saranno l’armatura che costituirà lo scudo dell’umanità contro la persecuzione pianificata dall’Anticristo”(Madre della Salvezza, Libro della Verità, 10 Marzo 2013, qua
- Crociate per argomento:Per la pace contro le guerre, qua
-☆•.¸❤ Siete tutti calorosamente invitati a seguire questo programma di preghiera ☆•.¸❤ qua e qua
- ✝✝ Abbiamo ricevuto nuove richieste di preghiera.INTENZIONI DI PREGHIERA. Rispondiamo pregando di cuore per esse!, qua
- Abbiamo aggiornato la nostra Rassegna Stampa, qua
▅ •♥• Tutti i nostri post si possono leggere ogni giorno su questi blogs:
►https://crociatadipreghiera.wordpress.com/ ►https://gesuaut.blogspot.com/
➥Newsletter: https://follow.it/ges-all-umanit-italia-gruppo-di-preghiera?action=followPub
➥Riassunto della Giornata: https://follow.it/raccolta-dei-nostri-post-pubblicati-sui-social-ges-all-umanit-it?action=followPub
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- ♥´´¯`• 🔵 ➽ Novità, adesso gli aggiornamenti di questo gruppo si possono ricevere su WhatsApp, qua
- Io ho dato un esempio digiunando 40 giorni. È solo attraverso il digiuno, figli miei, che mi aiuterete a scacciare il maligno (Gesù, Libro della Verità,16 Gennaio 2011 – Portare la Mia Croce), qua
- Ogni Venerdì offriamo il digiuno: Crociate per offrire il digiuno 34; 42; 58; 103, qua
- L’importanza del digiuno e dell’abnegazione (Gesù, Libro della Verità,16 Maggio 2011 – L’importanza del digiuno e dell’abnegazione) , qua
- VACCINAZIONE GLOBALE VI UCCIDERÀ SE LA ACCETTERETE - Libro della Verità (Messaggi per argomento), qua
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- ▆ ▇ ✏LISTA PER ESSERE PREPARATI, qua
- - ● ☆● ☆● Il potere della Preghiera. Nuovo Appuntamento Invocheremo lo Spirito Santo con la Crociata 51 e pregheremo con una Crociata scelta ogni giorno e la lettura del Messaggio del Libro della Verità che lo contiene. Trasmesso in diretta sulla nostra pagina di facebook. Questo appuntamento sarà tutti giorni alle 6,15, qua
- ❤¯`•.¸☆•"Sono i più importanti messaggi per l’umanità oggi. Sono stati dati per istruire l’umanità sul vero cammino che porta a Me ancora una volta" (Gesù, Libro della Verità, 6 Aprile 2011 – Non giudicate mai le altre religioni, i credi o le preferenze sessuali), qua
- ► ► Questo cambiamento sta per trascinare l’umanità in un’oscurità che la avvolgerà completamente e che offuscherà il suo amore per Me. Avvertimento al clero " (brano evidenziato ieri nel blog di lingua inglese) (Estratto dal Messaggio del Libro della Verità, 16 Novembre 2010 - Avvertimento al clero), qua
I video si trovano qua e qua
- ●●.·˙˙·.● Dio Padre: Colpirò ogni nazione a seconda dell’entità d’innocenti che ha assassinato, qua
- ✞ ✞ OGNI GIORNO VI DOVRESTE CHIEDERE: DIO AVREBBE APPROVATO LE MIE AZIONI DI OGGI?, qua
- Vergine Maria: Il mio Rosario può salvare le Nazioni, qua
-☼ ☀ La Mano di Dio si servirà del sole per avvisare il mondo, qua
- *► Lo scudo del Sacro Cuore di Gesù potente protezione, salvò Marsiglia dalla peste, qua
- ☆•.¸❤ “Questo è uno degli ultimi e il più grande Sigillo di Protezione inviato dal Cielo, di tutte le preghiere date all’umanità”. Dobbiamo custodirlo nella nostra casa, portarlo con noi, e recitare questa preghiera tutti i giorni, così noi e i nostri cari saremo protetti da tutti i mali fisici e spirituali, qua
- ➽✒ MONS. SCHNEIDER E DON MORSELLI E LA COMUNIONE ALLA MANO MA SOLO A DETERMINATE CONDIZIONI… ▆ ⌨ Abbiamo aggiornato la nostra Rassegna Stampa, qua
- 🔴 🔴 Nella nostra Rassegna Stampa abbiamo pubblicato l'audio di un sacerdote con consigli per sconfiggere il virus e l'epidemia, qua
- ☆•.¸❤ VI PREGO DI DIFFONDERE IL SIGILLO DEL DIO VIVENTE DAPPERTUTTO, qua
- ▆ ATTENZIONE utilizzate solo le immagini della Madre della Salvezza autorizzate, stanno circolando immagini alterate dal male. Le medaglie della Salvezza autorizzate e quindi vere, sono solo quelle che si acquistano sul sito christogifts, qua
-✿*✿ IMPORTANTE: è necessario pregare ogni giorno per questa Missione perché è sotto attacco forte del nemico. Vi invitiamo a non mancare all'apputamento di preghiera delle ore 20,30, qua e qua
- IMPORTANTE: La Madre della Salvezza: Chiedo a coloro che seguono questi Messaggi di pregare per questa Missione, qua - Sette angeli caduti attaccheranno questa Missione"Mia cara figlia, sette angeli caduti attaccheranno questa Missione e cercheranno di ingannare i figli di Dio perché non rimangano fedeli al suo Esercito Rimanente. Essi appariranno a coloro che ingannano dicendo di essere angeli della Luce, quando, in realtà, sono tutt’altro" (Madre della Salvezza,11 Aprile 2014, Gesù era come voi in ogni cosa, eccetto che nel peccato, perché questo sarebbe stato impossibile), qua
- •●●.·˙˙·. Cerchiamo persone che possano dedicare un’ora al giorno per diffondere il Libro della Verità inviando email ai sacerdoti, qua
- ≻✿≺ Lettera per i membri di Gesù all'umanità: Vi lasciamo meditando questo, ci facciamo tutti queste domande: con quanta serietà abbiamo assunto questo compito di essere soldati dell’esercito di Gesù? Cosa ci sta chiedendo Gesù in questo momento? ascoltiamo la Sua risposta nel nostro cuore, qua
- ▅ ▆ ► UMANESIMO - Libro della Verità (Messaggi per argomento). "Fate attenzione quando accettate l’umanesimo, poiché quando lo fate, voi troncate ogni legame con Me", Gesù, Libro della Verità, 27 Luglio 2013, qua
-- ❤¯`•.¸☆ UN PICCOLO SUGGERIMENTO: Per seguire il nostro gruppo ogni giorno senza perdere niente , raccomandiamo di leggere il post del giorno con le informazioni da non dimenticare qua, qua o qua e poi leggere tutti gli altri aggiornamenti su twitter qua
- (¯♥♥¯) ¯¯-:¦:-¯¯¯¯-:¦:-¯¯(¯♥♥¯) Cerchiamo 100 persone che recitino 3 Rosari ogni giorno per salvare l'Italia,qua Vorremmo sapere il numero effettivo delle persone che lo stanno realmente ancora facendo, perciò se vi siete inscritti in precedenza vi preghiamo di confermare la vostra adesione, in modo da capire quanti siamo al giorno d'oggi. Se ancora non vi siete decisi, vi invitiamo calorosamente ad iscrivervi, per il bene dell'Italia. Fino ad oggi 21 settembre 2019 hanno aderito, confermando le iscrizioni precedenti ed includendo nuovi iscritti, 40 persone.
- ┊☆┊★ “Figlia Mia amatissima, Il tempo si sta muovendo velocemente ora. Ho preparato tutti voi ormai da tempo. Voi, Miei seguaci, sapete cosa dovete fare. La vostra propria confessione è importante e dovete cercare di farla una volta ogni settimana d’ora in poi..” (Gesù, Libro della Verità, 17 Luglio 2012, qua )
- Gruppi della crociata di preghiera Cari fratelli queste parole sono rivolte proprio a noi, forza ci impegniamo a costituire i gruppi Gesù all’umanità, accogliamo questo appello urgente del nostro Signore Gesù, raddoppiamo gli sforzi che ognuno si metta in contatto con le persone della sua Diocesi: "MOLTO PRESTO UNA DIVISIONE SI VERIFICHERÀ IN EUROPA, OGNUNA DELLE QUALI È COLLEGATA ALL’UNIONE EUROPEA E AL PAESE IN CUI SI TROVA LA CATTEDRA DI PIETRO. CIÒ SI TRADURRÀ IN UNA GUERRA, CHE SARÀ DI TIPO DIVERSO DALLE ALTRE GUERRE. MA SARÀ VIOLENTA. LA GENTE SI LEVERÀ L’UNO CONTRO L’ALTRO IN GERMANIA, ITALIA E FRANCIA. DOVETE PREGARE CHE I MIEI SEGUACI RIMANGANO FORTI E GARANTISCANO CHE I GRUPPI DI PREGHIERA DI GESÙ PER L’UMANITÀ SIANO COSTITUITI RAPIDAMENTE IN QUESTI PAESI ( Gesù, Libro della Verità, 26 febbraio 2013)", qua e qua .
- ♥♫ Cerchiamo di formare il nostro gruppo della crociata di preghiera, anche solo di due persone FIDATE ( per ragioni di sicurezza le persone devono essere FIDATE), qua
- ▀ Linee Guida per i Gruppi della Crociata di Preghiera qua e qua
- ▀ ●̮̑ Importanza dei Gruppi della Crociata di preghiera e come crearne uno, qua
►►PER TUTTE LE INFORMAZIONI LEGGERE qua
GESÙ ALL’UMANITÀ, Gruppo di preghiera, Italia: http://messaggidivinamisericordia.blogspot.com https://messaggidivinamisericordia.wordpress.com/ https://messaggidivinamisericordia.tumblr.com/
Contatto Mail: [email protected]
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Programma di preghiera: https://programmadipreghierages.tumblr.com https://programmadipreghierages.wordpress.com/
Libro della Verità, messaggi per argomento: https://librodellaveritaargomenti.wordpress.com/ https://librodellaveritaargomenti.tumblr.com/
Video esplicativi: https://rebrand.ly/videoesplicativi
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Ma sarà troppo tardi. Non si può tornare indietro giunti a questo stadio. Avete fatto la vostra scelta in questa vita...
La realtà dell’Inferno.
Scegliete le menzogne sostenute dal Seduttore – la principale é che Dio, il Mio Eterno Padre, non esiste – e sarete condannati. Entrando le porte dell’Inferno prenderete coscienza del terribile errore che avete fatto. CredeteMi, figli Miei, se poteste solo essere testimoni dello shock e del sentimento di orrore di queste anime quando sarà rivelata loro la verità finale dopo la morte, non sareste in grado di resistere nemmeno un istante a questo tormento. Se foste testimoni anche solo da una fessura di questo luogo, in termini umani, cadreste morti di colpo per il terrore vedendo la sorte che si abbatte su coloro che hanno scelto la via del peccato.
Questa via che sembra così attraente, seducente, gloriosa e piena di miracoli cambia appena siete arrivati a metà strada. I cambiamenti che incontrerete giunti a metà percorso vi mostreranno che non siete soddisfatti. Questo strano sentimento di vuoto e di delusione si insedierà senza sosta per il resto del vostro viaggio. Non potrete capire perché vi sentite così. Le vostre esperienze, soddisfacenti esteriormente, sono piene di turbamenti inattesi, di sentimenti deludenti mescolati con la collera, la frustrazione, la solitudine e la paura. Solamente alla fine del vostro viaggio, quando incontrerete il vostro idolo e guarderete i suoi occhi malvagi che danzano con un benevolo divertimento, griderete finché la vostra voce diventerà rauca. Solo in quest’ultimo momento chiederete il Mio aiuto. Ma sarà troppo tardi. Non si può tornare indietro giunti a questo stadio. Avete fatto la vostra scelta in questa vita, e benché Io pianga lacrime amare di profondo dolore per ciascuna delle Mie anime perse, a quel punto non posso più salvarvi. Il vostro libero arbitrio, col quale avete scelto il vostro destino, sarà totalmente fuori dalle Mie mani.
Con questo messaggio, per quanto duro, dono al mondo l’ultimo avvertimento ad ognuno di voi per puro amore. Vi supplico infine di ascoltare la Mia voce ora in modo che possiate salvare le vostre anime.
Il Vostro amato Gesù Cristo, Salvatore dell’umanità e Giusto Giudice.(Gesù, Libro della Verità,11 Gennaio 2011 – 2011, l’Anno della Purificazione.)
Messaggi da meditare nei prossimi giorni (dal 27 aprile 2022)
- 6 settembre 2013 – La Madre della Salvezza: sarà dichiarata una nuova, amara guerra mondiale
- 4 marzo 2014 – Le guerre aumenteranno, finché verrà dichiarata la Grande Guerra
- 24 Agosto 2014 – La Madre della Salvezza: Pregate per la pace nel mondo
- 11 Gennaio 2011 – 2011, l’Anno della Purificazione.
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“I Gruppi della Crociata di Preghiera salveranno miliardi di anime e voi dovete diffondervi e moltiplicarvi. Le Grazie di Dio si riversano su tutti i Suoi figli che partecipano a questi gruppi di preghiera. Essi saranno l’armatura che costituirà lo scudo dell’umanità contro la persecuzione pianificata dall’Anticristo”(Madre della Salvezza, Libro della Verità, 10 Marzo 2013, qua
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via Blogger May 25, 2022 at 02:00AM
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L'EGITTO TIRA LA CORDA.....AL COLLO. Nove Persone, tra cui un uomo di 82 anni, sono state impiccate lunedi nel carcere di Wadi al-Natrun, a circa 150 km dal Cairo. Oggi le famiglie sono state avvisate dell'esecuzione ed invitate a ritirare i cadaveri entro 24 ore. Altrimenti saranno sepolti in una fossa comune. Erano stati condannati a morte, 4 anni fa, dal medesimo tribunale, insieme ad altri 11 di cui, per il momento si ignora la sorte. Ritenuti responsabili dei tumulti di Giza, culminati con l'assalto alla locale stazione di Polizia, devastata ed incendiata. In pieno Ramadan, il regime del dittatore fascista al-Sissi, nel silenzio di tutti i media, ha proceduto all'impiccagione, volutamente ignorando, anzi calpestando, la consuetudine che proibisce atti violenti durante il mese sacro islamico. Un atto di barbarie, vigliacco, che mette in luce, ancora una volta la criminale gestione del Potere da parte di questi sgherri famelici ed ignoranti, che Di Maio & Co. ritengono "nostri amici e fratelli". Gigetto, saranno fratelli ed amici tuoi, miei non di certo e non credo di molti altri. Le corde penzolano in Egitto, ma anche questo passa sotto silenzio. C'é il coprifuoco nella testa di tanti. Claudio Khaled Ser
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