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MORE THAN A TRICKSTER - ATTO XIX [ITA]
Autore: maximeshepard (BeatrixVakarian)
Genere: Mature
Pairing: Loki/Thor
Sommario: questo è il mio personale Ragnarok. Si parte e si finirà alla stessa maniera, alcune scene saranno uguali, altre modificate, altre inedite. Parto subito col precisare che qui troverete un Loki che non ha nulla a che fare con il “rogue/mage” in cui è stato trasformato in Ragnarok, e un Thor che si rifà a ciò che abbiamo visto fino a TDW.
Loki e Thor sono stati da sempre su due vie diverse, ma quando il Ragnarok incomberà inesorabile su Asgard, le cose cambieranno. Molte cose cambieranno.
Capitoli precedenti: Atto I - Atto II - Atto III - Atto IV - Atto V - Atto VI - Atto VII - Atto VIII - Atto IX - Atto X - Atto XI - Atto XII - Atto XIII - Atto XIV - Atto XV - Atto XVI - Atto XVII - Atto XVIII
@lasimo74allmyworld @piccolaromana @miharu87 @meblokison @mylittlesunshineblog
Nda: ragazze… (Siete tutte donne? A volte do per scontato determinate cose, scusate. Mo ho i dubbi!) Io non so neanche più come ringraziarvi, perché diventerei ripetitiva e molto simile ad un giapponese che si inchina a ripetizione nelle varie direzioni. Ma apprezzo tantissimo il vostro supporto, quindi, ancora una volta, GRAZIE DI CUORE. Davvero.
Penultimo mio giorno di ferie e… Penultimo capitolo. ^^’ Domani, se la musa mi sarà di ispirazione, metterò la parola fine a questa fanfiction, o, per lo meno al suo blocco principale. Credo posterò due capitoli bonus (me li stavo figurando in testa oggi, per bene), per far terminare questa storia in 20 capitoli tondi + 2 extra. Non so quando li scriverò, ma saranno brevi stralci e accadranno… COSE. (Vi lascio libera interpretazione LOL). Cose che saranno canon per il mio universo: mi sto portando avanti con dei progetti oneshot o comunque brevi. Facile che MTaT diventerà parte di una serie o di una raccolta. ^^
Quindi… Incrociate le dita per domani, che se riesco a mettere la parola fine a questa storia, stappo una bottiglia di spumante e festeggio alla mia. LOL
- ATTO XIX -
Per quanto Loki potesse evocare le sue daghe così come Hela evocava le sue armi, scelse di affrontarla con Gungnir e con la magia. Sarebbe stato folle andare di corto raggio contro di lei, sebbene Loki avesse affinato quella tecnica. Forse contro altri avversari non sarebbe risultato problematico, ma contro la Dea della Morte, capace di congiurare decine di armi con un solo cenno della mano, trovare il momento giusto per far breccia nelle sue difese, era cosa tutt’altro che facile.
Hela, passo dopo passo, stava accorciando le distanze: le sue movenze erano quelle di una leonessa in attesa di calare i suoi artigli la preda. Fiera e spietata.
Loki levò la mano sinistra verso l’alto e il Casket apparve nella sua fredda luminescenza e prese a galleggiare sopra la sua figura. Disegnò una linea rapida nell’aria e un muro di ghiaccio andò a dividere l’arena a metà, lasciando Thor nell’altra parte – il quale si concesse il lusso di serrare i denti, in quell’unico attimo di distrazione.
Loki l’avrebbe protetto con tutto ciò che poteva. Quello scontro, viste anche le dimensioni ridotte dell’arena, sarebbe durato poco e, quindi, Thor non poteva distrarsi.
“Sei serio? Un Gigante di Ghiaccio che difende Asgard? Mi sono persa qualche relazione extraconiugale di Nostro Padre?” chiese Hela, sbeffeggiandolo e mettendosi le mani sui fianchi. Loki chiuse gli occhi per qualche istante – un sorriso sardonico gli attraversò il volto – per poi battere energicamente la base della lancia sul pavimento distrutto.
Un boato. Il boato del richiamo del Re di Asgard.
Il monito.
“Devo ammetterlo, Hela” esordì lui “Molti rimarrebbero ammaliati dal tuo stile di combattimento. Sei forte, sei precisa. Hai un’ottima mira” proseguì Loki, enumerando le doti della sorella con accenno di charme nella sua voce “Le tue difese sono praticamente impenetrabili e provi gusto a combattere”.
Una lama nera fendette l’aria, ma si infranse contro la barriera di ghiaccio sviluppatasi dalla reliquia che, immediatamente, andò a proteggerlo, esplodendo in una miriade di schegge.
Loki sorrise nuovamente.
“Appunto” rispose, sogghignando “Ma quello che ti manca è, come dire… La creatività”.
Flesse il polso e diversi cloni della sua immagine e della reliquia si materializzarono tutti attorno a lei.
Hela sorrise sprezzante, per poi scuotere la testa.
“E questa sarebbe ciò che chiami creatività?” domandò, evocando cinque spade e disponendole a raggiera, come già in passato aveva fatto. Sibilarono sinistre, infrangendosi quattro nelle pareti della sala ed una nella barriera di ghiaccio, proprio innanzi a Thor – ove Loki gli dava le spalle fino a poco prima.
La Dea della Morte inarcò un sopracciglio per la sorpresa, mentre sentì il gelido respiro di Loki sul suo collo e un ringhio terribilmente basso e animalesco.
“No, ma è quanto basta ad intrattenerti e darmi soddisfazione” sussurrò, per poi colpire Hela al volto con la lancia di Odino, nell’esatto momento nel quale la donna si era voltata, per rimettersi in guardia ed attaccare. Hela indietreggiò portandosi le dita sulla ferita che si era sviluppata sul suo zigomo: i suoi occhi tradivano incredulità, ma soprattutto furia.
Tutte le figure attorno a lei ghignarono a quella vista.
“Vuoi Asgard, Sorella? Vieni a prenderla!”
* Loki si trovò ben presto a fare i conti con il dispendio di energie. Aveva portato a segno pochi colpi e di entità moderata – il suo scopo era quello di distrarre Hela da Thor e pareva avesse funzionato.
Aveva capito, altresì, cosa intendesse Hela con il fatto che non potessero batterla su Asgard: era capace di rigenerarsi e, tutto intorno a sé, sentiva la magia di Asgard fluire e lottare contro di loro. Persino i nodi erano instabili e i fili arancioni tremavano sommessamente alla furia della Dea.
E’ come se Asgard cantasse tutto intorno a loro. Per lei. Come se fosse sotto un incantesimo di una Succube. E la cosa lo faceva rabbrividire.
Avrebbe potuto usare il Tesseract. Lo sentiva pulsare nella dimensione parallela, lo sentiva scalpitare. Lo sentiva invocare il suo nome, mentre evocava il ghiaccio di quella reliquia definita da Hela come debole e più volte schernita. Il campo di battaglia era diventato una rovina come le tante su Jotunheim, solo di colore diverso, ma ricoperta dai riflessi acciaio del ghiaccio perenne.
Ma non poteva usarlo. Asgard era sotto la minaccia di Hela, non poteva attirare anche Thanos qui. Finché se ne restava al sicuro e silente nella sala dei trofei era un conto, ma rilasciare il suo picco di energia ora, avrebbe provocato più danni che benefici. Lo avrebbe utilizzato unicamente se non vi fosse stata altra possibilità.
Nell’ennesimo scontro, quando oppose Gungnir alle spade gemelle che Hela aveva congiurato, si trovò spalle al colonnato. Cercò di respingere quel treno carico di risentimento ed immortalità, ma Hela lo sbalzò indietro e la sua schiena impattò violentemente la colonna.
Lasciò cadere la lancia, congiurando la daga, la quale arrivò ad un soffio dalla gola della Dea, prima di sentire la spalla lacerarsi.
*
Quando Thor sentì il fratello urlare di dolore e la sua immagine, appena visibile, inchiodata ad una delle poche colonne sopravvissute ai combattimenti di quella giornata, con una delle spade di Hela conficcata nella spalla già precedentemente ferita, decise che era giunto il momento di bandire, una volta per tutte, quel mostro da Asgard.
Loki oppose, con la mano libera, il potere del Casket, riuscendo ad allontanare Hela di qualche metro prima che lei si esibisse in una mossa fatale, ma lei aumentò la generazione delle armi e, letteralmente, si fece strada nel cono di ghiaccio e bufera che Loki, in preda al dolore, tentava di governare al meglio delle sue possibilità.
“NON OSARE!”
Un boato terrificante si udì quando Thor, in un globo unico di fulmini, distrusse la barriera di ghiaccio con una spallata e accorciò le distanze, con una velocità impressionante: atterrò Hela, faccia a terra, scambiando uno sguardo con il fratello.
Loki rimase impietrito da ciò che vide. Mentre Thor con la mano e il ginocchio posto sopra la sua schiena, teneva Hela a inchiodata al pavimento, il cielo divenne immediatamente cupo. Il blu si mescolò al grigio, macchiandosi di nero e di viola. Un fragore immenso fece tremare Asgard e le saette graffiarono l’oscurità.
Entrambi le orbite di Thor risplendevano di una luce sinistra che gli smorzò finanche il lamento strozzato che aveva in gola, per il dolore della lama conficcata nelle carni e il potere tremendo di Hela.
Thor sembrava un mostro. Non un mostro come Hulk, ma un mostro nel pieno delle sue facoltà.
Un mostro come Hela.
Il sangue Asgardiano.
Quando Hela si mosse e riuscì a togliersi Thor di dosso, Loki parve riprendersi dallo shock: afferrò con forza la lama nera e la estrasse, cadendo al suolo e stringendo i denti per l’estremo dolore che provava. Era chiaro che il potere di Hela su di lui avesse effetti molto diversi, rispetto a suo fratello.
Nel mentre prendeva fiato, vide chiaramente il tornado materializzarsi dal cielo e il suo viso fu immediatamente sferzato da una pioggia battente e dal vento che ululava almeno quanto Thor stesse gridando in quel momento.
Ed ad un tratto, quando la spirale toccò terra, non vide più né lui, né Hela. Solo il fusto del tornado innanzi a sé e dovette ripararsi in un luogo sicuro per non rischiare di venire travolto e trascinato con loro.
Si mosse verso l’uscita del palazzo, seguendo il vortice dalle crepe di una parte di soffitto che ancora, per mistero più che per magia, pareva reggere e rifiutarsi di crollare: sopra di lui la luce abbagliante dei fulmini di Thor veniva macchiata dalle infide spire nere degli attacchi di Hela.
Dovette aumentare il passo, finché non si trovò a correre giù per le scalinate del palazzo. Thor, con quella tempesta, aveva creato una sorta di gabbia: non sapeva se Hela sapesse volare, ma le sue doti atletiche erano degne di nota. Difficilmente avrebbe rallentato i movimenti di Thor usando il ghiaccio, avvolto com’era da quell’energia spaventosa. Tanto valeva provare ad unire le forze.
Strinse la reliquia di Jotunheim in entrambe le mani, puntando il raggio direttamente sulla base del tornado che ormai aveva distrutto tutto il costolone laterale del palazzo e si stava dirigendo verso la via che conduceva al Bifrost.
La temperatura precipitò notevolmente, tutta l’area del piazzale e del palazzo reale si ghiacciò istantaneamente. La pioggia diventò grandine dapprima e poi lunghi aghi di ghiaccio e la tempesta si trasformò in una tormenta di proporzioni davvero preoccupanti.
Infatti, quando lo stridio del Casket cessò di sovrapporsi alla tempesta, Loki sentì chiamare il suo nome.
Era Heimdall - i suoi occhi arancioni che brillavano come fiamme nella notte.
***
Lo sconforto che prima dell’arrivo di Loki, aveva invaso l’animo di Thor, era come se fosse sparito. O meglio, la frenesia di quella scelta, tutto quel potere scatenato in un unico istante, aveva inebriato i suoi sensi al punto tale che tutta la fatica provata fino ad un istante prima, sembrava essere sparita nel nulla.
Non si era reso conto che i suoi poteri, dallo scontro contro Hulk e dall’avventura avuta fuori Asgard – da quando Hela aveva distrutto Mjolnir – fossero diventati tali. Era come se avesse intravisto la strada nella fitta nebbia e l’urlo di dolore di Loki avesse acceso i fari di quell’auto che, inesorabile, viaggiava nel nulla, senza una meta precisa, rischiando di finire in un campo.
Thor si era fuso con il suo elemento. Non solo con il fulmine e il tuono, ma con l’aria. Con la tempesta. E quando arrivò l’aiuto del fratello, il fulmine brillò più intensamente, schermandolo da quella forza pungente e schiacciando Hela tra le due furie.
Incassò diversi colpi, ma ne portò a segno altrettanti. La combinazione del fulmine e del ghiaccio, segnava impietosamente il corpo di Hela, versando sangue che, immediatamente, si cristallizzava e scompariva, ridotto in fumo o in polvere.
Si spostò con la tempesta verso il Bifrost, mosso dall’istinto e intravide il Ponte Arcobaleno brillare attraverso le fenditure del vortice. Fu nell’istante che Thor si oppose ad un attacco di Hela, catturandole un braccio in una chiave articolare, che la sorella capì il suo intento.
“Oh, non credere di riuscirci, Figlio di Odino!” ruggì lei, ribaltando velocemente la situazione e portandosi alle spalle di Thor e invertendo la chiave articolare attorno al suo collo.
L’odore del sangue di Hela era nauseabondo. Sapeva di morte e putrefazione, con note dolciastre, tipiche di quando si lascia una carogna a marcire in un luogo umido per il tempo necessario a coltivare terreno fertile per i naturali processi.
La sentiva ansimare, quasi grugnire, nel suo orecchio, mentre le sue braccia gli schiacciavano nuovamente la gola, senza pietà. Questa volta non si mise a congiurare lame e a colpirlo: Thor avvertì che la sua supposizione era corretta e che il piano di scacciare Hela nel Void potesse rappresentare realmente un problema, per lei.
Difficile pensarla diversamente. E con il Bifrost sigillato, o distrutto – a costo di tagliare nuovamente Asgard fuori dagli altri Realm – le sarebbe risultato difficile riottenere tutto quel potere e fronteggiare entrambi in un campo di battaglia diverso.
Restava comunque il fatto che, per quanto Hela stesse patendo il potere di entrambi sulla propria pelle, per quanto Thor potesse avvertire la sua paura, la sua forza rimaneva tale e l’aria nei suoi polmoni cominciò nuovamente a diminuire inesorabilmente. La sua gola doleva, le sue mani erano andate nuovamente a contrastare con il potere del lampo e della sua forza fisica, quella stretta.
Quando la sua vista cominciò a vacillare, Thor pensò unicamente a due cose: mantenere la tempesta, in modo tale da creare problemi alla sorella e movimento e… Raccogliere le ultime forze e trascinare Hela nel Void con sé stesso.
Un sacrificio. Un solo uomo per salvare il suo mondo e la sua gente, già trucidata. I pochi amici rimasti al suo fianco. Il resto dell’Universo.
Suo fratello.
Loki, che, con sguardo sbarrato, osservava il cono del tornado avvicinarsi pericolosamente al Bifrost, correndo come un forsennato verso quel dannato ponte, con Heimdall appresso.
Se avesse potuto vedere quegli occhi rossi sgranati, pieni di terrore, forse ci avrebbe ripensato. Forse si sarebbe tirato indietro, per non causargli dolore. Un moto di egoismo, accettando finalmente la realtà delle cose: ovvero che Loki lo amasse con tutto sé stesso.
*
E quando una lacrima scese ed evaporò all’istante, quando sorrise accettando il suo destino, innanzi a sé si ritrovò il cielo azzurro della Norvegia, le sue ginocchia appoggiate sull’erba tenera, appena germogliata.
E la sagoma dell’Allfather, nelle sue vesti Midgardiane, goffe e così inadatte alla figura di Odino, che, circondato dall’aura dorata, lo osservava seduto su quel masso, con un’aria bonaria che mai aveva visto dipinta sul suo.
Thor, in ginocchio, chinò la testa. Chiese come potesse fermare ciò che era stato bandito e contenuto con un potente incantesimo che solo Allfather, l’Allmother e tutti i Saggi, ormai defunti, avevano potuto ideare.
Odino sorrise e Thor cercò di capire se quella fosse una delle sue visioni, dei suoi sogni, oppure il delirio di una mente morente.
“Scatena il Ragnarok”.
Se Thor non avesse conosciuto un minimo suo Padre, avrebbe attribuito quelle parole ad un delirio di un vecchio, la cui mente ormai si era perduta nell’impietoso avanzare del tempo.
“Puoi gettare Hela nel Void, allontanarla da Asgard, ma rimanderesti solo il problema”.
Thor portò le mani alla bocca, per poi stropicciarsi la barba e le guance. Una richiesta assurda, ma a quelle parole, molte cose acquisivano senso. I suoi incubi acquisivano un senso. Il fatto che non fossero cessati, nonostante avesse ucciso Surtur e messo al sicuro la reliquia.
“Dovrei distruggere Asgard? Come potrei, Padre?!”
Il cuore di Thor martellava nel petto, la sua espressione era tesa all’inverosimile e le sopracciglia aggrottate dall’incredulità. Distruggere Asgard, un intero Realm. Il suo Realm. Il suo pianeta, il suo mondo. Scatenare il Ragnarok, lasciare che Surtur si cibasse del piacere di scomporre pezzo dopo pezzo la sua civiltà millenaria.
Odino portò il suo sguardo verso il tiepido e timido sole primaverile per qualche istante, per poi rivolgersi di nuovo al figlio.
“Asgard non è un luogo. E’ un popolo” rispose con una semplicità ed una saggezza pratica che, in quel momento Thor non riuscì a concepire, a condividere. Anzi, una sensazione, un istinto, lottava contro quelle parole al centro del suo petto, lottava contro sé stesso che si alzava e salutava con un cenno del capo suo Padre.
Non lo ringraziò a parole, anche se quel cenno trasudava una sorta di gratitudine. Forse immeritata.
***
Ciò che seguì alla visione di Thor, fu un enorme lampo azzurro abbagliante, che azzerò la tempesta di colpo e schiantò Hela sul Bifrost, non molto lontana da Brunhilde.
Fu il silenzio, interrotto unicamente dalle sferzate di aria gelida del residuo potere della reliquia di Jotunheim. Thor atterrò a fianco di Loki, impattando la roccia all’imbocco del Ponte Arcobaleno, creando un cratere sotto ai suoi piedi.
***
Thor spese poche, semplici parole quando Loki chiese spiegazioni. E Loki si ammutolì di colpo, stringendo Gungnir tra le dita in maniera compulsiva, ma celando la confusione che esplodeva dentro di lui.
“E’ una mossa coraggiosa, fratello. Perfino per uno come me…” esordì, appena riuscì a deglutire il nodo che gli si era formato in fondo alla gola. Thor lo guardò con un’ombra in viso, serrando le labbra e annuendo impercettibilmente, come per sottolineare l’inevitabile.
Loki, allora, gli porse la lancia con estrema naturalezza, ma Thor si ritrasse.
“Lo farò io”.
A Loki cascò quasi la mandibola.
“Non dire fesserie, Thor” replicò con una nota d’astio nella voce, che non riuscì a nascondere, ma il fratello manteneva il suo sguardo sulla sagoma di Hela che, non con poca fatica, stava cercando di rialzarsi.
“THOR!” urlò Loki e Thor fu costretto a voltarsi verso di lui. Loki era tornato da qualche minuto al suo aspetto Asgardiano, e i suoi capelli erano sconvolti quanto la sua espressione in volto.
“E’ compito mio, Loki”.
Loki gli menò un colpo diretto alla spalla, scomponendo quella posa granitica e causando una smorfia di dolore sul viso del fratello.
“E saresti disposto a vivere con questa cosa per tutto il resto della vita?! Tu, l’eroe dorato che Asgard tanto ama, fautore della sua distruzione?” gli sputò quelle parole velenose direttamente in faccia.
“Non è così semplice, Thor! Per quanto sia inevitabile, è un peso che nessuno vorrebbe portare sulle proprie spalle!”
“E perché vorresti portarlo tu?” fu la domanda calma e ponderata di Thor, alla quale Loki ansimò per qualche istante e rispose con una smorfia ironica e una risata amara.
“Perché tu devi avere il consenso del popolo, Thor. Io no”.
Thor scosse la testa in senso di diniego, portando nuovamente lo sguardo su Hela e sulla Valchiria, che, con la lama azzurra sguainata le si era avvicinata, guardinga. Anche in lontananza, poteva vedere il suo volto teso e il turbinio di emozioni cui era preda. Loki gli si parò allora di fronte – inaccettabile che rifiutasse la soluzione più logica e conveniente.
“Non sei un capro espiatorio, Loki”.
“Non puoi decidere sempre tutto tu, dannazione!”
E Thor capì che quella frase era pura circostanza, capì che Loki voleva proteggerlo da ciò che l’avrebbe distrutto. Lo capì dal suo sguardo disperato e dalle spalle di lui che tremavano, dalla forza con cui le sue mani stringevano l’armatura.
Hela si rimise in piedi e venne immediatamente circondata da Brunhilde, Hulk, Sif ed Heimdall, che nel frattempo si era sfilato dai due.
Portò la mano destra alla base del collo, appoggiando la sua fronte a quella del fratello e socchiuse l’occhio, espirando profondamente. Loki socchiuse gli occhi a sua volta, le lacrime che gli rigavano il volto.
In un impulso istintivo, fece per stabilire una connessione con la sua mente. Per un istante, Thor vide un qualcosa e così fece Loki. Non seppe neanche il motivo di quel gesto, perché stabilire una connessione mentale in quel momento delicato, ma non ebbe tempo di trovare una risposta perché un fulmine – seppur di media intensità – si propagò lungo il suo corpo, scagliandolo in là di qualche metro.
Quando si alzò da terra, riprendendosi dallo shock di quel gesto, vide Thor sorridere flebilmente e librarsi in aria, in un turbinio di fulmini e sparire verso ciò che restava del palazzo reale.
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VIRUS
è difficile raccontare cosa provi quando hai rischiato di prenderti l’HIV. Quando per due mesi hai vissuto col papabile e ragionevole rischio di rovinarti la vita per sempre. Di non poter diventare nonna. Di morire prima di aver sperato di avere il tempo per realizzare tutti i tuoi desideri, dal picciolo picciolo sino ai sogni. è difficile perché c’è tantissimo, che avresti da dire - ti scorre un fiume, e non sai da dove cominciare. e non sai da dove cominciarlo. dovresti mettere su un foglio ordinate tutte le emozioni, i sentimenti per primi, e poi i pensieri, i ragionamenti. Cosa che causa cosa, crepe al cuore dovute a - puntinipuntinipuntini. i perché che sono peggiori perché ti costringono a guardare nel pozzo di Pandora che sei, che siamo, che è ognuno. e andarci calarsi anche solo ai primi livelli di mattonelle è un’affare che occupa tempo stazio energie fatica e fatica e fatica e fatica Dio mio Mio Signore quanta fatica sto facendo adesso, da tre mesi a questa parte. Io e Dio ci siamo stretti parecchio, non hai che Lui che possa capire il turbine che nasce cresce e ti muore dentro, per non morire mai.
Questa pare una delle cose che ti si radica nell’essere. non riesco a capire se sono cambiata in definitiva o se è tutto temporaneo, se tonrerò a fidarmi delle persone sbagliate come solevo fare a forza di voler vedere gli uniconri per forza, anche quando la pancia mi diceva che erano vermi. mi fido della mia pancia in maniera cieca, questo assolutamente.
però non si riduce solo a questo. cazzo è un bordello, non sai da dove cominciare per dire che cosa sentire -
rabbia rabbia rabbia rabbia rabbia rabbia cazzo brutto stronzo pezzo di merda ti scuoio vivo bastardo infame rabbiarabbiarabbiarabbiarabbia bastardo rabbia rabbia rabbia falso bugiardo bastardo rabbia rabbia rabbia ti apro il culo ti taglio il cazzo rabbia rabbia rabbia.
...
blocco non toccarmi blocco non sfiorarmi non abbracciarmi non baciarmi non accarezzarmi non guardarmi paura blocco blocco blocco non toccarmi LASCIAMI IN PACE LASCIAMI STARE FAMMI DORMIRE VOGLIO RIPOSARE LASCIAMO STARE LASCIAMO STARE LASCIAMI STARE VOGLIO STARE DA SOLA VAI VIA VAI VIA VAI VIA
RESTA
MA VAI VIA
resta.
Mi faccio schifo perché sono una merda rabbiosa che morde tutto che distrugge tutto che ti faccio male se ti avvicini che non ho di che sorriderti ma che cazzo voi da me che tu della vita non hai visto niente non hai visto l’uomo che amavi mentirti in faccia guardandoti negli occhi non hai visto lui che
che
che
che ti diceva sì. ho fatto sesso protetto.
e te lo diceva tutte le volte. e tu potevi stare tranquilla. tranquilla che la clamidia non te l’ha tolta nessuno. e tutte le altre cose - è troppo presto per sapere. l’HIV ha un periodo d’incubazione di due mesi. è troppo presto. Lei lo avverta gli dica di farsi il test gli dica di dirlo a tutte le ragazze con cui è stato, glilelo dica.
te l’ho detto. e tu ‘grazie per le informazioni’.
Vuoto. non sento più niente dentro di me. non provo più niente. mi paio insenziente. non rido più come prima non ho energie per saltare perché non ne ho viglia, non ne ho voglia cazzo voglio stare seduta qui e se mi viene da piangere bene anche se non ne ho per niente voglia. Sento vuoto. non sento il mio sterno sento il suo peso. non sento niente. non sento più niente.
sono un’altra, perché prima non facevo così. prima ero tutta una vita nel sangue, tutta un circolo di ballo. avevo così la voglia di ballare
adesso non ho più voglia di ballare
son stanca
Sono malata?
Quanto durerà?
Voglio che smetta
Ma forse un po’ sto bene così
Finalmente con la merda sono riuscita a smettere
finalmente con la merda ho smesso
sì ma a che prezzo
ancora non riesco a dirlo alla mia mamma
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