Tumgik
#è proprio divertente
omarfor-orchestra · 9 months
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Però raga sono brutte però è divertente guardarle dai
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machiavellli · 22 days
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I’ll go into a social media exile for a bit, so idk when I’ll be back, but just picture me like this while I’m gone: working <3
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#I hope to pass my exams and to have answers regarding my project when I’ll back#bye moots. I really like interacting with all of you :)) 💗#I’m leaving here Machia to look after my blog. bro better do a good job>:(#I’ve deleted the last stands of social from my phone and I’m currently blogging from my tablet(but soon it will be gone on here too).#bye Pinterest. bye YouTube#and bye tumblr for now(?)#even if I have already reduced both my online engagement and internet footprint in the past three years I always found myself attached to#the few socials that I have and until I’m not in full control I don’t want to have anything to do with any of them.#if anyone wants to ever chat I’m still on discord tho!#💗💗#ultimamente poi ho scoperto che esistono anche persone qui che condividono i miei interessi per la letteratura e l’antichità#ed è stata proprio una bella sorpresa perché non pensavo esistessero spazi online per condividere in modo divertente queste passioni#anche se da tempo cercavo un luogo del genere. dove poter semplicemente scherzare sugli uomini e donne vecchi come il mondo ai quali tengo#manco fossero mia sorella#I’m making such a scene (again)#there must be a reason as for why my friend call me drama queen constantly;)#ngl im honestly kinda excited to be totally out of touch with pop culture. idk#I just have this postive idea about it#( I have schedule a post for the 21st of September if I’m not back in time to post it lol)#byeee 🫶🫶🫶#my blog stuff
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janniksnr · 6 days
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devo smettere di lasciare che lo sport influenzi totalmente il mio umore in questo modo non è possibile non c'è un (1) fine settimana in cui sono contenta se non è il calcio è la formula 1 se non è la formula 1 è il tennis basta basta basta
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mchiti · 9 months
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Mi sono appena resa conto che il motivo per cui trovo John Stones bello (fellow interistə look away please <3) è perché non sembra inglese ma ha invece dei lineamenti molto est europei e secondo me nello specifico sembra russo, soprattutto se guardi delle foto di quando era più giovane e aveva i capelli corti
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Ora ssh everyone look away, ma tu lo sai che anche io trovo john stones un uomo molto bello? the slander sometimes......comunque hai ragioneeee what is this eastern realness
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oddio è vero!! Ivan Kamenev ghhgghgh ...oddio un principe Myškin so real... potrebbe cambiare squadra così stanniamo in pace? ivan ti piacerebbe venire qui a P0 appena possibile con stipendio dimezzato? SPASIBA
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angelap3 · 17 days
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La storia della Musica!!!!
Tre giorni di pace e musica. Tre giorni che hanno fatto la storia. Si celebra oggi il 51esimo anniversario del più grande evento di libertà, umanità e lotta pacifica: il Festival di Woodstock. Più che un concerto un pellegrinaggio, una fiera di arte e musica, una comunità, un modo di vivere che ha cambiato per sempre il concetto di libertà. Sul palco, a Bethel (una piccola città rurale nello stato di New York) si sono alternati per tre giornate alcuni tra i più grandi musicisti della storia. Musicisti che provenivano da influenze, scuole musicali e storie differenti ma che avevano in comune ciò che più contava in quei favolosi anni ’60: la controcultura.
Si passava dal rock psichedelico di Jimi Hendrix (che, pur di essere l’ultimo a esibirsi, salì sul palco alle 9 di lunedì mattina per un concerto di due ore, culminato nella provocatoria versione distorta dell’inno nazionale statunitense) e dei Grateful Dead ai suoni latini dei Santana (che regalarono un memorabile set, impreziosito dallo storico assolo di batteria del più giovane musicista in scena: Michael Shrieve) passando per il rock britannico di Joe Cocker (che regalò in scaletta le splendide cover di Just Like a Woman di Dylan e With a Little Help from my Friends dei Beatles) e degli Who all’apice della loro carriera (celebre l’invasione di palco dell’attivista Habbie Hoffman, durante il loro concerto, quasi quanto il lungo assolo di Pete Townshend durante My Generation, con lancio di chitarra finale).
C’era poi il folk, con una splendida Joan Baez su tutti, che suonò nonostante fosse al sesto mese di gravidanza, genere tipicamente statunitense che si alternava a suoni più esotici e orientali, come il sitar di Ravi Shankar. Impossibile dimenticare infine l’intensa performance della regina del soul Janis Joplin, la doppia esibizione (acustica ed elettrica) di Crosby, Stills, Nash e del “fantasma” di Neil Young, che rifiutò di farsi riprendere dalle telecamere e il divertente show dei Creedence Clearwater Revival.
1969, il ‘Moon day’ in musica..
Concerti che rimarranno nella memoria di chiunque ami la musica come simbolo di cambiamento, pace e libertà. D’impatto i presenti come pesanti furono le assenze di John Lennon, che si rifiutò di esibirsi per il mancato invito di Yoko Ono, Bob Dylan, padrone di casa (lui che all’epoca viveva proprio a Woodstock) assente per la malattia del figlio, i Rolling Stones, ancora scossi per la morte di Brian Jones e i Doors, alle prese con una serie infinita di problemi legali.
Il vero protagonista dell’evento fu però il pubblico, la “vera star” secondo l’organizzatore Michael Lang, eterogeneo quasi quanto i generi musicali. Da tutta America arrivarono studenti liceali e universitari, hippie, veterani del Vietnam, filosofi, operai e impiegati. Nessuna differenziazione di razza, etnia o colore della pelle: tutti uniti dalla voglia di stare insieme in libertà con il fango a livellare ogni diversità e i capelli lunghi come simbolo di ribellione. Un sogno che oggi sembra lontano anni luce, nelle ideologie come nell'organizzazione.
Da quel 1969 si è provato a più riprese a riproporre Woodstock, con scarsi risultati culminati nell'annullamento del concerto in programma per questo cinquantesimo anniversario, organizzato proprio da Lang e non andato in porto tra una defezione e l’altra, forse perché indigesto ai grandi organizzatori di eventi musicali mondiali. Forse, a conti fatti, meglio così: quell'atmosfera irripetibile era frutto di una spontaneità organizzativa di altri tempi, una magia fuori da ogni schema il cui risultato sensazionale, iconico e significativo fu chiaro solo anni dopo anche agli stessi partecipanti.
Vanni Paleari
PhWoodstock, 1969
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arreton · 5 months
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La patente è arrivata in un momento in cui io consideravo morta e sepolta la possibilità di prendere una macchina, di guidare: sebbene avessi sognato più volte di guidare (ovviamente male, perché per me sono sempre esistiti solo freno e acceleratore e nello specifico solo acceleratore e forza frenante del motore, maldetta frizione!) non mi interessava più, anzi mi dicevo che sarebbe stato bello riuscire a spostarsi coi mezzi pubblici, treni autobus, camminare a piedi. Vivevo in un paese campano che rimarrà forse il mio unico rimpianto del sud italia perché era ben strutturato: a piedi raggiungevo e facevo tutto, avevo il centro storico, il centro commerciale, farmacie a volontà, dottoressa vicino casa, un sacco di supermercati, un partito comunista, manifestazioni in piazza: tutto raggiungibile a piedi. Rimpianto perché in quanto sud non puoi campare e la gente è molesta per natura e dunque sono dovuta scappare anche da lì. Della patente, insomma, a me non me ne fregava niente, non ci pensavo affatto. Mentalmente ero ancora abbastanza inguaiata, andava meglio ma non andava bene: ero tesa come una corda di violino, il mio corpo era un fascio di nervi e questo si ripercuoteva sulla guida: l'istruttrice fece una grandissima fatica, sudava appresso a me che ero grondante di sudore terrorizzato. Iniziare a guidare è stato un trauma: ero terrorizzata dal fatto che quell'abitacolo, quell'aggeggio enorme non solo era "comandato" da me, ma mi toglieva letteralmente il terreno sotto i piedi (a questo proposito aggiungo che io ho avuto problemi anche col tapis roulant perché appunto c'era questa passerella che si muoveva in maniera "autonoma" ed io avevo paura di non riuscire a controllarla. Cosa c'entra con la guida di un auto? Beh, è la stessa identica cosa dato che ho paura di perdere il controllo). Poi io ho bisogno di capire quello che sto facendo, devo farmi uno schema in testa, non riesco a buttarmi e capire dopo, io devo sapere prima. Beh, io non riuscivo a capire cosa stavo facendo e dunque non riuscivo a rilassarmi. Comunque, alla fine sono riuscita a prendere questa benedetta patente. L'ho presa per grazia divina perché appunto l'esame fu terribile ed infatti io non ero nemmeno felice di quella patente perché non era "meritata", cioè io non riuscivo ancora a guidare, ero insicurissima ed immaginavo violentemente ancora un incidente ad ogni minimo incrocio (non riuscivo nemmeno a stare dritta nella mia carreggiata). Infatti presa la patente non ho più guidato.
La macchina invece è arrivata in un momento in cui non doveva arrivare e cioè circa un mese fa: senza lavoro, a soldi prestati (come d'altronde anche la patente), lontana da tutti, in un posto che nemmeno conosco perché chi cazzo c'è mai stata in provincia di bergamo. Sapevo che mi sarei dovuta prendere una macchina prima o poi, perché qua è tutto scomodo come in sicilia, ma avevo progettato di acquistarla in un altro momento. Reiniziare a guidare è stato semplice e soprattutto divertente: è cambiata la testa, le medicine sono servite a qualcosa. Ho fatto qualche guida assieme ad una istruttrice della zona e mi sono divertita un sacco, la sua guida è stata preziosa e lei una persona veramente gentile (oltre che strana, come tutte le persone della zona: io a tutta questa educazione non ci sono abituata e soprattutto non sono abituata a chi dice "Un quarto alle 9") ed esaltata, ovviamente pure lei di discendenza siciliana ma ormai lo so che la sicilia me la ritroverò ovunque: d'altronde i pomodori che ho comprato venivano proprio dalla città dove sono nata. Io adesso comunque guido: la macchina mi odia perché la faccio singhiozzare sempre e perché non cambio adeguatamente le marce, per non parlare di tutte le volte che la faccio spegnere o che resto appesa in una salita perché non so bilanciare bene frizione e acceleratore; la frizione mi deride perché sa che ho un odio e una repulsione spontanei nei suoi confronti; la gente quando mi guida dietro si mette a ridere quando proprio non mi bestemmia ma qua nessuno mi ha mai suonato, al massimo mi sorpassano. A volte penso che guidare è una gran bella cosa, che spero di avere i soldi prima o poi per farmi un bel pieno, pagarmi i pedaggi e andare che ne so a milano o robe simili. Penso che dovrei approfittarne del fatto di potermi spostare tranquillamente, per poter andare in posti dove ho sempre voluto andare, mi dico: wow, ma qua ho tutto così vicino! Persino voi tumbleri siete così vicini, se ci penso! A tutta questa libertà di movimento è difficile abituarsi, per una che ha sempre vissuto entro i confini di un'isola e della miseria. Certo, se arrivasse un lavoro sarebbe pure cosa gradita (mi correggo: se arrivasse un'entrata mensile, che poi si debba passare per il lavoro è solo una triste parentesi disumanizzante) ma poi penso che male che vada ho un tetto sotto il quale poter dormire: la mia auto.
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intotheclash · 3 months
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Il mondo è un gran bel posto in cui nascere se non v'importa che la felicità non sia sempre così divertente se non v'importa un po' d’inferno qua e là proprio quando tutto va bene perché anche in paradiso non è che si canti tutto il tempo Il mondo è un gran bel posto in cui nascere se non v'importa che qualcuno muoia continuamente o magari solo di fame per un po’ di tempo il che non è poi tanto male se non si tratta di voi Oh il mondo è un gran bel posto in cui nascere se non v'importa molto di qualche cervello perso su ai posti di comando o di una bomba o due di tanto in tanto sui vostri visi alzati o di simili contrattempi cui va soggetta la nostra società di Gran Marca con i suoi uomini distinti e con quelli estinti e i suoi preti e altri poliziotti e le sue svariate segregazioni e indagini parlamentari e altre costipazioni che la nostra sciocca carne eredita Sì il mondo è il posto più bello del mondo per un sacco di cose come fare buffonate e fare l'amore essere tristi e cantare canzoni sottovoce e avere ispirazioni e andare in giro guardando ogni cosa odorando fiori e dare pizzicotti alle statue e persino pensare e baciare la gente e fare bambini e portare i pantaloni e agitare cappelli e ballare e andare a nuotare nei fiumi e fare picnic nel pieno dell'estate e insomma “godendosi la vita” Sì (Lawrence Ferlinghetti)
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chouncazzodicasino · 7 months
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Aprire il negozio è stata un'esperienza molto difficile. Emotivamente e fisicamente. Nei mesi precedenti le cose da fare erano tantissime, ho chiesto tanto aiuto. Per fortuna ho (ho sempre avuto) una bella rete intorno ma devo ammettere che in quei momenti mi sono sentita davvero tanto sola. Le cose da fare erano troppe, fisicamente avrei dovuto essere in due tre posti contemporaneamente per farle tutte. La rete c'era ed è stata fondamentale, ma è stato difficile.
Pochi mesi prima di aprire, proprio in tutto questo fermento che mi vedeva andare avanti come un ariete a tratti stordita, mia madre ha avuto un incidente e si è rotta malamente la gamba. Una delle maglie fondamentali della mia rete si è allentata, sfibrata, sciolta. Non potevo far affidamento sul suo aiuto pratico e, soprattutto, ero diventata fisicamente indispensabile per lei, per seguire le varie visite, la riabilitazione, per permetterle di fare il suo lavoro. Come sempre tutto questo come una figlia unica, o quasi, ma questa è un'altra parentesi dolorosa. Non ricordo molto perché la mia mente fa sempre così, rimuove i momenti saturi, ma ricordo benissimo quei primi giorni concitati dopo il messaggio "Non ti spaventare, mi operano, ho avuto un incidente", ricordo che andavo in ospedale da lei ed essendo la mia macchina piena di cose del cantiere del negozio, prendevo la sua. Ogni giorno, ogni singolo giorno, la pennetta nella sua macchina mi faceva sentire questa canzone e se non la metteva lei io la cercavo per metterla a ripetizione e piangermela tutta. Era diventato il mio rito: ascoltare, cantare, piangere e farmi coccolare da questa canzone. Mi bastava questo. Mi smontavo, svuotavo e ricostruivo in quei 15 km di strada per arrivare ad essere quella forte, divertente e speranzosa, fingendo.
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omarfor-orchestra · 2 years
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Comunque hanno chiesto chi fosse il più corteggiato e dal pubblico hanno urlato Matteo, al che Matteo ha risposto "secondo me Giacomo"
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abatelunare · 2 months
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Principesse tutt'altro che remissive
Ci sono due cose che il cinema cerca - in un modo o nell'altro - d'infilare in molti film. Gli zombie e le arti marziali. E ce li mette anche quando non c'entrano una minchia fritta con tutto il rest Prendete The Princess. C'è un cattivastro che intende sposare una bella principessa. Per ottenere quel che vuole non esita chiaramente a impiegare la forza. Solo che la fanciulla è tutt'altro che remissiva. Nel senso che picchia come un fabbro ferraio. Perché conosce le arti marziali. Siamo chiaramente davanti a una favola con la struttura di un action. E si sa che questo genere, ormai, propone sempre più donne al posto degli uomini nel ruolo dell'eroe cazzuto che lotta contro tutti e tutto. Ne è venuto fuori una cosa gradevole e divertente. Abbastanza inverosimile, eh. Ma quella, quando guardo un film, è proprio l'ultima cosa che chiedo. Io voglio divertirmi. E basta.
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thecatcherinthemind · 1 month
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Benita ha tre anni. Si cambia il pannolino da sola, è capace di aprire il pan bauletto e di richiuderlo col fil di ferro. Quando qualcosa le cade dice "Sorry", quando per sbaglio ti colpisce mentre gioca si avvicina e chiede scusa in italiano, poi ti dà un bacino. Corre per casa e ti porta ogni oggetto possibile perché vuole che tu le dia le attenzioni che probabilmente non riceve su base quotidiana. Quando la mamma le dice "Behave" torna dritta come un soldatino. La aiuta a mettere le cose in ordine nei cassetti. Ha un orsetto di peluche che si chiama Fadiah.
Parla poco italiano perché la mamma le parla soprattutto in inglese in casa.
Le sue sorelle maggiori invece l'italiano lo parlano, perché vanno a scuola; Gift (chiamata così dalla mamma proprio perché significa "regalo") ha 5 anni ed un peluche di nome Hadem che considera il suo bebè; mi chiede di giocare con lei a far finta di andare in gita o al mare perché non l'ha mai visto. Quando mi chiede di tenere il suo bebè in braccio mi spiega come si fa perché "You are the nanny". Cindy invece ha 12 anni e in casa si occupa della maggior parte delle cose, mi parla in italiano ma fa ancora fatica con le coniugazioni.
La mamma, rimasta vedova due anni fa, cerca di guadagnare quello che può. Cresce le sue figlie in un appartamento fatiscente in una zona non proprio bellissima, ma nella prima capitale d'Italia, cosa di cui si è informata e di cui va fiera. Riceve una telefonata dal fratello che le chiede soldi per il proprio matrimonio, da inviare in Nigeria, rispondendo che "Marriage is God's will, but a man's responsibility". Nel frattempo Benita mi ordina "Now you brush your teeth" perché la mamma le ha insegnato che dopo pranzo si fa così. Io però non ho pranzato, le rispondo che non ho lo spazzolino e lei mi guarda male: la risolviamo con me che la seguo in bagno e faccio finta, anche se non è soddisfatta. Usciamo dal bagno e Gift mi chiede di fare finta di andare in gita e preparare il succo di frutta: usa vecchie confezioni della cera per capelli della mamma, che tiene su uno scaffale con gli altri "giochi" (un cavo del telefono che finge siano le chiavi dell'auto, una spina che finge sia il cellulare, una pallina di gomma che sarà la frutta che portiamo in gita, un cuscino che sarà la borsa dei panini). Salgo sul divano, ossia la nostra auto, le dico di allacciare la cintura e Benita piange, perché ancora è arrabbiata io non mi sia lavata i denti con lei. Per farla tranquillizzare accetto di fare un altro gioco con lei, alle sue condizioni. Il gioco è quello in cui mi fa sedere sulla sedia e fa finta che io stia facendo la cacca, perché ha appena imparato a usare il vasino e lo trova in gioco divertente. Funziona così: lei mi prende per un braccio, mi indica una sedia, io mi siedo, lei dice "Now pupù" e io devo stare ferma qualche secondo, finché lei non decide che ho finito, poi urla "Flush" e mentre imito il rumore dello sciacquone lei guarda in basso e saluta la pupú dicendo "Bye bye". Lo fa un paio di volte, poi sono libera e posso tornare a giocare con Gift, che nel frattempo ha deciso che la nostra finta gita sarà al mare. A quel punto Benita, gelosa del attenzioni mi richiama perché decide che mi scappa di nuovo. Quindi si riparte. Gift allora mi chiede "Now we bring bebé al mare" a cui rispondo "Sorry, I'm pooping". La madre scoppia a ridere, poi sgrida le bimbe "You are stressing her!".
Quando è l'ora di andare, Gift chiede alla mamma "Can nanny stay?". Dopo poche ore con loro credono io sia la tata. Mi viene da piangere. La mamma risponde che no, nanny ha da fare e deve andare via. "Uhmmmm" mugugna Gift, unendo le mani in segno di preghiera verso la mamma. Benita mi segue a piedi nudi per le scale e deve scendere Cindy per riportala in casa.
La saluto facendo Bye Bye.
(Nanny can't stay, sorry)
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inadeguata · 1 month
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raccontaci l’appuntamento
cercherò di non romanticizzare troppo la storia (anche se è davvero difficile). il 17 luglio corro per prendere il solito bus che stavo perdendo, salgo negli ultimi posti, ovviamente abbastanza pieno. sale il controllore e si liberano dei posti, mi siedo e avevo accanto una ragazza e di fronte un ragazzo. ad un certo punto arriva un signore molto particolare, con un vestito nero, degli occhiali scuri e un anello fighissimo e io lo scrutavo. arriva e si mette a parlare con il ragazzo, non sentivo niente ma dal linguaggio del corpo sembrava si conoscessero, infatti ero sorpresa. ad un certo punto il signore chiede al ragazzo 'il bus si ferma a zona X?' e il ragazzo dice che era la prima volta che lo prendeva. continuo ad ascoltare la musica assorta nella mia ansia quotidiana e ad un certo punto il ragazzo mi gira il suo telefono con le note. io panico perché ero tipo 'ommioddio mi sta dicendo di stare attenta al tizio oppure mi sta dicendo qualcosa di divertente sul tizio'. in realtà c'era scritto - ti va di darmi il tuo numero per un caffé? -. gli tremava la mano ed era tutto imbarazzato e io ero sconvolta e confusa ma era molto carino e quindi 'why not'. mi scrive subito, gli rispondo a tratti e passa del tempo per vari drammi, cose, non so, non mi sentivo pronta. sennonché una decina di giorni fa si chiudono varie situazioni + ero con la mia collega che cercava persone da seguire con il profilo del lab (con il suo telefono) e mentre cercava un prof dice 'well questo non è sicuramente lui, però che BONO' mi giro a guardare ed era lui. rega io ero sconvolta ahah, cioè boh mi sembrava che tutto il mondo mi dicesse 'escici'. quindi gli ho risposto dopo un po', scusandomi ecc e gli ho detto che da lì a poco sarei andata in sicilia ma che al rientro ci sarei stata e così è stato. ieri ci siamo visti e boh, è stata una di quelle serate che passi e ti sembra di conoscere una persona da sempre. abbiamo ascoltato musica, siamo finiti in un chioschetto con 50-70enni che ballavano qualsiasi tipo di musica lol. La cameriera che ci ha provato con me e io pensavo solo -che bello essere viva- dopo anni di pugnalate varie è stato come prendere una boccata d'aria.
e quindi niente, è stato tutto bello, romantico, dolce e pieno di chimica. non so in realtà dove mi porterà questa cosa, ma mi importa poco. La cosa bella è che mi sono permessa di essere felice, anche solo per una sera. e lui è proprio bello e mi fa ridere tanto (musicista, compositore e insegna canto) e mi sembra un po' uscito da un libro ma va bene così. Ho solo voglia di cose leggere e lui è molto leggero e bello
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poesiablog60 · 10 months
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“Mi piaceva da morire quando mi chiedeva di infilarle il filo nella cruna dell’ago perché lei non ci vedeva bene. Mi faceva piacere perché quando si è piccoli sono rare le occasioni di essere utili agli adulti. Aiutavo mia nonna anche quando cucinava i fagiolini e bisognava togliere le punte. Si staccavano con le unghie e si mettevano in una pagina di giornale sul tavolo, poi si buttavano via. Oppure ricordo quando mi faceva stirare i fazzoletti. Mi piaceva arrivare con la punta del ferro da stiro proprio nell’orlo dell’angolo. O quando mi chiamava per piegare le lenzuola. Per ridere io le giravo sempre dalla parte opposta alla sua, era divertente quando, prima di venirci incontro per piegare l’ultimo giro, lei tirava forte per stenderle bene. Quanto mi ha sopportato e quanto mi ha voluto bene.”
Fabio Volo
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arreton · 29 days
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Ammetto che questa mattina, in camicia oversize nera e pantalone altrettanto largo, capello corto e fucsia, un po' crespo ed un po' sporco coperto dal berretto da baseball mi sentivo abbastanza personaggio. E la cosa era divertente. Sentivo la diversità addosso e la portavo con stile, tant'è che il negozio è risultato essere troppo chic per i miei gusti ed ero disgustata da quanto siano così uguali in quello che comprano ste capre. Tanta roba di finto lusso per questi finti signori!
Dato che da un po' si sono assopiti sentimenti di rabbia e di (scatto) nervoso – almeno nella vita vigile, perché in quella onirica invece i sogni sono così nervosi e pesanti che mi sveglio implorando pietà al mio cervello di risparmiarmi tutta questa fatica – non mi sento di dire che odio questo paese. Pure se vedo le sue contraddizioni, le sue ipocrisie, l'ignoranza di chi lo abita, non me ne frega poi chissà quanto. Loro sono così, io no ok, si sta alla larga entrambi e sinceramente avrei anche abbastanza schifo ad averci a che fare. Capisco che questo paese è letteralmente un punto morto, che le persone che lo abitano sono dei morti che camminano a livello cerebrale. Di suo non ti permette nulla questo paese: non esiste la cultura dato che l'unica edicola che faceva anche da libreria ha chiuso i battenti ed in generale non organizzano nulla, nulla che abbia una parvenza di cultura, di arte; non ti offre lavoro, lasciamo perdere gli stipendi per quelli che ci sono, ma non c'è nemmeno lavoro, il viale principale si è svuotato di negozi e bar, non c'è quasi più nulla di fatti è un viale tristissimo senza nemmeno un albero in un paese dove si arriva anche ai 42 gradi; non ci sono spazi verdi, non ci sono proprio spazi se non degli spiazi tristi di cemento lì dove lo hanno buttato, altrimenti qualche zona con accanto erbacce secche e immondizia; è oltremodo scomodo poiché dispersivo quindi se non hai un mezzo di trasporto tuo (motorino o auto) molte commissioni non puoi farle o farle è molto scomodo; autobus urbani ce ne sono due ad orari limitati come l'amministrazione di questo comune; gli autobus extraurbani hanno prezzi allucinanti e orari assurdi, la stazione dei treni non ho ancora capito a che cosa serve. È, dunque, un punto morto. Se vieni qua vuoi solo morire o sprofondare nell'apatia più assoluta, se sei un minimo diversa da queste bestie malate. Se sei come loro sei un povero pezzente nel senso più letterale e oltremodo chiuso. Tutto questo ormai non mi fa più nemmeno rabbia. La verità è che in generale non ho nemmeno più tanta voglia di arrabbiarmi. Io volevo anche dargli una possibilità a questo paese, ma come fai a dare una possibilità a tutto ciò? Da dove inizi? Qua si è arrivati alla fine.
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ambrenoir · 5 months
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L'Oroscopo Maya è nato proprio basandosi sul calendario lunare: la popolazione, molto esperta in ambito astronomico, elaborò un proprio oroscopo, suddiviso appunto in 13 parti a ciascuna delle quali è stato assegnato un animale simbolo. Proprio come nell'oroscopo odierno, in base al giorno e al mese di nascita, ad ogni persona corrispondeva un animale, che ne rifletteva anche le caratteristiche.
Lo zodiaco Maya era dunque composto da 13 animali: cominciando da febbraio abbiamo il Falcone, il Giaguaro, il Cane, il Serpente, la Lepre, la Tartaruga, il Pipistrello, lo Scorpione, il Cervo, la Civetta, il Pavone, la Lucertola e la Scimmia. Come si può notare, alcuni dei segni dell'oroscopo Maya sono in comune con quello cinese, ad esempio il Cane, la Lepre e la Scimmia, mentre in comune con il nostro zodiaco c'è lo Scorpione.
Date e segni zodiacali dell'Oroscopo Maya
Scimmia (Batz), dal 11 gennaio al 7 febbraio
Falco (Coz), dal 8 febbraio al 8 marzo
Giaguaro (Balam), dal 9 marzo al 5 aprile
Cane (Xul), dal 6 aprile al 3 maggio
Serpente (Kan), dal 4 maggio al 31 maggio
Lepre (Tzaub), dal 1° giugno al 28 giugno
Tartaruga (Aak), dal 29 giugno al 26 luglio
Pipistrello (Tzootz), dal 27 luglio al 24 agosto
Scorpione (Dzec), dal 25 agosto al 20 settembre
Cervo (Keh), dal 21 settembre al 18 ottobre
Civetta (Moan), dal 19 ottobre al 15 novembre
Pavone (Kutz), dal 16 novembre al 13 dicembre
Lucertola (Kibray), dal 14 dicembre al 10 gennaio
Caratteristiche dei segni dello Zodiaco Maya
Falco, persona fortunata, introspettiva, ambiziosa. Tengono alla famiglia, ma sono indipendenti. Segni affini: Serpente, Civetta e Lepre
Giaguaro, persona forte, decisa, concreta, coraggiosa, emotiva, empatica, sempre pronta ad accettare ogni sfida. Segni affini: Tartaruga, Pipistrello e Pavone
Cane o segno della Volpe, persona timida, introversa, saggia, generosa. Segni affini: Serpente, Scorpione, Civetta e Lucertola
Serpente, persona creativa, amante dell'arte e della natura, solitaria. Segni affini: Cervo e Scimmia
Lepre o segno dello Scoiattolo, persona attiva, creativa, ansiosa, chiacchierona. Segni affini: Falcone e Civetta
Tartaruga, persona tranquilla, riflessiva, amante della natura e della famiglia. Segni affini: Giaguaro, Serpente e Pipistrello
Pipistrello, persona empatica, protettiva, forte, con molta autostima. Segni affini: Falcone Giaguaro, Serpente, Pavone
Scorpione, persona affascinante, intelligente, ama stare al centro dell'attenzione. Segni affini: Cane e Lucertola
Cervo, persona gentile, cordiale, creativa, sensibile. Segni affini: Serpente, Tartaruga, Scimmia
Civetta, persona che ama stare al centro dell'attenzione e risolvere i problemi altrui, empatica, socievole. Segni affini: Falcone, Lepre e Pavone
Pavone, persona affascinante, sicura di sé, ironica, divertente, ambiziosa. Segni affini: Giaguaro, Tartaruga, Pipistrello
Lucertola, persona schietta, sincera, decisa. Segni affini: Giaguaro, Tartaruga e Scorpione
Scimmia, persona spiritosa, divertente, autonoma, creativa. Segni affini: Serpente e Pavone.
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kvara si rende conto che forse la rivalità che sente per davide non è esattamente platonica. enjoy!
Lui non era mai stato un tipo molto aperto, anzi, fin da piccolo era stato un ragazzo di poche parole, che faticava a fare amicizia con gli altri. Impacciato, taciturno, goffo.
Khvicha non aveva molti posti nel mondo da chiamare casa. Certo, c'era la sua terra natale, ma ormai la Georgia si trovava a migliaia di kilometri si distanza da lui. E quella grande e strana città nella quale ora viveva, dove tutti lo trattavano come un dio, dove inneggiavano il suo nome e dove avevano esposto foto, bandiere e murales con la sua faccia e quelle dei suoi compagni, non poteva certo essere considerata davvero casa, o perlomeno non ancora. Si sentiva più come un re nel suo palazzo dorato pieno delle sue chincaglierie: bello, anche divertente viverci, ma gli mancava quel calore, quella familiarità che solo un posto che veramente si considera casa potrebbe dare.
Ma il campo. Il campo da calcio era tutta un'altra storia.
Forse era lì, solo lì, che si sentiva veramente nel luogo dove poteva essere completamente libero. Senza paranoie, senza pensieri. Gli bastava avere un pallone tra i piedi e nient'altro per tornare a respirare con leggerezza. Per tornare a sentirsi di nuovo vivo.
E non c'era momento in cui si sentiva più vivo che durante i big match, quelli contro le altre grandi squadre, quelli che contavano davvero, quelli dove giocano i fuoriclasse che ti spingono a dare il meglio di te per non esserne da meno, che ti fanno sudare ogni centimetro conquistato, ogni pallone, l'adrenalina alle stelle.
Era da poco più di un anno al Napoli, eppure già si era scontrato con alcune delle più grandi squadre europee, contro diversi calciatori che gli avevano dato filo da torcere e che gli avevano regalato la soddisfazione di un vero duello.
Eppure.
Eppure c'era qualcosa di diverso con quel Calabria.
Dal primo momento in cui si erano ritrovati faccia a faccia, con lo sguardo intenso dell'altro completamente concentrato su di lui, Khvicha era stato investito da una scarica di adrenalina diversa dalle altre. Era come se Calabria fosse il suo doppio, anticipava quasi ogni sua mossa, gli era costantemente col fiato sul collo. Khvicha era suo, e non se lo sarebbe fatto scappare per nulla al mondo.
Anche questo primo scontro di stagione non era stato diverso. Khvicha avrebbe mentito se non avesse ammesso di aver aspettato con ansia proprio il momento in cui lui e Calabria si sarebbero di nuovo ritrovati sullo stesso campo.
Alla fine però, questa volta, nessuno dei due aveva davvero vinto. Un pareggio, forse evitabile, forse no, ma comunque un pareggio. La frustrazione gli bruciava dentro. Aveva deluso i loro tifosi, per giunta in casa, e se solo quella palla fosse entrata in porta all'ultimo momento, allora –
«Hey, great match!»
Khvicha si girò verso Calabria. Gli si stava avvicinando ancora col fiatone, ma con un sorriso compiaciuto sulle labbra. Inspiegabilmente, il suo primo, irrazionale pensiero fu che gli mancava vederlo coi suoi vecchi capelli ricci.
Scosse la testa. «Yeah, you've been very good, man» gli rispose, ricambiando il sorriso.
Questa volta Calabria rise di gusto. «You're pretty good yourself!» disse, per poi avvicinarglisi ancora di più, a braccia aperte. E per quanto solitamente lui non fosse il tipo da contatto fisico ravvicinato con persone che conosceva poco, aprì a sua volta le braccia e ricambiò l'abbraccio senza un attimo di esitazione. Poteva giurare di sentire Calabria sorridere mentre gli stringeva un braccio intorno alle spalle, la mano che si alzava ad accarezzargli la testa.
Una calda sensazione che proveniva da qualche parte nella sua pancia gli risalì fino al petto. Cercò di ignorarla, focalizzandosi solo sul calore dell'abbraccio dell'altro. Respirò a fondo l'odore di sudore dell'altro per calmarsi. Sudore, erba falciata, terreno umido: quelli erano gli odori del campo, odori di casa, che non mancavano mai di farlo stare meglio. Calabria sapeva di tutti questi messi insieme, e di un altro odore che non riusciva a classificare ma che doveva essere semplicemente lui. Era un buon odore, pensò.
Quando si separarono – e oddio, quanto tempo era passato? Gli era sembrata passata un'eternità, ma dovevano essere stati solo pochi secondi – Calabria gli stava ancora sorridendo, tutto denti. Khvicha notò che quando sorrideva gli si formavano delle rughe di espressione intorno agli occhi. Perché le trovava adorabili?
Dopo un attimo di quella che per un momento gli era sembrata esitazione – doveva essere un abbaglio, esitazione per cosa? – Calabria si allontanò, salutandolo con una mano. «To the next match!» urlò, prima di raggiungere i suoi compagni.
Khvicha restituì il saluto, anche se ormai non gli stava più prestando attenzione. Al prossimo match, di nuovo. Sarebbero passati mesi prima di riscontrarsi. Non era una novità.
E allora perché il cuore gli si era stretto in petto a sentire quelle parole?
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Khvicha non aveva idea del perché, ma quell'abbraccio era stato ripreso da praticamente tutti gli account sportivi italiani.
Cioè, era solo un abbraccio. Un sacco di avversari si salutano alla fine di una partita, no? Però tutti sembravano voler elevare quel momento a picco massimo della sportività tra due avversari, per qualche strana ragione. Forse era proprio perché la rivalità tra lui e Calabria era ormai nota, e quell'abbraccio a qualcuno poteva essere sembrato strano per quello. Sbuffò. Per certe persone era davvero difficile distinguere la rivalità sul campo dalla vita vera. Lui era esattamente l'opposto, e una rivalità così sentita non poteva portargli altro che avere maggior ammirazione del suo avversario, e quell'abbraccio non ne era stato che la naturale conseguenza. Semplice rispetto reciproco. Nulla di più.
Il fatto che si fosse andato a cercare e salvare tutte le angolazioni possibili in cui i giornalisti avevano scattato quel momento era un altro discorso. Era un bel ricordo da mantenere, ecco tutto.
Fu proprio mentra scollava il feed di Instagram che si accorse che Calabria aveva messo una nuova storia. Toccò l'icona rotonda colorata senza neanche pensarci su e si ritrovò davanti la foto di loro due che si abbracciavano, con la caption Respect.
Di nuovo quella sensazione di calore in fondo allo stomaco. E stava pure sorridendo come un deficiente.
Mise un cuore alla storia e gli mandò un messaggio.
Respect to you too, brother
It was a fun match
Chiuse Instagram e bloccò lo schermo del telefono. Aspettò la bellezza di dieci secondi netti prima di sbloccarlo di nuovo per controllare se ci fosse un messaggio di risposta. Ma che cazzo gli stava prendendo.
Stava per ribloccare il telefonino e andarlo a chiudere a chiave in un cassetto per non toccarlo mai più, quando il suono di una notifica echeggiò per la stanza. Erano due messaggi di Calabria.
Li aprì subito.
It's always fun to play against you! 😉
I wish we could do it more often... ☹
Oh. Quindi anche a Calabria mancava scontrarsi con lui. Sentì il cuore iniziare a battere più forte.
Me too
Si fermò un secondo, poi aggiunse un altro messaggio:
I really like how we fit together on the field
Ecco, l'aveva inviato. Oddio, sperava di non essere andato troppo oltre con quel commento. E se avesse frainteso? Se gli avesse dato fastidio? Se –
Oh you bet we fit well together 😉
Khvicha dovette ripetersi più volte che stavano parlando solo ed esclusivamente dei loro scontri sul campo di calcio. Nient'altro.
Uno scontro sul campo particolarmente allusivo.
Cazzo cazzo cazzo.
Il suono di una nuova notifica gli evitò un crollo mentale imminente riportandolo alla realtà.
How about we see each other for a rematch next time we both have a free day? I could come to Napoli or you could come to Milano
What do you think? 😁
Khvicha rilesse quelle parole.
Cosa ne pensava? Pensava che forse, forse, quello che provava per Calabria non era solo ammirazione da avversario e che forse aveva un principio di infatuamento...
(Ripensò ai suoi occhi azzurri, ai suoi capelli ricci, al suo sorriso che gli arrivava fino agli occhi: forse il forse era un eufemismo)
...e forse questo suo infatuamento era ricambiato.
I would like that very much, Cala
La risposta arrivò dopo qualche istante.
And please, call me Davide 😉
Khvicha sorrise. Forse poteva anche trovarsi a migliaia di kilometri da casa sua, ma chi lo diceva che non se ne poteva costruire una nuova dalle fondamenta?
Thank you, Davide
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