#è ora di dire addio al calcio
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Calcio, Milan: Ibrahimovic, "è ora di dire addio al calcio"
A 41 anni, l'attaccante svedese ha annunciato il suo ritiro dal calcio dopo l'ultima partita di campionato (non disputata)
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I tifosi del Milan stanno per dire addio a Olivier Giroud
I tifosi del Milan danno con tristezza l'addio a Zlatan Ibrahimović e alla dirigenza milanista Paolo Maldini. I tifosi del Milan stanno per dire addio a Olivier Giroud a fine stagione e anche il suo contratto scade in estate. Olivier Giroud è il giocatore che ha spezzato la maledizione della maglie calcio numero 9 del Milan. È diventato anche l'idolo di molti tifosi della squadra.
Olivier Giroud non ha deluso nessuna delle squadre in cui ha giocato. Si è comportato bene in Ligue 1, Premier League e Serie A. Dopo che Olivier Giroud ha lasciato il Chelsea, ha scelto di unirsi al Milan. Molti tifosi del Milan sono più preoccupati per il ritorno di Zlatan Ibrahimović in squadra, e Olivier Giroud appare sempre nella squadra come ruolo secondario. Ma con Zlatan Ibrahimović assente per infortunio, Olivier Giroud ha mostrato il suo vero ruolo. Anche Olivier Giroud bacerà la divisa AC Milan dopo aver segnato un gol. Gli piace anche l'atmosfera della squadra. Zlatan Ibrahimović non è riuscito a mantenere la sua condizione migliore a causa dell'età avanzata, quindi ha scelto di annunciare il suo ritiro dal Milan. Il Milan ha organizzato una grande cerimonia d'addio per Zlatan Ibrahimović, e Olivier Giroud è stato uno dei giocatori che ha assistito all'addio dei suoi compagni di squadra. Olivier Giroud non ha apprezzato l'atmosfera dell'addio e non ha potuto impedire la partenza dei suoi compagni.
Quest'estate è molto importante per Olivier Giroud, che potrebbe trasferirsi nella squadra della Major League Soccer. Alla Saudi Professional League piacciono ancora i veterani eccezionali del calcio, ma Olivier Giroud ha scelto di rifiutare. In precedenza il veterano del Real Madrid Luka Modrić ha rifiutato un invito alla Saudi Professional League, e ora anche Olivier Giroud ha rifiutato un invito al campionato. Dopotutto, i veterani del calcio hanno le proprie scelte e non lasceranno che la loro carriera lasci rimpianti.
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Zlatan Ibrahimovic addio al calcio - la sua carriera
#ZlatanIbrahimovic ha salutato i tifosi #rossoneri e i #tifosi di tutto il mondo. Un grandissimo del #calcio abbandona dopo una grande #carriera. Anche se identificato con la maglia dei rossoneri è un #calciatore che ha entusiasmato in tutto il mondo.
Zlatan Ibrahimovic dice addio al calcio a 41 anni: "È ora di salutare" Con una sorpresa che ha lasciato tutti senza parole, Zlatan Ibrahimovic ha annunciato il suo ritiro dal calcio a 41 anni. L’attaccante svedese ha comunicato la sua decisione al termine dell’ultima partita di campionato dell’AC Milan, vinta per 3-1 sul Verona. “È ora di dire addio al calcio, ma non a voi“, ha detto Zlatan ai…
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++ Ibrahimovic, è il momento di dire addio al calcio ++
(ANSA) – MILANO, 04 GIU – “Ora è arrivato il momento di dire addio al calcio, non a voi”. Queste le parole di Zlatan Ibrahimovic al centro del campo di San Siro. “Mi avete ricevuto con braccia aperte, sarò milanista per tutta la vita”. Sembra così cadere l’ipotesi del passaggio al Monza di cui si era molto vociferato. (ANSA). RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA Ottieni il codice embed
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Giorno 2 - Nuove Alleanze, nuovi dissapori
Il sole sorge a Panzianum, ed ecco che i nostri tributi cominciano a svegliarsi, tranne...
L’ADMIN DEI GRUPPI WHATSAPP DI BUONGIORNISSIMO KAFFE che la notte appena passata aveva freddo, ma freddo, ma così freddo che si è svegliato freddo. Di un freddo morto. Attio Piccolo Ancielo, insegna agli ancieli a non essere una perzona falza
@the-empty-walls vede in lontananza @cielidipinti @burroesalvia e @cretina-te che arrivano in lontananza. Lui pensa che tre piccioni con la fava e TAC altre 3 seccate e la vittoria si avvicina, proprio come aveva progettato durante la notte a cantare! Allora prepara sto mega trappolozzo tutto ingegnato, tutto perfetto, ma si è dimenticato del tempo che passava e intanto le 3 ragazze sono arrivate e lo stanno guardando. Fino a che Vale gli fa “we gandula, ma ti pare?” lui non riesce nemmeno a rispondere perchè basito sopratutto quando Creti da un calcio a un ingranaggio e Wall rimane infilzato. Purtroppo Adamo 2.0 se n’è andato e sto gioco sta diventando la sagra della patata e basta
@kuramaaa e @mafaldinablabla si sono svegliate preso stamattina. Si incontrano in riva al lago mentre di danno una lavata veloce e decidono di andare a caccia per cucinare qualcosa. Una è brava con l’arco, l’altra coi coltelli, cosi Kura cattura un cervo a frecciate e mafaldina lo scuoia facendo un bello zaino di pelle che riutilizzerà per ricordo da questa esperienza. Le due si sono divise ad un certo punto per appianare meglio le loro abilità belliche, ma chissà, magari si reincontreranno
@orestiade non ne può più. Ha sete di sangue, vuole uccidere e non trova nessuno mannaggia MA DOVE SONO TUTTI. Così si mette li con l’arco e fa allenamenti, solo che ogni tanto si distrae dalle piccole cose che si muovono e le abbatte. Ai suoi piedi ormai c’è un cimitero di animali vari che valuta di cucinare. Madonna abbiamo Rambo watch out
Un gruppone si è formato: @mantenetevifolli @wemademadhatterworld @geometriche e @bruttipresentimenti hanno deciso che basta, si sono rotte le balle, ora andranno insieme e ammazzeranno tutti perchè sto gioco e sta timeline piena ha rotto le balle. Quindi viaggiano a testuggine con archi e spade nella ricerca di altri tributi “Wow sembriamo il Milan di Ancelotti con il 4321″ dice Mantenetevifolli, e li Geo è sbottata “NON CI PROVARE EH, MADONNA NO” e se ne va incazzata come una iena. Va bene tutto, ma il Milan no. Madhatter cerca di seguirla per capire, per riportarla in gruppo, ma si perde da sola, mentre bruttipresentimenti pensa che il suo nome è anche una premonizione
@tehwolfeh sta esplorando l’area. il suo intento è ricreare una mappa per poi poterla usa a suo vantaggio. Senza ricordare però che in geografia aveva 4 e mezzo, quindi quello che disegna è una cotoletta alla milanese
@acciarino ha scoperto la mia prima trappola: ha trovato la nebbia di gas! Mannaggia però scappa urlando “RAGA E’ COME NEL FILM RAGA OU SCAPPATE” peccato che è sola e dall’altra parte dell’isola. La sua corsa è diventata un meme che potrete vedere nel prossimo episodio di Mai dire Hunger Games
@gold-insanity è fortunello, riceve un dono dagli sponsor! Che sarà mai?? Un beccuccio per l’acqua. E che ci fa? Infatti si arrabbia, lo tira nelle piante lontane e manda a fanculo con gestacci tutti. Sarà una vecchia diatriba con chi alle elementari gli diceva che non sapeva bere? Che doveva mettere tutto il collo della bottiglia in bocca perche altrimenti si sbrodolava tutto? Chi lo sa
@dichiarazione vorrebbe guardarsi allo specchio. Non per vedere quanto è bella, ma per capire e parlarsi, chiedersi che sta facendo, vedere se il tempo passato l’ha cambiata, se questa dieta l’ha resa troppo magra o emaciata. E si incazza urlando IN FIGA DE TO MARE ai quattro venti fino a quando le passa e inizia con altri anatemi
@iajato pensa ai vari film: Rambo, Predator, Dora l’esploratrice e pensa “che hanno loro che io non ho?” e allora sradica un albero, bello grosso, con molta pazienza, ingegno e un coltellino seghettato trovato nell’incavo di un albero e con quell’albero ci fa una lancia. Una Lancia? Cioè sradichi na pianta secolare per una lancia? ma puoi farti na fabbrica di lance benedetta eh!
ve lo ricordate IL TIZIO CHE SI LAMENTA CHE GLI ESAMI SONO ANDATI UNA MERDA E PRENDE 30 E LODE? E’ rintanato ancora nel suo buco di sterco pensando a cosa fare, a piangere e a ricordare casa. Poi piange perchè non si ricorda niente, non sa niente, e mo lo bocciano e l’appello lo salto basta vado a casa ma no resto per vedere le domande che non si sa mai mi servano la prossima volta e poi piange ancora e resta li. grazie.al.cielo.
Salutiamo i due nuovi morti della giornata, Addio buongiornissimo kaffe dei miei coglioni e addio Adamo 2.0, vi ricorderemo con grande affetto
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Pensate a uno scrittore come Aldous Huxley. Voi vi direte, e chi è Aldous Huxley? Ecco, se ve lo dite lasciate perdere questo articolo e correte in libreria, o più presumibilmente su Amazon, e compratevi il suo intero catalogo, ripassate quando lo avrete letto.
Se invece sapete chi è (e spero e immagino sappiate chi sia Aldous Huxley) pensate a lui. Uno passa la sua vita a studiare, a scrivere, lascia tracce evidente del suo sapere e della sua arte su pagina, in qualche modo, forse quello sbagliato, lo lascia anche nella cultura popolare, visto e considerato che è a un suo libro che si deve il nome di una delle band più popolari della storia del rock, The Doors, ispirate nella scelta del nome dal suo Le porte della percezione. Ecco, uno è Aldous Huxley, un intellettuale di peso, ma si sente marginale, come spesso capita agli intellettuali.
Un intellettuale che a un certo punto, a causa di un incendio, perde tutti i suoi libri, i suoi appunti, i suoi scritti. Tutto. Fatto che ne mina il corpo, già malato, e la mente. Mesi dopo questo fatto, il 22 novembre 1963, decide, quindi, di uscire di scena in maniera eclatante, per lasciare, almeno al momento di uscirsene, una traccia evidente del suo passaggio. Chiede alla moglie di iniettargli 100 microgrammi di LSD e addio al mondo, mentre la stessa moglie gli legge alcuni passi del Libro tibetano dei morti. Andarsene evidentemente, quindi.
In poche parole, uno si suicida, e il giorno in cui lo fa, per essere almeno notato nel momento di uscire di scena, un pazzo, o forse un pazzo guidato da un complotto, o forse semplicemente un sicario al soldo di una qualche potenza, ancora la faccenda non è del tutto chiara, ammazza J. F. Kennedy, andando a occupare di sana pianta tutte le prime pagine, vere o virtuali, dei canali di informazione e comunicazione. Bella sfiga, direi.
Fermi tutti. Questo non è un articolo su Aldous Huxley. Benché la sua visione del futuro, descritto nelle sue opere, Brave New World in testa, è sicuramente lì, sotto traccia. Ma no, questo non è un articolo su Aldous Huxley. Né su J. F. Kennedy.
Parleremo però, lo stiamo già facendo, di uscire di scena male, e di perdita di tutto il proprio sapere. Librerie e archivi distrutti dalle fiamme, più o meno metaforici. Morte, soprattutto. Autoindotta o in qualche modo necessaria.
In pratica tutte le foto, i video e i file audio caricati su Myspace dall'anno della sua nascita, il 2003, al 2015 potrebbero, questo ha comunicato Myspace, essere andati persi. “Ci scusiamo per il disagio”, hanno poi aggiunto, indicando nel nome di Jana Jentzsch, responsabile della protezione dati, il nome cui chiedere informazioni
Proviamo a ripartire, quindi. Immaginate di avere tutti i vostri averi più cari, gli ori di famiglia, i ricordi, i vostri disegni di quando ancora disegnavate, le fotografie dei vostri genitori, dei vostri figli, dei vostri amori passati e presenti. Tutto. Ecco, immaginate di avere tutto quello che vi riguarda, o almeno quello che riguarda un periodo importante della vostra vita, in una cassetta di sicurezza dentro una banca. Immaginate, magari, di averci messo anche i vostri soldi, in quella cassetta di sicurezza.
Poi immaginate che domani vi arrivi una comunicazione della stessa banca che vi dice che purtroppo durante i lavori di ristrutturazione dell'edificio dentro il quale era la cassetta di sicurezza c'è stato un problema con l'impresa edile che ha semplicemente optato per far saltare in aria la costruzione piuttosto che provare a mettere puntelli e lavorare di cemento. Una bomba e boom, addio a tutto quanto. Certo, la speranza è che qualcosa si sia salvato tra le macerie, ma è una speranza flebile. Va beh, del resto si trattava di roba vecchia, superata, siamo nel 2019, mica nel Quattrocento.
Ecco, in queste ore è successo qualcosa di simile. E qualcosa che, in qualche modo, richiama per più motivi alla mente gli ultimi giorni di Aldous Huxley. Uno, lo ribadisco, che per un po' è stato indicato come colui che aveva visto nel futuro, indicando strade da intraprendere e strade da evitare, ma che poi è finito male, non solo non calcolato nel momento della morte, ma praticamente dimenticato subito dopo.
Cosa è successo di così aldoushuxleyano? Myspace, la piattaforma di condivisione, primo tentativo di social network di massa, per un certo periodo vero e proprio alfiere di una sorta di rivoluzione dal basso musicale, ha comunicato che cinquanta milioni di canzoni, non solo canzoni, sia chiaro, ma qui parliamo di quelle, è andato distrutto, perso, sparito nel nulla.
Il tutto per un problema di spostamento di server. Il tutto dopo che da mesi la piattaforma aveva smesso di funzionare. Il tutto, va anche detto, dopo che da anni, da tanti anni, Myspace era diventato un luogo vintage, ma pur sempre un luogo con cinquanta milioni di canzoni di circa quattordici milioni di artisti.
In pratica tutte le foto, i video e i file audio caricati su Myspace dall'anno della sua nascita, il 2003, al 2015 potrebbero, questo ha comunicato Myspace, essere andati persi. “Ci scusiamo per il disagio”, hanno poi aggiunto, indicando nel nome di Jana Jentzsch, responsabile della protezione dati, il nome cui chiedere informazioni.
Immaginiamo la scena, un po' come all'epoca del crac della Parmalat, o della Banca Marche, o del Monte dei Paschi di Siena, quattordici milioni di utenti lì a scrivere a Jana per avere informazioni, e lei a rispondere a tutti. “Ci scusiamo per il disagio”, immagino.
Ci scusiamo per il disagio. Ora, si può serenamente discutere sul fatto che, soprattutto grazie all'esplosione di Facebook sul volgere del primo decennio di questo millennio, Myspace fosse da tempo diventato una landa desolata. Si pensi solo che dopo il boom gigantesco nei suoi primi anni, quando i due ideatori, Tim Anderson e Chris DeWolfe lo vendettero a Murdoch per oltre mezzo miliardo di dollari, nel 2011 lo stesso Murdoch lo svendette a Specific Media per poco più di trenta milioni. Si può anche pignoleggiare sul fatto che, a fronte di carriera tuttora in auge come quella di Adele, Nicki Minaj, Mika, Calvin Harris o degli Arctic Monkeys, da quella piattaforma partite, di quei quattordici milioni di artisti e di quelle cinquanta milioni di canzoni la stragrande maggioranza non meritavano neanche di essere chiamate tale, esattamente come succede su Youtube o su Spotify, per dire.
Abbiamo guardato alla rete, e continuiamo a guardarci, come un posto di libertà e di democrazia, ma così non è, o almeno non è più da tempo. Ci sono aziende, questo sì, che usano con una certa anarchia regole che spesso si sono date da sole, e che applicano con forza e determinazione solo nei nostri confronti, non certo verso loro stesse
Ma resta un fatto eclatante. Che un social network nato per condividire musica, video e foto ha cancellato dodici anni di contenuti caricati, si badi bene, non postati, perché nel caso di Myspace la proprietà di quanto veniva caricato rimaneva di chi lo caricava, non diventava automaticamente di Myspace stesso, come invece avviene su Instagram o su Facebook, leggetevi bene il contratto che firmate quando vi iscrivete, e che non abbia di meglio da dire di un laconico: “Ci scusiamo per il disagio”.
Parole, queste, che dovrebbero far rizzare sul collo i peli a tutti quelli, compreso chi scrive queste parole, utilizzano i social network di oggi non solo e non tanto per svago, ma per lavoro, creando una community di riferimento, condividendo contenuti che solo lì hanno un ordine e uno spazio.
Siamo in balia di poche persone, questo ci dice questo caso eclatante.Myspace, ieri, primo social network capace di far muovere la musica dal basso, col suo oltre cento milioni di utenti mensili nei primi anni di vita, e con tutta la discografia a guardare dentro quel contenitore come gli scout delle squadre di calcio un tempo facevano nei campetti di periferia, alla ricerca del futuro fuoriclasse, Youtube, Facebook, Instagram, Spotify, Amazon, Google e pochi altri, oggi.
Abbiamo guardato alla rete, e continuiamo a guardarci, come un posto di libertà e di democrazia, ma così non è, o almeno non è più da tempo. Ci sono aziende, questo sì, che usano con una certa anarchia regole che spesso si sono date da sole, e che applicano con forza e determinazione solo nei nostri confronti, non certo verso loro stesse. Provate a violare uno degli standard della comunity di Facebook e vi vedrete bloccati senza se e senza ma, a chi scrive queste parole è appena successo per un articolo uscito proprio su Linkiesta, con la minaccia di chiudere alla prossima tutti i profili sul social network di Zuckerberg. Ma figuriamoci se avrebbero mai lo stesso pugno di ferro verso loro stessi, si veda il caso eclatante dei dati scappati in grande allegria.
La libreria che conteneva la musica, i video, le foto, i blog di qualche Aldous Huxley dei nostri giorni potrebbe essere andata in fiamme, proprio nelle ultime ore. Ma esattamente come succede a qualsiasi notizia oggi, arriverà presto una nuova notizia a occupare tutta l'attenzione, un J. F. Kennedy ucciso a Dallas da Lee Oswald o chi per lui.
Di tutto questo non resterà, quindi, neanche una riga nella pagina dei necrologi. Niente.
Solo un semplice: Ci dispiace per il disagio.
Anche a noi.
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Ho finito questo libro proprio ora, Bhe che dire da tifoso della Roma non poteva mancare. Premetto che amo Totti prima come persona che come giocatore, e non avendo seguito la sua carriera alla lettera metto prima di lui molti altri campioni. Però appena ho visto la pubblicazione di questo libro, non ho resistito a ordinarlo, indipendentemente se ti piaccia o no Totti, se ami il calcio è una lettura consigliatissima, sembra di averlo accanto mentre ti racconta la sua storia, ho provato molto piacere nel leggero e alla fine ho provato pure un po’ di nostalgia all’ ultimo capitolo dedicato al suo addio. Alla fine c’è solo UN CAPITANO.
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Chi ti ha detto impossibile? Era un Dio? Era un guru bla bla? Era un deus ex machina? Nel mondo, migliaia di persone, a cui era stato detto che non c’era nulla da fare, hanno avuto il miracolo della loro mente, persone laiche e non. Dire che secondo la scienza ed il sistema non c’è nulla da fare, che non ci sono rimedi, che non è possibile non significa che non esista la soluzione: il miracolo della tua mente... La tua Mente è potente e può fare tutto se sai come fare... Mai dire Mai...
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Brenda Lodigiani : biografia della conduttrice radiofonica
Nuovo post pubblicato su https://www.wdonna.it/brenda-lodigiani-biografia-della-conduttrice-radiofonica/108793?utm_source=TR&utm_medium=Tumblr&utm_campaign=108793
Brenda Lodigiani : biografia della conduttrice radiofonica
Brenda Lodigiani è un’artista a tutto tondo.
Infatti, è nota al pubblico italiano come attrice, imitatrice ex ballerina e conduttrice, sia televisiva che radiofonica.
Il suo curriculum vanta di numerose esperienze lavorative, che partono dal lontano 2005. Scopriamo qualcosa in più della biografia di Brenda Lodigiani!
Brenda Lodigiani età e carriera
Brenda Lodigiani ha 32 anni ed è nata il 30 dicembre del 1987 a Sant’Angelo Lodigiano.
Sin da piccola, Brenda si è appassionata al mondo della danza e del jazz. Infatti, debuttò proprio come ballerina per il programma Central Station, 15 anni fa.
Nel 2008 invece, è comparsa al fianco di Marco Balestri su Radio 101 per i collegamenti del Motor Show. Da quel momento, la Lodigiani iniziò ad avere una certa notorietà tanto che iniziò a lavorare per il programma Scorie, in onda su Rai 2. Qui svolge un ruolo di imitatrice, interpretando la cantante Arisa.
L’anno successivo, iniziò a collaborare con Maccio Capatonda. Infatti, nel 2009 comparve nella serie “La villa di lato”. Qualche mese dopo, entrò a far parte del team di Quelli che il calcio e contemporaneamente ha condotto su Rai Radio 2, il programma Traffic, trasmesso quotidianamente.
Il 2010 è stato un anno brillante per Brenda Lodigiani. Infatti, divenne anche una dei presentatori ufficiali di Total Request Live On the Roas, ossia il noto show in onda su MTV.
Tra le altre sue esperienze significative nel mondo della televisione, troviamo la conduzione de L’almanacco del Gene Gnocco (con Gene Gnocchi) su Rai 3.
Gli ultimi anni
Nel 2011, continua ad apparire su MTV, conducendo lo show Coca Cola Lip Duo.
Su Sky invece, esordisce con Xtra Factor, al fianco di a Max Novaresi. Un paio di anni dopo (2013) la Lodigiani appare nel cast di Glob, nuovamente come imitatrice. Qui diventa popolare per le sue imitazioni di Roberta Lombardi e Giulia Innocenzi.
Sempre nel 2013, entra a far parte della serie televisiva di La5 Bye Bye Cinderella ma anche per il film
Un fidanzato per mia moglie (diretto da Davide Marengo)
Tra le sue ultime esperienze significative troviamo il ritorno a Glob, l’approdo a Camera Café e Mai dire Talk. Attualmente, è nota al pubblico per la sua imitazione a Diletta Leotta.
Brenda Lodigiani programmi tv
La Lodigiani, nonostante la sua giovane età, è riuscita a raggiungere una popolarità non indifferente.
A seguire, potete trovare l’elenco contenente quasi tutte le sue conduzioni e partecipazioni a programmi e serie tv:
Da quel momento Disney 365 (su Disney Channel, dal 2005 al 2008)
Scorie (su Rai 2, nella stagione 2008-2009)
La villa di lato (su Flop TV, nel 2009)
Quelli che il calcio (su Rai 2, nel 2010, nel 2016, dal 2018 ad ora)
Total Request Live On the Road (su MTV Italia, nel 2010)
L’almanacco del Gene Gnocco (Rai 3, 2010)
Coca Cola Lip Dub @ MTV (su MTV Italia, nel 2011)
Via Massena 2 (su Deejay TV, nel 2011)
Ma anche:
Xtra Factor (su Sky Uno, per la stagione 2011-2012)
Red Bull Flugtag (su Italia 1, nel 2011-2012)
Bye bye Cinderella (su La5, nel 2013)
Glob (su Rai 3, nella stagione 2013-2014)
Shot time (su Italia 1, nel 2014)
Fuoriclasse 3 (su Rai 1, nel 2015)
Alex & Co. (su Disney Channel, nel 2015)
Rai dire Niùs (su Rai 2, nel 2017)
Camera Café (su Rai 2, nel 2017)
Love Snack (su Italia 1, nel 2018)
Mai dire Talk (su Italia 1, 2018-2019)
Oltre alle varie trasmissioni televisive, Brenda Lodigiani si è affermata nel mondo del cinema.
Ad esempio, ha preso parte ai seguenti film:
Un fidanzato per mia moglie, regia di Davide Marengo (nel 2014)
Italiano medio, regia di Marcello Macchia (nel 2015)
Si muore tutti democristiani, regia de Il Terzo Segreto di Satira (nel 2018)
Brenda Lodigiani teatro
Infine, nel curriculum di Brenda Lodigiani, non manca di certo il teatro.
Tra le esperienze più significative, troviamo:
Addio al nubilato, (nel 2011)
Filippo al circo, (nel 2013)
Il poeta e Mary, (nel 2014)
5 racconti sull’amore, (nel 2015)
La bisbetica domata, (nel 2015/2016)
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𝗔 𝗟𝗘𝗧𝗧𝗘𝗥 𝗙𝗥𝗢𝗠 𝗠𝗔𝗨𝗥𝗢 𝗘𝗠𝗔𝗡𝗨𝗘𝗟 𝗜𝗖𝗔𝗥𝗗𝗜 𝖦𝖨𝖴𝖦𝖭𝖮 𝟤𝟢𝟣𝟧
❪ to javier zanetti ; Il dono materiale più importante che abbia ricevuto ╱ ad icardi viene consegnata la fascia da capitano. ❫
“ Non so perché scelsi proprio me. Io ti guardavo sempre con un occhio di riguardo, azzardo nel dire, forse, quasi in modo patetico, con occhi sognati. E forse un po’ ci ho sempre sperato, in realtà, una piccola parte di me ha sempre sperato che proprio tu facessi questa scelta che per tanti risultava azzardata. Ma tu ci hai sempre creduto in me, e l'ho visto. Io avevo solo vent'anni, calpestare quel rettangolo verde ogni mattina con te al mio fianco dava un senso ad ogni cosa. Eppure ammetto di aver combattuto una grande lotta interiore quando hai deciso di appendere gli scarpini al chiodo e di chiudere definitivamente il tuo armadietto alla Pinetina. Un lato di me non riusciva ancora a capire cosa ti spingesse così tanto oltre, oltre tutti i limiti. Il tuo tendine di Achille si era strappato, a Palermo, e la cosa che più ricordo con amore è che non pensavi a tornare in forma per te stesso, ma pensavi solo ed esclusivamente a lei, ai tuoi tifosi, a come – ormai vicino al ritiro – avresti salutato quello spettacolo che ogni domenica avevi dinanzi, a quello che ti faceva stare bene, che ti faceva sognare, rabbrividire, dire addio al Meazza. Avevi trentanove anni, e non eri spaventato, hai semplicemente ripreso a giocare ed io, vent'anni, ti guardavo e stentavo a crederci. Però sai, quando sei tornato a calpestare il prato di San Siro ed ho udito quel boato che ti ha accolto giuro che ho faticato a trattenere le lacrime e non me ne vergogno. Quando ti hanno visto entrare era come se per loro ci fosse qualche specie di divinità. Tutti erano lì impazienti di rivederti, urlavano quegli ottantamila tifosi il tuo nome. Tornasti da quei lunghi sei mesi lontano dal campo, il tuo era stato un brutto infortunio ma tu, dios, tu sì che hai avuto le palle di vestire la tua seconda pelle e dare un ultimo ed importante contributo al tuo più grande amore. E sai una cosa? Lo è anche per me. Forse è per questo che una parte di me non voleva che tu mi lasciassi solo con un gregge impazzito, forse non me la sentivo di essere il loro pastore, sai? Ingenuo, piccolo, ancora con tantissima strada da fare. Ma il tuo sguardo diceva altro, mentre mi porgevi quella stoffa che tanto avrebbe pesato sul mio braccio. Mi guardasti come un figlio, e tu da padre orgoglioso mi chiedesti di prendermi cura della cosa più cara che avessi mai avuto in tutta la tua vita. Riuscivo perfettamente a leggerti quei venti anni passati ad amarla incondizionatamente e ti giuro, lo so, che chiunque possa dire di conoscermi, legge l’esatto amore, a volte anche complicato, ma c’è, è radicato ed è troppo tardi per poter dire che non lo sia. Non ti sei dilungato molto, però, mentre mi tendevi la mano e mi incaricavi del ruolo più importante della mia vita. Ma forse quei tre minuti per me sono stati interminabili, sai? Forse è stato il passaggio del testimone più lungo della storia, se ci penso ancora. Sembrava si fosse fermato il tempo, quello che per noi è stato sempre fondamentale. Il tempo. Ho imparato a misurarlo, a pesarlo, a sentirmelo addosso. Tre minuti. Tre minuti o 5.382 giorni? Ed era come se fossi in campo, mentre giocavo una di quelle partite così importanti e che hai stretto in un pungo, una di quelle partite che non ti faranno dormire per la troppa eccitazione, una di quelle che fai farai fatica a dimenticare. Ed è come in una di quelle sfide che sono arrivati quei tre fischi tanto desiderati e lo hanno dilatato, compresso e poi fatto esplodere, quel maledetto tempo. Nel mio cuore e in quello di milioni di interisti. Quel gesto segnava la fine di un’era stracolma di gioia, sofferenza, di partite vinte e perse, di grandi momenti, grandi tasselli che andavano a segnare la storia del calcio, segnandone l’inizio di una nuova. E mi sono sempre chiesto se effettivamente il gioco valesse la candela. E pensando e ripensando, rimuginando in qualche strano angolo del mio cervello ho trovato così tante cose che ci accomunavano che quasi, a ripensarci, mi commuovo, mio eterno capitano. Eri arrivato qui che eri davvero un bambino, proprio come me. La sola differenza è che su di te nessuno ci scommetteva: eri stato semplicemente un “ più “ in una trattativa così importante per la società, il tuo acquisto era stato disegnato semplicemente come un regalo, un cartellino acquistato a zero e che sarebbe stato rivenduto ad una cifra superiore l’anno successivo. Ed invece, guardati adesso, guarda quale gloriosa storia hai scritto. Io ricordo i tuo occhi quel ventidue maggio, sai? Ho sempre desiderato fare lo stesso, e con tale peso che mi porto adesso, lo voglio ancora di più, mio capitano. Quindi forse sì, il gioco vale la candela. Valgono meno gli sforzi fatti, se perdi? No. Mi sono sempre allenato meno bene, meno intensamente, quando non arrivavano le vittorie? No. Ho mai lesinato sforzi o energie, mi sono mai tirato indietro? No. E tu ne eri consapevole, mi avevi scelto tra tanti. Forse, solo in quell'istante ho pensato di potercela veramente fare, anche se il tempo e l’amore sono stati poi l’ascissa e l’ordinata che hanno racchiuso la traiettoria del mio essere il nuovo capitano. Ho imparato molto da te, tanto, tutto forse. Ho appreso quanto il tifoso nerazzurro fosse passionale, ho sempre ammirato la resilienza, la capacità di starti vicino. L’empatia, fin dal mio arrivo, è stata naturale. Gli interisti sono speciali: sempre presenti, trascinanti, con una profondità di sentimento fuori dal comune. Sei arrivato qui nel 95, con scarpini rovinati ed ora, a distanza di vent'anni, ne sei il vicepresidente. Il nostro arrivo, come già ho detto, ci accomuna in qualche modo, la nostra storia lo fa da se: tu che provenivi da un piccolo paese dell’Argentina e che giocavi su campi di terra battuta, proprio come me, in quel dì Rosario. Io ero davvero estenuante con la mia famiglia, ero sempre fuori con un pallone tra i piedi, e mia sorella, povera, mi rincorreva tra un campetto e l'altro, a volte forse mi odiava per quanto la facessi correre, però eri lì, sempre e mi appoggiava, mi spronava ad inseguire i miei sogni, anche quando dovetti andarmene di casa per farlo, lasciandola da sola, per un primo periodo. Io, con una maglia più sporca di terra che altro, tiravo quel pallone ovunque e le dicevo che un giorno avrei giocato in Italia, sai? Come te, proprio come te. E la mia era ammirazione, a tratti credo che quasi toccassi la devozione. Giocatori del tuo spessore e della nostra Nazionalità non se ne vedevano spesso. Le leggende sai, quelle vere, sono rare e sai bene quanto in Argentina tutto questo sia importante, a te, che hai visto sul campo Maradona. Non avrei mai pensato che un giorno tutto quello che ho sempre sognato si potesse realizzare, e la cosa più sorprendente è che è successo con te, al mio fianco, a tendermi la mano. Io ho sempre cercato di dare il meglio, anche quando ho costretto la mia famiglia a trasferirsi in Spagna con neanche un soldo in tasca. Anche quando mio padre, per la prima volta, mi portò a vedere la squadra di cui adesso ne sono capitano. Ma io continuavo imperterrito ad inseguire i miei sogni sebbene sembrassero pressoché impossibili: la nazionale, la Serie A. Fantasticavo, volevo anche ripagare i sacrifici dei miei genitori. Un insegnamento, quello della mia famiglia, che sono riuscito a tradurre poi alla mia. Ed ora, io, posso costruire una nuova era di questa gloriosa società. È un percorso straordinario, ma cerco di farlo con delle stelle fisse a cui guardare: i tifosi nerazzurri, la nostra storia, la maglia nerazzurra, le sofferenze e le gioie dalle quali siamo passati. Penso al futuro, voglio che sia bellissimo per noi interisti. E con questa fascia al braccio voglio continuare a costruirlo, insieme. L'Inter, è una forma di allenamento alla vita. È un esercizio di gestione dell'ansia e un corso di dolcissima malinconia. È il gioco, da grandi, di quelli che da bambini tenevano ai sudisti e agli indiani. È un modo di ricordare che a un bel primo tempo può seguire un brutto secondo tempo. Ma ci sarà comunque un secondo tempo, e poi un'altra partita, e dopo l'ultima partita un nuovo campionato. E questo l’ho imparato, lo so, è come te, la mia seconda pelle. Onorerò la nostra storia, il nostro amore, mi batterò per lei, e terrò alto il nostro, tuo, onore.
Grazie capitano, te ne sarò eternamente grato. ”
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Al portiere Gianluigi Buffon piace la maglia a maniche corte
Ci sono state molte notizie sul portiere Gianluigi Buffon di recente, e il contenuto è tutto sul suo annuncio di ritiro. Gianluigi Buffon, 45 anni, ha deciso di dire addio alla carriera di portiere professionista dopo 28 anni di carriera. Ma Gianluigi Buffon ha una preferenza. Gli piace indossare maglie calcio a maniche corte soprattutto nel gioco.
Come portiere Gianluigi Buffon può scegliere lo stile a maniche lunghe, ma gli piace molto lo stile a maniche corte. Gianluigi Buffon e Cristiano Ronaldo sono diventati compagni di squadra durante la sua permanenza alla Juventus e insieme hanno aiutato la squadra a vincere il titolo di Serie A. L'unico rimpianto per i portieri Gianluigi Buffon e Cristiano Ronaldo è quello di aver saltato la UEFA Champions League, e il rimpianto più grande per la Juventus è quello di aver saltato nuovamente il campionato della massima competizione. A Gianluigi Buffon piace la divisa Juventus a maniche corte, mentre Cristiano Ronaldo preferisce lo stile a maniche lunghe al contrario. Gianluigi Buffon ha avuto tanti momenti felici nella sua carriera, e il suo talento viene dalla famiglia. I membri della famiglia di Gianluigi Buffon sono atleti professionisti ei suoi genitori hanno entrambi vinto campionati in altri sport. Pertanto, la maggior parte della forza di Gianluigi Buffon è attratta dallo sport fin da bambino. Ha anche aiutato la nazionale di calcio italiana a vincere il campionato della Coppa del Mondo FIFA.
La scelta del portiere nelle posizioni di calcio di Gianluigi Buffon è stata influenzata da Lorenzo Buffon, leggendario portiere del calcio mondiale. Lorenzo Buffon è considerato uno dei più grandi portieri della storia del Milan, ed è stato anche l'idolo d'infanzia di Gianluigi Buffon. Da quando Gianluigi Buffon ha lasciato la Juventus, l'attenzione dei media mainstream è progressivamente diminuita. Ora Gianluigi Buffon ha scelto un'altra vita, e in futuro seguirà le partite di calcio da tifoso.
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5 APR 2019 08:101. SE NE VA A 72 ANNI LO STORICO CONDUTTORE TV CESARE CADEO, VOLTO GENTILE DI BERLUSCOLANDIA: ''DELLA MORTE NON MI FREGA NIENTE PERCHE'...''. ERA SPOSATO DA 55 ANNI 2. LE NOTTI AD ARCORE IN PIGIAMA, SACCHI CHE URLAVA NEL SONNO, LA PRIMA COPPA DEI CAMPIONI DEL MILAN - GIORNALISTA E DIRIGENTE ROSSONERO, IN TUTTE LE AVVENTURE DI BERLUSCONI: 'IN POLITICA AVREBBE AVUTO BISOGNO DI PERSONE COME ME, INCAPACI DI..." VIDEO
1.CESARE CADEO
https://www.dagospia.com/rubrica-2/media_e_tv/excelsis-cadeo-cesare-notti-ad-arcore-pigiama-sacchi-che-123323.htm
2. CADEO È MORTO. ADDIO ALLO STORICO CONDUTTORE TV E GRANDE TIFOSO DEL MILAN
Da gazzetta.it
Cesare Cadeo, giornalista e conduttore tv tra i più popolari, si è spento oggi. Aveva 72 anni. Da sempre tifoso milanista, all’inizio degli Anni 70 è responsabile delle relazioni esterne del Milan di Felice Colombo e Vittorio Duina. Nel 1975 inizia a lavorare a Tvm66, una delle prime emittenti televisive milanesi. Poi passa alla corte di Silvio Berlusconi di cui resterà sempre molto amico, prima a TeleMilano58 poi a Canale 5. Qui partecipa alla realizzazione del Mundialito di calcio e commenta i principali eventi sportivi. Nella stagione 1982/83 conduce Goal con Enzo Bearzot, c.t. della Nazionale campione del mondo in Spagna. Un anno dopo, è lui il presentatore di trasmissioni sportive come Record e Super Record , in onda su Canale 5. Dal 1989 al 1992 eccolo invece su Italia 1 a Calciomania, affiancato da Paola Perego e Maurizio Mosca. Nel 1995 è ospite fisso di Mai dire Gol.
AL FIANCO DI SILVIO — Durante la Presidenza del Milan di Berlusconi è consigliere d'amministrazione del club. È Cadeo nel 1986 a condurre la mitica presentazione all'Arena di Milano della prima squadra targata Silvio ed è sempre lui, il 15 maggio 1988, lo speaker della festa di San Siro per il primo scudetto. Padre di Alessandra, Filippo e Caterina, è stato anche assessore allo Sport della Provincia di Milano tra il 1999 e il 2004.
Da www.cinquantamila.it, a cura di Giorgio Dell'Arti
Milano 2 luglio 1946. Conduttore tv. Giornalista. Prima del 1978, anno in cui è approdato a Telemilano 58, ha condotto il tg dell’emittente Tvm66. Assunto a Canale 5 nell’81 come inviato e consulente aziendale, suoi primi programmi Goal (con Enzo Bearzot), Superflash (con Mike Bongiorno). Nei primi anni ’80 conduce Record e SuperRecord, trasmissioni di sport, grazie alle quali vince il Telegatto. Nel 1986 è entrato a far parte del cda del Milan, dove è restato per dieci anni. Nel 1999 fu nominato assessore allo Sport della Provincia di Milano (presidente Ombretta Colli). Nel 2007-2008 ha condotto con Roberta Lanfranchi il reality La sposa perfetta.
• Nel 2008 è stato l’ideatore, l’autore e il conduttore di Ali di luce, su Telenova e sul canale 892 di Sky, con Aristide Malnati e Tonino Scala.
• Nel 2010 e nel 2011, sempre su Telenova e sul canale 892 di Sky, ha condotto Passo in TV con Irene Colombo, Aristide Malnati e Tonino Scala, per la regia di Mimmo Zingaro.
• «Continuo a presentare centinaia di Televendite e Telepromozioni su Canale5, Italia1, Rete4».
• Della morte dice: «Non me ne frega niente. Nel 2000 l’ho vista da vicino, ho avuto un’ischemia e ora ho due gancetti che mi aiutano a tenere le arterie aperte». (Libero)
• Sposato con Lalla, conosciuta all’Università nel 1964. Tre figli: Alessandra (1973), Filippo, (1975) e Caterina, (1983). Un nipote, Matteo e un pastore tedesco Sheva.
• «Questo è più o meno quello che ho combinato… avrei potuto fare meglio, ma è andata così e ringrazio Dio di avermelo permesso». [Cesarecadeo.it]
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Ibrahimovic: 'E' il momento di dire addio al calcio'
“Ora è arrivato il momento di dire addio al calcio, non a voi”. Queste le parole di Zlatan Ibrahimovic al centro del campo di San Siro. “Mi avete ricevuto con braccia aperte, sarò milanista per tutta la vita”. Sembra così cadere l’ipotesi del passaggio al Monza di cui si era molto vociferato. “La prima volta che sono venuto al Milan, mi avete dato la felicità. La seconda volta mi avete dato…
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“Sì, perché un giorno, Kobe, ti sfiderò uno contro uno. Ti faccio un paio di crossover da lasciarti inchiodato lì. Vedrai. Anche se è impossibile, come sfidare un dio a dadi”. In memoria di Bryant, che ha fatto la Monna Lisa sul campo da basket
“Pare sia morto Kobe Bryant…” dice Davide al telefono. “Che stronzata” rispondo. Intanto apro Facebook. Poi Google. E tutto diventa vero.
Mi viene in mente una persona: Marco Simoncelli. Lo strazio è identico.
E se con Marco ho ricevuto, per caso, l’occasione di condividere qualche momento, con Kobe ne ho trascorsi un’infinità. Come se tra noi non ci fosse alcuna distanza. Ho iniziato a giocare a pallacanestro tra gli undici e i dodici anni, e se nel giro di tre anni sono diventato uno degli innumerevoli a cui è stato detto “chissà, se ti impegni, magari potrai farlo di lavoro” (certo, ho fallito miseramente), il merito è stato dei pomeriggi di lavoro al campetto pensando a Kobe Bryant. E di tutte le sere trascorse incollato ai suoi video. Mi addormentavo studiando le sue finte, il piede perno, le interviste in cui raccontava come fosse riuscito a diventare Kobe Bryant.
Nicolò Locatelli che imita Kobe Bryant
Perché se hai quattordici anni e quel giorno non c’è allenamento, quante cose puoi fare? Soltanto una ovviamente. La stessa che farai per molti anni. Anche a gennaio quando ci sono tre gradi e il cielo ogni tanto ti sputa un po’ d’acqua. Vai al campetto in bicicletta con i pantaloncini da basket sotto i pantaloni della tuta. E il pallone dentro uno zaino. E quando arrivi ti ritrovi a litigare con tutti, perché gli altri ragazzini – una decina –, stanno utilizzando quella piastra di cemento che è il campo da campo da basket per giocare a calcetto. Allora ti metti a palleggiare nel parcheggio finché non smettono, provando e riprovando crossover e palleggi sotto le gambe, dietro la schiena, o passaggi improbabili al muro. Avevi guardato i video di Kobe tutta la notte, e al mattino avevi collezionato l’ennesima insufficienza in matematica. Finalmente sembrava arrivato il momento di giocare a basket. La quiete prima della tempesta. E se gli altri smettono di giocare a calcio soltanto quando si fa buio, a te cosa importa. Chissenefrega della nebbia, chissenefrega se spioviccica. Siete tu e gli alberi. E anche chi non c’è, in questo caso. Quando nella tua testa mancano cinque secondi al fischio finale e il pallone dell’ultimo tiro si trova tra le tue mani, è tutto molto semplice: in quel momento ci sono tutti. Anche Kobe. Sì, perché un giorno, Kobe, ti sfiderò uno contro uno. Ti faccio un paio di crossover da lasciarti inchiodato lì. Vedrai.
Poi cresci. Ti rendi conto che è impossibile come sfidare un dio a dadi. Che se la pallacanestro è madre, il padre non può essere che Kobe. E il tuo rapporto con lui un complesso di Edipo. E i principi e le regole della matematica non li hai mai imparati. Hai imparato Kobe. Conosci il suono della sua voce italiana e di quella americana. La sua faccia strana, con quel naso a punta da bianco. Conosci ogni singolo highlight e tutte le leggende e gli aneddoti che lo riguardano. Perché Kobe Bryant era talmente devoto a se stesso da trascinarti in un vortice di adorazione. Può non avere amato Kobe soltanto chi inconsciamente ne ha avuto troppa paura. Perché Kobe Bryant, se giochi a basket, ha la stessa importanza dell’alfabeto per te che stai leggendo. Quanto ai paragoni con il tuo predecessore: dev’essere stato più facile ritrovarsi ad essere Micheal Jordan, un ideale di perfezione. Il difficile è stato raggiungere quella perfezione nei panni di un uomo: di Kobe, quel minuscolo spazio tra le dita di Adamo e Dio nella Creazione di Adamo. La vetta più alta mai sfiorata.
E poi hai perso, Kobe. E ti amerò per sempre anche per questo. Ci hai insegnato la grazia suprema del talento coltivato dall’etica, e al tempo stesso ricordato l’inevitabile caducità di ciascuno di noi. Siamo destinati a morire ed è questo che ci rende umani. La nostra coscienza. Sei stato capace di segnare 81 punti e al tempo stesso di avere fine. Hai inventato il Colosseo e le piramidi, sul campo da basket, hai dipinto la Monna Lisa ed eretto il Partenone. Hai fatto vivere a un bambino di sei anni il sogno di essere uno dei Lakers. Sei rimasto un bambino di sei anni diventando il migliore Lakers di sempre. E poi mi hai fatto piangere. Ci stai facendo piangere tutti. Da due giorni di fila. Ma un giorno Kobe, te lo dico, verrò a cercarti per sfidarti uno contro uno. Ti faccio un paio di crossover da lasciarti inchiodato lì. O più probabilmente me li farai tu. Per ora ti abbraccio – abbraccio anche Gianna.
Nicolò Locatelli
***
La lettera di Kobe Bryant nel giorno in cui diede addio al basket giocato
Caro basket, dal momento in cui ho cominciato ad arrotolare i calzini di mio padre e a lanciare immaginari tiri della vittoria nel Great Western Forum ho saputo che una cosa era reale: mi ero innamorato di te Un amore così profondo che ti ho dato tutto dalla mia mente al mio corpo dal mio spirito alla mia anima. Da bambino di 6 anni profondamente innamorato di te non ho mai visto la fine del tunnel. Vedevo solo me stesso correre fuori da uno. E quindi ho corso. Ho corso su e giù per ogni parquet dietro ad ogni palla persa per te. Hai chiesto il mio impegno ti ho dato il mio cuore perché c’era tanto altro dietro. Ho giocato nonostante il sudore e il dolore non per vincere una sfida ma perché TU mi avevi chiamato. Ho fatto tutto per TE perché è quello che fai quando qualcuno ti fa sentire vivo come tu mi hai fatto sentire.
Hai fatto vivere a un bambino di 6 anni il suo sogno di essere uno dei Lakers e per questo ti amerò per sempre. Ma non posso amarti più con la stessa ossessione. Questa stagione è tutto quello che mi resta. Il mio cuore può sopportare la battaglia la mia mente può gestire la fatica ma il mio corpo sa che è ora di dire addio. E va bene. Sono pronto a lasciarti andare. E voglio che tu lo sappia così entrambi possiamo assaporare ogni momento che ci rimane insieme. I momenti buoni e quelli meno buoni. Ci siamo dati entrambi tutto quello che avevamo. E sappiamo entrambi, indipendentemente da cosa farò, che rimarrò per sempre quel bambino con i calzini arrotolati bidone della spazzatura nell’angolo 5 secondi da giocare. Palla tra le mie mani. 5… 4… 3… 2… 1… Ti amerò per sempre, Kobe
L'articolo “Sì, perché un giorno, Kobe, ti sfiderò uno contro uno. Ti faccio un paio di crossover da lasciarti inchiodato lì. Vedrai. Anche se è impossibile, come sfidare un dio a dadi”. In memoria di Bryant, che ha fatto la Monna Lisa sul campo da basket proviene da Pangea.
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Agnelli: “Con Allegri ottimo rapporto ma finisce un ciclo. Allegri:”divergenze professionali”
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Agnelli: “Con Allegri ottimo rapporto ma finisce un ciclo. Allegri:”divergenze professionali”
Agnelli: “Con Allegri ottimo rapporto ma finisce un ciclo. Allegri:”divergenze professionali”
Andrea Agnelli e Massimiliano Allegri insieme in conferenza stampa per spiegare le motivazioni che hanno portato alla separazione dopo 5 anni insieme
Cinque stagioni vissute al massimo tra scudetti, Coppa Italia e Supercoppa italiana vinte e due Champions League solo sfiorate. Massimiliano Allegri e la Juventus si dicono addio, di seguito le motivazioni raccontate in toto dal presidente Agnelli e da Allegri, attraverso l’odierna conferenza stampa.
LE PAROLE DI AGNELLI IN APERTURA
AGNELLI- «Non risponderà a nessuna domanda sull’allenatore della prossima stagione. Oggi sono qua personalmente per celebrare Max Allegri, un allenatore che da solo ha scritto la storia della Juventus. Fino a oggi si parlava della Juve del quinquennio e degli anni 30, lui ha vinto cinque titoli da solo. Mi ricordo quando a maggio 2013 stavamo andando a vedere la finale di Champions tra Bayern e Dortmund, nello stesso albergo c’era Allegri e dissi a Paratici che sarebbe potuto diventare l’allenatore della Juve. Aspettammo 14 mesi, poi venne alla Juventus tra le contestazioni generali. Dimostrò di aver grandissimo coraggio e attributi».
NUMERI ALLA MANO- «I numeri parlano per lui come vittorie e titoli conquistati. Numeri incredibili, per me sono stati cinque anni bellissimi tra affetto, stima, amicizia, condivisione, lavoro, fatica e tante tante vittorie. Abbiamo anche vissuto da vicini di casa per un anno e mezzo, poi le cene piacevolissime per condivisione di Juventus e vita. In questo percorso la cosa che mi rende più orgoglioso è quello che penso di aver trovato un amico sincero con cui potermi confidare e confrontare su tanti argomenti».
IL MOMENTO PER CHIUDERE- «Ero convinto di andare avanti con Allegri, ero sincero dopo la partita con l’Ajax. Poi ci sono state delle analisi da parte di tutti, Allegri in primis, che dimostrano l’intelligenza di un gruppo per il bene societario. Con un po’ di tristezza credo sia arrivato il momento giusto per chiudere un ciclo, uno dei più vincenti della storia della Juventus. Grazie Max per tutto quello che hai fatto».
SUI REALI CAMBIAMENTI- «Al di là della dietrologie scritte, è passato un mese di analisi e riflessioni che hanno portato a capire che il ciclo era arrivato alla sua naturale conclusione. Non c’è stato un fatto che ha portato a questa decisione, abbiamo tutti deciso di chiudere con un successo questo ciclo. Inutile trascinarsi avanti».
TIFOSI DECISIVI?- «No, gestendo aziende bisogna saper prendere le giuste decisioni al momento giusto. Solo il futuro saprà dirci se è la scelta migliore e corretta. Noi viviamo una realtà all’interno e ci fidiamo di quello, chi non è dentro non potrà mai avere tutti gli elementi per sapere perché vengono fatte certe scelte. A me non piacciono gli yesman, voglio personaggi forti che sappiano avere una loro opinione».
SUL MOMENTO DELLA DECISIONE- E’ stato un percorso, una riflessione maturata affrontando determinati temi. Nell’interesse di tutti è la decisione migliore per la Juventus. La società ha una sua storia in cui siamo tutti utili, ma nessuno è indispensabile a partire da me.
LE PAROLE DI ALLEGRI
ALLEGRI- «Ringrazio il presidente e i ragazzi per quello che hanno fatto e mi hanno dato, quelli di quest’anno e tutti gli altri. Ci siamo tolti tante soddisfazioni, lascio una squadra vincente che ha le potenzialità per ripetersi in Italia e fare un grande Champions. Quest’anno purtroppo non siamo riusciti ad arrivare in fondo in Europa. Abbiamo discusso e ho espresso il mio parere sul bene della Juventus per il futuro, la società ha fatto le proprie considerazioni e ha fatto le proprie scelte. Questo non cambia nulla, i rapporti con la società sono e restano ottimi».
SUI FESTEGGIAMENTI- «Ora abbiamo due cose da festeggiare allo Stadium: lo scudetto e l’addio di Barzagli, che lascia. Deve essere una bellissima serata in cui festeggiare cinque anni straordinari».
SUI CONDIZIONAMENTI ESTERNI- «La prendo tranquillamente, nei rapporti professionali ci si può dividere. Io non ho chiesto anni di contratto, rivoluzioni, giocatori. Non ne abbiamo mai parlato, non ci siamo nemmeno arrivati. E’ arrivato il tempo giusto per dividersi. Sono contento ed emozionato, ma ora dobbiamo festeggiare. La Juventus ripartirà l’anno prossimo nel migliore dei modi».
DETERMINANTE IL GIOCAR MALE- «Non ha pesato questa cosa, è sempre stato un dibattito aperto con tutti. Alla fine di tutto contano gli obiettivi raggiunti, alla Juventus devi vincere e anche quest’anno l’abbiamo fatto. Il giocare bene o male dipende da tanti fattori, ma il risultato condiziona ancora di più. Io da allenatore dovrò sempre analizzare la prestazione e non il risultato, che però senza prestazioni non arriva. Il calcio è anche strategia, non sempre si può giocare bene, spesso lo scudetto lo vinci conquistando le partite giocate male che fanno la differenza a fine anno. Se uno si accontenta di uscire dal campo dicendo “abbiamo giocato bene, ma abbiamo perso” non fa per me.
SUI VALORI DEL CALCIO- «Nel calcio si deve vincere le partite. Le grandi partite le vincono le grandi difese, il Real a Cardiff ha difeso meglio di noi. Io a 52 anni non ho ancora capito cosa voglia dire “giocare bene a calcio”. Nella vita ci sono le categorie: chi vince, chi perde, chi retrocede e chi no. Se uno non vince mai ci sarà un motivo! Ora va di moda la teoria, non ci sono più i mestieranti. Guardate Cellino, è andato a Brescia e lo ha riportato in Serie A subito, perché è più bravo degli altri».
PARTE INTEGRANTE DEL PROGETTO- «In questi cinque anni sono sempre stato coinvolto nelle decisioni della società. Non sono mai stato uno yesman, ma sono sempre stato parte del discorso nelle varie problematiche. Nelle società così grandi l’allenatore deve essere a conoscenza di tutte le problematiche, poi a me le cose nuove interessano sempre e non mi piaceva essere ridotto a dare solo la formazione».
JUVENTINO DA SEMPRE- «Da quando sono qui sì, ma lo ero anche da piccolo quando avevo il poster di Platini. Significa far parte di una famiglia che ha un Dna ben preciso che insegna molto e cresce. Qui impari disciplina e cultura del lavoro, sono stati cinque anni di grande insegnamento in cui sono cresciuto».
RAPPORTO CRITICO CON I TIFOSI?- «Non me lo sono domandato perché i tifosi sono sempre stati molto calorosi e mostrato stima e affetto».
SUL FUTURO- «Ora come ora penso solo a festeggiare. Magari una pausa mi farebbe anche bene, poi a metà luglio magari avrò voglia di lavorare. Avrò la serenità di valutare le situazioni proposte e valuterò, altrimenti prenderò un anno più lungo dedicandomi del tempo».
Andrea Agnelli e Massimiliano Allegri insieme in conferenza stampa per spiegare le motivazioni che hanno portato alla separazione dopo 5 anni insieme Cinque stagioni vissute al massimo tra scudetti, Coppa Italia e Supercoppa italiana vinte e due Champions League solo sfiorate. Massimiliano Allegri e…
Alessandro Sgamma
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Il Trodica cade ancora, il Montemilone vola con le ali D’Angelo
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Il Trodica cade ancora, il Montemilone vola con le ali D’Angelo
Il Trodica cade ancora, stavolta in casa contro il Montemilone Pollenza e oltre a dire addio ai sogni di gloria dei play off, deve ora guardarsi indietro per non rischiare di trovarsi mischiato nei play out nelle ultime cinque gare rimaste del girone C di Prima Categoria.
La doppietta di D’Angelo, infatti, il primo gol olimpico direttamente da calcio d’angolo, risucchia i biancocelesti nel limbo di metà classifica, a più sei dalle zone basse della classifica. E, vista la prossima trasferta di Muccia, risulta urgente mettersi al riparo da brutte sorprese.
I ragazzi di mister Pasquale Minuti sfiorano il gol al 18esimo con Silla che, servito tutto solo in area, calcia di prima intenzione ma non trova la porta. E, due minuti più tardi, vanno sotto: angolo dalla destra di D’Angelo, Pennacchietti calcola male la traiettoria e la sfera si infila direttamente in porta per l’uno a zero ospite. Al 39esimo ci prova Ulissi a suonare la sveglia, ma il sinistro dal limite dopo un bel dribbling sulla trequarti si spegne fuori di poco. Al 44esimo Balloni rientra dalla sinistra e calcia a giro sul secondo palo, pallone di poco a lato. Ancora Balloni da fuori area impegna Maccari che respinge con i pugni. E, in pieno recupero, arriva il raddoppio Montemilone. Un rilancio lungo a campanile viene controllato da Tidei che lascia all’accorrente Pennachietti che, però, calcola male il rimbalzo e colpisce di testa corto; appostato al limite c’è D’Angelo che calcia in pallonetto di prima intenzione, il portiere locale tocca solamente la sfera si spegne in fondo al sacco. Si va così al riposo sul due a zero.
Nella ripresa poche emozioni fino al 74esimo, quando Balloni carica da fuori area ma Maccari devia. Due minuti più tardi, però, i padroni di casa restano in dieci uomini: Tidei strattona il neo entrato Bacaloni e si fa sventolare il secondo giallo, rosso e Trodica in inferiorità numerica. In dieci contro undici, però, i biancocelesti hanno la grande chance per riapre i giochi al minuti 81: punizione veloce di Bracciotti, Balloni taglia in area e supera Macari con un tocco sotto ma Marziali salva in scivolata sulla linea; il pallone carambola sui piedi di Marchioni che, all’altezza del dischetto, tutto solo, ha il tempo di controllare e calciare verso la porta priva del portiere, ma Compagnucci appostato sulla linea devia di testa in angolo. Praticamente finisce qui la gara del Trodica che, nel finale rischia di capitolare di nuovo. D’Angelo all’85esimo ci prova su punizione dalla distanza, Pennacchietti vola in angolo. Lo stesso numero sette ospite, al 49esimo, ruba palla in area e calcia a giro sul secondo palo ma non trova la porta. Arriva così il triplice fischio che sancisce la vittoria del Montemilone e acuisce la crisi del Trodica.
Trodica-Montemilone Pollenza 0-2
Trodica: Pennacchietti, Berrettoni, Lambertucci, Cher, Tidei, Pettruzzelli, Ulissi, Bibini (Canuti 60’), Balloni, Silla (Bigioni 60’) (Bracciotti 75’), Monteverde (Marchioni 70’); All Pasquale Minuti
A disp: Butteri, Panico, Sgalla
Montemilone Pollenza: Maccari, Giustozzi (Bacaloni 73’), Cicconofri, Marinangeli, Marziali, Savoretti, D’Angelo, Trobbiani, Roganti, Verdolini, Staffolani (Compagnucci 60’); All Fontinovo
A disp: Ceschini, Petrarulo, Paoli Martorelli, Splendiani
Direttore di gara: Paoloni (Ascoli Piceno)
Marcatori: D’Angelo (20’; 47’)
Ammoniti: Roganti (40’), Berrettoni (56’), Cher (90’), Tidei (3’; 76’), Ulissi (70’), Bibini (38’), Bracciotti (87’), Marchioni (85’)
Espulsi: Tidei (76’ doppio giallo)
Man of the match: D’Angelo (Montemilone Pollenza)
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