Text
So che adesso sei là, nella favolosa Parigi e danzi sul grandioso palco degli Champs-Élysées. Dopo il tuo nome c’è il mio cognome: Chaplin. Con questo cognome, per più di quarant’anni ho fatto ridere la gente di questo mondo. Ma io ho pianto ben di più di quanto loro abbiano riso. Geraldine, nel mondo che tu abiti, non vi sono solo danze e musica! Ogni tanto prendi la metro, fatti un giro a piedi e osserva la città. Presta attenzione alle persone! Guarda le vedove e gli orfani! Ed almeno una volta al giorno, ripeti a te stessa: “Io sono come loro”. Sì, sei una di loro, bambina mia!
E se mai giungerà il giorno in cui ti sentirai superiore al tuo pubblico, lascia subito il palcoscenico. Prendi il primo taxi e fatti portare alla periferia di Parigi. E ricorda: nella famiglia Chaplin non c’è mai stato nessuno tanto maleducato da offendere un cocchiere o irridere i poveri seduti sulle rive della Senna.
Vorrei che tu non conoscessi mai la povertà. Insieme a questa lettera, ti inverò un libretto degli assegni, di modo che tu possa spendere quanto desideri. Ma ogni volta che spendi due franchi, ricorda a te stessa che la terza moneta non è per te. Deve appartenere allo sconosciuto che ne ha bisogno.
Parlo con te di denaro, avendo conosciuto il suo diabolico potere. Ho passato non poco tempo al circo. Mi sono sempre preoccupato per i funamboli. Ma devo dirti che le persone cadono ben più spesso sulla nuda terra, di quanto non facciano i funamboli dalla fune malferma. Forse, durante una delle serate di gala, sarai accecata dal luccichio di un qualche diamante. Da quel preciso istante, diventerà per te una pericolosa fune e non potrai evitare di cadere. Non vendere il tuo cuore per l’oro e i gioielli. Sappi che il diamante più grande è il sole. Esso, per fortuna, splende per tutti.
E quando giungerà per te il tempo di amare, ama quella persona con tutta te stessa. Io sono vecchio e, forse, queste mie parole ti sembrano buffe. (…) Il tuo papà è invecchiato, Geraldine. Prima o poi, al posto del candido abito da scena, dovrai vestire a lutto, per venire alla mia tomba. Non voglio intristirti. Solo, ogni tanto, guardati allo specchio; vi troverai i miei lineamenti. Nelle tue vene è il mio sangue. Non sono stato un angelo ma mi sono sempre impegnato ad essere un uomo. Impegnati anche tu.
Ti bacio, Geraldine.
Tuo, Charlie, 24 Dicembre 1965
0 notes
Text
Stazione di Sant Pancras a Londra. Lo Chef Davide aspetta trepitante suo figlio. Le atmosfere londinesi si mischiano all'emozione di rivederlo dopo tanto, quasi 4 mesi. Mesi fatti di lavoro, montagna, poca neve, un isola brasiliana, Rio e infine Londra. Mentre aspetta fa un giro per l'immensa stazione così vuota quanto animata. Cerca di trovare il binario 9 3/4, di Harry.. Lo vede solamente da lontano perché ormai quel binario è chiuso per la maggior parte delle persone. Si imbatte però in una statua in bronzo che gli sblocca un ricordo inatteso.. Anni fa qui aveva perso un treno con la sua prima fidanzata storica. Era così diverso, giovane e pieno di vita come suo figlio che tra poco riabbraccerà. Nota poi un'altra statua che non si ricordava, molto più alta e imponente.. rappresenta un coppia di amanti che intenti in un ballo della riconciliazione si incontrano, si sfiorano, sotto tante immagini prospettiche in basso rilievo di un viaggio unico.. infinito e profondo. Un ragazzo si avvicina e chiede se non è proprio bello.. È un ragazzo alto simile a Davide, ma diverso, con i capelli lunghi e poco più giovane, al suo fianco una ragazza bruna molto bella. In lui Davide percepisce una specie di curiosità mista a tensione conoscitiva. Non sa spiegare ma lo sente. Imbarazzato risponde che la prospettiva di quel basso rilievo era incredibilmente unica. Tra loro c'è un riflesso di intesa. Una magia istantanea. Il ragazzo saluta Davide augurandogli buona serata.. lui contraccambia e si incammina fuori dalla stazione.. preso dalla magia del momento, dal silenzioso suono del brusio, cerca tra la folla suo figlio, lo aspetta sarà un weekend incredibile fatto magia. È grato. Tutto può capitare in un attimo, tutto viene cancellato dall'attimo.
2 notes
·
View notes
Text
Que cultiva a semente do amor segue em frente e não se apavora
0 notes
Text
Acredito que somos seres especiais pois enxergamos a alma das pessoas, e a vida nos presenteia com momentos especiais pois sabemos eterniza-los em nossos corações
0 notes
Text
Os amantes se amam cruelmente
e com se amarem tanto não se veem.
Um se beija no outro, refletido.
Dois amantes que são? Dois inimigos.
Amantes são meninos estragados
pelo mimo de amar: e não percebem
quanto se pulverizam no enlaçar-se,
e como o que era mundo volve a nada.
Nada, ninguém. Amor, puro fantasma
que os passeia de leve, assim a cobra
se imprime na lembrança de seu trilho.
E eles quedam mordidos para sempre.
Deixaram de existir, mas o existido
continua a doer eternamente.
0 notes
Text
Frida Kahlo: la lettera d’amore al marito Diego Rivera
La mia notte è senza luna. La mia notte ha grandi occhi che guardano fissi una luce grigia che filtra dalle finestre.
La mia notte piange e il cuscino diventa umido e freddo.
La mia notte è lunga e sembra tesa verso una fine incerta.
La mia notte mi precipita nella tua assenza.
Ti cerco, cerco il tuo corpo immenso vicino al mio, il tuo respiro, il tuo odore.
La mia notte mi risponde: vuoto; la mia notte mi dà freddo e solitudine.
Cerco un punto di contatto: la tua pelle. Dove sei? Dove sei? Mi giro da tutte le parti, il cuscino umido, la mia guancia vi si appiccica, i capelli bagnati contro le tempie.
Non è possibile che tu non sia qui. La mia mente vaga, i miei pensieri vanno, vengono e si affollano, il mio corpo non può comprendere. Il mio corpo ti vorrebbe. Il mio corpo, quest’area mutilata, vorrebbe per un attimo dimenticarsi nel tuo calore, il mio corpo reclama qualche ora di serenità.
La mia notte è un cuore ridotto a uno straccio.
La mia notte sa che mi piacerebbe guardarti, seguire con le mani ogni curva del tuo corpo, riconoscere il tuo viso e accarezzarlo.
La mia notte mi soffoca per la tua mancanza.
La mia notte palpita d’amore, quello che cerco di arginare ma che palpita nella penombra, in ogni mia fibra. La mia notte vorrebbe chiamarti ma non ha voce.
Eppure vorrebbe chiamarti e trovarti e stringersi a te per un attimo e dimenticare questo tempo che massacra.
Il mio corpo non può comprendere.
Ha bisogno di te quanto me, può darsi che in fondo, io e il mio corpo, formiamo un tutt’uno.
Il mio corpo ha bisogno di te, spesso mi hai quasi guarita.
La mia notte si scava fino a non sentire più la carne e il sentimento diventa più forte, più acuto, privo della sostanza materiale,
la mia notte mi brucia d’amore.
Sono le quattro e trenta del mattino.
La mia notte mi strema. Sa bene che mi manchi e tutta la sua oscurità non basta a nascondere quest’evidenza che brilla come una lama nel buio, la mia notte vorrebbe avere ali per volare fino a te, avvolgerti nel sonno e ricondurti a me.
Nel sonno mi sentiresti vicina e senza risvegliarti le tue braccia mi stringerebbero.
La mia notte non porta consiglio.
La mia notte pensa a te, come un sogno a occhi aperti.
La mia notte si intristisce e si perde.
La mia notte accentua la mia solitudine, tutte le solitudini. Il suo silenzio ascolta solo le mie voci interiori.
La mia notte è lunga, lunga, lunga.
La mia notte avrebbe paura che il giorno non appaia più ma allo stesso tempo la mia notte teme la sua apparizione, perché il giorno è un giorno artificiale in cui ogni ora vale il doppio e senza di te non è più veramente vissuta.
La mia notte si chiede se il mio giorno somiglia alla mia notte.
Cosa che spiegherebbe la mia notte, perché tempo anche il giorno.
La mia notte ha voglia di vestirmi e di spingermi fuori per andare a cercare il mio uomo.
Ma la mia notte sa che ciò che chiamano follia, da ogni ordine, semina disordine, è proibito. La mia notte si chiede cosa non sia proibito. Non è proibito fare corpo con lei, questo, lo sa, ma si irrita nel vedere una carne fare corpo con lei sul filo della disperazione. Una carne non è fatta per sposare il nulla. La mia notte ti ama fin nel suo intimo, e risuona anche del mio. La mia notte si nutre di echi immaginari. Essa, può farlo. Io, fallisco.
La mia notte mi osserva, il suo sguardo è liscio e si insinua in ogni cosa.
La mia notte vorrebbe che tu fossi qui per insinuarsi anche dentro di te con tenerezza.
La mia notte ti aspetta, il mio corpo ti attende.
La mia notte vorrebbe che tu riposassi nell’incavo della mia spalla e che io riposassi nell’incavo della tua.
La mia notte vorrebbe essere spettatrice del mio e del tuo godimento, vederti e vedermi fremere di piacere.
La mia notte vorrebbe vedere i nostri sguardi e avere i nostri sguardi pieni di desiderio.
La mia notte vorrebbe tenere fra le mani ogni spasmo.
La mia notte diventerebbe dolce.
La mia notte si lamenta in silenzio della sua solitudine al ricordo di te.
La mia notte è lunga, lunga, lunga.
Perde la testa ma non può allontanare la tua immagine da me, non può dissipare il mio desiderio.
Sta morendo perché non sei qui e mi uccide.
La mia notte ti cerca continuamente, il mio corpo non riesce a concepire che qualche strada o una qualsiasi geografia ci separi.
Il mio corpo diventa pazzo di dolore di non poter riconoscere nel cuore della notte la tua figura o la tua ombra.
Il mio corpo vorrebbe abbracciarti nel sonno, il mio corpo vorrebbe dormire in piena notte e in quelle tenebre essere risvegliato al tuo abbraccio.
La mia notte urla e si strappa i veli, la mia notte si scontra con il proprio silenzio, ma il tuo corpo resta introvabile.
Mi manchi tanto, tanto. Le tue parole, il tuo colore.
Fra poco si leverà il sole.
Città del Messico 12 settembre 1939
0 notes
Text
Terremoto dell’anima
È la mattina del 6 Febbraio, apro un occhio. Quel dolore, intenso, pervasivo, compagno di tutte le mie giornate degli ultimi tre mesi è ancora lì, inamovibile. A volte è così intenso da non lasciarmi alzare la testa dal cuscino, a volte mi sveglia nel cuore della notte, fa accendere il cervello che poi non si spegne più e mi fa passare lunghe ore al buio, steso nel letto a pensare ai peggiori errori della mia vita, a quanto mi senta inadeguato o a quali catastrofi succederanno. Si scrive e si legge depressione. È tornata a farmi compagnia dopo quasi due anni dal primo episodio. E chi se lo aspettava?
Nel buio ermetico della stanza, allungo una mano verso il computer, che sta proprio dietro il cuscino. Conosco le posizioni ormai a memoria da quando sono dovuto tornare a casa di mia mamma. Sopra il computer il cellulare, rigorosamente girato a faccia in giù. Quel cellulare che contiene migliaia di fotografie del Grande Viaggio, il più bello e intenso della mia vita, che non ho mai avuto il coraggio di scaricare. Sono tutte lì, a ricordarmi che per tre mesi e mezzo ho girovagato tra Europa e Medio Oriente fino a raggiungere il confine tra Iraq e Iran, utilizzando qualsiasi mezzo di locomozione, incontrando storie e popoli meravigliosi, un dono incredibile che non riesco a raccogliere. Paura, troppa aspettativa. Timore di sbagliare, di non essere abbastanza. Cosa doveva succedere? Perché sono qui? Chi sono? Mi tormento testa e anima da quando sono tornato. Eppure quelle foto sono lì. Faccio fatica anche a riguardarle, mi fanno male, mi ricordano chi ero. Chi sono. Sono proprio io quello lì, è il mio sorriso, la mia voglia di vivere? O forse è il bisogno di essere riconosciuto, che mina le fondamenta?
Il cervello non si ferma mai, analizza i dati, sommariamente etichetta tutto nella maniera più crudele possibile, il peggior censore e sabotatore della mia vita sono io stesso.
Quando riesco ad afferrare il cellulare, apro la prima pagina di Repubblica e con un occhio vedo la prima immagine della devastazione. Li apro entrambi, sotto la foto il titolo che non avrei mai voluto leggere: “Violentissima scossa di terremoto scuote Turchia e Siria nella notte. Intensità 7.8 della scala Richter”. Cazzo! 7.8, sono sempre stato appassionato e segretamente attratto dagli eventi naturali, in particolare dai sismi e so che una scossa del genere vicino a centri abitati può portare a un’ecatombe. Ma non posso ancora immaginare la portata e la dimensione di questo evento storico. Forsennatamente cerco più informazioni possibili per capire quale zona sia stata colpita: ho passato più di un mese nel Sud-Est della Turchia, al confine con la Siria. La frontiera corre per centinaia di chilometri: ricordo che dalla finestra del mio amico Mehmet che mi ha ospitato a Cizre si vedeva il muro costruito dalla Turchia per separare e segnare il confine col vicino in guerra. Da lì, procedendo verso ovest, quella linea una volta invisibile, marchiata a fuoco dalla barriera del Sultano, si dipana in un territorio arido e semi-desertico per quasi settecento chilometri fino alla provincia di Hatay, con al centro l’antica Antiochia. Un confine che separa da anni due paesi e molti più popoli: sì, perche questa frontiera, come spesso succede, ha lasciato al di qua e al di là una pletora di persone appartenenti a popoli che a lungo hanno convissuto, non sempre in pace purtroppo. Ci sono curdi, turchi, arabi, turcomanni, yazidi, cristiani assiri, siriaci e caldei, armeni: una vera babele di lingue e culture unita tragicamente in questo 6 Febbraio da uno dei più devastanti terremoti dell’ultimo secolo. Gli eventi naturali non conoscono frontiere: quelle sono create dall’uomo secondo interessi, economie e squallidi giochi di potere.
Trovo la cartina che riporta la zona dell’epicentro: una stellina rossa incastonata a cavallo di due province che conosco. A nord Kahramanmaraş, a sud Gaziantep. Di Kahramanmaraş me ne aveva parlato Roxana, una ragazza rumena conosciuta a Sulaymanya, innamorata dei curdi e della loro cultura. Ricordo che diceva che era una città molto verde circondata da colline e montagne. Non era sulla mia rotta ma mi aveva incuriosito sentirla raccontata da lei che amava così tanto queste zone. Era la sua prima volta in Kurdistan iracheno, come per me. Ricordo con nostalgia le ventilate e calde serate di inizio ottobre mangiando gelato persiano allo zafferano insieme ad Arazu sulle vie di Suli, come viene dolcemente chiamata da tutti la seconda città del Kurdistan iracheno. Ma questa è un’altra storia…
Dicevamo, Kahramanmaraş a nord, Gaziantep a sud, la prima città in cui sono arrivato attraversando l’Anatolia. Antep la Veterana, questo il significato di Gazi, un prefisso donatole da Ataturk in persona in onore alla lunga resistenza dei suoi abitanti durante la guerra franco-turca degli anni Venti del Novecento.
Leggo senza sosta gli aggiornamenti che riportano di minuto in minuto le notizie dal campo: sono passate solo cinque ore dal sisma, le notizie sono frammentarie e la conta dei morti purtroppo solo all’inizio. Una dopo l’altro i nomi delle città in cui sono crollati edifici inchioda i miei occhi allo schermo: Antiochia, Osmaniye, Adana, Gaziantep, Kilis, Sanliurfa, Adiyaman, Malatya, Diyarbakir solo dalla parte turca. Sgrano gli occhi e penso: impossibile! Sono stato in quasi tutte queste città e tra quella più orientale, Diyarbakir, e quella più a ovest, Antiochia, ci saranno più di cinquecento chilometri. Quasi come da Roma a Milano. Come caspita è possibile che siano caduti edifici in città così lontane dall’epicentro? Provo a capire: la linea di faglia che corre diagonalmente unisce tutte queste località dal Mar Mediterraneo fino alle zone più interne e montuose del Kurdistan del nord. La scossa è stata così potente che lo spostamento del terreno ha generato un’onda mortifera lunghissima. Mai vista prima d’ora una cosa simile, a mia memoria.
Inizio a tremare, pensando alle tantissime persone che ho incontrato…
“Arriviamo nudi e ce ne andiamo a mani vuote” - Esma Redžepova, cantante rom
Vi voglio bene
R.
0 notes
Text
250 post!
💪💖✨🤗🫂
#250 posts#tumblr milestone#youtube#dionisio#friedrich nietzsche#soglia#un uomo buono non è un buon uomo
0 notes
Video
youtube
Oaxaca de Juárez - Mercados, Asado, Chapulines & Bolero Dos Cepillos |
Questo è il #4°Episodio della serie di #DocuModerno che raccontano il mio viaggio/esperienza in Messico! In questa puntata Ho girato per le piazze e chiese della città, i mercati ( anche quelli più "wild", diciamo) e ho mangiato l'Asado, i Chicharrones, le Chapulines e bevuto la Cioccolata tipica di Oaxaca ! Infine ho anche intervistato un gentile signore che fa il mestiere antico del lustra scarpe !
Buona visione :)
This #4°Episode of the #DocuModerno series is about my trip/experience in Mexico! In this episode I walked around the squares and churches of the city, the markets (even the "wild" ones, let's say..) and I ate the Asado, the Chicharrones, the Chapulines, and drank the typical Oaxacan chocolate! Finally, I also interviewed a kind gentleman who does the ancient trade of shoe shine! Thanks for watching :)
0 notes
Video
Canzone Estiva! Strange Italian Song - Juanitos ( Video Clip Musicale )
1 note
·
View note
Video
youtube
Oaxaca : Mole, Art Galleries & Screen Printing (Docu Moderno)
Questo è il terzo episodio della serie di "Documentari Moderni" che racconterà il mio viaggio / esperienza in Messico! In questa puntata sono arrivato nella città di Oaxaca, ho mangiato il Mole del Res, visitato le gallerie d'arte e fatto un bellissimo workshop di serigrafia! Infine sono andato fin sopra il "Miradouro" della città.
Buona visione :)
This is the third episode of the "Modern Documentaries" series that will tell about my trip/experience in Mexico! In this episode, I arrived in the city of Oaxaca, ate Mole del Res, visited the art galleries, and did a wonderful workshop screen printing course! Finally, I went up above the "Miradouro" of the city.
Thanks for watching :)
1 note
·
View note
Text
In un attimo tutto ti è chiaro. Sei seduto nella tua vecchia università, nella tua vecchia città, e capisci che non conta nulla, a parte lo stare bene. il sentiero giusto che ti rende sereno. Tutto è servito. Tutto è bastato. Ciò che sono ora è la consapevolezza del figlio. I sensi di colpa svaniscono, tutto ma proprio tutto diventa finalmente così leggero, finalmente libero. Così dal nulla. Devi solo capire i tecnicismi, ma è roba da poco a confronto a quei fantasmi che per decenni hai dovuto convivere e convincere. Convincere poi di cosa.. ma non lo voglio più sapere, non interessa più nulla a parte la libertà. Lo stare bene. Ed io sto bene vicino al mare. Alla natura qualunque essa sia. E sono pronto finalmente di inseguire il sogno di lasciarmi andare. Ormai è tutto così chiaro che basta solo farlo. Che immensa mistica magia è la vita.
3 notes
·
View notes
Text
La Terra girò per renderci più vicini,
girò sul suo asse e su di noi
finché finalmente
ci ricongiunse in questo sogno.
Lascia che ti ami fino a quando girerà la terra
e gli astri inchinino i loro crani azzurri
sulla rosa dei venti.
Galleggiando, a bordo di questo giorno
nel quale per caso, per un istante,
ci siamo destati così vicini.
Ho potuto vivere in un altro regno, in un altro mondo,
a molte leghe dalle tue mani, dal tuo sorriso,
su un pianeta remoto, irraggiungibile.
Sono potuto nascere secoli fa
quando non esistevi in nulla
e nelle mie ansie di orizzonte
potevo indovinarti in sogni di futuro,
ma le mie ossa a quest’ora
non sarebbero che alberi o pietre.
Non è stato ieri né domani, in un altro tempo,
in un altro spazio,
né giammai accadrà
quantunque l’eternità lanci i suoi dadi
a favore della mia fortuna.
Lascia che ti ami fino a quando la terra
graviterà al ritmo dei suoi astri
e ad ogni istante ci stupisca
questo fragile miracolo di esser vivi.
Non abbandonarmi fino a quando essa non si fermerà.
Eugenio Montejo
0 notes
Video
youtube
Documentario Moderno: Mexico City, Street food e Tepito Market
È online il mio il primo video della serie di "documentari moderni" che racconterà il mio viaggio / esperienza in Messico! In questa puntata vedremo il mio arrivo in Messico, precisamente a Messico City, dove inizierò ad assaggiare lo Street Food Messicano, e andrò in giro per il quartiere / Mercato più pericoloso, ma anche autentico, colorato e caloroso di CDM, Tepito!
Buona visione :)
My first video of the series of "modern documentaries" that will tell about my trip/experience in Mexico is online! In this episode, we will see my arrival in Mexico, precisely in Mexico City, where I will start to taste Mexican Street Food, and I will go around the most dangerous, but also authentic, colorful, and warm neighborhood / Market of CDM, Tepito!
Happy viewing :)
1 note
·
View note
Text
Past future perfect: the dream worlds of artist Pavel Pepperstein — The Calvert Journal
0 notes