"E sai dirmi che mi ami ma solo finché non si esce dall'ascensore. Eppure lo senti anche tu che abbiamo fatto lo stesso errore"
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Forecasts of Eruptions
Un ghigno malizioso e abiti succinti. Divora il mio essere con lo sguardo mentre con passo sinuoso si avvicina al letto. Faccio per alzarmi, ma con eleganza ella pone il suo stivale nero tacco 12 sul mio petto, scuotendo la testa. Mi guarda dall'alto verso il basso, sempre con quel ghigno, è la visione piú provocante ed eccitante che io abbia mai visto e questo lei lo sa bene. Mi spinge in posizione supina e toglie il suo stivale dal mio petto. Si compiace alla vista del rossore e dell'impronta che ha lasciato, come un marchio di proprietà. Come un abile cavallerizza, tira fuori il suo frustino e comincia a strusciarlo sul mio petto, disegna circoli intorno ai capezzoli e poi seguendo la linea immaginaria che va dal centro del petto fino all'ombelico, continua a scendere, sino a trovare il rigonfiamento dei miei pantaloni. Finge d'esser sorpresa quando incontra la roccia lungo il suo cammino, mi sgrida dolcemente, colpevole di un cosi veloce eccitamento. Prende il suo scudisco e continuando a guardarmi negli occhi, lo lecca platealmente, come si farebbe con un gelato, ormai è il gatto col topo, sono totalmente ammaliato. Sale su di me, strusciandosi come un felino e pone il suo frustino tra le mie labbra, mi obbliga a morderlo, come un cane col suo osso. Il suo seno è cosi vicino, il suo profumo inebria la mia mente, il richiamo della carne è cosi forte…rimango stordito, tanto da non accorgemi di cosa intanto ella mi stesse facendo. Vado per muovere le mie mani in direzione dei suoi sinuosi fianchi ma qualcosa mi blocca… Sono ammanettato alle sbarre della testata del letto! La maledico in qualche modo, ancora con il frustino in bocca ed ella ridacchia soddisfatta, facendosi beffe di me. Si avventa con i suoi artigli sul mio petto e sul collo, lasciando i segno del suo passaggio, il dolore ed il bruciore si trasmormano in combustibile d'amore, ormai i pantaloni si sono fatti strettissimi. Come se lo avesse previsto, ella pone lí la sua mano, stringe, accarezza, stuzzica, mentre con l'altra mano comincia a sbottonare, guardandomi di tanto in tanto, sempre con quel ghigno stampato in faccia. La lampo comincia a scendere, cosi lentamente che sembra stia passando un eternità, ma alla fine compie il suo viaggio, ed il piccolo tesoro puó esser riportaro alla luce. Fa capolino la spada, coperta ancora dal suo fodero, ormai umido d'eccitazione ed ella la impugna con salda presa con la mano destra mentre stuzzica con labbra lingua e denti il mio collo e i miei capezzoli, il suo morbido e perfetto seno spinto sul mio fianco. Continua a rimproverarmi per la durezza del mio acciaio ma continua a far di tutto per temprarlo. Come gli ingranaggi di un orologio, tutti i suoi movimenti sono precisi e perfetti, e mentre le sue labbra divorano il mio petto e i miei fianchi, la sua mano destra accompagna il tutto con leggeri movimenti “sussultori”, che piegano al suo volere la mia arma, ormai desiderosa d'esser sfoderata. I suoi baci si fanno sempre più intensi e indirizzati verso il mio inguine mentre il mio respiro si fa accelerato, la salivazione aumenta e cola dal frustino. Mi spoglia della mia armatura e comincia a baciare la punta del fodero, mentre la sua mano destra non ha la minima intenzione di mollare la presa ma anzi, continua imperterrita a stringere e muoversi su e giu. Comincio a mollare la presa, impossibile resistergli e spingendo via il frustino la imploro di farmi godere, di sfoderare la mia spada ma ella non batte ciglio, prende forza dalla mia debolezza e come se nulla fosse, sistema nuovamente il frustino tra le mie labbra ma non prima di aver dato due o tre leggeri morsi sull'interno delle mie coscie. La maledico e riprendo a soffrire mentre lei imperterrita continua la sua tortura… Ormai il fodero è zuppo, di saliva e nettare e finalmente decide di disfarsene, ed il mio acciaio è finalmente libero di mostrarsi. Sospiro di gioia ingenuamente, pregustando il mio godimento ma ella ha appena cominciato a divertirsi. La sua lingua e le sue labbra saggiano la base, l'elsa della mia spada, mentre le sue mani, con diabolica passione, accarezzano la lama e i gioielli. Poi è il momento di saggiare i gioielli, mi bacia, lecca, succhia, gusta a fondo il suo pasto mentre io trasalisco e gemo di piacere. Bacia i lati della mia viritilità con precisione chilurgica, salendo sempre più verso la punta ma proprio quando sta per arrivare al nocciolo della questione, torna indietro, godendo delle mie maledizioni. Prende tutto il suo tempo ed alla fine arriva fin su in cima, la sua lingua assaggia la punta e rotea leggermente prima di rientrare fra le sua labbra. Mi assaggia, passa il mio nettare fra le sue labbra e continua, vuole farmi impazzire. Improvvisamente si ferma, si tira su e rimane estremamente compiaciuta della mia palpabile delusione in volto. Ma non si accontenta, slaccia lentamente uno dei suoi stivali, toglie il frustino dalle mie labbra e pone il suo delicato piede sul mio viso, intimandomi all'umiliazione per ricevere i suoi doni. Non ho altra scelta e faccio scivolare le mie labbra e la lingua lungo le dita, il metatarso e la pianta del suo piede. Ghigna soddisfatta e ritorna al suo pasto, le sue labbra si chiudono sulla punta della verga mentre la lingua comincia a vorticare lentamente e le mani stuzzicano gioielli ed elsa. La sua bocca si fa sempre più vorace ed improvvisamente, come un mangiatore di spade, ingoia per intero tutto il mio essere, lungo tutta la sua lunghezza, facendomi gemere ad alta voce. Udire i miei gemiti la fa eccitare e comincia a mangiare sempre più velocemente, le sue labbra sfregano, la sua lingua rotea mentre le mani continuano il loro sensuale massaggio. A questo ritmo crollerei velocemente ma questo ella lo sa bene, ed alterna il “liscio” con il “lento”, è lei la reginetta del ballo ed è lei a decidere quando chiudere le danze. Mi mantiene in questo purgatorio a lungo, fino a che, esausto, la prego di darmi il colpo di grazia. Sorride compiaciuta e si prepara a finirmi. Le bastano pochi secondi, un rock&roll, aumentando profondità e velocità mentre il vulcano pulsa, ed è pronto ad esplodere. E al momento dell'eruzione l'inaspettato… Ella ingoia lungo tutta la sua lunghezza quel vulcano, che inevitabilmente esplode, lanciando lava e lapilli nella sua gola mentre le mie urla di godimento vengono udite sin su marte… Sono secondi di estremo godimento, di eruzioni e fiumi di lava…la mia mente si svuota, la sua bocca invece no, mentre continua a guardarmi con estrema soddisfazione, la soddisfazione di avere il pieno controllo di me, del suo schiavo..
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Sumptuous Meal
Fra onde di seta sta li, il corpo d'ella, lo sguardo divampante, pregusta l'imminente, con vorace immaginazione.
M'offre l'ambito pasto, trattengo a stenti la salivazione e decido di degustare, con calma, quel lauto banchetto.
Comincio dall'antipasto, che non puó mai mancare in ogni convito, assaporo le sue labbra, mentre le mani si muovon da sole, come tentacoli striscianti, desiderano il suo corpo, ogni suo centimetro di pelle, la accarezzano, la cingono, la graffiano.
Con fare felino, opportunista e disinvolto, ella m'offre il suo collo, quello splendido istmo di pelle d'avorio, lavorato dai più gloriosi degli scultori, lo bacio, lo assaggio, lo mordo, mentre le mia narici si inebriano del suo profumo, come di prati in fiore, di selvatico e la fame si fa mordente, la temperatura sale.
Ella mi cinge la testa, scorre le sue mani fra i miei capelli, lungo la schiena, lascia segni del suo passaggio con i suoi affilati artigli, assapora i lobi del mio orecchio…
È tempo di attraversare l'istmo, di incamminarmi,il lungo viaggio verso l'eden, il frutto proibito, mi attende.
Come un pittore sulla sua tela, la mia lingua scorre su ella, le mie labbra assaporano, divorano, come piume e sassi, sfiorano e succhiano, mentre il terreno diventa impervio e mi accingo alla scalata, la vetta l'obiettivo.
Giro intorno alle due alture, rimanendo alle pendici, studio il percorso, mentre la terra d'avorio trema e si increspa, sento ribollire, come lava, la sua pelle scotta, e ogni mio bacio diviene un sospiro. Intraprendo la scalata, prudente, quasi ossessivo, fino alla cima, e finalmente posso gioire della mia impresa, come un indiano intorno al fuoco, la mia lingua balla intorno alla vetta, l'alpe si fà più compatta, più alta.
Come un lattante le mie labbra stringono, succhiano, i miei denti divorano, le mie mani ribadiscono, le dita stuzzicano, il suo corpo si contorce, le sue mani tirano i capelli, la sua pelle s'increspa ancor di più mentre i pantaloni si fanno sempre più stretti.
Il mio viaggio è appena cominciato ma i morsi della fame cominciano a farsi ossessivi, mi divorano da dentro. Decido di proseguire mentre le mie mani continuano a perlustrare le vette. Assalgo con appetito i suoi lisci e succulenti fianchi, e con diabolica perseveranza alterno lievi carezze con decise stroccate di labbra e lingua, e ad ogni mio passaggio ella salta, come percossa da scariche elettriche, sono il pacemaker del suo desiderio.
Ormai il traguardo è all'orizzonte e la portata principale pronta per essere consumata ma come ogni banchetto di rispetto, tra una portata e l'altra ci si ferma ad assimilare, si sà, mangiare di fretta non è consigliabile. Allora che si fa se la fame non è placata, se le papille guastative fremono? Si stuzzica!
E come su un cesto di grissini mi avvento sulle sue gambe, le divoro lentamente, partendo dalle caviglie, le mie labbra solleticano il suo essere ma più mi avvicino a finirle e piu la sento irrigidirsi, ella, sta li, le mani nei capelli, gli occhi socchiusi, come in un momento di suspance cinematografica.
Ormai è al limite ed io come lei, ma nella mia perfidia e ingordigia, voglio assaporarla tutta e dalle gambe mi avvicino ai confini dell'Eden, senza mai superarli. Rimango li di vedetta, osservando la preda, come un paziente cacciatore, la mia lingua si insinua nelle insenature del linguine, percorre per intero, tutto il perimetro finchè ella, in un moto di pazzia, non prova a spingermi con le sue ultime forze verso l'agognato godimento. No, non ce la fa, oppongo resistenza, sento le sue dolci maledizioni, il suo respiro affannoso, voleva che mangiassi al dente…a me piace scotto!
Ritardo il pasto quanto basta, per esaltarne il sapore, per renderlo più cremoso, e come con il tuo piatto preferito, lo gusto, con estrema calma.
Le mie labbra incontrano le sue, grandi e piccole, le abbracciano, le baciano, le succhiano, ella ansima, pregusta, spinge, mi accarezza i capelli e accompagnia la mia lingua con i movimenti del suo corpo, ormai il fiore è sbocciato e pronto per esser colto.
Ma prima, come un pennello, immergo la mia lingua in quell'elisir di lunga vita, la bagno, la rendo ancora più appetitosa, e timidamente sfioro quel bocciolo, che risponde immediatamente al mio interesse, tirandosi tutto irto e impettito.
Gli giro intorno, lo osservo, mentre le mie mani, come puzzle, si incastrano perfettamente sui suoi seni, scivolano lungo i fianchi, desiderano, affondano, prendono le anche come maniglie. Le mie labbra si chiudono intorno a quel gustoso tesoro, come una pianta carnivora, la mia lingua vede come un gatto al buio, sa bene dove andare, e rotea, rotea e più rotea e più ella mi spinge con le sue mani, pressa la mia testa, inarca la schiena, sembra quasi spezzarsi.
Ormai la sento, sta mollando, la sua mente si svuota, il fiore sta sbocciando. Labbra e lingua chiamano rinforzi e subito accorrono le dita, che sfiorano, cercan posto e quando trovan presa, allargano lievemente per far spazio ai due manovali dell'amore.
Quando la mente si svuota si ritorna alle origini, cosi lei comincia ad emettere monosillabi, sempre più intensi, e più sento il suo monologo variare d'intensità, piu le mie labbra e la lingua di fanno meo audaci e profonde, allungando l'inevitabile, finchè, come ogni simposio che si ricordi, dopo il pasto cominciano le odi, i canti, l'invocazione di dei.
In quel preciso istante, in tutta la mia voracità, le mie mani scattano verso le sue coscie, tenendole ben salde, come per fermare le estremità di una tagliola mentre le mie labbra si chiudono intorno a quella fonte di gioia, lo succhiano delicatamente, mentre le odi si fanno sempre più alte di tono, il corpo si contorce, come percosso da scariche,le sue mani mi fanno lo scalpo, il lieve dolore diviene eccitazione e come un fiume in piena, finalmente quel frutto rivela tutto il suo succo.
È arrivato anche il dolce, lo lecco, lo gusto, come un bambino con un gelato, inzuppo tutto il mio viso in quel nettare divino, che cola, impregna la mia barba.
Il suo corpo esausto, la sua espressione di soddisfazione, che lauto pasto!
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Farewell
Ciao Straniera,
scrivo alla te e spero per l'ultima volta, che soggiorna da tempo immemore (me devi pagà l'affitto!) nella mia anima.
Ultimamente ti sto pensando spesso.
Vedi, sto aiutando una mia ex ad uscire da una situazione simile alla mia, a quello che è capitato con te, alla "bomba nucleare" che c'è cascata tra capo e collo ed alle ancor piu' terrificanti "radiazioni" successive, le ho spiegato che la capisco, lo capisco che fà un male cane, ma che una soluzione non la conosco.
Sono stato deciso e spietato e le ho potuto dire solamente le fasi e le tempistiche che hanno caratterizzato questi 6 anni o poco piu' della mia vita e del fatto che molto probabilmente non ti vedrò mai piu'.
Perchè nel momento stesso in cui hai messo piede nel Green Pub, quando mi portai Armand a Viterbo, vederti nuovamente, davanti ai miei occhi, stavolta aperti e non chiusi, come normalmente accadeva quando ti sognavo, ha cancellato ogni anno passato in tua assenza, ogni mese che con fatica avevo messo alle spalle, ogni giorno di domande senza risposte, ha cancellato tutto.
C'eri tu, come non fosse passato nemmeno un giorno, da quel 14 Gennaio 2018, quando ti baciai per l'ultima volta, tra le tue lacrime e le mie.
Letteralmente, devastante.
Quel che le ho detto alla fine è stato che, col tempo si impara a diventare piu' forti, a volte persino piu' forti dei sentimenti che pensavamo irraggiungibili, e, a quel punto, riprendiamo il controllo, consapevoli però che probabilmente, quei sentimenti, rimarranno li' per tutta la vita.
Io continuerò ad amare la Te mia, di nascosto, in un angoletto buio del mio cuore, ma lo farò amando Me e la mia vita, lo farò amando la persona che mi vedrà accanto a quel fuoco, seduto, e deciderà di rimanere.
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Viva la sposa!
Alla fine a modo mio l'ho raggiunto, quel sogno de vedette, de bianco vestita.
'na cosa meravigliosa.
Pure se quello che aspettava commosso all'altare, era n'antro Marco.
Pure se vedette dar vivo sarebbe stato sicuramente mejo ma pure sicuramente peggio, sai che tranvata!
Alla fine quello che conta é la felicità, la tua, la sua, dei vostri amici e parenti, de chi te vole bene.
Pure io so felice, na felicità seria, riservata, di quella che sei contento senza sorride, sei commosso senza piagne.
Un pó come quando te spunta er sorriso mentre sorseggi un ber caffé.
Senza zucchero.
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Eh niente.
Come spesso accade, mi facevo l'affaracci mia quando così, tutt'an tratto, "a buffo" come direbbero quelli bravi, sei rispuntata te, nei miei pensieri.
Ed è dura ammetterlo a se stessi, perché davvero ce l'ho messa tutta, ma mi accorgo che ancora oggi, nonostante tutto, dopo anni ormai, in quel bacio fuori all'Underworld di Londra, mi sono perso...
E mai più mi sono ritrovato.
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Lies are, in this way, I think, like music
And all is the same without them as with.
The fluid sky retains regret, then burst.
She is tapping at the door, insisting
She is someone I once knew and desired.
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I gave you my heart in one piece.
Was it really necessary to shattered it in pieces before return it?
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TU
Dopo anni che sembravano millenni, ho dato risposte a domande lasciate al vento, per le quali ho sempre cercato le tue latitanti parole.
Risposte amare, che ho trovato tra la polvere mentre spolveravo i miei castelli in aria, quei castelli che mi sembravano cosi solidi, spazzati via dal tuo lucido realismo.
Perchè diciamocelo, quale persona sana di mente non prenderebbe le distanze da un beone d’amore che ti sbatte in tavola un “trionfo di sentimenti” su letto di “progetti irrealizzabili” con contorno di “ relazione a distanza”. Si, tutto bello, ma il conto chi lo paga?
Però....
Però penso che sia stato un bellissimo sogno, e sono certo che lo pensi anche tu, e non è mai facile, per nessuno, scendere dalla nuvola, nemmeno per te, che avevo deciso di non perdonare.
La nostra natura egoistica ci fà dare priorità al proprio dolore ma sono più che consapevole che deve aver fatto un male cane anche a te e tra la polvere ho trovato la risposta ad un altra delle domande che avevo sussurrato al vento.
Non sei la stronza che da cieco vedevo ma anzi, come Ercole secoli prima, ti sei caricata in spalla l’ottava fatica e l’hai portata fin quando serviva. Non importa quanto male può averti procurato, perchè da bravo egoista del cazzo ero io la star di quella tragedia greca.
......
Sai, nonostante il dolore che ha provocato risvegliarsi di punto in bianco, macerie in mano, il profumo di Tesori d’Oriente sulla pelle, é sempre con una nota di rimpianto e malinconia che ripenso a te.
Perchè sono convinto che almeno un Me ed una Te di altre realtà parallele alla fine ce l’hanno fatta, alla fine si sono ritrovati, e se mi conosco bene, alla fine quello t’ha pure sposata, imparando pure a ballare, sennò sai che figura al matrimonio?
Sei stata e sempre sarai, in cuor mio, una bellissima ed irripetibile giornata, dall’alba al tramonto.
Grazie Straniera.
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Quel ragazzetto de Garbatella
Eiiii tu, si, proprio tu. È inutile che fai la gnorri, si tu, che stai a legge, và che te vedo, con qua faccia confusa come a di "ma mo che vole questo".
Te vojio raccontà na storia.
La storia de 'n ragazzetto de Garbatella de l'anni novanta, non quella dei Cesaroni, dei firm o dei turisti, ma de quella che na vorta era borgata e mó é Rione, der lotto 21, der "Cesare Battisti", la scuola che da de fori sembra' n carcere dell'era fascista.
Non ricordo molto bene l'anni vissuti li, forse ero troppo piccolo, forse troppo breve la mia permanenza, ma sento le mie radici sprofondare in quell'angoletto de Roma Capoccia, le stesse de mi nonna, che in quer quartiere c'ha vissuto, c'ha fatto la guerra e poi c'é pure morta. Tant'é che dopo soli 8 anni, so stato "strappato" dalle braccia di mamma Garbatella pe finì in un quartiere ai confini del G.R.A. dove, ndo te giri te giri, trovi solo caduti pe le guerre e pe gli eccidi, un posto allegro 'nsomma. Peró..
Peró quer posto nuovo nasconneva quarcosa di incommensurabile, er più grande dei tesori. E come ogni tesoro che se rispetti, non é che se trova così facilmente, pure ad aveccelo a' n parmo dar naso, e vuoi l' inesperienza, vuoi che a ott' anni ancora non c'hai capito 'n cazzo, io ancora annavo appresso a false leggende e quer tesoro rimase lì, in attesa. Uffaaa me dirai mo, mo che le cose se facevano interessanti...
Pazienza, er meglio deve ancora arrivà
Manco er tempo de sistemasse a casa nuova, che m' ero già perso un pezzo de famija; mi nonno aveva ben deciso che er thé non j'annava qua mattina là, mentre io stavo a giocà ar parco a quarche chilometro de distanza, e pare che disse: "piuttosto la morte!".
Manco a scherzacce sopra, che fà questo, me ce more pe davero, 'n infarto, secco.
Non ricordo molto de quella mattina, del momento in cui me presero pe mano e me misero in macchina, la corsa in ospedale e tutto il resto, non ricordo i volti dei miei cari, non ricordo i dottori né se fosse sereno o piovesse in quer momento, ricordo solo mi nonno, steso la, bianco come er lenzuolo che lo copriva, a tratti quasi blu e la cosa che mi sorprende di più é che, de mi nonno, ho ricordi molto vaghi.
Pe fatte n' esempio, m'aricordo quella volta che m'azzardai a dije che Signori, ar tempo capitano daa Lazio, era più forte de Giannini, no dico, Giannini, er "Principe"! Manco a dillo, m'arivó na ciavattata in testa; oppure il ricordo der "passaggio der testimone", quanno mi padre fece quello che aveva fatto il suo 30 anni prima, quando su padre, mi nonno, lo portò a vedé la Roma allo stadio.
Quella sera eravamo cent' anni de Roma in 3 seggiolini di stadio, curva sud, Coppa Italia, Roma - Torino, mi nonno, mi padre e Io.
A dilla tutta però, io ero ancora piccolo pe capicce quarcosa e me misi a giocà ad acchiapparella co na regazzina conosciuta lì.
Questo era pe ditte che de ricordi de mi nonno ce n'ho pochi e mpo vaghi, ma quer giorno in ospedale, la salma de mi nonno, me la ricordo come fosse ieri.
A ditte la verità 'nme ricordo come la presi ma da che c' ho memoria, la morte l'ho sempre accettata come s'accetta l'inevitabilità, e na vorta che hai capito che 'n se torna indietro, se po' solo che annà avanti, e così ho fatto. Me vié da pensà che forse essendoce annato vicino alla morte, quarche anno prima, mentre come 'n imbecille me tuffai' n piscina senza braccioli e n'antro pó c'è rimanevo, che ne so, m'avrà lasciato sto senso de lucidità, quasi di calma, tant'é che cominciai a pensà de esse nato sbajato, che c'avessi quarcosa che non andava, vedendo l'altri disperasse mentre io ero già andato avanti e te me dirai " si ma c'avevi pure 8 anni, che c'è voi capì a quell'età" e te direi che c'hai ragione sennonché sta cosa s'é ripresentata tutte le volte, ad ogni parente che me so perso pe strada.
Poi peró a vedé i "miei" che se strappavano li capelli me se spezzava er core e li cominciavo a piange a dirotto. C'é da diventà scemi eh, io so quello che n'ha versato na lacrima pe il nonno ma che poi s'é disperato quando me so morti i porcellini d'india, ancora moo ricordo, stavo in macchina co mamma e papà e stavam' annà a Monterotondo da mi zia e sulla salaria, all'altezza de na collinetta co l'arberi in cima che ho sempre usato come punto de riferimento pe capì che eravamo quasi arrivati, eccallà che m'é partita la sirena manco fosse la seconda guerra mondiale.
Mica lo só che me prese eh, pure perché quelli poracci erano morti ore prima, ammazzati dalla madre che per qualche motivo j'era partita la brocca peró eccome là inconsolabile.
Comunque sia, passata la botta de mi nonno, i miei aricominceno a litigà; ah si, non te l'ho detto, ma sti stronzoni già litigavano in quel de Garbatella e mo avevano ricominciato fino a che, resisi conto de quanto ce stavo male, presero na decisione, quello de separasse. Li per li fu na tranvata colossale, me crolló er monno addosso ma mo, cor senno de poi, fu la cosa migliore e poi oh! Voi mette i doppi regali?!
Quelli furono anni tosti te diró, io e mamma non ce la passavamo bene, i sordi erano pochi e quelli che ce mannava papà nun bastavano manco a finì er mese e mi madre, santa donna, dovette comincià a fà più lavori tanté che, manco me poteva venì più a prenne a scuola.
Così dovette chiede aiuto a n'antra santa donna, la maestra d'arte che, me perdonerà, ma ricordo tutto de lei tranne che er nome. Insomma che d'é e che nun é, finita la mattinata a scuola mia, la maestra me prenneva e me portava con sé a n'antra scuola dove lavorava e stavo lì co l'artri regazzini fino a che nun me veniva a prenne mi madre. E la mia settimana volava così, tra na scuola e n'antra mentre i weekend li passavo na vorta co mi madre e l'altra co mi padre. Er problema era che quando er weekend co mi padre finiva io de lasciallo non avevo alcuna intenzione e me disperavo, ma non perché non volevo annà co mi madre, ma proprio perché sapevo che lui non sarebbe venuto co noi. E ogni vorta era na battaglia. Ma lo sai che?
Che alla fine me ce só abituato ed ho cominciato ad apprezzà il lato positivo. Ner mentre mi padre s'era rifatto na vita ed aveva conosciuto quella che poi sarebbe diventata la sua seconda moje e na seconda mamma pe me, Roberta. Mi madre invece si frequentava co n'amico de famiglia, Alberto, che pure lui, divorziato, aveva due figli, Sara e Alessandro, con cui ormai avevo un ottimo rapporto d'amicizia. E alla fine da na famiglia litigarella me só ritrovato co due famiglie che me volevano bene, e da na parte amichetti della mia età, dall'altra ho conosciuto che volesse dì esse fratelli. Ancora me ricordo quando me dissero che Roberta era incinta, timorosi, imbarazzati, come avessero paura di star entrando in un territorio a cui era vietato loro l'accesso e la mia risposta li prese talmente alla sprovvista che Roberta scoppió a piangere di gioia. Ero entusiasta, emozionato e ultra protettivo, la sgridavo se faceva troppi sforzi, la controllavo ogni tre per due. E così divenni fratello ma mica na vorta sola, ma ben tre vorte, Valerio, Andrea e Davide.
Sto ragazzetto de Garbatella, da regazzino era mó diventato fratello maggiore e stava diventando omo piano piano e quando se diventa omini ce se 'nnamora no?
La mia prima vera cotta in pochi la sanno, ma fu de 'na regazzetta che aveva fatto con me le medie e che m' aritrovai pure alle superiori.
Passavamo ogni pausa pranzo sulle scale d'emergenza, solo noi, a parlà, a guardasse nell'occhi, ma troppo timidi pe disse quello che volevamo disse veramente. Poi decisi, quer giorno me sarei dichiarato, così la invitai ar Mc de Viale Africa, quello cor benzinaio. E 'nsomma, er caso volle che qualche sera prima aveva incontrato uno e s' erano messi insieme. Aó te non ce crederai, ma mo se só sposati e stanno a vive in Australia e quello che era mio rivale é diventato amico. Strana la vita eh?
Pe arrivà ar primo amore tocca arrivà ai 19 anni, svicolando fra na cottarella e n'antra. E fu così che conobbi Daniela, primo amore e relazione, così come la mia prima volta se volemo aggiunge. Er primo amore é sempre er più immaturo se po' di, e la coppia cambia continuamente, considerata anche la giovane età, ma comunque sia durammo ben cinque anni, fra alti e bassi.
La rottura fu devastante per me, ma me dette la possibilità de cresce piano piano e capì dai miei errori.
Quer periodo fu molto destabilizzante, quarche mese prima decisi di inizià l'università e così, senza 'n lavoro, fui costretto a tornà a vive co mi madre, che in quer momento s' era trasferita cor compagno, che é pure l'attuale, Maurizio, in quel de Acilia.
La decisione 'n se dimostrò delle più felici, mi ritrovai co lo stress degli studi, senza più indipendenza e senza na ragazza.
Toccava cambià quarcosa. Ripartii da zero, lasciai l'università, iniziai un lavoro e mi trasferii nuovamente a Spinaceto. Dopo quarche mese conobbi il mio secondo amore, Federica, e fu la relazione che mi fece crescere di più.
Ma prima de arivà ar motivo de sta crescita tocca aprì na parentesi, perché "er caso volle" che a sta Federica je piacessero l'Avenged Sevenfold, che era er gruppo mio preferito e 'nsomma, semo annati ar concerto loro a Capannelle. "Er caso volle" che quarche tempo prima, se organizzò na cena co quelli dell' elementari no, e quindi cominciammo tutti a scambiacce er Feisbuk, a fasse mpo li cazzi dell'artri. Oh ma te ricordi coso, che fine ha fatto? E cosa? E 'nsomma, tra vari intrallazzi alla fine me pare proprio che te trovai così, a fissà quella foto profilo pe 5 minuti boni, a scorre la time-line pe capì se fossi proprio tu e non ce volevo crede oh. Metallara, coi tatuaggi e bellissima, cazzo se ho pensato a quanto eri bella. Ma mica ce lo sapevo quanto eri bella pe davvero, quella era na fotografia, mica me parlava, mica me guardava come sai fà te. E quinni sta cosa che ce "conoscevamo" su Feisbuk che c'entra? E mo c'arivo aspé. Stavamo a dì che co Federica so annato a sto concerto degli Avenged e mentre stavamo là, che c'era pure l'amico mio Mirko, che festeggiava er compleanno suo cor concerto della sua band preferita, se semo fatti na foto come pe di a l'artri, guardate ndo stamo a stronzi!
E te m'hai risposto " Guarda che ce sto pure io, a stronzo! “
A dilla tutta " a stronzo" non me lo dissi, però suonava bene e quinni lasciamocelo.
E a fine concerto eccote là, bella come er sole pure dopo 'n concerto der genere. Se po' dì che fu lì che te conobbi per la prima volta e in molti diranno, che caso fortuito eh?
J'arisponno semplicemente " Non é un caso".
E quindi cominciammo a vedesse de tanto in tanto, e più ti conoscevo, più apprezzavo la bellezza vera della tua persona, quella ner profondo, e più mi conoscevi e più ti aprirvi con me e piano piano e zitto zitto cominciò un rapporto di mutuo soccorso, tu salvavi la vita a me e io la salvavo a te, quando tu facevi "aiutooo" io rispondevo presente e viceversa.
Nel mentre te feci conoscere i miei amici più cari, Mirketto, che avevi conosciuto ar concerto, e Marta e Francesco, marito e moje senza essese sposati, ancora colonne portanti della nostra vita.
E così fu che la mia vita prese un altra piega improvvisa, come sai.
Nell'agosto del 2015 presi una decisione che cambiò la mia vita radicalmente, mi traferii a Londra. Per lavoro, per amore, per il futuro, perché de qua o de là. Il fatto sta che alla fine ce so partito per davvero e ancora sto quà.
Lo feci principalmente per lei, per Federica, per stare insieme a lei, per inseguire il mio sogno di felicità, che peró ben presto divenne un pugno di mosche romanticamente parlando. E mo?
E niente, me rimbocchai le maniche e quer ragazzetto de Garbatella mo era n'omo nella fredda Albione, a fasse na vita da zero, a dasse da fà pe arrivà a fine mese. L'esperienza a Londra m'ha fatto 'n pratica sboccià, ma no er vino che hai capito... Oddio pure quello a dittela tutta ma ner senso che só maturato molto ed ho cominciato ad avere il desiderio de trovà la persona giusta, quella pe mette radici se intende, de diventà padre, er sogno più bello che potevo avecce. E resto lo conosci no?
Ah si, ce sarebbe pure un terzo amore, quello per cui c'ho sofferto de più ma lo lascio ar passato, come tutto e resto d'altronde. Er futuro ce l'ho davanti, e non riesco a staccaje l'occhi de dosso.
Tutto questo era pe ditte che so bboni tutti a comprà mpar de rose e du cioccolatini, tirasse a lucido e nasconne li problemi sotto al letto ma siccome a me, de fà quello che fanno l'artri non m'andava, me so messo de sana pianta a scrivete st'odissea, come pe a di: " tié, questo so io, che nun la so fà na serenata ma c'è metto er core nelle cose che faccio".
Quindi non saró er Bon Jovi che scrisse Always, so pieno de difetti, come tutti d'altronde, ma preferisco lasciatte la mappa der tesoro, quella che porta ar core mio, che racconta la mia storia, piuttosto che 'n fiore comprato de fretta. Io er tesoro l' ho trovato alla fine.
Te lascio quindi sta piccola storia de sto regazzetto de Garbatella ancora da finì, tuo er compito de continualla se lo vorrai, lascio la penna a te così come ho già lasciato parte di me li con te, in quel de Spinaceto, dove oltre a li morti pe le guerre, c'ho trovato il tesoro de na vita.
E quindi Buona Dolce Amore Mio.
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Balzando da un sogno all'altro, il pensiero tuo
Ultimo vola verso me ed
Oziosamente si fà strada
Nei meandri del mio cuore e con
Amore, mi accompagna e mi culla,
Dondolando, per tutta la notte.
Oh dolce sogno mio,
Lasciati amare, ancora per un pó
Che sia fino al mattino o per tutta l'
Eternità.
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L'unica destinazione mia,
È ovunque tu sia.
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E(s) senza
C'era una volta...
Ma che é?! Ma che stai a scrive 'na storia pe la Disney, daje su, fa er bravo.
32 anni fà nasceva...
- “Se vabbé! Nun je poi partì così che già je lo fai pesà che st' a 'nvecchià no?! “
'Na cifra de tempo fà nasceva....
- “Aridaje! Na cifra?! Ma te sei 'mpazzito?!“
Il 4 febbraio del 1988 nasceva...
- “Eccallà! È iniziato Chi l'ha visto?! Ma che é sta roba, un reportage?!!“
- “Aoh! E quanto rompi! E fallo te no?! “
- “ Famme fà a me và... Che se 'n ce penso io quà questa ce more de vecchiaia “
Sei nata, che é quello che conta, non quando, non dove, ne perché, ed ogni minuto, ora e giorno passato, da quando sei nata, ogni respiro, battito del cuore e di palpebre, ogni vagito, pianto e risata, ogni gattonata, primo passo e capitombolo che hai fatto, ogni "bababa", "mamma" e "papà" che hai detto, ogni Compleanno, Pasqua e Natale passati, ogni regalo, ogni punizione, ogni lode ed ogni sgridata che hai ricevuto, ogni lezione imparata, ogni libro che hai letto, ogni film che hai visto, ogni stella che hai scorto nel cielo, ogni amore che hai vissuto, ogni delusione, ogni lacrima che hai versato, ogni sorriso che hai regalato, ogni vestito che hai indossato, ogni colore che hai cambiato ai tuoi capelli, ogni tatuaggio che hai scolpito sulla tua pelle, ogni sogno, ogni desiderio, ogni vittoria ed ogni scoffita, ogni piccolo passo della tua vita ti ha portato a ció che sei oggi, alla persona meravigliosa che sei diventata e cosa sei per me, spiegarlo non é facile. Sei il profumo del caffé appena sveglio la mattina, sei il bacio di una mamma sulla fronte del suo bambino, sei l'arcobaleno quando ha spiovuto. Tu sei il rumore delle onde che si infrangono, sei la coda del tuo cane quando torni a casa, sei il pezzo del tetris longilineo, che non arriva mai, ma quando arriva ti risolve tutto. Sei il sogno nel cassetto di un giovane studente, sei la quercia secolare resistita alle guerre, il primo fiore che sboccia dopo il gelo, sei fuoco, sei aria, sei luce.
Sei l'essenza. E senza di te non só stare.
Auguri ❤️
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Me so 'mbriacato
- “... Insomma je stav'a dì dottó, me vié da ride a dije sta cosa eppure, ma mo sapreste dì er perché, da 'n periodo a sta parte, m'aritrovo spesso co 'n soriso da paraculo sur grugno, a guardà pe l'aria, 'mbriaco de vino de li castelli senz'avé bevuto 'n goccio? “
- “ Lei sta 'mbriaco, quest'é certo, i sintomi so quelli, ma dia retta a me, er vino nun c'entra. “
- “ Ma allora che c'ho dottó, nun me lasci sulle spine, 'n sarà mica contagioso? N' é che mo me mannate in quarantena?! “
- “ Ma volesse er signore che sia contagioso! Vede giovinotto, le chiedo, lei pensa di star male? “
- “ Ma questo mo dovrebbe da dì lei dottó, sinnó che ce só venut' a fà fin' a quà? “
- “ Ma si, ma si, j'é chiedevo pe l'appunto, de sta cosa che se sente, se je dia 'n senso de disagio, se la sentisse negativa...'nsomma, ' n pó com' a Lazio“
- “ No dottó, anzi... “
- “.....“
- “ Ma quinni?! Che c'ho?! “
*Grassa risata* - “ Ma che jo devo dì io giovinó, ma nun c'ariva da solo “
- “..... “
- “ Lei, mio caro, é affetto da sindrome de Gongolo, che é er contrario de quella de Brontolo pe capisse, 'nsomma, pe falla breve, lei c' ha er core gonfio de na cifra de cose belle in sto momento, quinni se ne r'allegri e 'n se preoccupi, anzi se je posso dà 'n consijo giovinó, se tenga stretto quarsiasi cosa j' abbia fatto venì sta condizione, che é na benedizione! “
#Dialetto romano#Racconti#Romanzo#Sentimenti#Sindrome di gongolo#Sindrome di brontolo#Romanaccio#Stornelli#Amore#Gioia
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Ma che ne sanno l'artri de quello che c'avemo ner core io e te, de li sogni, deè notti senza chiude n'occhio con la capoccia piena de pensieri, che girava peggio der tagatà der luneur.
Che ne sanno deè serate che poi so diventate buongiorni, passate in una polo blu del 2002, a parlà, a spojiacce pure dell'anima come pe disse " tié, questo so io" oppure da "Zio" ar mare, a magnà er pesce, che quann'é che stavamo là poteva stacce pure quà santità de la Maria addolorata, ce staveno solo du persone in quer momento, solo io e te e quer Donna Luce, che ner nome c'avrà pure avuto la luce ma n'era che na lampara rotta a confront'a te.
Nun ce lo sanno loro de li giorni in cui se semo scallati da soli, pure a "na cifra" de distanza l'uno dall'artro, a fasse coraggio quanno er monno pareva ancora più 'nfame e buio der solito e faceva freddo, pure quanno c'era er sole fori.
Nun ce lo possono sapé, perché pe loro semo strani, stranieri de sto monno io e te, nun sapemo che fà della vita, perdemo tempo a 'nseguí i sogni quanno invece so loro che n' hanno capito che la vita non se fà, ma se vive, se sogna, che co li sordi se magna, si, ma nun se sorride si poi c'è devi lascià la vita, in commode rate da ott' ore ar giorno, si te dice bene; e che l'amore te fà viaggià, se và pure pure lontani, ma si poi nun lo si pija seriamente nun se ariva a niente, nun c'arivi ar bene massimo, l'unico vero bene che nun potrai tradì mai.
Ma 'nfonno, a pensacce bene, a noi ce basta poco a facce felici, n' abbraccio, na carezza, na bottija de vino e na promessa, le parole le lasciamo a l'artri.
CogitoErgoPatior
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E sai che c'é, c'é che se non penso più a niente finisco a pensà sempre a te, e ti rifletto su un altro quartino di Chardonnay, tu che c'hai la forza di rifarti una vita da zero e io no, io no. No.
Chapeau
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A distanza di anni é cambiato ben poco, tra sbandate varie c'ho il cuore in ristrutturazione.
Voglio conoscere una persona che mi scombini totalmente la vita, che mi rigiri come un pedalino, che mi svegli da questo torpore, che mi curi da questa mia “amicizia” con la forza di gravità, la quale mi spinge sempre più in basso. Voglio conoscere una persona che mi “schiaffeggi” con i suoi sentimenti, che mi sconvolga totalmente… Devo conoscerla, perchè per curare le “botte” più forti, c’è bisogno di una sbandata di pari portata!
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Mi rifugiavo nei tuoi occhi per ore, e mi sentivo una persona migliore..
Pinguini tattici nucleari
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