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carsicome · 9 years
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Semantica e stili discorsivi nel caso greco
Ho letto nelle ultime settimane alcuni interessanti report riguardo gli stili discorsivi degli attori politici europei attorno alla vicenda greca. Non ne condivido però alcuni risultati. Se si sposta l'attenzione dal livello tattico delle scelte comunicative a quello strategico delle relazioni semantiche, si può notare che l'opposizione fondamentale è tra “Unioneuropeisti” ed “Europeisti”. Per i primi, l'UE è l'Europa (ne sublima i valori positivi), per i secondi l'UE è la negazione dell'Europa (ne umilia i valori positivi). Se si accetta questa distinzione, vengono falsificati alcuni dei risultati dei report di cui sopra: M5S e Syriza, ad esempio, non risultano posizionati su due poli distinti (del tipo antieuropeisti vs europeisti critici), bensì sullo stesso polo, quello degli “Europeisti”.
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carsicome · 9 years
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“So let me get this right. You’re Italian but you’re a resident of India.” “Yes.” “And your fiancé is Canadian. Resident of Canada.” “Yes, but he lives in India.” “And you’re having a Catholic wedding.” “Yes.” “In Italy.” “Yes. But he’s Jewish.” “That doesn’t matter to us. It’s a parish matter, they take care of the paperwork. Did you discuss it with your Italian priest?” “My parish is in Delhi because I am a resident here. Anyway yes, we have permission to have the ceremony in Italy. We still need the bishop’s permission for the mixed religion marriage, but that should arrive soon.” “So all we need is a certificate that says your fiancé has never been married before. A nulla osta. And then we can process the documents.” “See, that’s why I called. Canada doesn’t really have that certificate.” “Did you check with the Canadian embassy in Rome?” “Yeah. They say they have nothing to do with this.” “Mmmh...I actually have no idea then.” The lady at the Italian embassy in Delhi wasn’t able to help. She’d never seen this before. Our wedding was just like us: Unique, unconventional, and a little all over the place. It looked impossible. Four months from the day and nothing was confirmed. “It’s not going to work. Nothing’s ready.” I called him in a panic as soon as he woke up, in Canada. In India, it was evening already.“Amore mio, that’s not true,” he replied. “Everything’s set. We’ll get the paperwork done.” 
“Davanti al monumento dei cuori strappati”. 
missanabeem on tumblr and @missanabeem on witter
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carsicome · 10 years
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L'Elena della discordia.
Elena Favilli ha poco più di trent'anni e di mestiere fa l'imprenditrice. Elena è un CEO, cioè un amministratore delegato. Elena lavora in una Start-Up, cioè un'azienda innovativa, che si chiama Timbuktu. Qualche anno fa si occupava di editoria digitale per bambini, oggi anche di qualcos'altro. Elena è nata in Toscana, come Matteo Renzi, ha studiato a Bologna, dove insegnava Umberto Eco, poi ha lavorato a Milano, come Annamaria Testa. E infine, Elena, si è trasferita in California. Elena è l'incarnazione dell'emancipazione degli anni '10. E' tutto ciò che quotidianamente viene esaltato e celebrato. Vive globale, parla universale, è digitale. 
Qualche giorno fa, Elena ha scritto per il TheGuardian un Op. Ed, cioè un editoriale. Parla di Silicon Valley, di discriminazione e di sessismo, temi su cui si era già espressa, assieme a Francesca Cavallo, a Settembre, dalle colonne del proprio blog, citando dati e argomentando, facendo appello al Premier Renzi.
Lo stesso giorno, il 28 Febbraio, il Corriere di Bologna, riprende l'articolo. 12 commenti, oggi, 3 marzo 2015. Cortocircuito. L'eroina diventa traditrice. E' un'ingrata.    La Silicon Valley non si processa. 
Non ha capito nulla del paese in cui si trova.
Io non ci credo, sicuramente non e' andata cosi' come la racconta l'articolo. Altrimenti sarebbe una stupida frustrata. E pure sessista.
Eccome no! Basta leggere la lista delle centinaia di donne CEO, CFO, president ecc. nella Silicon Valley. Ma per favore.
E la punizione, la sua Nemesi, è l'Italia.
Può sempre tornare in Toscana a cucinar ribollite... anziché stare in quell'ambientaccio.
Purtroppo Elena quando e' venuta in Silicon Valley si e' confrontata con molti italiani della zona che hanno mantenuto le loro origini culturali.
Ma tornatene a spignattare in cucina, sguattera!
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carsicome · 10 years
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Il meccanismo è tale che per fermarlo bisognerebbe che tutti si accordassero per riconoscere la cattiva reciprocità. Ma chiedere loro di comprendere che i rapporti in seno al gruppo bastano non soltanto a nutrire ma a partorire la loro sventura, è chiedere troppo. Una comunità può passare dalla buona alla cattiva reciprocità per ragioni insignificanti o al contrario così costrittive e massicce che i risultati si equivalgono. Tutti sono sempre responsabili, pressapoco alla stessa maniera, ma nessuno vuole riconoscerlo. Se anche prendessero coscienza della loro cattiva reciprocità, vorrebbero comunque che essa avesse un autore, una origine reale e punibile; forse accetterebbero di sminuirne l’importanza ma vorrebbero sempre una causa primaria suscettibile di un “intervento correttivo”, per usare il linguaggio di Evans-Pritchard, una causa significativa sul piano dei rapporti sociali.
René Girard, Il capro espiatorio, Pp 140.
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carsicome · 10 years
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Certo, gli etnologi hanno un compito difficile. Al minimo contatto con la società occidentale e moderna le “loro” culture si frantumano dome fossero di vetro, al punto che oggi non esistono quasi più. Questo stato di cose ha sempre comportato, e comporta ancora oggi, forme di oppressione rese ancora più amare dal disprezzo che le accompagna. Gli intellettuali moderni sono soprattutto ossessionati da tale disprezzo e si sforzano di presentare questi universi scomparsi sotto la luce migliore. Al punto che, talvolta, la nostra ignoranza diventa un vantaggio. Come potremmo altrimenti criticare il modo in cui queste popolazioni vivevano la propria religione? Noi non siamo in grado di contraddirli quando ci presentano le loro vittime come autentici volontari, credenti che immaginavano di prolungare l’esistenza del mondo lasciandosi massacrare senza aprire bocca.
René Girard. Il capro espiatorio. Pp 105
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carsicome · 10 years
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Gli stessi generali non avevano fiducia nella proprie truppe. Luigi Cadorna, capo di stato maggiore e comandante sul campo, era convinto che la sua armata fosse formata perlopiù da contadini ottusi e operai traviati dalla predicazione socialista, che potevano essere tenuti in riga solo attraverso una disciplina ferrea corroborata da continue punizioni esemplari. Eppure, questa massa di fanti, alpini e bersaglieri, ritenuti inaffidabili e indisciplinati, si dissanguò per tre anni in testardi assalti frontali sul peggiore dei fronti europei, fra le alte cime delle dolomiti e il brullo roccioso altipiano del Carso, sopportando perdite spaventose senza alcun segno di cedimento. Quando, nell'autunno del 1917, ripiegarono sotto i colpi di una brillante offensiva congiunta austro-tedesca, il generalissimo seppe offrire come unica giustificazione la vigliaccheria di alcuni reparti e la fantastica illazione che altri, sobillati dalla propaganda sovversiva, avesse inscenato uno "sciopero militare". Ma poche settimana dopo, sul fiume Piave e sul Monte Grappa, ciò che rimaneva dell'esercito intraprese un'ostinata battaglia difensiva sul cui successo erano in pochi (anche in Italia) a scommettere. Solo quando gli austro-tedeschi furono infine respinti, si disse che il merito principale era stato non dei due milioni di soldati italiani, ma di duecentomila francesi e inglesi inviati in tutta fretta a tamponare il fronte alla fine dell'anno (e in gran parte tornati in Francia nei mesi successivi). La leggenda secondo cui l'Italia venne salvata dagli alleati è ancora oggi ampiamente condivisa; che nella battaglia finale di Vittorio Veneto delle cinquantasei divisioni impiegate solo sei non fossero italiane pare irrilevante anche ai commentatori più seri.
Marco Mondini, La guerra italiana. Partire, raccontare, tornare. 1914-18.
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carsicome · 10 years
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Rivincita. 
Perché
Mai tornare indietro. Neanche per prendere la rincorsa.
Là dove osa la civiltà del 21. Dove i tramonti di Via Mondo materializzano la Garbatella.
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carsicome · 10 years
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E ripetute siano.
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carsicome · 10 years
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Grazie Emilio. Fosse stato per me, sotto quei trentun gradi di un mezzogiorno infuocato, t'avrei intitolato tutte le torri e le piazze di questa città. E invece t'è toccato un campo d'erba secca.
Emilio Bassi era un bracciante agricolo, abitava a Sasso Marconi quando il 19 giugno 1921, diciotto mesi prima della famigerata marcia su Roma, venne assassinato da un gruppo di fascisti nella sua casa alla Torre di Jano, perché strenuo e infaticabile propagandista delle idee di libertà e di pace contro lo sfruttamento dei braccianti da parte degli agrari e dei loro sgherri fascisti. Pagava così con la vita le proprie convinzioni politiche antifasciste e la scelta di vita di stare dalla parte degli umili, degli sfruttati e dei sofferenti. 
http://www.zic.it/una-rotonda-per-emilio-bassi-antifascista/
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carsicome · 10 years
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Viva l'edilizia mista di Santa Viola e via Indro Montanelli.
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carsicome · 10 years
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Come perlustrare le mura di Munster, controllare avamposti alla ricerca di spie. Come scrutare il proprio deserto interiore.
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carsicome · 10 years
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Lungo il Sentiero degli dei, prima che piovesse anche il cielo. Torneremo.
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carsicome · 10 years
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Come un gappista 70 anni in ritardo, sopravvivo a Porta Lame, recupero la posizione alla CGIL di via Marconi per poi inforcare giaguaro via Mascarella. Epico, scalo il ponte di via Stalingrado, per poi doppiarmi vittorioso in via della Liberazione.
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carsicome · 10 years
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San Donato: è l'amor mio che non muore.
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carsicome · 10 years
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Quant'è bella Corticella sud.
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