#vorrei tanto farlo un giorno
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E se. e se eventualmente fondassi un giornale di arte, letteratura e politica dove viene dato spazio ad articoli acuti e sperimentalismo artistico.
#vorrei tanto farlo un giorno#nulla queste sono le mie fantasticherie serali quando mi piace sognare in grande...#idealmente lo farei cartaceo perché sennò ciò che leggo mi sembra finto
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Lettera aperta a tutti quelli che che mi hanno conosciuto.
Passano gli anni ma mi rendo conto che chi sta meglio di me in realtà sta peggio.
Persone che ho sempre voluto vedere felici, che mai avevo visto nemmeno di persona, hanno cercato di usarmi pensando fossi ingenuo, ma la bontà non è sinonimo di ingenuità, di debolezza, io ho aperto le porte a chiunque, perché dentro non smetterò mai di abbandonare quel bambino che sono stato, che condivideva anche i sorrisi che non aveva per sé stesso, ma che non avrebbe passato la notte se avesse saputo che il suo “amichetto/a” il giorno dopo avesse avuto il broncio.
Perché siete “cresciuti” dando spazio all’odio?
Perché anziché promettere ad altri non promettete a voi stessi di ritrovarvi?
Di guardarvi dentro una volta tanto, e affondare nel male che avete condiviso con me, anziché condividere quella parte di “esseri umani” che era ancora insita in voi?
Se foste stati di parola, come a quegli anni, non mi avreste mai abbandonato, così dicevate.
Vedere lasciare soffrire una persona non rientrerà mai nei mei pensieri, anche se fosse qualcuno che, come successo fino all’altro ieri, ha fatto di tutto per mettermi i bastoni fra le ruote, no, perché so che anche il peggiore ha dentro qualcosa di positivo da condividere con chi gli sta accanto, solo che non lo sa, ma anche se fosse, non ci proverebbe minimamente a mostrarlo, l’egoismo è letale.
Parto sempre dal presupposto che non ho lezioni da dare a nessuno, sono anni che passo muto ad osservarvi, non ho mai commentato una virgola, chi sarei per farlo?
È proprio per questo, che ho preso in mano una penna e ho iniziato a sfogare tutto ciò che avevo dentro, quello che avrei voluto dirvi, ma sarebbero stati guai a raccontarvi quello che provavo, perché un consiglio oggi è visto come una condanna.
Eppure vi ho sempre lasciato sfogare con me, vi ho sempre ascoltato, anche quando ne avevo le palle piene, avevo i problemi a casa con mia mamma e la sua maledetta malattia, io per anni non sono esistito per voi, ma non me ne vergogno, ho ammesso anche io i miei sbagli, ho chiesto scusa, anche quando non non mi andava di farlo, e soprattutto quando non c’era motivo per scusarmi, ma pensavo: “Magari domani sanno che potranno sfogarsi nuovamente con me, si sentiranno più liberi dal peso che questa società ci scaglia addosso”.
Quanto male mi son fatto!
Ma rifarei di nuovo tutto, vi verrei di nuovo incontro, vi vorrei vedere sorridere solo a sentirmi parlare, vi vorrei tutti più uniti, come da piccoli ricordate?
Non c’era bimbo/a che stesse solo.
Perché qualcuno andava a recuperarlo, anche a costo di restarci solo assieme.
Ma abbiamo dimenticato, come si dimentica la storia, stessa identica cosa.
Di voi ricordo ciò che dicevate tutti: “Mattia non cambiare non diventare come gli altri, hai qualcosa in più che non riuscirò mai a spiegarti”, questa frase me la ricordo ogni mattina quando mi sveglio, da quanti anni ormai? Troppi.
Permettetemi una domanda?
Perché voi siete cambiati?
Per piacere a gente che poi vi ha fatto lo stesso gioco che avete fatto con me?
Perché farsi del male da soli?
Perché arrivare a non guardarsi più in faccia?
E poi c’è ancora qualcuno che pensa di cambiare il mondo?
Sì, uno ce n’era, il sottoscritto, ma non voleva cambiare il mondo, solamente la sua generazione, il mio sogno più grande, che continuerò anche se con molto sconforto, a portare avanti, “UNO CONTRO TUTTI”, chissà se ora qualcuno, capirà/collegherà tante mie frasi passate a cosa fossero collegate.
Siete riusciti a darmi contro per una canzone su ciò che ho vissuto sulla mia pelle, e sono stato zitto, scendeva una lacrima, ma stavo zitto, so che qualcuno ancora l’ascolta e sappiate che vi leggo spesso nei commenti, e mi fa sorridere il fatto proprio da chi mi “odiava” ingiustificatamente alla fine è finito a farmi i complimenti, ma no, io non voglio queste cose, voglio solo capire perché un giorno disprezzate e l’altro apprezzate una persona come nulla fosse, ma non sapreste spiegarmelo, ne sarei sicuro.
Io ho tanti di quei testi scritti negli ultimi anni, che spesso mi faccio paura da solo, non mi rendo conto di quanti ne scrivo, di quante cose il cuore comunica alla mano che spesso trema, come non volesse accettare quelle cose, ma deve, dobbiamo, accettare tutto in questa vita, ma io in primis non vorrei mai.
Come non ho mai accettato le malattie di mia madre, la morte degli unici amici che avevo fin da quando ero adolescente, che sono gli angeli in terra che hanno evitato quel pensiero maledetto che avevo di togliermi la vita…ma qui mi fermo, perché ognuno di noi non accetta il passato, quindi si blocca, respira, e sa, che se continuasse a pensare a tutto ciò, prima o poi sarebbe lui stesso ad andarsene.
Purtroppo la rabbia generata dalla mia generazione, da chi è passato per la mia anima, e dai quali ho voluto assorbire, pur di evitare di vedervi soffrire ancor di più, mi ha ucciso dentro.
Voi tutti qui, fuori da qui, avete visto Me per quel poco che mi è rimasto da far vedere esteriormente, con un maledetto sorriso che non farò mai mancare a nessuno, gentili o meno che siate con me; quelle poche volte che stavo al centro estivo le animatrici mi dicevano che un mio sorriso giornaliero, era la carica per tutti i ragazzi dello staff, e chi sono io per tenere musi?
Dentro non esisto più, da anni, ma sto cercando di recuperarmi, pezzo per pezzo, forse non mi basterà il resto della vita, ma voglio ritrovarmi anch’io.
Il “numero uno” non esiste, qui dietro al mio essere, c’è solo tanta fragilità, tanta voglia di donare amore, un po’ di spensieratezza, anche se momentanea, di rialzare chi è a terra e spronarlo a rigenerarsi, assieme, mai da soli.
Questa società c’ha fatto sbranare fra di noi, fatto credere che uno potesse essere meglio dell’altro, che potesse avere tutti ai suoi piedi, e noi ci abbiamo creduto, dai più piccoli ai più grandi, passando da un social alla vita reale, visto che ormai non c’è più differenza fra quest’ultime.
Voglio essere sincero con me stesso fino all’ultimo, anche a costo di perdere qualsiasi cosa ma mai la dignità, quindi risponderò a semplici domande che mi son state fatte negli ultimi anni, alle quali non ho mai voluto dare risposta.
Cos’è l’amicizia?
Puro opportunismo.
Cos’è l’amore?
A 16 anni ti avrei risposto, quello che ha verso di me mia madre, piange, urla *silenziosamente* dai dolori, passa settimane a letto, ma rinasce quando mi vede felice, anche se solo per un giorno.
Oggi?
La stessa cosa.
Il significato del termine “amore” mi ha aperto gli occhi mentre pensavo inconsciamente di viverlo, ma andando avanti si inciampa negli errori degli anni passati, e l’amore per giunta non è mai stato amore, è sempre quel qualcosa con una data di scadenza, una parola inventa per stupire un pubblico di creduloni, sii sincero, per quante forme possa avere l’amore, come può essere chiamato tale, se siamo nati con l’odio e il disprezzo reciproco dentro?
E tu come ultima cosa mi hai domandato perché scrivo?
Perché tutto ciò chi mai avrebbe avuto il coraggio di ascoltarlo?
Vi abbraccio con tutte le mie paure, spoglio di tutto ciò che negli anni non ho saputo tenermi stretto, consapevole che domani potrei non esserci più, e sicuro di aver raccontato tutto di me, perché l’oscurità non mi appartiene, e so di essere stato messo al mondo con uno scopo;
come ognuno ha il suo, io ho il mio, quello di far farvi splendere nel vostro piccolo, anche se per poco, assieme a me.
Chiudo mandando un abbraccio forte a mia mamma, il delfino che mi porto sempre in tasca da quando ero piccolo, per ricordarmi che non sono mai solo, anche nei momenti più disperati, mio padre, che nonostante le voragini d’incomprensioni conta su di me, per i vostri sacrifici, mi metto dalla vostra parte e riconosco tanti miei errori ingiustificabili, un abbraccio forte a tutte quelle persone che conosco e ho conosciuto che stanno passando dei brutti momenti, del resto non c’ha mai uniti così tanto il male quanto il bene…e a te che sei arrivato fin qui, l’unica cosa che chiedo sempre a tutti dopo un semplice ma per molti ormai banale: “Come stai”?! Ricordati di farti un sorriso appena puoi.
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Ho chiesto a un mio amico che sta invecchiando: "Quali cambiamenti stai notando?" Mi ha inviato queste riflessioni davvero interessanti che vorrei condividere con voi:
Dopo aver amato i miei genitori, fratelli, coniuge, figli e amici, ho iniziato ad amare me stesso.
Ho capito che non sono "Atlante": il mondo non pesa sulle mie spalle.
Non contratto più con i venditori di frutta e verdura. Qualche soldo in più non mi cambia la vita, ma potrebbe aiutare il venditore a pagare la scuola di sua figlia.
Pago il tassista senza aspettare il resto. Quel piccolo extra potrebbe farlo sorridere, e sta sicuramente lavorando più duramente di me.
Non correggo più gli anziani che ripetono le stesse storie. Quelle storie li riportano a momenti felici del loro passato.
Ho imparato a non correggere le persone, anche quando so che sbagliano. La pace è più preziosa della perfezione.
Elogio le persone generosamente. Non solo migliora il loro umore, ma anche il mio.
Non mi preoccupo più per una macchia sui vestiti. La personalità conta più delle apparenze.
Mi allontano dalle persone che non mi apprezzano. Conosco il mio valore, anche se loro no.
Non mi vergogno delle mie emozioni. Sono proprio le emozioni a rendermi umano.
Ho capito che è meglio mettere da parte l’ego piuttosto che rompere una relazione.
Vivo ogni giorno come se fosse l’ultimo, perché potrebbe esserlo davvero.
Faccio ciò che mi rende felice. La mia felicità dipende da me.
Valorizzo i miei amici, perché ogni giorno ne perdo alcuni: non perché litighiamo, ma perché sono passati oltre.
Valorizzo ciò che ho, piuttosto che ciò che desidero, perché ciò che ho è mio: la mia vita, la mia famiglia, i miei amici.
Ho deciso di condividere questo perché mi sono chiesto: perché aspettare così tanto tempo per cercare la felicità? Non dobbiamo essere anziani per praticare questi insegnamenti!
Autore sconosciuto
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Ratti auguri di buon Rattale!
A Vienna si calcola esistano una cosa come tre milioni di ratti che vivono nel sottosuolo della città. C'è un tour che ti fa esplorare le complesse linee fognarie dove ti raccontano di tutti questi ratti che girano. Tre milioni di ratti sono quasi due ratti a testa per ogni abitante della città. Quindi, in un mondo perfetto, questo Natale in casa saremmo in quattro: io, Ernesto e due ratti. I due ratti durerebbero poco. Uno Ernesto se lo mangerebbe in un secondo. L'altro lo difenderei a spada tratta e diventerebbe il mio alleato eterno e lo chiamerei Ratteo, così, per avere un essere vivente a cui tramandare quello che ho imparato durante la mia esistenza.
Ho deciso di passare il Natale lontano dall'Italia perché negli ultimi mesi sono stato troppo in giro e mi stavo dimenticando di uno dei valori principali su cui è fondata la mia stabilità: la solitudine. Ho fatto in modo di andare a cena da mio fratello molto molto presto, per essere in grado di finire prestissimo e tornare a casa quando il resto delle famiglie si stanno sedendo a tavola. È stupenda Vienna quando in giro non c'è anima viva. O per meglio dire, quando in giro ci siamo solo noi immigrati, senza famiglia, senza nessuno. No ok io ho un gatto e un ratto a cui sto insegnando tutto di me e che spero un giorno prenda il mio posto nella società. Lo vestirei con i miei stessi abiti. Forse gli farei pure gli stessi tatuaggi.
Vienna di per sé non è mai troppo affollata, c'è da dire. Ma vederla ancora più deserta del solito è rinvigorente. La solitudine che tanto mi manca è ovunque. Il bus si muoveva sinuoso tra le strade senza l'ombra di una macchina in movimento. I semafori lampeggiavano sincronizzati con le luci degli alberi negli appartamenti di chi non vedeva l'ora di festeggiare. Tante lingue diverse. Del tedesco neanche una lontana eco. Prima di rientrare sono passato dal supermercato turco, loro sono sempre aperti. Ecco un altro pilastro della mia stabilità. Due ragazzini prima di me stavano comprando quella che penso fosse la loro cena natalizia. Una confezione di pane da toast, del formaggio già tagliato a fette, del prosciutto, qualche sacco di patatine e una marea di coca zero. Quanto li ho invidiati. Non dovevano essere di qua, intendo abitanti della zona. Avevano l'aspetto dei turisti. Erano giovani, vestiti male, capelli orrendi, con pochissimi soldi ma stavano avendo la serata che vorrei tanto aver avuto io con te. In una città di cui non sappiamo niente, in un momento in cui tutti si ricongiungono con i familiari, noi, andare via da tutto e avere tutto quello che ci serve tra i filamenti del formaggio sciolto del toast. Unica differenza, lo si farebbe senza prosciutto, che lo diamo a Ernesto e Ratteo.
Quando ottieni quello che hai sempre voluto è il momento in cui ti rendi conto di quanto era bello semplicemente desiderare, senza le responsabilità che derivano dall'ottenere. La felicità è un atto di responsabilità e va difesa. Devi lavorare ancora più di prima per mantenerla. Consuma un sacco. Ha sempre fame. Ci mette un attimo ad ammalarsi e deperire e mutare e non appena diventa anche solo di un gradiente meno luminosa ecco che pensi di averla persa. Sono successe tante cose in questo anno terribile che mi hanno reso felice e solo dire la parola "felice" mi fa sentire sporco perché quella voce che costantemente urla in testa "tu non meriti di essere felice!!!" non è che ha smesso di urlare eh, continua a farlo, ma vedendo che un pochino io sono sereno ha fatto il broncio, incrociato le braccia, sbattuto forte i piedi per terra e si è andata a mettere in un angolo del cranio a escogitare un piano per farmela pagare.
Ho lavorato tanto in questi anni e neanche me ne sono reso conto. Tutte le volte che venivo qua a scrivere mi stavo preparando per fare qualcosa che non avrei mai pensato potesse accadere. Non ho la forza ahimè, per raccontare la mia storia a tutti, ancora, cosa che dovrei fare dato che devo andare in giro e promuovere la mia carriera di autore e spiegare pure tutte le altre attività che svolgo e cercare di sembrare interessante e intelligente e sagace e invece sono solo a pezzi e la socialità mi esaurisce.
Questo Natale lo sto passando come John McClane. Decisamente lurido e unto, senza scarpe, con un gran mal di testa, chiuso nel condotto di areazione mentre scappo da tutti. Mi farei portare di tanto in tanto qualche biscottino da Ratteo ma poi come cacchio riesco a strisciare fuori da qua dentro. La mia pancia ha raggiunto livelli che mai avrei pensato potesse raggiungere e il bello è che non mi interessa minimamente. Solo quando mi allaccio le scarpe dai, lì un po' intralcia. Non mi interessa perché sono entrato nei quaranta e finalmente "ho dato". Posso dirlo con fierezza. Ho dato. Ora tocca a qualcun altro darsi da fare ed essere bello e atletico e magro e muscoloso e pieno di talento io, ho dato. C'ho provato. Ha funzionato per un frangente e poi ha smesso e ho passato anni a cercare di rimanere come nei miei ricordi finché non mi sono reso conto che ero rimasto fermo. Bloccato. E non nel sistema di areazione come questa notte.
Ernesto non è più abituato a guardarmi scrivere, in effetti sono passati parecchi mesi. Non riuscivo più ad avvicinarmi a una tastiera se non per piccoli frangenti di tempo. Per rispondere a delle mail o per digitare nel motore di ricerca la categoria con la quale mi piacerebbe masturbarmi. Ernesto mi ha attaccato un piede, segnale che non accetta io sia distratto e che non lo stia degnando delle attenzioni che ritiene di meritare e meno male che non mi stavo adoperando per masturbarmi altrimenti sai che dolore se mi avesse addentato altro. Tipo il piccolo Ratteo che ho tra le gambe e che, nonostante la pancia sia cresciuta, resta sempre delle stesse dimensioni contenute.
Lo psicologo l'altro giorno mi ha chiesto cosa vorrei fare se scoprissi che in sei mesi tutto sarebbe finito. Gli ho chiesto cosa intendesse con tutto. Ha risposto tutto. Tu, il mondo. L'umanità: tutto. Anche la mia famiglia? Sì, anche la tua famiglia. No aspetta ma quindi anche mio nipote? Sì, anche tuo nipote. Cercherei di salvare la mia famiglia. Ha detto che non potrei farci nulla. Allora ho detto che andrei per strada e urlerei a tutti che il mondo sta per finire e che mancano solamente sei mesi anche se poi sembrerei uno di quei pazzi che urlano che siamo fottuti con un cartello scritto male e un cappello di stagnola e che quando li becchi mica gli dai retta, pensi che siano pazzi e torni a casa e te ne dimentichi mentre cerchi qualcosa di nuovo con qui masturbarti. Mi ha detto che non posso dirlo a nessuno, che sono l'unico ad essere informato e devo tenermelo per me. Allora ho pensato davvero a cosa avrei voluto fare, ma c'era un'altra domanda da porgli. Dovrei continuare a prendere farmaci oppure sarei senza la mia malattia? Ci ha riflettuto un attimo e poi mi ha fatto un grande dono. Saresti senza. Allora ho elencato tutti i posti che vorrei vedere e le cose che vorrei fare e il Giappone e nuotare con le balene e i cibi che vorrei mangiare e le droghe che vorrei provare per poi finire dicendo che un mese lo vorrei passare abbracciato a mio nipote, che non capirebbe e anzi, probabilmente mi caccerebbe via dicendo "zio Pattejo coza fuoiii" però a me andrebbe bene lo stesso. Voi cosa fareste, se rimanessero solo sei mesi?
Mi mancava la solitudine e sentirmi solo e parlare da solo e scrivere in questa condizione di silenzio totale. Nel palazzo di fronte non c'è nessuna luce accesa. Forse sono tutti usciti per cena o forse sono tutti rientrati nei loro paesi di appartenenza. Se ancora sono a Vienna è per questo motivo, da nessuna altra parte del pianeta riesci a sentirti così solo come qua. Per questo poi ti affidano due ratti.
Ernesto si è appallottolato sul divano. Ratteo si è addormentato sulla mia spalla. Spengo le luci, apro i regali che mi sono fatto e aspetto sia domani. È un Natale bellissimo ma sarà ancora più bello quando potremo farci dei toast insieme e raccontarci cosa ci ha insegnato il silenzio.
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Ho chiesto a un mio amico che ha superato i 60 anni e si avvicina ai 70: "Quali cambiamenti stai notando?" Mi ha inviato queste riflessioni davvero interessanti che vorrei condividere con voi:
Dopo aver amato i miei genitori, fratelli, coniuge, figli e amici, ho iniziato ad amare me stesso.
Ho capito che non sono "Atlante": il mondo non pesa sulle mie spalle.
Non contratto più con i venditori di frutta e verdura. Qualche soldo in più non mi cambia la vita, ma potrebbe aiutare il venditore a pagare la scuola di sua figlia.
Pago il tassista senza aspettare il resto. Quel piccolo extra potrebbe farlo sorridere, e sta sicuramente lavorando più duramente di me.
Non correggo più gli anziani che ripetono le stesse storie. Quelle storie li riportano a momenti felici del loro passato.
Ho imparato a non correggere le persone, anche quando so che sbagliano. La pace è più preziosa della perfezione.
Elogio le persone generosamente. Non solo migliora il loro umore, ma anche il mio.
Non mi preoccupo più per una macchia sui vestiti. La personalità conta più delle apparenze.
Mi allontano dalle persone che non mi apprezzano. Conosco il mio valore, anche se loro no.
Non mi vergogno delle mie emozioni. Sono proprio le emozioni a rendermi umano.
Ho capito che è meglio mettere da parte l’ego piuttosto che rompere una relazione.
Vivo ogni giorno come se fosse l’ultimo, perché potrebbe esserlo davvero.
Faccio ciò che mi rende felice. La mia felicità dipende da me.
Valorizzo i miei amici, perché ogni giorno ne perdo alcuni: non perché litighiamo, ma perché sono passati oltre.
Valorizzo ciò che ho, piuttosto che ciò che desidero, perché ciò che ho è mio: la mia vita, la mia famiglia, i miei amici.
Ho deciso di condividere questo perché mi sono chiesto: perché aspettare così tanto tempo per cercare la felicità? Non dobbiamo essere anziani per praticare questi insegnamenti!
Autore sconosciuto
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stasera proverò ad usare tumblr come quando ero ragazzina, come quando nessuno mi conosceva e il sentirmi giudicata era l’ultimo dei miei pensieri. è da un po’ che sento il bisogno di sfogarmi qui sopra ma sono costantemente frenata da una sorta di paura apparentemente senza senso. mi sono ripromessa più e più volte di non cedere alla tentazione e di non commettere azioni che potessero ferire la mia salute, fino all’altra sera. un paio di giorni prima dell’accaduto la vocina nella mia testa, che tanto mi ha tenuta compagnia per molti anni, si è fatta sentire rumorosamente, impavida come non mai. ho cercato di frenarla, di non ascoltarla e fare finta di niente. ci ho provato, ma è bastato essere un minimo su di giri che ho ceduto all’impulso. io continuo a dire che non so perché l’abbia fatto, che non ho ragioni per aver commesso una cosa simile ma la verità è che aspettavo questo momento da tempo. l’ho assaporato, ho tolto tutto ciò che in mia convinzione mi deforma e continuato finché di me non è rimasto solo ossigeno nei polmoni. inutile dire che io ora sto facendo finta di niente, sto vivendo le mie giornate come se nulla fosse successo, come se io stessi comunque bene. ho paura che questa sia la classica “goccia che fa traboccare il vaso” perché è così che funziona. parlarne è difficile, ammettere agli altri, a voce alta, tutto questo è vergognoso, umiliate. mi sento umiliata da me stessa e questo odio smisurato verso le mie azioni mi costringono a pensare che oramai farlo una, due, tre, cento volte non cambi la situazione. sono delusa del mio comportamento, sono delusa perché ora come ora posso dire con certezza che queste sono scelte prese e ben pensate. che una parte di me sapeva che in quella determinata situazione e circostanza sarebbe stato semplice, che sarebbe andato tutto secondo i piani che la mia parte malata idealizzava da tempo. io non voglio rimproverarmi troppo, ho timore nel farlo. vorrei solo capirmi meglio e cercare di consolarmi ma è così difficile. appena incontro un problema lo scanso, ci passo sopra, lo evito. non riesco ad affrontare niente senza la paura di crollare e questa cosa prima o poi mi si ritorcerà contro. mi sento sola in questa situazione, mi sento non capita da chi mi sta intorno, da chi fa finta di niente nonostante sapesse determinate cose. mi sento presa in giro. mi tengo impegnata il più tempo possibile, mi riempio di cose da fare per non concentrarmi su quanto io, anche se in modo più lento e meno continuativo, mi stia rovinando. la sera a letto, quando sono da sola, non riesco a evitare tutto questo e ogni notte sono terrorizzata da ciò che la mattina seguente dovrò affrontare, per ciò che la mia mente ha pensato nel mentre sono circondata da buio e silenzio, e che la parte razionale quando mi alzo dal letto il giorno dopo deve affrontare.
e niente, tutto qui, per ora
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In questo periodo mi sono accorta che non sto scrivendo più tanto qui, non scrivo chissà che cosa in realtà in generale
Questo per un mucchio di motivi e anche che forse se mi fermo a ragionare sento solo una voce urlare ma facciamo finta che questa parte non esista, la scavalchiamo
In realtà la ragione più pratica per cui non scrivo è che la psicologa mi ha detto di farlo ed è tutto divertente e giocoso finché quel qualcosa non diventa un compito, almeno per me
Io passo una vita a pensare alla formalità, allo scritto, alle leggi e alla precisione e quindi io voglio fare qualcosa liberamente solo se è libero e vocale, unidirezionale, solo io senza un pubblico, non un palco, ma una stanzetta, un banco e tanti sogni. Non sono mai stata un'adolescente vera e ora vorrei esserlo. Per me quella dimensione ribelle e punk è tutta qua, nell'inerzia del fare poco
Comunque altre cose che sono successe: c'è un bel festival dei corti e andiamo a vedere un po' tutto con la mia amica speciale E. Ho detto alla psico che mi sento come se fossi licenziata ogni giorno ed è così. Dato come unica motivazione del mio panico interiore il fatto che ci tenevo tanto, era proprio una cosa mia e io ci tenevo e basta e invece non è successo.
Ho fatto un progetto di gruppo con la mia collega M. Mi mancava sentirmi brava e avere una controparte e sentirmi ascoltata, avere una voce che risponde alle mie cose.
Ancora spero ma sottovoce è non più di tanto
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Amore mio,
so che le lettere sono fuori moda,ma sento che è il modo migliore per esprimerti ciò che sento.
Cerca di comprendere le mie paranoie, le mie gelosie, i miei gesti e i miei dubbi. Io sono pronta a starti vicino, abbracciarti, capirti. Mi prenderò cura di te, sempre.
Se mi chiedono per me che rumore ha la felicità,
io rispondo che per me il rumore della felicità coincide con il suono della tua voce. In tutto questo tempo l'amore che sento per te non ha smesso un solo istante di crescere e non smetterà di farlo nel tempo che verrà.
Mi hai insegnato ad amare senza riserva, mi hai insegnato cosa significhi dedicarsi completamente ad un'altra persona, ad ammettere i propri errori quando è necessario. Ora mi trovo ad amarti in un modo che neanch'io credevo di poter fare. Sei il mio fidanzato, il mio migliore amico.. E mi stimoli sempre ad essere migliore. Ciò che ci lega è così unico e speciale da non poter essere sicuramente racchiuso in cinque lettere che sono sulla bocca di tutti. Questa storia l'abbiamo costruita pezzo dopo pezzo, con le nostre litigate all'ordine del giorno, con svariati pianti, con l'allegria che racchiude le giornate passate insieme, con gli abbracci per strada, con le promesse mantenute e anche con quelle venute meno. Ti ho mostrato ogni sfaccettatura di me, il mio lato da bambina, i miei valori, le mie debolezze e anche l'orgoglio che ogni tanto caccio e che tu tanto odi. Sei il mio porto sicuro, l’unica persona con cui vorrei stare e con cui, a fine giornata voglia parlare e sfogarmi, l’unico uomo che vorrei mai e l’unico a cui sarò sempre affezionata e che avrà sempre il mio cuore, nel bene o nel male.
Tu sei l'unico per cui valga la pena litigare e dannarsi ogni giorno. Non voglio un ragazzo perfetto, ne ti voglio uguale a me.. Ti voglio così, come sei. Mi hai fatto scoprire il vero senso delle parole: amare, vivere, ridere. C'è una vita intera davanti a noi, ti va di viverla insieme? Perché tu sei l'amore della mia vita. E io non vedevo l'ora di dirtelo
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ogni tanto torno a scrivere qua
in questo periodo sono talmente stanca ed esausta che, in quei rari momenti in cui il mio cervello riesce a pensare cose, penso solo che vorrei qualcuno che si prendesse cura di me.
e vorrei essere coccolata, e vorrei che a farlo fosse m, e vorrei non essere sempre l’amica che deve passare a prendere e portare, vorrei solo dormire per un giorno intero
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Sono uno che ha paura di disturbare. Di mettere in difficoltà. Ma ai limiti del patologico eh. Tipo quando vado al bar e vorrei un cappuccino freddo, o un caffè macchiato, e vedo che c'è un sacco di gente e tanta frenesia, coi baristi che corrono e si affannano, chiedo un caffè. Mi succede la stessa cosa quando nel bar dove vado sempre, in cui il cappuccino freddo lo prendo da anni e non serve neanche chiederlo, me lo lascio preparare anche se quella volta vorrei un caffè. Se alla cassa pago una cosa che credevo costasse qualche euro in meno, tendenzialmente lascio andare. Non importa. Mi capitava così anche con le persone, quelle persone che mostravano interesse per me, e io addirittura riuscivo ad aprirmi, a darmi una possibilità, e quelle persone poi se ne andavano. Se ne andavano di punto in bianco con spiegazioni pessime o nulle, e io avrei avuto tutto il diritto di chiedere qualcosa in più. Non l'ho mai fatto. Forse perchè credo che sia difficile per chiunque dire "non mi piaci" oppure "credevo fossi migliore", anche se sei la persona più schietta del mondo. E quindi non ho mai chiesto nulla. Magari avrei potuto chiedere "ho fatto qualcosa di sbagliato?", discuterne, senza poi cambiare nulla eh, ma almeno saperlo. E invece no. Ancora oggi ho una lista di persone per cui non so il perchè si siano allontanate. Le ho lasciate libere da ogni incombenza di dare spiegazioni quantomeno sufficienti, libere di rifarsi una vita da un giorno all'altro, e avranno pure pensato che se non ho chiesto spiegazioni è perchè forse, in fondo, neanche a me fregava poi così tanto. E quindi eccomi qui, una vita a guardarmi sostituito, messo in un angolo come un oggetto che all'inizio ci manda in estasi e poi ci stufa. E quando poi, durante alcune notti, mi veniva l'impulso di mandarlo quel messaggio, di scrivere "Com'è che ci siamo persi io e te?", era già troppo tardi. Io arrivo sempre tardi. Arrivo sempre quando sono ormai un ricordo sbiadito, una voce non riconoscibile al primo ascolto.E invece avrei dovuto farlo.
"Com'è che ci siamo persi io e te?" - "Ho fatto qualcosa di sbagliato?" - "Potrei avere un caffè macchiato per favore?"
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Caro Fede,
Tanti auguri di buon compleanno e ti dico subito che ti voglio un mondo di bene.
Questo è il mio momento preferito lo sai: mettermi seduta e scrivere quello che non dico a voce perché non so esprimermi, perché non trovo l’occasione giusta, il coraggio e le parole migliori.
Vorrei dirti un sacco di cose belle perché è il tuo compleanno e perché bisogna dire sempre le cose belle che si pensano di un’altra persona anche se ahimè non lo faccio spesso io…solo quando scrivo e sono “costretta” a riflettere e dire ciò che penso senza troppi freni.
Innanzitutto vorrei dirti quanto sia fiera di te per tutto quello che sei riuscito a fare e che stai facendo, per il coraggio di metterti sempre in gioco, per la tua estroversione, per il tuo senso dell’umorismo, per la tua immensa pazienza e il buon cuore che metti sempre in tutto quello che fai.
Ti ammiro veramente per tutte queste meravigliose qualità e riconosco il tuo essere superiore rispetto a me in questo. Se sono qui accanto a te è perché ho profonda stima di te per queste e altre tue mille sfaccettature (oltre che per l’amore chiaro).
Sei la persona a cui mi sento legata più di chiunque altro, mi sento capita, mi sento apprezzata e amata.
Mi sento male all’idea di perdere una persona come te.
Mi spaventa l’idea di andarmene per un anno senza di te che sei la mia àncora dal giorno in cui ci siamo trovati, ma ho bisogno di farlo perché è così che si diventa grandi. So che non è facile essere la mia àncora.
So di non essere una persona senza difetti e facile con tutte le mie spine e i miei buchi neri, a volte impossibili da comprendere. In alcuni momenti non mi capisco neanche io. Però ogni tanto mi sembra che tu riesca a capirmi più di quanto riesca a farlo io e mi sorprende perché non credo ci siano tante persone che riescano a capirmi, a comprendere i miei momenti bui, il mio umorismo e i miei sorrisi che a volte non lo sono.
Recentemente su Instagram ho letto un post che diceva “Qual è la persona con cui hai condiviso i momenti migliori della tua vita?”. E ti giuro che io mi sono sforzata di pensare a un’altra persona che non fossi tu ma non ce la facevo proprio. Ora non voglio dire che i bei ricordi sono solo con te perché sarei un’ipocrita ma se randomizzando chiudessi gli occhi e pensassi a dei momenti belli della mia vita, sicuramente per la maggior parte di questi ci sei tu nell’immagine nella mia testa. Perché è così che mi succede, soprattutto la sera quando vado a letto. Appena ho pensato a questa cosa non ti nascondo che ho provato dell’amarezza nel pensare che i ricordi più belli ce li avessi con il mio ex ragazzo, però poi ho pensato a quello che mi dice sempre Franci M. ovvero che bisogna essere grati di quello che c’è stato perché non è detto che nella vita tutti possono provare questo tipo di amore che noi abbiamo provato, a non tutti è concesso e non tutti riescono a trovarlo e io e te siamo fortunati e siamo ancora più fortunati degli altri perché siamo qui ora.
Ti regalo alcuni miei ricordi.
Leuven, il sole e il parco, Batman.
Bruges, Gent e il ristorante marocchino ad Anversa.
La quarantena e il campo da golf.
Lisbona, io e te su un motorino a Cascais.
Viareggio, Puccini, io e te sulla ciclabile che andiamo a prenderci una granita.
Sardegna mentre ti guardo uscire dall’acqua entusiasta del tuo snorkeling prima di andare a fare la passeggiata sulla costa fino a Santa Margherita.
Io e te sul Porsche con il vento tra i capelli.
Io, te e Ginevra sul bagnasciuga che ci abbraccia perché giochiamo con lei.
Ne avrei milioni e so che stasera quando andrò a letto e chiuderò gli occhi me ne verranno in mente altri e per 3 secondi proverò una sensazione bellissima che non so spiegarti proprio bene: è come se mi si gonfiasse il petto ma allo stesso tempo mi si stringesse il cuore. Io sono veramente grata. Immensamente grata perché mi è stata concessa una cosa così bella.
Se devo essere sincera pensavo che la nostra relazione sarebbe stata una funzione esponenziale crescente ma a quanto pare le relazioni non sono come la matematica e le cose non sono così “lineari” e forse la nostra equazione è un po’ più complicata di una semplice y = 2^x . Fa niente Fede alla fine sapremo quale sarà la nostra equazione e sarà tutto più chiaro.
Con amore,
Tua Ema/Tati/Bubu.
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In questi giorni sono stata a trovare una mia amica, era da un sacco che non ci vedevamo di persona da sole io e lei ed era da tantissimo che non facevo una gita da sola. Dovrei farlo più spesso, girovagare per le strade a caso è una delle cose che amo, ma non mi ritaglio il tempo di farlo quanto vorrei e quanto, probabilmente, mi farebbe bene. Come per molte altre cose che amo, in effetti.
Dopo aver fatto merenda siamo andate a prendere alcune cose per preparare la cena in questo posto in cui si vendono anche le piante e ho preso una rosellina per mia mamma, chissà se resisterà nei suoi terrazzi. Ho preso anche una piccola piantina di rododendro per il mio mini-balcone e una piccola monstera: questa l'ha presa anche la mia amica e vorremmo provare a farla stare in acqua, intanto io l'ho messa insieme alle altre che cercano di resistere alla poca luce di casa.
Lei è appassionata di cucina ed è una grande viaggiatrice, una combinazione perfetta per farmi conoscere nuove ricette e nuovi sapori. Per cena mi ha preparato riso pilaf con verdure e zafferano, l'indomani per colazione abbiamo mangiato i suoi kanelbullar appena sfornati e poi a pranzo pasta coi broccoli appena presi al mercato, peperoncino e bottarga. E ovviamente poi abbiamo fatto di nuovo merenda allo stesso bar, in cui ho preso di nuovo la schiacciata alla fiorentina, che avevo già preso il giorno prima per la prima volta e volevo "conoscerla" meglio. Sì, sono abitudinaria anche quando provo cose nuove, vivo di contraddizioni, lo so.
Mi ha regalato un libro di ricette a base di miele che non vedo l'ora di provare e mi ha fatto assaggiare le combinazioni strane di mieli che ha preso da un'azienda agricola sarda, un miele allo zenzero e una nocciolata con miele e carrube. E un cioccolatino napoletano dei Fratelli Scaturchio con la velina stampata al contrario, chissà come mai. Di pomeriggio siamo andate alla ricerca di un negozio iraniano che aveva visto su instagram e abbiamo preso altre cose da provare: lei del riso affumicato e un mix di erbe aromatiche, io dei dolcetti vari e i gelsi essiccati. Mi piace questo aspetto di lei, mi fa sempre scoprire cose nuove. Abbiamo girato un po' sotto la pioggia e poi è arrivato il momento di ritornare a casa. Spero proprio di replicare presto, perché le videochiamate sono una bella invenzione, ma stare insieme di persona è tutta un'altra faccenda. Abbiamo parlato tanto e di alcune cose si riesce a parlare meglio di persona, con la pancia piena e una tazza di tè in mano.
Questa mattina mentre sistemavo le piantine in balcone ho visto che alcune hanno fatto le nuove foglie e anche qualche fiorellino. La primavera sta arrivando. Chissà cosa ci aspetta. Chissà cosa riusciremo a combinare. Non sempre arriva ciò che vogliamo, a volte non so nemmeno cosa vorrei e lascio che il tempo passi e porti quello che capita. Chissà se quella coccinella ha fatto altrettanto e chissà se è incastrata o al riparo tra le spine. Vedremo.
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all'improvviso
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Aveva una bellissima voce. E un bellissimo sorriso. I ricordi sono sempre più frammentati, ma quelli che rimangono sono vividi e uccidono. Ricordo il nostro primo sguardo mentre si allontanava sul bus, ricordo quanto mi aveva fatto stare bene. Quel giorno iniziai a vedere il mondo con colori diversi e non riuscivo a smettere di sorridere. Ricordo che lo cercavo spesso a lezione e sentivo le farfalle nello stomaco quando lo vedevo arrivare. Ricordo i suoi occhi buoni, sono quelli che mi hanno fregata. È una delle prime cose che gli dissi, “hai gli occhi buoni” e lui mi disse che avevo visto male. Forse avrei dovuto ascoltarlo. Quando scoprii che era appassionato di cinema il mio cuore ha avuto un sussulto e ho pensato “ecco, è lui. È quello giusto”. E Dio se era quello giusto. Aveva così tanto bisogno di amore che penso avrebbe fatto di tutto per farmi innamorare di lui, perfino dirmi “ti amo” dopo una settimana e chiedermi di sposarlo dopo 10 giorni. “andiamo a Las Vegas e sposiamoci”, fu il capodanno più bello che avessi avuto fino a quel momento.
E non riesco a non darmi la colpa per non aver capito niente, non riesco a non sentirmi una stupida a scrivere tutto questo. Il ricordo di lui, di lui all’inizio, di un lui che non so se esiste davvero, mi fa sentire in un modo strano. Fisicamente sento una forte stretta al petto e non riesco a smettere di piangere ed emotivamente sento che mi manca tanto e vorrei che non fosse cambiato niente tra noi. Vorrei che il conoscermi meglio non lo avesse allontanato, vorrei che non mi avesse mai tradita nemmeno col pensiero, vorrei che quei “ti amo” che mi diceva sempre fossero stati veri. Avrei voluto che mi dicesse “ti amo” guardandomi negli occhi. Vorrei non aver dovuto chiedere di dirmi “ti amo” guardandomi negli occhi e vorrei non aver dovuto vedere quello sguardo scocciato sul suo viso quando gli chiedevo di farlo. Vorrei che fosse andato più nel profondo, che se qualcuno gli avesse chiesto cosa preferisco al mondo non avrebbe risposto banalmente “il sushi”. Vorrei cancellare ogni notte in cui sono andata a dormire piangendo, mentre ero sdraiata accanto a lui girato di spalle. Ho cominciato a capire che forse non era la persona per me, o non era più la persona per me, quando mi sono identificata nella frase di un libro che diceva “ho scoperto che il luogo più solitario del mondo è quando sei a letto, accanto a una persona che ti fa sentire piccola, schiena contro schiena, mentre speri che l’altro si giri e ti stringa tra le braccia” ed è nato in me il pensiero che forse l’amore non doveva essere così, che l’amore non deve farti sentire piccola. L’ho capito negli occhi delle mie amiche, nelle loro parole, nel fatto che ci fossero sempre per me e non dovevo chiederlo. Avevano sempre una parola dolce per me e non dovevo chiederla. Mi volevano bene per ciò che sono e non per ciò che potevo dare loro, non mi volevo bene perché sono bella o per ciò che so fare a letto.
Ho in mente tante cose che non ho il coraggio di dire a nessuno, tante impressioni e sensazioni che mi mettono a disagio. Mi metteva a disagio la sua ossessione per il sesso, per l’avermi sempre nuda anche se non mi piaceva starci. “Vuole aiutarmi, vuole farmi stare bene col mio corpo”, ho romanticizzato perfino questo, perfino la perversione di un bambino che continua a considerare la donna come un oggetto. Mi è rimasto impresso il fatto che all’inizio non gli piacevo fisicamente, non avevo il seno abbastanza grande, ma per fortuna lui aveva visto che “avevo del potenziale”. Ho iniziato a mangiare e mangiare, come mangiava lui, perché avevo paura di dimagrire. Avevo paura che se fossi dimagrita avrei perso chili di seno e non di pancia o di cosce. Lo vedevo talmente ossessionato da queste cose che avevo paura di qualsiasi ragazza con una quarta di seno, pensavo bastasse questo per vederlo andare via. Ho iniziato a dubitare di ——, ne ho parlato anche con lei. Mi sentivo inferiore. Mi sentivo stupida in confronto a lui. Lui che si ricordava tutto ed era bravo in tutto ciò che faceva mentre io non ero in grado neanche di decidere cosa fare della mia vita.
E c’ero sempre per lui, a ogni partita, a ogni uscita con i suoi amici, ogni volta che finiva di lavorare alle 5 di mattina io c’ero. C’ero in chiamata o al suo fianco. C’ero in ogni momento, perfino a ogni volta che andava in bagno. Lui mi voleva con sé, me lo diceva. Mi ricordo che mi piaceva tantissimo lavarci i denti insieme, lo guardavo nello specchio e pensavo a quanto fosse bello e a quanto fossi fortunata ad averlo, pensavo a quanto sarebbe stato bello lavarsi i denti nella nostra casa. Già, la nostra casa. Era un po’ che non ci pensavo. Non ricordo chi dei due l’aveva proposto, ma probabilmente io. La casa che mi ero impegnata a cercare, la casa a cui pensavo sempre. La casa di cui lui non voleva parlare perché “ne abbiamo già parlato una volta, quante volte ne dobbiamo parlare?”. Così come la famosa proposta di matrimonio. Forse ci ho creduto troppo, ma come puoi dire con leggerezza una cosa del genere e aspettarti che l’altro semplicemente se ne dimentichi? “Non sono più sicuro che sia quello che voglio, non so più se voglio sposarti”. Ed erano piccole cose, piccole rispetto a ciò che mi era successo prima. Ma forse non erano così piccole perché ogni parola mi tagliava dentro. Mi tagliavano dentro ma non sapevo come dirglielo, avevo paura. Avevo paura di rovinare tutto, avevo paura di essere io quella sbagliata. Sono troppe le volte in cui mi sono sentita sbagliata, un peso, una bambina immatura. E con lui mi sentivo davvero di nuovo bambina, ma in un senso buono. Mi sentivo di potermi permettere di essere fragile, sentivo che avrebbe capito. Sentivo che mi avrebbe stretta a lui dicendomi che non sarei più dovuta stare così, che avrebbe capito. Che avrebbe capito quanto è difficile fidarsi di nuovo di qualcuno, di quanto è difficile credere nell’amore quando non l’hai mai visto in casa. Di quanto distrugga vedere la tua vita che va a pezzi e non riuscire a rialzarti e che quando ci provi, ti casca tutto addosso. Vorrei che non mi avesse mai incolpata per queste cose. Non riuscivo più a sfogarmi con lui dopo un po’, avevo capito che non era ciò che mi aveva fatto vedere all’inizio. Ma ormai ero fottuta, ero innamorata, pensavo ci volesse solo del tempo. Ma così non è stato e ho il cuore a pezzi, ho il cuore a pezzi perché ho permesso a un’altra persona di farmi questo e ora ho una paura fottuta di innamorarmi di nuovo. Non mi era mai capitato prima, cercavo l’amore dappertutto e se non lo avevo facevo di tutto per trovarlo. Ora non lo voglio, non voglio più nessuno vicino a me in quel modo, non prima di essere sicura che non si approfitti di me. È una consapevolezza davvero davvero brutta per una persona che ama l’amore.
Eppure il suo ricordo continua a farmi effetto. Scrivo queste cose e una parte di me continua a sperare di vedere il telefono illuminarsi e leggere il suo nome, rispondere e sentire la sua bellissima voce che mi dice “sono qui sotto, scendi?”. E vorrei scendere e vedere il suo bellissimo sorriso. Vorrei vedere il ragazzo di cui mi sono innamorata, il ragazzo del bus, il ragazzo dagli occhi buoni. Vorrei che mi dicesse “ti amo” guardandomi negli occhi e che mi stringesse in un abbraccio come per dire che non mi sarei più sentita così.
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Cara me stessa,
Non so davvero da dove cominciare. Ogni volta che mi siedo a pensare a tutto ciò che provo, è come se le parole si bloccassero in gola, come se non ci fosse davvero modo di spiegare questo vuoto che sento dentro. È un peso che mi porto dietro da così tanto tempo che non riesco più a immaginare come fosse vivere senza. O forse, non ho mai saputo davvero cosa significa vivere davvero.
La verità è che non voglio più essere qui. Ogni giorno mi sveglio sperando che sia diverso, che qualcosa cambi, che finalmente tutto questo dolore si dissolva. Ma niente cambia. Non importa quanto lo desideri, quanto cerchi di sorridere o far finta di stare bene. Dentro, mi sento rotta, completamente svuotata. A volte penso che sarebbe più facile semplicemente sparire, smettere di sentire questo dolore che sembra non finire mai.
Ma c'è una parte di me che non ha il coraggio di farlo. Non riesco a prendere quella decisione definitiva, anche se ci penso continuamente. Non è che voglia di vivere, è che non so come morire. E questa lotta, questa costante battaglia tra voler sparire e non riuscire a farlo, mi sta consumando.
È qui che entra in gioco l'autolesionismo. Quando il dolore diventa insopportabile, quando sembra che non ci sia via d'uscita, l'unico modo che ho trovato per sentirmi viva è attraverso quelle ferite che mi infliggo. È come se, per un attimo, il dolore fisico mi aiutasse a zittire quello mentale. Tagliare la pelle è come far uscire quel buio che ho dentro, anche se so che è solo un'illusione. Per qualche secondo, riesco a concentrarmi solo su quello, su quella sensazione. E almeno per un po', smetto di pensare a quanto vorrei che tutto finisse.
Non lo faccio per attirare l'attenzione, anzi, cerco di nasconderlo il più possibile. Lo faccio perché mi sembra l'unico modo per affrontare tutto ciò che non riesco a spiegare a nessuno. Non so se qualcuno capisca davvero cosa significa voler morire ma non avere il coraggio di farlo. È come essere sospesa tra due mondi: uno in cui non voglio stare, e un altro che non riesco a raggiungere.
Le cicatrici che mi lascio addosso sono solo il riflesso di quelle più profonde che porto dentro. Sono segni visibili di un dolore che non riesco ad esprimere. E so che non è una soluzione, so che sto solo peggiorando le cose. Ma è come se, ogni volta che mi ferisco, trovassi un modo per dare forma a qualcosa che altrimenti mi divorerei dall'interno. È un modo per sentirmi ancora in controllo, anche se so che in realtà non lo sono.
Mi sento intrappolata in questo ciclo, e la cosa più spaventosa è che non so se voglio davvero uscirne. Una parte di me vuole solo arrendersi, lasciarsi andare, mentre un'altra parte, quella più piccola, vuole sperare che ci sia un'altra via, anche se ora non riesco a vederla.
Scrivo queste parole perché ho bisogno di ricordarmi che esisto ancora. Anche se non mi sembra abbastanza, anche se non riesco a vedere una via d'uscita, sono ancora qui. Non so quanto durerà, non so se troverò mai il coraggio di chiedere aiuto o di smettere di farmi del male. Ma per ora, questo è tutto ciò che posso fare: scrivere e sperare che, da qualche parte, ci sia ancora una ragione per resistere, anche se non riesco a trovarla.
Forse un giorno capirò come vivere senza questo dolore. Forse un giorno imparerò a sentire qualcosa di diverso. Ma per ora, tutto quello che posso fare è continuare a sopravvivere, anche se non so se questo sarà abbastanza.
-Anonimo🖤
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mi guardo indietro e trovo solo dolore. un me a pezzi che cercava di estraniarsi mischiando droghe, psicofarmaci e alcol. ormai è passato tanto tempo, mi sono liberato da ogni dipendenza e dovrei esserne felice. invece sono fottutamente spaventato da ogni cosa. ogni giorno non vedo l'ora di prendere la mia dose di sonnifero e dormire, anche se in realtà vorrei tornare a prenderne quantità spropositate e annegare nella sensazione di vuoto e sicurezza. più penso al mio futuro e più vorrei cedere alle mie vecchie cattive abitudini.. ho paura di farlo, di tornare al punto di non ritorno e rovinare tutto. soprattutto mi spaventa l'idea di tornare a stare male fisicamente, perché non credo di avere più la forza di uscirne fuori una seconda volta. mi ripeto che ora sto meglio, che sto finalmente riuscendo a liberarmi e a ricostruire tutto quello che si era rotto in me.. che l'abuso di sostanze non è la soluzione. eppure so di essere inguaribile e che posso solo godermi le piccole pause tra una caduta e l'altra, convivere con me stesso. mi mancano le emozioni all'interno di una relazione tossica e questo mi fa sentire ancora più sbagliato.. mi manca la sensazione di essere in paradiso anche se poi ne seguiva l'inferno. non riesco a godere a pieno della mia nuova vita normale, soprattutto a livello sentimentale.. non riesco a riconoscere quello che provo adesso come "amore" perché lo paragono a quello che ho avuto in passato, l'unica cosa che mi sembrava di conoscere e sembrava soddisfarmi. resettare ogni cosa sarebbe davvero bello.. mi piacerebbe tornare indietro e avere un infanzia normale, essere amato e fare belle esperienze ma non sarà mai possibile..
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Da uomo non potrò mai capire effettivamente cosa possa provare una donna di fronte ad una violenza, che sia verbale o fisica, a parti inverse non hanno nemmeno lo stesso peso. Riconosco che viviamo in una società malata, dove fin da piccoli ci vengono inculcate nozioni abominevoli , "ci sono lavori per maschi e lavori per femmine" , "quello che rende figo un uomo rende troia una donna" , "c'è il blu e c'è il rosa". Gli ultimi avvenimenti mi hanno fatto sentire parte dei colpevoli, pur non avendo fatto nulla per meritarlo, e questo mi fa sentire sporco, sporco come chi giudica una donna dal suo vestito, come chi fa violenza verbale, come chi alza le mani.... come chi uccide.... eppure so benissimo che tutto ciò è schifosamente sbagliato, dovremmo iniziare ad aprire gli occhi e la mente, se è vero che l'uomo è "più forte della donna" non è per imporsi, né per proteggerla, ma forse per poterla aiutare e sostenere giorno per giorno e perché no, anche per farla sentire protetta, che è del tutto diverso. Dal canto mio inizio a sentirmi schifato da tutto questo, provo vergogna a condividere lo stesso sesso di certi esseri, e mi sento di chiedere scusa a tutte le donne per non averlo capito subito, per far parte di questo sistema malsano, per essermi preso la briga di giudicare, e non nascondo che qualche volta i miei giudizi non sono stati per nulla positivi. Vorrei tanto cambiare il mondo, impormi su di esso e sugli uomini per cambiare tutto, ma so che mi è impossibile, ma qualcosa posso farlo, posso iniziare da me e da chi mi è più vicino. Questa volta è toccato a Giulia, ma se fosse toccato a mia madre, a mia sorella o ad una mia amica? Come avrei reagito? Cosa sarei stato capace di fare? Donne vi chiedo ancora una volta umilmente scusa
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