#venti minuti
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omarfor-orchestra · 16 days ago
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Che ridere raga. In scaletta erano previsti 20 minuti di Benigni.
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ross-nekochan · 6 months ago
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Stasera in una palestra GIAPPONESE, uno straniero mi si è messo a chiedere di che nazionalità fossi.
Bellofigo, invece, è sparito nel nulla.
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canterai · 1 year ago
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Io capisco che sono tanto cara e generosa ma mi angoscia così tanto quando anche negli unici venti minuti che ho per me per respirare qualcuno mi bombarda con i propri problemi e affanni.
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givemeanorigami · 1 year ago
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Sono inciampata in un threads su quanto sia più bello vivere in un "paesino" rispetto a una grande città.
Io, nata e cresciuta in paesino in mezzo ad altri paesini più o meno grandi, conoscendone le criticità logistiche, resto confusa. Mi addentro nel loro discorso.
Il loro concetto di paesino è la città di provincia, non troppo lontana dalla grande città ("a 20 minuti"), dove hai comunque i servizi e puoi muoverti a piedi e con i mezzi pubblici.
Esclamo un grande "grazie al cazzo", chiudendo il threads, pensando che qua, come in tanti altri paesini, muoversi a piedi vuol dire al massimo arrivare alla Farmacia o nel paesino accanto dove, di inverno, è già tanto se trovi un bar aperto. I mezzi pubblici? Un miraggio, l'invenzione fantascientifica per eccellenza.
Questi, il paesino, non sanno neanche cosa sia.
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belteppismo · 2 years ago
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Dopo Qui Quo Qua e din don dan
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killiandestroy · 1 year ago
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la me che domattina sentirà alle 6.30 odierà profondamente la me che ha deciso di uscire stasera e rientrare a mezzanotte e mezzo
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deathshallbenomore · 16 days ago
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“sanremo sta finendo” certo carloco l’ha fatto durare venti minuti pubblicità compresa
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tulipanico · 3 months ago
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Da sempre, il paio di lenti attraverso le quali guardo il mondo. Cambia il mezzo usato per raccontarlo, non il fine, mai il fine. Quando ho visto quella mini scritta tra i disponibili mi sono buttata, venti minuti dopo -con un sorriso che andava da un orecchio all'altro- avevo un tatuaggio che la chiara di tredici anni già diceva di volersi fare. Mi fa ridere che guardandolo dalla mia prospettiva mi venga più facile leggere 'tra', ma forse è la cosa che mi piace di più.
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abr · 8 months ago
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Palloni sgonfiati - Spalletti riparta dall’Italia degli ultimi venti minuti: gente a caso messa a caso, con l'unica accortezza in più di inserirli al posto di interisti a caso. Non possiamo pareggiare con la tecnica o l'organizzazione, facciamolo col caos. Per il resto c'è Gigio.
ispirata da https://x.com/Kataklinsmann/status/1805346097147068804
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teredo-navalis · 8 days ago
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Mi sono resa conto che ultimamente uso "amore" in modo un po' passive aggressive per non dire cattiverie più grandi a qualcuno che dice qualcosa di stupidino o scemenze madornali (S3 vittima per due volte di questo comportamento)
N.B. con "mi sono resa conto" intendo che, davanti al mio ragazzo, ho detto al mio orologio che mi ricordava di non stare troppo seduta: "amore, sono in piedi da venti minuti" 😶‍🌫️
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marcoleopa · 4 days ago
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L'insostenibile leggerezza dell'essere
Ma davvero un ministro della Repubblica, può intervenire durante il dibattito sulla mozione di sfiducia che la interessa in prima persona, per dimostrare l'insipienza del proprio essere?
Ahinoi è accaduto. E, accadrà ancora.
Novella Sabina, come una dei quattro protagonisti del romanzo di Kundera che viveva una relazione con Tomas all'insegna della leggerezza, lapitonessatacco12, ieri ha deliziato l'etere inanellando una serie di minchiate stratosferiche e dimostrando, ancora una volta, l'incapacità politica, la mancanza di preparazione.
L'irresponsabilita' del proprio agire, che diviene "insignificante", perché in "assenza di significato", è tutto compreso nei venti minuti di intervento, tra esaltazione degli accessori, della moda, delle calzature, del proprio patrimonio personale.
Come ricorda U.Eco nel saggio "I linguaghi settoriali", la degenerazione retorica della politica, tende ad approfittare dell'emotivita' dei presenti, o, di fare leva sulla pigrizia e ignoranza.
La ministra ha superato se stessa, glorificando la vacuità.
Arridatece Bettino
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raccontidialiantis · 2 months ago
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Violata, finalmente
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Ada s'era sposata molto giovane, con un uomo di venti anni più anziano, dai modi gentili e molto colto. Dedito ai suoi studi e immerso nel suo lavoro. Presto egli aveva cessato di rivolgerle le dovute attenzioni. E le nascite dei due figli avevano infine mortificato la sua femminilità e fatto assopire i suoi desideri.
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Dovendo rifare il bagno, era stato dato l'incarico a un artigiano del vicino paese. Il marito le aveva dato carta bianca e un opportuno budget di spesa. Per cui, al mattino, portati i figli a scuola, assieme a lui aveva iniziato ad andare in giro per scegliere i vari componenti: doccia, sanitari, rubinetteria, piastrelle, colle varie, mobiletti etc.
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S'era quasi subito sorpresa a vestirsi, profumarsi, truccarsi e infine attenderlo con trepidazione. L'uomo non le era indifferente: qualche anno più di lei, sui trentacinque e molto solido. Capelli ricci e arguto, schietto, allegro. Per lei egli rappresentava un raggio di pura luce nella nebbia degli ultimi anni. Sempre cortese, con lei, ma a suo modo comunque pieno di mistero.
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Le aveva infine confessato di essere separato e di essere stato deluso e molto amareggiato per i ripetuti tradimenti della moglie. Cresceva in Ada la voglia insopprimibile di averlo, mentre capiva chiaramente di avere vicino ogni giorno un uomo affascinante e soprattutto pieno di desiderio per lei. Avrebbe voluto amarla, questo le era ormai evidente, ma Bruno non voleva far passare a un altro uomo ciò che aveva passato lui.
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Glielo aveva fatto capire chiaramente. Ma se una donna vuole un uomo, alla fine se lo prende. Punto. Una mattina lei finse di essere ancora in preparazione e lo accolse avvolta da un telo da bagno che appena le copriva il seno. A vederla così l'uomo ebbe un tuffo al cuore e un'insolita affluenza di sangue in zona pelvica. Lo pregò di accompagnarla in camera da letto, che avrebbe finito in cinque minuti.
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Entrati che furono, lei spudoratamente si tolse l'asciugamano, salì sul letto completamente nuda e rossa in viso; bellissima, irresistibile. Si mise in ginocchio con i gomiti sulle lenzuola e natiche all'aria, pensando: “Jericho ora dovrà crollare.” E si: l'uomo la prese senza più esitazioni. La possedette e lei finalmente godette nell'essere trattata come ogni donna desidera.
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Le sussurrava parole oscene e irripetibili ma dolci all'orecchio, mentre la penetrava inaspettatamente dove lei non avrebbe neppure osato pensare di chiedere al marito, per non essere considerata una donnaccia. E la teneva ora per le spalle ora per i capelli, strattonandola gentilmente al ritmo dei colpi. Le sborrò a lungo una prima volta nel culo e dopo un po' ancora una volta nella fica. Un'estasi, per una donna a lungo trascurata. Che ebbe orgasmi dolci e intensi. Si rividero anche dopo che il bagno fu sistemato e lei godeva sempre molto nell'essere strapazzata, violata e fatta sua, sua, sua seppure in pieno peccato.
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Gli succhiava l'uccello sino a sfinirlo, si faceva mangiare l'albicocca sino a godere e lo inondava di nettare, cosa che lui gradiva molto. Non sta bene, non si fa: una signora rispettabile non dovrebbe fare queste cose. Ma più si sentiva in colpa, più lo desiderava e lo cercava. La vita ti pone davanti curve, situazioni difficili. Ma anche gioie incredibili, magari ben nascoste dietro una frustrazione, un dolore o un lungo periodo di speranze perdute. E te le devi prendere, le tue gioie: anche se questo comportasse la inevitabile e continua sofferenza sia del peccatore che del tradito. Chissenefrega.
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RDA
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io-rimango · 1 month ago
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Ebbene, dopo ben 10 anni di onorato servizio i miei occhiali da vista hanno deciso di abbandonarmi, ergo si palesa l’impellente necessità di comprarne di nuovi. Allora, forte di questa priorità che si aggiunge inevitabilmente a questo frenetico lunedì, vado dall’ottico a scegliere una montatura che mi aggradi.
Ho dei gusti difficili, lo ammetto, sono stata lì dentro per ben venti minuti prima di venirne a capo di cosa davvero volessi, finché non vado in cassa.
“T’oh guarda! Abbiamo quasi lo stesso cognome, cambia solo una lettera!”
Alzo lo sguardo e… cavolo, presa com’ero dall’ansia della scelta non mi ero accorta che l’ottico fosse effettivamente così bono, due occhi verde bosco, barbetta e leggermente brizzolato, scrive i miei dati sul foglio.
“Aaah, ma davvero? Che coincidenza… e dimmi… anche secondo te è un cognome di merda?”
Sorrido come un’ebete dopo la mia triste battuta (ma si può???)
“Non posso certo dissentire, comunque Valentina lasciami un recapito telefonico così appena sono pronti gli occhiali torni a prenderli”
Bene, ha letto il mio nome, buon segno, solo se posso prendere anche te, avrei voluto dirgli e invece no, gli ho sorriso, l’ho ringraziato e sono andata via a fare la spesa e altri tremila giri che mi mancavano.
Si vede che devo rivedere le mie tecniche di approccio e soprattutto… comprare sti benedetti occhiali nuovi.
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miciagalattica · 2 months ago
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Un sogno che sembrava troppo reale
PARTE QUINTA
Valgono le stesse avvertenze descritte nella parte prima.
La mattina dopo, mi svegliai, mi stiracchiai, rotolai giù dal letto e dissi a voce alta: "Mi sento benissimo! Non posso credere di aver fatto una cosa del genere ".  Nonostante il senso di colpa e della vergogna mi sentivo  come una dea. Vidi l’orologio, era tardi, avevo un appuntamento con due amiche che dovevano venire a prendermi per andare a giocare a tennis. Avevo solo quaranta minuti di tempo per prepararmi. Mi feci una doccia per lavarmi quanto di Dicky aveva lasciato in me, indossai la tenuta da tennis e scesi per uscire, ma Dicky appena mi sentì fu subito al mio fianco. Gli dissi che ora non era il momento perché ero in ritardo. Non mi sentì proprio, e spinse il muso contro il mio inguine. Dicky leccò con molta insistenza. Lo avrei lasciato leccare ancora un po’, ma la sua irruenza fu tale che mi fece cadere sul pavimento. Mi sentivo bagnatissima, cercai di reagire, ma ogni tentativo fu vano. Dicky non smetteva di leccare facendomi venire i brividi lungo la schiena. Mi rigirai per potermi alzare, ma il cane non me lo permise mi saltò sulla schiena sentii il suo cazzo duro che cercava di entrare, gli urlai che non avevo tempo per questo. Il suo cazzo trovava l’ostacolo delle mie mutandine. Poiché non voleva desistere ed io ero impossibilitata a muovermi con lui su di me, mi tolsi le mutandine, per facilitargli il compito. Non ne potevo più,  inoltre ero completamente fracida. Lo sentii scivolare dentro di me. Ero preda di una sensazione paradisiaca, sentii una fitta quando spinse il suo nodo dentro di me. Ora ero proprio bloccata, ero legata a lui indissolubilmente. Il mio sguardo ricadde sull’orologio a parete, andai nel panico sapendo che le sue amiche tra poco sarebbero arrivate a casa. Avevo solo dieci minuti, lottai contro il cane, ma non riuscivo a farci niente Dicky era troppo grande e forte. La mia unica speranza era che facessero tardi, la puntualità non era il loro forte.  Mi abbandonai a lui, non opposi nessuna resistenza, sentii il suo cazzo esplodere dentro di me,  Il suo caldo carico di sperma mi inondò, venni con lui nello stesso preciso istante. Ormai non m’importava più nulla. I minuti passavano ed io ero bloccata dal suo nodo gonfio, ancora un altro po’ e si sarebbe sgonfiato. Pregavo che succedesse nel più breve tempo possibile, sentii squillare il mio cellulare, erano le mie amiche che grazie a dio avevano tardato, sicuramente mi stavano chiamando per dirmi di scendere. Mi dimenai cercando di districarmi mentre il panico mi stava divorando, ormai erano passati venti minuti e Dicky era pronto a liberarmi da quella morsa, un ultimo sforzo e riuscii a farlo uscire. Mi alzai di scatto ripresi le mutandine e le indossai freneticamente. Le mie amiche bussarono alla porta, appena in tempo, ero in uno stato di agitazione, ero rossa in viso perché ero mortificata per quello che avevo appena fatto. Mi presero in giro perché allusero al fatto che nascondevo qualcuno  in casa. Dissi la prima cosa che mi venne in mente, dissi che avevo dormito troppo. In auto mi sedetti sul sedile posteriore.
Le mie amiche spettegolavano ma io ero con la mente altrove, stavo pensando a Dicky, al suo grosso cazzo e sentivo il ricordo dei graffi sui fianchi, dove le sue zampe mi avevano tenuta e controllata. All’improvviso mi resi conto che ero fracida e che stavano iniziando ad uscire i liquidi che il cane mi aveva donato. Rabbrividii, ero totalmente imbarazzata, il mio viso era in fiamme. Proprio in quel momento arrivammo al circolo di tennis, scesi di corsa dall’auto, la mia speranza era che non mi gocciolasse lungo la gamba. Speravo che iniziassero a colare mentre stavo giocando, cosi da confondersi con il sudore. Mi davo molto da fare a correre per sudare, Il cuore andava a mille, stavo custodendo un segreto molto proibito. Solo pochi minuti prima era stata legata impotente a un cane grosso ed esigente mentre lui prendeva il pieno e completo possesso sessuale del mio corpo e mi riempiva con il suo caldo sperma. Stavo giocando malissimo, non ero per niente concentrata. La mia amica era infastidita, sbagliavo dei tiri facili. Mi rimproverò duramente e mi chiese dove avessi la testa. La mia mente vagava nel magma di eventi che avevano trasformato la mia vita. A quei tabù che avevo infranto, a quello che era successo appena un’ora prima quando ero  stesa sul pavimento,  in sostanza costretta e forzata dal mio cane. In cuor mio sapevo che non era vero, ero stata io che glielo avevo permesso e che ho lasciato che mi scopasse. Al solo pensiero i capezzoli mi s’indurivano. Nonostante m’imponessi di concentrarmi sul gioco, non ci riuscivo. Il ricordo del suo incontro proibito penetrava nelle mie mutandine. Ansimavo di lussuria, la mia compagna di gioco iniziò a preoccuparsi, non mi aveva mai vista così. Cercai di rassicurarla, ma i miei capezzoli sempre più duri stavano smentendo quanto dicevo. In qualche modo ho terminato la partita. Il viaggio verso casa durò un’eternità, avevo paura di tradirmi. Appena arrivata  a casa, le salutai velocemente e corsi verso la porta e con le mani tremanti cercai le chiavi di casa, una volta accertatomi che l’auto fosse partita entrai.
Avevo solo una cosa in mente, Dicky era lì ad aspettarmi felicissimo di vedermi, la prova rosa faceva capolino sotto di lui. Mi strappai tutto di dosso e mi lasciai cadere sul pavimento, spinsi il sedere in alto, mi sentivo una cagna in calore. Tremavo di lussuria mentre sentivo le sue zampe che montavano sulla schiena, il suo peso mi spingeva giù. A sua durezza mi cercava, la trovava, la prendeva, lo sentii spingere dentro di me, venni quasi immediatamente, urlavo che ne volevo di più e ancora di più. Sentii il suo nodo spingersi contro cercando di adattarsi completamente a me. Mi strinsi a lui quasi istintivamente, un'altra grande spinta, e sentii il cuore battere forte, mentre Dicky me lo spingeva dentro. Sembrava che me lo stesse spingendo fino in fondo allo stomaco. Il mio respiro si fermò e sentii un altro enorme orgasmo prendermi. Giacevo ansimante, mentre le spinte di Dicky rallentavano e sentivo il suo calore ribollire dentro di me. Provai a muovermi, cercando una posizione più comoda. Dicky era pesante ed ero bloccata dal suo cazzo. Il pensiero era cosi erotico per aver rotto quel tabù che venni di nuovo mentre mi sentivo riempire dalla sua venuta. Immaginavo il suo sperma che si riversava dentro di me, io impregnata dalla bestia. A quel pensiero proibito e innaturale mi sentii strappata a un altro violento orgasmo. Mi sentivo totalmente posseduta, ero la sua  femmina totale. Dicky finalmente fini, il tempo che rimanemmo accoppiati mi sembrò interminabile. Rimasi sul pavimento ansimando, esausta ma totalmente soddisfatta, i miei pensieri si affievolirono. Non potevo altro che ammetterlo era stato favoloso. Avevo oltrepassato qualsiasi limite nella mia mente. Dicky aveva premuto tutti i pulsanti e lo sapevo. Sapevo che lo avrei fatto di nuovo. Sapevo che Dicky mi avrebbe voluta di nuovo... presto. E sapeva che glielo avrei permesso. Feci subito una doccia per togliermi di dosso la prova del completo possesso di Dicky, ma quello che non riuscivo a lavare era il ricordo di quello che avevo appena fatto. Feci delle faccende domestiche, ma vagavo senza una meta, non riuscivo a calmarmi, pensavo incessantemente che ero in preda al sesso. Dicky mi seguiva per tutta la casa, sempre alle calcagna, quando voleva mi avvicinava il suo muso, ed io immancabilmente lo respingevo ridendo. Ero troppo felice. Eravamo come sposi novelli. Mi sentivo un po’ in colpa per quel pensiero, ora la mia testa era prigioniera della relazione proibita con Dicky, ero diventata la sua puttana.
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precisazioni · 2 months ago
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il ventiquattro dicembre mio padre è stato finalmente trasferito in una clinica per la riabilitazione intensiva: un bel regalo di natale. la situazione, però, non è tutta rose e fiori; anche se sta meglio, rimane paralizzato: ha iniziato a riacquisire un po’ di sensibilità, ma non è ancora in grado di muoversi. soprattutto la sera chiama spesso mia madre, manifestando ansie e paranoie in un panico notturno che, purtroppo, sembra tipico del periodo post-ictus. a capodanno non abbiamo fatto niente; sono andato a letto alle ventidue. ieri, primo gennaio, mia madre è caduta in modo brusco e, temendo ferite interne, è dovuta andare al pronto soccorso, proprio nel padiglione adiacente a quello dov’è ricoverato mio padre, durante l’orario in cui avremmo dovuto fargli visita. prima di andare è passata a trovarlo: nonostante il dolore, ha fatto finta di nulla. poi sono rimasto io con lui, mentre lei si metteva in lista per la visita d’urgenza; cercavo di prendere tempo per evitare che notasse la sua lunga assenza: quei venti minuti sono stati interminabili. finito l’orario visite, le ho fatto compagnia in reparto e, dopo ore di attesa e un’ecografia, finalmente l’esito: nulla di grave. resta comunque il peggior capodanno mai passato. una piccola consolazione: a causa dell’ictus, mio padre ha ripreso i rapporti con due dei suoi tre fratelli. uno è venuto a trovarlo, con l’altro si sono sentiti al telefono; era felice di questo. a noi, invece, ogni tanto dedica delle canzoni, scelte con cura per i messaggi che vuole trasmetterci. l’ultima che ci ha proposto è stata ciao ragazzi ciao di celentano, con quel verso che dice: “voglio dirvi che, che vorrei per me, grandi braccia perché, finalmente potrei, abbracciare tutti voi”
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francesca-70 · 1 year ago
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Sono donna anche oggi, anche se non è l'8 marzo e nessuno mi porta una mimosa.
Sono donna anche oggi, che non ho nessuna serata in discoteca con uomini nudi che dovrebbero farmi divertire ballando e invece, poveretti, mi fanno solo pena...loro e chi ci va quel maledetto 8 marzo.
Sono donna ogni giorno, quando mi alzo e ho la forza di dire ''tocca a me'', senza nessuno che mi impone qualcosa o senza obblighi legati ad ormai morte tradizioni ed usanze.
Mi piace essere donna, non sono una femminista sfegatata che difende ad ogni costo e ad oltranza il mio genere, perché le stronzate le facciamo anche noi e non siamo sante, almeno io aureole in testa non ne vedo proprio a nessuno, ma mi piace la mattina pettinarmi i capelli, mettere il mascara e perdere quegli intramontabili venti minuti davanti ad un armadio, sempre pieno di cose che a me in quel preciso istante non piaceranno.
Mi piace essere donna, perché in quel lontano 1907 e poi 1909 e infine in quel 1910 qualcuno finalmente capì che anche io ho un pensiero, e posso renderlo libero come ogni altro maschietto del tempo stava facendo; mi piace essere donna perché mi piace esser come tutti gli altri, in fondo cosa cambia?
Al posto di averle in basso due palle, le ho appiccicate sul petto.
Non voglio dire frasi e luoghi comuni come "grazie a noi avete i vostri figli, uomini", perché a riguardo nessuno ha un merito superiore, perché se qualcuno ci ha creati entrambi siamo complementari e non subordinati.
Se qualcuno ha lottato per una parità di diritti, se esiste questa benedettissima uguaglianza voglio lottare e conquistarla ogni giorno, voglio esser donna anche quando le cose si metton male e c'è da rimboccarsi le maniche, voglio esser donna quando c'è da lavorare anche se non si tratta di gonna sexy ma di una tuta grigia e sporca di nero a fine giornata, voglio essere donna e voglio combattere tenacemente in una società "evoluta" e dinamica, in una società dal libero pensiero e dalla mentalità aperta che ancora boicotta l'espressione di ogni genere e di tutti i generi.
"Dichiarazione universale dei diritti umani" e "Dichiarazione dei diritti umani di Vienna", 1945 prima e 1993 poi... vi dice nulla? A me sì, e dice che se io voglio studiare, laurearmi e lavorare in un'azienda e starne a capo, posso farlo perché ho la stessa brama, grinta e forza che avrebbe il mio collega dalle palle attaccate in basso che il colloquio non lo ha superato. Mi dice anche che la mia mansione non è esclusivamente accudire i figli e sfornare lasagne e torte al cioccolato per il mio amato maritino che, povero, al rientro dal suo faticoso lavoro deve trovare qualcosa in tavola e il figlio che già dorme, pulito e profumato. No. Non sono una serva, una schiava, un'allevatrice e macchina di procreazione. Gli antichi romani si sono estinti e siamo nel ventunesimo secolo.
Io sono donna e ho diritto di vivere, io sono donna e ho diritto, io sono donna, io sono. Io. Quell' "io" promotore di soggettività, indipendenza ed esistenza. Non esiste moralmente, eticamente, metaforicamente (chi più ne ha, più ne metta) UOMO e DONNA, esiste io. E quest'ultimo devo ogni giorno, ora, minuto confermarlo senza che altri io prendano il sopravvento.
Io sono donna anche oggi, che non è l'8 marzo, ma in ogni attimo della mia esistenza pretendo reciproco rispetto e fedeltà, detengo la mia dignità e manipolo senza vincoli i fili di un burattino chiamato Vita.
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Silvana Blasco
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