#valerio moro
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curiositasmundi · 1 year ago
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Nei giorni in cui sono state scritte tante parole su Toni Negri, deceduto nella sua casa di Parigi lo scorso 16 dicembre, appare davvero una grande occasione questo docu – film per ripercorrere, partendo proprio dalle vicende dell’Autonomia Operaia di cui lui Ăš stato uno dei protagonisti, cosa sono stati quei giorni, quegli anni. Seppure siano passati oramai diversi decenni da quel 7 aprile del 1979, quando decine di persone, appartenenti o simpatizzanti o considerate vicine alla formazione di sinistra extraparlamentare Autonomia Operaia, furono arrestate in un’operazione che diede inizio a uno dei capitoli piĂč discussi e controversi della storia giudiziaria italiana degli scorsi decenni. Una vicenda che coinvolse centinaia di persone ma che ebbe come protagonisti da una parte proprio il professor Toni Negri, dall’altra il magistrato Pietro Calogero. Siamo nei cosiddetti “anni di piombo” e delle stragi fasciste. Un anno prima c'Ăš stato il rapimento di Aldo Moro e la sua uccisione. Vennero cosĂŹ adottate “leggi speciali” tra cui quella che permetteva di applicare il reato di associazione a delinquere alle organizzazioni politiche, e non solo a quelle mafiose. Negri fu accusato di aver partecipato direttamente al rapimento Moro, e addirittura di essere stato il telefonista delle Brigate Rosse che condusse le trattative. In realtĂ  si dimostrĂČ dopo che la voce brigatista era di Valerio Morucci. A denunciarlo fu un docente dell'UniversitĂ , iscritto al Pci, che dichiarĂČ di aver riconosciuto la voce di colui che teneva i contatti tra le Br e la famiglia del dirigente democristiano, come quella del collega. 
Il processo si svolse con tempi lunghissimi e, secondo Amnesty International, in violazione dello stato di diritto. Gli imputati furono detenuti preventivamente in carcere per anni. Il processo cominciĂČ soltanto nel 1983. A difendere ben 54 imputati di quel processo denominato 7 aprile e che fu diviso in due tronconi tra Padova e Roma, emerge la grande abilitĂ  di un giovane "compagno" avvocato: Enrico Vandelli. E proprio attraverso la sua esperienza che nella prima delle tre puntate si affronta la questione degli Autonomi padovani. E per la prima volta sono i diretti protagonisti a raccontare quegli anni. E sono davvero tanti visto quanto popolare era il movimento ai tempi, in pieni anni Settanta, Ăš raro che ne parlino o concedano interviste. C'Ăš una sorta di patto non scritto che da un lato obbedisce a un principio di lealtĂ , che non puĂČ comunque essere tradito anche se la storia si puĂČ dire ormai chiusa, un po' perchĂ© non la si vuole svendere, svilire, o rappresentare con una sola immagine consapevoli che nessuno ne Ăš il solo custode visto che quanto vissuto Ăš generato da una esperienza collettiva. Hanno sempre lasciato farlo ad altri ed Ăš inevitabile poi che passi una sola fotografia della storia, in cui inevitabilmente c'Ăš per forza una molotov. 
Dal punto di vista giudiziario il processo si chiude quasi quattro anni dopo con la sentenza della Cassazione che elargisce pene miti e assolve imputati come Toni Negri perchĂ© crollano le accuse piĂč gravi insieme al teorema Calogero. Nel film lo scontro tra due magistrati, Calogero appunto e Palombarini, viene ben illustrato.
La docu serie mette bene a fuoco il fatto che come ogni vicenda Ú fatta di persone e di vite. E il film, soprattutto nel primo episodio che Ăš completamente dedicato alla vicenda degli Autonomi, rende bene l'idea di cosa fossero quegli anni. Affronta il tema della repressione, della carcerazione e pure della latitanza, che Ăš tutto fuorchĂ© una vacanza. Racconta di giovani donne costrette a lasciare i figli per sfuggire a una nuova detenzione, come il caso della docente di scienze politica, Alisa Del Re. Se il racconto della sua fuga e come evita l'arresto ricorda la trama di un film di spionaggio, poi c'Ăš la vita non vissuta, sospesa, che forse colpisce ancora di piĂč. Nel film si sceglie di non parlare dei decessi dopo la carcerazione, come il caso del Professor Ferrari Bravo, ma si sente nelle parole di coloro che vengono coinvolti in questo racconto che le scelte convintamente fatte e portate avanti sono state tutte pagate. Anche alla giustizia. 
L'avvocato Enrico Vandelli negli anni di quel processo accresce la sua fama, il suo volto finisce sui giornali e telegiornali nazionali di continuo. E come Ăš ovvio che sia attira le attenzioni soprattutto di chi Ăš malavitoso o detenuto. Tutti quelli che hanno bisogno di un buon avvocato. E lui ha dimostrato di esserlo. CosĂŹ quando molti anni dopo arriva la chiamata la vede solo come una grande occasione, l'avvocato Enrico Vandelli. Anche economica visto che dal processo 7 aprile non ha certo guadagnato nulla. A rivolgersi a lui Ăš infatti il boss della mala del Brenta, "faccia d'angelo", Felice Maniero. Sono anni completamente diversi in cui l'eroina insieme a un certo diffuso benessere prendono il posto delle contestazioni. E qui comincia una storia, soprattutto umana, completamente diversa. A tenere insieme la banda Maniero sono i soldi, la violenza, i ricatti. Non c'Ăš una figura a lui vicina, madre esclusa, a cui non abbia fatto o procurato del male. Ha tradito chiunque lo ha servito, fino ad arrivare proprio al suo avvocato che di certo errori ne ha commessi ma non quanti gliene sono stati imputati. Eppure ha pagato piĂč di Maniero. La condanna per mafia, l'addio forzato alla toga ma anche la latitanza e la detenzione. Straordinaria la testimonianza del figlio Michele, che racconta con la consapevolezza dell'adulto che Ăš oggi come il passaggio da avvocato dei "rossi" a quello di un mafioso ha cambiato per sempre la sua vita. Nel docu-film il contributo dello scrittore Massimo Carlotto che rende omogeneo tutto il racconto e poi i protagonisti delle due vicende giudiziarie, non solo avvocati ma anche magistrati e procuratori. Una delle contraddizioni che emergono da quella fetta di storia italiana, Ăš che lo Stato che ha trattato centinaia di giovani come criminali solo perchĂ© non volevano pentirsi nĂ© di ciĂČ che non avevano commesso ma neppure di ciĂČ che praticavano con convinzione, si Ăš invece fidato di uno, Felice Maniero, che non si Ăš fatto problema alcuno nel tradire tutti. Centinaia di persone. Se non fosse che si puĂČ comunque scappare da tutto ma non da quel che si Ăš, Maniero in questi anni non l'avrebbe mai vista una cella e si sarebbe potuto godere tutti i giorni in libertĂ , perfino con una nuova identitĂ .
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blogexperiences · 6 months ago
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Venezia: Fugu Project presenta “Stato d’imprevisto”
Giovedì 29 agosto 2024 inaugura alle ore 18:00 la mostra STATO D’IMPREVISTO con le opere di Valerio D’Angelo, Antonio Della Guardia, Daniele Di Girolamo, Greta Maria Gerosa, Mozzarella Light e Wang Yuxiang nei tre piani della Scoletta di San Giovanni Battista in Bragora nel Campo Bandiera e Moro a Venezia.Durante l’inaugurazione si terrà la performance Lime di Di Girolamo alle ore 19:30.La mostra

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paoloferrario · 9 months ago
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sardies · 1 year ago
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In Consiglio regionale nasce il gruppo “Grande Centro”
Cagliari. Si chiama Grande Centro, ù il nuovo gruppo consiliare costituito da ottoconsiglieri provenienti da diverse formazioni che compongono l’attuale maggioranza di governo. Ne fanno parte Antonello Peru, Pietro Moro e Valerio De Giorgi (Udc – Sardegna al Centro) i tre ormai ex consiglieri del Psd’Az Franco Mula, Giovanni Satta e Stefano Schirru, Franco Stara (Azione), Dino Cocco (Sardegna

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tempi-dispari · 2 years ago
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Fil di Ferro: Torino fucina metallica
Contesto
Il 1979 Ú un anno denso di avvenimenti come lo sono pochi altri. Avvenimenti quasi tutti di pesante impatto globale e gravidi di conseguenze per il periodo a venire. Già il 1° gennaio, il riconoscimento della Cina comunista da parte degli Stati Uniti, lo scambio di ambasciatori tra Whashington e Pechino.
Cambia tutto tra le due sponde del Pacifico. Il 7 gennaio cade in Cambogia il regime di Pol Pot, uno dei piĂč sanguinari della storia recente. Un poco piĂč a Ovest, in Iran, il giorno 17 prende invece il potere un leader religioso rientrato da un lungo esilio a Parigi, Ruhollah Khomeini.
In Italia
In Italia il 1979 avviene l’assassinio del giornalista Mino Pecorelli, che ha voluto mettere il naso nei segreti di certe banche e della massoneria. L’incriminazione del governatore della Banca d’Italia Paolo Baffi e l’arresto del direttore generale Mario Sarcinelli per interesse privato in atti d’ufficio (accusa che poi cadrà).
Il delitto dell’avvocato Giorgio Ambrosoli liquidatore della banca di Michele Sindona. Arresto dei brigatisti Valerio Morucci e Adriana Faranda coinvolti nel caso Moro. Morte in un incidente aereo a ForlĂŹ del re dei cereali Serafino Ferruzzi. La fine del sequestro di Fabrizio De AndrĂ© e Dori Ghezzi, rapiti in Sardegna quattro mesi prima.
Per ricordare un fatto che ha tenuto a lungo le prime pagine dei giornali e che avrĂ  echi negli anni successivi si deve tornare al 7 aprile. Un magistrato di Padova, Pietro Calogero, lancia una grande offensiva giudiziaria contro Autonomia operaia.
Tra gli arrestati figurano docenti universitari, intellettuali, giornalisti. Spicca il nome del professor Antonio Negri, Toni Negri. Gli inquisiti sono centinaia.
Nel 13 marzo nasce lo Sme, Sistema monetario europeo, antenato della valuta unica di oggi. Margareth Thatcher si prepara alla elezione del suo primo parlamento.
In questo contesto nascono i Fil di ferro
Storia del gruppo
I Fil di ferro sono un gruppo heavy metal italiano, formatosi a Torino nel 1979 per iniziativa del bassista Bruno Gallo Balma e del batterista Michele De Rosa.
La band Ăš considerata, insieme a Vanadium, Strana Officina, Death SS e Bulldozer, una delle prime ad aver portato la musica metal in Italia, nonchĂ© una delle piĂč importanti dello stesso.
Michele De Rosa e Bruno Gallo hanno formato il gruppo con il chitarrista Danilo Ghiglieri e il cantante Leonardo Fiore. Nel 1986 (dopo un demo tape del 1984 e numerosi concerti che danno una certa notorietĂ  al gruppo) esce il primo album, Hurricanes, pubblicato da Il Discotto Records. Questo album viene registrato con il nuovo cantante Sergio Zara e il nuovo chitarrista Claudio De Vecchi.
Il titolo Hurricanes proviene dal nome del gruppo biker di cui facevano parte sia Michele De Rosa sia Bruno Gallo. Il disco Ăš stato registrato da Beppe Crovella (tastierista degli Arti e Mestieri).
Nel 1987 per l’etichetta dischi Noi, con la produzione esecutiva di Mariano Schiavolini (ex membro del gruppo rock progressivo Celeste), i Fil di ferro registrano il loro secondo album, omonimo, che vede l’entrata del nuovo chitarrista Miky Fiorito, autore di tutti i brani del disco, arrangiati con il resto del gruppo.
Le registrazioni vengono effettuate in Cornovaglia con Guy Bidmead, ingegnere del suono di Rod Stewart e Motörhead. I Fil di ferro tengono anche un concerto presso l’Hammersmith Apollo di Londra, trasmesso dalla televisione italiana su Italia 1 nel programma Rock a mezzanotte.
La performance viene registrata e inclusa nella compilation Italian rock invasion.
Nel 1991 Sergio Zara Ăš uscito dai Fil di ferro, lasciando il posto alla voce femminile di Giordy (Elisabetta Di Giorgio), con la quale la band ha registrato la ballata Give me your hand e girato un video clip per il mercato russo.
Nel 1992 per l’etichetta Axis Records ù uscito il terzo album, Rock Rock Rock che vede la partecipazione del chitarrista russo Victor Zinchuk e di Roberta Bacciolo delle Funky Lips in veste di ospiti. In esso ù stato ripreso Give me your hand registrata precedentemente da Giordy come singolo.
L’album ha presentato caratteristiche piĂč hard rock/blues rispetto ai primi due lavori e vede Miky Fiorito anche nel ruolo di cantante. Nello stesso anno si Ăš verificata la fine della collaborazione, durata quasi un anno, con Giordy.
Nel 1997 ù entrato nel gruppo Piero Leporale alla voce, mentre il 1998 ù tempo dell’ingresso di Francesco Barbierato al basso.
Nel 2004 esce a distanza di dodici anni dal lavoro precedente il quarto album, It Will Be Passion. Il disco Ăš un rifacimento di vecchi brani e nuovi inediti.
Nel 2008 il gruppo cambia ancora formazione: escono dalla formazione Fiorito, Leporale e Barbierato, sostituiti da Gianni Castellino al basso, Alex Verando alla chitarra e Phil Arancio alla voce. Nel 2009 entrano in formazione Gianluca “Yes” Uccheddu alla chitarra al posto di Alex e Elvis Taberna al posto di Phil Arancio.
Con questa nuova formazione il gruppo ha abbandonato l’hard rock blues del terzo e quarto album ritornando ad un piĂč duro heavy metal di stampo Saxon/Judas Priest che ha caratterizzato la band nei primi due album.
Nel settembre del 2012 Ăš uscito It’s Always time, album contenente il rifacimento di Hurricanes con la nuova formazione, tre inediti e dodici brani tratti dai dischi piĂč significativi.
In occasione del festival Acciaio italiano 2015, tenutosi a Modena il 31 gennaio 2015, si Ăš verificato il ritorno alla voce di Phil in sostituzione di Elvis Taberna, che ha dovuto abbandonare il gruppo per motivi di salute. Elvis Ăš rimasto nel giro Fil di ferro con mansioni amministrative.
Dopo pochi mesi nuovo cambio di formazione riguardante la voce: entra Paola Goitre al posto di Phil, con la quale sono in programma vari lavori live e in studio.
A inizio 2017 ritorna in formazione il chitarrista Miky Fiorito, il quale si mette subito al lavoro per comporre le canzoni che faranno parte del sesto album del gruppo. I riff di chitarra questa volta hanno un piglio epico ed ù a seguito di queste nuove sonorità che nasce l’idea del concept album intitolato Wolfblood, che narra della mitologia nordica del RagnaRock, anche per via dei testi a tema ideati da Paola Goitre. Il nuovo lavoro viene pubblicato a ottobre del 2019.
Discografia Hurricanes (1986) Fil di Ferro (1988) Rock Rock Rock (1992) It Will Be Passion (2004) It’s Always Time (2012)
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moviemaniac2020 · 2 years ago
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ChissĂ  perchĂ© certi bei film italiani escono, girano poco, non lasciano ricordi e scompaiono dalle memorie cinematografiche. Forse perchĂ© sono “troppo italiani” - come il critico Morandini ha definito proprio questa pellicola - per essere apprezzati. Non avevo mai sentito parlare di “Qui non Ăš il Paradiso”, anno di uscita 2000, e tantomeno del suo regista e sceneggiatore Gianluca Maria Tavarelli (nome che mi sono giĂ  segnato per recuperare le altre sue opere dirette fra il 1994 e il 2014). E' un nome che anche a molti di voi non dirĂ  nulla, anche se, perĂČ, citando i telefilm nazionali su Paolo Borsellino, Maria Montessori, Aldo Moro e "Maltese – Il Romanzo del Commissario", sicuramente qualche lampadina si accende. "Questo non Ăš il Paradiso" Ăš una pellicola completamente inedita per me, che vedo per la prima volta a distanza di 23 anni dalla sua uscita, della quale conosco poco e nulla, anche se nel cast ci sono tutti quegli attori italiani che forse hanno avuto una vita poco “carrierata” per colpa di un cinepanettonismo italico di maniera (laddove se non fai operette demenziali natalizie e robe simili non fai tanta strada) e che qui recitano in ruoli di spessore e tanto di cappello. Hollywood spostati, ma proprio: Fabrizio Gifuni ("Il Capitale Umano", "Esterno Notte"), Antonio Catania ("Mediterraneo", "Camerieri"), e due maschere tradizionalmente comiche come Ugo Conti e Adriano Pappalardo, impiegati in ruoli cosĂŹ drammatici e cattivi da lasciare lo spettatore a bocca aperta per cotanta bravura tragico-drammatica. Trama. Torino, anni ‘90. Renato fa l'autista alle Poste Italiane, incaricato di trasportare e consegnare ingenti somme di denaro. Separato, Ăš appassionato di Poesia e da tempo sogna di dare una svolta alla propria vita. Comincia quindi a pensare di fuggire con i miliardi di lire che trasporta nel furgone di lavoro. Per fare questo convince il suo amico e collega Walter, all'inizio riluttante. I due, perĂČ, non possono fare tutto da soli: vengono cosĂŹ coinvolti anche Enzo, proprietario di un locale, e Michele, anche lui impiegato alle Poste. Dopo un primo tentativo andato male, la seconda volta il colpo riesce. I quattro si riuniscono per dividersi il bottino di otto miliardi. Sul caso indaga il commissario Lucidi, incaricato delle indagini, il quale riesce a portare a galla la veritĂ ... Ottima pellicola del sottovalutato e misconosciuto Tavarelli, che pare giĂ  si fosse segnalato in precedenza per il brillante "Un amore" (1999). Una storia tutta narrata con un perfetto incastro di flashback e flashforward, che Ăš un notevole saggio di noir contemporaneo. Il ritmo non perde quota neanche per un secondo e incalza la sceneggiatura a ricostruire a posteriori la vicenda di una rapina di due impiegati postali che volevano svoltare vita, sognando di scappare ai Tropici, ma che invece finiscono molto male. Una pellicola girata molto bene e altrettanto molto ben recitata, e realizzata con una professionalitĂ  sapiente. La migliore qualitĂ  del film resta quella di saper cogliere, cristallizzare e raccontare uno scoraggiante clima culturale e ideale caratteristico dell’Italia degli anni ‘90. Un piccolo cherubino del Cinema Italiano che deve essere assolutamente (ri)conosciuto e (ri)valorizzato, alla faccia delle commercialissime americanate che il mondo occidentale, ahimĂ©, non smette di propinarci come "cinema". Quello vero, quello dai titoli come “Qui non Ăš il Paradiso”, bisogna cercarlo e scovarlo nelle opere d'arti dimenticate del nostro controverso Belpaese. Musiche del compianto maestro Ezio Bosso. QUI NON E' IL PARADISO (Italia, 2000). Regia: Gianluca Maria Tavarelli. Cast: Fabrizio Gifuni, Erika Bernardi, Valerio Binasco, Antonio Catania, Ugo Conti, Adriano Pappalardo, Roberta Lena, Riccardo Montanaro, Riccardo Zinna, Cesare Apolito, Franco Neri.
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dance-world · 4 years ago
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Valerio Moro -  Teatro dell'Opera di Roma
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The guy Fabrizio was hugging is Valerio Soave from Mescal, right? (source)
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corallorosso · 4 years ago
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LE STRAGI IM-PUNITE Ricorre tra pochi giorni, il 43° Anniversario della morte di ALDO MORO, ucciso dalle BR ed il cui corpo fu fatto ritrovare in una macchina parcheggiata in Via Caetani a Roma. Due mesi prima era stato catturato dai Brigatisti che, a sangue freddo, sterminarono la sua scorta : ORESTE LEONARDI DOMENICO RICCI RAFFAELE IOZZINO GIULIO RIVERA FRANCESCO ZIZZI Nel corso degli anni, furono arrestati e processati, quasi tutti i Brigatisti responsabili della strage. Condannati e Liberati......Come vivono oggi ? Nei confronti dei brigatisti coinvolti direttamente nella vicenda furono emessi i seguenti giudizi: Rita Algranati: ultima a essere catturata fra i terroristi coinvolti nel caso Moro, a Il Cairo nel 2004, sta scontando l'ergastolo. Fu la «staffetta» del commando brigatista in via Fani. Maurizio Iannelli: catturato nel 1980 e condannato a due ergastoli. In libertĂ  vigilata dal 2003 Ăš attualmente il regista di vari programmi Rai (Amore criminale, Sopravvissute) Barbara Balzerani: catturata nel 1985 e condannata all'ergastolo. In libertĂ  vigilata dal 2006. In via Fani presidiava mitra alla mano a bordo di un'auto l'incrocio con via Stresa e durante il sequestro occupava la base di via Gradoli 96 nella quale conviveva con Mario Moretti. Franco Bonisoli: catturato nella base di via Monte Nevoso 8 a Milano il 1Âș ottobre 1978, Ăš stato condannato all'ergastolo e oggi Ăš in semilibertĂ . In via Fani sparĂČ sulla scorta di Moro e alla conclusione del sequestro portĂČ nel covo di Milano il memoriale e le lettere dello statista ritrovate in una prima tranche contestualmente al suo arresto e in una seconda tranche l'8 ottobre 1990. Anna Laura Braghetti: arrestata nel 1980, condannata all'ergastolo, Ăš in libertĂ  condizionale dal 2002. Durante il sequestro non era ancora in clandestinitĂ : era l'intestataria e l'inquilina «ufficiale», insieme con Germano Maccari, dell'appartamento di via Montalcini a Roma, tuttora l'unica prigione accertata di Moro. Alessio Casimirri: fuggito in Nicaragua, dove gestisce un ristorante, Ăš l'unico a non essere mai stato arrestato nĂ© per il caso Moro nĂ© per altri reati. In via Fani presidiava con Alvaro Lojacono la parte alta della strada. Raimondo Etro: catturato solo nel 1996, Ăš stato condannato a 24 anni e 6 mesi, poi ridotti a 20 e 6 mesi. Non era presente in via Fani, ma fu il custode delle armi usate nella strage. Adriana Faranda: arrestata nel 1979, Ăš tornata in libertĂ  nel 1994 dopo essersi dissociata dalla lotta armata. Non Ăš stata accertata in sede giudiziaria la sua presenza in via Fani. Fu, assieme a Valerio Morucci, la «postina» del sequestro Moro. Raffaele Fiore: catturato nel 1979 e condannato all'ergastolo, Ăš in libertĂ  condizionale dal 1997. In via Fani ha sparato sulla scorta di Moro, anche se il suo mitra si Ăš inceppato quasi subito. Prospero Gallinari: giĂ  latitante (durante il sequestro Moro) per il sequestro del giudice Mario Sossi, Ăš successivamente catturato nel 1979. Dal 1994 al 2007 ha ottenuto la sospensione della pena per motivi di salute, ottenendo gli arresti domiciliari. È deceduto il 14 gennaio 2013. In via Fani ha sparato sulla scorta di Moro e durante il sequestro era rifugiato nel covo brigatista di via Montalcini, unica prigione di Moro accertata in sede giudiziaria. Alvaro Lojacono: fuggito in Svizzera non ha mai scontato un solo giorno di prigione nĂ© per il caso Moro nĂ© per l'omicidio dello studente Miki Mantakas ma soltanto per reati legati a traffici d'armi da e per la Svizzera, che non ha mai concesso la sua estradizione in Italia. In via Fani presidiava con Alessio Casimirri la parte alta della strada e con lui era sull'auto che bloccĂČ da dietro la colonna di auto con a bordo Moro e la sua scorta, subito prima della strage. Germano Maccari: arrestato solo nel 1993, rimesso in libertĂ  per decorrenza dei termini e poi riarrestato dopo aver ammesso il suo coinvolgimento nel sequestro, viene condannato a 30 anni, poi ridotti a 23, nell'ultimo processo celebrato sul caso Moro. È morto per aneurisma cerebrale nel carcere di Rebibbia il 25 agosto 2001. Insieme con Anna Laura Braghetti era l'inquilino «ufficiale» dell'appartamento di via Montalcini, unica prigione di Moro finora accertata, sotto il falso nome di «ingegner Luigi Altobelli». Mario Moretti: catturato nel 1981 e condannato a 6 ergastoli. Dal 1994 Ăš in semilibertĂ  e lavora da oltre 14 anni per la Regione Lombardia. Capo della colonna romana delle Brigate Rosse, Oltre a dirigere l'intera operazione e a effettuare sopralluoghi poco prima dell'agguato, in via Fani era alla guida dell'auto che bloccĂČ il convoglio di Moro e della scorta avviando l'imboscata. Nonostante alcune testimonianze oculari, non Ăš stato accertato in sede giudiziaria che abbia sparato. Durante il sequestro occupava con Barbara Balzerani il covo di via Gradoli 96 e si recava quotidianamente a interrogare Moro nel luogo della sua detenzione e periodicamente a Firenze e Rapallo per riunioni con il comitato esecutivo dell'organizzazione terroristica. Tempo dopo il processo, confessĂČ anche di essere stato l'esecutore materiale dell'omicidio di Moro. Valerio Morucci: arrestato nel 1979 venne condannato a 30 anni dopo essersi dissociato dalla lotta armata. Rilasciato nel 1994, si occupa di informatica. In via Fani sparĂČ sulla scorta di Moro e durante il sequestro fu il "postino" delle Brigate Rosse insieme con la sua compagna Adriana Faranda, oltre a effettuare quasi tutte le telefonate legate al sequestro, compresa l'ultima in cui comunicĂČ a Franco Tritto l'ubicazione del corpo di Aldo Moro. Bruno Seghetti: catturato nel 1980 e condannato all'ergastolo, Ăš ammesso al lavoro esterno nell'aprile del 1995. Ottiene la semilibertĂ  nel 1999 che perĂČ gli viene revocata in seguito ad alcune irregolaritĂ . È tuttora detenuto, e lavora per la cooperativa 32 dicembre di Prospero Gallinari. In via Fani era alla guida dell'auto con la quale Moro venne portato via dopo l'agguato. Sottolineo solo che per molti di loro, seppur condannati all'ergastolo, le porte del carcere si sono spalancate qualche anno dopo il massacro in virtĂč della loro "dissociazione" postuma. Penso che la "redenzione" (fine ultimo della pena inflitta) NON dovrebbe mai cancellare il crimine e la conseguente responsabilitĂ . Appartiene eventualmente ad un presunto dio il perdono. Io sono solo un Uomo. Che non dimentica e non perdona. Claudio Khaled Ser
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curiositasmundi · 2 years ago
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C’ù una convergenza di interessi tra mafiosi ed estremisti di destra su alcuni delitti eccellenti e stragi, manovrata da una regia ancora occulta che mette in collegamento Cosa Nostra, ‘Ndrangheta e terroristi neri. Storie macchiate dal sangue di vittime innocenti su cui si attende ancora una verità, non solo giudiziaria ma anche politica. Il tema centrale, come scrivono i giudici della Corte d’assise di Bologna nell’ultima sentenza sulla strage del 2 agosto, “ù il collegamento tra Cosa Nostra, l’eversione terroristica di destra e i collegamenti con il gruppo di potere coagulatosi intorno alla P2 e a Licio Gelli“. Ci sono una serie di legami che dimostrano che tra i “neri” dei Nuclei armati rivoluzionari, di cui faceva parte anche Massimo Carminati, e Cosa Nostra, vi fossero scambi operativi, “mediati da altri soggetti”. Le inchieste giudiziarie documentano come in diverse vicende i boss calabresi sono andati a braccetto con i neri. E comprendere lo sviluppo di questo intreccio ù compito pure della Commissione parlamentare antimafia. Lo scorso aprile sono state rese pubbliche le motivazioni della sentenza della Corte d’assise di Bologna, da cui si legge che ù stato un attentato, quello del 2 agosto 1980 alla stazione, eseguito da neofascisti. I giudici mettono in collegamento la strage con l’omicidio a Palermo del presidente della Regione, Piersanti Mattarella, fratello del Capo dello Stato. Per quel delitto sono stati assolti i neri Fioravanti e Cavallini. Nel processo di Bologna sono stati recuperati elementi che hanno indotto i giudici a ritenere che “l’eliminazione di Mattarella dopo quella di Aldo Moro, al quale si apprestava a succedere, secondo ragionevoli interpretazioni della fase storica, era indispensabile per eliminare un irriducibile ostacolo ai piani della P2 e al contempo a quelli di Cosa nostra, convergenti sull’obiettivo data l’azione che Mattarella aveva avviato in Sicilia per sottrarre il suo partito all’alleanza con la mafia”. I sicari di Mattarella non hanno ancora un nome, ma sono stati condannati come mandanti i componenti della cupola. I neri rivendicarono il delitto: “Qui Nuclei Fascisti Rivoluzionari, rivendichiamo l’uccisione dell’onorevole Mattarella in onore ai caduti di Acca Larentia”. Seguita da comunicati di rivendicazione di Br e Prima linea ritenuti depistanti, quasi a correggere quella prima incauta rivendicazione. L’assoluzione in primo grado nel 1995 scaturisce dalle dichiarazioni di Buscetta e Marino Mannoia, i quali assicuravano che i killer erano uomini di Cosa Nostra, senza tuttavia saperli identificare. Fioravanti e Cavallini erano stati processati in base alle accuse rivolte da Cristiano Fioravanti, fratello di Valerio, che li indicava come autori dell’agguato; la testimonianza della moglie di Piersanti Mattarella che vide in faccia il killer e ne descrisse l’andatura ballonzolante di Fioravanti; e infine la presenza di Valerio Fioravanti a Palermo nei giorni in cui Mattarella fu ucciso. Su questo delitto la procura della Repubblica di Palermo sta ancora indagando. E poi c’ù lo stesso modello di pistola che uccide Mattarella e il giudice Mario Amato, organizzato e portato a termine dai terroristi dei Nar. In questo caso spara Gilberto Cavallini. La perizia sulla pistola risulta “coincidente” con quella utilizzata per uccidere Mattarella. Ci sono “punti di collimazione” e poi la Colt utilizzata dai “neri” per uccidere Amato aveva “un difetto di funzionamento”, come quella che i testimoni oculari hanno detto per l’arma utilizzata nell’agguato al presidente della regione siciliana. Gli specialisti del Racis dei carabinieri sono riusciti a comparare i proiettili dell’omicidio Mattarella con la Cobra usata dai Nar a Roma. Il risultato ù “coincidente”: significa che c’ù una probabilità molto alta che l’arma sia la stessa. Sulla saldatura tra mafia e Nar indagava pure Giovanni Falcone, lui non era il solo a credere nella pista “fascio-mafiosa”. La commissione antimafia presieduta da Bindi ha tolto il segreto alla relazione sul delitto Mattarella del 1989 firmata Loris D’Ambrosio, allora in servizio all’Alto commissariato, in cui spiega che “l’inesistenza di piste mafiose per gli autori materiali non implica, sia ben chiaro, l’esclusione della matrice mafiosa dell’omicidio”. Per D’Ambrosio non era solo mafia. Mattarella viene ucciso come “nemico dell’anti-Stato”. E proprio la scelta di affidare l’esecuzione a terroristi neri permette ai capi di Cosa Nostra di “disorientare l’opinione pubblica e l’apparato investigativo” e dimostrare “alla stessa organizzazione quanto devastante ed estesa sia la capacità di espansione e controllo che l’anti-Stato ù in grado di esercitare”. Una storia fascio-mafiosa che ù materia per un’attenta inchiesta di una commissione parlamentare. Magari quella dell’Antimafia.
Dal delitto Mattarella alla strage di Bologna: la trama oscura che lega mafia e terrorismo nero - Lirio Abbate – repubblica.it
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paoloferrario · 2 years ago
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itsyourstairwaytoheaven · 6 years ago
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Il Festival delle Polemiche, Resoconto ed Epilogo
Tra le tante cose, la 69° edizione del Sanremo verrà ricordata per le sue tante polemiche, prima dopo e durante il festival; polemiche ovunque, specie nei social, anche qui su tumblr stesso, l’ho visto io personalmente con i blog che seguo o con i blog che hanno ricondiviso i miei stessi post.
Fino a quando si rimane in tema (piĂč o meno) musicale, ci sta tutto; ci sono i gusti, le impressioni personali, i propri punti di vista. Quando dalla musica si passa a complotti e discriminazione ecco che le cose cominciano a un tantino a sfuggire di mano.
Partendo da Mahmood, perchĂš ha vinto? Per la globalizzazione, i rapporti con il mondo arabo, per far rosicare Salvini; bah mi sembrano tutte grandi cazzate, l’italia Ăš un paese man mano fatto da sempre meno “italiani” (di origini), ma fino a quando canta italiano, parla in italiano e non fa nulla di male, non gli si puĂČ dire nulla; la canzone Ăš discutibile ma de gustibus.
Sia nei social che in tv, le reazioni a lui e alla sua canzone erano molto positive quindi se ha vinto lo hanno voluto in tanti; non cominciamo a dire le solite cazzate “sanremo truccato”, non penso sia pulito pulito al 100% ma ogni anno chi ha vinto aveva un bel successo sociale in quel momento tanto da poter permettersi di vincere, poi beh “la gente non sa quello che vuole” e la moda spesso fa abbastanza schifo, ma tanto si ù visto per molti vincitori che fine hanno fatto dopo il festival e in che fama nuotano ora: vedi Marco Carta, vedi Valerio Scanu
Invece altri vincitori recenti pure contestati seppure secondo me piĂč che meritati: cosa c’ù da ridire sulla ship Meta-Moro?, Gabbani “il tizio con la scimmia” che per ovvi motivi ha avuto un maggiore impatto visivo ma in fondo la canzone aveva un suo stile particolare e un suo significato profondo(certo Fiorella Mannoia avrebbe pure potuto meritare il suo posto come anche Ermal Meta, Ăš stato un bel podio quell’anno), ma anche quando vinse Vecchioni molti si lamentarono, la sua canzone era un inno alla vita e all’amore...
Perchù di inni alla vita oppure semplicemente canzoni di protesta anche in questa edizione ce ne sono stati e a quanto pare il pubblico non ù riuscito a capirlo ma questo ù un altro discorso, meglio per molti fare la classica canzonetta d’amore perchù almeno quella ù nello stile sanremese.......
Comunque, io do “ragione” a Salvini perchù avrei preferito vincesse Ultimo in quel momento(tra i tre finalisti, perchù in generale per me nessuno dei tre avrebbe dovuto raggiungere il podio, c’era di meglio, specie se poi vinceva Il Volo come se avesse portato quasi la stessa canzone e avesse vinto di nuovo...); Non do ragione a Salvini se doveva vincere Ultimo “perchù mahmood ù un egiziano, forse pure gay”, che di egiziano ha il padre ma sta in italia, parla e canta italiano quindi il problema non sussiste; motivo per cui non ho apprezzato Nino d’Angelo, una canzone tutta o quasi in napoletano(poi sono gusti anche qui), ù il festival della canzone italiana non napoletana (creiamo altre polemiche yeee).
Penso sia abbastanza palese che occorre una bella modifica alle legge elettorale sanremese e non solo a quella, cosĂŹ non va, le percentuali vanno cambiate, ma anche la giuria va cambiata: una giuria d’onore composta da 8 persone di cui 1 solo musicista, che devono votare la musica, mh... (giĂ  solo pensare che tra quei 7, uno Ăš Joe Bastianich...) Senza contare il fatto che le band(vedi Negrita) a sanremo non arrivano mai veramente in buona posizione salvo rari casi (Elio Ăš un genio, lui puĂČ tutto), ed Ăš un peccato...
Poi beh, 6 premi divisi tra Ultimo, Cristicchi e Silvestri(1, 2 e 3); nessuno di loro ha vinto, due di loro non sono nemmeno nel podio, beh anche questo fa comunque pensare, perchĂš sĂŹ che ognuno ha i suoi gusti diversi da chiunque altro e ci sono tanti premi e “tante” giurie perĂČ cosĂŹ fa strano...
Una cosa sicuramente buona di questa edizione Ăš la varietĂ  (non poi cosĂŹ tanta ma comunque maggiore degli anni scorsi) dei generi musicali, trap, rock, pop, pop opera, rap... Si spera che la cosa continui anche nei prossimi festival perchĂš non c’ù scritto specificatamente “festival della musica popolare italiana”, piuttosto invece diventa spesso sinonimo di “...musica commerciale italiana”, perĂČ resta il fatto che sia il festival musicale italiano piĂč importante di tutti e va sfruttato al meglio e meglio, dovrebbe essere il trampolino di lancio ma anche il momento da aggiungere alla propria carriera, coloro che lo hanno giĂ  vinto e partecipano all’ennesima volta, perchĂš? Ne hanno veramente bisogno? No, per quanto rispetti Nek e Renga per dirne due; certo probabilmente non vedrĂČ mai i Lacuna Coil a Sanremo ma la speranza Ăš sempre l’ultima a morire...
CosĂŹ Ăš finito, tante polemiche, tante banalitĂ , poco di veramente buono da prendere, si spera sempre in qualcosa di piĂč decente per l’anno prossimo e nel mentre chissĂ  quanto in basso ci classificheremo all’ESC 2019, poi beh se Mahmood arriva tra i primi, buon per lui e buono per l’italia, non ho nulla contro di lui, semplicemente non era nella mia top 10 dei concorrenti di quest’anno
Quindi in fin dei conti: se avete polemiche, prima pensateci bene, poi vedete se ù il caso di aprire bocca. (se gioite per Mahmood come “arma” contro Salvini, avete non pochi problemi e a me Salvini sta sul cazzo)
Pace e Amore, speriamo in un prossimo Festival (specie nel 2020 che sarĂ  il 70°, numero importante quindi) organizzato e presentato e arricchito MOLTO meglio e magari con ospiti decenti, Ăš il festival della musica italiana ma se inviti stranieri purchĂš musicisti e ti risparmi certi “comici” non azzeccati per quello che Ăš l’evento, forse non sarebbe poi tanto male. E con Baglioni due anni sono stati sufficienti, mo cambiamo per favore, sia lui che i coconduttori che presi singolarmente sono simpaticissimi ma insieme anche no, con sketch molto penosi salvo pochi; insomma o piĂč intrattenimento ma fatto bene o piĂč musica ma di livello, non un po’ e un po’ entrambi scarsi e MOLTO prevedibili, o comunque inferiori rispetto a ciĂČ che potrebbero permettersi, con tutto il rispetto per tutti i vari ospiti musicisti che ci sono stati che sicuramente hanno lasciato la loro grande impronta nella musica italiana perĂČ, c’ù di meglio...
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double-croche1 · 2 years ago
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[INTERVIEW CINÉ] MARCO BELLOCCHIO
L'illustre cinĂ©aste italien Marco Bellocchio se lance pour la premiĂšre fois dans le format mini-sĂ©rie avec ‘Esterno Notte’ qu’il a prĂ©sentĂ© dans la section Cannes PremiĂšre du dernier Festival de Cannes. La sĂ©rie, dĂ©sormais disponible sur arte.tv et en DVD et diffusĂ©e la semaine prochaine sur Arte, revient sur l’enlĂšvement du PrĂ©sident italien Aldo Moro en 1978 dans le contexte des “annĂ©es de plomb”. Le rĂ©alisateur nous a parlĂ© du traitement de ces Ă©vĂ©nements historiques qui ont fortement marquĂ© le peuple italien et la politique jusqu’à aujourd’hui. Vous aviez rĂ©alisĂ© en 2003 le film ‘Buongiorno, Notte’ qui traitait dĂ©jĂ  de l’enlĂšvement et l’assassinat d’Aldo Moro en 1978. Pourquoi ce choix de retourner Ă  ce mĂȘme Ă©vĂ©nement dans votre sĂ©rie ‘Esterno Notte’ ? Marco : Je pensais que cette histoire d’Aldo Moro était finie. Quarante ans aprĂšs sa mort [donc en 2018], il y a eu en Italie de grandes commĂ©morations et plusieurs choses on ressurgi : livres, journaux, films, documentaires... Le fait de redĂ©couvrir ces images, notamment la vie privĂ©e d’Aldo Moro avec sa famille et sa femme, a fait ressurgir en moi une vision plus large de cet Ă©vĂ©nement. A travers ce cĂŽtĂ© privĂ©, j’ai pensĂ© dĂ©couvrir des personnages qui n’existaient pas dans le film, comme Francesco Cossiga (1927-2010) qui est un personnage shakespearien hermĂ©tique [ministre de l’intĂ©rieur pendant le gouvernement Moro, il sera plus tard en 1985 élu PrĂ©sident de la RĂ©publique italienne], le pape Paul VI (1897-1978), la famille d’Aldo Moro et sa femme Eleonora Moro (1915-2010) qui est une personne assez mĂ©connue. Notamment, la volontĂ© d’Eleonora de sauver Ă  tout prix son mari contre la DĂ©mocratie chrĂ©tienne et ses amis qui semblent l’abandonner m’a beaucoup intĂ©ressĂ©e. Il y a aussi les terroristes, en particulier le couple Valerio Morucci (nĂ© en 1949) et Adriana Faranda (nĂ©e en 1950) qui a participĂ© Ă  l’assassinat mais qui n’était pas lĂ  dans la rue Montalcini à Rome  oĂč Ă©tait maintenu en dĂ©tention Aldo Moro.
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Est-ce que votre sĂ©rie ‘Esterno Notte’ est plus proche d’une fiction que ‘Buongiorno, Notte’ ? Marco : Dans ‘Buongiorno, Notte’ il y avait beaucoup de documents qui Ă©taient montrĂ©s, beaucoup d’images d’archives, parce que le film montrait la vie des brigadistes dans leur repĂšre de la rue Montalcini. Tout ce qui Ă©tait Ă  l’extĂ©rieur passait par la tĂ©lĂ©vision. On a mis toutes les images d’archives qu’on avait dans cette tĂ©lĂ©vision. Alors que dans la sĂ©rie, il y en a beaucoup moins, on en voit seulement vers la fin. Dans ‘Buongiorno, Notte’ on a mis des images d’archives dans la fiction, alors que dans ‘Esterno Notte’ on a utilisĂ© la fiction pour nous rapprocher de ce qui pouvait ĂȘtre des images d’archives. La sĂ©rie va des enjeux de l’Etat, presque de l’ordre mondial, et descend au plus intime de chaque personnage. Marco : Le cinĂ©ma, Ă  travers des petits dĂ©tails et des petites choses, peut communiquer des choses plus fortes. Autrement, on aurait pu Ă©crire un traitĂ© politique ou un livre, mais cela est la tĂąche des historiens. J’ai fait cette sĂ©rie que j’ai rĂ©alisĂ©e comme un long film divisĂ© en six Ă©pisodes.
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Qu’est-ce qui vous a motivĂ© dans le choix du format sĂ©rie ? Marco : On a constatĂ© qu'on n’avait pas le temps de synthĂ©tiser dans un film toute l’histoire. On avait besoin de plus de temps et d’épisodes. La direction a acceptĂ© de produire cela en sĂ©rie mais je dois reconnaĂźtre qu'on a Ă©tĂ© assez libres. Chaque Ă©pisode, hormis le dernier, se concentre sur un des personnages que avez citĂ©s : Aldo Moro, Francesco Cossiga, le pape Paul VI, les terroristes et Eleonora Moro. Comment avez-vous construit l’ordre de ces Ă©pisodes ? Marco : J’ai travaillĂ© avec d’autres scĂ©naristes. Tout le monde connaĂźt l’histoire. On a pensĂ© rester au prĂ©sent dans les deux premiers Ă©pisodes. Puis du troisiĂšme au cinquiĂšme Ă©pisode, on a voulu faire un retour en arriĂšre. Le dernier Ă©pisode revient au prĂ©sent. C’est comme si l’histoire recommence via les personnages : le pape, les terroristes et la famille. C’est un choix de dramaturgie cinĂ©matographique plutĂŽt qu’une marche linĂ©aire chronologiquement. Cela appuie la tragĂ©die ou la fatalitĂ©. Marco : Peut-ĂȘtre, oui !
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Il y a un personnage qui a peut-ĂȘtre vos faveurs ou tout du moins un traitement spĂ©cial, c’est Giulio Andreotti [PrĂ©sident du Conseil pendant le gouvernement Moro]. On voit le pape faire pĂ©nitence en portant une ceinture d’acier qui le fait saigner, alors que pour Giulio Andreotti la pĂ©nitence passe par le fait de ne pas manger de glace tant qu’Aldo Moro n’est pas libĂ©rĂ© ! Marco : Cela est vrai, il l’a effectivement dit ! (Rires) Naturellement, dans une tragĂ©die comme celle-lĂ , le poids des mots du PrĂ©sident du conseil devient symbolique et mĂ©taphorique. En fait derriĂšre cela, il dit Ă  tous les partisans de la DĂ©mocratie chrĂ©tienne de faire des petits sacrifices. C’est un petit peu dĂ©risoire, cela ne fait pas le poids, mais en quelque sorte ça nous parle de sa personnalitĂ© et c’est une anecdote tout de mĂȘme importante dans l’histoire. En France aussi, vous avez eu affaire au catholicisme, moins que nous Italiens parce que vous avez eu la RĂ©volution (1789). Ce qu’on nous apprenait, c’était qu’il fallait faire une petite bonne action chaque jour pour les autres pour conserver son propre Ă©tat de grĂące. Du moins, c’était ce qu’on nous apprenait Ă  l’époque, maintenant je ne sais pas comment cela se passe, parce que l’Église a changĂ© aussi. Pourquoi n’avez vous pas consacrĂ© d’épisode à Giulio Andreotti alors que vous en avez consacrĂ© un Ă  Francesco Cossiga ? Marco : J’étais plus attirĂ© par la popularitĂ© de Francesco Cossiga dans ce temps marquĂ© pour lui par une extrĂȘme pression et de la folie. Cela est dit dans la confession de Francesco Cossiga dans la sĂ©rie : « Le pauvre, laissez-le tomber. Il est bipolaire, on ne peut rien lui reprocher. » Alors que Giulio Andreotti est plus lucide, il « veut faire le mal. » Et le mal, encore une fois, est un concept trĂšs religieux. Giulio Andreotti est trĂšs prĂ©sent dans la sĂ©rie, mais il est trĂšs linĂ©aire, donc moins intĂ©ressant. Francesco Cossiga prĂ©sentait en quelque sorte une dramaturgie interne plus variable. On a pu lire que Giulio Andreotti aurait pu avoir pris part Ă  l’enlĂšvement. Cela n’est pas montrĂ© dans la sĂ©rie. On voit Giulio Andreotti aller vomir dans les toilettes quand il apprend la nouvelle de l’enlĂšvement d’Aldo Moro. Qu’est-ce que vous en pensez ? Marco : Vous avez raison. C’est le seul moment oĂč on voit Giulio Andreotti un peu diffĂ©rent. Cela fait rĂ©fĂ©rence Ă  un Ă©vĂ©nement qui n’est pas prouvĂ©, mais certains journaux ont indiquĂ© que Giulio Andreotti a Ă©tĂ© malade lorsqu’il a reçu la nouvelle de l’enlĂšvement d’Aldo Moro. On dit qu’il est parti aux toilettes et qu’il aurait vomi. Effectivement c’est son seul moment de contradiction par rapport Ă  cette linĂ©aritĂ©. Toute personne, mĂȘme la plus mĂ©chante, a des moments de bontĂ©. C’est quelque chose qui m’avait frappĂ©, on a donc essayĂ© de le reprĂ©senter discrĂštement.
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Les personnages sont globalement trĂšs angoissĂ©s. Il y a d’un cĂŽtĂ© les hallucinations : Aldo Moro qui porte la croix, Eleonora Moro qui s’enchaĂźne devant le siĂšge du parti, Francesco Cossiga qui voit la carte de l’Italie ensanglantĂ©e. De l’autre cĂŽtĂ© des manifestations plus physiques : Giulio Andreotti qui va vomir aux toilettes comme Ă©voquĂ©, Francesco Cossiga qui a des plaques sur les mains, le brigadiste Valerio Morucci qui fait du somnambulisme. Comment avez-vous apprĂ©hendĂ© ce traitement de l’angoisse des personnages ? Est-ce que pour vous c’est Ă  cet endroit qu’il y a le plus de fiction dans la sĂ©rie ? Marco : Il y a des reprĂ©sentations diffĂ©rentes. Francesco Cossiga souffrait rĂ©ellement de son angoisse. Les sĂ©vices du pape dont on parlait, c’était quelque chose de vrai mais il n’était sĂ»rement pas plein de sang, cela on l’a exagĂ©rĂ©. Puis quand il voit Aldo Moro porter la croix, c’est son imagination propre qui parle, celle du personnage. Il regarde le reportage Ă  la tĂ©lĂ©vision et sa pensĂ©e s’évade. Le rĂȘve d’Adriana Faranda oĂč elle voit un fleuve avec tous ces morts, elle en parle dans son livre ‘L’AnnĂ©e du tigre’ (1994). Elle dit qu’elle a rĂȘvĂ© cette descente tragique de tous les corps des hommes qui ont Ă©tĂ© tuĂ©s. Disons qu’on a utilisĂ© d’une maniĂšre pas systĂ©matique mais trĂšs libre tous les passages non rĂ©alistes qui rĂ©pondaient sĂ»rement Ă  une angoisse gĂ©nĂ©rale. En Italie on avait vraiment crĂ©Ă© cette centrale d’écoute auprĂšs du site de la prĂ©fecture de police de Rome oĂč arrivaient tous genres d’appels. Les gens disaient parfois des choses absurdes. Certains appelaient simplement pour parler de leurs problĂšmes personnels, comme pour une ligne d’écoute. Tout cela est normal parce que c’est l’imagination qui sort de la rĂ©alitĂ©, qui prend ses libertĂ©s. C’est vraiment un aperçu de l’Italie durant cette pĂ©riode. Il y a une stupeur de toute la sociĂ©tĂ© face Ă  la violence et la noirceur de la crise, avec des petits hommes politiques Ă©crasĂ©s dans des grandes piĂšces trĂšs sombres. Est-ce que cette violence est pour vous rĂ©aliste ou dramatisĂ©e pour la sĂ©rie ? Marco : On a commencĂ© Ă  travailler comme une enquĂȘte pour dĂ©couvrir les diffĂ©rents Ă©lĂ©ments. Comme Ă©voquĂ©, on savait dĂ©jĂ  pas mal de choses car j’avais fait le film ‘Buongiorno, Notte’ (2003) sur cette mĂȘme histoire puis il y a eu plus rĂ©cemment des livres, des films de fiction et des documentaires qui ont Ă©tĂ© faits. On est partis du rĂ©alisme mais aprĂšs on s’est aperçu qu’il fallait pouvoir prendre des libertĂ©s. La base Ă©tait ce qui s’est vraiment passĂ© dans ces annĂ©es-lĂ . En complĂ©ment, on a travaillĂ© sur un peu de fiction parce que dans la rĂ©alitĂ© il y a des espaces non explorĂ©s et documentĂ©s et dans lesquels personne ne sait ce qui s’est vraiment passĂ© ou ce que se sont dit les personnages. Alors il faut inventer.
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Il y a un jeu sur ce qui est rĂ©el et inventĂ©. Vous ouvrez la sĂ©rie avec Aldo Moro dans son lit d’hĂŽpital et vous y revenez vers la fin de la sĂ©rie. On l’entend Ă©voquer son renoncement Ă  la vie politique. C’est trĂšs fort, mais c’est inventĂ© car Aldo Moro est en rĂ©alité dĂ©jà assassinĂ© Ă  ce moment-lĂ . Est-ce que cela se repose sur un texte historique rĂ©el qu’il a Ă©crit ? Marco : La vĂ©ritĂ© est qu’Aldo Moro a Ă©crit ‘MĂ©morial’ (1978) pendant ses 55 jours de prison. Ce texte a Ă©tĂ© cachĂ© par les Brigades rouges. On l’a trouvĂ© par hasard deux ou trois mois aprĂšs sa mort. Dans ce texte, il Ă©crit des choses qu’on a utilisĂ©es pour faire certains dialogues. La confession finale utilise aussi beaucoup d’expressions et de jugements faits envers cet homme politique mort. On a combinĂ© tout cela. Mais il a rĂ©ellement Ă©crit la phrase suivante qu’il dit dans la sĂ©rie : « Je remercie les Brigades rouges de m’avoir Ă©pargnĂ© la vie. » Il y a sĂ»rement eu un moment dans son emprisonnement oĂč il a espĂ©rĂ© ĂȘtre sauvĂ©, c’est pourquoi il a Ă©crit cette phrase. Les Brigades rouges lui avaient avaient probablement communiquĂ© l’éventualitĂ© d’une mise en libertĂ© ou d’une sorte de grĂące. AprĂšs, l’espoir s’est envolĂ© et il s’est rĂ©signĂ© Ă  mourir. Naturellement, on l’a utilisĂ© dans l’architecture de la sĂ©rie, afin de partir d’une idĂ©e qui Ă©tait complĂštement contraire Ă  la vĂ©ritĂ© pour crĂ©er une attente. C’est une idĂ©e de cinĂ©ma, qui revient Ă  la fin encore pour conclure avec la vraie fin qui est l’assassinat d’Aldo Moro. C’est un peu comme si vous faisiez venir le fantĂŽme d’Aldo Moro qui vient condamner la DĂ©mocratie chrĂ©tienne. Marco : Certainement que les hommes de la DĂ©mocratie chrĂ©tienne, dont il fut l’un des fondateurs, n’ont pas eu le courage d’accepter les conditions des Brigades rouges parce que cela Ă©tait inacceptable pour eux. Ils ont alors prĂ©fĂ©rĂ© choisir la folie. Ils se disaient : « Ce que dit Aldo Moro n’est pas ce qu’il pense. Il est fou, droguĂ©, conditionnĂ©. Il n’a plus la libertĂ© de reconnaĂźtre la vie et ses principes. Alors on ne peut pas accepter ce qu’il dit. »  Vous ne condamnez pas la DĂ©mocratie chrĂ©tienne ni aucun mouvement. C’est une conjonction de diffĂ©rents intĂ©rĂȘts moraux et politiques qui viennent vers ce piĂšge fatal pour Aldo Moro. Marco : Les historiens les plus importants ont parlĂ© d'une chose que tout le monde connaĂźt : la raison de l’Etat. Ils invoquent que c’est cela qui empĂȘcha la libĂ©ration d’Aldo Moro. Les Italiens n’auraient pu l’accepter. Ils n’auraient pas compris, surtout parce qu’au cours de l’attentat cinq policiers ont Ă©tĂ© tuĂ©s de façon barbare. D’ailleurs c’était cet argument que Giulio Andreotti portait. Il disait : « Les gens ne comprendraient pas. Nous portons une responsabilitĂ© vis-Ă -vis des familles de ces hommes-lĂ  tuĂ©s par les Brigades rouges. »
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Nous spectateurs français, non imprĂ©gnĂ©s de cette histoire italienne, sommes tout le temps aux cĂŽtĂ©s d’Aldo Moro. On le voit comme celui qui pourrait ĂȘtre le sauveur de l’Italie, capable de sortir la sociĂ©tĂ© de la crise, et qui va ĂȘtre tuĂ© et Ă©chouer. Aldo Moro est montrĂ© comme quelqu’un de trĂšs bienveillant et sacrifiĂ© par les autres. Il est presque une figure de Christ. Marco : Le pape le voit comme cela. Il faut dire aussi que Giulio Andreotti, tout le parti de la DĂ©mocratie chrĂ©tienne mais aussi le Parti communiste, sentaient qu’il avait une responsabilitĂ© vers la nation entiĂšre. Aldo Moro avait la dĂ©licatesse de sauver un Ă©quilibre trĂšs fragile entre les AmĂ©ricains et les Russes qui ne voulaient pas aller dans sa direction. Ce n’est pas un rĂ©volutionnaire mais un vrai rĂ©formiste qui voulait vraiment dĂ©douaner le Parti communiste et ses nombreux Ă©lecteurs. En Italie, le Parti communiste Ă©tait le deuxiĂšme parti le plus important et ne pas le faire entrer dans la majoritĂ©, le laisser Ă  l’extĂ©rieur du gouvernement, n’était pas concevable dans le cadre d’une Italie jusque lĂ  marquĂ©e par l’alternance. C’était une voix trĂšs dĂ©mocratique parce qu’il avait compris que les communistes n’étaient absolument pas un risque pour l’ordre, tandis que les AmĂ©ricains pensaient encore qu'ils allaient faire une rĂ©volution. C’était un parti-pris noblement rĂ©visionniste et il le dit : « Les communistes ont un sens du respect de l’ordre, plus que le nĂŽtre. Le Parti communiste respecte la discipline, plus que la DĂ©mocratie chrĂ©tienne. » En fait, la responsabilitĂ© qu’il portait ne concernait pas que le peuple italien. La DĂ©mocratie chrĂ©tienne voulait Ă©galement dĂ©fendre un certain ordre international. C’est cela qui a condamnĂ© Aldo Moro, considĂ©rĂ© comme trop rĂ©formiste et novateur. Ce qui est assez Ă©trange car Aldo Moro avait jusque lĂ  toujours Ă©tĂ© vu non pas comme un rĂ©actionnaire, mais plutĂŽt au contraire comme un conservateur. Au fil du temps, il s’est rĂ©vĂ©lĂ© plutĂŽt visionnaire et pour un vrai renouveau Ă  gauche. Aldo Moro est un homme trĂšs cĂ©rĂ©bral qui attribuait un poids trĂšs fort Ă  ses mots. Il a Ă©crit une phrase terrible : « Mon sang retombera sur vous. » Quand on regarde l’histoire italienne aprĂšs la mort d’Aldo Moro, les partis traditionnels vont petit Ă  petit disparaĂźtre pour plusieurs raisons dans les annĂ©es Ă  venir. Est-ce que vous pensez que d’une certaine façon la prophĂ©tie d’Aldo Moro s’est rĂ©alisĂ©e ? Marco : Aldo Moro reste littĂ©ralement sans pĂ©chĂ©, impeccable mĂȘme pendant la captivitĂ©, jusqu’à la fin. C’est une phrase trĂšs forte. Il a une attitude encore diplomatique envers les Brigades rouges. Il essaie de sauver l’Etat et lui-mĂȘme. Tandis que quand il comprend que ses amis l’ont abandonnĂ©, il sent alors en lui une espĂšce de rage qui se dĂ©montre dans ce qu’il Ă©crit comme cette phrase. Pour moi, c’est intĂ©ressant parce que c’est comme s’il dĂ©couvre quelque chose qu’il ne pensait pas avoir en lui-mĂȘme ou que personne ne connaissait de lui. Il dit dans sa confession finale : « Mais pourquoi dois-je mourir ? Pourquoi mes grands amis n’essaient pas de me sauver la vie ? Ce n’est pas un crime d’aimer la vie. » Chez un homme comme lui, c’est quelque chose qui Ă©tonne parce qu’on pensait qu’il aurait eu une position de martyr. Il meurt en serviteur de l’Etat. Il accepte de mourir, mais pour lui ce n’est pas quelque chose qu’il accepte tranquillement jusqu’à la fin. Ce qu’on a qualifiĂ© de faiblesse ou qu’on a dit ĂȘtre de la folie, c’est en fait son humanitĂ©. La femme d’Aldo Moro dit Ă  Benigno Zaccagnini (1912-1989) [secrĂ©taire du parti pendant le gouvernement Moro] : « Mais pourquoi vous dites qu’il est fou ? La DĂ©mocratie chrĂ©tienne c’est ça. C’est le compromis, le fait de trouver une solution. » Dans ce sens, la faiblesse du personnage d’Aldo Moro s’est rĂ©vĂ©lĂ©e ĂȘtre une humanitĂ©, peut-ĂȘtre pas de proportion gigantesque, mais pour moi trĂšs apprĂ©ciable. Est-ce que d’une certaine maniĂšre vous tendez avec cette sĂ©rie un miroir Ă  l’Italie actuelle ? Marco : Ma seule expĂ©rience est que la sĂ©rie a Ă©tĂ© montrĂ©e en Italie il y a quelques mois [au cinĂ©ma en deux parties les 18 mai et 9 juin 2022, puis sur la Rai 1 du 14 au 17 novembre 2022 et mĂȘme depuis le 17 dĂ©cembre 2022 sur Netflix en Italie] et il y a eu un grand intĂ©rĂȘt, que je ne suis nĂ©anmoins pas capable d’interprĂ©ter. La participation des uns et des autres est trĂšs diffĂ©rente. Les plus vieux ont vĂ©cu ces Ă©vĂ©nements [en 1978, soit il y a environ quarante-cinq ans] dans leur jeunesse. Cette sĂ©rie leur apparaissait probablement comme un moyen de rĂ©gler des comptes avec eux-mĂȘmes et avec la politique. Pour les plus jeunes, on ne peut pas comprendre que la politique Ă  ce moment-lĂ  avait un poids si lourd. On parlait de changement, de rĂ©volution, de haine des classes. Des choses qui sont assez incomprĂ©hensibles aujourd’hui. Les jeunes ont accueilli la sĂ©rie presque avec stupĂ©faction. Cette reprĂ©sentation a Ă©veillĂ© leur intĂ©rĂȘt. Ils demandaient Ă  leurs parents : « C’était vraiment ça l’Italie ? Vous Ă©tiez vraiment comme ça ? » Ils ne savent quasiment plus ce que sont la DĂ©mocratie chrĂ©tienne ou le Parti communiste, ça n’existe plus. Dans ce sens-lĂ , les rĂ©actions ont Ă©tĂ© plutĂŽt vives vis-Ă -vis de la sĂ©rie.
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L’acteur Fabrizio Gifuni interprĂšte Aldo Moro de façon saisissante dans son attitude et ses paroles. Sa ressemblance physique est d’ailleurs Ă©galement frappante. Marco : Fabrizio Gifuni est en effet vraiment Moro. Il le connaĂźt trĂšs bien, de maniĂšre beaucoup plus approfondie que moi, parce qu’il a aussi montĂ© un spectacle sur les mĂ©moires de prison ‘MĂ©morial’ (1978) d’Aldo Moro et sur ses lettres. [La piĂšce est titrĂ©e ‘Con il vostro irridente silenzio. Studio sulle lettere dalla prigionia e sul memoriale di Aldo Moro’ qui se traduirait par : ‘Avec votre silence moqueur. Étude sur les lettres d'emprisonnement et sur le mĂ©morial d'Aldo Moro’, plus d’infos par ici] On s’est approchĂ© de ce personnage via ces ressemblances qu’on a utilisĂ©es aprĂšs dans la fiction. On connaĂźt votre engagement aux cĂŽtĂ©s des communistes italiens dans les annĂ©es 70. Comment avez-vous personnellement traversĂ© cette pĂ©riode-lĂ  ? Marco : J’étais dans un parti maoĂŻste qui Ă©tait contre le terrorisme, mais on parle de 1968 [son premier film ‘Les Poings dans les poches’ sorti en 1965 Ă©tait trĂšs politiquement engagĂ©]. Mon expĂ©rience directement politique s’est finie peu aprĂšs. Je suis sorti de cela. Je suis restĂ© Ă  gauche, j’ai suivi la politique d’un peu plus loin à travers d’autres expĂ©riences. En 1978, j’ai suivi l’enlĂšvement et l’assassinat comme tout autre citoyen. J’avais du mal Ă  croire qu’un petit groupe de terroristes ait eu la capacitĂ© de faire une action de tuer ces policiers et enlever Aldo Moro qui Ă©tait le PrĂ©sident de la DĂ©mocratie chrĂ©tienne. Voir la faiblesse de l’Etat italien qui n’était pas capable de dĂ©fendre le PrĂ©sident, qui sous-Ă©valuait la force de ce groupe terroriste. Pendant les 55 jours de dĂ©tention, il s’est crĂ©Ă© un mouvement toujours plus nombreux Ă  travers tous les partis indĂ©pendamment de leurs diffĂ©rences pour sauver la vie d’Aldo Moro. Je pensais franchement qu'il serait libĂ©rĂ©, peut-ĂȘtre pour une tradition italienne qui serait moins cruelle. Je ne trouvais pas possible qu’ils ne soient pas capables de trouver une solution. Yasser Arafat (1929-2004) Ă©tait passĂ© par lĂ  aussi. [Les Brigades rouges visaient Ă  atteindre une reconnaissance similaire Ă  celle obtenue en 1974 par l'Organisation de LibĂ©ration de la Palestine (OLP) de Yasser Arafat comme mouvement insurrectionnel.] Oui j’ai ressenti une douleur, mais qui n’était pas immĂ©diate. C’est un peu comme les tragĂ©dies familiales. On les Ă©labore et c’est au fil du temps qu’on comprend la profondeur de la blessure. La tragĂ©die de l’affaire Moro, c’est avec le temps qu’on l’a comprise. Cette phrase que vous avez citĂ©e tout Ă  l’heure est trĂšs importante : « Mon sang retombera sur vous. » C’est Ă  partir de ce moment lĂ  qu’on pourrait dire que commence une lente destruction du systĂšme politique italien de l’époque. Les partis de l’époque ont disparu. La mort d'Aldo Moro a laissĂ© en Italie une trace trĂšs profonde. AprĂšs on peut utiliser diffĂ©rentes expressions, comme “une blessure qui ne s’est pas cicatrisĂ©e”. Il me vient Ă  l’esprit une phrase que dit Aldo Moro Ă  Francesco Cossiga en latin : « Gutta cavat lapidem. » C’est-Ă -dire : « Une goutte peut briser une pierre. » C’est cette pierre qui s’est brisĂ©e avec la mort d’Aldo Moro. Je ne fais ce lien que maintenant. Dans la sĂ©rie on a du mettre une lĂ©gende parce que personne ne connaĂźt plus le latin. Bien sĂ»r, pour qu’une goutte brise une pierre, il faut plus de temps mais petit Ă  petit il y a beaucoup de traumatismes qui ont fait surface et qui prennent origine dans la mort d’Aldo Moro. CrĂ©dits photo de couverture : Anna Carmelingo ‘Esterno Notte’, mini-sĂ©rie de 6 Ă©pisodes, est maintenant disponible sur arte.tv et en DVD et sera diffusĂ©e sur Arte les 15 et 16 mars. Elle est hautement recommandĂ©e ! A&B
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dj-thermal-detonator · 2 years ago
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The Age of Terror: A Survey of Modern Terrorism (Part 2) In the Name of Revolution: Gun-Barrel Politics [BBC - 2002] from Thermal Detonator TV on Vimeo.
Cuba is the Birthplace of Revolution
Cuba is the birthplace for far-left revolution. In January 1959 in Havana, Fidel Castro and Che Guevara overthrow right-wing dictatorships. Both leaders become immortalized in their own right.
Germany's Baader-Meinhof Gang The flame of revolution is lit by different sparks in different countries around the globe. For Germany, it is guilt about their Nazi past. The Baader-Meinhof Gang goes on a spree of kidnapping and murder.
Reign of Terror in Germany In September 1977 in Germany the Baader-Meinhof Gang kidnaps a former Nazi and member of the establishment, however the plot goes bad. Terror continues until they disband.
The Red Brigade in Italy In Italy in the 1970s The Red Brigade hopes to trigger revolution in the face of turmoil between Fascists and Communists. Former gunman Valerio Morrucci talks about his guilt over the violence.
Red Brigade Kidnaps Aldo Moro By the mid 1970s, over 100 members of the Red Brigade turn to kidnapping and murdering members of the establishment. In 1978 they kidnap Aldo Moro to make the state collapse.
Aldo Moro Tried and Shot Moro is held in the “people's prison” in an apartment building in Rome while the largest manhunt ever in Italy is undertaken. He is tried for crimes against the Italian people and shot.
Aldo Moro's Body is Found Moro's body is left in central Rome as a symbol of his failed attempts at political union. Morrucci and his comrades are sent to prison, and this episode marks the beginning of the end for Red Terror.
The Shining Path in Peru In Peru, the Shining Path is responsible for 6,000 murders. The brain child of philosophy professor Abimael Guzman, the "people's war" is going to stamp out poverty.
Terror Escalates in Peru The Peruvian Army meets terror with terror by fighting the Shining Path resulting in high human rights violations. The Shining Path turns on the very poor people they vowed to help.
The End of the Shining Path The Shining Path terrorizes Lima with bombing. When anti-terrorists capture Guzman in September 1992, the entire infrastructure of the Path crashes down with his betrayal.
FARC in Colombia Colombia is one of the most dangerous and unpredictable places in the world today due to FARC. They call themselves guerillas fighting the government, but have no interest in peace.
FARC Produces Cocaine FARC produces 75 percent of world's cocaine without government controls. They make over 500 million dollars from drugs a year. The U.S. war on drugs in Colombia is a war on FARC.
The War with FARC In 2001 four IRA bomb experts smuggle explosives to FARC. FARC high jacks a plane. The Colombian army retakes FARC land. No revolutionary terror group achieves its mission.
For modern revolutionaries the world over, Cuba’s Che Guevara literally wrote the book. This program examines radical political movements in Germany, Italy, Peru, and Colombia to see how Che’s theories have fared in practice. Former gunman Peter JĂŒrgen Boock, of the Baader-Meinhof Gang; former gunman Valerio Morucci, of the Red Brigades; a former Shining Path insurgent; and Raul Reyes, second-in-command of FARC, talk about their roles in their factions’ ideological wars. Giovanni Moro, son of the murdered Italian statesman Aldo Moro; Peruvian Truth Commission member Carlos Tapia, former leader of the United Left Front; and Peru’s Minister of Justice Fernando Olivera Vega provide additional insights. (47 minutes)
bbc.co.uk/worldservice/documentaries/2008/05/080610_age_of_terror_two.shtml
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raymondorta · 3 years ago
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Gaceta Oficial #42308 31/01/2022 SUMARIO VICEPRESIDENCIA SECTORIAL PARA LA SEGURIDAD CIUDADANA Y LA PAZ ResoluciĂłn mediante la cual se designa ResoluciĂłn mediante la cual se delega en el ciudadano Omar Alexis Montes Meza, en su carĂĄcter de Director General de la Oicina de GestiĂłn Interna de esta Vicepresidencia Sectorial, las atribuciones y firmas ResoluciĂłn mediante la cual se designa al ciudadano JosĂ© Ernesto Patete Escalona, como Director, Encargado, de la DivisiĂłn de GestiĂłn Administrativa ResoluciĂłn mediante la cual se designa al ciudadano JosĂ© Ernesto Patete Escalona, en su carĂĄcter de Director, Encargado ResoluciĂłn mediante la cual se designa a ResoluciĂłn mediante la cual se delega en el ciudadano Luis JosĂ© Valerio Bastidas, MINISTERIO DEL PODER POPULAR PARA RELACIONES INTERIORES, JUSTICIA Y PAZ ResoluciĂłn mediante la cual se designa a la ciudadana Celsa Sirley Bautista Ontiveros, como Directora General Encargada de la ofic de AtenciĂłn al Ciudadano, de este Ministerio. MINISTERIO DEL PODER POPULAR PARA RELACIONES EXTERIORES DirecciĂłn General de la Oficina de Protocolo, Ceremonial DiplomĂĄtico y de Estado Nota DiplomĂĄtica mediante la cual el ciudadano NicolĂĄs Maduro Moros, Presidente Constitucional de la RepĂșblica Bolivariana de Venezuela, recibiĂł en audiencia solemne, de manos del ExcelentĂ­simo Señor Librado Orozco Zapata, las Cartas Credenciales que lo acreditan como Embajador Extraordinario y Plenipotenciario de la RepĂșblica del PerĂș Nota DiplomĂĄtica mediante la cual el ciudadano NicolĂĄs Maduro Moros, Presidente Constitucional de la RepĂșblica Bolivariana de Venezuela, recibiĂł en audiencia solemne, de manos del ExcelentĂ­simo Señor Abdelkader Hadjazi, las Cartas Credenciales MINISTERIO DEL PODER POPULAR PARA LA #salud ResoluciĂłn mediante la cual se designa a la ciudadana Shirley Marelly HernĂĄndez Escobar, como Autoridad Única de Salud del estado Aragua MINISTERIO DEL PODER POPULAR PARA EL ECOSOCIALISMO ResoluciĂłn mediante la cual se designa a Directora General de la DirecciĂłn de Monitoreo del Cambio ClimĂĄtico #gacetaoficial #derecho #venezuela #abogadosvenezuela #leyes #ley #decreto https://www.instagram.com/p/CZzLiOmOhgz/?utm_medium=tumblr
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dance-world · 4 years ago
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Valerio Moro - Teatro alla Scala & Opera di Roma
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