#uomodellelumache
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Napoli. Magia, corporazioni e ... lumache
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L’argomento di oggi è a me molto caro; era dalla nascita di questo blog che avevo voglia di parlare di quest’opera, ma ho temporeggiato. E perché proprio oggi ve ne parlo? Per creare una linea di congiunzione con quello che è il lavoro di Roberta, social media manager di Ideama, nonché figura fondamentale all'interno della Fondazione Sassi, proprio perchè è lei che si occupa di tutta la gestione dei social. Da una sua idea è nata l’iniziativa “Briciole d’arte”; un percorso di tour guidato in video e descrizione delle opere che componevano la mostra “Il pane e i Sassi”. Ogni pomeriggio sul profilo Facebook (https://www.facebook.com/FondazioneSassi/) e su quello Instagram (@fondazionesassi) viene lanciato un video della durata di pochi minuti. Un modo banale per continuare a rendere alla portata di tutti il mondo dell’arte visiva. L’opera descritta oggi è un’opera molto particolare, realizata in un periodo molto particolare della storia dell’arte italiana. Si tratta dell’uomo delle lumache di Filippo Napoletano
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Filippo Teodoro di Liagno, detto Filippo d’Angeli o Filippo Napoletano, nasce a Roma nel 1589.  Non sono molte le notizie relative alla sua vicenda biografica: trasferitosi a Napoli con la famiglia, crebbe nella congerie culturale che dava spazio ad una costruzione visionaria della scena, secondo modelli proposti da un gruppo di artisti fiamminghi, tedeschi e francesi operanti tra Roma e Napoli. Rientrato a Roma intorno al 1614, entrò a far parte del gruppo di artisti protetti dal cardinale Del Monte; nel 1617 si trasferì a Firenze, dove operò come artista di corte di Casa Medici, apprezzato per la sua pittura originale, ricca di scene notturne e drammatiche. Nel 1621 tornò a Roma, attivo sia nella produzione di dipinti da cavalletto ma anche di decorazioni ad affresco in cui interpretava il paesaggio laziale, contrassegnato dalle vestigia delle antiche costruzioni romane. Muore a Roma nel 1624. 
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Prima dell'analisi di quest'opera è doveroso fare un excursus su quella che è la situazione artistica italiana di quegli anni. Siamo negli anni in cui il Grand Tour ritorna in voga e molti sono gli artisti che dalle Fiandre e dall'Olanda si spostano in Italia con lo scopo di attraversarla e studiare l'arte classica; ma sono anche gli anni in cui l'Academie des beaux arts de Paris crea un gemellaggio con l'Accademia Nazionale di San Luca, istituendo così il Prix de Rome. Questo era un premio che veniva rilasciato ad un solo studente tra i più meritevoli dell'accademia parigina e permetteva a quest'ultimo di aver accesso ad una borsa di studi di quattro anni che gli permetteva di trasferirsi a Roma con l'intento di studiare l'arte classica. Questa miscellanea di artisti stranieri, insieme agli artisti italiani, erano soliti radunarsi nelle osterie, dibattere di pittura, e far baldoria fino a tardi. Da questi incontri cominciano a nascere delle vere e proprie società segrete, una su tutte, la più famosa risponde al nome di Schildersbent (di questi nello specifico, faceva parte anche Artemisia Gentileschi, di cui a Roma si conserva un suo ritratto a matita in cui lei è vestita da uomo). Nascono in quegli anni i cicli di pitture denominati bambocciate, ovvero soggetti rappresentati la vita quotidiana del popolo. Tra questi sono famosi soggetti quali uomini che giocano a carte, zingare che leggono le mani e fattucchieri che leggono i tarocchi. L'uomo delle lumache rientra in questo ciclo. Siamo nella Napoli del '600 dove il gesto delle corna era già considerato scaramantico o magico. Ed è proprio la magia la vera protagonista di questa piccola pittura su rame, magia che viene addirittura esasperata all'interno della composizione. Di fatto un uomo con un vestito lacero e rattoppato ha di fronte a lui un piatto pieno di lumache, tutte vive. Ha una lumaca sul dorso della sua mano sinistra e con entrambe la imita, ripetendo quindi più volte il gesto delle corna. Nella composizione, però i rimandi non finiscono qui, perché da una attenta analisi notiamo che la barba dell'uomo si dirama in due piccoli cornetti e sulla spilla posizionata sul cappello dell'uomo vi sono altre due paia di corna, oltre a quella che sembra una cintura sulla sua schiena, ma in realtà sono due file di lumache. A coronare tutto sulla tavola ancora imbandita, oltre al piatto con le lumache e a un piccolo tozzetto di pane che è stato già mangiucchiato, troviamo la radice di mandragola, elemento magico per eccellenza della cultura del '600, nonché rimano al testo scritto da Machiavelli circa cento anni prima. 
Valerio Hank Vitale
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