#uno contro tutti
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Spall3tt1 quando un qualsiasi giocatore fa un errore/sta passando un momento no e ha bisogno di sostegno: BEH NESSUNO È IMPRESCINDIBILE. BEH IMPRESCINDIBILE È UN PAROLONE.
Spall3tt1 quando il mondo intero si chiede (e gli chiede) perchè il suo giocatore prefe continui a essere chiamato nonostante abbia giocato una stagione intera cosí cosí nel suo club, due gialli consecutivi in due partite della Nazionale almeno tre rigori causati e aver compromesso una Competizione da solo quando per alcune partite c'erano giocatori in quel ruolo che avevano caratteristiche piú adatte ad affrontare gli avversari: IMPRESCINDIBILE. IL CALCIO È LUI. NON SI PUO' GIOCARE SENZA LUI 90 MINUTI OGNI PARTITA. HA BISOGNO DI RIACQUISTARE SICUREZZA PER QUELLO ANCHE SE SBAGLIA LO FACCIO GIOCARE.
#tornare con un post contro il pelato? assolutamente#sta cosa che deve dire pubblicamente che i giocatori non sono imprescindibili mi manda al creatore#deve smetterla perchè non è cosí che si compra lo spogliatoio#raga io capisco tutto ma il mancio ha passato 5 anni a dire che chiunque era indispensabile perchè ognuno ha un ruolo importante#e poi arriva questo e dice che nessuno TRANNE UNO è indispensabile#non ce l'ho con dilo perchè ripeto i momenti no capitano a tutti e ora si sta riprendendo#ma come supporti lui lo fai anche con gli altri#sennò ovvio che quando segnano e festeggiano vanno da buffon e non da te?!?!?!#pikachu pelato quando fanno gol e vanno a festeggiare lontano da lui
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#pro: è venuto a trovarmi uno che conosco e che vuole fare application per vari dottorati e quindi ho fatto una pausa gradevole#contro: è nella sua fase crisi esistenziale viva l’estero dove è tutto meglio non ci sono problemi l’Italia del resto è troppo italiana#e quindi ha condiviso con me tutti i suoi dubbi esistenziali perché l’ambiente accademico non lo entusiasma#che è stato proprio un boost di motivazione debbo dire eh#secondo me sta attraversando la fase della disillusione in cui ti rendi conto che alla fine it’s just some job#ma questo non per dire che non ci siano passione ed entusiasmo ma perché secondo me c’è un po’ la narrazione della ricerca come vocazione#astrale che dico: no! chiaro che chi ce la fa ha la immensa fortuna di fare qualcosa per cui nutre una grande passione ed è bellissimo#ma puntare SOLO sulla passione è il trick No 1 per crollare del tutto in un momento di incertezza quindi torniamo a it’s just some job#uno dei più belli secondo me perché fai un sacco di cose SUPER e incredibili ma pur sempre un lavoro#niente devo palesemente bilanciare il momento di sconforto con una razionale argomentazione contro la logica di una vita animata solo#dall’entusiasmo e quindi eccomi qui#almeno mi ha offerto il caffè pas mal dai
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Riassunto ultima giornata di serie A: arbitro che minchia fai?
#Scusate il francesismo#Ma ad ogni partita almeno uno dei due allenatori coinvolti si è lamentato#Tutti contro gli arbitri e var#E spesso hanno avuto anche ragione#Serie a#Calcio#zibaldone di pensieri#zdp
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Do you notice a usual pattern?
Cecilia Sala, giornalista arrestata in Iran, anche se non lo è, sembra uscita da un certo format.
Ha lo stile del tipico giovane sveglio adottato dai servizi, magari dietro lo scudo di una grande agenzia di management dei professionisti della comunicazione, addestrato a fare il
"giornalista" di propaganda, che nell'entusiasmo dei vent'anni accetta magari anche di partecipare a operazioni d'intelligence, coperte da reportage.
Una che ha lasciato gli studi perché già le offrivano partecipazioni in tv, contratti con i giornali.
Ancora pochi giorni fa, su LA7 dove è di casa, appoggiava l'invio di truppe europee in Ucraina, spacciando le solite bufale sulla Georgia, sulla Russia pronta ad attaccarci.
Poi lavora al FOGLIO, un marchio di garanzia embedded. Un giornale che sta giustificando un genocidio.
Negazionista del genocidio la Sala, anche se poi si è accodata alle critiche di convenienza verso Netanyahu.
Furba anche nel dissentire dalle bufale sulla ragazza nuda a spasso per Tehran. Stava per fare due settimane di permanenza in Iran.
Fortunata ora a trovarsi dalla parte "giusta" in Iran, uno stato contro il quale, tempo zero, tutti i media occidentali sono già in rivolta per lei.
Trovandosi dalla parte "sbagliata", poteva finire macellata (peraltro come migliaia di bambini e come chiunque, donne, medici, sacerdoti cristiani) e presa appositamente di mira in quanto giornalista dal regime sionista, senza che un Crosetto di turno fiatasse.
Anzi, il nostro ministro è fresco di visita, baci e abbracci col suo pari grado dello stato macellaio ebraico.
Dalla parte "sbagliata" nessuno se la filerebbe, come è accaduto nel settembre 2023 a un italiano di origine palestinese arrestato dal regime di Tel Aviv senza spiegazioni, così come già accadeva da anni con migliaia di persone in Cisgiordania, solo perché palestinesi.
Cinque settimane di prigione e tre mesi prima di lasciarlo rimpatriare.
In quel caso, il ministro Tajani riuscì a dire che "non possiamo interferire con attività giudiziarie di un altro paese".
A maggior ragione allora, non possiamo interferire con le attività giudiziarie dell'Iran, uno stato sempre corretto nelle relazioni con l'Italia, a differenza di altri.
L'Iran che almeno, fino a prova contraria, non aggredisce stati esteri, non macella migliaia di donne, bambini e giornalisti, non rade al suolo ospedali, chiese, moschee e città intere solo per la conquista di quello che ritiene il suo spazio vitale.
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Da quanto è emerso fino ad ora:
1) il criminale di Magdeburg era accusato di stupro in Saudi Arabia
2) Il governo Saudita lo ha detto al governo tedesco e ne ha chiesto l’estradizione
3) Il governo tedesco ha negato l’estradizione per paura che i Saudi facessero del male a questo criminale
4) Il criminale quindi continua a vivere in Germania e comincia a minacciare atti contro la Germania stessa
5) Il governo tedesco, al corrente di ciò, decide di ignorare le minacce, probabilmente vittima del wokismo imperante secondo cui “Attenzione a non urtare la sensibilità degli stranieri”, o di qualsiasi minoranza anche tedesca, anche se possibili criminali.
6) Il criminale uccide degli innocenti cittadini tedeschi
7) I media danno la colpa a Musk e AfD che, al contrario, sono anti migranti clandestini ed estranei ai fatti: uno è in America e gli altri non sono al governo tedesco, vero responsabile di tutto , come lo è qualsiasi governo che non riesce ad essere in grado di garantire la sicurezza dei propri cittadini.
In pratica la Germania ha preferito proteggere un criminale, più o meno accertato, piuttosto che i propri cittadini, compreso un bambino morto
Se fossi cittadino tedesco fare causa collettiva al governo e a tutti i responsabili.
Michele Geraci
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Dicono che tutti i giorni dobbiamo mangiare una mela per il ferro e una banana per il potassio. Anche un'arancia per la vitamina C e una tazza di Tè verde senza zucchero, per prevenire il diabete.
Tutti i giorni dobbiamo bere due litri d'acqua anche se poi espellerli richiede il doppio del tempo che hai messo per berli.
Tutti i giorni bisogna bere un Actimel o mangiare uno yogurt per avere i "L. Cassei Defensis", che nessuno sa bene che cosa cavolo siano, però sembra che se non ti ingoi per lo meno un milione e mezzo di questi bacilli tutti i giorni, inizi a vedere sfocato.
Ogni giorno un'aspirina, per prevenire l'ictus, e un bicchiere di vino rosso, per prevenire contro l'infarto. E un altro di bianco, per il sistema nervoso. E uno di birra, che già non mi ricordo a che cosa serva. Se li bevi tutti insieme, ti può provocare un'emorragia cerebrale, ma non ti preoccupare perché non te ne renderai neppure conto...
Tutti i giorni bisogna mangiare fibra. Molta, moltissima fibra, finché riesci a evacuare un maglione.
Si devono fare tra i 4 e 6 pasti quotidiani, leggeri, senza dimenticare di masticare 100 volte ogni boccone. Facendo i calcoli, solo per mangiare se ne vanno 5 ore. Ah, e dopo ogni pranzo bisogna lavarsi i denti, ossia che dopo l'Actimel e la fibra lavati i denti, dopo la mela i denti, dopo la banana i denti... e così via finché ti rimangono tre denti in bocca, senza dimenticarti di usare il filo interdentale, massaggiare le gengive, il risciacquo col colluttorio... Meglio ampliare il bagno e metterci il lettore di CD, perché tra l'acqua, le fibre e i denti, ci passerai varie ore.
Bisogna dormire otto ore e lavorare altre otto, più le 5 necessarie per mangiare, 21. Te ne rimangono 3, sempre che non ci sia traffico. Secondo le statistiche, vediamo la televisione per tre ore al giorno. Ma no! Non si può, perché tutti i giorni bisogna camminare almeno mezz'ora.
Bisogna mantenere le amicizie perché sono come le piante: bisogna innaffiarle tutti i giorni per mantenerle in vita.
Inoltre, bisogna tenersi informati, e leggere per lo meno due giornali e un paio di articoli di rivista, per una lettura critica.
Ah!, si deve fare sesso tutti i giorni, però senza cadere nella routine: bisogna essere innovatori, creativi, e rinnovare la seduzione.
Tutto questo ha bisogno di tempo. E senza parlare del sesso tantrico.
Bisogna anche avere il tempo di scopare per terra, spolverare, lavare i piatti, i panni, stirare e non parliamo se hai dei figli o un cane.
Insomma, per farla breve, i conti danno 29 ore al giorno. Non c’è niente da fare: devi fare varie cose insieme. Si chiama multitasking, non c’è altra soluzione! Per esempio, ti fai la doccia con acqua fredda e con la bocca aperta, così almeno ti bevi i due litri canonici. Mentre esci dal bagno con lo spazzolino in bocca e fai l’amore (tantrico) con il compagno/a che nel frattempo guarda la TV e ti racconta, mentre tu lavi il pavimento. Ti rimane una mano libera? Chiama i genitori o qualche amico. Dopo aver chiamato i genitori, avrai senz’altro bisogno di un goccio di vino per tirarti su. Il Bio Puritas con la mela te lo può dare il partner, mentre si mangia la banana con l’Actimel, e domani fate il cambio.
Mi è venuta la confusione mentale.
Adesso ti lascio, perché tra lo yogurt, la mela, la birra, il primo litro d’acqua e il terzo pasto con fibra della giornata, già non so più cosa sto facendo. So che devo andare urgentemente in bagno. E ne approfitto per lavarmi i denti. Però, se ti rimangono due minuti liberi, invia una copia ai tuoi amici, che devono essere annaffiati come una pianta.
Se ti avessi già mandato questo messaggio, perdonami. È l’Alzheimer che, nonostante tutte le cure, non sono ancora riuscita a debellare.
web - Autore sconosciuto
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Lettera aperta a tutti quelli che che mi hanno conosciuto.
Passano gli anni ma mi rendo conto che chi sta meglio di me in realtà sta peggio.
Persone che ho sempre voluto vedere felici, che mai avevo visto nemmeno di persona, hanno cercato di usarmi pensando fossi ingenuo, ma la bontà non è sinonimo di ingenuità, di debolezza, io ho aperto le porte a chiunque, perché dentro non smetterò mai di abbandonare quel bambino che sono stato, che condivideva anche i sorrisi che non aveva per sé stesso, ma che non avrebbe passato la notte se avesse saputo che il suo “amichetto/a” il giorno dopo avesse avuto il broncio.
Perché siete “cresciuti” dando spazio all’odio?
Perché anziché promettere ad altri non promettete a voi stessi di ritrovarvi?
Di guardarvi dentro una volta tanto, e affondare nel male che avete condiviso con me, anziché condividere quella parte di “esseri umani” che era ancora insita in voi?
Se foste stati di parola, come a quegli anni, non mi avreste mai abbandonato, così dicevate.
Vedere lasciare soffrire una persona non rientrerà mai nei mei pensieri, anche se fosse qualcuno che, come successo fino all’altro ieri, ha fatto di tutto per mettermi i bastoni fra le ruote, no, perché so che anche il peggiore ha dentro qualcosa di positivo da condividere con chi gli sta accanto, solo che non lo sa, ma anche se fosse, non ci proverebbe minimamente a mostrarlo, l’egoismo è letale.
Parto sempre dal presupposto che non ho lezioni da dare a nessuno, sono anni che passo muto ad osservarvi, non ho mai commentato una virgola, chi sarei per farlo?
È proprio per questo, che ho preso in mano una penna e ho iniziato a sfogare tutto ciò che avevo dentro, quello che avrei voluto dirvi, ma sarebbero stati guai a raccontarvi quello che provavo, perché un consiglio oggi è visto come una condanna.
Eppure vi ho sempre lasciato sfogare con me, vi ho sempre ascoltato, anche quando ne avevo le palle piene, avevo i problemi a casa con mia mamma e la sua maledetta malattia, io per anni non sono esistito per voi, ma non me ne vergogno, ho ammesso anche io i miei sbagli, ho chiesto scusa, anche quando non non mi andava di farlo, e soprattutto quando non c’era motivo per scusarmi, ma pensavo: “Magari domani sanno che potranno sfogarsi nuovamente con me, si sentiranno più liberi dal peso che questa società ci scaglia addosso”.
Quanto male mi son fatto!
Ma rifarei di nuovo tutto, vi verrei di nuovo incontro, vi vorrei vedere sorridere solo a sentirmi parlare, vi vorrei tutti più uniti, come da piccoli ricordate?
Non c’era bimbo/a che stesse solo.
Perché qualcuno andava a recuperarlo, anche a costo di restarci solo assieme.
Ma abbiamo dimenticato, come si dimentica la storia, stessa identica cosa.
Di voi ricordo ciò che dicevate tutti: “Mattia non cambiare non diventare come gli altri, hai qualcosa in più che non riuscirò mai a spiegarti”, questa frase me la ricordo ogni mattina quando mi sveglio, da quanti anni ormai? Troppi.
Permettetemi una domanda?
Perché voi siete cambiati?
Per piacere a gente che poi vi ha fatto lo stesso gioco che avete fatto con me?
Perché farsi del male da soli?
Perché arrivare a non guardarsi più in faccia?
E poi c’è ancora qualcuno che pensa di cambiare il mondo?
Sì, uno ce n’era, il sottoscritto, ma non voleva cambiare il mondo, solamente la sua generazione, il mio sogno più grande, che continuerò anche se con molto sconforto, a portare avanti, “UNO CONTRO TUTTI”, chissà se ora qualcuno, capirà/collegherà tante mie frasi passate a cosa fossero collegate.
Siete riusciti a darmi contro per una canzone su ciò che ho vissuto sulla mia pelle, e sono stato zitto, scendeva una lacrima, ma stavo zitto, so che qualcuno ancora l’ascolta e sappiate che vi leggo spesso nei commenti, e mi fa sorridere il fatto proprio da chi mi “odiava” ingiustificatamente alla fine è finito a farmi i complimenti, ma no, io non voglio queste cose, voglio solo capire perché un giorno disprezzate e l’altro apprezzate una persona come nulla fosse, ma non sapreste spiegarmelo, ne sarei sicuro.
Io ho tanti di quei testi scritti negli ultimi anni, che spesso mi faccio paura da solo, non mi rendo conto di quanti ne scrivo, di quante cose il cuore comunica alla mano che spesso trema, come non volesse accettare quelle cose, ma deve, dobbiamo, accettare tutto in questa vita, ma io in primis non vorrei mai.
Come non ho mai accettato le malattie di mia madre, la morte degli unici amici che avevo fin da quando ero adolescente, che sono gli angeli in terra che hanno evitato quel pensiero maledetto che avevo di togliermi la vita…ma qui mi fermo, perché ognuno di noi non accetta il passato, quindi si blocca, respira, e sa, che se continuasse a pensare a tutto ciò, prima o poi sarebbe lui stesso ad andarsene.
Purtroppo la rabbia generata dalla mia generazione, da chi è passato per la mia anima, e dai quali ho voluto assorbire, pur di evitare di vedervi soffrire ancor di più, mi ha ucciso dentro.
Voi tutti qui, fuori da qui, avete visto Me per quel poco che mi è rimasto da far vedere esteriormente, con un maledetto sorriso che non farò mai mancare a nessuno, gentili o meno che siate con me; quelle poche volte che stavo al centro estivo le animatrici mi dicevano che un mio sorriso giornaliero, era la carica per tutti i ragazzi dello staff, e chi sono io per tenere musi?
Dentro non esisto più, da anni, ma sto cercando di recuperarmi, pezzo per pezzo, forse non mi basterà il resto della vita, ma voglio ritrovarmi anch’io.
Il “numero uno” non esiste, qui dietro al mio essere, c’è solo tanta fragilità, tanta voglia di donare amore, un po’ di spensieratezza, anche se momentanea, di rialzare chi è a terra e spronarlo a rigenerarsi, assieme, mai da soli.
Questa società c’ha fatto sbranare fra di noi, fatto credere che uno potesse essere meglio dell’altro, che potesse avere tutti ai suoi piedi, e noi ci abbiamo creduto, dai più piccoli ai più grandi, passando da un social alla vita reale, visto che ormai non c’è più differenza fra quest’ultime.
Voglio essere sincero con me stesso fino all’ultimo, anche a costo di perdere qualsiasi cosa ma mai la dignità, quindi risponderò a semplici domande che mi son state fatte negli ultimi anni, alle quali non ho mai voluto dare risposta.
Cos’è l’amicizia?
Puro opportunismo.
Cos’è l’amore?
A 16 anni ti avrei risposto, quello che ha verso di me mia madre, piange, urla *silenziosamente* dai dolori, passa settimane a letto, ma rinasce quando mi vede felice, anche se solo per un giorno.
Oggi?
La stessa cosa.
Il significato del termine “amore” mi ha aperto gli occhi mentre pensavo inconsciamente di viverlo, ma andando avanti si inciampa negli errori degli anni passati, e l’amore per giunta non è mai stato amore, è sempre quel qualcosa con una data di scadenza, una parola inventa per stupire un pubblico di creduloni, sii sincero, per quante forme possa avere l’amore, come può essere chiamato tale, se siamo nati con l’odio e il disprezzo reciproco dentro?
E tu come ultima cosa mi hai domandato perché scrivo?
Perché tutto ciò chi mai avrebbe avuto il coraggio di ascoltarlo?
Vi abbraccio con tutte le mie paure, spoglio di tutto ciò che negli anni non ho saputo tenermi stretto, consapevole che domani potrei non esserci più, e sicuro di aver raccontato tutto di me, perché l’oscurità non mi appartiene, e so di essere stato messo al mondo con uno scopo;
come ognuno ha il suo, io ho il mio, quello di far farvi splendere nel vostro piccolo, anche se per poco, assieme a me.
Chiudo mandando un abbraccio forte a mia mamma, il delfino che mi porto sempre in tasca da quando ero piccolo, per ricordarmi che non sono mai solo, anche nei momenti più disperati, mio padre, che nonostante le voragini d’incomprensioni conta su di me, per i vostri sacrifici, mi metto dalla vostra parte e riconosco tanti miei errori ingiustificabili, un abbraccio forte a tutte quelle persone che conosco e ho conosciuto che stanno passando dei brutti momenti, del resto non c’ha mai uniti così tanto il male quanto il bene…e a te che sei arrivato fin qui, l’unica cosa che chiedo sempre a tutti dopo un semplice ma per molti ormai banale: “Come stai”?! Ricordati di farti un sorriso appena puoi.
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LA LETTERA D'AMORE PIU BELLA CHE IO ABBIA MAI LETTO.
"Cara Francesca,
Spero che questa mia lettera ti trovi bene.
Non so quando la riceverai. Quando io me ne sarò già andato.
Ho sessantacinque anni, ormai, e ne sono passati esattamente tredici dal nostro primo incontro, quando imboccai il vialetto di casa tua in cerca di indicazioni sulla strada.
Spero con tutto me stesso che questo pacchetto non sconvolga in alcun modo la tua vita. Il fatto è che non sopporto di pensare alle mie macchine fotografiche sullo scaffale riservato all’attrezzatura di seconda mano di un negozio o nelle mani di uno sconosciuto. Saranno in pessime condizioni quando le riceverai, ma non ho nessun altro a cui lasciarle e mi scuso del rischio che forse ti costringerò a correre mandandotele.
Dal 1965 al 1975 ho viaggiato quasi ininterrottamente. Nell’intento di allontanarmi almeno parzialmente dalla tentazione di telefonarti o di venire a cercarti, tentazione che da sveglio in pratica non mi lascia mai, ho accettato tutti gli incarichi oltreoceano che sono riuscito a procurarmi. Ci sono stati momenti, molti momenti, in cui mi sono detto: << All’inferno, vado a Winterset e, costi quel che costi, porto Francesca via con me>>.
Ma non ho dimenticato le tue parole, e rispetto i tuoi sentimenti. Forse avevi ragione, non lo so. So però che uscire dal viale di casa tua, in quella arroventata mattinata di agosto, è stata la prova più ardua che abbia mai affrontato e che mai avrò occasione di affrontare. Dubito, in effetti, che molti uomini ne abbiano vissute di più dure.
Ho lasciato il National Geographic, nel 1975 e da allora mi sono dedicato soprattutto a fotografare ciò che piaceva a me, prendendo il lavoro là dove potevo, servizi locali o regionali che non mi impegnavano mai più di pochi giorni.
Finanziariamente è stata dura, ma tiro avanti.
Come ho sempre fatto.
Buona parte del mio lavoro lo svolgo nella zona di Puget Sound. Mi va bene così. Pare che invecchiando gli uomini si rivolgano sempre più spesso all’acqua.
Ah, sì, adesso ho un cane, un golden retriever.
L’ho chiamato Highway, e lo porto quasi sempre con me, quando siamo in viaggio, se ne sta con la testa fuori dal finestrino, in cerca di posti interessanti da fotografare.
Nel 1972 sono caduto da una rupe nell’Acadia National Park, nel Maine, e mi sono fratturato una caviglia.
Nella caduta ho perso la catena e la medaglia, ma fortunatamente non erano finite lontano. Le ho recuperate e un gioielliere ha provveduto ad aggiustare la catena.
Vivo con il cuore impolverato, Meglio di così non saprei metterla. C’erano state delle donne prima di te, qualcuna, ma nessuna dopo. Non mi sono votato deliberatamente alla castità: è solo che non provo alcun interesse.
Una volta ho avuto modo di osservare il comportamento di un’oca canadese la cui compagna era stata uccisa dai cacciatori. Si uniscono per la vita, sai. Dopo l’episodio, ha continuato ad aggirarsi intorno allo stagno per qualche giorno. L’ultima volta che l’ho vista, nuotava tutta sola tra il riso selvatico, ancora alla ricerca. Immagino che da un punto di vista letterario la mia analogia sia troppo scontata, ma è più o meno così che mi sento anch’io.
Con la fantasia, nelle mattine caliginose o nei pomeriggi in cui il sole riflette sull’acqua a nord-ovest, cerco di immaginare dove sei e che cosa stai facendo.
Niente di complicato…ti vedo in giardino, seduta sulla veranda, in piedi davanti al lavello della cucina. Cose così.
Ricordo tutti. Il tuo profumo e il tuo sapore, che erano come l’estate stessa. La tua pelle contro la mia, e il suono dei tuoi bisbigli mentre ti amavo.
Robert Penn Warren scrisse: << Un mondo che sembra abbandonato da Dio >>. Non male, molto vicino a quello che provo per te certe volte. Ma non posso vivere sempre coì. Quando la tensione diventa eccessiva, carico Harry e, in compagnia di Highway, ritorno sulla strada per qualche giorno.
Commiserarmi non mi piace. Non è nella mia natura. E in genere non me la passo poi tanto male.
Al contrario, sono felice di averti almeno incontrata.
Avremmo potuto sfiorarci come due frammenti di polvere cosmica, senza sapere mai nella l’uno dell’altra.
Dio o l’universo o qualunque altro nome si scelga di dare ai grandi sistemi di ordini ed equilibri, non riconosce il tempo terrestre. Per l’universo, quattro giorni non sono diversi da quattro miliardi di anni luce. Per quanto mi riguarda, cerco di tenerlo sempre a mente.
Ma, dopo tutto, sono un uomo.
E tutte le considerazioni filosofiche non bastano a impedirmi di desiderarti, ogni giorno, ogni momento, con la testa piena dello spietato gemito del tempo, del tempo che non potrò mai vivere con te.
Ti amo, di un amore profondo e totale. E così sarà sempre."
“I ponti di Madison County”, R.J.Waller
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Quella di @elonmusk è un’opinione. Rispettabile, criticabile, semplicemente sua.
Il Presidente della Repubblica ha deciso di rispondergli e ha fatto lo sua scelta. Tutto lo strepitare in termini di “ingerenza” o altre amenità del genere è pura follia. Guai a quella democrazia che ha paura delle opinioni.
opinione moderata nel senso cum grano salis di R.Arditti, via https://x.com/roberto_arditti/status/1856750592481247438
Per me tutto 'sto cancan odora di PROVINCIA, dove serve a deviare la discussione dal merito: I.GIUDICI.IN.ITALIA.DIFENDONO.L'ILLEGALITA'.PUNTO.
Non per caso è deviazione alimentata dal mainstream media. Su un tweet! Robed a provinciali dementi senza uno straccio d'altro cui attaccarsi. Povero Mattarello a farcisi tirar dentro. Quanto ai sinistri: tutti SOVRANISTI, basta che sia contro la Merica. Come Peppone.
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La vera storia dietro "La canzone di Marinella"
Quella di Marinella è una storia vera, ambientata a Milano. Non tutti sanno che la celebre canzone di Fabrizio De André, scritta nel 1964, non è frutto della fantasia dell'autore, ma si ispira a un dramma reale: la vita di Maria Boccuzzi, una giovane ragazza arrivata dal sud Italia con il sogno di diventare ballerina.
Un sogno spezzato
Maria Boccuzzi nacque nel 1920 a Radicena, in provincia di Reggio Calabria. La sua famiglia si trasferì a Milano quando lei era ancora bambina, alla ricerca di un futuro migliore. A soli 14 anni, Maria si innamorò di uno studente universitario e, contro il volere della sua famiglia, scappò con lui per vivere in una soffitta. Tuttavia, la relazione durò appena un anno, lasciandola sola e disonorata.
Dopo aver lasciato il suo lavoro in una ditta di lavorazione del tabacco, Maria decise di inseguire il suo sogno: diventare ballerina. Iniziò così a esibirsi nei piccoli teatri d'avanspettacolo sotto il nome d'arte Mary Pirimpo, ma senza mai raggiungere il successo sperato.
In questo periodo conobbe Luigi Citti, un uomo affascinante e frequentatore di locali notturni, che le promise di aiutarla a sfondare nel mondo dello spettacolo. Fu lui a presentarla a Carlo Soresi, un impresario che, in realtà, era un protettore. Maria si ritrovò coinvolta in un mondo pericoloso e finì per strada a soli 20 anni, ma continuava a coltivare la speranza di una vita diversa, sognando di aprire un negozio e di ricucire i rapporti con la sua famiglia.
Purtroppo, questi sogni non si realizzarono mai. Maria fu uccisa con sei colpi di pistola e gettata nel fiume Olona, dove il suo corpo venne ritrovato il 28 gennaio 1953.
Un mistero senza risposta
I principali sospettati furono Luigi Citti e Carlo Soresi, ma entrambi riuscirono a dimostrare la loro estraneità ai fatti. Nonostante l'ampia copertura mediatica, le indagini si arenarono e l'omicidio di Maria rimane ancora oggi un mistero irrisolto.
La sua tragica storia è stata resa eterna da Fabrizio De André, che ha saputo trasformare il dolore di una vita spezzata in una delle sue ballate più celebri: "La canzone di Marinella".
Fonte Web Univers
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Trovo che nulla parli di noi come le nostre lacrime. Di conseguenza, ho deciso di trascrivere qui una lista di eventi e situazioni che mi fanno piangere inconsolabilmente:
le lettere scritte da mia madre e nascoste in un vecchio diario di scuola, quando andavo ancora alle medie. Le ho scoperte soltanto pochi mesi fa, riaprendolo casualmente, e sono scoppiato a piangere,
il finale di Mary Poppins, quando dopo essere stato licenziato, il signor Banks torna a casa con l’aquilone finalmente riparato e comincia a giocare coi figli, correndo fuori con loro per farlo volare nel parco (scena tuttora inguardabile per me senza cominciare a frignare),
gli abbracci alla stazione,
l’episodio di Doraemon in cui Nobita vorrebbe ringraziare la persona che, durante una gita all’asilo, lo aiutò a rialzarsi, scacciando i bruchi pelosi che lo ricoprivano. Tuttavia, Nobita non riesce a ricordare il suo volto, così Doraemon gli offre l’opportunità d’incontrare chiunque voglia nella Stanza del Rivedersi,
la perduta innocenza,
il finale dell’Uomo dei Sogni, quando Ray incontra suo padre, morto da tempo, e prima che questi svanisca gli chiede: “Ehi papà, vuoi giocare un po’ con me?” (tema a quanto pare ricorrente, dovrei forse dedurne qualcosa?),
l’inesorabile decadimento fisico e psichico dei miei genitori, ormai pressoché anziani,
la tenerezza del mio cagnolino e la consapevolezza della sua ineluttabile caducità,
questo mio talento letterario negletto e sprecato, gettato ormai ad appassire come giardino incolto,
il finale della terza stagione di Person of Interest, quando Samaritan sembra aver ormai vinto, ma il monologo di Root ci ricorda che nonostante tutto il male che ci opprime, non dobbiamo mai smettere di sperare,
Exit music for a film dei Radiohead, dal minuto 2:50, ovvero lo smanioso desiderio di rivalsa che da sempre m’avvampa e mi corrode animo e viscere dopo ogni mortificante derisione, al pensiero che sì, un giorno tutti sapranno, e allora, beh, gliela farò vedere io… (me ne rendo conto, di solito è così che nascono i serial killer). Questa parte, ad ogni modo, mi emoziona a tal punto da avermi spinto a scrivere il finale della mia storia: “Un ventoso mattino di settembre, i servi del marchese avrebbero forzato le porte dello studio, ove il misero scrittore soleva rinchiudersi di notte, e lo avrebbero trovato morto, riverso fra le sue carte in una pozza di vomito. Spalancate le finestre a lutto, i poveri disgraziati sarebbero stati travolti allora dall'empia ferocia di quegli astiosi fogli sdegnati dal tempo e, così finalmente libere, pagine e pagine d'inchiostro si sarebbero riversate in strada, pronte a prender d'assalto case e negozi, scuole e caserme, mulinando burrascose sulla città, fra le strida dei borghesi impazziti e le urla dei bambini accalcati contro i vetri, fino a seppellire il mondo, terra e cielo, sotto cumuli di scritti dissotterati dal fuoco e dagli abissi”,
la morte di Due Calzini in Balla coi lupi (e il tema ad esso collegato), quando il lupo segue fedelmente Dunbar ormai prigioniero e i soldati gli sparano addosso per dimostrare la loro tonitruante possenza di coraggiosissimi esseri umani supercazzuti, finché non l’ammazzano senza pietà.
la lettera di Valerie da V per Vendetta, (credo non occorrano spiegazioni né commenti qui),
la mia sciagurata impotenza dinanzi al dolore degli amici,
la morte del commissario Ginz ne Il dottor Živago: “Soldati armati di fucili lo seguivano. ‘Cosa vorranno?’ pensò Ginz e accelerò il passo. Lo stesso fecero i suoi inseguitori. [...] Dalla stazione gli facevano segno di entrare, lo avrebbero messo in salvo. Ma di nuovo il senso dell’onore, educato attraverso generazioni, [...] gli sbarrò la via della salvezza. Con uno sforzo sovrumano cercò di calmare il tremito del cuore in tumulto. Pensò: ‘Bisognerebbe gridargli: - Fratelli, tornate in voi, come volete che sia una spia! - Qualcosa di sincero, capace di svelenirli, di fermarli.’ [...] Davanti all’ingresso della stazione si trovava un’alta botte chiusa da un coperchio. Ginz vi balzò sopra e rivolse ai soldati alcune parole sconvolgenti, fuori dell’umano. Il folle ardire del suo appello, a due passi dalle porte della stazione, dove avrebbe potuto rifugiarsi, sbigottì gli inseguitori. I soldati abbassarono i fucili. Ma Ginz si spostò sull’orlo del coperchio della botte e lo ribaltò. Una gamba gli scivolò nell’acqua, l’altra rimase penzoloni fuori della botte. [...] I soldati accolsero la sua goffa caduta con uno scroscio di risate: il primo lo colpì al collo, uccidendolo. Gli altri gli si gettarono sopra per trafiggere il morto a baionettate”. Non riesco a dire come questa fine mi commuova, ma credo abbia a che fare con goffaggine, spietatezza e umiliazione, cose che mi colpiscono tutte enormemente,
l’episodio de La casa nella prateria, in cui il signor Ingalls realizza una scarpa speciale per la piccola Olga che zoppica a causa di un’asimmetria nelle gambe. Il padre però non vuole che giochi con le altre bambine perché teme possano deriderla o che, ancor peggio, possa farsi male. Aggredisce così il signor Ingalls per essersi intromesso, ma all’improvviso vedendo la figlia giocare felice in cortile, muta espressione commuovendosi profondamente, ed io con lui. È la gioia d’un padre che comprende che sua figlia è finalmente felice.
la vittoria dell’Italia alle olimpiadi di Torino 2006 nel pattinaggio di velocità, inseguimento a squadre maschile. Avevo 17 anni, avevo finito da poco i compiti e non so perché, restai paralizzato di fronte alla tv ad ammirare l’impresa di Enrico Fabris e compagni, esplodendo poi in un inspiegabile pianto liberatorio che ancora oggi sa per me d’imponderabile (disciplina mai più seguita, che quel giorno però mi regalò un’emozione eguagliata solo dall’oro di Jacobs nel ‘21 - senza lacrime),
la canzone Ave Maria, donna dell’attesa: dal matrimonio di mia sorella ad oggi son passati sette mesi, eppure questa canzone mi fa ancora lo stesso perturbante effetto, scuotendomi ogni santa volta.
Isengard Unleashed dalla colonna sonora del Signore degli Anelli, in particolare, il momento coincidente con la marcia degli Ent (vedi sogni di furiosa rivalsa), dal minuto 2:18,
la comprensione altrui,
ogniqualvolta ho dovuto accompagnare qualcuno all’Eterna Porta e dirgli addio in Spiritfarer,
trovare ricci spiaccicati sulla strada,
gli immarcescibili sensi di colpa per la morte del gattino Figaro, quando avevo cinque anni,
le storie di grandi insegnanti, capaci di lasciare tracce di sé nei loro alunni.
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AIDS, UN NUOVO FARMACO BLOCCA IL 100% DI CONTAGI
Nel corso della conferenza mondiale sull’Aids 2024 tenutasi a Monaco di Baviera, sono stati presentati i risultati di uno studio condotto su donne africane sottoposte ad una profilassi pre-esposizione contro l’HIV che ha mostrato il 100 per cento di successo.
La ricercatrice sudafricana Linda-Gail Bekker ha mostrato che 2134 ragazze adolescenti e giovani donne in Sudafrica e Uganda che hanno ricevuto iniezioni di lenacapavir ogni 6 mesi, non hanno contratto il virus dell’HIV. La sperimentazione è stata conclusa quando metà delle partecipanti era stata arruolata per 1 anno e il farmaco ha dimostrato di essere protettivo al 100%. La rivista scientifica Science ha indicato questo risultato scientifico come una “nuova era nella prevenzione dell’HIV”.
Il nuovo farmaco ha generato molto entusiasmo nella comunità medica e anche i principali enti mondiali impegnati nella lotta all’AIDS hanno definito la scoperta come un punto di svolta nel campo della prevenzione dell’HIV, una rivoluzione. “Vogliamo che questo farmaco preventivo miracoloso raggiunga tutti coloro che ne hanno bisogno, subito” ha dichiarato Winnie Byanyima, presidente del UNAIDS.
Negli ultimi anni si è registrato un enorme progresso scientifico e i farmaci antiretrovirali consentono alle persone affette da HIV di vivere una vita sana. Le nuove infezioni da HIV sono scese da oltre 2 milioni a livello globale nel 2010 a 1,3 milioni l’anno scorso mentre nella regione subsahariana, l’ONU afferma che l’incidenza dell’HIV tra adolescenti e giovani donne rimane “straordinariamente alta” in alcune zone, con oltre 150.000 nuovi infetti lo scorso anno.
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Fonte: Science; Winnie Byanyima; The Guardian; foto di Towfiqu Barbhuiya
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LA CENSURA AI TEMPI DEI REGIMI DEMOCRATICI
Di Ivan Surace
In perfetto stile orwelliano la neolingua ha coniato un nuovo termine per la censura tanto di moda nei secoli passati: standard della community.
Suona bene vero?
Un termine inc(u)l(o)sivo, comunitario, che ci fa sentire tutti membri dello stesso gregge in maniera allegra e positiva, contro un non meglio precisato nemico che non rispetta gli standard.
D’altronde un secolo di studi e applicazioni di public relations alla Bernays ha portato i suoi frutti, soprattutto da parte di chi ha capito come funziona la massa e che quindi, senza troppi scrupoli, utilizza tutti i mezzi che ha a disposizione per manipolarla a suo piacimento censurando, o meglio facendo scomparire, chiunque e qualunque cosa possa mettere In dubbio la propaganda di regime, la narrazione dominante.
Come ultimo esempio in questi giorni abbiamo la questione climatica.
Vi sarete resi conto di come la propaganda su questo argomento sia cresciuta in maniera esponenziale in questi ultimi anni, parallelamente alla cosiddetta transizione green, che porta con se il passaggio al “tutto elettrico” in ogni campo e alla sostituzione con l’IA, di gran parte della gestione sociale, politica economica e sanitaria della popolazione.
Stiamo assistendo alla conversione coatta della società in un grande allevamento intensivo di ultima generazione, in cui ogni singolo capo di bestiame, trasformato in un pezzo di carne senza personalità né anima, viene controllato in maniera totale e continuativa.
Comunque la si pensi, questo è il futuro che immaginano per l'umanità e che si sta progressivamente attuando in maniera totalitaria, a cominciare dai grandi centri urbani, trasmormati in vere e proprie aziende zootecniche per umani.
Ma torniamo alla questione climatica, l’intesificarsi della propaganda su questo argomento serve a giustificare e a far accettare all’opinione pubblica l’entrata in vigore di leggi e restrizioni normalmente inaccettabili in qualsiasi società democratica.
Quindi la questione climatica é il pretesto, lo storytelling, la fiction, su cui si basa la ricerca di consenso da parte del potere, per imporre il cambiamento antropologico necessario, per realizzare i loro piani di controllo totale della popolazione.
Affinché la fiction sia credibile e possa essere sostituita alla realtà, occorre eliminare tutte le eventuali prove, critiche, controversie, che contrastano, anche minimamente, con la narrazione dominante.
È in ossequio a questa logica che negli ultimi mesi su FB, in maniera discreta e disinvolta, con vera tecnica da desaparecidos, sono stati rimossi diverse pagine e profili che facevano informazione sul clima in maniera non allineata al pensiero unico e dove venivano condivisi studi, grafici e informazioni scientifiche di fondazioni come Clintel o di scienziati come Prestininzi, Scafetta, Prodi, Curry, Lindzen, Spencer, ecc.
La pagina 'Klima e scienza', solo per fare un esempio recente, é stata fatta evaporare non appena raggiunti i 10mila iscritti.
Stessa sorte a profili di privati cittadini e di gestori dei profili sopra menzionati, anch’essi fatti sparire da un giorno all’altro con estrema discrezione, al punto che se uno non ci fa caso, neanche se ne rende conto e tutto continua come se niente fosse accaduto.
La situazione é estremamente pericolosa perche da un lato si procede con le epurazioni senza sosta e dall’altro non vi è nessuna presa di coscienza di quanto stia succedendo.
Se e quando la massa si renderà conto di tutto ciò, sarà già troppo tardi.
Al limite avverrà quando l’identità digitale, il portafoglio digitale e tutte le restrizioni ad essi legate, saranno già legge e routine quotidiana e non penso si dovrà attendere molto.
Se non ci sarà un totale cambio di passo da parte della minoranza non allineata nel lottare contro questo regime, tra i più subdoli e raffinati della storia, la fine della società e dell’umanità per come l’abbiamo sempre vissuta percepita e immaginata sarà certa come la morte.
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La mia ultima relazione mi ha insegnato a riconoscere tanti segnali negativi, cose che magari nemmeno ci facevo caso, a scegliere il mio benessere invece di accettare una persona per com'è per poi trattarmi male e spezzarmi anche il cuore. Non voglio mai più persone "difettose" al mio fianco, che hanno bisogno di qualcuno che li curi e che pretendono amore dando in cambio solo mancanze di rispetto e atteggiamenti sbagliati camuffati da insicurezze e traumi passati. Tutti hanno dei difetti, tutti hanno un passato, ma se ci devo rimettere la mia salute psichica e fisica appresso a una persona cosi, preferisco rimanere sola come lo sono sempre stata. Penso che se una persona ha dei problemi e non sa stare bene con sé stessa, deve prima curarsi da uno specialista e poi buttarsi in una relazione. Altrimenti si và contro lo stesso problema, continuando a ripetere gli stessi sbagli ma con persone differenti.
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A CHE SERVE L’UNIFIL?
La storia è nota. Migliaia di profughi della Guerra dei 6 Giorni vengono accolti dalla Giordania. Ma presto si dimenticano di essere ospiti di uno Stato. Girano per le strade armati e senza documenti, organizzano posti di blocco per raccogliere non meglio specificate tasse per la causa palestinese, perquisiscono i civili giordani, cercano di convincerli ad entrare nell’OLP nonostante siano soggetti alla leva militare giordana, rivendicano la competenza dell’OLP per i reati commessi in territorio giordano. Insomma, vogliono uno Stato nello Stato.
Quando nel 1970 questi profughi armati cercano addirittura di rovesciare re Husayn, la Giordania reagisce pesantemente. È il «Settembre Nero». Scoppia una guerra civile che durerà un anno. L’OLP sdogana la pratica degli scudi umani, che causano decine di migliaia di morti tra i civili, che per i miliziani islamici sono martiri. Rimarranno uccisi circa 6 mila guerriglieri. Gli altri si rifugeranno in Libano, dove li aspettano 100 mila profughi della Nakba, che non vedono l’ora di regolare i conti con Israele.
Le fazioni palestinesi si stanziano nel sud del Libano. E incominciano a fare il tiro a segno sulle città della Galilea. Di tanto in tanto sconfinano in Israele per compiere mattanze, come quella dell’11 marzo 1978, in cui muoiono 37 cittadini israeliani, tra cui 13 bambini.
Israele non resta a guardare. Il 14 marzo 30 mila soldati dell’IDF invadono il Libano ricacciando in una settimana l’OLP al di là del fiume Leonte, perdendo soltanto 20 uomini contro i 1000 dell’OLP, oltre a 3000 civili. In pochi giorni si riunisce il Consiglio di Sicurezza ONU, che emana la Risoluzione n. 425, con cui viene intimato ad Israele di ritirarsi, perché a calmare le acque ci penserà appunto l’UNIFIL, la Forza Multinazionale.
Questo UNIFIL, oltre ad assistere la popolazione civile, ha il compito di aiutare il Libano a ristabilire la propria sovranità, calpestata dai gruppi palestinesi che utilizzano il sud per lanciare attacchi a Israele. E dovrà coadiuvarlo nel disarmo delle milizie palestinesi. Il Consiglio di Sicurezza vuole che Israele se ne torni a casa, ma tra la linea blu e il fiume Leonte non dovrà rimanere neppure un Fedayyn con una scacciacani.
Israele si ritira. Ma sia l’esercito del Libano che l’UNIFIL non combinano nulla, a parte fare la guardia ai cedri millenari. Cacciate dall’IDF, nel giro di un anno le milizie palestinesi si ripresentano nel sud più agguerrite che mai. Nel frattempo Komeini è salito al potere ed è nata la sanguinosa Hezbollah, che riprende lo sport preferito dei guerriglieri islamici: i razzi verso la Galilea. Tanto che Israele è costretto nel 1982 a invadere ancora.
Sarà sempre la stessa storia, con ulteriore replica nel 2006. Da quasi mezzo secolo, nel rispetto delle decisioni del Consiglio di Sicurezza, ogni volta Israele lascia il Libano attendendo invano la bonifica proclamata dall’ONU, ossia il disarmo completo di ogni gruppo armato nel sud. Le successive quattro risoluzioni del Consiglio di Sicurezza continuano a rimanere lettera morta.
Israele ha appena invaso per la quarta volta il Libano nel tentativo di sbaragliare Hezbollah, foraggiato dall’Iran che gli manda armi attraverso la Siria, sotto lo sguardo non troppo severo proprio di quelli dell’UNIFIL, che in tutti questi anni hanno visto sotto il naso spuntare come funghi kilometri di tunnel come quelli di Gaza. Ora Hezbollah, secondo una tecnica ormai collaudata, si è ritirata a ridosso della forza multinazionale, sulla quale Israele, visti i precedenti, ripone ben poca fiducia. Ma volendo chiudere i conti con il Partito di Dio una volta per tutte, Israele sta entrando in un pesante conflitto con la forza multinazionale, che non vuole saperne di andarsene, almeno per ora.
Ma se l’UNIFIL è stato inviato nel sud del Libano dal Consiglio di Sicurezza ONU per disarmare qualsiasi milizia ostile a Israele, visti i fallimenti dell’ultimo mezzo secolo, per quale motivo Israele non dovrebbe esigere che l’UNIFIL svolga il compito per cui è stato creato? «Se non ci pensate voi, ci pensiamo noi» avrebbe detto Herzl Halevi, capo di stato maggiore dell’esercito israeliano.
Antonello Tomanelli.
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