#tiro a segno
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Paralimpiadi: giorno 7
Tre ori, due argenti e cinque bronzi questo è ciò che ci portiamo a casa nel settimo giorno delle Paralimpiadi. Ma andiamo con ordine. Medaglie d’oro Comincia al mattino Fabrizio Cornegliani con la gara su strada a cronometro in handbike ha finalmente conquistato il primo posto alla sua seconda Paralimpiade. Poi dalla piscina è uscito Alberto Amodeo con un oro al collo dalla gara dei 400 m.…
#Alberto Amodeo#Bebe Vio Grandis#ciclismo#Davide Franceschetti#Fabrizio Cornegliani#Giulia Terzi#handbike#Luca Mazzone#Martino Pini#Matteo Betti#Monica Boggioni#nuoto#scherma#tiro a segno#Xenia Francesca Palazzo
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Potevo avere 5 anni. A quel tempo eravamo soliti trascorrere le feste natalizie da alcuni zii, la cui casa in campagna diventava allora accogliente rifugio per parenti e amici. Portavo sempre con me un pupazzo a farmi compagnia, dato che i miei cugini, ormai adolescenti, avrebbero certo mal sopportato l'idea di giocare assieme. Ricordo ancora chiaramente quel pomeriggio: la sera saremmo stati dai miei zii come di consueto ed io mi sarei malannoiato fra i bigi discorsi degli adulti, urgeva perciò la Selezione.
L'ambita Selezione avveniva per eliminazione diretta in scontri 1 vs 1. Ogni pupazzo s'affrontava in una moderna rivisitazione delle giostre medievali, allo scopo di conquistarsi il mio cuore. Come sempre accade, anche quel torneo era palesemente truccato, sicché alla fine trionfavano sempre gli stessi. Fra i grandi campioni, la più avvezza alla vittoria era senza dubbio la Pantera Rosa, un vecchio pupazzo che mi portavo sempre dietro, ovunque andassi. Dopo averla portata in trionfo quel pomeriggio, le promisi che ci saremmo divertiti, sarebbe stata una grande serata. Non sapevo, ahimè, che per noi sarebbe stata purtroppo l'ultima. Il mio giocarci difatti, a quell'età, trovava massimo sfogo nel lanciar in aria il malcapitato pupazzo, raccoglierlo per poi reiterare il gesto ad libitum. Uno di quegli sciagurati lanci però mandò la pantera talmente in orbita da farla finire dietro un'enorme e inamovibile credenza. A nulla valse piangere e disperarsi, la povera pantera restò lì (con sadico compiacimento di tutti gli astanti). Ricordo ancora il malinconico struggimento di quei giorni densi di colpa e mortificazione, le penose richieste e la perenne risposta ("Quando faremo pulizia"), i piani perversi studiati in dormiveglia per infiltrarmi in casa loro e riprendermi la pantera e il languido desiderio che mi s'accendeva a ogni fiera di paese, quando scorgevo fra i premi del tiro a segno un pupazzo simile a quello tanto amato e perduto.
Sono passati trent'anni, dico d'aver dimenticato, ma una parte della mia infanzia è rimasta sepolta lì, dietro quella credenza, dove ho smesso definitivamente di credere agli adulti e ho imparato cosa vuol dire perdere qualcuno o qualcosa senza potergli dire addio. O almeno credevo, perché l'altro giorno chiama mia zia per dirci che finalmente, dopo trent'anni, hanno fatto pulizie e spostato la credenza, trovandovi "un giochino di quando Giuseppe era bambino, non so se se ne ricorda ancora..." Ah, zia ingenuotta! Non pensavo che questo giorno sarebbe mai arrivato, così sulle prime ho pensato, "chissà se mi riconoscerà dopo tutto questo tempo..." "del resto anche casa nostra è cambiata, spero non si senta a disagio". Siamo andati a prenderla la sera stessa, era tutta sporca, molto più piccola di quanto ricordassi, orba d'un occhio (non oso immaginare cosa deve aver subito in questi trent'anni di prigionia) e con un aspetto decisamente vintage, ma ora è di nuovo a casa. Mia madre era convinta che dopo anni d'oscurità e polvere, si sarebbe sbriciolata dopo pochi minuti al sole, invece sembra reggere ancora. Dopo averla lavata a fondo, oggi l'ho potuta finalmente riabbracciare come quell'ultima volta trent'anni fa e ho un po' pianto. È stato come riabbracciare quella parte di me che credevo perduta per sempre.
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Felice Casorati, Tiro al bersaglio o tiro a segno [Target shooting or shooting gallery], 1919, tempera on canvas, 130 x 120 cm
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A CHE SERVE L’UNIFIL?
La storia è nota. Migliaia di profughi della Guerra dei 6 Giorni vengono accolti dalla Giordania. Ma presto si dimenticano di essere ospiti di uno Stato. Girano per le strade armati e senza documenti, organizzano posti di blocco per raccogliere non meglio specificate tasse per la causa palestinese, perquisiscono i civili giordani, cercano di convincerli ad entrare nell’OLP nonostante siano soggetti alla leva militare giordana, rivendicano la competenza dell’OLP per i reati commessi in territorio giordano. Insomma, vogliono uno Stato nello Stato.
Quando nel 1970 questi profughi armati cercano addirittura di rovesciare re Husayn, la Giordania reagisce pesantemente. È il «Settembre Nero». Scoppia una guerra civile che durerà un anno. L’OLP sdogana la pratica degli scudi umani, che causano decine di migliaia di morti tra i civili, che per i miliziani islamici sono martiri. Rimarranno uccisi circa 6 mila guerriglieri. Gli altri si rifugeranno in Libano, dove li aspettano 100 mila profughi della Nakba, che non vedono l’ora di regolare i conti con Israele.
Le fazioni palestinesi si stanziano nel sud del Libano. E incominciano a fare il tiro a segno sulle città della Galilea. Di tanto in tanto sconfinano in Israele per compiere mattanze, come quella dell’11 marzo 1978, in cui muoiono 37 cittadini israeliani, tra cui 13 bambini.
Israele non resta a guardare. Il 14 marzo 30 mila soldati dell’IDF invadono il Libano ricacciando in una settimana l’OLP al di là del fiume Leonte, perdendo soltanto 20 uomini contro i 1000 dell’OLP, oltre a 3000 civili. In pochi giorni si riunisce il Consiglio di Sicurezza ONU, che emana la Risoluzione n. 425, con cui viene intimato ad Israele di ritirarsi, perché a calmare le acque ci penserà appunto l’UNIFIL, la Forza Multinazionale.
Questo UNIFIL, oltre ad assistere la popolazione civile, ha il compito di aiutare il Libano a ristabilire la propria sovranità, calpestata dai gruppi palestinesi che utilizzano il sud per lanciare attacchi a Israele. E dovrà coadiuvarlo nel disarmo delle milizie palestinesi. Il Consiglio di Sicurezza vuole che Israele se ne torni a casa, ma tra la linea blu e il fiume Leonte non dovrà rimanere neppure un Fedayyn con una scacciacani.
Israele si ritira. Ma sia l’esercito del Libano che l’UNIFIL non combinano nulla, a parte fare la guardia ai cedri millenari. Cacciate dall’IDF, nel giro di un anno le milizie palestinesi si ripresentano nel sud più agguerrite che mai. Nel frattempo Komeini è salito al potere ed è nata la sanguinosa Hezbollah, che riprende lo sport preferito dei guerriglieri islamici: i razzi verso la Galilea. Tanto che Israele è costretto nel 1982 a invadere ancora.
Sarà sempre la stessa storia, con ulteriore replica nel 2006. Da quasi mezzo secolo, nel rispetto delle decisioni del Consiglio di Sicurezza, ogni volta Israele lascia il Libano attendendo invano la bonifica proclamata dall’ONU, ossia il disarmo completo di ogni gruppo armato nel sud. Le successive quattro risoluzioni del Consiglio di Sicurezza continuano a rimanere lettera morta.
Israele ha appena invaso per la quarta volta il Libano nel tentativo di sbaragliare Hezbollah, foraggiato dall’Iran che gli manda armi attraverso la Siria, sotto lo sguardo non troppo severo proprio di quelli dell’UNIFIL, che in tutti questi anni hanno visto sotto il naso spuntare come funghi kilometri di tunnel come quelli di Gaza. Ora Hezbollah, secondo una tecnica ormai collaudata, si è ritirata a ridosso della forza multinazionale, sulla quale Israele, visti i precedenti, ripone ben poca fiducia. Ma volendo chiudere i conti con il Partito di Dio una volta per tutte, Israele sta entrando in un pesante conflitto con la forza multinazionale, che non vuole saperne di andarsene, almeno per ora.
Ma se l’UNIFIL è stato inviato nel sud del Libano dal Consiglio di Sicurezza ONU per disarmare qualsiasi milizia ostile a Israele, visti i fallimenti dell’ultimo mezzo secolo, per quale motivo Israele non dovrebbe esigere che l’UNIFIL svolga il compito per cui è stato creato? «Se non ci pensate voi, ci pensiamo noi» avrebbe detto Herzl Halevi, capo di stato maggiore dell’esercito israeliano.
Antonello Tomanelli.
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Crossover NicolaCava/LaFabbrica
NC: Arrivo al Seventyfive Cafè già pieno di gente verso le otto aemme e dietro il bancone c'è la Giuliana molto impegnata. Aspetto che mi prepari il caffè, mentre cerco di ignorare i discorsi di quelli che stanno lì intorno, specie del tipo che sta raccontando di aver pagato una serie di bollette di Equitalia. Il caffè arriva e va giù, quindi mi sposto verso la cassa e aspetto che la Giuliana abbia il tempo di farmi pagare. Pago anche il caffè di Calice e la Giuliana mi comunica che farà un solo scontrino per un solo caffè perché fuori c'è la finanza. Di solito quando fanno lo scontrino (e lo fanno sempre) lo butto subito nel rusco ma non stamattina. Esco, salgo sul Fiorino a nafta e nello specchietto vedo che il finanziere, un ragazzo alto un metro e un tappo, si avvicina e mi fa segno di abbassare il vetro, mostrandomi il tesserino. Mi chiede cosa ho preso e io rispondo - un caffè - e naturalmente vuole vedere lo scontrino che tiro fuori dalla tasca. Gli fa una foto, mi saluta e io riparto per il Piccolo H.
E da questo ripartono i ricordi.
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LF: anche forzando la memoria fino all'ultimo neurone, riesco a ricordare solamente che si chiamava Lorenzo. Il cognome non ce la faccio proprio a farmelo tornare in mente. Dato che alla fabbrica si producevano alcolici, c'era in pianta stabile la presenza di un buon numero di finanzieri inteso come Guardia di Finanza. La GDF. Lorenzo era appunto uno di loro.
Fu lui a spiegarmi cosa significasse realmente l'acronimo. Il vero significato di quelle tre iniziali era niente meno che Guastatori di Fica. Niente di strano considerato che quelli della GDF sono dei militari e per contratto credo che debbano essere obbligati a utilizzare un linguaggio di questo tipo anche dopo i venticinque anni. Di età anagrafica e non di lavoro, si intende.
Lorenzo era di Palo Del Colle e per poter trovare un lavoro si era sradicato dalla sua terra d'origine ed era salito a Bologna e dopo aver abitato per un po' nella caserma di viale Masini, si era sposato e mi pare che avesse una figlia o due ed era andato ad abitare non so dove con la famiglia.
Era ovviamente molto simpatico e per il linguaggio e il modo di fare, avrei detto non solo che non era della Guardia di Finanza ma che fosse del tipo di quelli che di solito la Guardia di Finanza va a cercare per metterli in galera. Naturalmente era solo un atteggiamento, proprio come quello del maschio guastatore di fica.
In effetti Lorenzo era molto amico di Luigi B che si era trasformato, nel giro di qualche anno da quando l'avevo conosciuto, dal più bel ragazzo della Sala Confezioni, concupito dalla maggior parte delle operaie e anche da qualche impiegata, in una specie di macchietta gayosissima.
Collego questa sua trasformazione all'arrivo alla fabbrica di Gino G che fin da subito aveva fatto capire a tutti di essere gay ma in maniera piuttosto timida. E se dopo il loro incontro Luigi B si era trasformato da etero a gay, il buon Gino G si era trasformato da gay timido a gay orgoglioso senza paura di esserlo.
Sto parlando degli anni ottanta e novanta e non è che essere o dirsi gay allora fosse facile, dato che non lo è nemmeno oggi. Infatti in fabbrica lo pigliavamo tutti per il culo, metaforicamente parlando, tranne appunto Luigi B.
Penso che sia stato il loro rapporto di amicizia a farmi capire che testa di cazzo che fossi, e a maturare un diverso atteggiamento verso l'omosessualità.
All'improvviso in fabbrica c'erano due persone che non avevano nessun problema ad atteggiarsi e a dirsi gay.
E poi c'era questo rapporto di amicizia strettissima tra Luigi B e Lorenzo che ne ribaltava gli atteggiamenti maschilisti da GDF.
C'era poi un altro collega di Lorenzo, un ragazzo napoletano di corporatura molto robusta al punto che lo si poteva definire obeso senza offesa per nessuno, che aveva un hobby molto particolare al di fuori delle ore di lavoro nella GDF.
Lui aveva una vecchia Uno bianca come quelli della banda della Uno Bianca, ma non la usava per rapinare o per ammazzare.
Si limitava a percorre la grande velocità i viali di Bologna, e arrivato nei pressi di un semaforo verde, dopo essersi assicurato di avere un cogliene dietro attaccato al paraurti, inchiodava improvvisamente e senza nessun motivo che non fosse quello di truffare l'assicurazione.
Naturalmente il coglione attaccato dietro lo tamponava più o meno pesantemente e lui in ogni caso si comportava come se lo avessero asfaltato con un autotreno.
Immagino che così, oltre a far su un po' di soldi all'assicurazione del coglione attaccato dietro, ne approfittasse per mettersi in malattia ed evitarsi qualche giorno di lavoro.
D'altra parte, ognuno si sceglie i modi per passare il tempo che preferisce.
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A me piace essere presa per i capelli, morsa, sculacciata e ma anche mordere
Un po' come faccio io col prosciutto intero che vinco al tiro a segno al Luna Park
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[✎ ITA] W Korea⠸ JIN : La Reunion Con JIN dei BTS, Come un Sogno Estivo | 16.07.2024
__ La Reunion Con JIN dei BTS,
Come un Sogno Estivo __
JIN x W Korea - con FRED Jewelry -
Servizio fotografico completo ⬇ | Twitter
L'incredibile JIN
Poco tempo dopo aver completato il suo servizio militare, Jin dei BTS è apparso di fronte alle telecamere di W Korea in qualità di ambassador per il brand di alta gioielleria francese, Maison FRED. Appare ancor più giovane di quando si è arruolato, sfoggiando ancora un taglio di capelli corto, residuo del suo recente periodo da [soldato] Kim Seok-jin. Gli occhi limpidi, luccicanti di curiosità, dalle sue labbra è spesso uscita la parola ‘felicità’ e sembrava come irradiare energia positiva. W Korea ha trascorso una giornata con Jin, che ha ancora tutto l'aspetto di un giovane ordinario. Dopo il suo arruolamento in inverno, Jin è ora tornato come un sogno in questo giorno d'estate.
<W Korea> Congratulazioni per aver completato il servizio militare ed essere diventato ambasciatore per il brand FRED. Siamo davvero fortunatə ed onoratə di poter collaborare con te a questo servizio fotografico, subito dopo il tuo congedo. Sei stupendo con quegli accessori di alta gioielleria. Jin: Inizialmente, non ero certo questo tipo di gioielli mi si addicesse. Ma una volta indossati, mi son subito sentito più sicuro perché mi stavano meglio di quanto mi aspettassi. Devo ringraziare l'ARMY per essere la mia fonte di sicurezza e FRED per aver creato dei gioielli adatti a tutti (ride).
Hai finito il tuo servizio militare i 12 giugno presso il centro di addestramento della 5a divisione di fanteria sito a Yeoncheon-gun, nella provincia del Gyeonggi. Ho sentito dire che quella zona è caldissima in estate e gelida in inverno. Com'erano le temperature nel pieno di queste due stagioni?
Jin: Le condizioni climatiche erano inimmaginabili. Mi sono arruolato a dicembre 2022. Quel giorno, i miei colleghi hanno fatto uno screenshot delle previsioni meteo e la temperatura percepita era di -30°C (ride). Non riuscivo manco a credere che le temperature invernali potessero essere così basse. E quelli che erano al campo base da più tempo di me mi hanno detto che anche l'estate era inconcepibilmente calda, ma inizialmente non volevo crederci. Quando poi è arrivata l'estate, ho capito che avevano ragione. Non era del tutto insopportabile, perché già normalmente sono abbastanza abituato al caldo, ma la temperatura sfiorava i 40°C.
Oh cielo. E abbiamo saputo che ti è stato assegnato il compito di assistente istruttore e che sei stato poi promosso a soldato d'élite. Per ottenere quel titolo bisogna rispettare certi requisiti, come mandare a segno più di 18 pallottole su 20 nel tiro con armi da fuoco, completare un tragitto di corsa di 3 km entro i 12 minuti e 30 secondi e passare il test di allenamento militare da combattimento. J-hope si è arruolato lo scorso aprile e anche lui è stato promosso a soldato d'élite. Magari è anche merito dell'esercizio fisico e dell'addestramento svolti in qualità di membri dei BTS. Credi saresti comunque diventato un soldato d'élite anche senza l'addestramento fatto in previsione delle esibizioni più intense?
Jin: Non credo. Mi stanco facilmente, di solito, e non sono un tipo molto atletico. A tutta prima, non è stato affatto semplice percorrere 3 km in 15 minuti. Però, esercitandomi nella corsa ogni giorno, gradualmente mi sono messo in forma. Quando ero ancora una recluta ero sempre tra i corridori migliori. Quindi sì, credo di aver ottenuto il titolo di soldato d'élite proprio perché ho sviluppato la resistenza necessaria per completare una corsa da 3 km.
A questo proposito, molte delle celebrità che abbiamo incontrato in precedenza ci hanno detto che hanno trovato un maggior senso di stabilità nella vita bilanciata e regolare condotta nell'esercito rispetto ai soliti ritmi serrati della quotidianità. E tu hai riscoperto qualcosa di te, durante il servizio militare?
Jin: No, non credo necessariamente di aver scoperto un nuovo lato di me, durante il servizio. Già da prima dell'arruolamento non mi sono mai particolarmente identificato in termini quali 'celebrità', 'cantante' o 'artista'. Semplicemente, mi vedo sempre come Kim Seok-jin, una persona del tutto ordinaria, e anche al militare sapevo che non sarebbe cambiato nulla di che. L'unica cosa cui tenevo era svolgere al meglio il mio dovere. Però, sì, essere un soldato ha sviluppato la mia resistenza.
Il giorno successivo al congedo, hai dato abbracci a 1000 fan in occasione della ‘FESTA 2024’, ovvero l'evento organizzato per l'anniversario di debutto dei BTS, tenutosi il 13 giugno presso il Complesso Sportivo Jamsil. Trovo che abbracciare 1000 fan sia una chiara dimostrazione di entusiasmo e determinazione.
Jin: Mi sono divertito un mondo e avrei voluto l'evento durasse di più, ma il tempo è trascorso più rapidamente di quanto mi aspettassi. Durante il servizio ho riflettuto molto su cosa avrei potuto organizzare per il dopo-congedo e una "sessione di abbracci" mi sembrava un'ottima idea. Di fatto sono stato io a suggerire la cosa all'agenzia. Sono lieto le/i fan abbiano apprezzato. È stato un sogno che si è avverato, per me, e ciò che ho provato è indescrivibile.
Sappiamo che stai anche lavorando ad un album solista. Dopo i tanti raggiungimenti ottenuti con i BTS ed aver completato il servizio militare, immagino tu abbia riflettuto molto sulla tua musica. Che cosa ti passa per la mente, di questi tempi?
Jin: Ciò cui ho pensato più spesso è stato il desiderio di esibirmi. Proprio per questo motivo, quando lavoro alla mia musica tengo sempre conto della performabilità delle canzoni. I BTS hanno fatto tantissime esibizioni e io cerco sempre di riflettere su quelle che hanno suscitato maggiore entusiasmo nelle/i fan. Quello è decisamente un aspetto fondamentale, per me.
Che cosa significa per te essere un ‘buon cantante’ e come deve essere una ‘bella canzone’?
Jin: Credo un ‘buon cantante’ debba avere ottime capacità tecniche nel canto. Riuscire a trasmettere emozioni è anche cruciale, come dimostrano gli artisti ‘dotati’ in quanto a voce. Io ne ho ancora di strada da fare e cerco sempre di migliorarmi. Spero di cuore le mie canzoni possano portare gioia a tante persone. Quando registro canzoni particolarmente emotive, cerco di aggiungere in fiato, mentre nell'esprimere sentimenti più delicati, uso un tono più basso, di petto.
Tutti questi sforzi non possono che significare che hai un solido database interno, frutto dei tanti anni di esperienza. Se prendiamo in considerazione le tue canzoni soliste incluse negli album dei BTS, le tracce rilasciate su SoundClud ed il tuo singolo solista “The Astronaut”, quale pensi sia l'aspetto più importante?
Jin: In passato, il mio obiettivo principale era presentare della ‘buona musica’, ma ora ho cambiato leggermente punto di vista. Più incontro l'ARMY ai concerti, più mi appassiono al palcoscenico e alle performance. Ho realizzato che sono io il primo a non godermi appieno canzoni non esattamente allegre, quando le canto dal vivo. Tutto questo mi ha portato a priorizzare brani che siano adatti a performance simili. Ma queste, ovviamente, sono solo mie riflessioni e non riguardano gli album dei BTS.
Sei anche famoso per il tuo modo di fare modesto e la tua positività. Vieni spesso descritto come una persona semplice che non si lascia scalfire dai grattacapo, che non si stressa facilmente e che è concentrata sul presente. Eri già così quando eri bambino?
Jin: Non mi stresso spesso. Cerco sempre di ricordare a me stesso che il mondo è pieno di gioia (ride). Ovviamente ci sono momenti in cui anche io sono sotto pressione e stressato, ma cerco di ridurre queste sensazioni al minimo. E chiaramente, di tanto in tanto, anche io mi arrabbio. Però credo non abbia senso attaccarsi le cose all'orecchio ed indulgere nella rabbia. Nella vita ci sono e saranno sempre alti e bassi; personalmente, trovo abbia più senso cercare di lasciarsi alle spalle la negatività il prima possibile.
La cosa che preferisci di te stesso?
Jin: Semplicemente me, me stesso. Mi piace il mio aspetto e la vita che sto conducendo adesso. Non voglio scegliere solo una cosa, quindi direi che ciò che apprezzo di più è tutto me stesso, semplicemente la persona che sono. ‘Love Myself!’
Quando devi prendere una decisione importante, ti fidi del tuo istinto o ascolti i consigli altrui? Se la tua risposta è che ti affidi al consiglio del prossimo, da dove trai la tua sicurezza?
Jin: Di solito tendo a fidarmi di più di me stesso e del mio istinto, ma quando si tratta di lavoro, ascolto il parere degli esperti perché sicuramente hanno più esperienza di me. Ciononostante, mi impongo fermamente di far rispettare e portare a termine le cose in cui credo e di cui sono sicuro.
Con l'andare del tempo, man mano che maturiamo, abbiamo modo di riconsiderare che cos'è l'amicizia per noi. Una/o psicologə ha detto che quest'ultima è il successo più grande che si possa avere nella vita. Ora sappiamo che coltivi ancora amicizie con alcune persone a te care, a te vicine fin dall'infanzia. Senti mai il desiderio di avere più amici?
Jin: Credo di avere già abbastanza amici. A parte i BTS, ho alcune conoscenze che incontro con più frequenza. Anche se talvolta riusciamo a trovarci, non è sempre facile perché questi amici sono distanti e spesso impegnati. Inoltre, non cerco di crearmi nuove amicizie perché voglio assicurarmi di dare sufficienti attenzioni a quelle che ho già. Ci capiamo alla grande e il nostro rapporto mi piace.
Quale pensi sia il segno da non superare in una relazione?
Jin: Quando vengono dette e/o tirate in ballo cose che feriscono e potrebbero essere evitate. Ci sono persone che tendono a sminuire il prossimo, quando ci parli insieme. Solitamente cerco di trattenermi, ma è davvero difficile avere a che fare con individui simili. Preferisco non intrattenere alcuna relazione con quel tipo di persone.
Lo scorso giugno, i BTS hanno festeggiato il loro 11° anniversario di debutto. Qual è la lezione più preziosa che hai imparato in tutti questi anni?
Jin: Ciò che ho imparato è semplicemente a ‘vivere con gioia’. Abbiamo tuttə una diversa percezione ed approccio rispetto alle cose che accadono. Se succede qualcosa, cerco di lasciarmi tutto alle spalle il prima possibile. Quel che è fatto è fatto, non si torna indietro. È meglio tirare avanti e ricordare solo le cose positive. Questa è la lezione più preziosa che ho imparato.
Come descriveresti il presente dei BTS? Anche se ancora non possiamo sapere quando imboccherete effettivamente il vostro 2° capitolo, non c'è dubbio sarà diverso dal primo. Tu cosa ne pensi?
Jin: Onestamente, non mi piace molto definirlo ‘secondo capitolo’, perché qualsiasi siano le circostanze, la vita prosegue. Io sono il tipo da godere del presente, invece di concentrarmi sul futuro e non credo cambierò mai. Sicuramente avrò anche i miei alti e bassi, ma sono sicuro non cambierò mai.
Quali sono le cose o i momenti che ti rendono felice? Potresti descriverci quand'è che ti senti più a tuo agio con te stesso e provi contentezza?
Jin: Di questi tempi, mi rende felice lavorare. Il lavoro è qualcosa che tocca a tutti, quindi riuscire a viverlo con gioia è davvero una benedizione. Spero continui così molto a lungo (ride).
La felicità è spesso distante come una stella nel firmamento. Che cosa vorresti dire alle persone che provano questi sentimenti?
Jin: Mi rende felice vedere le persone attorno a me e a me care sorridere, ecco perché cerco di far ridere il prossimo. È una cosa che ho realizzato solo col tempo. Sono certo ognunə di noi abbia un proprio percorso personale da compiere per arrivare alla felicità. I pensieri negativi non fanno che lasciarmi senza forze. Spero che tuttə coloro che leggeranno quest'intervista possano condurre una vita ricca di gioia. Auguro a tuttə solo sempre tanta felicità.
⠸ ita : © Seoul_ItalyBTS ⠸
#tradITA#ITA#Seoul_ItalyBTS#Intervista#WKorea#BTS#방탄소년단#JIN#진#KimSeokjin#김석진#JinxWKorea#JinxFRED#FREDJewelry#160724
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Dress code? Per me solo Black Camo in 9x19 grazie..
In realtà l’unica differenza tra 9×19 e 9×21 è che quest’ultimo ha il bossolo di 2 millimetri più lungo (quindi, paradossalmente, potrebbe contenere una maggior carica di polvere), ma questa maggior lunghezza non può essere in alcun modo sfruttata perché la lunghezza totale della cartuccia è la stessa del 9×19.
Il tiro a segno è una disciplina sportiva che richiede capacità di concentrazione e autocontrollo. Ogni fase della sequenza di tiro richiede che l’atleta abbia la percezione della corretta postura ed un controllo accurato dei movimenti che portano all’azione di scatto. Il preciso allineamento fra occhio, organi di mira e bersaglio viene attraverso processi mentali complessi che consentono di controllare esattament le diverse fasi di tiro. Le caratteristiche del tiro a segno lo rendono affascinante per i giovani. È abbastanza frequente che i giovani tiratori arrivino a praticare questo sport grazie ai genitori, in particolare tramite il padre che a suavolta può essere od essere stato un tiratore. In questo caso i genitori conoscono ladisciplina e ne valorizzano gli aspetti positivi, legati ad un’attività stimolante e gratificante praticata in sicurezza. Invece, per i genitori che non conoscono il tiro a segno la decisione di consentire aipropri figli di praticare quest’attività è a volte difficoltosa. La prima preoccupazione è ovviamente la sicurezza. Io personalmente ho iniziato prestissimo a 13 anni gia mi dilettavo con l aria compressa. Mi ci portò mio padre bravissimo tiratore con "tutto". Poi a 18 anni ,passai al piattello, poi alla lunga distanza, poi al dinamico, poi il servizio militare mi fece innamorare del tiro operativo. Se vorrà anche Camilla potrà praticarlo. #tiroasegno #sport #training
#indoor #tirodinamico #9x19 #sig#robertonicolettiballatibonaffini
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Niccolò Campriani: "Ricordati di dimenticare la paura"
Sono ricaduta sullo sport. si vede che è una nemesi che mi devo portare sulle spalle per sempre.Tentata dal titolo “Ricordati di non dimenticare la paura” e dal protagonista del libro, mio giovane concittadino, speravo di ritrovare almeno un po’ la tensione che avevo sentito nell’autobiografia di Agassi. Tutti e due i libri sono scritti da gosthwriter, Agassi si è affidato a uno scrittore di…
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Bagnarsi
Si trovò completamente fradicia, in mezzo ad un bel temporale fuori stagione. Tornò a casa e decise di fare un bagno caldo, sicuramente fuori orario, ma di cui sentiva l'impellenza.
Mentre preparava la vasca lo videochiamò per rassicurarlo di essere a casa e per evitare di essere disturbata nella mezz'ora successiva così da godersi la pace e il tepore che ora voleva.
Ma lui le disse di non chiudere la chiamata. Le chiese di posare il telefono con la videocamera accesa, disse che l'avrebbe seguita nel suo rito in silenzio e di fare tutto ciò che doveva sentendosi sola, ma osservata. Lei rimase un attimo a pensare se assecondarlo, forse a pensare anche a tutti gli uomini, oltre a lui, dai quali avrebbe voluto farsi osservare mentre faceva il bagno. La sua fica era già bagnata ed iniziò a pulsare di quel desiderio che da qualche giorno non era soddisfatto.
Cominciò a spogliarsi. Gesti lenti e più accentuati del normale, movimenti sinuosi come le sue misure, quelle delle attrici degli anni settanta. I pantaloni scesero lentamente mostrando il sedere sodo e il piccolo perizoma che lo incorniciava. La maglietta, che prima stringeva il seno, si sollevò liberandolo e facendolo sobbalzare.
Si avvicinò al telefono mostrando bene il seno ed accese la playlist che sentivano sempre quando facevano il bagno insieme. Poi si girò di spalle e si abbassò per sentire la temperatura dell'acqua. Nuda, con il suo splendido fondoschiena sodo in primo piano e le gambe lunghe e affusolate.
Si voltò a guardare lo schermo, si passò una mano tra i capelli per spostarli di lato, poi scese accarezzando i capezzoli in tiro e sfiorandosi il corpo. Le piaceva la sua pelle, morbida e liscia. La mano scese sfiorando il corpo solo con i polpastrelli fino ai fianchi per poi girare sulla linea delle natiche. Quel movimento ed il contrasto tra il corpo nudo e il calore che usciva dalla vasca le fece venire la pelle d'oca. Appoggiò le mani sul bordo della vasca e alzò una gamba per entrarvi. Si allargò esattamente davanti al telefono mostrando tutta la sua nudità intima, la sua fica ben rasata e già pronta a quel momento.
Dall'altra parte del telefono si sentì un primo sospiro, un segno che lui stava apprezzando.
Era appena entrata nell'acqua calda, il vapore saliva nell'aria, si girò verso il telefono con quello sguardo, quello sguardo che senza parlare stava dicendo: ho appena cominciato, mettiti comodo.
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“Vincere” un pallone al tiro a segno.
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«Io sono della Terra degli alberi e delle foreste, delle querce e dei cinghiali, delle vigne e dei tetti spioventi, delle epopee e delle fiabe, del Solstizio d'inverno e di San Giovanni di estate. È una risposta a coloro che pretendono che l’Europa non sappia cosa essa stessa sia. È un modo per dire che cerco rifugio in me, più vicino possibile alle mie radici e non in una lontananza che mi è estranea. Il santuario in cui vado a raccogliermi è la foresta profonda e misteriosa delle mie origini. Il mio libro sacro è l'Iliade così come l'Odissea, poemi fondatori e rivelatori dell’anima europea. Questi poemi attingono alle stesse fonti delle leggende celtiche e germaniche, di cui manifestano in modo superiore la spiritualità implicita. Del resto non tiro affatto una riga sui secoli cristiani. La cattedrale di Chartres fa parte del mio universo allo stesso titolo di Stonehenge o del Partenone. Questa è l’eredità che occorre assumere. La storia degli europei non è semplice. Essa è scandita di rotture al di là delle quali ci è dato di ritrovare la nostra memoria e la continuità della nostra Tradizione primordiale.»
Dominique Venner si tolse la vita nella cattedrale di Notre-Dame il 21 maggio 2013, con un colpo di pistola alla tempia, in segno di protesta contro la progressiva scomparsa dei valori tradizionali di matrice europea.
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Un soldato tedesco urla al prigioniero: lancialo in aria!
Il prigioniero fa finta di non aver sentito e si affretta a sistemare il bambino sul carro, assieme a tutti gli altri. Allora il soldato si avvicina, gli punta la pistola sotto al mento e ripete: "ti ho detto di lanciarlo in aria, non hai capito? Se non lo fai tu, lo farà il prossimo".
Così il prigioniero è costretto a lanciare per aria il bambino.
In questo modo i soldati tedeschi passavano il tempo ad Auschwitz: facendo il tiro a segno sui bambini ebrei, mentre i prigionieri pregavano che li uccidessero al primo colpo, per evitare inutili sofferenze.
Questa testimonianza di Alberto Sed - sopravvissuto al campo di sterminio di Auschwitz - è un pugno nello stomaco.
Leggetela bene, rileggetela, fatela leggere.
Cercate i filmati di Alberto Sed su YouTube, fate in modo che i vostri figli, nipoti e studenti vedano gli occhi di Alberto mentre racconta questo episodio.
Fateli vedere a quelli che non festeggiano il 25 aprile, ai tifosi che cantano cori antisemiti, ai "nostalgici" che hanno avuto la grande fortuna di nascere in un Paese già libero e democratico.
Fateli vedere a quelli che dicono: "I treni arrivavano in orario; non c'erano tutti questi immigrati; ha fatto anche cose buone".
Non è possibile che restino indifferenti.
Non è possibile che non comprendano.
L'unica speranza che abbiamo, per il nostro futuro, è mantenere intatta la memoria del passato.
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31 Lettere
Quando mancano 10,9 secondi alla fine del terzo quarto della partita Los Angeles Lakers - Oklahoma City Thunder, il numero 6 della squadra californiana si alza appena dentro la lunetta e mette a segno due punti. La cosa di per sè non sarebbe sensazionale, se non fosse che quel tiro vale i punti 38387 e 38388 della carriera straordinaria di Lebron James, che con quel canestro supera il record di tutti i tempi appartenuto a Ferdinand Lewis Alcindor jr\Kareem Abdul-Jabbar, che lo aveva stabilito l’ultima partita di Regular Season proprio con i Los Angeles Lakers nel giugno 1984. A dicembre dello stesso anno nasceva James, che in 20 anni dal suo esordio a 18 anni nel 2003 ha superato un record ritenuto imbattibile, per la difficoltà di continuare a giocare ai massimi livelli per tutto questo tempo, che si aggiunge alla già clamorosa lista di primati del giocatore nato a Akron, Ohio. A 38 anni, in uno stato di forma ancora eccellente, James ha ancora almeno un terzo di stagione per allungare il record. Kylie Irving, altra stella NBA, ha scritto: Abbiamo dato le chiavi del giochino a un ragazzo di 18 anni e ora ha 38 anni e sta ancora dominando. Non credo che dovremmo essere sorpresi. Penso che dovremmo congratularci con lui e celebrarlo il più possibile, continuare a goderci gli spettacoli che mette in scena
38388, un numero composto da 31 lettere. Per la cronaca, James con 38 punti, è già a quota 38390.
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in tutto questo tempo vi sarete sicuramente chiesti più di una volta che ne è di Joker, la gatta del condomino. ebbene prima di tutto devo comunicare che il suo nome è stato cambiato in Deborah, detta Joker, contro la mia volontà (ci tengo a specificare). purtroppo ho dovuto cedere su questo punto quando ho visto uno dei condomini, il vecchietto che abita sotto di me, chiamarla con questo nome, avvicinarsi, e accarezzarla! ad oggi è l'unica persona arrivata a questo stadio di affetto; in segno di rispetto, il nome è stato ufficialmente cambiato. farò finta che il fatto di non essere stata scelta come persona preferita (se mi avvicino troppo non scappa più, però mi soffia) non abbia aperto una voragine nel mio cuore.
chiuso questo ahimè triste preambolo, posso finalmente annunciarvi che sì: la gatta ha avuto due gattini, che stanno crescendo e diventando grassi quasi quanto lei. a differenza della mamma sono molto meno diffidenti e sembrano molto interessati al suono che proviene dal mio mazzo di chiavi ogni volta che lo tiro fuori dalla borsa per aprire il portone.
vi prego di ammirare il terzetto nella foto seguente:
#i gattini: [giocano tranquilli]#deborah detta joker: [pronta a scattare al minimo segno di pericolo]
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Qui l'influenza è particolarmente bastarda e siamo tutti accartocciati. 😵💫 In un momento di "lucidità" cerco di mettere il post di oggi, perché mi farebbe piacere ricevere i vostri commenti. 😪 Almeno mi tiro un po' su di morale... 🤒 Quindi: quale preferisci di questi sketch di Alice? Ps chi mi scrive: "non pensare ai social, riposati" lo segno nella mia lista nera. 😈 #sketchbook #sketchartist #sketchart #sketchgirl #sexyfavole #sexytales #fumettoitaliano #fumettisti #fumettogram #fumettoita https://www.instagram.com/p/ClytT5IMZG7/?igshid=NGJjMDIxMWI=
#sketchbook#sketchartist#sketchart#sketchgirl#sexyfavole#sexytales#fumettoitaliano#fumettisti#fumettogram#fumettoita
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