#tiro a segno
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s-memorando · 6 months ago
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Paralimpiadi: giorno 7
Tre ori, due argenti e cinque bronzi questo è ciò che ci portiamo a casa nel settimo giorno delle Paralimpiadi. Ma andiamo con ordine. Medaglie d’oro Comincia al mattino  Fabrizio Cornegliani con la gara su strada a cronometro in handbike ha finalmente conquistato il primo posto alla sua seconda Paralimpiade. Poi dalla piscina è uscito Alberto Amodeo con un oro al collo dalla gara dei 400 m.…
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papesatan · 8 months ago
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Potevo avere 5 anni. A quel tempo eravamo soliti trascorrere le feste natalizie da alcuni zii, la cui casa in campagna diventava allora accogliente rifugio per parenti e amici. Portavo sempre con me un pupazzo a farmi compagnia, dato che i miei cugini, ormai adolescenti, avrebbero certo mal sopportato l'idea di giocare assieme. Ricordo ancora chiaramente quel pomeriggio: la sera saremmo stati dai miei zii come di consueto ed io mi sarei malannoiato fra i bigi discorsi degli adulti, urgeva perciò la Selezione. 
L'ambita Selezione avveniva per eliminazione diretta in scontri 1 vs 1. Ogni pupazzo s'affrontava in una moderna rivisitazione delle giostre medievali, allo scopo di conquistarsi il mio cuore. Come sempre accade, anche quel torneo era palesemente truccato, sicché alla fine trionfavano sempre gli stessi. Fra i grandi campioni, la più avvezza alla vittoria era senza dubbio la Pantera Rosa, un vecchio pupazzo che mi portavo sempre dietro, ovunque andassi. Dopo averla portata in trionfo quel pomeriggio, le promisi che ci saremmo divertiti, sarebbe stata una grande serata. Non sapevo, ahimè, che per noi sarebbe stata purtroppo l'ultima. Il mio giocarci difatti, a quell'età, trovava massimo sfogo nel lanciar in aria il malcapitato pupazzo, raccoglierlo per poi reiterare il gesto ad libitum. Uno di quegli sciagurati lanci però mandò la pantera talmente in orbita da farla finire dietro un'enorme e inamovibile credenza. A nulla valse piangere e disperarsi, la povera pantera restò lì (con sadico compiacimento di tutti gli astanti). Ricordo ancora il malinconico struggimento di quei giorni densi di colpa e mortificazione, le penose richieste e la perenne risposta ("Quando faremo pulizia"), i piani perversi studiati in dormiveglia per infiltrarmi in casa loro e riprendermi la pantera e il languido desiderio che mi s'accendeva a ogni fiera di paese, quando scorgevo fra i premi del tiro a segno un pupazzo simile a quello tanto amato e perduto. 
Sono passati trent'anni, dico d'aver dimenticato, ma una parte della mia infanzia è rimasta sepolta lì, dietro quella credenza, dove ho smesso definitivamente di credere agli adulti e ho imparato cosa vuol dire perdere qualcuno o qualcosa senza potergli dire addio. O almeno credevo, perché l'altro giorno chiama mia zia per dirci che finalmente, dopo trent'anni, hanno fatto pulizie e spostato la credenza, trovandovi "un giochino di quando Giuseppe era bambino, non so se se ne ricorda ancora..." Ah, zia ingenuotta! Non pensavo che questo giorno sarebbe mai arrivato, così sulle prime ho pensato, "chissà se mi riconoscerà dopo tutto questo tempo..." "del resto anche casa nostra è cambiata, spero non si senta a disagio". Siamo andati a prenderla la sera stessa, era tutta sporca, molto più piccola di quanto ricordassi, orba d'un occhio (non oso immaginare cosa deve aver subito in questi trent'anni di prigionia) e con un aspetto decisamente vintage, ma ora è di nuovo a casa. Mia madre era convinta che dopo anni d'oscurità e polvere, si sarebbe sbriciolata dopo pochi minuti al sole, invece sembra reggere ancora. Dopo averla lavata a fondo, oggi l'ho potuta finalmente riabbracciare come quell'ultima volta trent'anni fa e ho un po' pianto. È stato come riabbracciare quella parte di me che credevo perduta per sempre.
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subnitida · 4 months ago
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Felice Casorati, Tiro al bersaglio o tiro a segno [Target shooting or shooting gallery], 1919, tempera on canvas, 130 x 120 cm
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pettirosso1959 · 5 months ago
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A CHE SERVE L’UNIFIL?
La storia è nota. Migliaia di profughi della Guerra dei 6 Giorni vengono accolti dalla Giordania. Ma presto si dimenticano di essere ospiti di uno Stato. Girano per le strade armati e senza documenti, organizzano posti di blocco per raccogliere non meglio specificate tasse per la causa palestinese, perquisiscono i civili giordani, cercano di convincerli ad entrare nell’OLP nonostante siano soggetti alla leva militare giordana, rivendicano la competenza dell’OLP per i reati commessi in territorio giordano. Insomma, vogliono uno Stato nello Stato.
Quando nel 1970 questi profughi armati cercano addirittura di rovesciare re Husayn, la Giordania reagisce pesantemente. È il «Settembre Nero». Scoppia una guerra civile che durerà un anno. L’OLP sdogana la pratica degli scudi umani, che causano decine di migliaia di morti tra i civili, che per i miliziani islamici sono martiri. Rimarranno uccisi circa 6 mila guerriglieri. Gli altri si rifugeranno in Libano, dove li aspettano 100 mila profughi della Nakba, che non vedono l’ora di regolare i conti con Israele.
Le fazioni palestinesi si stanziano nel sud del Libano. E incominciano a fare il tiro a segno sulle città della Galilea. Di tanto in tanto sconfinano in Israele per compiere mattanze, come quella dell’11 marzo 1978, in cui muoiono 37 cittadini israeliani, tra cui 13 bambini.
Israele non resta a guardare. Il 14 marzo 30 mila soldati dell’IDF invadono il Libano ricacciando in una settimana l’OLP al di là del fiume Leonte, perdendo soltanto 20 uomini contro i 1000 dell’OLP, oltre a 3000 civili. In pochi giorni si riunisce il Consiglio di Sicurezza ONU, che emana la Risoluzione n. 425, con cui viene intimato ad Israele di ritirarsi, perché a calmare le acque ci penserà appunto l’UNIFIL, la Forza Multinazionale.
Questo UNIFIL, oltre ad assistere la popolazione civile, ha il compito di aiutare il Libano a ristabilire la propria sovranità, calpestata dai gruppi palestinesi che utilizzano il sud per lanciare attacchi a Israele. E dovrà coadiuvarlo nel disarmo delle milizie palestinesi. Il Consiglio di Sicurezza vuole che Israele se ne torni a casa, ma tra la linea blu e il fiume Leonte non dovrà rimanere neppure un Fedayyn con una scacciacani.
Israele si ritira. Ma sia l’esercito del Libano che l’UNIFIL non combinano nulla, a parte fare la guardia ai cedri millenari. Cacciate dall’IDF, nel giro di un anno le milizie palestinesi si ripresentano nel sud più agguerrite che mai. Nel frattempo Komeini è salito al potere ed è nata la sanguinosa Hezbollah, che riprende lo sport preferito dei guerriglieri islamici: i razzi verso la Galilea. Tanto che Israele è costretto nel 1982 a invadere ancora.
Sarà sempre la stessa storia, con ulteriore replica nel 2006. Da quasi mezzo secolo, nel rispetto delle decisioni del Consiglio di Sicurezza, ogni volta Israele lascia il Libano attendendo invano la bonifica proclamata dall’ONU, ossia il disarmo completo di ogni gruppo armato nel sud. Le successive quattro risoluzioni del Consiglio di Sicurezza continuano a rimanere lettera morta.
Israele ha appena invaso per la quarta volta il Libano nel tentativo di sbaragliare Hezbollah, foraggiato dall’Iran che gli manda armi attraverso la Siria, sotto lo sguardo non troppo severo proprio di quelli dell’UNIFIL, che in tutti questi anni hanno visto sotto il naso spuntare come funghi kilometri di tunnel come quelli di Gaza. Ora Hezbollah, secondo una tecnica ormai collaudata, si è ritirata a ridosso della forza multinazionale, sulla quale Israele, visti i precedenti, ripone ben poca fiducia. Ma volendo chiudere i conti con il Partito di Dio una volta per tutte, Israele sta entrando in un pesante conflitto con la forza multinazionale, che non vuole saperne di andarsene, almeno per ora.
Ma se l’UNIFIL è stato inviato nel sud del Libano dal Consiglio di Sicurezza ONU per disarmare qualsiasi milizia ostile a Israele, visti i fallimenti dell’ultimo mezzo secolo, per quale motivo Israele non dovrebbe esigere che l’UNIFIL svolga il compito per cui è stato creato? «Se non ci pensate voi, ci pensiamo noi» avrebbe detto Herzl Halevi, capo di stato maggiore dell’esercito israeliano.
Antonello Tomanelli.
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cutulisci · 12 days ago
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L’ACQUEDOTTO FELICE I Girano case e alberi  in questa periferia d’aprile,  persone e fontane girano  (giostra per spazi e immagini)  con la fragranza degli aromi.  Gli uccelli in volo  sopra queste nuvole  gorgheggiano rugiada e anice.  II Il passero, il merlo, l’avocetta,  il trillo riconoscibile nell’aria  e nelle stanze del platano  per il piacere mio  di stupire e svelare (svegliare)  il bambino assopito  nell’abitudine formale.  III Bambini in rincorsa  sui cicli abbandonati  da coetanei scontenti  pedalano costeggiando le mura.  A casa, con le grida  dei vicoli inquieti,  i resti di giornate luminose.  IV Ai panni stesi, alla fontana,  agli orti allineati lungo la ferrovia  aggiusta il tiro questo clima.  La Primavera viaggia  dalle viscere della terra  fino all’occhio di Dio  che da un foro del cielo  acceca l’acquedotto.  V Fascinoso il vento  che spazza il sentiero  — polvere e foglie in valzer —  rincorre cartacce ed echi  di questo quadro immobile  che si perde  sul confine del giorno.  VI  La linea bianca di un jet  è apparsa nel cielo,  lunga orma, segno di vita  come la scia delle testuggini,  sulla sabbia delle Galapagos,  dalla terraferma all’oceano.  VII Il muschio tra le crepe del muro  insidia l’acquedotto  cupo sullo sfondo tenue  di un cielo marzoaprile.  Ma ride l’acquedotto felice.
Luigi Amendola
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fallimentiquotidiani · 5 months ago
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A me piace essere presa per i capelli, morsa, sculacciata e ma anche mordere
Un po' come faccio io col prosciutto intero che vinco al tiro a segno al Luna Park
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seoul-italybts · 8 months ago
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[✎ ITA] W Korea⠸ JIN : La Reunion Con JIN dei BTS, Come un Sogno Estivo | 16.07.2024
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__ La Reunion Con JIN dei BTS,
Come un Sogno Estivo __
JIN x W Korea - con FRED Jewelry -
Servizio fotografico completo ⬇ | Twitter
L'incredibile JIN
Poco tempo dopo aver completato il suo servizio militare, Jin dei BTS è apparso di fronte alle telecamere di W Korea in qualità di ambassador per il brand di alta gioielleria francese, Maison FRED. Appare ancor più giovane di quando si è arruolato, sfoggiando ancora un taglio di capelli corto, residuo del suo recente periodo da [soldato] Kim Seok-jin. Gli occhi limpidi, luccicanti di curiosità, dalle sue labbra è spesso uscita la parola ‘felicità’ e sembrava come irradiare energia positiva. W Korea ha trascorso una giornata con Jin, che ha ancora tutto l'aspetto di un giovane ordinario. Dopo il suo arruolamento in inverno, Jin è ora tornato come un sogno in questo giorno d'estate.
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<W Korea> Congratulazioni per aver completato il servizio militare ed essere diventato ambasciatore per il brand FRED. Siamo davvero fortunatə ed onoratə di poter collaborare con te a questo servizio fotografico, subito dopo il tuo congedo. Sei stupendo con quegli accessori di alta gioielleria. Jin: Inizialmente, non ero certo questo tipo di gioielli mi si addicesse. Ma una volta indossati, mi son subito sentito più sicuro perché mi stavano meglio di quanto mi aspettassi. Devo ringraziare l'ARMY per essere la mia fonte di sicurezza e FRED per aver creato dei gioielli adatti a tutti (ride).
Hai finito il tuo servizio militare i 12 giugno presso il centro di addestramento della 5a divisione di fanteria sito a Yeoncheon-gun, nella provincia del Gyeonggi. Ho sentito dire che quella zona è caldissima in estate e gelida in inverno. Com'erano le temperature nel pieno di queste due stagioni?
Jin: Le condizioni climatiche erano inimmaginabili. Mi sono arruolato a dicembre 2022. Quel giorno, i miei colleghi hanno fatto uno screenshot delle previsioni meteo e la temperatura percepita era di -30°C (ride). Non riuscivo manco a credere che le temperature invernali potessero essere così basse. E quelli che erano al campo base da più tempo di me mi hanno detto che anche l'estate era inconcepibilmente calda, ma inizialmente non volevo crederci. Quando poi è arrivata l'estate, ho capito che avevano ragione. Non era del tutto insopportabile, perché già normalmente sono abbastanza abituato al caldo, ma la temperatura sfiorava i 40°C.
Oh cielo. E abbiamo saputo che ti è stato assegnato il compito di assistente istruttore e che sei stato poi promosso a soldato d'élite. Per ottenere quel titolo bisogna rispettare certi requisiti, come mandare a segno più di 18 pallottole su 20 nel tiro con armi da fuoco, completare un tragitto di corsa di 3 km entro i 12 minuti e 30 secondi e passare il test di allenamento militare da combattimento. J-hope si è arruolato lo scorso aprile e anche lui è stato promosso a soldato d'élite. Magari è anche merito dell'esercizio fisico e dell'addestramento svolti in qualità di membri dei BTS. Credi saresti comunque diventato un soldato d'élite anche senza l'addestramento fatto in previsione delle esibizioni più intense?
Jin: Non credo. Mi stanco facilmente, di solito, e non sono un tipo molto atletico. A tutta prima, non è stato affatto semplice percorrere 3 km in 15 minuti. Però, esercitandomi nella corsa ogni giorno, gradualmente mi sono messo in forma. Quando ero ancora una recluta ero sempre tra i corridori migliori. Quindi sì, credo di aver ottenuto il titolo di soldato d'élite proprio perché ho sviluppato la resistenza necessaria per completare una corsa da 3 km.
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A questo proposito, molte delle celebrità che abbiamo incontrato in precedenza ci hanno detto che hanno trovato un maggior senso di stabilità nella vita bilanciata e regolare condotta nell'esercito rispetto ai soliti ritmi serrati della quotidianità. E tu hai riscoperto qualcosa di te, durante il servizio militare?
Jin: No, non credo necessariamente di aver scoperto un nuovo lato di me, durante il servizio. Già da prima dell'arruolamento non mi sono mai particolarmente identificato in termini quali 'celebrità', 'cantante' o 'artista'. Semplicemente, mi vedo sempre come Kim Seok-jin, una persona del tutto ordinaria, e anche al militare sapevo che non sarebbe cambiato nulla di che. L'unica cosa cui tenevo era svolgere al meglio il mio dovere. Però, sì, essere un soldato ha sviluppato la mia resistenza.
Il giorno successivo al congedo, hai dato abbracci a 1000 fan in occasione della ‘FESTA 2024’, ovvero l'evento organizzato per l'anniversario di debutto dei BTS, tenutosi il 13 giugno presso il Complesso Sportivo Jamsil. Trovo che abbracciare 1000 fan sia una chiara dimostrazione di entusiasmo e determinazione.
Jin: Mi sono divertito un mondo e avrei voluto l'evento durasse di più, ma il tempo è trascorso più rapidamente di quanto mi aspettassi. Durante il servizio ho riflettuto molto su cosa avrei potuto organizzare per il dopo-congedo e una "sessione di abbracci" mi sembrava un'ottima idea. Di fatto sono stato io a suggerire la cosa all'agenzia. Sono lieto le/i fan abbiano apprezzato. È stato un sogno che si è avverato, per me, e ciò che ho provato è indescrivibile.
Sappiamo che stai anche lavorando ad un album solista. Dopo i tanti raggiungimenti ottenuti con i BTS ed aver completato il servizio militare, immagino tu abbia riflettuto molto sulla tua musica. Che cosa ti passa per la mente, di questi tempi?
Jin: Ciò cui ho pensato più spesso è stato il desiderio di esibirmi. Proprio per questo motivo, quando lavoro alla mia musica tengo sempre conto della performabilità delle canzoni. I BTS hanno fatto tantissime esibizioni e io cerco sempre di riflettere su quelle che hanno suscitato maggiore entusiasmo nelle/i fan. Quello è decisamente un aspetto fondamentale, per me.
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Che cosa significa per te essere un ‘buon cantante’ e come deve essere una ‘bella canzone’?
Jin: Credo un ‘buon cantante’ debba avere ottime capacità tecniche nel canto. Riuscire a trasmettere emozioni è anche cruciale, come dimostrano gli artisti ‘dotati’ in quanto a voce. Io ne ho ancora di strada da fare e cerco sempre di migliorarmi. Spero di cuore le mie canzoni possano portare gioia a tante persone. Quando registro canzoni particolarmente emotive, cerco di aggiungere in fiato, mentre nell'esprimere sentimenti più delicati, uso un tono più basso, di petto.
Tutti questi sforzi non possono che significare che hai un solido database interno, frutto dei tanti anni di esperienza. Se prendiamo in considerazione le tue canzoni soliste incluse negli album dei BTS, le tracce rilasciate su SoundClud ed il tuo singolo solista “The Astronaut”, quale pensi sia l'aspetto più importante?
Jin: In passato, il mio obiettivo principale era presentare della ‘buona musica’, ma ora ho cambiato leggermente punto di vista. Più incontro l'ARMY ai concerti, più mi appassiono al palcoscenico e alle performance. Ho realizzato che sono io il primo a non godermi appieno canzoni non esattamente allegre, quando le canto dal vivo. Tutto questo mi ha portato a priorizzare brani che siano adatti a performance simili. Ma queste, ovviamente, sono solo mie riflessioni e non riguardano gli album dei BTS.
Sei anche famoso per il tuo modo di fare modesto e la tua positività. Vieni spesso descritto come una persona semplice che non si lascia scalfire dai grattacapo, che non si stressa facilmente e che è concentrata sul presente. Eri già così quando eri bambino?
Jin: Non mi stresso spesso. Cerco sempre di ricordare a me stesso che il mondo è pieno di gioia (ride). Ovviamente ci sono momenti in cui anche io sono sotto pressione e stressato, ma cerco di ridurre queste sensazioni al minimo. E chiaramente, di tanto in tanto, anche io mi arrabbio. Però credo non abbia senso attaccarsi le cose all'orecchio ed indulgere nella rabbia. Nella vita ci sono e saranno sempre alti e bassi; personalmente, trovo abbia più senso cercare di lasciarsi alle spalle la negatività il prima possibile.
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La cosa che preferisci di te stesso?
Jin: Semplicemente me, me stesso. Mi piace il mio aspetto e la vita che sto conducendo adesso. Non voglio scegliere solo una cosa, quindi direi che ciò che apprezzo di più è tutto me stesso, semplicemente la persona che sono. ‘Love Myself!’
Quando devi prendere una decisione importante, ti fidi del tuo istinto o ascolti i consigli altrui? Se la tua risposta è che ti affidi al consiglio del prossimo, da dove trai la tua sicurezza?
Jin: Di solito tendo a fidarmi di più di me stesso e del mio istinto, ma quando si tratta di lavoro, ascolto il parere degli esperti perché sicuramente hanno più esperienza di me. Ciononostante, mi impongo fermamente di far rispettare e portare a termine le cose in cui credo e di cui sono sicuro.
Con l'andare del tempo, man mano che maturiamo, abbiamo modo di riconsiderare che cos'è l'amicizia per noi. Una/o psicologə ha detto che quest'ultima è il successo più grande che si possa avere nella vita. Ora sappiamo che coltivi ancora amicizie con alcune persone a te care, a te vicine fin dall'infanzia. Senti mai il desiderio di avere più amici?
Jin: Credo di avere già abbastanza amici. A parte i BTS, ho alcune conoscenze che incontro con più frequenza. Anche se talvolta riusciamo a trovarci, non è sempre facile perché questi amici sono distanti e spesso impegnati. Inoltre, non cerco di crearmi nuove amicizie perché voglio assicurarmi di dare sufficienti attenzioni a quelle che ho già. Ci capiamo alla grande e il nostro rapporto mi piace.
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Quale pensi sia il segno da non superare in una relazione?
Jin: Quando vengono dette e/o tirate in ballo cose che feriscono e potrebbero essere evitate. Ci sono persone che tendono a sminuire il prossimo, quando ci parli insieme. Solitamente cerco di trattenermi, ma è davvero difficile avere a che fare con individui simili. Preferisco non intrattenere alcuna relazione con quel tipo di persone.
Lo scorso giugno, i BTS hanno festeggiato il loro 11° anniversario di debutto. Qual è la lezione più preziosa che hai imparato in tutti questi anni?
Jin: Ciò che ho imparato è semplicemente a ‘vivere con gioia’. Abbiamo tuttə una diversa percezione ed approccio rispetto alle cose che accadono. Se succede qualcosa, cerco di lasciarmi tutto alle spalle il prima possibile. Quel che è fatto è fatto, non si torna indietro. È meglio tirare avanti e ricordare solo le cose positive. Questa è la lezione più preziosa che ho imparato.
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Come descriveresti il presente dei BTS? Anche se ancora non possiamo sapere quando imboccherete effettivamente il vostro 2° capitolo, non c'è dubbio sarà diverso dal primo. Tu cosa ne pensi?
Jin: Onestamente, non mi piace molto definirlo ‘secondo capitolo’, perché qualsiasi siano le circostanze, la vita prosegue. Io sono il tipo da godere del presente, invece di concentrarmi sul futuro e non credo cambierò mai. Sicuramente avrò anche i miei alti e bassi, ma sono sicuro non cambierò mai.
Quali sono le cose o i momenti che ti rendono felice? Potresti descriverci quand'è che ti senti più a tuo agio con te stesso e provi contentezza?
Jin: Di questi tempi, mi rende felice lavorare. Il lavoro è qualcosa che tocca a tutti, quindi riuscire a viverlo con gioia è davvero una benedizione. Spero continui così molto a lungo (ride).
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La felicità è spesso distante come una stella nel firmamento. Che cosa vorresti dire alle persone che provano questi sentimenti?
Jin: Mi rende felice vedere le persone attorno a me e a me care sorridere, ecco perché cerco di far ridere il prossimo. È una cosa che ho realizzato solo col tempo. Sono certo ognunə di noi abbia un proprio percorso personale da compiere per arrivare alla felicità. I pensieri negativi non fanno che lasciarmi senza forze. Spero che tuttə coloro che leggeranno quest'intervista possano condurre una vita ricca di gioia. Auguro a tuttə solo sempre tanta felicità.
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⠸ ita : © Seoul_ItalyBTS ⠸
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ballata · 1 year ago
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Dress code? Per me solo Black Camo in 9x19 grazie..
In realtà l’unica differenza tra 9×19 e 9×21 è che quest’ultimo ha il bossolo di 2 millimetri più lungo (quindi, paradossalmente, potrebbe contenere una maggior carica di polvere), ma questa maggior lunghezza non può essere in alcun modo sfruttata perché la lunghezza totale della cartuccia è la stessa del 9×19.
Il tiro a segno è una disciplina sportiva che richiede capacità di concentrazione e  autocontrollo. Ogni fase della sequenza di tiro richiede che l’atleta abbia la percezione della corretta postura ed un controllo accurato dei movimenti che portano all’azione di scatto. Il preciso allineamento fra occhio, organi di mira e bersaglio viene attraverso processi mentali complessi che consentono di controllare esattament le diverse fasi di tiro. Le caratteristiche del tiro a segno lo rendono affascinante  per i giovani. È abbastanza frequente che i giovani tiratori arrivino a praticare questo sport grazie ai genitori, in particolare tramite il padre che a suavolta può essere od essere stato un tiratore. In questo caso i genitori conoscono ladisciplina e ne valorizzano gli aspetti positivi, legati ad un’attività stimolante e gratificante praticata in sicurezza. Invece, per i genitori che non conoscono il tiro a segno la decisione di consentire aipropri figli di praticare quest’attività è a volte difficoltosa. La prima preoccupazione è ovviamente la sicurezza. Io personalmente ho iniziato prestissimo a 13 anni gia mi dilettavo con l aria compressa. Mi ci portò mio padre bravissimo tiratore con "tutto". Poi a 18 anni ,passai al piattello, poi alla lunga distanza, poi al dinamico, poi il servizio militare mi fece innamorare del tiro operativo. Se vorrà anche Camilla potrà praticarlo. #tiroasegno #sport #training
#indoor #tirodinamico #9x19 #sig#robertonicolettiballatibonaffini
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s-memorando · 2 years ago
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Niccolò Campriani: "Ricordati di dimenticare la paura"
Sono ricaduta sullo sport. si vede che è una nemesi che mi devo portare sulle spalle per sempre.Tentata dal titolo “Ricordati di non dimenticare la paura” e dal protagonista del libro, mio giovane concittadino, speravo di ritrovare almeno un po’ la tensione che avevo sentito nell’autobiografia di Agassi. Tutti e due i libri sono scritti da gosthwriter, Agassi si è affidato a uno scrittore di…
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vogliediprimavera · 2 years ago
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Bagnarsi
Si trovò completamente fradicia, in mezzo ad un bel temporale fuori stagione. Tornò a casa e decise di fare un bagno caldo, sicuramente fuori orario, ma di cui sentiva l'impellenza.
Mentre preparava la vasca lo videochiamò per rassicurarlo di essere a casa e per evitare di essere disturbata nella mezz'ora successiva così da godersi la pace e il tepore che ora voleva.
Ma lui le disse di non chiudere la chiamata. Le chiese di posare il telefono con la videocamera accesa, disse che l'avrebbe seguita nel suo rito in silenzio e di fare tutto ciò che doveva sentendosi sola, ma osservata. Lei rimase un attimo a pensare se assecondarlo, forse a pensare anche a tutti gli uomini, oltre a lui, dai quali avrebbe voluto farsi osservare mentre faceva il bagno. La sua fica era già bagnata ed iniziò a pulsare di quel desiderio che da qualche giorno non era soddisfatto.
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Cominciò a spogliarsi. Gesti lenti e più accentuati del normale, movimenti sinuosi come le sue misure, quelle delle attrici degli anni settanta. I pantaloni scesero lentamente mostrando il sedere sodo e il piccolo perizoma che lo incorniciava. La maglietta, che prima stringeva il seno, si sollevò liberandolo e facendolo sobbalzare.
Si avvicinò al telefono mostrando bene il seno ed accese la playlist che sentivano sempre quando facevano il bagno insieme. Poi si girò di spalle e si abbassò per sentire la temperatura dell'acqua. Nuda, con il suo splendido fondoschiena sodo in primo piano e le gambe lunghe e affusolate.
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Si voltò a guardare lo schermo, si passò una mano tra i capelli per spostarli di lato, poi scese accarezzando i capezzoli in tiro e sfiorandosi il corpo. Le piaceva la sua pelle, morbida e liscia. La mano scese sfiorando il corpo solo con i polpastrelli fino ai fianchi per poi girare sulla linea delle natiche. Quel movimento ed il contrasto tra il corpo nudo e il calore che usciva dalla vasca le fece venire la pelle d'oca. Appoggiò le mani sul bordo della vasca e alzò una gamba per entrarvi. Si allargò esattamente davanti al telefono mostrando tutta la sua nudità intima, la sua fica ben rasata e già pronta a quel momento.
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Dall'altra parte del telefono si sentì un primo sospiro, un segno che lui stava apprezzando.
Era appena entrata nell'acqua calda, il vapore saliva nell'aria, si girò verso il telefono con quello sguardo, quello sguardo che senza parlare stava dicendo: ho appena cominciato, mettiti comodo.
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a--piedi--nudi · 8 months ago
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“Vincere” un pallone al tiro a segno.
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crazy-so-na-sega · 10 months ago
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«Io sono della Terra degli alberi e delle foreste, delle querce e dei cinghiali, delle vigne e dei tetti spioventi, delle epopee e delle fiabe, del Solstizio d'inverno e di San Giovanni di estate. È una risposta a coloro che pretendono che l’Europa non sappia cosa essa stessa sia. È un modo per dire che cerco rifugio in me, più vicino possibile alle mie radici e non in una lontananza che mi è estranea. Il santuario in cui vado a raccogliermi è la foresta profonda e misteriosa delle mie origini. Il mio libro sacro è l'Iliade così come l'Odissea, poemi fondatori e rivelatori dell’anima europea. Questi poemi attingono alle stesse fonti delle leggende celtiche e germaniche, di cui manifestano in modo superiore la spiritualità implicita. Del resto non tiro affatto una riga sui secoli cristiani. La cattedrale di Chartres fa parte del mio universo allo stesso titolo di Stonehenge o del Partenone. Questa è l’eredità che occorre assumere. La storia degli europei non è semplice. Essa è scandita di rotture al di là delle quali ci è dato di ritrovare la nostra memoria e la continuità della nostra Tradizione primordiale.»
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Dominique Venner si tolse la vita nella cattedrale di Notre-Dame il 21 maggio 2013, con un colpo di pistola alla tempia, in segno di protesta contro la progressiva scomparsa dei valori tradizionali di matrice europea.
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canesenzafissadimora · 1 year ago
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Un soldato tedesco urla al prigioniero: lancialo in aria!
Il prigioniero fa finta di non aver sentito e si affretta a sistemare il bambino sul carro, assieme a tutti gli altri. Allora il soldato si avvicina, gli punta la pistola sotto al mento e ripete: "ti ho detto di lanciarlo in aria, non hai capito? Se non lo fai tu, lo farà il prossimo".
Così il prigioniero è costretto a lanciare per aria il bambino.
In questo modo i soldati tedeschi passavano il tempo ad Auschwitz: facendo il tiro a segno sui bambini ebrei, mentre i prigionieri pregavano che li uccidessero al primo colpo, per evitare inutili sofferenze.
Questa testimonianza di Alberto Sed - sopravvissuto al campo di sterminio di Auschwitz - è un pugno nello stomaco.
Leggetela bene, rileggetela, fatela leggere.
Cercate i filmati di Alberto Sed su YouTube, fate in modo che i vostri figli, nipoti e studenti vedano gli occhi di Alberto mentre racconta questo episodio.
Fateli vedere a quelli che non festeggiano il 25 aprile, ai tifosi che cantano cori antisemiti, ai "nostalgici" che hanno avuto la grande fortuna di nascere in un Paese già libero e democratico.
Fateli vedere a quelli che dicono: "I treni arrivavano in orario; non c'erano tutti questi immigrati; ha fatto anche cose buone".
Non è possibile che restino indifferenti.
Non è possibile che non comprendano.
L'unica speranza che abbiamo, per il nostro futuro, è mantenere intatta la memoria del passato.
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domindream · 10 days ago
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Lo sai: debbo riperderti e non posso. Come un tiro aggiustato mi sommuove ogni opera, ogni grido e anche lo spiro salino che straripa dai moli e fa l’oscura primavera di Sottoripa.
Paese di ferrame e alberature a selva nella polvere del vespro. Un ronzìo lungo viene dall’aperto, strazia com’unghia ai vetri. Cerco il segno smarrito, il pegno solo ch’ebbi in grazia da te. E l’inferno è certo.
Eugenio Montale
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nardogranata · 1 month ago
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Il Nardò segna, soffre e dilaga. Ugento fragile.
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NARDO'-UGENTO 4-0
Goals: 42' Correnti, 80' e 85' Gatto, 89' Addae.
NARDO': (3-5-2) Galli; Trinchera, Fornasier, Calderoni; Mazzotta, Milli (91' Ria), Addae, Correnti, Lucas (78' Munoz); Gatto (90' Mossolini), Piazza (75' Lollo).
Reserve: De Luca, Biffero, Montagna. Trainer: Fabio De Sanzo
UGENTO: (4-3-3) Illipronti; Bedini (55' Grisley), Uneida, Navarro (20' Romano), Martinez; Lezzi, Amabile (60' Romero), Teyou (75' Ancora); Regner, Sanchez, Rossi.
Reserve: Di Donato, Ruiz, Inguscio, Amico, Granicelli. Coach: Mimmo Oliva.
Arbitro: Pasquale Mozzillo di Reggio Emilia
Assistenti: Danilo D'Ambrosio di Molfetta e Michele Bonavita di Foggia
Ammoniti: Calderoni, Lucas, Gatto, Addae (N) Sanchez, Oliva (U)
Un Nardò in formazione di totale emergenza fra infortuni, squalifiche e cessioni di mercato, batte l'Ugento, strappa una vittoria sofferta e incassa una prima fetta tangibile di salvezza. Non inganni il risultato, i granata sono riusciti a piegare l'Ugento solo nel finale di partita dopo aver strenuamente difeso il goal di vantaggio messo a segno da Correnti al 42' del primo tempo.
SI è giocato davanti ad una bella cornice di pubblico con presenza di tifosi ospiti in una giornata umida con terreno appesantito ma perfettamente praticabile. E proprio il terreno è stata la prima discriminante del match poichè i neretini si sono dimostrati più propensi all'agonismo e alla prevalenza vincente nei duelli. Ugento squadra tecnicamente valida ma leggera, più portata al palleggio di stampo ispanico su terreni sintetici e di piccole dimensioni.
Il Nardò ha cercato subito di far valere il maggior tasso tecnico e di esperienza ma almeno nella prima mezzora ha patito le assenze dei bomber titolari di peso come D'Anna e Maletic. Al 15' percussione di Milli con tiro sporcato che colpisce il palo interno e sfila fuori passando alle spalle del portiere.
Al 28' e al 38' il giovane Alessio Piazza ha avuto un paio di buoni palloni da mandare in rete ma in entrambi i casi i suoi tiri sono stati teneri e facilmente neutralizzati da Illipronti.
La continua spinta offensiva del Toro si trasformava in goal al 42', grazie ad un pallone rubato da Correnti a Martinez davanti all'area. La mezzala granata si involava verso la porta e batteva il portiere con un tiro sotto l'incrocio dei pali. 1-0 e tutti negli spogliatoi dopo una prima frazione di chiara marca neretina.
Nel secondo tempo Ugento proteso in avanti e Nardò arroccato dietro ma pronto a ripartire. Al 48' Addae su corner colpisce di testa, si accende una mischia che gli ugentini risolvono affannosamente.
L'Ugento comincia a macinare gioco, conquista diversi calci piazzati che però non impensieriscono Galli. oggi Sanchez aveva le polveri bagnate. Il Nardò non riesce a superare lo sbarramento del pressing giallorosso e concede diversi palloni nella propria area. Al 75' l'occasione più ghiotta per l'Ugento: cross dal fondo di Romano e Rossi, libero sotto porta, colpisce di testa mandando incredibilmente fuori. E' un duro colpo per gli ugentini che si disuniscono e concedono spazi alle frecce granata.
All'80' gran discesa di Correnti, palla in mezzo per l'accorrente Gatto con tiro immediato sotto la traversa: 2-0.
Ugento tramortito. All'85' Correnti imbuca per Gatto che si invola tutto solo verso la porta, salta Illipronti e deposita in rete.
Al 90' corner di Correnti, salta Calderoni e colpisce di testa, Addae sotto porta insacca e timbra il suo cartellino. 4-0 e tutti a casa.
Nel dopo partita annunciate dimissioni di Antico e staff dirigenziale. Non c'è mai pace per il Nardò neanche dopo una squillante vittoria.
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sorella-di-icaro · 2 months ago
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La spingo sott’acqua, completamente vestita. La sua t-shirt si gonfia e i suoi capelli si allargano come alghe velenose. Riemerge tossendo e sputando imprecazioni e minacce. Grida che mi ucciderà. Che mi farà a pezzi. Che mi prenderà a calci nel culo fino alla fine del mondo. «Allora non hai capito.» L’afferro per i capelli e la rispedisco sotto. Conto cinque secondi e poi la riporto all’aria. «Non promettere e non minacciare quando non sei in grado di mantenere.» «Ma fottiti!» «Non impari mai, eh?» La rispingo di nuovo sotto. Il lago intorno a noi è un vortice di schizzi gelidi, mentre scalcia e mi colpisce, incazzata nera. «Davvero pensavi che potessi prendermi a pugni e passarla liscia?» Ha gli occhi spalancati, il fiato corto, e devo fare uno sforzo titanico per non inginocchiarmi su di lei e divorarla. «Pensi di piegarmi?» «Sì, Eden. Sì. Prima o poi ti piegherò. Giù.» Di nuovo sott’acqua. «È fredda, eh? Magari così sbollisci.» Stavolta conto dieci secondi, e lei smette di dibattersi. Diventa arrendevole, non scalcia più. La strattono per i capelli per rimetterla in piedi e quando ci troviamo faccia a faccia, non faccio in tempo a rendermi conto che ha la bocca chiusa e le guance gonfie, che mi sputa in volto una boccata d’acqua di lago mista a saliva, tiepida e leggermente salmastra. «Ti sei firmata la tua condanna a morte.» Me la metto in spalla come un sacco di patate e la porto a riva. Mi inginocchio e la tiro giù. Eden perde l’equilibrio finendo in avanti, con il risultato che il suo culo mi arriva perfettamente a portata di mano. «Cosa cazzo vuoi fare! Cosa?!» grida. Le abbasso gli shorts a forza di strattoni, scoprendo un paio di mutandine rosse leggermente scolorite e senza alcun ornamento. «Chiedimi perdono e ti lascio andare.» «Non avrai intenzione di sculacciarmi?» «Chiedimi perdono.» «Cristo, Crow, io ti ucciderò. Ti ucciderò, mi hai sentito?» «Facciamo cinque, eh?» infilo l’indice sotto il bordo degli slip e sposto leggermente il tessuto fino ad arricciarlo nel solco tra le natiche. Bianche, rotonde. Tra poco avranno il segno delle mie dita sopra. «Non oserai, maledetto americano, pezzo di stronzo…» «Okay, facciamo dieci.»
Arianna di Luna, Eden in the Dark
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